capitolo V - Atto notarile e nuovi strumenti telematici nei registri della proprietà industriale
- capitolo V -
Atto notarile e nuovi strumenti telematici nei registri della proprietà industriale
di Ranieri Bianchi

1. Il Registro italiano dei brevetti e dei marchi: ambito applicativo e funzioni

La riflessione sui temi degli oneri formali e pubblicitari ha negli ultimi anni dedicato un’attenzione marginale al profilo dei diritti di proprietà industriale in ragione dei molti elementi di specialità che sono venuti caratterizzando questo settore sia sotto il profilo delle disposizioni di legge sia sotto il profilo delle prassi adottate dagli uffici competenti.
In effetti, la pubblicità relativa ai beni immateriali appare per molti aspetti come una sorta di tertium genus rispetto a quella mobiliare ed a quella commerciale, circostanza che ha favorito un suo autonomo sviluppo secondo linee guida innovative rispetto al panorama nazionale, le quali meritano di essere tenute in considerazione nel dibattito su semplificazione e sicurezza della circolazione giuridica, attualmente sempre più influenzato dalla prospettiva di un ruolo crescente delle tecnologie informatiche.
La trascrizione dei brevetti e dei marchi viene in realtà disciplinata con leggi che vedono la luce nello stesso periodo del codice del 1942 e che, rispetto a quest’ultimo, si pongono in un’ottica di coordinamento, secondo quel principio sistematico, pur nella pluralità dei modelli di trascrizione, elaborato da Pugliatti(1). Ciò spiega perché, nonostante la riflessione in ordine alla possibilità di estendere ai beni immateriali gli istituti propri dei diritti reali non abbia ancora raggiunto risultati univoci(2), con riferimento alla trascrizione, la questione è stata tradizionalmente risolta nel senso che la disciplina specifica dettata dal legislatore per la proprietà industriale si pone in rapporto di specialità rispetto al sistema della trascrizione dettato dal codice civile.
La dottrina concorda sul fatto che le segnalazioni pubblicitarie di brevetti e marchi siano una particolare forma di trascrizione mobiliare. Secondo una prima opinione, da ciò deriva che i principi generali della trascrizione immobiliare risulteranno applicabili nei limiti in cui non sia diversamente disposto, in virtù del rinvio operato dall’ultimo comma dell’art. 2695 c.c.(3). Al contrario, una diversa opinione ritiene che valga la regola dettata dall’art. 2696 c.c. per i beni mobili diversi da auto, navi ed aerei, secondo cui si applicano solo le leggi proprie di ogni specifico bene, escludendo che la disciplina generale della trascrizione immobiliare possa essere richiamata(4). Si tratta di una scelta che, come si vedrà, può avere un ruolo nel modo di interpretare le norme e le prassi adottate con riguardo alla trascrizione nei Registri della proprietà industriale.
In questo settore molto stretta è poi anche la connessione con il tema del trasferimento di azienda e quindi con la parzialmente diversa disciplina della pubblicità commerciale. Marchi, brevetti ed altri titoli di proprietà industriale rappresentano infatti una delle componenti tipiche del complesso di beni organizzato al fine di svolgere attività d’impresa, al punto che, con riferimento ai marchi, il legislatore ha dettato una presunzione relativa di trasferimento unitamente all’insieme dell’azienda, la quale trova applicazione nella maggior parte dei casi - cioè laddove il marchio sia costituito da un segno figurativo, da una denominazione di fantasia o da una ditta derivata(5).
La trascrizione presso l’Ufficio italiano brevetti e marchi (Uibm) delle privative industriali utilizza un sistema a base reale e viene oggi disciplinata dalle norme contenute nel codice della proprietà industriale(6). In particolare, l’art. 138 c.p.i. detta un lungo elenco di atti aventi ad oggetto diritti su beni immateriali, i quali «debbono essere resi pubblici mediante trascrizione». Tale regola deve considerarsi valida per tutte quelle privative industriali titolate che si acquistano mediante registrazione o brevettazione e, pertanto, marchi registrati, invenzioni, nuove varietà vegetali, topografie di semiconduttori e modelli. Per quanto riguarda la tipologia di atti che vi rientrano, si tratta di un’elencazione estremamente ampia che comprende pressoché tutti gli atti inter vivos o mortis causa che determinano modificazioni oggettive o soggettive relativamente a tali beni(7).
Bisogna fin da ora anticipare come, con riferimento ai diritti di proprietà intellettuale, la circolazione inter vivos venga tradizionalmente riassunta intorno alle categorie della licenza e della cessione. Un simile approccio rispecchia la peculiarità dei beni immateriali, in ragione della quale si è ritenuto opportuno non operare la diretta applicazione di figure negoziali tipizzate nel codice civile - come la compravendita o la locazione - le quali sono state elaborate avendo come riferimento delle res(8).
L’effetto è dunque che la circolazione di tali beni si svolge secondo modelli non puntualmente tipizzati dal legislatore ma rispetto ai quali si rinvengono soltanto disposizioni normative occasionali. Sotto il profilo degli obblighi formali, questi contratti non sono dunque soggetti a regole specifiche né a fini di validità né a fini probatori, sebbene, in considerazione della complessità e del valore di tali accordi, nella prassi venga quasi sempre utilizzata la forma scritta. Si può quindi parlare, nei casi in cui il particolare bene trasferito ed il tipo di atto utilizzato richiedano la trascrizione presso il Registro dell’Uibm, di una forma ad regularitatem, funzionale al compimento degli oneri pubblicitari, salve le deroghe che si illustreranno.
Tuttavia non è possibile escludere che, a seconda del titolo dell’attribuzione, debbano essere osservati dei requisiti formali anche a pena di nullità. Cessioni e licenze possono essere sinteticamente definite come contratti con i quali l’avente diritto dispone a favore di terzi rispettivamente della titolarità del diritto in via definitiva o della facoltà di esercitare in via temporanea i diritti di sfruttamento della privativa e di commercializzazione dei relativi prodotti. Con particolare riferimento alle cessioni, ad esempio, nulla impedisce che le parti si possano accordare per disporre del titolo in modo gratuito(9). In tale caso si dovrà verificare se sussista anche una causa di liberalità, ipotesi nella quale sembra corretto che trovino applicazione alcune delle regole proprie della donazione, tra cui, in particolare, per ciò che qui interessa, quelle relative agli oneri di forma, a garanzia della spontaneità del trasferimento.
Per quanto attiene alla funzione della trascrizione nel Registro Uibm, essa, nella maggior parte dei casi, consente di rendere l’atto opponibile ai terzi, facendo prevalere colui che per primo ha trascritto il titolo di acquisto(10). Ciò è espressamente affermato dal legislatore riprendendo quanto in origine era stabilito dalla legge invenzioni e dalla legge marchi, che fino al 2005 regolavano in modo separato la materia oggi riunita nel codice della proprietà industriale(11).
È dunque pacifico che la trascrizione risolva il conflitto tra più acquirenti dal medesimo dante causa, circostanza cui si deve prestare particolare attenzione avendo riguardo a beni immateriali sempre suscettibili di godimento rivale da parte di una pluralità di soggetti. Maggiormente discusso in dottrina è stato il fatto che tale meccanismo garantisse l’opponibilità di un diritto personale di sfruttamento anche nei confronti degli acquirenti della titolarità sulla privativa. Si è infatti autorevolmente sostenuto che l’assolutezza del diritto, con riferimento ai beni immateriali, non si estenderebbe a garantire il diritto di seguito(12). Questa interpretazione, fondata probabilmente sulla valorizzazione del rapporto materiale tra la cosa ed il titolare come fondamento dell’inerenza, non sembra tuttavia ammissibile in base al chiaro disposto dell’art. 139 c.p.i., il quale riferisce l’effetto dell’opponibilità ai terzi che «a qualunque titolo hanno acquistato e legalmente conservato diritti sul titolo di proprietà industriale»(13). Il riferimento è stato agevolmente interpretato nel senso che, una volta intervenuta la trascrizione, la licenza possa essere opposta anche ai terzi che abbiano acquistato la titolarità sul bene immateriale.
Giurisprudenza e dottrina, da parte loro, hanno precisato che per fare valere i propri diritti nei confronti di un contraffattore, cioè di chi faccia un uso illegittimo della privativa, non è necessario che l’atto sia stato trascritto, dal momento che tale soggetto non può essere considerato un terzo che ha acquisito un diritto sul titolo(14).
In altre ipotesi più limitate la trascrizione ha un ruolo diverso. Nel caso dei diritti reali di garanzia è opinione di gran lunga prevalente che, in analogia all’iscrizione ipotecaria, le formalità pubblicitarie svolgano una funzione costitutiva(15). Diversamente, con riguardo ai verbali di pignoramento ed alle domande giudiziali, la funzione è prenotativa, mentre, in presenza di testamenti e altri atti che provano l’avvenuta successione legittima, la funzione è di mera garanzia della continuità dei trasferimenti.
Infine, si è sempre attribuito alla trascrizione nel Registro Uibm un ruolo, seppure meramente indiziario, anche con riferimento alla prova dell’esistenza del contratto, in analogia con quanto affermato per la trascrizione ordinaria(16). D’altra parte, proprio la presenza di un meccanismo di pubblicità legale dei titoli giustifica la considerazione - ampiamente affermata in giurisprudenza - che esista una presunzione relativa di colpa in capo al contraffattore, invocabile al fine di ottenere il risarcimento del danno ai sensi dell’art. 125 c.p.i.(17).
Sotto il profilo degli effetti della trascrizione si rileva dunque, rispetto al sistema della pubblicità immobiliare, una sostanziale analogia che, quando non è stata espressamente dettata dal legislatore, è stata avallata con convinzione da dottrina e giurisprudenza. Questa analogia di funzioni ha portato a ritenere che le esigenze di sicurezza proprie del Registro tenuto dall’Uibm debbano essere modellate su quelle dettate per i beni immobili(18).
Bisogna tuttavia notare come - oltre alla già menzionata interpretazione che, in base all’art. 2696 c.c., tende a creare una netta cesura rispetto al sistema della trascrizione immobiliare - in una prospettiva più generale, è stata sottolineata la sempre maggiore distanza tra questo tipo di trascrizione e quella propria dei beni mobili: in particolare, si afferma che le funzioni di carattere pubblicistico che hanno progressivamente investito la pubblicità immobiliare non hanno invece interessato la trascrizione mobiliare, la quale continuerebbe a svolgere una funzione prettamente privatistica relativa alla circolazione di tali beni. Una distinzione confermata dal fatto che non è previsto l’obbligo per il notaio di trascrivere gli atti relativi ai beni mobili(19).
Nel quadro di questo tutt’altro che pacifico inquadramento sistematico del Registro dell’Uibm, sono intervenute alcune novità normative che hanno alterato in modo significativo il tradizionale assetto del meccanismo pubblicitario.

2. Procedimento di trascrizione e superamento della prerogativa notarile

La distanza tra il regime pubblicitario ordinario e quello proprio dei diritti di proprietà industriale si misura con particolare riguardo alla forma richiesta ai fini della trascrizione.
L’art. 138, comma 3 c.p.i., attribuisce un rilievo primario agli atti pubblici ed alle scritture private autenticate ma affianca a questa previsione il riferimento anche a «qualsiasi altra documentazione prevista all’art. 196 c.p.i.»(20). Quest’ultimo articolo nella sua prima formulazione prevedeva che, nel caso di fusione, fosse sufficiente allegare all’istanza di trascrizione una certificazione rilasciata dal Registro delle imprese o da un’altra autorità competente, mentre, nel caso di cessione, «una dichiarazione di cessione o di avvenuta cessione firmata dal cedente e dal cessionario» con l’elencazione dei diritti oggetto della cessione. Su tali basi si è così avallata l’idea che, in queste due ipotesi, le quali rappresentano una percentuale significativa dei trasferimenti aventi ad oggetto diritti di proprietà industriale, fosse possibile prescindere dall’atto pubblico e dalla scrittura privata autenticata(21). Tale orientamento è stato sostanzialmente accolto anche da parte degli uffici delle Camere di commercio incaricati di ricevere tali atti e di trasmetterli all’Uibm.
La soluzione adottata è stata oggetto di precisazioni successive negli ultimi anni: nel 2010 è intervenuto il regolamento di attuazione del codice della proprietà industriale, il quale ha dettato un articolo relativo alle formalità richieste per la trascrizione che in gran parte ricalca l’art. 196 c.p.i., ma con una differenza che ha fatto sorgere dei problemi di coordinamento con la legge ordinaria(22): l’ampia formulazione dell’art. 40, reg. att. c.p.i., con riguardo alla trascrizione di atti di cessione, omette il riferimento alla possibilità di presentare una dichiarazione di «cessione», menzionando esclusivamente l’ammissibilità di una dichiarazione di «avvenuta cessione». Nonostante la norma regolamentare non dovrebbe essere considerata idonea a limitare la portata della disposizione contenuta nel codice della proprietà industriale, nella prassi degli uffici competenti a trasmettere all’Uibm i documenti per la trascrizione, si è iniziato ad accettare soltanto le dichiarazioni di «avvenuta cessione». Bisogna comunque ammettere che la questione ha una rilevanza soprattutto formale, dal momento che le differenze tra i due tipi di dichiarazione risultano estremamente limitate.
Un’innovazione maggiormente significativa si è avuta con il D.lgs. 13 agosto 2010, n. 131, il quale ha modificato diversi profili del codice della proprietà industriale. In particolare, nell’art. 196, comma
1, lett. a, c.p.i., è stata prevista la possibilità di ottenere la trascrizione di un contratto di licenza fornendo, in alternativa alla copia dell’atto, una mera dichiarazione di «avvenuta concessione di licenza»(23). In altre parole, si è esteso anche alle licenze un meccanismo, analogo a quello già descritto con riguardo alle cessioni, il quale consente di fornire la prova dell’atto da trascrivere mediante la presentazione di una scrittura privata semplice, con sottoscrizione delle parti, che si limiti a dichiarare l’avvenuta stipula tra le stesse di un contratto avente ad oggetto determinati beni immateriali(24).
L’operazione compiuta dal legislatore completa così l’inversione del significato sostanziale da attribuire all’art. 138, comma 3 c.p.i., il quale - come si è visto - sembra in realtà attribuire una funzione residuale ai documenti diversi dall’atto pubblico e dalla scrittura privata autenticata, ai fini della trascrizione nel Registro Uibm. Al contrario oggi, con riferimento ai diritti di proprietà industriale, è possibile prescindere da tali requisiti per tutte le operazioni che rientrano nella nozione di cessione o licenza - fattispecie che si può ritenere coprano la totalità degli atti aventi ad oggetto la circolazione inter vivos di tali beni. Si è in questo modo avallato un meccanismo di trascrizione in pubblici Registri - con funzione quantomeno dichiarativa e probatoria - in grado di prescindere integralmente dalla verifica notarile circa l’identità, la capacità e la legittimazione delle parti nonché la legalità dell’atto.
Questa scelta viene spesso giustificata con ragioni di garanzia della riservatezza dei contratti aventi ad oggetto diritti di proprietà industriale. In realtà, brevetti e marchi sono inseriti in Registri pubblicamente consultabili fin dal momento in cui viene loro concessa tutela come privative, pertanto la riservatezza riguarderebbe profili del contenuto contrattuale analoghi a quelli di qualsiasi altro contratto.
Un’analoga forma di semplificazione è stata adottata - sempre in base all’art. 196, comma 1, lett. a, c.p.i. - anche con riferimento alle ipotesi di fusione tra imprese. Nel caso di operazioni aventi ad oggetto il trasferimento di diritti su beni immateriali effettuate nell’ambito di una fusione aziendale, il legislatore prevede che, ai fini della trascrizione presso l’Uibm, sia sufficiente allegare una «certificazione rilasciata dal Registro delle imprese». Tale riferimento è stato inteso nel senso che la parte interessata potrà presentare un certificato camerale attestante la fusione.
Questa procedura offre comunque garanzie maggiori rispetto a quella prevista per cessioni e licenze, in quanto l’iscrizione della fusione nel Registro delle imprese deve essere necessariamente fatta sulla base di un atto pubblico, in base a quanto dispone l’art. 2504 c.c. Tuttavia dalla visura non si ricava l’elencazione dei diritti di proprietà industriale che sono stati trasferiti con la fusione: spetterà all’Uibm rintracciare i diritti di cui risultino titolari le società coinvolte nell’operazione sulla base di quanto risulta dalle trascrizioni anteriori. Ciò genera un margine di incertezza, in quanto, ove non siano stati regolarmente trascritti tutti i passaggi anteriori, potrebbe non venire correttamente ricostruita la situazione facente capo alla società che risulta dalla fusione. Per tale motivo è prassi che venga allegato all’istanza di trascrizione un documento che riepiloga i beni immateriali interessati(25), talvolta accompagnato da un’ulteriore dichiarazione attestante il trasferimento da un soggetto all’altro.
Ancora una volta si pone quindi l’interrogativo se per questo tipo di atti risulti necessario rispettare un particolare onere di forma. In realtà, sembra che anche i trasferimenti di diritti di proprietà industriale conseguenti a fusioni societarie possano essere agevolmente ricondotte al genus della
«cessione» e quindi beneficiare della procedura semplificata già descritta, ai sensi dell’art. 196, comma 1, lett. a, c.p.i.
Sempre in questo articolo il legislatore ha da ultimo fatto salva la possibilità per l’Uibm di richiedere, ove lo ritenga opportuno, l’attestazione, da parte di «un pubblico ufficiale» o di «ogni altra autorità pubblica competente», che i documenti trasmessi sono conformi agli originali. È stata così dettata una norma di chiusura che salvaguarda la possibilità per l’Ufficio di pretendere attestazioni ulteriori per le istanze di trascrizione che appaiano dubbie. Tale procedura pare utilizzabile per richiedere che sia certificata la conformità di una dichiarazione di avvenuta cessione o avvenuta licenza al contratto effettivamente stipulato tra le parti. La norma tuttavia non si estende fino al punto di pretendere che, a certe condizioni, l’accordo di cui si chiede la trascrizione sia effettuato con peculiari requisiti di forma, lasciando così invariato il pericolo di un vulnus originario all’intero meccanismo pubblicitario(26).
Di ciò sembrano consapevoli alcuni Autori che si sono da ultimo occupati di tali temi, tanto da sostenere che l’atto pubblico o la scrittura privata autenticata dovrebbero essere ancora considerati necessari per tutti i tipi di trascrizione: l’analogia istituita tra le funzioni e la disciplina dei Registri della proprietà industriale rispetto a quelle dei Registri dei beni immobili impone di seguire regole che ne garantiscano in pari misura la certezza. Si è così giunti a sostenere che la norma che ammette trascrizioni mediante atti non autenticati dovrebbe essere considerata incostituzionale in quanto fonte di un’irragionevole disparità di trattamento tra situazioni analoghe nonché potenzialmente lesiva del principio di buon funzionamento della pubblica amministrazione(27).
D’altra parte, bisogna rilevare come la scelta adottata dal legislatore italiano non sia il frutto di un orientamento isolato ma, al contrario, si collochi nel solco di una più ampia impostazione adottata a livello europeo.

3. La disciplina europea della trascrizione di brevetti e marchi come modello per il legislatore italiano

La tendenza alla semplificazione degli oneri formali richiesti ai fini della trascrizione nell’ordinamento italiano trova un’evidente corrispondenza con quanto previsto per il marchio comunitario ed il brevetto europeo.
Con riferimento al primo, il regolamento del 2004 che ha disciplinato la materia, prevede l’iscrizione nell’apposito Registro dei marchi comunitari - tenuto presso l’Ufficio per l’Armonizzazione nel mercato interno (Uami) ad Alicante - al fine di rendere opponibili ai terzi
«trasferimenti, licenze e diritti di garanzia» su tali beni. Il fatto che la norma si riferisca genericamente a tutti i terzi ha fatto ritenere che, a differenza di quanto previsto per il marchio nazionale, l’atto debba essere iscritto anche ai fini dell’opponibilità ai terzi contraffattori(28). D’altra parte, l’art.
23 del Reg. CE precisa che l’atto non iscritto sarà comunque opponibile al terzo che, pur essendo di fatto a conoscenza di tale atto, abbia successivamente acquisito diritti incompatibili sul marchio.
Per quanto riguarda la procedura da seguire, non si trovano indicazioni espresse nel regolamento perciò è necessario fare riferimento alle direttive interne dell’Uami(29). Queste precisano che, per dare la prova dell’atto di cui si chiede l’iscrizione, è sufficiente fornire una dichiarazione sottoscritta dalle parti contraenti o anche solo dal dante causa, da allegare alla domanda. Si precisa altresì che tutti questi documenti possono essere depositati anche in copia senza bisogno di alcuna autenticazione(30).
D’altra parte, l’Uami ha cura di precisare come tali prassi non abbiano valore normativo e siano quindi suscettibili di modifica a discrezione dell’Ufficio. Allo stato attuale l’orientamento sembra tuttavia consolidato e si colloca in un quadro uniforme a livello europeo e nazionale.
Ne è ulteriore conferma la vicenda riguardante il brevetto europeo dove, seppure attraverso un assetto normativo in parte differenziato, si possono raggiungere le medesime conclusioni.
Nella parte della Convenzione sul brevetto europeo dedicata ai trasferimenti si trova, come per il marchio comunitario, l’obbligo di ricorrere alla forma scritta - sebbene riferito solo alle cessioni e non alle licenze - che sembra corretto interpretare come previsto a pena di invalidità dell’atto(31).
Ancora una volta nulla viene precisato circa le formalità richieste per la trascrizione nel Registro dei brevetti europei, per cui sul tema è necessario fare riferimento al Regolamento di esecuzione. Questo stabilisce che i trasferimenti hanno effetto nei confronti dell’Ufficio europeo dei brevetti (Epo) - che ha sede a Monaco - dal momento in cui ad esso siano trasmessi i relativi documenti(32). La formulazione invero non chiarissima pone alcuni problemi interpretativi: in primo luogo, è pacifico che l’efficacia vada ricollegata non tanto al fatto in sé della trasmissione dei documenti quanto alla loro trascrizione nel Registro tenuto dall’Epo.
In secondo luogo, bisogna notare come nell’ultima formulazione della norma sia scomparsa la precisazione relativa al tipo di documenti necessario per la trascrizione: inizialmente venivano richiesti l’originale o la copia certificata conforme dell’atto da trascrivere o degli estratti di quest’ultimo; a metà anni ’90 si optò per una formulazione che faceva riferimento a qualsiasi documento giudicato idoneo dall’Ufficio a fornire la prova dell’atto da trascrivere; oggi invece è previsto un riferimento ancora più sintetico ai documenti che forniscano la prova del trasferimento(33).
Per comprendere cosa si intenda con tale espressione è dunque necessario fare un ulteriore rinvio alle Linee guida interne dell’organizzazione. Queste ultime muovono decisamente nella direzione di agevolare l’invio di scritture private semplici, chiarendo che, ai fini della prova dell’atto, necessaria per ottenere la trascrizione, è sufficiente una dichiarazione sottoscritta da entrambe le parti o anche soltanto dal dante causa(34). In definitiva, anche in materia di brevetto europeo, le norme e le prassi guidano verso l’adozione di un meccanismo analogo a quello riscontrato per marchi e brevetti nazionali e per il marchio comunitario, nel quale gli oneri formali funzionali alla trascrizione risultano decisamente semplificati(35).
Ultimo profilo di ambiguità del regolamento di esecuzione riguarda la funzione della trascrizione. La norma infatti, affermando che il trasferimento produce effetti nei confronti dell’Epo solo dal momento in cui questi abbia ricevuto la documentazione, sembra disciplinare l’opponibilità con esclusivo riguardo all’Ufficio stesso senza precisare l’effetto nei confronti dei terzi. In realtà, anche in questo caso sembra opportuno attribuire alla trascrizione efficacia dichiarativa tout court, in primo luogo poiché non è chiaro che senso avrebbe rendere l’atto opponibile o meno soltanto nei confronti dell’Epo e non di tutti gli altri soggetti che acquistino diritti sul brevetto stesso. In secondo luogo, poiché, ove la Convenzione non disponga diversamente, vale il principio per cui trovano applicazione le norme dei singoli Paesi aderenti(36); pertanto, se l’articolo in questione venisse considerato lacunoso sotto il profilo dell’effetto della trascrizione rispetto ai terzi, in Italia si dovrebbe rinviare alla disciplina nazionale, la quale parla di funzione dichiarativa.
La presente analisi mostra quindi come in materia di proprietà industriale, sulla base di un impulso proveniente dall’elaborazione comunitaria o comunque europea, si sia venuto formando un sistema che ha progressivamente marginalizzato la funzione notarile fino ad escluderla di fatto completamente, almeno dalla sfera maggiormente rilevante degli scambi contrattuali. La scelta di rendere il ricorso all’atto pubblico o alla scrittura privata autenticata un’opzione facoltativa ha infatti indotto nella prassi a seguire la strada giudicata più rapida e meno onerosa, lasciando all’Uibm soltanto la possibilità di esigere un’attestazione di conformità del documento trasmesso all’originale. Bisogna semmai evidenziare come l’Italia, pur avendo importato questo orientamento dall’humus culturale europeo, sia stata la prima a riconoscerlo con legge ordinaria.
Tutto ciò è intervenuto su un sistema di trascrizione che secondo molti doveva essere ricostruito ad immagine della pubblicità immobiliare, sia sotto il profilo delle funzioni, sia sotto il profilo delle garanzie per la certezza del traffico giuridico. Tuttavia, anche se si seguono gli orientamenti alternativi, i quali hanno sottolineato con nettezza la distanza tra la trascrizione immobiliare e quella dei mobili registrati e hanno ritenuto che la proprietà intellettuale vada ricondotta in questa seconda categoria, il settore dei brevetti e dei marchi resta quello in cui la prerogativa notarile è stata dismessa nel modo più sistematico. Se è vero che anche per autoveicoli, imbarcazioni, aeromobili, macchinari non vale la regola dell’art. 2671 c.c., che obbliga il pubblico ufficiale a curare la trascrizione dell’atto, tuttavia l’autenticità del titolo della trascrizione continua ad essere un principio fondamentale della materia. Infatti, la riforma del 2006, che pur ha reso facoltativo il ricorso al notaio per gli atti riguardanti i beni mobili registrati, ha dettato una procedura alternativa per la loro autenticazione, cercando un nuovo punto di equilibrio tra celerità e sicurezza dei traffici(37).
Si deve perciò ritenere che la drastica semplificazione delle formalità che accompagnano la circolazione giuridica relativa ai beni immateriali - cui si è giunti probabilmente in ragione del carattere specialistico della materia ma senza che vi fosse un impegno cogente a livello europeo - abbia omesso un’adeguata considerazione delle esigenze di sicurezza che anche in questo settore risultano fondamentali.
Ciò è ancora più avvalorato dalla particolare natura dei beni di cui si tratta. Numerosi sono infatti gli elementi che suggeriscono l’importanza cruciale, proprio in questo settore, di un sistema di Registri pubblici disciplinato con criteri rigorosi ed affidabili: si pensi alla notevole rilevanza economica che marchi e brevetti possono raggiungere ma, in modo ancora più specifico, alla circostanza che tali beni non possono costituire oggetto di appropriazione materiale e sono sempre suscettibili di godimento da parte di una pluralità di soggetti contemporaneamente. Tale circostanza non solo può rendere più difficile accertare la legittimazione della parte a disporre del bene ma può anche incidere sulla dimostrazione ex post del danno subito a causa dell’altrui esercizio illegittimo del diritto. Questo spiega al tempo stesso la portata assoluta della tutela che l’ordinamento attribuisce al soggetto considerato titolare, mediante l’azione di contraffazione.
Tutti questi elementi confermano l’idea che sia importante garantire fin da subito certezza sul soggetto legittimato ad esercitare i diritti sul brevetto o sul marchio. Considerare la norma incostituzionale e dunque ripristinare in pieno la prerogativa notarile sembra un’ipotesi difficilmente percorribile anche perché in contrasto con una tendenza alla semplificazione che coinvolge l’intera sfera dei beni mobili registrati. Sembra allora auspicabile un nuovo intervento del legislatore volto a contemperare con maggiore attenzione esigenze di rapidità e sicurezza della circolazione giuridica.
In quest’ottica sarebbe opportuno conservare almeno un’area di competenza esclusiva del notaio che può essere individuata in via regolamentare in base, ad esempio, a parametri di rilevanza economica degli atti. Sarebbe altresì auspicabile che l’Uibm avesse il potere discrezionale di richiedere, nei casi in cui lo ritenga opportuno, l’autenticazione degli atti e non solo la certificazione di conformità agli originali.
In alternativa o preferibilmente in via integrativa, si può immaginare di potenziare il ruolo di controllo di professionisti ed istituzioni già coinvolti nel procedimento di trascrizione, come i consulenti in proprietà industriale o le Camere di commercio. È però difficile dire se tali soggetti, che attualmente intervengono soltanto a garanzia della corretta trasmissione dei dati all’Uibm, siano disponibili ad assumersi responsabilità paragonabili a quelle proprie della funzione notarile.

4. Trasmissione telematica dei documenti e firma digitale

Alcune considerazioni ulteriori devono essere fatte con riguardo alla peculiare modalità di trasmissione degli atti all’Ufficio brevetti e marchi con sede a Roma.
Questa procedura viene svolta per il tramite delle Camere di commercio, tuttavia oggi alla tradizionale consegna cartacea dell’istanza e dei documenti si è affiancata la possibilità di effettuare la trasmissione in via telematica mediante un sistema che richiede l’attribuzione di una firma digitale
da parte di Unioncamere(38). In questa seconda ipotesi il ruolo di intermediario svolto dalle Camere di commercio risulta ancora più limitato, in quanto l’ufficio addetto si limita a verificare la corretta compilazione del modello informatico in tutte le sue parti, senza operare alcun controllo ulteriore sul contenuto della domanda di trascrizione. Inoltre la trasmissione telematica dei documenti viene abitualmente effettuata mediante la loro scansione senza particolari certificati di corrispondenza agli originali, ma solo, appunto con l’apposizione della firma digitale su ciascuno di essi.
Al fine di valutare il livello di sicurezza garantito da questa procedura, è necessario tenere in considerazione alcuni correttivi ulteriori.
In primo luogo, bisogna rilevare come le particolari formalità richieste specificamente per la trasmissione in via telematica facciano sì che la procedura sia nella maggior parte dei casi compiuta attraverso l’ausilio di un intermediario: quasi sempre si tratta di un consulente in proprietà industriale mentre, più raramente, di un dottore commercialista(39). In entrambi i casi si tratta di professionisti iscritti ad appositi albi, circostanza idonea a fornire maggiori garanzie circa la corretta trasmissione dei dati e della documentazione(40).
In secondo luogo, l’attribuzione di una firma elettronica qualificata, sebbene potenzialmente utilizzabile anche da parte di una persona priva di specifiche qualifiche professionali, costituisce per il legislatore un meccanismo sufficiente a garantire l’individuazione del soggetto responsabile di eventuali irregolarità nell’operazione. Del resto, ciò è coerente con il riconoscimento del valore di scrittura privata al documento informatico sottoscritto con firma digitale, previsto dall’art. 21, comma 2, D.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (cd. codice dell’amministrazione digitale)(41).
Questo però non significa che operi un’analoga presunzione di conformità rispetto al documento cartaceo originale: sotto tale profilo vale infatti l’art. 22, comma 3 c.a.d., in base al quale una simile presunzione sussiste soltanto finché non sia disconosciuta. Bisogna tuttavia ricordare come il codice della proprietà industriale preveda, all’art. 196, comma 1 c.p.i., che l’Uibm abbia la facoltà di richiedere, ove lo ritenga opportuno, che un pubblico ufficiale attesti la conformità dei documenti trasmessi agli originali. Tale circostanza è idonea ad attribuire la stessa efficacia probatoria di questi ultimi anche alla copia, come previsto dall’art. 22, comma 2 c.a.d.
Sotto il profilo della trasmissione telematica degli atti bisogna quindi riconoscere come nell’ambito dei Registri nazionali dei brevetti e dei marchi sia stata adottata una procedura che - oltre ad istituire un evidente parallelismo con quanto previsto fin dal 2003 per le iscrizioni presso il Registro delle imprese - risulta sostanzialmente conforme agli orientamenti più recentemente avallati dal codice dell’amministrazione digitale.


(1) S. PUGLIATTI, La trascrizione. La pubblicità in generale, in Tratt. dir. civ. comm., diretto da Cicu - Messineo, Milano, Giuffrè, 1957. In ordine al rapporto di coordinamento tra il codice civile del 1942, da un lato, e le leggi invenzioni (1939) e marchi (1942), da un altro lato, si veda: G. GABRIELLI, «La pubblicità legale nel sistema del codice civile», in Riv. dir. civ., 1992, I, p. 467.

(2) A. VANZETTI, «Diritti reali e «proprietà» industriale (… e mediazione obbligatoria)», in Riv. dir. ind., 2010, I, p. 180, contesta il carattere «reale» dei diritti sui beni immateriali e pertanto ritiene che a questi ultimi possano essere applicate le norme proprie dei diritti reali solo in via analogica, in caso di lacune e sussistendone i presupposti.

(3) G. ANGELICCHIO - M. BERTANI, Commento art. 138 c.p.i., in Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, a cura di Marchetti - Ubertazzi, Padova, Cedam, 2007, p. 673; S. BOUTET - L. LODI, «Brevetti industriali, marchio, ditta, insegna», in Giur. sist. dir. civ. comm., fondata da W. Bigiavi, Torino, Utet, 1978, p. 252; P. GRECO - P. VERCELLONE, Le invenzioni e i modelli industriali, in Tratt. dir. civ. it., diretto da Vassalli, Torino, Utet, 1968, p. 301, dichiarano che brevetti e marchi «sono soggetti a trascrizione, secondo i principi e per gli effetti propri di tale istituto, nei limiti ed alle condizioni stabilite dalla legge speciale». Sottolinea il rapporto con la trascrizione immobiliare anche A. PIVIDORI, Il funzionamento del sistema di trascrizione e il ruolo dell’Uibm, sub art. 138 c.p.i., in Codice commentato della proprietà industriale e intellettuale, a cura di Galli - Gambino, Torino, Utet, 2011, p. 1314.

(4) T. ASCARELLI, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali, Milano, 1960, p. 664 e ss.; G. GABRIELLI, op. cit., p. 467 e ss.

(5) Così dispone l’art. 2573, comma 2 c.c. In termini ancora più ampi l’art. 17, par. 2, Reg. CE 26 febbraio 2009, n. 207 sul marchio comunitario prevede che quest’ultimo si considera sempre trasferito unitamente all’azienda nel suo complesso, salvo che «si sia diversamente concordato oppure le circostanze impongano chiaramente il contrario».

(6) Si tratta del D.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30 (cd. codice della proprietà industriale).

(7) In termini analoghi si esprimevano già BOUTET - LODI, op. cit., p. 252, con riferimento al precedente art. 66 L.inv. Art. 138, comma 1 c.p.i.: «Debbono essere resi pubblici mediante trascrizione presso l’Ufficio italiano brevetti e marchi: a) gli atti fra vivi, a titolo oneroso o gratuito, che trasferiscono in tutto o in parte, i diritti su titoli di proprietà industriale; b) gli atti fra vivi, a titolo oneroso o gratuito, che costituiscono, modificano o trasferiscono diritti personali o reali di godimento privilegi speciali o diritti di garanzia, costituiti ai sensi dell’articolo 140 concernenti i titoli anzidetti; c) gli atti di divisione, di società, di transazione, di rinuncia, relativi ai diritti enunciati nelle lettere a e b; d) il verbale di pignoramento; e) il verbale di aggiudicazione in seguito a vendita forzata; f ) il verbale di sospensione della vendita di parte dei diritti di proprietà industriale pignorati per essere restituiti al debitore, a norma del codice di procedura civile; g) i decreti di espropriazione per causa di pubblica utilità; h) le sentenze che dichiarano l’esistenza degli atti indicati nelle lettere a, b e c, quando tali atti non siano stati precedentemente trascritti. Le sentenze che pronunciano la nullità, l’annullamento, la risoluzione, la rescissione, la revocazione di un atto trascritto devono essere annotate in margine alla trascrizione dell’atto al quale si riferiscono. Possono inoltre essere trascritte le domande giudiziali dirette ad ottenere le sentenze di cui al presente articolo. In tale caso gli effetti della trascrizione della sentenza risalgono alla data della trascrizione della domanda giudiziale; i) i testamenti e gli atti che provano l’avvenuta successione legittima e le sentenze relative; l) le sentenze di rivendicazione di diritti di proprietà industriale e le relative domande giudiziali; m) le sentenze che dispongono la conversione di titoli di proprietà industriale nulli e le relative domande giudiziali; n) le domande giudiziali dirette ad ottenere le sentenze di cui al presente articolo».

(8) P. SPADA, La circolazione della privativa, in T. RAVÀ, Diritto industriale, vol. II. Invenzioni e modelli industriali, a cura di Fabiani - Spada, Torino, Utet, 1988, p. 169 e ss.; V. MANGINI, La licenza di brevetto, Padova, Cedam, 1970, 10 e ss.; P. GRECO - P. VERCELLONE, op. cit., p. 267 e ss.; P. AUTERI, «Riflessioni sul contratto di licenza di brevetto per invenzione industriale», in Riv. dir. ind., 1961, II, p. 361 e ss.

(9) Una donazione sembra però configurabile anche con riferimento alla licenza, come atto di disposizione in via temporanea di alcuni diritti sulla privativa. Analoghi problemi di forma si presentano anche nel caso di conferimento della privativa in una società di capitali: P. SPADA, op. cit., p. 176.

(10) Art. 139, commi 1-3 c.p.i.: «1. Gli atti e le sentenze, tranne i testamenti e gli altri atti e sentenze indicati alle lettere d, i ed l dell’articolo 138, finché non siano trascritti, non hanno effetto di fronte ai terzi che a qualunque titolo hanno acquistato e legalmente conservato diritti sul titolo di proprietà industriale. 2. Nel conflitto di più acquirenti dello stesso diritto di proprietà industriale dal medesimo titolare, è preferito chi ha trascritto per primo il suo titolo di acquisto. La trascrizione del verbale di pignoramento, finché dura la sua efficacia, sospende gli effetti delle trascrizioni ulteriori degli atti e delle sentenze anzidetti. 3. Gli effetti di tali trascrizioni vengono meno dopo la trascrizione del verbale di aggiudicazione, purché avvenga entro tre mesi dalla data della aggiudicazione stessa».

(11) G. BONELLI, Privativa per invenzione industriale, in Noviss. Dig. it., Torino, Utet, 1966, p. 947; V. MANGINI, Il marchio e gli altri segni distintivi, in Tratt. dir. comm. dir. pubbl. ec., diretto da F. Galgano, Padova, Cedam, 1982, p. 307.

(12) Così M. GIORGIANNI, Diritti reali (Diritto civile), in Noviss. Dig. it., Torino, Utet, 1957, p. 752, il quale definisce l’inerenza come il collegamento funzionale tra il potere e la cosa rispetto al quale l’ordinamento attribuisce «la virtù di rendere possibile al titolare il soddisfacimento del suo interesse, qualunque sia l’essenza dei rapporti di fatto o giuridici che involgeranno la cosa».

(13) Tale espressione replica esattamente il contenuto dell’art. 68 L.inv., presente nella legge invenzioni fin dalla sua introduzione, con Regio Decr. 29 giugno 1939, n. 1127. Cfr. G. SENA, I diritti sulle invenzioni e sui modelli industriali, in Tratt. dir. civ. comm., diretto da Cicu - Messineo, Milano, 1990, p. 429, secondo cui «il contratto di licenza, se trascritto, è opponibile ai terzi acquirenti del brevetto o di diritti su di esso».

(14) Come si vedrà, questa interpretazione non viene considerata applicabile al marchio comunitario, con riferimento al quale l’atto non iscritto non può essere opposto neppure al contraffattore.

(15) Cfr. C. GALLI, «Marchi comunitari e diritti di garanzia: problemi e prospettive», in AIDA, 2009, p. 187 e ss., che segnala anche una differenza rispetto al marchio comunitario, per il quale il diritto di garanzia sembra sorgere a prescindere dall’iscrizione, in base a quanto prevede l’art. 19, par. 2, Reg. CE 207/2009; ANGELICCHIO - BERTANI, op. cit., p. 673. Nel senso che anche i diritti di garanzia debbano essere iscritti soltanto a fini di opponibilità ai terzi: G. GABRIELLI, «La pubblicità legale nel sistema del codice civile», cit., p. 467 e ss.

(16) Trib. Milano, 26 settembre 1974, in GADI, 1974, p. 1148. Con riferimento alla trascrizione immobiliare, cfr. F. GAZZONI, La trascrizione immobiliare, I, in Il codice Civile. Commentario, diretto da P. Schlesinger, Milano, 1998, p. 32 e ss.

(17) M. CARTELLA, «Il risarcimento del danno nella contraffazione di marchio», in Dir. ind., 2001, p. 145; A. VANZETTI - V. DI CATALDO, op. cit., p. 552. Sebbene la giurisprudenza abbia adottato uno standard che sostanzialmente esclude la possibilità di fornire la prova liberatoria per chi ha compiuto atti di contraffazione su un titolo registrato (cfr. M. S. SPOLIDORO, «Il risarcimento del danno nel codice della proprietà industriale. Appunti sull’art. 125 c.p.i.», in Riv. dir. ind., 2009, I, p. 162; C. CASTRONOVO, «La violazione della proprietà intellettuale come lesione del potere di disposizione. Dal danno all’arricchimento», in Studi di diritto industriale in onore di Adriano Vanzetti, tomo I, Milano, Giuffrè, 2004, p. 366; L. NIVARRA, «Dolo, colpa, e buona fede nel sistema delle “sanzioni” a tutela della proprietà intellettuale», in AIDA, 2000, p. 330 e ss.), bisogna ritenere che il cessionario o il licenziatario, i quali operino in base ad un accordo stipulato con il soggetto risultante come titolare dal Registro Uibm, debbano essere considerati esenti da profili di colpevolezza: SENA, op. cit., p. 415.

(18) A. CHIANALE, «La funzione dei registri pubblicitari nella costituzione di garanzie reali su privative titolate», in AIDA, 2009, p. 126; G. FLORIDIA, Il riassetto della proprietà industriale, Milano, 2006, p. 569.

(19) In tal senso G. PETRELLI, «Pubblicità legale e trascrizione immobiliare», in Rass. dir. civ., 2009, p. 714 e ss., il quale precisa come, con riguardo alla trascrizione mobiliare, sia quindi corretto parlare di «onere» pubblicitario, in quanto funzionale al solo interesse della parte.

(20) Si tratta di un’innovazione introdotta con il codice della proprietà industriale, che ha sostituito il Regio Decr. 1127/1939 (cd. legge invenzioni), il cui art. 67, comma 2 prevedeva, in modo molto più circostanziato, che: «Quando l’autenticazione non sia possibile, è in facoltà dell’Ufficio italiano brevetti e marchi di ammettere alla trascrizione una scrittura privata non autenticata». Nella prassi, pertanto, il ricorso al documento non autenticato rimaneva un’ipotesi eccezionale, sulla cui necessità l’Uibm era chiamato a vigilare: circ. min. industria, 29 marzo 1999, n. 406. Cfr. A. CHIANALE, op. cit., p. 125. Bisogna precisare come l’art. 138, comma 3 c.p.i., nella sua formulazione originaria rinviasse all’art. 195 c.p.i., il quale in realtà disciplina la domanda di trascrizione e richiama a sua volta un decreto del Ministro delle attività produttive che per alcuni anni non è stato emanato. In pendenza di tale situazione è dunque intervenuta la circ. min. Attività produttive, 27 luglio 2005, n. 471, che ha indirizzato gli interpreti verso il disposto del successivo art. 196 c.p.i., come è stato successivamente confermato dal D.lgs. 13 agosto 2010, n. 131, che ha corretto il rinvio contenuto nell’art. 138, comma 3 c.p.i.

(21) Tale procedimento semplificato non riguarda invece le trascrizioni di garanzie sulla privativa, come ha confermato anche la circ. min. n. 471/05: cfr. A. CHIANALE, op. cit., p. 126.

(22) Art. 40, comma 2, D.m. 13 gennaio 2010, n. 33: «Alla domanda di trascrizione debbono essere uniti: a) copia dell’atto da cui risulta il cambiamento di titolarità o dell’atto che costituisce o modifica o estingue i diritti personali o reali di godimento o di garanzia di cui al comma 1, lettera a, ovvero copia dei verbali e sentenze di cui al comma 1, lettera b, osservate le norme della legge sul registro ove occorra, oppure un estratto dell’atto stesso oppure nel caso di fusione una certificazione rilasciata dal Registro delle imprese o da altra autorità competente, oppure, nel caso di cessione, una dichiarazione di avvenuta cessione firmata dal cedente e dal cessionario con l’elencazione dei diritti oggetto della cessione. L’Ufficio italiano brevetti e marchi può richiedere che la copia dell’atto o dell’estratto sia certificata conforme all’originale da un pubblico ufficiale o da ogni altra autorità pubblica competente; b) il documento comprovante il pagamento dei diritti prescritti».

(23) L’originaria omissione di questa possibilità viene considerata ancora una volta frutto di un errore materiale nella redazione del codice: C. GALLI - S. DI CURZIO, Le procedure di trascrizione e annotazione, in codice della proprietà Industriale: la riforma 2010, a cura di C. Galli, Milano, 2010, p. 218.

(24) Come unica formalità aggiuntiva si richiede la previa registrazione dell’atto contenente la dichiarazione presso l’Agenzia delle entrate per il pagamento delle relative tasse.

(25) In tal senso si è espressa la circ. min. att. produttive, n. 439/2002 (disponibile su Notiziario Ordine Consulenti Propr. Ind., n. 3/2002, p. 18), la quale tuttavia parla genericamente di «idonea documentazione» che attesti i diritti di proprietà intellettuale trasferiti.

(26) Bisogna inoltre ricordare che, secondo una sentenza pronunciata dalla Commissione dei ricorsi (12 dicembre 1991, n. 103), l’Uibm non è tenuto a verificare la continuità delle trascrizioni presentate. Laddove tale continuità si riveli mancante, sembra ragionevole che operi la regola dell’inefficacia della trascrizione, sancita tanto per i beni immobili quanto per i beni mobili dagli artt. 2650 e 2688 c.c.

(27) In tal senso si esprime A. CHIANALE, «La funzione dei registri pubblicitari», cit., p. 126. Anche PIVIDORI, Il funzionamento del sistema di trascrizione, cit., p. 1314, ritiene che continui ad essere necessario l’atto pubblico o la scrittura privata autenticata per tutti gli atti che costituiscano, modifichino o estinguano diritti reali o personali di godimento o di garanzia sulle privative.

(28) Cfr. art. 23, Reg. CE 207/2009. In tal senso: M. RICOLFI, La circolazione del marchio, in AA. VV., Diritto industriale. proprietà intellettuale e concorrenza, Torino, 2009, p. 144 e ss.; GALLI, «Marchi comunitari e diritti di garanzia», cit., p. 188.

(29) Tuttavia l’art. 17, par. 3, Reg. CE 207/2009 precisa che la cessione del marchio deve essere fatta in forma scritta a pena di nullità, salvo che il trasferimento avvenga unitamente all’azienda o sia effetto di una sentenza.

(30) Con riguardo ai «trasferimenti», cfr. Direttive relative ai procedimenti dinanzi all’Uami (disponibile sul sito http://oami.europa.eu/, al 29 novembre 2011): parte E, cap. 4, in particolare par. 4.4.5.4., il quale, dopo avere sancito l’obbligo per le parti richiedenti di fornire la prova del trasferimento, prevede che: «Se la domanda è firmata congiuntamente dal titolare originario e dal nuovo titolare, ciò costituisce prova sufficiente del trasferimento, senza necessità di ulteriori prove. Se la domanda è presentata dall’avente causa ed è corredata di una dichiarazione, firmata dal titolare originario, da cui risulti che egli acconsente alla registrazione dell’avente causa come nuovo titolare, anche questo è sufficiente, senza necessità di ulteriori prove. La firma non deve necessariamente essere autenticata da un notaio o altro pubblico ufficiale». Con riguardo alle «licenze» sono previste disposizioni analoghe: cfr. Direttive, cit., parte E, cap. 5, in particolare par. 2.3.4.4., secondo cui «Si considera prova sufficiente della licenza il fatto che la domanda di registrazione della licenza sia accompagnata da uno dei seguenti elementi: una dichiarazione, firmata dal titolare del marchio comunitario o dal suo rappresentante, con cui questi acconsenta alla registrazione della licenza; il contratto di licenza, o un estratto del medesimo, che indichi le parti e il marchio comunitario oggetto della licenza e riporti le rispettive firme, una dichiarazione non certificata di licenza, redatta secondo la forma e il contenuto del modulo internazionale dell’Ompi per la dichiarazione di licenza e firmata sia dal titolare del marchio comunitario o dal suo rappresentante sia dal licenziatario o dal suo rappresentante. In luogo dell’originale, è possibile depositare una semplice fotocopia dei suddetti documenti. Non è necessario che l’originale o la fotocopia siano autenticati o legalizzati».

(31) Cfr. art. 72 CBE 2000 (Convenzione sul Brevetto europeo, conclusa a Monaco il 5 ottobre 1973 e riveduta il 29 novembre 2000): «An assignment of a European patent application shall be made in writing and shall require the signature of the parties to the contract».

(32) Cfr. reg. 22, comma 1, RE CBE 2000 (Regolamento di esecuzione della CBE, approvato il 7 dicembre 2006), nella sua più recente formulazione risalente al 26 ottobre 2010.

(33) Più esattamente, si parla di «documents providing evidence of such transfer». Anche sotto il vigore della vecchia formulazione era stato però chiarito che l’autenticazione non doveva essere fatta necessariamente da un notaio ma poteva provenire anche da un mandatario o da un avvocato abilitato davanti all’Epo: cfr. art. 134, nn. 5) e 8) CBE 2000 (art. 134, nn. 4) e 7) CBE 1973) e sul punto R. SINGER - M. SINGER, Il brevetto europeo (trad. it.), Torino, 1993, p. 208.

(34) Cfr. Guidelines for examination in Epo, nella loro più recente formulazione risalente al 31 marzo 2010 (disponibile sul sito http://www.epo.org/, al 29 novembre 2011), parte E, cap. XIII, par. 1: «Any kind of written evidence suitable to prove the transfer is admissible. A declaration signed by both parties is appropriate, but a declaration of transfer signed by the assignor would in any case be sufficient, as the assignee will in any case be notified by the Epo of the entry in the Register. Formal documentary proof (originals or certified copies), such as the instrument of transfer or official documents verifying the transfer or extracts thereof, are equally appropriate. If the evidence presented is found to be unsatisfactory, the Epo informs the party requesting the transfer accordingly, and invites it to remedy the stated deficiencies». Il paragrafo riguarda la trascrizione di atti relativi a domande di brevetto ma è espressamente richiamato anche per cessioni, licenze e diritti reali riguardanti brevetti già rilasciati.

(35) Bisogna anche precisare che - come avviene per l’Uami ed a differenza di quanto previsto a livello nazionale - non sono necessari né la previa registrazione della dichiarazione delle parti presso l’Agenzia delle entrate né il deposito della lettera di incarico, per i casi in cui l’operazione sia svolta da un mandatario, come avviene abitualmente.

(36) La Cbe ha la funzione di produrre in ciascuno degli Stati aderenti e designati dalla parte richiedente gli effetti di un brevetto nazionale, con applicazione della relativa disciplina. Soltanto per alcuni profili la Convenzione detta invece una disciplina uniforme della materia: cfr. A. VANZETTI - V. DICATALDO, Manuale di diritto industriale, Milano, 2009, p. 497.

(37) Cfr. art. 7, legge 4 agosto 2006, n. 248, che ha convertito con modificazioni il D.l. 4 luglio 2006, n. 223: «L’autenticazione della sottoscrizione degli atti e delle dichiarazioni aventi ad oggetto l’alienazione di beni mobili registrati e rimorchi o la costituzione di diritti di garanzia sui medesimi può essere richiesta anche agli uffici comunali ed ai titolari degli sportelli telematici dell’automobilista di cui all’articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2000, n. 358, che sono tenuti a rilasciarla gratuitamente, tranne i previsti diritti di segreteria, nella stessa data della richiesta, salvo motivato diniego».

(38) Inoltre è necessario che il richiedente abbia stipulato il contratto Telemaco-Pay, che abilita ad utilizzare i servizi telematici della Camera di Commercio. La disciplina del deposito telematico delle istanze all’Uibm è stata dettata dal Ministero dello sviluppo economico, decr. 24 ottobre 2008, “Deposito telematico delle istanze connesse alle domande di brevetto per invenzioni industriali e modelli di utilità, alle domande di registrazione di disegni e modelli industrilali e di marchi d’impresa nonchè ai titoli di proprietà industriale concessi”, il quale prevede che, nel caso di deposito cartaceo, sarà la camera di commercio ricevente ad effettuare la trasmissione telematica una volta trasformati i documenti in formato elettronico.

(39) L’Ufficio italiano brevetti e marchi richiede che le trascrizioni siano effettuate sulla base di un mandato rilasciato da parte del cliente con «l’elencazione dei diritti di proprietà industriale per i quali il mandato è stato conferito». Questo viene definito come “lettera di incarico” e richiede il pagamento di un’imposta di bollo e di una tassa ulteriore.

(40) Cfr. C. GALLI - P. PEDERZINI, L’ordinamento professionale dei consulenti in proprietà industriale, in codice della proprietà industriale: la riforma 2010, cit., p. 219 e ss.; P. PEDERZINI, L’albo dei consulenti, in codice commentato della proprietà industriale, cit., p. 1511 e ss.

(41) La norma stabilisce che il documento si presume riferibile al titolare del dispositivo di firma salvo che questi fornisca prova contraria, circostanza che tuttavia appare estremamente difficoltosa.

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