capitolo IV - Profili conservativi dell’atto notarile informatico
- capitolo IV -
Profili conservativi dell’atto notarile informatico
di Matteo Mirrione
1. Introduzione
Il decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 110 costituisce la più profonda ed estesa riforma che sia entrata in vigore nell’ordinamento notarile dal 1913 ad oggi.
La sua spiccata rilevanza è percepibile sotto vari profili: i diversi ambiti implicati, i numerosi interessi coinvolti (dalla sicurezza giuridica e nella circolazione dei beni, alla privacy), le connessioni con tematiche al centro del dibattito dottrinario internazionale. Ma, soprattutto, l’introduzione dell’atto notarile informatico sembra costituire un momento di cesura evidente nell’esplicarsi della funzione notarile, la quale, ferma nei suoi vincoli teleologici e strutturali, vede mutare le modalità e i mezzi di cui finora si è avvalsa.
Al contempo, non si può tacere che se la tecnologia consente operazioni e determina vantaggi prima impensabili e soddisfa sempre più compiutamente le esigenze degli individui, d’altro canto, «non è in grado di esprimere in sé alcun criterio deontologico»(1). Accade così che la tecnica «innesca un vero e proprio conflitto latente con il diritto»(2), poiché da criterio neutrale di modernizzazione si trasforma in fattore modificativo dell’ordinamento, potendone compromettere la sicurezza giuridica.
Rebus sic stantibus, la funzione notarile conferma, o probabilmente rafforza, la sua importanza: il notaio, grazie ai poteri conferitigli e a determinate condizioni, può garantire sicurezza anche nelle complesse vicende giuridiche dell’odierna società dell’informazione, avvalendosi certamente della tecnica, ma impendendo che essa assurga a criterio modificativo del diritto. Un simile, arduo compito può essere svolto solo grazie ad una classe notarile consapevole del proprio ruolo anche (rectius, soprattutto) nell’attuale contesto socio-giuridico e in possesso di strumenti adeguati. Alla luce di ciò, la riforma in argomento rappresenta un passaggio epocale, perché pone le basi per una simile evoluzione del Notariato.
All’uopo, le riflessioni che seguono sono dedicate ai mutamenti giuridici ed organizzativi che il D.lgs. 110/2010 ha apportato ed apporterà al sistema di conservazione notarile, non trascurandosi le importanti novità altresì introdotte con il D.l. 179/2012, convertito con modificazioni dalla legge 221/2012.
I profili conservativi costituiscono, invero, un ambito paradigmatico per quanto concerne l’atto pubblico informatico, poiché è di essenziale importanza comprendere come l’atto in parola possa mantenere nel corso del tempo le attribuzioni giuridiche che lo caratterizzano; comprendere, in altri termini, come possa essere perpetuata l’entità giuridica documentale una volta formatasi.
2. La conservazione dell’atto notarile informatico e la rilevanza della funzione conservativa del Notariato
Nell’ambito del Notariato, la conservazione documentale è talvolta percepita come attività secondaria, rispetto alle funzioni di certificazione e di adeguamento. Queste ultime, invero, sembrano godere di maggiore evidenza sociale: l’attribuzione di pubblica fede e la traduzione della volontà delle parti in negozi conformi al diritto positivo connotano fortemente la figura del notaio. Infatti, l’esercizio delle funzioni in parola interessa in via diretta i privati, laddove l’attività di conservazione e custodia documentale costituisce adempimento che generalmente riguarda il solo pubblico ufficiale.
Tuttavia, ad un’analisi più attenta, la funzione conservativa dovrebbe considerarsi non già secondaria, bensì complementare alle altre e coessenziale all’attività notarile complessivamente considerata.
Ciò per diversi motivi. Tralasciando elementi di carattere prettamente storico(3), anzitutto si potrebbero prendere le mosse dalla legge 16 febbraio 1913, n. 89(4), che all’art. 1 dispone: «i notari sono ufficiali pubblici istituiti per ricevere gli atti tra vivi e di ultima volontà, attribuire loro pubblica fede, conservarne il deposito, rilasciarne le copie, i certificati e gli estratti». L’inserimento della conservazione documentale nella suddetta formula definitoria, pur non esaustiva delle funzioni notarili, è indice dell’importanza primaria della stessa, al pari degli altri compiti affidati al pubblico ufficiale in questione.
Esistono, poi, ulteriori ragioni che esulano dal dato meramente esegetico: a ben vedere, l’attribuzione di pubblica fede non sarebbe sufficientemente garantita dalle pur numerose e dettagliate formalità che il notaio deve osservare per la conclusione del negozio giuridico; è altresì necessario che, una volta completata l’attività di documentazione prescritta dalla legge, l’atto venga custodito da un soggetto terzo e imparziale, a ciò obbligato e sotto la sua responsabilità. La sicurezza nella circolazione dei beni, infatti, sarebbe gravemente pregiudicata se la custodia del documento notarile costituisse un mero onere delle parti: in tal caso, fattori rilevanti per l’anzidetta circolazione - quali la permanenza fisica, l’autenticità e la conoscibilità del documento - potrebbero essere più facilmente compromessi.
Di certo, simili problematiche concernono la generalità dei documenti, indipendentemente dal loro valore probatorio, ma assumono una rilevanza massima in relazione a quelli dotati di pubblica fede. Questi ultimi, infatti, in un sistema fondato anche sull’efficacia delle prove legali, sono posti a presidio delle più delicate esigenze di certezza giuridica. In ragione di ciò, l’ordinamento, proprio in relazione ai documenti dotati di pubblica fede, ha scelto di affidare la conservazione documentale alla stessa pubblica amministrazione - nel caso di atti pubblici di natura amministrativa - o ad un pubblico ufficiale, estraneo agli interessi delle parti, obbligato per legge alla conservazione e sottoposto a ispezioni ordinarie e straordinarie: è il caso degli atti pubblici notarili.
Per l’importanza degli interessi garantiti, è evidente che il sistema di conservazione dei documenti non solo caratterizza il Notariato, al pari delle altre funzioni ad esso attribuite, ma costituisce, altresì, un presidio di certezza giuridica per la generalità dei consociati. Pertanto, ogni modificazione normativa a detto sistema deve essere attentamente valutata, in ragione delle conseguenze che potrebbero ripercuotersi sull’intero ordinamento.
3. L’attuale sistema di conservazione documentale del Notariato (cenni)
Il sistema di conservazione documentale del Notariato è il risultato di una normativa risalente nel tempo, che ha positivizzato i principi di una scienza archivistica e di una prassi notarile, consolidatisi nel corso dei secoli. La disciplina giuridica della materia è costituita in primo luogo dal capo II, titolo III della cd. legge notarile, denominato “Della custodia degli atti presso il notaro e dei repertori” e dal capo II, titolo III del regio decreto 10 settembre 1914, n. 1326(5), recante la medesima denominazione.
L’esposizione che seguirà, pur delineando nei suoi tratti essenziali un sistema ben noto, lungi dall’essere ultronea, appare di non trascurabile utilità, poiché permette di analizzare la riforma in commento in una prospettiva più consapevole; verranno pertanto descritti i profili a tal fine più significativi.
In particolare, l’art. 61 della legge notarile pone in capo al notaio il generale dovere di custodia «con esattezza e in luogo sicuro, con i relativi allegati», degli atti presso di lui depositati e della generalità di quelli da lui ricevuti, salvo le numerose eccezioni stabilite ex lege(6). In sintesi, il sistema di conservazione documentale costituisce un vero e proprio archivio, inteso quale complesso ordinato e coerente di atti, scritture e documenti, finalizzato non solo alla semplice custodia, cui fa unicamente riferimento l’art. 1 della legge notarile, ma anche alla “consultabilità e fruizione nel tempo”(7)dei documenti medesimi.
Esso si fonda essenzialmente su due gruppi di norme: il primo riguarda i documenti notarili soggetti a raccolta, il secondo è relativo ai repertori.
Per quanto concerne la conservazione degli atti, questa si concretizza nell’apposizione sul margine degli stessi di un numero progressivo - detto numero di raccolta - e sulla loro rilegatura in volumi, secondo ordine cronologico e, tendenzialmente, anno per anno.
In relazione al secondo insieme di norme, i repertori che il notaio deve tenere sono, ad oggi, tre: il repertorio degli atti tra vivi, quello degli atti di ultima volontà e il repertorio speciale dei protesti(8). La legge notarile dispone che su questi ultimi vadano annotati tutti gli atti conclusi dal pubblico ufficiale, siano essi sottoposti a successiva custodia o rilasciati in originale(9). I repertori contengono, nelle apposite caselle, le principali informazioni(10)relative agli atti ricevuti.
Il notaio deve firmare ogni foglio del repertorio (ex art. 62, L.N.), preventivamente numerato e firmato dal conservatore dell’archivio, il quale nella prima pagina attesta il numero dei detti fogli e appone, altresì, la data in tutte le lettere (ex art. 64, L.N.). Con D.m. 6 novembre 1991, è stato disposto, da un lato, che i repertori siano redatti mediante inchiostri indelebili e senza l’uso di carte autocopianti, da un altro lato, che i pubblici ufficiali possano avvalersi di sistemi meccanografici. Detti repertori meccanografici vengono preventivamente vidimati in fascicoli.
Inoltre, ex art 81 r.n., anche i fascicoli dei repertori devono rilegarsi in volumi, i quali a loro volta vanno corredati di un indice alfabetico dei nomi e dei cognomi delle parti. Infine, il D.m. 10 ottobre 1992 ha imposto ai notai la creazione di un analogo indice alfabetico contenente nome e cognome delle parti, data, natura e numero di raccolta dell’atto, da tenersi su supporto magnetico e relativo ai soli atti tra vivi conservati il cui repertorio è tenuto con sistemi meccanografici.
Come si evince dalle norme più significative appena richiamate, il sistema repertoriale costituisce anzitutto un elenco omogeneo, unitario e completo di tutti gli atti ricevuti dal pubblico ufficiale, utile a reperire prontamente, successivo tempore, quelli sottoposti a conservazione. Ma, di certo, oltre ad essere rilevanti a fini fiscali e strumentali all’attività notarile, i repertori costituiscono anche uno strumento di controllo di quest’ultima.
Nell’anno successivo ad ogni biennio, infatti, i notai sono sottoposti all’ispezione ordinaria, in ragione della quale devono presentare all’Archivio distrettuale “i repertori, i registri e gli atti rogati nell’ultimo biennio”(11). Per la generalità dei pubblici ufficiali, le ispezioni vengono condotte, con parità di attribuzioni, dal presidente del Consiglio notarile - ovvero da un consigliere delegato - e dal capo dell’Archivio notarile del distretto(12), che può operare le verifiche anche disgiuntamente.
In ultimo, deve ricordarsi che la legge 16 febbraio 1913, n. 89 stabilisce altresì le ipotesi di estinzione del dovere di custodia documentale posto in capo al notaio, prescrivendo che quest’ultimo conservi gli atti ricevuti o depositati, i registri e i repertori, da lui redatti, fino alla propria morte, alla cessazione definitiva dall’esercizio o al trasferimento della propria residenza in altro distretto(13). Al verificarsi di uno di questi tre presupposti, i documenti in questione vengono depositati e conservati presso gli Archivi notarili, soggetto pubblico dotato di autonomia finanziaria, ma che dipende amministrativamente dal Ministero della giustizia.
4. La conservazione dei documenti informatici: peculiarità e criticità
Analizzato, seppur sommariamente, il sistema di conservazione notarile, occorre descrivere le principali caratteristiche della conservazione digitale, onde delimitare le coordinate di riferimento della presente analisi.
L’ordinamento italiano è stato tra i primi sistemi, nel panorama giuridico globale, a regolamentare il cd. documento informatico(14). Tralasciando, per ragioni di brevità, la complessa evoluzione(15)della sua disciplina, può dirsi che il D.lgs. 7 marzo 2005, n. 82(16)e successive modificazioni(17)- risultato ultimo dell’anzidetta evoluzione - rappresentano un corpus normativo tendenzialmente coerente, che ha superato molte delle contraddizioni emerse in precedenza.
Tra gli aspetti tecnici più delicati del documento in parola vanno certamente annoverati il meccanismo di sottoscrizione e le procedure di conservazione a lungo termine. Tali problematiche hanno avuto - e continuano ad avere - delle ricadute giuridiche di notevole rilevanza, poiché la loro risoluzione in termini positivi determina l’idoneità del documento informatico a sostituire quello cartaceo, preservando le medesime garanzie assicurate da quest’ultimo.
Per quanto concerne la prima questione, la disciplina della firma digitale e degli altri tipi di sottoscrizione elettronica ha garantito l’autenticità del documento informatico, intesa quale sintesi di immodificabilità del suo contenuto e di imputazione dello stesso ad un determinato soggetto. Presupposti, questi, essenziali per l’equiparazione tra le due tipologie documentali.
La seconda questione è altrettanto centrale; non solo, infatti, il documento deve venire ad esistenza con modalità tali da renderlo giuridicamente rilevante, ma è altresì necessario garantire la perpetuazione dell’entità medesima. Un’affidabile conservazione nel lungo periodo è condizione imprescindibile per la diffusione generalizzata del documento informatico, con alti standard di sicurezza.
Le problematiche della conservazione digitale non sono né poche, né di facile risoluzione(18).
In primis, vi è la necessità che la sequenza di bit, di cui consta il documento in parola, debba essere decodificata da un elaboratore sulla base di un determinato “codice interpretativo”. Quest’ultimo concetto è strettamente correlato all’idea di formato(19), inteso come insieme di specifiche che definisce il modo in cui le informazioni documentali vengono memorizzate su un determinato supporto. È essenziale, quindi, che tali “modalità” di memorizzazione siano conosciute, al fine di compiere una sorta di percorso inverso, id est ricavare dalla sequenza binaria dati intelligibili(20).
Il documento informatico, infatti, pur equiparato giuridicamente a quello analogico, se ne differenzia per diversi aspetti, tra cui quello della medietà. In particolare, mentre quest’ultimo è immediatamente percepibile avendo la disponibilità del supporto su cui è stato redatto, il primo, nella forma della sequenza di bit, è totalmente indecifrabile ed incomprensibile. Affinché se ne possa conoscere il contenuto, è necessario che le informazioni binarie siano “tradotte”, decodificate secondo il relativo formato: questa è la precipua funzione dei programmi di elaborazione.
È di tutta evidenza, quindi, che occorra mantenere la compatibilità tra formato del documento digitale e programma di elaborazione elettronica. Tuttavia, a causa dell’obsolescenza tecnologica e di dinamiche meramente commerciali tipiche del sistema proprietario(21), spesso i software informatici vengono modificati, divenendo così incapaci di decodificare una determinata sequenza binaria, precedentemente memorizzata. Tali modificazioni del software originario potrebbero essere ostative ad una efficace conservazione di lungo periodo poiché, pur conservando la sequenza in questione e garantendone l’autenticità, non si riuscirebbe a decodificarla successivo tempore.
Si è tentato di risolvere il problema imponendo normativamente o diffondendo quale best practice l’uso di formati cd. aperti(22), le cui specifiche e il cui utilizzo, cioè, siano liberamente ottenibili, indipendentemente dal pagamento di alcuna licenza. Memorizzando i documenti mediante detti formati, si avrà la certezza di non essere sottoposti alle logiche commerciali e di poter sempre creare, conoscendo le specifiche degli stessi, un software capace di decodificare una qualsiasi sequenza binaria siffatta.
Altro problema della conservazione documentale consiste nell’obsolescenza dei supporti di memorizzazione(23). Indipendentemente dal tipo di supporto considerato - ottico, magnetico o di altro genere - la prassi dimostra che più o meno velocemente esso tende a deteriorarsi, divenendo illeggibile. Questa è una differenza di non poco momento tra la conservazione digitale e quella analogica. Se, infatti, quest’ultima ha mostrato di essere efficace nel lunghissimo periodo, pur in presenza di accorgimenti particolari(24), la prima sconta una prassi non ancora consolidata e una determinazione delle conseguenze - anche giuridiche - meramente presuntiva.
Nondimeno, appare certo che il concetto di conservazione e quello, connesso, di archiviazione subiscano una completa ridefinizione(25): se, in ambito analogico, questi ultimi erano concetti tendenzialmente statici, nel mondo digitale essi divengono essenzialmente, necessariamente dinamici e continuativi. Da un lato, si dovrà assicurare l’autenticità del documento informatico, dall’altro lato, la sua intelligibilità dovrà essere controllata a determinate scadenze, a cura del responsabile della conservazione, il quale, se del caso, potrà e dovrà intervenire sul file documentale. Potrebbe essere necessario, per esempio, il trasferimento di quest’ultimo da un supporto ad un altro, il mutamento del suo formato, l’estensione della validità giuridica delle sottoscrizioni elettroniche e altre operazioni ancora. Esse devono sempre attuarsi con l’adozione di determinate cautele e procedure.
Se però la funzione conservativa - sia pure così ridefinita(26)- si continua ad identificare nella perpetuatio dell’entità giuridico-documentale, è allora prioritario stabilire quali siano le modificazioni documentali accettabili(27)e quali no; precisando altresì, per quanto concerne le prime, le procedure attraverso cui operare. In questa nuova prospettiva, la verifica dell’autenticità del materiale documentale non si fonda più sull’analisi del supporto e dei suoi segni grafici, bensì sul controllo delle procedure conservative adottate(28); di conseguenza, queste ultime assumono una valenza non solo organizzativa, ma anche e soprattutto giuridica.
Tema centrale nella conservazione digitale è quello della sua sicurezza. Per ragioni di brevità, non si potrà rendere conto delle complesse problematiche che pure investono la materia. In via generale, deve dirsi che i sistemi di conservazione possono essere soggetti a delle violazioni. Per impedirle è possibile adottare diverse misure, che rientrano nel concetto di sicurezza informatica, la quale, per converso, si concretizza in tutte quelle procedure che salvaguardano i sistemi informatici da potenziali rischi e violazioni dei dati ivi contenuti. Dette soluzioni sono per la maggior parte qualificabili come misure di sicurezza attiva(29)o come misure di sicurezza passiva(30). La sicurezza informatica, quindi, deve tradursi in una dettagliata e attenta organizzazione dell’intero sistema di conservazione digitale, di cui il notaio deve avere piena conoscenza e sicuro dominio. L’art. 68-bis, terzo comma, della legge notarile, come novellata dal D.lgs. 110/2010, fa espresso riferimento alla sicurezza in esame, laddove dispone che «agli atti e alle copie di cui agli articoli 62-bis e 62-ter si applicano le disposizioni di cui agli articoli 50-bis(31)e 51(32)del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82».
Infine, altra tematica connessa alla conservazione di lungo periodo è la creazione del sistema archivistico informatico. La scienza archivistica gode di tradizione secolare e pone le sue fondamenta nel supporto documentale cartaceo. I principi di detta scienza, dunque, non possono essere certo trasposti sic et simpliciter in ambito digitale, proprio perché in esso viene meno la materialità del supporto.
Secondo autorevole dottrina, quella archivistica può essere definita come «la scienza che tratta degli archivi in quanto ne studia l’origine, la formazione, gli ordinamenti, la utilizzazione e la regolamentazione giuridica»(33). In particolare, proprio i principi della stessa fanno sì che un insieme di documenti sia conservato in modo tale da essere consultabile, utilizzabile e quindi strumentale alle attività ad esso collegate. È peraltro chiaro che le esigenze, cui detti principi sono connessi, debbano essere preservate anche nell’archivio digitale.
Una delle principali peculiarità di quest’ultimo è la stretta integrazione tra le fasi di formazione, gestione e conservazione documentale. Mai come nel caso del documento informatico scelte compiute in sede di formazione dello stesso si ripercuotono sulla sua conservazione: è il caso, per esempio, di quelle concernenti i formati o i metadati(34).
5. L’incidenza dell’atto notarile informatico sul sistema conservativo
Aver identificato le coordinate della presente analisi, da un lato, nella conservazione documentale del Notariato, da un altro lato, in quella digitale di lungo periodo, consente di comprendere l’effettiva complessità e problematicità dell’introduzione dell’atto notarile informatico.
Invero, certa dottrina(35)aveva avuto modo di sostenere l’ammissibilità dell’atto pubblico in parola sulla sola base delle norme del codice dell’amministrazione digitale e di un’interpretazione evolutiva della legge notarile. Al contrario, il Consiglio Nazionale del Notariato ne aveva affermato l’inammissibilità, attese le insidie potenzialmente derivanti da una simile tecnica ermeneutica e dall’assenza di una specifica disciplina sulla conservazione documentale; aspetto, quest’ultimo, ritenuto decisivo. Il Consiglio, quindi, auspicava un intervento legislativo ad hoc nella materia in questione.
L’atto notarile informatico, infatti, è una species del genus atto pubblico di cui all’art. 2699 c.c. e, come tale, soggiace al generale obbligo di custodia ad opera del notaio: l’introduzione del medesimo, quindi, non avrebbe potuto in alcun modo prescindere dalla presenza di un sistema conservativo sicuro e equiparabile in toto a quello degli atti notarili cartacei. Se così non fosse stato, infatti, una volta concluso validamente un atto pubblico informatico, si sarebbe corso il gravissimo pericolo di perdere, successivo tempore, la disponibilità del documento medesimo o di non riuscire a preservarne la pubblica fede. È di tutta evidenza che tale rischio non è accettabile né dall’ordinamento giuridico, né dal Notariato, sia per la sua funzione di presidio alla sicurezza nella circolazione dei beni, sia per l’importanza degli interessi affidatigli.
La riforma in questione è intervenuta con il D.lgs. 110/2010, di attuazione della delega conferita dall’art. 65 della legge 18 giugno 2009, n. 69; tuttavia l’effettiva stipulazione di atti notarili con modalità informatiche è stata inizialmente subordinata a regole tecniche, da emanarsi con uno o più decreti non aventi natura regolamentare del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, quello per la pubblica amministrazione e l’innovazione e il Ministro per la semplificazione normativa, sentiti il CNN, il Garante per la protezione dei dati personali e la DigitPA(36). Tuttavia, in attesa dell'emanazione della normativa secondaria, l'art. 6 del decreto legge 179/2012 è intervenuto in materia, al fine di non procrastinare ulteriormente l’attuazione di una riforma di certo importante per il Paese. In particolare, il decreto ha introdotto un regime transitorio in tema di conservazione, ispezioni e trasferimento agli Archivi notarili degli atti pubblici informatici, rendendo così operative le norme del 2010.
Tanto gli ambiti che saranno disciplinati dalle future regole tecniche, quanto le disposizioni transitorie testimoniano che la definizione normativa dei profili conservativi sia determinante per l’utilizzazione della nuova tipologia documentale.
Appare opportuno sottolineare che la tecnica normativa articolata su disposizioni di principio, contenute nella fonte primaria, e su regole di dettaglio, contenute in fonti secondarie, è frutto di una scelta precisa e consapevole. Consci, infatti, del rapido sviluppo tecnologico che caratterizza il settore in argomento, si è limitato l’ambito del decreto legislativo ai soli principi generali, tendenzialmente più stabili, onde evitare ripetuti ricorsi a lunghe procedure di intervento normativo. Le regole di dettaglio, al contrario, richiederanno verosimilmente modifiche più frequenti, dettate dai progressi tecnologici e dalla prassi notarile, motivo per cui appare più idonea la fonte di rango secondario (nella forma del decreto ministeriale o del decreto dirigenziale), in ragione del suo più rapido procedimento di emanazione.
D’altro canto, affidare la normativa di dettaglio alla fonte secondaria significa rinviare in questa sede la risoluzione delle problematiche di carattere tecnico, che per la verità, in tale materia, sembrano essere di rilievo decisivo. Né tali specifiche questioni sembrano essere del tutto risolte dal regime transitorio che si limita a disporre l’applicabilità della disciplina generale di conservazione dei documenti informatici.
5.1 Caratteristiche e funzioni da preservare
In vista dell’emanazione delle regole tecniche e per meglio valutare la congruità del regime transitorio introdotto con il D.l. 179/2012, è bene mettere in luce le peculiarità del sistema di conservazione notarile che è necessario preservare. Sebbene, infatti, alcune delle attuali soluzioni non sembrano potersi mantenere, poiché tradiscono la strettissima connessione tra conservazione e supporto cartaceo, le scelte di fondo del sistema in questione devono essere confermate, poiché poste a tutela di interessi considerevoli.
Fermo quanto premesso, non si può non tener conto delle esperienze recentemente poste in essere nell’ordinamento italiano, così come negli altri ordinamenti maggiormente evoluti. Alcune esigenze, infatti, sono inerenti alla stessa conservazione digitale di lungo periodo, indipendentemente dal soggetto che ne cura la gestione: determinate misure già sperimentate con successo saranno allora facilmente adottabili pure in ambito notarile.
Le pubbliche amministrazioni di tutti i paesi industrializzati, del resto, hanno già avviato da diverso tempo quel complesso processo che va sotto il nome di dematerializzazione. Esso mira ad eliminare l’uso della carta nello svolgimento dell’attività istituzionale dei vari soggetti pubblici, al fine di migliorare l’azione amministrativa sia in termini di efficienza, sia in termini di economicità. Il riferimento a tale ambito é sancito, peraltro, dalla stessa legge notarile come appena novellata, soprattutto, per quel che qui interessa, laddove richiama le disposizioni del D.lgs. 82/2005 sulla conservazione digitale.
In particolare, alcuni dei rinvii in questione sono posti all’interno di una delle norme più significative introdotte dalla riforma: l’art. 62-bis. Esso dispone che la struttura di conservazione degli atti notarili informatici è «predisposta e gestita dal Consiglio Nazionale del Notariato nel rispetto dei principi di cui all’art. 60 del D.lgs. 7 marzo 2005, n. 82»; inoltre, il secondo comma del medesimo articolo recita: «il Consiglio Nazionale del Notariato svolge l’attività di cui al comma 1 nel rispetto dei principi di cui agli articoli 12 e 50 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 e delle regole tecniche di cui all’articolo 71 dello stesso decreto». In aggiunta a tali disposizioni, analoghe norme di rinvio - ma questa volta alla generalità dei principi del codice dell’amministrazione digitale - sono previste per la tenuta dei repertori e per tutte le emanande regole tecniche, la cui importanza è stata già precedentemente posta in evidenza.
Con riferimento agli articoli del D.lgs. 82/2005 espressamente richiamati dalla legge notarile, si evince che la struttura ex art. 62-bis dovrà essere soggetta ai canoni previsti per le basi di dati di interesse nazionale(37). La gestione della struttura, inoltre, dovrà rispettare i medesimi principi cui sono sottoposte le P.A. quanto all’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ex art. 12, c.a.d.) e dovrà consentire, a determinate condizioni, l’accesso alle informazioni ivi contenute mediante l’uso di tecnologie telematiche (ex art. 50, c.a.d.).
Ma si può affermare, in ultima analisi, che il sistema conservativo del Notariato sarà predisposto nel rispetto della generalità dei principi del codice dell’amministrazione digitale; e ciò essenzialmente per due ragioni. In primis, per l’art. 68-bis della legge notarile, che impone l’osservanza dei principi in parola nella redazione di tutte le regole tecniche. In secundis, per l’art. 65, comma 5, lett. a, della legge delega 19 giugno 2009, n. 69, la quale subordina le norme attuative al rispetto delle «disposizioni di carattere generale contenute nel codice dell’amministrazione digitale». L’ampia portata di tale precetto è ribadita, peraltro, dalla relazione illustrativa del disegno di decreto legislativo, licenziato dal Consiglio dei ministri il primo marzo 2010.
La stretta aderenza della disciplina conservativa dell’atto notarile informatico ai canoni del c.a.d. sarebbe poi confermata dal D.l. 179/2012, che all’art. 6, quinto comma, dispone: «fino all’emanazione dei decreti di cui all’articolo 68-bis della legge 16 febbraio 1913, n. 89, il notaio, per la conservazione degli atti di cui agli articoli 61 e 72, terzo comma della stessa legge n. 89 del 1913, se informatici, si avvale della struttura predisposta e gestita dal Consiglio nazionale del Notariato nel rispetto dei principi di cui all’articolo 62-bis della medesima legge n. 89 del 1913 e all’articolo 60 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, in conformità alle disposizioni degli articoli 40 e seguenti del medesimo decreto legislativo». In altri termini, la norma transitoria recentemente introdotta impone di seguire, in sede di prima applicazione, le norme di cui al capo III del c.a.d., denominato “Formazione, gestione e conservazione dei documenti informatici”, nonché le regole tecniche stabilite ai sensi dell’art. 71 del codice stesso. Un siffatto regime transitorio sembrerebbe quindi inserire la conservazione dell’atto notarile informatico esclusivamente all’interno delle coordinate del c.a.d.
Tuttavia, fermo restando che il c.a.d., laddove richiamato dalla L.N., ha carattere vincolante per la predisposizione e gestione del sistema conservativo digitale, esso non appare l’unico riferimento giuridico da considerare. Infatti, la disciplina dell’atto pubblico informatico - inserendosi organicamente all’interno della legge del 1913 - deve porsi in armonia anche con il sistema del Notariato, come risulta dalla legge ordinamentale e dalla consolidata prassi ermeneutica. Quest’ultima osservazione sembra trovare riconoscimento normativo nell’art. 47-ter, L.N. il quale recita: «le disposizioni per la formazione e la conservazione degli atti pubblici e delle scritture private autenticate si applicano, in quanto compatibili, anche ai documenti informatici di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 47-bis», i.e. agli atti pubblici redatti con “procedure informatiche” e alle sottoscrizioni digitali autenticate.
Sembra quindi più ragionevole ed opportuno ricercare un’integrazione coerente tra i due insiemi di principi, tal per cui le soluzioni recepiscano i recenti progressi delle nuove tecnologie, ma, al tempo stesso, non tradiscano l’essenza della funzione che il Notariato ha il dovere di svolgere: le future regole tecniche dovranno pertanto ricercare un simile punto di equilibrio, un bilanciamento tra i diversi principi al fine di predisporre una disciplina se del caso peculiare. La mera soluzione di rinvio al regime generale del documento informatico - adottata dal D.l. 179/2012 - rischia di eludere i fondamentali interessi sottesi al ruolo e alle peculiarità del Notariato(38), quali, per esempio, quelle in materia di accessibilità dei documenti custoditi dal notaio o di responsabilità dello stesso per la custodia degli atti da lui ricevuti.
Di certo, i pericoli insiti nell’intervento normativo del 2012 possono essere ridimensionati mediante il Manuale operativo in tema di conservazione degli atti notarili informatici, il quale può supplire ad una disciplina generale muta su diverse questioni di centrale importanza per il Notariato.
5.2 Evoluzioni e soluzioni tecniche
Il D.lgs. 110/2010, con le relative regole attuative, determinerà un cambiamento epocale nell’ordinamento notarile. Certamente, esso costituisce un passo decisivo verso la realizzazione del cd. Cyber Notary, intendendo con tale espressione lo svolgimento della funzione notarile mediante l’utilizzo di strumenti elettronici.
L’analisi del decreto legislativo ben può cominciare dall’art. 62-bis della legge 16 febbraio 1913, n. 89. Tale norma, infatti, sembra essere la chiave di volta dell’intera riforma, considerato il ruolo che la risoluzione delle problematiche conservative ha giocato e giocherà rispetto alla medesima. Come anche esplicato nella relazione illustrativa, l’art. 62-bis dispone l’istituzione di una «struttura(39)realizzata a cura del CNN», di cui si dovranno avvalere i notai italiani. Una simile scelta si allontana dall’organizzazione che finora ha caratterizzato il Notariato. Tanto gli atti, quanto i repertori, invero, sono attualmente custoditi «con esattezza e in luogo sicuro» da ogni singolo pubblico ufficiale, in locali suoi propri e di cui ha la materiale disponibilità.
Un cambiamento tanto netto risponde a ragioni ben precise. Anzitutto esigenze di sicurezza: era impensabile, infatti, in sede di riforma, addossare costi, complessità di gestione e rischi in capo ai singoli notai. Si è quindi optato per la centralizzazione: sia la sicurezza, sia l’economicità gestoria sono notevolmente agevolate in sistemi di grande scala(40). Ma, a ben vedere, una siffatta scelta garantisce altresì l’omogeneità tanto delle modalità conservative, quanto degli standard di sicurezza. È facile immaginare, infatti, che un’organizzazione decentrata e locale, anche a causa di procedure non del tutto consolidate, avrebbe portato a prassi diversificate. L’omogeneità, al contrario, è un’esigenza primaria: il Notariato deve garantire la medesima sicurezza giuridica su tutto il territorio nazionale e modalità conservative tecnicamente uniformi, anche in ragione del successivo trasferimento documentale agli Archivi notarili.
Non possono tacersi, tuttavia, le perplessità(41)emerse con riferimento alla struttura in discussione. In particolare, si è autorevolmente(42)criticata l’indeterminatezza della medesima a livello di normativa primaria, che si pone potenzialmente in contrasto con l’interesse dello Stato alla conservazione del documento notarile quale espressione di pubblica fede(43); la quale costituisce uno degli elementi fondanti lo Stato di diritto. Si correrebbe il rischio di permettere ad un soggetto, non munito della qualifica di pubblico depositario, di custodire atti pubblici (sia pure informatici), laddove l’ordinamento ha sempre affidato tale compito esclusivamente ai notai in esercizio e, dopo questi, alla Pubblica amministrazione, nella veste degli Archivi notarili. Detti rischi sarebbero causati dal silenzio del legislatore in merito alle modalità di predisposizione e gestione della struttura da parte del CNN. Lo Stato, quindi, abdicherebbe alle proprie funzioni primarie, demandando a privati, non meglio definiti, un compito delicatissimo.
Ciò, inoltre, influirebbe negativamente sull’esercizio della professione notarile e creerebbe in capo all’ente gestore della struttura un’inaccettabile posizione dominante di mercato. Nel corso del dibattito in II Commissione giustizia della Camera, quindi, si era proposto di utilizzare l’Archivio centrale informatico, tenuto presso gli Archivi notarili, ai fini della conservazione digitale.
Sembra che le suddette opinioni, pur autorevoli, non possano essere condivise, almeno nella loro interezza. In primis, infatti, è stato rilevato(44)che gli organi esponenziali degli ordini professionali, pur non essendo formalmente dei pubblici depositari, siano già da tempo abilitati ad istituire, sia pur con particolari scopi e modalità, sistemi di conservazione informatica di atti pubblici ed autenticati, ex art. 38, comma 6-bis del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231.
Vi sono, inoltre, motivazioni ben più profonde per sostenere la preferenza e la necessità di una struttura centrale di conservazione gestita direttamente dal Consiglio nazionale: infatti, l’art. 65 della L. 69/2009 dispone, tra i principi e criteri direttivi della delega, che siano rispettati «in ogni caso la certezza, sicurezza e correttezza dello svolgimento della funzione notarile». Se cosi è, allora il CNN - in ragione dei suoi compiti istituzionali, anche in materia di deontologia professionale - non solo ha la possibilità, ma ha anche l’obbligo di predisporre e gestire direttamente, o per mezzo di una società da esso stesso controllata, la struttura di cui all’art. 62-bis. Quest’ultima, dunque, non potrà certo essere affidata né agli Archivi notarili(45), che sono depositari degli atti solo a seguito della cessazione del pubblico ufficiale dalle sue funzioni o del suo trasferimento ad altro distretto, né ad una società esterna di cui il CNN non abbia il diretto controllo.
Il Consiglio, in definitiva, sarebbe l’unico ente capace di una conservazione informatica tale da non stravolgere la funzione notarile e da far sì che le nuove procedure garantiscano pari condizioni di sicurezza. Da un lato, infatti, ciascun notaio continuerà a depositare i propri documenti digitali nella struttura, continuando ad essere personalmente responsabile e ad avere accesso esclusivo ai dati ivi contenuti, salvo espresse deroghe previste ex lege. Da un altro lato, solo così si preserverebbero gli attuali standard di certezza, sicurezza e correttezza, poiché la gestione centralizzata eviterebbe i rischi di una pluralità di conservazioni locali, già precedentemente menzionati.
Invero, simili conclusioni, relative al ruolo del CNN in ambito conservativo, non risultano per nulla sconfessate dal regime transitorio del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, art. 6, quinto comma.
In tale prospettiva, i cardini del Notariato sarebbero mantenuti: la disponibilità fisico-materiale del notaio rispetto al proprio archivio cartaceo si trasformerebbe nella disponibilità telematica di un proprio spazio digitale(46)di conservazione, all’interno della struttura del CNN, ma - ed è l’elemento che più conta - entrambe le modalità soggiacerebbero ai medesimi, ineludibili principi(47). Si fuga, dunque, ogni dubbio circa gestioni poco sicure ad opera di non meglio definite società private o di indistinti soggetti terzi, per ancorare saldamente anche la futura conservazione digitale ai consolidati canoni dell’attuale ordinamento del Notariato.
E, a ben vedere, una simile prospettiva sembra essere accolta dal legislatore. Chiaro indice di tale opzione sistemica può probabilmente individuarsi nell’inciso finale dell’art. 67 della legge ordinamentale, introdotto dal D.lgs. 110/2010. Quest’ultima disposizione attribuisce al solo notaio il «diritto di permettere l’ispezione e la lettura, di rilasciare le copie, gli estratti e i certificati degli atti da lui ricevuti, o presso lui depositati, ivi compresi quelli conservati presso la struttura di cui all’articolo 62- bis». È patente che, nell’architettura conservativa digitale, come delineata dalla riforma, i principi inerenti allo svolgimento della funzione notarile non subiscano attenuazione o modificazione alcune, né, del resto, avrebbero potuto farlo, atteso il tenore della delega legislativa.
Tale struttura, in estrema sintesi, potrebbe essere paragonata all’insieme di numerose «cassette di sicurezza»(48), autonome l’una dalle altre, e ciascuna appartenente ad un determinato notaio. L’atto pubblico informatico, quindi, una volta concluso, andrà ivi depositato.
Le perplessità sorte prima dell’entrata in vigore del D.lgs. 110/2010 sono superabili, ma solo alla luce dei principi dell’ordinamento notarile, che non dovrebbero essere posti in second’ordine rispetto alla disciplina generale del c.a.d. Tali conclusioni potrebbero essere molto utili per i Manuali operativi predisposti dal CNN in materia di conservazione.
Volendo adesso trattare specificamente delle future regole tecniche, è il caso di premettere come sia tutt’oggi necessaria ed improrogabile la loro emanazione, in quanto esse costituiscono la fonte più idonea per operare scelte ordinamentali tanto delicate.
Per le considerazioni precedentemente svolte, tali regole dovranno anzitutto tener conto dei principi vigenti in materia di conservazione digitale a norma. È il caso, ad esempio, dei canoni relativi all’apposizione della marca temporale(49), alla formazione delle copie di sicurezza, alla predisposizione delle altre misure di disaster recovery, oppure al riversamento (diretto o sostitutivo) dei documenti, per obsolescenza dei supporti o dei formati.
Tuttavia, sebbene tali procedure siano già regolate dalla normativa attualmente in vigore, potrebbe essere opportuno predisporre idonei adattamenti ed ulteriori procedure, affinché sia possibile raggiungere i medesimi obiettivi previsti nei comuni processi di conservazione - id est, autenticità, permanenza del valore giuridico e intelligibilità del documento a distanza di tempo - pur nel peculiare ambito del Notariato.
In primis, risulta evidente che si dovrà coniugare la gestione centralizzata della struttura con le prerogative e le responsabilità essenzialmente personali del notaio. Se nel caso di procedure automatizzate, come la validazione temporale, o nel caso di interventi che riguardino il singolo documento, non sembrano sussistere problemi poiché le operazioni saranno compiute rispettivamente dal software informatico o dai singoli pubblici ufficiali, in caso di interventi che riguardino la generalità dei dati della struttura deve essere garantita la partecipazione procedimentale dei notai, responsabili dei propri atti. In tali ipotesi, le regole attuative dovrebbero prevedere anzitutto che questi ultimi prestino il loro assenso alle operazioni documentali condotte a livello centrale dal Consiglio nazionale; sarebbe auspicabile, inoltre, una precisa distribuzione di responsabilità in caso di danneggiamento dei dati.
Quale che sia la concreta attuazione del sistema conservativo digitale del Notariato, il rispetto delle relative norme dovrebbe essere garantito dalla previsione di sanzioni disciplinari a carico dei pubblici ufficiali, almeno per quel che riguarda gli adempimenti più importanti, che hanno ripercussioni sul mantenimento della validità giuridica degli atti. Tale esigenza sembra essere trascurata dal D.lgs. 110/2010, il quale include tra le ipotesi di sospensione e tra quelle di destituzione solo l’inosservanza dell’art. 52-bis, secondo comma, della legge notarile, relativo all’apposizione della firma digitale da parte del notaio. Al contrario, non è prevista alcuna fattispecie sanzionatoria espressa per il mancato rispetto degli artt. 62-bis, 66-bis e delle relative regole tecniche. Ed inoltre, attesa la delicatezza della materia, un’eventuale applicazione analogica alle violazioni in esame delle norme sanzionatorie relative alla conservazione degli atti e alla tenuta dei repertori cartacei appare certamente inopportuna.
Gli atti notarili informatici saranno custoditi in siffatta struttura fino alla cessazione del notaio dalle sue funzioni o al suo trasferimento in altro distretto. Al verificarsi di tali eventi, i medesimi verranno trasferiti agli Archivi notarili, che a loro volta attueranno un procedimento di deposito e conservazione, similmente a quanto è previsto dall’art. 106 della L. 16 febbraio 1913, n. 89, con riferimento agli atti analogici.
La ratio del trasferimento agli Archivi dei documenti notarili si spiega con la natura dell’atto pubblico. Per la verità, suddetta natura appare controversa, ma sembra preferibile la tesi che qualifica il medesimo in termini di res publica(50). In ogni caso, lo Stato ha interesse alla sua conservazione, in quanto presidio della pubblica fede, rilevante sia per la sicurezza nella circolazione giuridica, sia sotto un più generale profilo di ordine pubblico. Alla cessazione dalle funzioni o al trasferimento del notaio in altra sede, lo Stato, per il tramite degli Archivi notarili, dopo l’ispezione e la verificazione di atti, repertori e registri, prende in custodia tali documenti, ne cura la conservazione, l’accesso e il rilascio di copie.
La definizione delle modalità di trasferimento dei file documentali agli Archivi notarili e delle modalità di conservazione ad opera dalla P.A. in parola è demandata alle regole tecniche, ex art. 68- bis, comma primo, lett. f della legge ordinamentale(51). È chiaro, tuttavia, che non sarà sufficiente l’emanazione della normativa di secondo livello: gli Archivi notarili, infatti, dovranno preventivamente dotarsi delle strutture informatiche adeguate, al fine di svolgere in maniera corretta e sicura le proprie funzioni tradizionali, ma con tecniche notevolmente differenti.
Peraltro, il processo conservativo presso gli Archivi si differenzierà sotto determinati profili da quello operato nella struttura del CNN. Da un lato, infatti, la P.A. già presenta una gestione archivistica unitaria, facente capo al Conservatore dell’archivio: non si pongono, quindi, le criticità derivanti dalla policentrica organizzazione notarile. Pertanto, si potranno adottare gran parte delle soluzioni attualmente esistenti presso vari soggetti pubblici. Dall’altro lato, però, il periodo di conservazione in parola sarà di certo più esteso di quello interessante i singoli pubblici ufficiali. Ciò pone maggiori problemi di accessibilità e leggibilità del documento digitale a notevole distanza di tempo. Nondimeno, per la loro risoluzione, gli Archivi notarili potranno seguire la disciplina attualmente in vigore e le best practice diffuse nell’ambito delle P.A.
A riguardo, si è posto in evidenza il pericolo di una duplicazione derivante dalla coesistenza degli Archivi notarili e della struttura gestita dal CNN. In particolare, detta duplicazione implicherebbe la presenza di un soggetto diverso dallo Stato, che interferirebbe con una delle funzioni tipiche dello stesso, quale la salvaguardia della pubblica fede.
L’osservazione, tuttavia, non può essere condivisa; e ciò per due ordini di ragioni. Anzitutto, la sovrapposizione non sussisterebbe per motivi prettamente diacronici: mentre il notaio, sia pure per mezzo della struttura centralizzata, custodisce gli atti da lui ricevuti o depositati fino al tempo in cui esercita le sue funzioni o fino a quando non è trasferito ad altro distretto, gli Archivi notarili svolgono sì un’attività analoga, ma successivamente al verificarsi di tali presupposti.
In secondo luogo, può dirsi che i notai adempiono tradizionalmente funzioni di natura conservativa, in quanto pubblici depositari. Il potere statuale, invece, interviene successivamente, in seguito ad eventi che ostano allo svolgimento dei compiti notarili in discussione. Analogamente avverrebbe per l’atto pubblico informatico, in cui la conservazione nel medio periodo e quella nel lungo periodo sarebbero affidate a soggetti diversi(52), ma per il medesimo fine.
Semmai potrebbe obiettarsi come la centralizzazione conservativa comporterebbe degli inconvenienti per l’espletamento delle funzioni degli Archivi notarili, organizzati su base locale. Ma è facile constatare che proprio le potenzialità telematiche dei documenti informatici consentirebbero l’agevole esecuzione tanto del trasferimento dei file a fini di custodia, quanto delle operazioni ispettive. A ragion veduta, quindi, non possono dirsi compromessi neppure i compiti demandati alla pubblica amministrazione.
Trattando, sia pure in via incidentale, degli Archivi notarili, si deve far cenno anche all’esecuzione delle ispezioni, cui sono sottoposti i pubblici ufficiali almeno ogni biennio. Le attuali procedure prevedono, tra l’altro, la presentazione ad opera del notaio stesso, o di speciale procuratore, dei repertori, dei registri e degli atti presso l’Archivio distrettuale. In materia, la legge 16 febbraio 1913, n. 89 prevede l’emanazione di regole tecniche per determinare le modalità ispettive interessanti i corrispondenti documenti formati su supporto digitale.
De iure condendo, si può ipotizzare che molto probabilmente le regole tecniche valorizzeranno le potenzialità dell’anzidetto supporto. Non sarà più necessaria la presentazione materiale dei documenti cartacei nei locali dell’Archivio, ma il notaio potrà, in modo assai più semplice e rapido, autorizzare gli organi competenti ad accedere al proprio spazio digitale di memorizzazione, contenente gli atti originali rogati, i registri e i repertori redatti nel biennio.
Conferma simile soluzione l’art. 6 del D.l. 179/2012, il quale, come ampiamente auspicabile e prevedibile, valorizza le caratteristiche dei documenti digitali, non prevedendo alcun adempimento fisico-materiale. Esso infatti dispone che «ai fini dell'esecuzione delle ispezioni di cui agli articoli da 127 a 134 della legge n. 89 del 1913 … la struttura di cui al presente comma fornisce all'amministrazione degli archivi notarili apposite credenziali di accesso». La norma tuttavia - è facile osservare - non tiene conto del fatto che i dati contenuti nella Struttura del CNN sono e rimangono nella disponibilità del singolo notaio, responsabile in prima persona della loro corretta conservazione. Dovrebbe essere quindi il pubblico ufficiale in persona a fornire le proprie credenziali di accesso, e non la struttura del CNN. Si auspica pertanto che tale fondamentale dato sistematico possa essere tenuto nel debito conto dalle future regole tecniche.
Oltre agli atti, ai sensi dell’art. 66-bis, comma primo, «tutti i repertori e i registri dei quali è obbligatoria la tenuta per il notaio sono formati e conservati su supporto informatico, nel rispetto dei principi di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82». Il secondo comma della medesima disposizione specifica che la tenuta dei repertori e dei registri avviene per mezzo della struttura gestita dal CNN.
La norma in parola è di indubbia importanza. Essa riguarda il sistema repertoriale, che abbiamo visto essere molto rilevante nello svolgimento della funzione notarile. Si possono cogliere nell’art. 66-bis due differenti elementi: il primo è il sostanziale recepimento delle riforme via via succedutesi in materia. Il secondo aspetto consiste nel completamento di tale evoluzione: il D.lgs. 110/2010, infatti, non mira esclusivamente all’introduzione dell’atto pubblico informatico, ma tende ad attuare una coerente e generale digitalizzazione della professione notarile, concretizzando i vantaggi insiti nelle nuove tecnologie ed informatizzando in toto sia la tenuta dei repertori, sia le procedure di invio e di controllo, che avverrebbero con modalità telematiche.
Inoltre, proprio l’obbligatorietà dell’uso delle nuove tecnologie in ambito repertoriale ci rende chiaro che il baricentro dell’attività conservativa notarile si sposti verso la dematerializzazione. In altri termini, è vero che anche nel vigore delle regole attuative sarà possibile redigere un atto pubblico cartaceo e conservarlo con le tecniche tradizionali, ma è altrettanto vero che il repertorio, imprescindibile riferimento nelle ricerche relative agli atti, sarà interamente digitale. L’archivio informatico ex art. 62-bis, quindi, sembra essere destinato a divenire il vero fulcro dell’attività conservativa, laddove quello analogico sarà destinato soltanto all’eventuale consultazione dell’originale cartaceo.
In ultima analisi, l’archivio notarile sarà ibrido(53).
Una delle principali criticità del medesimo è il coordinamento tra le due partes archivistiche. Le pubbliche amministrazioni hanno ovviato a tale problema generalmente facendo ricorso ad un unico protocollo informatico. È facile intuire che in ambito notarile questa funzione unificante dovrebbe essere svolta dal repertorio digitale.
L’archivio ibrido, inoltre, risponderebbe alle preoccupazioni avanzate da certa parte della dottrina e della categoria notarile(54), secondo cui non si potrebbe creare un archivio integralmente digitale. Quest’ultimo, infatti, imporrebbe di acquisire su supporto informatico tutta la produzione documentale cartacea pregressa, così da poterla poi distruggere. Tuttavia, tale operazione presenterebbe due ordini di problemi. Uno inerente alla sua opportunità: i costi e la tempistica della stessa, infatti, sembrano sproporzionati rispetto all’effettiva utilità conseguibile. L’altro ordine di problemi è invece relativo alle conseguenze che la distruzione dell’originale analogico potrebbe comportare sul piano giuridico-probatorio. La suddetta distruzione impedirebbe di compiere delle operazioni di verifica circa l’autenticità del documento e, in primis, circa l’autenticità delle sottoscrizioni, registrandosi una vera e propria compromissione della periziabilità delle stesse. Tali operazioni, infatti, non possono essere eseguite sul file risultante dall’acquisizione digitale del documento e, pertanto, informazioni essenziali potrebbero essere perse in maniera irreversibile, né potrebbero essere verificate preventivamente dal pubblico ufficiale al momento della dematerializzazione.
Rebus sic stantibus, il sistema conservativo notarile sembrerebbe destinato alla seguente suddivisione. Una parte, quella comprendente i documenti precedenti all’entrata in vigore delle norme attuative, sarebbe per intero analogica, senza attuare dispendiose, quanto inefficienti operazioni di recupero del materiale archivistico pregresso; una seconda parte, relativa ai documenti successivi a tale momento, sarebbe di tipo ibrido: gli atti pubblici informatici si archivierebbero secondo il nuovo sistema digitale, mentre quelli redatti su supporto cartaceo sarebbero conservati in maniera analogica, non andando incontro a distruzione alcuna.
Tuttavia, anche sulla scorta delle esperienze maturate nell’ambito delle P.A., si è stabilita l’importazione su supporto digitale degli atti notarili cartacei successivi(55)all’entrata in vigore delle regole tecniche, con finalità per lo più operative, ma non conservative. Più specificamente, la conservazione degli atti in questione avente valore giuridico sarà soltanto quella analogica, ma l’archivio digitale conterrà una corrispondente copia informatica, di cui il notaio dovrà attestare la conformità e a cui accedere laddove non vi sia bisogno di visionare l’originale. Tale soluzione, infatti, sembra consentire una maggiore integrazione archivistica, come dimostrato dai modelli organizzativi adottati dagli enti pubblici.
Altra tematica centrale è costituita dal responsabile della conservazione e dai relativi compiti. Ad oggi, tale figura ha trovato maggiore diffusione all’interno delle pubbliche amministrazioni e delle società private, ma è indubbio che le funzioni(56)da essa svolte debbano essere garantite in ogni ambito operativo.
Appare evidente che la difficoltà di individuare soggetti in grado di ricoprire il ruolo di responsabile della conservazione - spesso riscontrata nelle P.A. - non è presente nel Notariato. Il notaio, infatti, è sia un pubblico ufficiale sia un professionista, il quale per elevatissima preparazione giuridica, requisiti di affidabilità e terzietà, conoscenza degli strumenti informatici appare certamente idoneo a svolgere i compiti di responsabile; e a ben vedere, tale funzione è già svolta dal notaio con riferimento all’archivio cartaceo, pur non potendosi tacere le notevoli differenze tra le due modalità conservative.
Argomento degno di nota è, infine, il delicato rapporto tra pubblico ufficiale e tecnici dell’informatica. Ferma la possibilità di richiedere l’intervento di questi ultimi per la predisposizione ed il mantenimento del sistema digitale, nonché per la consulenza necessaria allo svolgimento della professione, il notaio non può delegare in toto ad una società esterna l’esecuzione delle procedure informatiche di natura conservativa o di altro genere. Egli, al contrario, deve avere piena consapevolezza delle medesime, poiché costituiscono parte essenziale della propria funzione. Il pubblico ufficiale deve eseguirle in prima persona e se ne deve far garante(57), in quanto responsabile della gestione documentale e dei relativi adempimenti.
5.3 Vantaggi del D.lgs. 110/2010
Se finora sono state descritte le criticità tecniche derivanti dall’introduzione dell’atto notarile informatico e le relative, possibili soluzioni, è adesso opportuno riferire dei vantaggi derivanti dal D.lgs. 110/2010.
In via preliminare, è stato osservato(58)che la riforma in commento tenta di conciliare l’esigenza di rapidità ed efficienza dei traffici, con quella di sicurezza dei medesimi, poiché permette la diffusione delle nuove tecnologie nell’ambito dell’attività notarile. Quest’ultima, in particolare, si caratterizza per la presenza di numerose formalità, tutte necessarie ad attribuire pubblica fede al documento notarile e per vagliarne la compatibilità con l’ordinamento. Ciò implica, da un lato, una minore velocità degli scambi interessati, ma, da un altro lato, una maggiore sicurezza giuridica, che è considerata dal legislatore quale interesse prioritario. Con l’atto pubblico informatico e, più in generale, grazie alle tecnologie digitali in ambito notarile, potrà attuarsi una circolazione del documento dotato di pubblica fede assai più rapida, poiché il trasferimento materiale dei supporti cartacei lascerà il passo all’invio telematico dell’atto o della sua copia digitale conforme. E ciò sarà possibile tanto in favore delle parti, quanto per assolvere adempimenti previsti ex lege.
Altro beneficio derivante dalla predisposizione di un sistema conservativo informatico è costituito dalla possibilità, almeno sul piano tecnico, di concludere in tempo reale una scrittura privata con sottoscrizioni digitali autenticate, tra due parti non presenti nel medesimo luogo. Attualmente tale possibilità è in parte preclusa in ragione dell’obbligo di raccolta previsto per le scritture private autenticate soggette a pubblicità immobiliare o commerciale. L’ostacolo in discussione potrebbe essere superato una volta predisposto il nuovo sistema conservativo, pur non tacendosi i timori di una parte della categoria per l’incidenza di simili cambiamenti sull’organizzazione territoriale del Notariato. In ogni caso, l’esempio della scrittura privata conclusa a distanza è emblematico dei vantaggi conseguibili con la digitalizzazione dell’attività notarile: le due parti contraenti, infatti, potranno rivolgersi entrambe ad un pubblico ufficiale del distretto ove si trovano, senza andare incontro a spostamento alcuno; il notaio di una delle due parti autenticherà la firma digitale e invierà il documento informatico al collega, che, a sua volta, farà apporre la firma digitale all’altra parte contraente e, infine, l’autenticherà a sua volta. Si sarà così conclusa, con modalità telematiche e in tempo reale, una scrittura privata con sottoscrizioni digitali autenticate.
Nell’attuale contesto economico, inoltre, accanto ad un’esigenza di rapidità delle transazioni, si è registrato un continuo aumento delle stesse. Scambi sempre più numerosi hanno dimostrato, nel corso del tempo, l’inefficienza - e, si badi bene, non l’inefficacia - della conservazione analogica. La digitalizzazione del Notariato, al contrario, comporterebbe una maggiore efficienza del sistema.
Ma i vantaggi del cd. Cyber notary non si tradurrebbero solo in una maggiore rapidità ed efficienza: informatizzare l’attività notarile significa anche estendere il suo ambito operativo, rendendola più pronta e adatta ad esplicare la propria funzione in settori e vicende ad alto contenuto tecnologico. Pure in tali casi, infatti, si avverte come necessario il ruolo del notaio(59), quale baluardo di certezza giuridica a tutto vantaggio dei privati e dell’intero ordinamento
È palese che anche la classe notarile otterrà rilevanti benefici dalla complessa fase di aggiornamento e riorganizzazione di cui la riforma sarà foriera. Tali vantaggi si concretizzeranno sotto diversi profili, ma, in linea generale, può dirsi che l’introduzione dell’atto pubblico informatico renderà il Notariato più dinamico, rapido ed efficiente.
In ambito strettamente conservativo, la dematerializzazione, da un lato, comporterà un minor costo di gestione dell’archivio cartaceo e dei relativi locali: esso, infatti, sarà destinato a ridursi in favore dell’archivio digitale. Da un altro lato, la medesima consentirà una progressiva semplificazione organizzativo-gestionale, pur mantenendo, per mezzo della firma digitale, l’attuale affidabilità e autenticità del sistema. È il caso, solo per fare un esempio, dell’art. 66-ter della legge notarile, secondo il quale «la tenuta del repertorio informatico, sostituisce gli indici previsti dall’articolo 62, comma sesto»(60). Tenendo conto dei criteri e degli strumenti di ricerca offerti dal contesto digitale, il mantenimento dell’indice alfabetico sarebbe stato certamente superfluo. Altre ipotesi sono costituite dal venir meno degli adempimenti materiali di fascicolazione e rilegatura, essendo sufficienti modalità conservative che tengano conto dei legami logici e cronologici esistenti tra gli atti.
A ben vedere, ulteriori benefici si avranno anche in relazione ai numerosi adempimenti che incombono sul pubblico ufficiale. È il caso della trasmissione mensile della copia dei repertori all’Archivio notarile distrettuale (ex art. 65, L.N.) o di altri obblighi analoghi(61)che potranno essere ottemperati con l’invio telematico della copia documentale agli uffici competenti. Mutatis mutandis, per quanto riguarda le ispezioni, come già accennato, anch’esse potranno svolgersi in via telematica, previa autorizzazione da parte del notaio interessato. Ciò consentirà al pubblico ufficiale di non doversi recare presso gli uffici dell’Archivio notarile per consegnare tutti documenti soggetti ad ispezione, velocizzandosi così le relative procedure. Inoltre, si potrebbe fare a meno dei fascicoli supplementari(62), previsti dalla legge ordinamentale per ovviare all’indisponibilità dei repertori e dei registri durante l’iter ispettivo. Il notaio, infatti, potrà utilizzare i medesimi anche nel corso dei suddetti controlli, poiché lo spazio digitale, per le sue caratteristiche intrinseche, rimarrà sempre a sua disposizione.
Quanto, infine, alla prospettiva di integrare e collegare la struttura di cui all’art. 62-bis della legge notarile con gli archivi delle Agenzie del territorio e, più in generale, con quelli delle pubbliche amministrazioni, essa appare problematica. Certamente l’idea suddetta nasce da una considerazione condivisibile: poiché la struttura del Consiglio nazionale e, successivamente, gli Archivi notarili conterranno già gli originali di determinati documenti, sembrerebbe un’inutile duplicazione inviare alle P.A. le copie digitali dei documenti medesimi, affinché esse costituiscano a loro volta archivi in parte identici a quelli già esistenti. Tuttavia, mentre presso gli Archivi notarili i documenti in parola saranno generalmente visionabili, secondo i principi del diritto amministrativo in tema di accesso e tenuto conto della disciplina di settore, e, quindi, nulla osterebbe ad una condivisione documentale tra le diverse amministrazioni, non altrettanto potrebbe concludersi per il periodo in cui i medesimi saranno conservati nella struttura del CNN. Infatti, è stato autorevolmente precisato(63)che i dati di quest’ultima non saranno liberalmente consultabili, poiché contenuti nello spazio di memorizzazione informatica, facente esclusivo riferimento al pubblico ufficiale e destinato ad essere connesso allo studio notarile tramite un sistema di connettività sicuro. «Egli solo [id est il notaio]», come disciplinato dall’art. 67 della legge ordinamentale, ha «il diritto di permettere l’ispezione e la lettura, di rilasciare le copie, gli estratti e i certificati degli atti, ivi compresi quelli conservati presso la struttura di cui all’articolo 62-bis». Stante tale prerogativa, il Consiglio nazionale non potrebbe autorizzare - tout court, men che meno in via generalizzata - l’accesso agli spazi virtuali dei singoli notai. L’attuale regime giuridico, infatti, ammette la visione dei documenti indipendentemente dal consenso del pubblico ufficiale interessato solo in ipotesi eccezionali, stabilite ex lege, come per esempio nel caso di esercizio dei poteri dell’autorità giudiziaria. Né la legge delega, né il decreto legislativo, infatti, hanno disposto modifiche all’attuale organizzazione notarile in materia, né queste potrebbero essere previste dai regolamenti attuativi. Esclusivamente una norma di rango primario(64)potrebbe derogare il puntuale dettato dell’art. 67 della legge 16 febbraio 1913, n. 89, prevedendo la condivisione dei documenti destinati ad essere comunque sottoposti ad archiviazione da parte di enti pubblici.
Questi sembrano dunque i limiti imposti al legislatore, entro cui dovrebbero essere circoscritte le deroghe al comune regime di condivisione documentale, a meno di profonde riforme dell’attuale ordinamento notarile, le cui conseguenze potrebbero stravolgerne l’assetto. In assenza di un simile, esplicito intervento normativo, appare incontestabile che la copia informatica dell’atto dovrà essere trasmessa all’amministrazione destinataria(65), che, a sua volta, la conserverà nei propri archivi.
(1) Così SIRENA, La forma del documento informatico: atto pubblico e scrittura privata, in Atti del Convegno “La sicurezza giuridica nella società dell’informazione”, Roma 25-26 settembre 2008, p. 1.
(2) Così SIRENA, «L’atto notarile informatico come strumento di tutela dei diritti: il progetto di ricerca della Fondazione Italiana del Notariato», Relazione al convegno di studio promosso dalla Fondazione Italiana del Notariato Introduzione all’atto notarile informatico: profili sostanziali e aspetti operativi, Milano, 28 maggio 2010, atti di prossima pubblicazione.
(3) La conservazione documentale è un’esigenza avvertita sin dalle più antiche civiltà. Famoso è il passo veterotestamentario della profezia di Geremia, riportato, ex multis, in DE LORENZI, Storia del notariato ravennate, Ravenna, 1962, I, 2: «Prendi questi documenti, questo contratto di compera sigillato e questa copia aperta e mettili in un vaso di terracotta, affinché possano conservarsi a lungo».
(4) In seguito detta anche “legge notarile” o, più brevemente, L.N.
(5) Di seguito detto anche “regolamento notarile” o, più brevemente, r.n.
(6) Esse sono per la maggior parte disposte dagli artt. 70 e 72 della legge notarile. Tra le diverse eccezioni si ricordano: procure alle liti, tanto generali quanto speciali; procure, consensi ed autorizzazioni riguardanti gli atti necessari all’esecuzione di un solo affare; delegazioni per l’esercizio del diritto di elettorato; ricorsi di volontaria giurisdizione; atti di notorietà in materia civile e commerciale; copie od estratti di documenti e di libri o registri commerciali esibiti; autenticazione di firme di scritture private, salvo richiesta di conservazione presso il notaio fatta dalle parti, ma escluse quelle soggette a pubblicità immobiliare e commerciale, la cui conservazione è obbligatoria per legge.
(7) Così ARCELLA, La funzione di conservazione e il nuovo codice in materia di protezione dei dati personali, http://bal.notartel.it/bdn/Rassegne/NRassegne/Privacy/ StudiPrivacy/FunzioneConservazione_Arcella.pdf, p. 2.
(8) Esso, originariamente non previsto dall’ordinamento notarile, è stato istituito con la legge 12 giugno 1973, n. 349.
(9) Alcune eccezioni, tuttavia, sono previste dalla legge, per es. in tema di ricorsi di volontaria giurisdizione e certificati di esistenza in vita. A riguardo, per opinione pacifica, vige il divieto di interpretazione analogica.
(10) Tra cui si annoverano: numero progressivo; data; natura dell’atto; indicazione delle parti; onorario; eventuali osservazioni et cetera.
(11) Ex art 128, primo comma, della legge 16 febbraio 1913, n. 89.
(12) Ex art. 129, primo comma, lett. a della legge 16 febbraio 1913, n. 89, il quale dispone che le ispezioni sono eseguite «agli atti, registri e repertori dei notai, dal presidente del consiglio notarile o da un consigliere da lui delegato e, anche disgiuntamente, dal capo dell’archivio notarile del distretto nel quale il notaio è iscritto. Se colui che temporaneamente svolge le funzioni di capo dell’archivio notarile non ha la qualifica di conservatore e in genere in tutti i casi nei quali ragioni speciali lo consigliano, il direttore dell’ufficio centrale degli archivi notarili può conferire l’incarico al conservatore di altro archivio».
(13) Come si evince, ex art. 106, primo comma, n. 5, della legge notarile.
(14) La prima disciplina italiana in materia di documento informatico è costituita dal D.P.R. 10 novembre 1997, n. 513, recante criteri e modalità per la formazione, l’archiviazione e la trasmissione dei documenti con strumenti informatici e telematici, a norma dell’articolo 15, comma secondo, della legge 15 marzo 1997, n. 59. Con la suddetta legge si dispose, a determinate condizioni, l’equiparazione giuridica tra i documenti informatici e quelli cartacei.
(15) In sintesi, si sono susseguiti diversi provvedimenti normativi: il D.P.R. 445/2000, denominato “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa”, il D.lgs. 10/2002, di attuazione della direttiva 1999/93/CE, il D.P.R. 137/2003 e, infine, il D.lgs. 82/2005, meglio noto come codice dell’amministrazione digitale, a sua volta ripetutamente modificato.
(16) Di seguito, denominato anche codice dell’amministrazione digitale o, più brevemente, c.a.d.
(17) Ultima in ordine temporale è la riforma del codice dell'amministrazione digitale apportata con Decretolegge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito in legge, con modificazioni, dal Senato della Repubblica il 6 dicembre 2012 e, in via definitiva, dalla Camera dei Deputati il 12 dicembre 2012 (Legge 17 dicembre 2012, n. 221).
(18) Non è un caso, infatti, se la diffusione del documento informatico si è registrata soprattutto in quegli ambiti in cui è richiesta una conservazione documentale di breve o medio periodo.
(19) Più precisamente, il formato del documento è definito come «l’insieme di regole secondo cui l’informazione binaria è stata strutturata e che ne permettono l’interpretazione», così SALZA e DRAOLI, La migrazione verso il documento informatico nella PA, http://www.cnipa.gov.it/site/_files/Tavolo_Tecnico_2. pdf, p. 25.
(20) In altri termini, “la “materializzazione” della stringa di bit in un documento visibile comporta, pertanto, un’azione elaborativa che a ogni presentazione ricostruisce su di un opportuno visore l’analogo del formato documentale rappresentato all’atto della sua formazione”, così MAZZEO, Aspetti tecnici del trattamento documentale a norma, in Atti al Convegno “La sicurezza giuridica nella società dell’informazione”, Roma 25-26 settembre 2008, p. 8.
(21) Sono i cd. formati chiusi, caratterizzati, tra l’altro, dall’indisponibilità delle relative specifiche.
(22) Tra i principali formati aperti, che i notai avranno l’obbligo di utilizzare in via esclusiva, si annoverano: il formato PDF, diffuso soprattutto nella sua variante PDF/a, il formato HTML, quello ODF. I formati aperti assumono un’importanza centrale perché se le relative specifiche sono formali, non ambigue e rispondenti ai requisiti elencati, “siamo confidenti che un progettista informatico sarà in grado di sviluppare, anche in un futuro lontano, un programma per un qualche calcolatore, che realizza un interprete automatico in grado di visualizzare il documento conservato”, così MAZZEO, Aspetti tecnici…, op. cit., p. 8.
(23) Per la verità, l’esperienza maturata nell’ambito della pubblica amministrazione indica due possibilità tecniche destinate alla conservazione documentale: la prima consistente nella conservazione su sistemi online, la seconda incentrata sull’utilizzo di supporti rimuovibili. Entrambi hanno pregi e difetti. La prima presenta una maggiore diffusione sul mercato, ma prevede una delocalizzazione dei dati e un’intermediazione del sistema, spesso di natura proprietaria; sembra adatta, quindi, alle conservazioni di medio periodo. La conservazione su supporti rimuovibili, invece, prevede la possibilità di schemi di ridondanza per aumentare la sicurezza, l’utilizzo di formati aperti e la localizzazione dei documenti, ma la qualità della registrazione degrada col tempo, rendendo necessari riversamenti su nuovi supporti. Tale tipologia, quindi, sembra tendenzialmente più adatta alla conservazione di lungo periodo, ma a condizione che si diffonda la cultura del monitoraggio e del controllo e vi sia notevole attenzione riguardo alla qualità del supporto, dei dispositivi e delle modalità di registrazione. In particolare, il legislatore si dovrebbe far carico della definizione normativa degli standard di qualità e degli schemi di ridondanza. Per le suddette ragioni, parlando della conservazione notarile si farà riferimento a quella mediante l’utilizzo di supporti rimuovibili.
(24) Tra i quali possono essere annoverati, a mero titolo di esempio, la sicurezza e l’idoneità degli ambienti di conservazione, la redazione dei documenti con inchiostri indelebili.
(25) Ridefinizione concettuale che appare analoga a quella relativa al passaggio dal documento analogico a quello informatico: quest’ultimo, infatti, a differenza del primo, è caratterizzato dalla non inerenza al supporto digitale, dall’intelligibilità mediata e da un diverso criterio di imputazione giuridica.
(26) La conservazione digitale, in ultima analisi, sembra destinata a tradursi nella riproduzione di copie autentiche di documenti elettronici autentici.
(27) “Ai fini del mantenimento del patrimonio documentario, il problema è quello di identificare quali siano le modificazioni accettabili che non impediscano la verifica dell’autenticità complessiva del documento e dell’archivio di cui è parte”, così GUERCIO e MARINELLI, La conservazione a lungo termine della documentazione digitale, http://www.cnipa.gov.it/ site/it-IT/Attivit%c3%a0/Dematerializzazione/Attivit% c3%a0_del_settore/Tavoli_tecnici/, p. 5.
(28) Procedure che dovrebbero integrare, in ambito digitale, il principio dell’ininterrotta custodia, il quale garantisce la continuità dei passaggi e la tracciabilità degli interventi operati sui documenti, specialmente in relazione a quelli più rischiosi per l’autenticità dei medesimi, quali il riversamento sostitutivo e quello diretto.
(29) “Per sicurezza passiva si intende l’insieme di tecniche e strumenti di tipo difensivo, ossia quel complesso di soluzioni il cui obiettivo è impedire che utenti non autorizzati possano accedere a risorse, sistemi, impianti, informazioni e dati di natura riservata; le misure in materia di sicurezza passiva sono le più varie, alcune di natura fisica, altre di carattere logico-organizzativo”, così GUNNELLA, «Sistemi di sicurezza», Relazione al convegno di studio promosso dalla Fondazione Italiana del Notariato Introduzione all’atto notarile informatico: profili sostanziali e aspetti operativi, Milano, 28 maggio 2010, atti di prossima pubblicazione.
(30) “Per sicurezza attiva si intendono, invece, le tecniche e gli strumenti mediante i quali le informazioni ed i dati di natura riservata sono resi intrinsecamente sicuri, proteggendo gli stessi sia dalla possibilità che un utente non autorizzato possa accedervi (confidenzialità), sia dalla possibilità che un utente non autorizzato possa modificarli (integrità)”, così GUNNELLA, Sistemi di sicurezza, cit.
(31) L’art. 50-bis del c.a.d., rubricato Continuità operativa, dispone: «1. In relazione ai nuovi scenari di rischio, alla crescente complessità dell’attività istituzionale caratterizzata da un intenso utilizzo della tecnologia dell’informazione, le pubbliche amministrazioni predispongono i piani di emergenza in grado di assicurare la continuità delle operazioni indispensabili per il servizio e il ritorno alla normale operatività. … 3. A tali fini, le pubbliche amministrazioni definiscono : a) il piano di continuità operativa, che fissa gli obiettivi e i principi da perseguire, descrive le procedure per la gestione della continuità operativa, anche affidate a soggetti esterni. Il piano tiene conto delle potenziali criticità relative a risorse umane, strutturali, tecnologiche e contiene idonee misure preventive. Le amministrazioni pubbliche verificano la funzionalità del piano di continuità operativa con cadenza biennale; b) il piano di disaster recovery, che costituisce parte integrante di quello di continuità operativa di cui alla lettera a e stabilisce le misure tecniche e organizzative per garantire il funzionamento dei centri di elaborazione dati e delle procedure informatiche rilevanti in siti alternativi a quelli di produzione. DigitPA, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, definisce le linee guida per le soluzioni tecniche idonee a garantire la salvaguardia dei dati e delle applicazioni informatiche, verifica annualmente il costante aggiornamento dei piani di disaster recovery delle amministrazioni interessate e ne informa annualmente il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione. 4. I piani di cui al comma 3 sono adottati da ciascuna amministrazione sulla base di appositi e dettagliati studi di fattibilità tecnica; su tali studi è obbligatoriamente acquisito il parere di DigitPA».
(32) L’art. 51 del c.a.d., rubricato Sicurezza dei dati, dei sistemi e delle infrastrutture delle pubbliche amministrazioni, dispone: «1. Con le regole tecniche adottate ai sensi dell’art. 71 sono individuate le modalità che garantiscono l’esattezza, la disponibilità, l’accessibilità, l’integrità e la riservatezza dei dati, dei sistemi e delle infrastrutture. 1-bis. DigitPA, ai fini dell’attuazione del comma 1: a) raccorda le iniziative di prevenzione e gestione degli incidenti di sicurezza informatici; b) promuove intese con le analoghe strutture internazionali; c) segnala al Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione il mancato rispetto delle regole tecniche di cui al comma 1 da parte delle pubbliche amministrazioni. 2. I documenti informatici delle pubbliche amministrazioni devono essere custoditi e controllati con modalità tali da ridurre al minimo i rischi di distruzione, perdita, accesso non autorizzato o non consentito o non conforme alle finalità della raccolta. 2-bis. Le amministrazioni hanno l’obbligo di aggiornare tempestivamente i dati nei propri archivi, non appena vengano a conoscenza dell’inesattezza degli stessi».
(33) Così SANDRI, Archivi di Stato, in Enc. dir., II, Milano, 1958, p. 1002.
(34) I metadati hanno la funzione di porre criteri informatici di collegamento tra i diversi elementi del materiale archivistico; in particolare, attraverso metadati descrittivi e gestionali si contribuisce a realizzare la Self sufficiency del documento archiviato digitalmente, salvaguardando e storicizzando “– insieme ai dati e alla loro accessibilità - tutto il sistema di relazioni e informazioni di contest che fa di un insieme di documenti un archivio in senso proprio”, così GUERCIO e MARINELLI, La conservazione…, cit., p. 20. Esempi di relazioni informatiche sono costituiti dalla classificazione e dalla fascicolazione digitali, intendendosi con la prima l’organizzazione funzionale della generalità dei documenti di un soggetto ai fini di una corretta archiviazione e di un rapido accesso al materiale documentale medesimo. Con la seconda, invece, ci si riferisce alla relazione logica di un documento con l’unità informatica di appartenenza.
(35) Ex multis, MICCOLI, Documento e commercio telematico (guida al regolamento italiano, D.P.R. 513/97), Milano, 1998; PETRELLI, «Documento informatico, contratto in forma elettronica e atto notarile», in Not., III, n .6, 1997; ANDRINI, Dal tabellone al sigillo elettronico, in Vita notarile, II, 1998.
(36) Il coinvolgimento di tali e tanti organi per l’emanazione delle regole tecniche è l’ulteriore prova della complessità della materia e della pluralità degli interessi coinvolti. Le norme della legge notarile che prevedono l’emanazione delle anzidette regole tecniche sono l’art. 66-bis, terzo comma (relativamente alla formazione e la conservazione dei repertori, al controllo periodico del repertorio di cui all’art. 68 del decreto del Presidente della Repubblica 131/1986 e alla ricerca nei repertori stessi), l’art. 68-bis, primo comma, lett. b, c, d, e, f (in materia, rispettivamente, della struttura di cui all’art. 62-bis, primo comma; di gestione documentale della medesima; di rilascio di copie; di annotazioni sui documenti conservati nella struttura medesima; di ispezioni e conservazione presso gli Archivi notarili), l’art. 68-bis, secondo comma (in materia di rilascio su supporto informatico della copia esecutiva). In attesa dell'emanazione delle regole in questione, l'art. 6 del Decretolegge 18 ottobre 2012, n. 179 ha introdotto un regime transitorio in tema di conservazione documentale, ispezioni e trasferimento agli Archivi notarili, al fine di rendere immediatamente operativa la riforma introdotta con il D. lgs. 110/2010.
(37) L’art. 62-bis della legge notarile richiama l’art 60 del codice dell’amministrazione digitale, il quale dispone: «1. Si definisce base di dati di interesse nazionale l’insieme delle informazioni raccolte e gestite digitalmente dalle pubbliche amministrazioni, omogenee per tipologia e contenuto e la cui conoscenza è utilizzabile dalle pubbliche amministrazioni, anche per fini statistici, per l’esercizio delle proprie funzioni e nel rispetto delle competenze e delle normative vigenti. 2. Ferme le competenze di ciascuna pubblica amministrazione, le basi di dati di interesse nazionale costituiscono, per ciascuna tipologia di dati, un sistema informativo unitario che tiene conto dei diversi livelli istituzionali e territoriali e che garantisce l’allineamento delle informazioni e l’accesso alle medesime da parte delle pubbliche amministrazioni interessate. La realizzazione di tali sistemi informativi e le modalità di aggiornamento sono attuate secondo le regole tecniche sul sistema pubblico di connettività di cui all’art. 73 e secondo le vigenti regole del Sistema statistico nazionale di cui al decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, e successive modificazioni. 3. Le basi di dati di interesse nazionale sono individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro delegato per l’innovazione e le tecnologie, di concerto con i Ministri di volta in volta interessati, d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, nelle materie di competenza e sentiti il Garante per la protezione dei dati personali e l’Istituto nazionale di statistica. Con il medesimo decreto sono altresì individuate le strutture responsabili della gestione operativa di ciascuna base di dati e le caratteristiche tecniche del sistema informativo di cui al comma 2. 3-bis. In sede di prima applicazione e fino all’adozione del decreto di cui al comma 3, sono individuate le seguenti basi di dati di interesse nazionale: a) repertorio nazionale dei dati territoriali; b) indice nazionale delle anagrafi; c) banca dati nazionale dei contratti pubblici di cui all’art. 62-bis; d) casellario giudiziale; e) Registro delle imprese; f ) gli archivi automatizzati in materia di immigrazione e di asilo di cui all’art. 2, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 27 luglio 2004, n. 242. 4. Agli oneri finanziari di cui al presente articolo si provvede con il fondo di finanziamento per i progetti strategici del settore informatico di cui all’art. 27, comma 2, della legge 16 gennaio 2003, n. 3». D’altra parte, la rilevanza per la struttura del CNN delle norme riguardanti le basi di dati di interesse nazionale aprirebbe le informazioni contenute nella stessa alla generalità delle pubbliche amministrazioni interessate. Ciò, al contrario, sembra doversi escludere, da un lato, in virtù di argomenti sistematici di cui meglio nel prosieguo della trattazione, da un altro lato, in ragione della natura dei repertori notarili, che dovranno essere contenuti nella struttura in parola. «I repertori, pur avendo ai fini penalistici, natura di atti pubblici, non sono pubblici: mentre infatti chiunque ha il diritto di esaminare gli originali degli atti tra vivi conservati presso il notaio …, il notaio non è tenuto a dar visione del repertorio, né copie, estratti o certificati del medesimo se non a chi è autorizzato a chiederli dalla legge, dall’autorità giudiziaria avanti alla quale verta un giudizio o, negli altri casi, dal Presidente del Tribunale (art. 62, ult. comma, L.N.)», così DI FABIO, Manuale di Notariato, Milano, 2007, p. 316.
(38) L’opinione sembra autorevolmente confermata da chi afferma che «La conservazione dell’atto notarile informatico dovrà essere quindi conforme sia alla normativa generale sulla conservazione del documento informatico, contenuta nel codice dell’amministrazione digitale e nelle relative norme di attuazione, sia ai principi della legge notarile in materia di conservazione degli atti», così NASTRI, La conser vazione del documento notarile informatico, relazione al convegno di studio promosso dalla Fondazione Italiana del Notariato, Introduzione all’atto notarile informatico: profili sostanziali e aspetti operativi, Milano 28 maggio 2010, atti di prossima pubblicazione.
(39) Invero, la struttura in parola è già predisposta presso la Notartel e SpA ed è operativa per i documenti informatici nativi - es. copie conformi digitali degli atti cartacei - non soggetti ad obbligo di conservazione; tuttavia, non può escludersi la necessità di apportare modifiche alla struttura medesima, al fine di adattarla alle specifiche imposte dalle future regole tecniche.
(40) Le medesime esigenze, del resto, sono avvertite anche nel mondo della pubblica amministrazione, ove le best practice suggeriscono agli enti di più modeste dimensioni di creare archivi digitali comuni o consortili, onde beneficiare di economie di scala e di maggiore sicurezza.
(41) In particolare, in attuazione della legge delega, lo schema del decreto legislativo è stato sottoposto ai pareri delle Commissioni della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, competenti per materia. Mentre il parere delle Commissioni del Senato è stato non ostativo, nella II Commissione giustizia della Camera si è tenuto un approfondito e critico dibattito proprio sulle soluzioni conservative contenute nello schema del testo normativo, poi confermate, senza variazioni, dal decreto legislativo 110/2010.
(42) Il riferimento è al relatore di maggioranza parlamentare dello schema del decreto legislativo, On. Ida D’Ippolito Vitali.
(43) «La legge penale tutela il documento pubblico nella sua genuinità e veridicità non solo quale strumento probatorio, ma anche in sé e per sé quale principale espressione del bene giuridico della fede pubblica», così Cass. pen., 10 ottobre 1981.
(44) Il riferimento è al sottosegretario di Stato presso il Ministero della giustizia, Maria Elisabetta Alberti Casellati.
(45) La legge delega, inoltre, prevede la creazione della struttura senza oneri per lo Stato, che, al contrario, si registrerebbero in caso di conservazione digitale direttamente presso gli Archivi notarili.
(46) Uno “spazio senza luogo”, come è stato icasticamente definito da ORLANDI, «Documento informatico e prova critica», Relazione al convegno di studio promosso dalla Fondazione Italiana del Notariato Introduzione all’atto notarile informatico: profili sostanziali e aspetti operativi, Milano, 28 maggio 2010, atti di prossima pubblicazione.
(47) L’archivio notarile, quindi, continuerebbe ad essere “luogo” di sicurezza, protezione e certezza documentale; nel contesto digitale, infatti, «il notaio si rende garante non soltanto della verità rappresentativa del singolo documento, ma anche dell’attendibilità e della verità dello spazio virtuale entro il quale il documento è conservato» ed in cui è giuridicamente conseguibile la piena prova delle verità storiografica e conformativa del documento pubblico informatico. Così ORLANDI, «Documento informatico e prova critica», cit.
(48) La similitudine in parola è stata tracciata da PIRAINO, «L’attuazione del decreto legislativo, le ulteriori prospettive di informatizzazione dell’attività notarile», Relazione al convegno di studio promosso dalla Fondazione Italiana del Notariato L’atto notarile informatico: prime riflessioni sul D.lgs. 110/2010, Firenze, 29 ottobre 2010, atti di prossima pubblicazione.
(49) Essa è un’evidenza informatica che consente la validazione temporale, la quale a sua volta è il risultato della procedura con cui si attribuisce, ad uno o più documenti, un riferimento temporale opponibile ai terzi. La validazione, quindi, attesta l’esistenza di un documento digitale in un momento storico determinato e, precisamente, in quello corrispondente alla data ed ora di generazione della marca. Nel caso di file firmato digitalmente, attesta la validità del dispositivo di firma nel suddetto istante, estendendo così la validità giuridica del documento anche dopo la scadenza della firma digitale.
(50) Tale tesi è stata sostenuta da CASU, «La rettifica degli atti mediante certificazione notarile», Relazione al convegno di studio promosso dalla Fondazione Italiana del Notariato L’atto notarile informatico: prime riflessioni sul D.lgs. 110/2010, Firenze, 29 ottobre 2010, atti di prossima pubblicazione.
(51) In sede di prima applicazione e in attesa delle regole tecniche di cui all'art. 68-bis della L.N., il Decreto-legge 179/2012 ha previsto la comunicazione agli Archivi notarili delle credenziali di accesso ai fini del "trasferimento … degli atti formati su supporto informatico" e della "loro conservazione dopo la cessazione del notaio dall'esercizio o il suo trasferimento in altro distretto". Le precise modalità tecniche di tale procedura dovranno essere tuttavia disposte con "provvedimento del Direttore generale degli archivi notarili".
(52) Stabilisce, infatti, l’art. 68-bis, primo comma, lett. f, della legge notarile, che devono essere determinate «le regole tecniche per l’esecuzione delle ispezioni di cui agli articoli da 127 a 134, per il trasferimento agli archivi notarili degli atti, dei registri e dei repertori formati su supporti informatico e per la loro conservazione dopo la cessazione del notaio dall’esercizio o il suo trasferimento in altro distretto». Come emerge dalla lettera della norma, le regole tecniche dovranno disciplinare non già l’invio telematico, ma il trasferimento agli Archivi notarili, con ciò preservando l’attuale assetto conservativo dell’atto dotato di pubblica fede. A conferma di quanto detto, si ricorda altresì il comma aggiunto dal D.lgs. 110/2010 all’art. 38 della legge ordinamentale, secondo cui: «Il capo dell’archivio notarile, avuta notizia della morte del notaro, richiede al Consiglio Nazionale del Notariato il trasferimento agli archivi notarili degli atti, dei registri e dei repertori dallo stesso conservati nella struttura di cui all’articolo 62-bis. Il Consiglio Nazionale del Notariato, accertato il corretto trasferimento dei dati, provvede alla loro cancellazione».
(53) L’archivio ibrido si struttura in due partes: quella informatica e quella fisica, in genere impiegata esclusivamente a fini probatori. Tale tipologia di archivio costituisce un passaggio obbligato nelle fasi di transizione e di conversione dal cartaceo al digitale.
(54) Ex multis, ZAGAMI, «La conservazione informatica dei documenti», in Notariato, IV, p. 424 e ss.; NASTRI, «Il notaio e la conservazione degli atti e dei documenti: le novità apportate dal D.lgs. 110/2010 (artt. 62-bis, ter, quater)», relazione al convegno di studio promosso dalla Fondazione Italiana del Notariato L’atto notarile informatico: prime riflessioni sul D.lgs. 110/2010, Firenze, 29 ottobre 2010, atti di prossima pubblicazione.
(55) Dispone, infatti, l’art. 62-ter della legge notarile: «Nella struttura di cui al comma 1 dell’art. 62-bis il notaio conserva anche le copie informatiche degli atti rogati o autenticati su supporto cartaceo, con indicazione degli stremi delle annotazioni di cui all’articolo 23 del regio decreto-legge 23 ottobre 1024, n. 1737, convertito dalla legge 18 marzo 1926, n. 562».
(56) Riguardo a detti compiti, un’idea del numero e della complessità degli stessi può essere fornita dall’art. 5, primo comma, della deliberazione Cnipa, 11 febbraio 2004, che comunque, è bene ricordare, è rivolta essenzialmente alle pubbliche amministrazioni. La norma in parola dispone: «1. Il responsabile del procedimento di conservazione sostitutiva: a. definisce le caratteristiche e i requisiti del sistema di conservazione in funzione della tipologia dei documenti … da conservare … Organizza conseguentemente il contenuto dei supporti ottici e gestisce le procedure di sicurezza e di tracciabilità che ne garantiscono la corretta conservazione, …; b. archivia e rende disponibili … le seguenti informazioni: 1. descrizione del contenuto dell’insieme dei documenti; 2. estremi identificativi del responsabile della conservazione; 3. estremi identificativi delle persone eventualmente delegate dal responsabile della conservazione, con l’indicazione dei compiti alle stesse assegnati; 4. indicazione delle copie di sicurezza; c. mantiene e rende accessibile un archivio del software dei programmi in gestione nelle eventuali diverse versioni; d. verifica la corretta funzionalità del sistema e dei programmi in gestione; e. adotta le misure necessarie per la sicurezza fisica e logica del sistema preposto al processo di conservazione sostitutiva e delle copie di sicurezza dei supporti di memorizzazione; .. g. definisce e documenta le procedure di sicurezza da rispettare per l’apposizione del riferimento temporale; h. verifica periodicamente, con cadenza non superiore a cinque anni, l’effettiva leggibilità dei documenti conservati provvedendo, se necessario, al riversamento diretto o sostitutivo del contenuto dei supporti».
(57) Il concetto è stato espresso in modo chiaro e compiuto da MAZZEO, «Relazione di sintesi e scenari futuri», Relazione al convegno di studio promosso dalla Fondazione Italiana del Notariato Introduzione all’atto notarile informatico: profili sostanziali e aspetti operativi, Milano 28 maggio 2010.
(58) Si fa riferimento, in particolare, a PIRAINO, «L’attuazione del decreto legislativo …», cit.
(59) La digitalizzazione della professione notarile permetterebbe di «depositare agli atti del notaio documenti informatici, come viene spesso richiesto o per ragioni di tutela contrattuale dalle parti di contratti complessi … o per altre ragioni, quali spesso, una veloce ancorché parziale forma di tutela della proprietà intellettuale»; consentirebbe, altresì, la conservazione dei «documenti … dei clienti, in regime di mandato fiduciario, con ciò facilitando e rendendo più sicuro il servizio di produzione di copie ed estratti, ma anche fornendo il proprio know how in materia di conservazione documentale, e garantendo quindi il valore giuridico dei documenti nel tempo», così NASTRI «La dematerializzazione e la conservazione a lungo termine dei documenti informatici», in Atti del Convegno La sicurezza giuridica nella società dell’informazione, Roma 25-26 settembre 2008, p. 17.
(60) L’art. 62, comma sesto, della legge notarile dispone: «Il notaro deve inoltre firmare ogni foglio dei repertori, e corredare ciascun volume di un indice alfabetico dei nomi e dei cognomi delle parti desunti dallo stesso».
(61) Si fa riferimento alla trasmissione trimestrale al Presidente del Consiglio notarile e al capo dell’Archivio notarile distrettuale della copia del registro delle somme e dei valori, con le relative annotazioni; oppure alla trasmissione quindicinale al Presidente del Tribunale dell’elenco dei protesti per mancato pagamento di cambiali e assegni.
(62) A riguardo, l’art. 63 della legge notarile dispone che «nei casi in cui il notaro, adempiendo a disposizioni di legge, abbia presentato alla competente autorità il proprio repertorio, egli deve servirsi di un fascicolo supplementare di fogli …, numerati e firmati dal capo dell’archivio notarile del distretto …, per segnarvi le indicazioni sul repertorio appena gli sarà restituito». Restituito il repertorio, i cd. fogli supplementari dovranno essere allegati al medesimo.
(63) Ci si riferisce a PIRAINO, «L’attuazione del decreto legislativo… », cit.
(64) A ben vedere, tale tesi sembra non contrastare con la lettera dell’art. 62-bis, secondo comma, della legge notarile, il quale dispone: «Il Consiglio Nazionale del Notariato … predispone strumenti tecnici idonei a consentire, nei soli casi previsti dalla legge, l’accesso ai documenti conservati nella struttura di cui al comma 1». Invero, detta norma di rango primario potrebbe essere rivenuta nell’art. 50 del c.a.d., i cui principi vincolano il CNN nella predisposizione e gestione della struttura di conservazione digitale (ex art. 62-bis, secondo comma, della legge notarile). L’art. 50, c.a.d., rubricato Disponibilità dei dati delle pubbliche amministrazioni, così dispone: «1. I dati delle pubbliche amministrazioni sono formati, raccolti, conservati, resi disponibili e accessibili con l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione che ne consentano la fruizione e riutilizzazione, alle condizioni fissate dall’ordinamento, da parte delle altre pubbliche amministrazioni e dai privati; restano salvi i limiti alla conoscibilità dei dati previsti dalle leggi e dai regolamenti, le norme in materia di protezione dei dati personali ed il rispetto della normativa comunitaria in materia di riutilizzo delle informazioni del settore pubblico. 2. Qualunque dato trattato da una pubblica amministrazione, con le esclusioni di cui all’art. 2, comma 6, salvi i casi previsti dall’art. 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali, è reso accessibile e fruibile alle altre amministrazioni quando l’utilizzazione del dato sia necessaria per lo svolgimento dei compiti istituzionali dell’amministrazione richiedente, senza oneri a carico di quest’ultima, salvo per la prestazione di elaborazioni aggiuntive; è fatto comunque salvo il disposto dell’art. 43, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. 3. Al fine di rendere possibile l’utilizzo in via telematica dei dati di una pubblica amministrazione da parte dei sistemi informatici di altre amministrazioni l’amministrazione titolare dei dati predispone, gestisce ed eroga i servizi informatici allo scopo necessari, secondo le regole tecniche del sistema pubblico di connettività di cui al presente decreto». Atteso il tenore della norma in esame, sembra corretto precisare la portata del primo e del secondo comma dell’art. 50 c.a.d. in relazione all’ordinamento notarile. Mentre, infatti, il primo comma presenta carattere residuale (poiché fa salvi i limiti alla conoscibilità previsti da leggi e regolamenti), il secondo comma dispone, in favore delle pubbliche amministrazioni, l’accessibilità e la fruibilità di qualunque dato, quando l’utilizzazione dello stesso sia necessaria per lo svolgimento dei compiti istituzionali dell’amministrazione richiedente. Emergerebbe, dunque, una netta differenziazione tra il regime di accessibilità degli atti pubblici informatici che le P.A. devono utilizzare per i loro compiti istituzionali e tutti gli altri documenti contenuti nello spazio di memorizzazione digitale del notaio. Solo i primi, infatti, potrebbero essere resi disponibili in favore delle amministrazioni richiedenti, mentre i secondi continuerebbero ad essere sottoposti all’attuale regime di accessibilità. Coerentemente con la suddetta ricostruzione, l’art. 62-bis, comma secondo, della legge notarile dovrebbe essere interpretato in senso restrittivo: infatti, il riferimento all’accesso alla generalità dei «documenti conservati nella struttura» andrebbe limitato ai soli atti pubblici o scritture private destinati all’uso e alla conservazione ad opera di pubbliche amministrazioni.
(65) Come attualmente avviene, in via sperimentale e facoltativa, nei confronti di tutti gli Uffici provinciali dell'Agenzia del Territorio, con esclusione degli Uffici di Trento, Bolzano, Trieste e Gorizia, ove vige il sistema tavolare. In particolare, a far tempo dal 19 settembre 2012, i notai italiani possono trasmettere, a fini pubblicitari, la copia digitale autenticata dell'atto notarile cartaceo, ai sensi del Provvedimento interdirigenziale dell'Agenzia del Territorio e del Ministero della Giustizia, sottoscritto il 23 luglio 2012.
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