capitolo II - la disciplina della trascrizione nella dimensione costituzionale tra esigenze di “certezza” e di “celerità” nella circolazione dei beni
- capitolo II -
La disciplina della trascrizione nella dimensione costituzionale tra esigenze di “certezza” e di “celerità” nella circolazione dei beni
di Edoardo Bacciardi

1. Premessa

Le implicazioni giuridiche sottese alla circolazione dei beni costituiscono, nell’orizzonte costituzionale, l’espressione di una serie di principi che trovano la loro tradizionale collocazione negli artt. 41 e 42 Cost. Se, infatti, per un verso l’aspirazione alla sicurezza che permea la disciplina della trascrizione rappresenta un limite all’iniziativa economica privata(1), per un altro verso, la giurisprudenza costituzionale ha individuato nell’affidamento incolpevole dei terzi acquirenti un «vincolo sociale della proprietà, legittimato dallo stesso art. 42, 2° comma Cost.»(2).
L’evoluzione del microcosmo normativo delle segnalazioni pubblicitarie - progressivamente arricchitosi di nuove ed eterogenee fattispecie trascrivibili - nonché la riforma del titolo V della seconda parte della Costituzione hanno contribuito ad ampliare l’indagine sulla dimensione costituzionale del fenomeno pubblicitario. L’apertura del nostro ordinamento all’Unione europea sollecita inoltre l’individuazione di un regime circolatorio che superi i particolarismi dei modelli statuali, al fine di implementare la celerità dei traffici nel mercato unico(3).
Dopo aver vagliato le ragioni dell’esigenza - sociale prima che giuridica - che da secoli induce il legislatore a predisporre dei meccanismi idonei ad assicurare una certezza «almeno relativa, se non assoluta, circa la situazione giuridica essenziale di talune cose»(4), verranno passate in rassegna le coordinate normative che sintetizzano la dialettica tra l’interesse individuale del proprietario alla conservazione del suo diritto e quello, collettivo, alla sicurezza del commercio(5). Oltre a soddisfare un’aspirazione di coerenza sistematica, la ricerca di una convergenza tra questi due interessi nel tessuto costituzionale si rende necessaria per inferire i canoni interpretativi attraverso cui leggere il dato normativo alla luce dell’evoluzione tecnologica e sociale.

2. I precedenti storici della trascrizione

L’indagine sulle fondamenta costituzionali del regime della circolazione dei beni deve necessariamente muovere da alcune brevi considerazioni di ordine storico. La comprensione delle motivazioni socio-economiche sottese alla costruzione legislativa di un sistema di pubblicità costituisce, infatti, un’operazione logicamente preordinata alla cernita degli interessi costituzionali coinvolti nella relativa disciplina.
L’essenza della circolazione della ricchezza - intesa quale «sottospecie della distribuzione» - risiede nella circostanza che «lo spostamento dei beni da uomo a uomo avviene per aumentarne l’utilità cioè per farli godere a chi ne ha maggior bisogno», moltiplicando, per tale via, «l’utilità e quasi, perciò le entità stesse dei beni»(6). La divulgazione alla generalità dei consociati di talune vicende traslative ha origini antichissime(7)e riconducibili all’ancestrale esigenza dell’uomo di rendere nota alla collettività la propria legittimazione ad alienare e, specularmente, a conseguire la proprietà di una determinata cosa.
Prescindendo da tali riflessioni, è indubbio che la solenne affermazione della capacità di disporre «lanciata nel traffico giuridico senza una precisa e determinata direzione»(8)- sia alla base di quell’aspirazione alla sicurezza che costituisce il fulcro concettuale della disciplina della trascrizione.
Un breve sguardo alle più antiche modalità di attuazione della pubblicità rivela come l’esternazione del trasferimento sia stata affidata ora ad un «pubblico gridatore», ora ad un magistrato chiamato a certificare il passaggio del numero di giorni che dovevano trascorrere dalla dichiarazione per procedere alla vendita(9). Nei sistemi più evoluti, dette formalità vennero integrate con un meccanismo di iscrizioni che consentiva a chiunque intendesse contestare l’effetto traslativo di «riferirsi alle tavole» che consacravano i vari passaggi di proprietà(10).
Il primo referente storico effettivamente significativo ai fini della nostra indagine è costituito dal diritto romano. La tradizionale distinzione tra res mancipi e res nec mancipi - rispettivamente alienabili per mezzo della mancipatio e della traditio - si risolveva, di fatto, in una «antitesi nel regime di circolazione»(11). La circostanza che l’acquisto della titolarità di alcune tipologie di beni richiedesse una particolare forma di pubblicità è stata ascritta sia ad una volontà di «controllo sociale» dei trasferimenti risalente ai mores gentilizi, sia al perseguimento della «certezza dei diritti» per fini privati(12).
Sul piano applicativo, con riguardo alle res mancipi la dichiarazione di appartenenza della cosa veniva pronunciata dai protagonisti della vicenda traslativa, alla presenza di cinque testimoni e del libripens, pubblico ufficiale ante litteram deputato a pesare l’aes rude e, dopo l’introduzione della moneta, a certificare il versamento del corrispettivo. Per quanto attiene al regime circolatorio degli altri beni, lo strumento della consegna venne affiancato, per i beni incorporali, dall’ulteriore formalità della in iure cessio(13), nata per consentire il passaggio di proprietà delle cose non “tradibili” in quanto incorporali e, al contempo, non “emancipabili” in virtù del numero chiuso delle res mancipi.
La dicotomia tra le accennate modalità di trasferimento è sopravvissuta fino a Giustiniano. Abolite la mancipatio e la in iure cessio, l’unico veicolo traslativo della proprietà restò la traditio, integrata con alcuni meccanismi propri delle stirpi che scesero in Italia dopo la caduta dell’Impero Romano(14).
L’antecedente storico più vicino all’odierno concetto di trascrizione è tuttavia costituito dal cd. nantissement, sistema di immissione in possesso operato dall’autorità giudiziaria e sviluppatosi in epoca prerivoluzionaria nel nord della Francia, in Belgio, nei Paesi Bassi e in Lussemburgo(15). La modernità dell’istituto risiede nella circostanza che nel lasso temporale antecedente all’iscrizione l’acquirente vantava, oltre ad un diritto personale nei confronti dell’alienante, una serie di facoltà assimilabili a quelle del proprietario, con l’unico limite (melius: rischio) legato all’eventuale conflitto «con un secondo acquirente di buona fede» che, avendo «adempiuto il nantissement», avrebbe finito col prevalere sul primo avente causa. In assenza di terzi interessati - è stato osservato - «i diritti dell’acquirente praticamente erano quelli del vero proprietario, come se il nantissement avesse avuto luogo»(16), in modo del tutto simile alla dinamica dell’odierna trascrizione.
Una volta sganciata la segnalazione pubblicitaria dal perfezionamento inter partes della vicenda circolatoria, l’istituto della pubblicità dichiarativa deve essere coordinato con il principio consensualistico, da solo sufficiente ad assicurare la subitanea traslazione del diritto con la manifestazione della volontà negoziale. La titolarità sostanziale validamente acquistata, ove non tempestivamente inserita nella catena della trascrizione, potrebbe tuttavia venire «totalmente obliterata a tutto vantaggio del terzo»(17)che abbia modificato la situazione apparente dei Registri immobiliari.
Le profonde diversità tecnico-formali che hanno caratterizzato l’evoluzione della pubblicità nel corso dei secoli non sembrano alterare il fondamento, per così dire, sociologico dell’istituto, al punto che i vari soggetti storicamente investiti della funzione certificativa del trasferimento - a partire dal libripens e sino al notaio - possono essere considerati come «fotogrammi» di una sequenza evolutiva unitaria(18).

3. La dimensione costituzionale della pubblicità: dal bilanciamento fra certezza (cronologica) e celerità dei traffici …

Dal breve excursus storico tracciato emerge come il fil rouge che percorre l’evoluzione dell’istituto della trascrizione sia costituito dal valore della sicurezza. Risponde infatti all’interesse di tutti i soggetti dell’ordinamento «poter conoscere»(19)gli sviluppi di determinate vicende circolatorie(20)ed orientare, conseguentemente, le proprie condotte negoziali.
Il principio-guida della sicurezza deve tuttavia declinarsi al plurale, onde considerare i conflitti tra le diverse accezioni di tale sintagma che il legislatore è chiamato a comporre nella regolamentazione della materia.
In particolare, la dottrina tradizionale ha riscontrato una tensione concettuale tra la sicurezza «dei diritti acquisiti» e quella «dell’agire giuridico»(21). Da un lato, infatti, è necessario garantire la stabilità delle situazioni giuridiche di cui i consociati acquistano la titolarità; detta esigenza è soddisfatta dalle regole canonizzate nei brocardi nemo plus iuris ad alium transferre potest quam ipse habet e resoluto iure dantis, resolvitur et ius accipientis. Da un altro lato, onde evitare che il principio della causalità dei trasferimenti possa ingessare eccessivamente il traffico giuridico, vengono individuati una serie di correttivi idonei a consolidare le posizioni soggettive acquisite in difetto di un trasferimento a domino.
Il conflitto di interessi così risolto dal legislatore ordinario trova riscontro, sul terreno costituzionale, nell’art. 41 Cost. e, segnatamente, nel bilanciamento tra la libertà di iniziativa economica - strumentale ad una rapida circolazione della ricchezza - e la sicurezza, letta in senso giuridico e posta a presidio dell’opponibilità dei diritti immessi nel circuito della trascrizione(22).
Si tratta, a ben vedere, della sintesi normativa di un conflitto «pregiuridico» tra «due esigenze pratiche», costituite per un verso dalla «certezza dei rapporti sociali che hanno rilevanza per il diritto» e, per un altro verso, dalla «semplificazione che si fonda sul principio economico del massimo risultato utile col minimo mezzo»(23).
Il limite della sicurezza, posto in funzione “antagonista” rispetto alla celerità degli scambi, non può tuttavia coinvolgere tutti i trasferimenti realizzati quotidianamente dai consociati. Dinanzi a determinati atti traslativi, l’ordinamento si mostra dunque disposto a sacrificare la stabilità dell’acquisto conseguente allo scambio dei consensi, escludendo che lo stesso possa essere reso visibile alla collettività mediante una forma di attuazione pubblicitaria. Nello stesso modo in cui i Romani posero la distinzione tra res mancipi e nec mancipi, il legislatore del 1942 ha selezionato le attività giuridiche assoggettabili al meccanismo pubblicitario, assegnando al possesso il compito di veicolare all’esterno la legittimazione a disporre per gli atti non contemplati negli artt. 2643 e ss. c.c.
Spostando l’attenzione sull’art. 42 Cost., parte della dottrina ha rilevato che mentre la norma costituzionale sull’iniziativa economica privata attiene al profilo dinamico dei rapporti giuridici, quella dedicata alla proprietà ne fotografa la fase statica, con il limite della funzione sociale posto come «vincolo di destinazione dei beni strumentali allo svolgimento delle attività produttive»(24). Nella prospettiva che qui interessa, la coordinata costituzionale dettata in materia di proprietà esprime quell’«intreccio particolare»(25)tra interessi pubblici e privati che costituisce uno dei pilastri della moderna teoria della pubblicità legale elaborata da Salvatore Pugliatti.
Ed è proprio dall’esigenza (pubblicistica) di tutelare la sfera giuridica dei terzi che la Consulta ha preso le mosse per conferire alla sicurezza della circolazione un significato costituzionalmente rilevante. In particolare, il giudice delle leggi ha escluso l’illegittimità costituzionale della regola del possesso vale titolo, in quanto congegno normativo idoneo a risolvere «un conflitto tra l’interesse individuale del proprietario alla conservazione del suo diritto e l’interesse collettivo alla sicurezza del commercio mobiliare dando la prevalenza al secondo, e quindi all’esigenza di tutela dell’affidamento incolpevole dei terzi acquirenti. In questo senso le norme in questione risolvono un problema di ordinamento della proprietà privata assumendo il significato di un vincolo sociale della proprietà, legittimato dallo stesso art. 42, secondo comma, Cost., il quale autorizza la legge a porre limiti alla tutela del diritto del proprietario quando l’utilità sociale lo esiga»(26).
L’impianto motivazionale della suddetta pronuncia fornisce un’essenziale direttiva ermeneutica nella ricerca del fondamento costituzionale della trascrizione, deputata, al pari della regola di cui all’art. 1153 c.c., a consolidare una situazione giuridica in contrasto con l’effettiva proprietà del bene, «sacrificata»(27)sull’altare della certezza degli scambi.
Oltre ad evocare il conflitto tra celerità (del traffico) e stabilità (degli acquisti), la sicurezza si presta ad essere declinata in senso cronologico, dovendosi individuare nel tempo l’elemento deputato a recidere il nodo gordiano sulla prevalenza tra due atti trascritti ed aventi ad oggetto il medesimo bene. Sul piano pratico, del resto, il procedimento di trascrizione si concretizza nell’inserimento di una copia di un documento nei Registri immobiliari(28); soltanto a seguito di tale atto materiale iltrascrivente potrà beneficiare degli effetti provenienti dalla «certezza cronologica della modificazione giuridica»(29)prodotta da una determinata (e precedente) attività negoziale.
Nell’orizzonte normativo della pubblicità, peraltro, il tempo viene investito di una funzione ben più pregnante del mero susseguirsi di giorni, ore e minuti, assumendo una valenza «intrinseca» al sistema stesso delle segnalazioni pubblicitarie, nel cui contesto assurge a «indicatore di prevalenza tra atti confliggenti»(30).
Il criterio della poziorità cronologica della trascrizione innesca, come anticipato, una potenziale tensione tra l’operatività del principio consensualistico e le risultanze dei pubblici registri. Dal valore giuridico assegnato alla temporalità può dunque discendere una sintesi tra i principi di speditezza e certezza che si contendono il campo nella costruzione normativa del sistema pubblicitario.
A tal fine, occorre precisare che il carattere intrinseco del tempo è riferibile esclusivamente alla morfologia della trascrizione; rispetto alla vicenda traslativa che precede l’adempimento di tale onere, per converso, il momento in cui l’acquisto viene pubblicizzato resta un quid esterno e incidente solo in via eventuale sulla stabilità dell’effetto conseguente allo scambio dei consensi.
Quanto più si dilata lo iato temporale tra perfezionamento (interno) e visibilità (esterna) della fattispecie traslativa, tanto più aumenta il rischio dell’avente causa di subire i pregiudizi derivanti dall’apparenza dei Registri immobiliari. Sebbene l’incremento esponenziale del rischio di perdere la titolarità del bene induca, di fatto, l’acquirente a trascrivere tempestivamente l’atto di trasferimento, sul piano teorico ciò non esclude l’idoneità del consenso traslativo ad assicurare il perfezionamento dell’acquisto tra i contraenti.
Soltanto ove si renda necessario dirimere un conflitto, il tempo è chiamato a ordinare sul piano 93 cronologico due vicende traslative incompatibili, assolvendo così alla sua funzione di «comodo espediente inventato dall’uomo [e impiegato dal legislatore] per impedire che le cose accadano tutte insieme»(31). L’assolvimento dell’onere della trascrizione si limita dunque a rafforzare l’atto dispositivo(32), nella misura in cui lo munisce di una visibilità esterna che, senza integrare in alcun modo l’attività negoziale espletata, rende la titolarità del bene acquistato “impermeabile” alle vicende circolatorie che eventualmente lo coinvolgano.
In definitiva, sul piano dei principi costituzionali la pubblicità costituisce uno strumento di sicurezza cronologica dell’acquisto, posto a tutela del soggetto più diligente nel procedere alla trascrizione. Nell’evenienza in cui questo soggetto non coincida con il primo avente causa dal comune autore, si realizza una deroga al principio consensualistico, giustificata dall’esigenza di privilegiare (e “ratificare”) le risultanze dei pubblici registri - visibili a tutti i consociati - rispetto alla titolarità acquisita con il valido scambio dei consensi.
Fatta salva questa deviazione dai binari del consenso traslativo - giustificata da esigenze di sicurezza e di protezione dell’affidamento dei terzi - la celerità dei traffici, anch’essa dotata di copertura costituzionale, resta presidiata dall’operatività dell’art. 1376 c.c.

4. … ai “nuovi” interessi costituzionali coinvolti nel sistema della trascrizione

Una volta individuati i referenti normativi tradizionali che legittimano, al livello più alto della gerarchia delle fonti, l’edificazione di un sistema di pubblicità dei trasferimenti, occorre misurare il grado di coinvolgimento raggiunto da altri principi costituzionali negli interventi legislativi che hanno dilatato il perimetro degli atti trascrivibili.
Le problematiche sollevate dalle nuove ipotesi di trascrivibilità attengono non tanto al profilo tecnico della segnalazione pubblicitaria, quanto piuttosto all’effetto che da essa scaturisce, consistente nella segregazione del patrimonio del conferente. La scelta di consentire o vietare un determinato meccanismo di separazione incide infatti sul livello di (effettiva) precettività dell’art. 2740 c.c., soprattutto ove si aderisca alla tesi che subordina il sacrificio del ceto creditorio ad un «preventivo giudizio assiologico» dell’interesse sotteso alla «deviazione» dei cespiti del debitore rispetto all’istituzionale finalità satisfattoria del credito(33).
L’ultima e più discussa tappa dell’evoluzione che ha allargato i confini della destinazione patrimoniale è scandita dall’introduzione dell’art. 2645-ter c.c.
In ordine all’esistenza di un nesso sistematico tra la suddetta norma e la Costituzione, la dottrina non ha assunto una posizione unanime. L’epicentro del dibattito è rappresentato dal richiamo al secondo comma dell’art. 1322 c.c.(34)ed al concetto di «interesse meritevole di tutela», cui il legislatore del 2005 ha affidato il compito di selezionare gli atti suscettibili di essere pubblicizzati attraverso il nuovo istituto.
Sulla base di un primo orientamento, la segregazione patrimoniale non deve essere sorretta da un interesse di particolare pregnanza del conferente, risultando meritevoli di tutela «tutti gli scopi leciti» perseguiti attraverso la trascrizione del negozio di destinazione(35). Il richiamo all’art. 1322 c.c. sottenderebbe pertanto il mero riscontro di un interesse soggettivo «di qualsiasi natura, patrimoniale o non patrimoniale … che non deve affatto essere prevalente rispetto ad altri interessi»(36). Questa impostazione - è stato osservato(37)- finisce col vanificare la riserva di legge contenuta nell’art. 2740, secondo comma c.c., portando così a compimento il percorso di specializzazione della responsabilità patrimoniale(38).
Sennonché, altra parte della dottrina nega che nel nostro ordinamento sussistano le basi normative per giustificare un siffatto esito interpretativo. Già prima dell’entrata in vigore dell’art. 2645-ter c.c., si era osservato che «favorendo meccanismi “atipici” di destinazione … si autorizzerebbe una vistosa deroga al principio posto dall’art. 2740 c.c.»(39). La tutela del credito, infatti, è espressione di un valore di rango costituzionale che deve essere contemperato con gli interessi - anch’essi, eventualmente, espressivi di valori costituzionalmente rilevanti - riferibili al disponente(40).
A seguito dell’introduzione della norma sugli atti di destinazione, alcuni Autori hanno sostenuto che l’esercizio del potere di destinazione produce una limitazione del patrimonio da cui discendono, per i terzi, vantaggi e svantaggi(41). Orbene, dette ripercussioni sulle altrui sfere giuridiche devono essere giustificate alla luce dei valori costituzionali che la funzione sociale ha il compito di promuovere(42); il metro di misura della meritevolezza, in tale prospettiva, sarà dunque la connessione dell’interesse perseguito dal trascrivente con un valore dotato di copertura costituzionale.
La tesi volta a confutare la corrispondenza tra meritevolezza e mera liceità della destinazione è stata spinta sino alla denuncia dell’illegittimità costituzionale dell’art. 2645-ter c.c., il quale, ove letto in senso eccessivamente permissivo, si porrebbe in contrasto con l’art. 42, secondo comma Cost., atteso che «la separazione, comportando un certo grado di indisponibilità del bene», si traduce in un «limite della proprietà capace di alterarne nell’essenza il contenuto normale»(43). Al fine di evitare una violazione “in via mediata”(44)della norma sulla proprietà privata, viene proposto di selezionare gli interessi meritevoli «sulla base del sistema costituzionale», potendosi ammettere la destinazione sia per il «perseguimento di un interesse collettivo» sia per un «interesse individuale, purché incondizionatamente tutelato e, quindi, di natura non meramente patrimoniale»(45).
Così ricostruito, per sommi capi, il dibattito suscitato dal nuovo istituto, la soluzione che sembra 95 preferibile si colloca in una posizione intermedia tra le due tesi prospettate, Se, infatti, da un lato pare eccessivo individuare nel richiamo all’art. 1322, secondo comma c.c. un «dispositivo di controllo sull’autonomia privata»(46), da un altro lato si devono condividere le perplessità di chi denuncia il rischio di legittimare un istituto posto al servizio di qualsiasi finalità, anche futile(47)o fraudolenta. A titolo esemplificativo, pertanto, il trascrivente non potrà allegare, quale ragione giustificatrice della segnalazione pubblicitaria, l’interesse alla mera salvaguardia del patrimonio da azioni esecutive dei propri creditori, né tanto meno la volontà di rendere inalienabile e indisponibile il bene oggetto della segregazione(48).
La nascita del vincolo di destinazione, in definitiva, presuppone il riscontro di un interesse «sufficientemente serio»(49)da giustificare la specializzazione della responsabilità. Tale conclusione si rivela coerente con l’esegesi dell’art. 1322, secondo comma c.c., il quale, ad avviso della dottrina più recente, non costituisce un “doppione” dell’art. 1343 c.c. in tema di liceità della causa, ma sottende piuttosto l’esigenza di un accertamento in negativo della non futilità degli scopi perseguiti dai contraenti nell’esercizio dell’autonomia privata(50).
Il giudizio sulla meritevolezza dell’interesse, seppur di carattere negativo, non può tuttavia restare avulso dal quadro costituzionale, spettando al notaio il compito di accertare l’eventuale futilità teleologica perseguita dal conferente.
L’art. 2645-ter c.c. contempla, quali ipotesi esemplificative di interessi meritevoli di tutela, alcune fattispecie tipiche di destinazione a «persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche».
Detti espliciti riferimenti svelano l’intima connessione che il legislatore ha istituito tra l’atto trascrivibile e la tutela dei soggetti deboli. In tale prospettiva, il nesso tra destinazione (del patrimonio) e debolezza (del soggetto beneficiario) costituisce una fondamentale direttiva ermeneutica nel riscontro di quella serietà costituzionalmente intesa che, come abbiamo visto, assurge a presupposto indefettibile di ogni forma di segregazione “atipica”. Deve pertanto condividersi il rilievo per cui la tipizzazione di alcune categorie di beneficiari «non riguarda l’ambito soggettivo del vincolo, bensì quello oggettivo», avendo il legislatore inteso «specificare meglio gli scopi destinatori»(51)perseguibili con il nuovo istituto.
Con riguardo alla tutela delle persone disabili, è stata evidenziata una correlazione sistematica tra l’art. 2645-ter e la disciplina dell’amministrazione di sostegno(52). La combinazione tra i due istituti consentirebbe infatti di apprestare una forma di tutela del beneficiario «assai più efficace e flessibile»(53), in quanto la destinazione di uno o più beni ad un determinato scopo potrà essere munita, attraverso la segnalazione pubblicitaria, della opponibilità erga omnes.
Oltre alla possibile interazione con l’amministrazione di sostegno, la dottrina ha rilevato che nel richiamo al concetto di disabilità «non devono cercarsi limiti quantitativi più o meno oggettivamente certi o accertabili» di graduazione dell’incapacità. La valutazione delle qualità soggettive del potenziale beneficiario dovrà dunque essere «contestualizzata», al fine di accertare la meritevolezza di tutela dell’atto di destinazione (che si ritenga) finalizzato alla protezione del soggetto(54).
Un altro strumento a disposizione dei privati per il perseguimento di uno scopo sociale di pubblica utilità è costituito dalla fondazione, per sua natura deputata a destinare un patrimonio ad una finalità non lucrativa tramite la creazione di un ente personificato.
Le problematiche sollevate dalla novella del 2005, peraltro, non attengono alla disciplina della fondazione riconosciuta, bensì alla discussa figura della fondazione sprovvista di personalità giuridica. È stato infatti sostenuto che la codificazione del negozio di destinazione, giustapponendosi ad altri segmenti normativi presenti nel codice, segna una tappa fondamentale per l’ammissibilità di questa tipologia di ente(55).
In ordine al filtro della meritevolezza di tutela, parte della dottrina ritiene che l’utilità sociale derivante dalla fondazione non personificata si sostanzia nella riduzione dei costi necessari per la predisposizione dell’apparato organizzativo dell’ente, con un conseguente incremento dei cespiti effettivamente destinati al raggiungimento dello scopo(56).
Sull’opposto versante interpretativo è stato rilevato che «l’inquadramento della fondazione non riconosciuta nell’art. 2645-ter determinerebbe una dicotomia tra gli scopi della fondazione tout court e gli scopi della fondazione non riconosciuta», in quanto, mentre per i primi sarebbe sufficiente il riscontro della possibilità e della liceità, per i secondi dovrebbe essere di volta in volta accertato il «rango collettivo ovvero costituzionalmente rilevant[e]» dello scopo stesso(57).
Orbene, alla luce delle riflessioni svolte circa la serietà “costituzionale” dell’interesse del trascrivente, il mero risparmio delle spese di iscrizione nel registro delle persone giuridiche costituisce una finalità del tutto sprovvista di quella minima pregnanza valoriale ritenuta, invece, necessaria ai fini della trascrizione. In ordine al (più generale) dibattito circa l’ammissibilità di una fondazione sprovvista della personalità giuridica, è stato osservato che «l’art. 2645-ter opera sul piano della separazione patrimoniale (peraltro solo unilaterale) e non su quella della soggettività», non potendo dunque costituire un riferimento normativo sufficiente a predicare l’esistenza di una fondazione non riconosciuta(58).
Spostando nuovamente l’attenzione dal mezzo allo scopo della segregazione - e riprendendo le mosse dalla constatazione che la “debolezza” costituisce la cifra aggregante delle fattispecie destinatorie atipiche ipotizzabili nel nostro ordinamento - occorre selezionare gli interessi costituzionalmente protetti che giustificano forme di specializzazione diverse da quelle poste a tutela delle persone con disabilità. Non potendo in questa sede approfondire detta tematica, ci si limita a rilevare come l’interesse della dottrina si sia prevalentemente concentrato sull’ambito familiare, delle successioni mortis causa e dell’esercizio dell’attività di impresa(59).

5. La potestà normativa regionale in materia di trascrizione

Il problema dell’ammissibilità di una potestà normativa regionale in materia di trascrizione si inscrive nell’ambito del titolo V della seconda parte della Costituzione.
In via di prima approssimazione, possiamo constatare che la competenza delle fonti regionali a regolare taluni profili del meccanismo pubblicitario viene sancita expressis verbis a livello regolamentare. Secondo quanto previsto da una circolare del 1998, in particolare, l’emanazione di una legge regionale che consenta la trascrizione di un atto non previsto dal codice civile costituisce manifestazione di una potestà legislativa concorrente e integrativa della normativa statale(60).
L’intervento regionale non può tuttavia introdurre deroghe alla disciplina degli artt. 2643 e ss. c.c., sostituendo, ad esempio, la trascrizione con una diversa forma di pubblicità legale. Per questa via, infatti, «la legge regionale non fare[bbe] altro che disciplinare, oltre agli effetti sostanziali di una trascrizione prevista dalla legge nazionale, la sua stessa praticabilità, di fatto sopprimendola»(61).
Nel quadro normativo previgente alla modifica dell’art. 117 Cost., l’attenzione degli interpreti è stata polarizzata dalla materia dell’urbanistica. Nelle numerose leggi regionali emanate in tale settore, il meccanismo della trascrizione viene impiegato al fine di rendere conoscibile lo «statuto urbanistico del bene» e cioè «le modalità e i limiti della loro utilizzazione, le modalità e i limiti della loro circolazione e, in definitiva, le qualità urbanistiche dei beni medesimi»(62).
La segnalazione pubblicitaria finisce così per assolvere ad una funzione integrativa del provvedimento amministrativo. La circostanza che la trascrizione non venga finalizzata ad opporre ai terzi la destinazione di un bene, ma (solo) a fotografarne i profili pubblicistici indurrebbe ad escludere la sussistenza di un’invasione di competenze statali da parte del legislatore regionale.
Sennonché, recentemente è stato osservato che il novero di leggi regionali che incidono sulla materia della trascrizione si estende spesso «oltre l’ambito strettamente urbanistico»(63), coinvolgendo una serie di ambiti eterogenei ed irriducibili ad una medesima ratio che giustifichi l’esigenza di una segnalazione pubblicitaria. Non si può dunque escludere che uno scrupoloso esame casistico delle fonti riveli l’esistenza di ipotesi di trascrizioni regionali poste in funzione di opponibilità a terzi di un determinato vincolo, con il limite del rispetto della normativa statale(64).
La riforma del titolo V della Costituzione non ha alterato il quadro di riferimento sopra enucleato. Sebbene, infatti, la modifica dell’art. 117 Cost. abbia inciso in modo determinante sul riparto di competenze tra Stato e Regioni - invertendo il criterio allocativo delle materie ed assoggettando le leggi statali e regionali ai medesimi limiti - la specifica questione della trascrizione regionale non è stata risolta in via definitiva.
In una recente pronuncia, la Corte Costituzionale ha compiuto un’articolata disamina dei riferimenti codicistici e costituzionali rilevanti nella materia in esame(65).
L’oggetto del giudizio era costituito da una legge della Regione Liguria, impugnata nella parte in cui introduceva per i privati l’onere di trascrivere nei Registri immobiliari gli atti di asservimento dei parcheggi alle relative unità immobiliari. L’assolvimento di tale segnalazione pubblicitaria era finalizzato all’esenzione dal versamento del contributo di costruzione. Nell’ordinanza di rimessione, il giudice a quo ipotizzava un contrasto gli articoli 117, secondo comma, lettere e ed l, i quali attribuiscono allo Stato la competenza esclusiva in ordine al sistema tributario e all’ordinamento civile.
Investita della questione, la Consulta ha preso le mosse dal combinato disposto degli artt. 2643 e 2645 c.c., inferendone il superamento del principio di tassatività in materia di trascrizione. Dopo aver spostato il baricentro del sistema pubblicitario dall’atto agli effetti che scaturiscono dall’attività giuridica trascrivibile, il giudice delle leggi ha statuito che il vincolo di destinazione previsto dalla normativa regionale - qualificabile come un «diritto di uso sopra beni immobili» - rientra, sul piano effettuale, nell’art. 2643, n. 4 c.c., con la conseguenza che esso risulta suscettibile di essere trascritto ai sensi dell’art. 2645 c.c.
Quanto alla presunta invasione di competenze legislative statali, la Corte ha confermato la propria precedente giurisprudenza, statuendo che le norme impugnate, muovendosi nell’ambito di una 99 materia di competenza concorrente - nella specie costituita dal “governo del territorio” - si collocano nel quadro della legislazione statale, escludendo qualsiasi interferenza costituzionalmente censurabile.

6. Conclusioni: la rilevanza dei principi costituzionali nella disciplina codicistica della pubblicità

Come evidenziato in apertura, l’esame della cornice costituzionale della trascrizione non costituisce una sterile selezione di principi coinvolti, a vario titolo e con diversa intensità, nel fenomeno delle segnalazioni pubblicitarie. Per converso, i precetti costituzionali a cui abbiamo fatto cenno offrono all’interprete uno strumentario ermeneutico idoneo a risolvere alcuni specifici problemi connessi alle dinamiche applicative della trascrizione.
Spostando l’attenzione dal tessuto costituzionale a quello codicistico, innanzitutto è possibile constatare che il legislatore del 1942 ha assegnato alla pubblicità una funzione di «protezione dei diritti e delle legittime aspettative dei vari soggetti in vario modo e in diverso senso interessati»(66)alla titolarità giuridica dei beni. All’eterogeneità dei meccanismi previsti per rendere edotti i consociati circa il trasferimento dei diritti sulle cose corrisponde, infatti, l’omogeneità funzionale delle fattispecie tipizzate, trattandosi in ogni caso di proteggere sia l’interesse dei terzi alla certezza dell’acquisto sia quello dell’acquirente all’esistenza (ed all’efficienza) del diritto(67).
La «grandiosità delle intuizioni di fondo» dei compilatori del codice - i quali concepirono la pubblicità come sottospecie di un apparato potenzialmente unitario - non trova riscontro nella disciplina positiva dell’istituto, articolata in un sistema binario che contrappone il ruolo dichiarativo della trascrizione a quello costitutivo delle iscrizioni ipotecarie(68).
Le lacune dell’impianto codicistico possono essere parzialmente colmate dal riferimento ai principi costituzionali sulla circolazione dei beni. In questa sede l’indagine verrà circoscritta a due questioni storicamente connesse alla materia della trascrizione, afferenti rispettivamente al (presunto) dogma di tassatività sotteso all’art. 2643 c.c. e al regime degli effetti derivanti dall’art. 2644 c.c., con specifico riguardo alla retroattività della risoluzione del titolo del primo acquirente.
Per quanto attiene alla prima problematica, secondo l’opinione tradizionale l’istituto della trascrizione assume una connotazione di eccezionalità che esclude l’estensione, in via interpretativa, delle attività giuridiche suscettibili di essere manifestate alla collettività mediante il meccanismo pubblicitario(69).
Sennonché, il principio del numerus clausus degli atti trascrivibili è stato sottoposto ad una profonda rivisitazione critica, indotta dalla necessità di distinguere i rapporti tra le parti - governati dal consensualismo - da quelli coi terzi, retti da una serie di norme (tra cui quelle sulla trascrizione) ascrivibili alla volontà legislativa di risolvere un conflitto tra due aventi causa dal medesimo soggetto. Preso atto della circostanza che «non c’è soluzione di continuità fra consensualismo ed area del conflitto dei diritti»(70), la natura generale - e non eccezionale - della regola della priorità dell’acquisto legittima un ampliamento degli atti trascrivibili.
Il depotenziamento del dogma della tassatività, inoltre sarebbe avvalorato proprio dalla crescente incidenza degli interessi costituzionalmente rilevanti nel fenomeno della pubblicità. Il progressivo sviluppo dei principi di sicurezza, completezza e verità consente infatti di confutare l’esegesi formalistica dell’art. 2643 c.c., in favore di un’interpretazione sistematica e adeguatrice ai precetti costituzionali che, una volta individuato il conflitto di interessi da comporre, ne rinvenga il criterio risolutivo nelle maglie del sistema giuridico nel suo complesso(71).
Nella medesima prospettiva è stato recentemente osservato che l’eccezionalità delle norme sulla trascrizione «viene radicata … su una specie di roccia dogmatica, apparentemente insuperabile»(72), che fa perno sulla portata derogatoria della disciplina delle segnalazioni pubblicitarie rispetto al principio del consenso traslativo. L’atteggiamento di diffidenza del legislatore nei confronti dell’istituto costituirebbe tuttavia il frutto di un «fenomeno storico» suscettibile di essere adeguato alle odierne esigenze giuridico-economiche.
Il transito dall’eccezionalità alla specialità potrà tuttavia completarsi solo attraverso un “ragionevole contemperamento” tra gli artt. 1376 e 2644 c.c., rendendosi all’uopo necessaria la ricognizione (ed il successivo bilanciamento) dei principi sottesi alle due regole codicistiche, in ossequio all’insegnamento per cui, a differenza delle regole - che «possono essere soltanto applicate integralmente (“tutto o niente”)» - i principi «possono essere attuati in modo graduale, fatti valere “di più o di meno”»(73). Al fine di evitare la rigida alternativa tra una ferrea esegesi dell’art. 2643 c.c. ed una totale liberalizzazione degli atti trascrivibili, in altri termini, occorre procedere ad una selezione degli atti potenzialmente idonei (e, nel senso poc’anzi precisato, meritevoli) di essere segnalati alla collettività attraverso l’attuazione pubblicitaria.
Venendo ora alle questioni sollevate dall’art. 2644 c.c., si deve premettere che tale disposizione, attribuendo alla pubblicità un’efficacia dichiarativa nei confronti dei terzi, costituisce un correttivo al principio di causalità dei trasferimenti. In particolare, il legislatore sancisce da un lato la regola dell’efficacia negativa della trascrizione - secondo la quale un atto, benché reso pubblico, non spiega efficacia nei confronti dei protagonisti di una vicenda traslativa precedentemente trascritta - e, da un altro lato, il criterio della priorità della trascrizione, attraverso cui viene privilegiata, nell’ipotesi di conflitto tra due acquirenti, la tempestività della segnalazione pubblicitaria della perdita di legittimazione del comune dante causa(74).
Sennonché, la seconda delle suddette regole si pone in chiave derogatoria rispetto al principio scolpito nel brocardo nemo plus iuris ad alium transferre potest quam ipse habet. Il concreto modus operandi del meccanismo acquisitivo previsto dall’art. 2644 c.c. continua a suscitare l’interesse della dottrina, ponendosi il problema di stabilire se la risoluzione dell’acquisto anteriore - e soccombente rispetto a quello posteriore ma tempestivamente trascritto - operi o meno con effetto retroattivo.
Sulla base di un primo orientamento, la segnalazione pubblicitaria del secondo acquirente determina il venir meno del trasferimento realizzatosi per mezzo dell’atto non trascritto(75). La perdita di efficacia ex tunc del primo acquisto darebbe luogo ad un lasso temporale - compreso tra le due date dei titoli incompatibili - in cui il bene immobile resta nella piena titolarità dell’autore del duplice trasferimento.
Altra parte della dottrina, facendo leva sulla ratio dell’art. 2644, secondo comma, c.c. - ascrivibile non già alla volontà legislativa di tutelare il dante causa, bensì a quella di preferire il secondo acquirente che abbia provveduto a rendere pubblico il trasferimento - ha rilevato l’inaccettabilità della suddetta impostazione, in quanto «l’effetto del titolo di data anteriore, senz’altro prodottosi a norma dell’art. 1376 c.c., non deve … venire eliminato retroattivamente», conservando i suoi effetti sino al momento della trascrizione del secondo titolo incompatibile(76).
Il regime giuridico del primo atto nella fase anteriore alla trascrizione effettuata dal secondo (e prevalente) avente causa deve essere determinato alla luce dei principi costituzionali, in quanto la soluzione tecnica prescelta finisce col favorire, alternativamente, la sicurezza o la celerità del traffico giuridico.
In particolare, mentre la tesi della retroattività fa leva sull’esigenza di garantire la stabilità dell’acquisto tempestivamente trascritto e, dunque, “preferito” dall’ordinamento, i sostenitori dell’efficacia risolutoria ex nunc valorizzano l’idoneità del primo scambio dei consensi a realizzare un (pur temporaneo) effetto traslativo della cosa, con la conseguente conservazione della vicenda circolatoria realizzatasi medio tempore.
Così individuate le coordinate concettuali implicate nei suesposti orientamenti, è opportuno evidenziare come il travolgimento ex tunc del primo acquisto realizzerebbe, sul piano dei valori costituzionali, un eccessivo sacrificio della celerità dei traffici, presidiata, nell’orbita codicistica, dall’art. 1376 c.c. La negazione dell’operatività del principio consensualistico nel lasso temporale anteriore alla segnalazione pubblicitaria del secondo acquirente, infatti, costituisce una conseguenza ultronea rispetto allo ratio dell’art. 2644 c.c., circoscritta alla volontà di assicurare la prevalenza dell’atto tempestivamente trascritto.
Certamente la strada del bilanciamento è impervia e densa di difficoltà, tanto sul versante teorico quanto su quello operativo, affidato ai notai. E nonostante vengano denunciate, anche di recente, «situazioni problematiche collegate al periodo “interinale”»(77)tra il primo acquisto e la trascrizione prevalente, detti inconvenienti non esimono l’interprete dalla ricerca di soluzioni rispettose del principio consensualistico. In questa prospettiva, la tesi che preserva la piena efficacia della vicenda traslativa sino al momento della (eventuale e confliggente) segnalazione pubblicitaria si rivela la più equilibrata nel garantire la stabilità degli acquisti senza, per questo, mortificare le esigenze di celerità e speditezza poste alla base di ogni modello di circolazione della ricchezza(78).


(1) Cfr. A. BALDASSARRE, «La funzione notarile e la Costituzione italiana», in Notariato, 2009, II, p. 130.

(2) Corte Cost., 23 giugno 1988, n. 702, in Cons. Stato, 1988, II, p. 1142. Nella medesima prospettiva v. anche Corte Cost., 21 ottobre 2005, n. 394, in Giur. cost., 2005, p. 3897.

(3) Sul punto v. G. VETTORI, «Circolazione dei beni e ordinamento comunitario», in Riv. dir. priv., 2008, ad avviso del quale «il futuro codice europeo dovrà tener conto del superamento delle ragioni storiche che avevano condotto a scelte diverse e dell’obiettivo politico di realizzare un mercato unico che esige un’unica regola di circolazione» (p. 296, n. 40).

(4) R. SACCO, voce Circolazione giuridica, in Enc. dir., vol. VII, Milano, 1960, p. 8-9.

(5) R. NICOLÒ, La trascrizione, I, Milano, 1973, p. 12.

(6) C. CARNELUTTI, Teoria giuridica della circolazione, Padova, 1935, p. 1 e ss.

(7) I. LUZZATI, Della trascrizione, I, Torino, 1882, LII, ove si richiama il passo della Bibbia in cui Abramo acquista pubblicamente da Efron il luogo da destinare alla sepoltura della moglie.

(8) S. SOTGIA, L’apparenza giuridica e le dichiarazioni alla generalità, Roma, 1930, p. 280.

(9) LUZZATI, op. cit., LIV-LVI.

(10) LUZZATI, op. loc. cit.

(11) V. COLORNI, Per la storia della pubblicità immobiliare e mobiliare, Milano, 1954, p. 21 e ss.

(12) Per una disamina circa il fondamento della pubblicità nell’esperienza giuridica romana v. COLORNI, op. cit., 33 e ss.

(13) Tale meccanismo si sostanziava in un «atto di alienazione del diritto senza tradizione del possesso», per il tramite di una dichiarazione, solitamente in forma scritta «a mezzo di documento redatto da un notaio e sottoscritto dall’alienante e dai testimoni»; COLORNI, op. cit., p. 107-110.

(14) Si pensi alla cd. investitura, consistente inizialmente in un atto formale che aveva luogo sul fondo, dal quale venivano strappate zolle, erbe e rami per consegnarli all’acquirente. A partire dall’800, l’investitura divenne solo «ideale», trasformandosi in un atto solenne compiuto lontano dal fondo. Sul punto A.M. BIANCO, La pubblicità immobiliare, Torino, 1976, p. 9 e ss.

(15) Cfr., sul punto, G. PETRELLI, «L’autenticità del titolo della trascrizione nell’evoluzione storica e nel diritto comparato», in Riv. dir. civ., 2007, V, p. 590 e ss.

(16) N. COVIELLO, Della trascrizione, I, Napoli, 1897, p. 40 e ss.

(17) Così U. NATOLI, in U. NATOLI - R. FERRUCCI, Della tutela dei diritti. Trascrizione - Prove, in Commentario del codice Civile, VI, Torino, 1971, p. 7-8. L’A. prosegue constatando che «in ultima analisi, è la situazione (legalmente) apparente, cioè risultante dai Registri immobiliari, ad avere la prevalenza sulla situazione sostanziale, cioè su quella che, al lume dei principi generali, sarebbe l’unica veramente valida, ma che ha il difetto di non essere stata (e tempestivamente) resa anch’essa (legalmente) apparente».

(18) Il parallelismo tra i fotogrammi di un film e i diversi momenti di un’unica esperienza giuridica è di U. SANTARELLI, Auctor iuris homo, Torino, 1997, p. 15.

(19) Non ogni forma di pubblicità comporta infatti l’opponibilità erga omnes dell’atto pubblicato, atteso che l’equipollenza tra «poter conoscere» e «dovere conoscere» è frutto di una scelta legislativa casistica: cfr. G. GABRIELLI, «Pubblicità legale e circolazione dei diritti: evoluzione e stato attuale del sistema», in Riv. dir. civ., 1988, p. 441.

(20) Sul punto v. G. MARICONDA, Le pubblicità, Napoli, 2005, p. 17, ad avviso del quale l’interesse che il legislatore ha inteso tutelare «può andare dall’esigenza di conoscere, da parte di un soggetto, una norma da rispettare, ad una deliberazione presa da un organo che può dal soggetto essere impugnata, da una limitazione al proprio operare, alla esistenza di un presupposto che consenta di raggiungere la sistemazione di interessi auspicata e perseguita, a vicende che possono costituire un ostacolo per il compimento di un particolare atto; in definitiva, esigenza di conoscere ciò che consente di avere un vantaggio o evitare un danno».

(21) R. CORRADO, La pubblicità nel diritto privato, Torino, 1947, p. 5 e ss.

(22) Cfr. BALDASSARRE, op. cit., p. 130, il quale, dopo aver richiamato gli artt. 2 e 3 Cost., ravvisa nel precetto costituzionale dedicato all’iniziativa economica privata un divieto di svolgere quest’ultima «in contrasto con la sicurezza (anche giuridica) e con l’utilità sociale».

(23) Così NICOLÒ, op. cit., p. 12, il quale prosegue osservando che «come sempre accade, la prevalenza dell’una o dell’altra esigenza è il risultato di apprezzamenti contingenti da parte del legislatore [ordinario], in cui non manca quel quid di arbitrario che di solito non manca in alcuna opera legislativa».

(24) M. NUZZO, Utilità sociale e autonomia privata, Milano, 1975, p. 76 e ss. Per converso, il limite della “utilità sociale” di cui all’art. 41 Cost. «riguarda non la destinazione dei beni ma la possibile incidenza negativa della attività economiche in senso ampio sulla realizzazione dei fini primari indicati dalla costituzione».

(25) L’espressione è di S. PUGLIATTI, La trascrizione. L’organizzazione e l’attuazione della pubblicità patrimoniale, t. 2, curato e aggiornato da G. GIACOBBE e M.E. LA TORRE, in Tratt. dir. civ. e comm., diretto da A. Cicu e F. Messineo, continuato da L. MENGONI, Milano, 1989, p. 80. Sul tema v., recentemente, G. PETRELLI, «Pubblicità legale e trascrizione immobiliare tra interessi privati e interessi pubblici», in Rass. dir. civ., 2009, III, p. 689 e ss.

(26) Corte Cost., 23 giugno 1988, n. 702, cit.

(27) L’espressione è di R. MESSINETTI, La tutela della proprietà “sacrificata”. Contributo allo studio delle circolazioni acquisitive legali, Padova, 1999.

(28) Così F.S. GENTILE, La trascrizione immobiliare, Napoli, 1959, p. 2.

(29) R. MASTROCINQUE, La trascrizione, Roma, 1963, p. 29, il quale prosegue osservando che «il punto essenziale e rilevante di tutta la disciplina della trascrizione sta appunto in questo aspetto: che non è necessario accertare se taluno ha reso pubblico o non ha reso pubblico il suo acquisto ma è necessario accertare chi ha trascritto prima e chi ha trascritto dopo e, in altri casi, per altri particolari effetti previsti dalla legge, quando è avvenuta la trascrizione» (p. 30).

(30) Sul punto v. F. MANOLITA, «Il ruolo del tempo nella trascrizione (principio di continuità e criteri di prevalenza)», in Rass. dir. civ., 2010, p. 72 e 111.

(31) L’espressione è di L. MALERBA, in AA.VV., A colloquio con …, Interviste con autori italiani contemporanei, a cura di C. Lüderssen e S.A. Sanna, Firenze, 2004, p. 65.

(32) G. VETTORI, Consenso traslativo e circolazione dei beni. Analisi di un principio, Milano, 1995, p. 93.

(33) F. VIGLIONE, Vincoli di destinazione nell’interesse familiare, Milano, 2005, p. 6.

(34) La correttezza del richiamo legislativo è stata recentemente posta in dubbio da S. BARTOLI, Trust e atto di destinazione nel diritto di famiglia e delle persone, Milano, 2011, p. 168, che osserva «come sia probabilmente errato il rinvio operato dall’art. 2645-ter c.c. al secondo comma (relativo al negozio atipico) piuttosto che al primo comma (relativo alla libera determinabilità, fermo il rispetto dei limiti di legge, del contenuto di un negozio) dell’art. 1322 c.c., poiché la nuova norma ha reso tipico il negozio di destinazione nel momento stesso in cui lo ha previsto».

(35) Così G. PETRELLI, «La trascrizione degli atti di destinazione», Riv. dir. civ., 2006, II, p. 179, ad avviso del quale non occorre una verifica dell’interprete in ordine alla poziorità dell’interesse del trascrivente rispetto a quello dei creditori o alla libera circolazione dei beni.

(36) G. VETTORI, «Atto di destinazione e trust: prima lettura dell’art. 2645 ter», in Obbl. contr., 2006, 4, p. 777 e ss.

(37) A. MORACE PINELLI, Atti di destinazione, trust e responsabilità del debitore, Milano, 2007, p. 180.

(38) Per un’articolata analisi di questa evoluzione si rinvia a S. MEUCCI, La destinazione di beni tra atto e rimedi, Milano, 2009.

(39) R. QUADRI, La destinazione patrimoniale, Napoli, 2004, p. 333.

(40) Scrive ancora R. QUADRI, op. loc. cit.: «nel nostro sistema, che affida istituzionalmente alla Corte costituzionale le valutazioni di compatibilità costituzionale, non è, infatti, da ritenersi consentito, al di fuori del suo vaglio, all’interprete di giungere al punto di giustificare la violazione di quanto inevocabilmente discende da una norma - e tale sicuramente è quella dell’art. 2740 c.c. - imperativa, sia pure in ragione di principi ritenuti emergenti dal testo costituzionale».

(41) A. MORACE PINELLI, op. cit., p. 238. In particolare, mentre i «vantaggi» si determinano nella sfera giuridica dei beneficiari della destinazione, gli «svantaggi» sono «a carico dei creditori del conferente ed, eventualmente, ove si configuri la lesione della quota legittima, a carico dei suoi legittimari».

(42) A. MORACE PINELLI, op. loc. cit.

(43) G. GABRIELLI, «Vincoli di destinazione importanti separazione patrimoniale e pubblicità nei Registri immobiliari», in Riv. dir. civ., 2007, III, p. 331-332.

(44) Viene infatti evidenziato che il precetto costituzionale «sarebbe violato non soltanto se la legge limitasse direttamente la proprietà al fine del soddisfacimento di un qualunque interesse privato, ma anche se al risultato pervenisse in via mediata, riconoscendo efficacia giuridica ad atti di autonomia istitutivi di limiti»; cfr. G. GABRIELLI, op. cit., p. 332.

(45) G. GABRIELLI, op. loc. cit. Sul punto v. anche le recenti osservazioni di U. STEFINI, Destinazione patrimoniale e autonomia negoziale, Padova, 2010, p. 57, che «ritiene imprescindibile una comparazione tra l’interesse creditorio, tutelato in via generale nel nostro ordinamento, anche a livello costituzionale, e l’interesse sotteso all’atto, che dovrà essere in grado di prevalere sul primo».

(46) MORACE PINELLI, op. cit., p. 183.

(47) Al riguardo, è stato sagacemente osservato che «il vincolo potrebbe … essere posto al fine di favorire associazioni che hanno come scopo, ad esempio, quello di portare una rosa sulla tomba di Pietro Maroncelli o di perseguire altra finalità futile o inutile, rientrando esse nella larga schiera di quegli enti, perfino riconosciuti e sovvenzionati, che lo Stato non riesce a sopprimere. La stravaganza, la futilità, la vanità avrebbero allora il libero corso, prevalendo sull’interesse dei creditori e sullo stesso disposto dell’art. 2740 c.c., mentre le limitazioni di responsabilità devono discendere da un previo controllo legale, com’è, ad esempio, per il caso degli interessi familiari per il fondo patrimoniale»; cfr. F. GAZZONI, Osservazioni sull’art. 2645-ter, in Giust. civ., 2006, I, p. 216.

(48) Cfr. M. BIANCA, Novità e continuità dell’atto negoziale di destinazione, in AA.VV., La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione, a cura di M. BIANCA, Milano, 2007, p. 36, ad avviso della quale «solo interessi selezionati possono giustificare un atto di destinazione con effetto di separazione … Se poi si accoglie la nozione della meritevolezza dell’atto di destinazione quale ago della bilancia che compone in senso orizzontale l’interesse della destinazione e la tutela del credito, tali interessi sono rinvenibili nella stessa impalcatura normativa composta sia dalle varie leggi speciali sulla destinazione, sia dai principi costituzionali sia dalle altre leggi che, pur disciplinando fenomeni diversi, segnano la soglia di rilevanza di determinati interessi».

(49) Così A. CHIANALE, Vincoli negoziali di indisponibilità, in Scritti in onore Rodolfo Sacco, Milano, 1994, p. 201-202.

(50) Sul punto cfr. E. NAVARRETTA, voce Contratto (in generale), in Il diritto. Enc. giur. del Sole 24 ore, 2007, IV, p. 142-143.

(51) M. CEOLIN, Destinazione e vincoli di destinazione nel diritto privato, Padova, 2010, p. 182, ad avviso del quale, tuttavia, l’intento non è stato raggiunto in quanto il legislatore si è lasciato “prendere la mano”, ampliando oltremisura le categorie dei potenziali destinatari.

(52) L. MILONE, «Gli strumenti di tutela della persona debole», in Vita not., 2008, p. 95 e ss.

(53) MILONE, op. loc. cit.

(54) S. MEUCCI, Materiali e commenti, in G. VETTORI (a cura di), Atti di destinazione e trust, Padova, 2008, p. 343.

(55) M. MAGGIOLO, «Il tipo della fondazione non riconosciuta nell’atto di destinazione ex art. 2645-ter c.c.», in Riv. not., 2007, V, p. 1151.

(56) MAGGIOLO, op. loc. cit.

(57) M. CEOLIN, «Fondazioni e fondazioni non riconosciute anche alla luce dell’art. 2645-ter», in Riv. not., 2009, VI, p. 1427 e ss.

(58) CEOLIN, Destinazione e vincoli di destinazione nel diritto privato, cit., p. 79.

(59) Cfr. MEUCCI, La destinazione di beni tra atto e rimedi, cit.

(60) V. Circ. Min. Fin., 4 maggio 1998, n. 116/T, in Gazz. not., 1998, p. 606.

(61) G. PETRELLI, «Trascrizione immobiliare e legislazione regionale», in Riv. not,, 2009, p. 770.

(62) A. BRIENZA, «La tassatività delle ipotesi di trascrizione: superamento o conferma di un principio», in Riv. dir. civ., 1991, p. 581.

(63) G. PETRELLI, op. ult. cit., p. 764.

(64) Cfr. G. GABRIELLI - F. TOMMASEO, Commentario alla legge tavolare, Milano, 1999, p. 216; G. PETRELLI, op. ult. cit., p. 771.

(65) Corte Cost., 4 dicembre 2009, n. 318, in Nuova giur. civ. comm., 2010, p. 650 e ss., con nota di C. ULESSI, «Trascrivibilità del vincolo di destinazione a parcheggio e potestà normativa regionale».

(66) Cfr. Relazione al Re, n. 1055.

(67) In questi termini T. FORMICHELLI, Titolo e modo di acquisto dei diritti patrimoniali, Napoli, 1995, p. 86, il quale precisa che «la soluzione del primo problema non è altro che un corollario della soluzione del secondo», dal momento che «se l’acquirente non ha acquistato “bene” come fanno i terzi ad avere la certezza che egli ha acquistato definitivamente il diritto?».

(68) G. GABRIELLI, «La pubblicità legale nel sistema del codice civile», in Riv. dir. civ., 1992, p. 455-456.

(69) S. PUGLIATTI, La pubblicità nel diritto privato, 1946, p. 23. Ad avviso dell’A., infatti, «l’ambito della pubblicità è determinato in maniera tassativa, da norme che non ammettono la possibilità di applicazioni analogiche, ma tutt’al più interpretazioni estensive, previa identificazione rigorosa della eadem ratio».

(70) E. FERRANTE, Consensualismo e trascrizione, Padova, 2008, p. 98.

(71) v. G. PETRELLI, Pubblicità legale e trascrizione immobiliare tra interessi privati e interessi pubblici, cit., p. 722- 723, secondo il quale risulta «indifferibile una revisione critica dei dogmi, ormai secolari, alla luce dei quali vengono ancora lette le norme del codice e delle leggi speciali in materia di trascrizione immobiliare».

(72) G. BARALIS, La pubblicità immobiliare fra eccezionalità e specialità, Padova, 2010, p. 23.

(73) J. LUTHER, Come interpretare i “principi fondamentali” della Costituzione, in AA.VV., I principi fondamentali della Costituzione italiana, a cura di J. Luther - E. Malfatti - E. Rossi, Pisa, 2002, p. 12-13.

(74) V. M. D’ERRICO, voce “Trascrizione (dir. civ.)”, in Il diritto. Enc. giur. del Sole 24 ore, 2007, XVI, p. 110.

(75) Così F. GAZZONI, La trascrizione immobiliare, 2° edizione, in Il codice Civile. Commentario, diretto da P. Schlesinger, Milano, 1998, p. 486. In particolare, l’A. rileva la sussistenza di uno «sfasamento temporale tra efficacia risolutoria della trascrizione ed efficacia attributiva dell’atto di acquisto, ciò che sta a significare come la trascrizione, dal punto di vista del fatto risolutivo, costituisce un accadimento del tutto a sé stante e slegato rispetto all’atto, tanto da avere un proprio punto di riferimento temporale in un momento ad esso precedente mentre sul piano dell’efficacia conservativa e cautelare non si differenzia in nulla rispetto alla trascrizione operata dal primo acquirente».

(76) G. GABRIELLI, «Sul modo di operare della pubblicità a norma dell’art. 2644 c.c.», in Riv. not., 2009, II, p. 355 e ss.

(77) V. G. BARALIS, op. cit., p. 31. Con riguardo alla trascrizione delle locazioni ultranovennali, in particolare, l’A. osserva che «la prima locazione, in quanto non caducata retroattivamente, potrebbe allora valere nei limiti minimi di legge»; «il primo acquirente, poi, secondo trascrivente potrebbe avere stipulato un contratto personale di godimento a lunga durata per legge (una locazione commerciale, una affittanza agraria) che data l’irretroattività della prioritaria trascrizione, metterebbero in crisi la pienezza di effetti di quest’ultima, con sacrificio dell’affidamento in sede di circolazione immobiliare».

(78) Scrive recentemente Galgano: «il principio consensualistico è quello che esprime il maggior favore per la circolazione della ricchezza e per la utilizzazione delle risorse. In esso i principi del giusnaturalismo si combinano con quelli del liberalismo economico. Si acquista la proprietà e, con essa, la facoltà di disporre delle cose prima di avere ricevuto la consegna e, perciò, prima ancora di aver pagato il prezzo». In tale ottica - prosegue l’A. - l’art. 1376 c.c. costituisce il vero e proprio «principio attivatore della circolazione»; cfr. F. GALGANO, Titoli di credito, Bologna-Roma, 2010, p. 19.

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