capitolo VI - l’indagine della volontà delle parti ex art. 47, ultimo comma, legge notarile e la scrittura privata autenticata
- capitolo VI -
L’indagine della volontà delle parti ex art. 47, ultimo comma, legge notarile e la scrittura privata autenticata
di Silvia Brandani
1. L’indagine della volontà delle parti nell’atto pubblico
All’art. 28 della legge 16 febbraio 1913, n. 89 (legge notarile) viene tradizionalmente attribuita una funzione fondamentale nella qualificazione del notaio quale custode del diritto e garante delle istanze di stabilità e certezza nelle contrattazioni, anche in funzione antiprocessuale(1), potendo le parti, grazie al suo intervento, realizzare più efficacemente i loro interessi, in modo conforme alla legge(2). In ciò è ravvisata la peculiarità della figura del notaio che prima di essere un libero professionista è soggetto esercente un ministero pubblico di interesse generale.
L’interpretazione restrittiva dell’art. 28 prevalsa dal 1997 nella giurisprudenza della Corte di Cassazione(3), riducendo il controllo di legalità ai soli atti nulli (e non a tutti, ritenendosi esclusi gli atti colpiti da nullità relativa), ha finito per ridimensionare non solo l’ambito di operatività della suddetta disposizione normativa, ma anche la centralità di essa nella qualificazione della funzione notarile.
Il nuovo indirizzo giurisprudenziale ha dunque suscitato preoccupazioni sul ruolo futuro del notaio, ritenendosi che un eccessivo indebolimento del controllo di legalità possa provocare effetti deresponsabilizzanti per la categoria, con svilimento e dequalificazione della stessa funzione notarile(4).
Sennonché, anche a volersi muovere nel solco tracciato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione(5), la rilevanza essenziale attribuita all’art. 28 nella connotazione dell’attività notarile potrebbe risultare, ad una più attenta analisi, forse sovradimensionata, reperendosi, all’interno della stessa legge n. 89/1913, un’altra disposizione normativa idonea a legittimare ed a impegnare il notaio a farsi garante della sicurezza dei traffici giuridici.
Si vuole alludere all’art. 47 che, al suo ultimo comma, impone al notaio che riceve un atto pubblico di indagare la volontà delle parti, sancendo la cd. funzione di adeguamento.
È noto come la norma non possa essere interpretata come volta semplicemente ad obbligare il notaio a tradurre nel linguaggio tecnico - giuridico le dichiarazioni delle parti, non fosse altro per la considerazione che tale attività è del tutto fisiologica alla prestazione notarile, della quale rappresenta il contenuto minimo ma non certo il profilo più caratterizzante. Ridurre a ciò l’indagine della volontà svilirebbe evidentemente l’art. 47, ult. comma, al punto da privarlo di ogni significato.
Come autorevolmente evidenziato, il notaio non può essere considerato un mero recettore passivo delle dichiarazioni delle parti; egli deve dialogare con esse, comprenderne gli scopi empirici e predisporre un regolamento negoziale che consenta il perseguimento degli stessi conformemente alle norme ed ai principi dell’ordinamento giuridico(6).
L’art. 47, ultimo comma, dunque, è senz’altro norma complementare rispetto a quella contenuta nell’art. 28 perché è attraverso l’indagine della volontà delle parti che il notaio può evitare di ricevere atti espressamente proibiti dalla legge o manifestamente contrari al buon costume o all’ordine pubblico(7).
Ma la disposizione normativa de qua ha anche un ambito di operatività proprio, svincolato dall’art. 28, come si desume dalla circostanza che l’art. 58, n. 4 della stessa legge notarile commina addirittura la nullità dell’atto pubblico che sia stato redatto dal notaio in dispregio di essa(8).
Se l’indagine della volontà rilevasse solo in relazione al controllo di legalità ex art. 28, infatti, una siffatta previsione normativa sarebbe non solo superflua ma anche incoerente avendo l’art. 58 per presupposto che l’atto rogato non sia colpito da altre cause di nullità.
Per di più l’art. 138, 2° comma, della legge notarile(9), collocato nella parte relativa alle sanzioni disciplinari, prevede la sospensione del notaio da sei mesi ad un anno non solo per la violazione dell’art. 28 ma anche per quella dell’art. 47, confermandone così l’autonomo carattere precettivo.
Ebbene, proprio nell’ottica di una lettura restrittiva dell’art. 28, l’indagine della volontà condotta ai sensi dell’art. 47, ultimo comma, può riaffermare, in relazione alle imperfezioni contrattuali che esulano dall’ambito applicativo dell’art. 28, il ruolo del notaio quale garante della legge e delle istanze di stabilità nelle contrattazioni.
Infatti, se è corretto ritenere che l’art. 47, ultimo comma debba essere interpretato nel senso di obbligare il notaio ad accertare gli intenti delle parti ed a predisporre un coerente regolamento di interessi conforme all’ordinamento, ciò significa che il notaio deve in ogni caso fare molta attenzione a stipulare atti annullabili(10), inefficaci o colpiti da nullità relativa perché comunque potrebbe derivarne a suo carico, ai sensi del combinato disposto degli artt. 47, ultimo comma e 138 legge notarile, l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione, come per l’ipotesi di violazione dell’art. 28.
Ancorché con una differenza essenziale: il notaio viola l’art. 28 per il fatto stesso di avere rogato un atto “proibito”(11), viola l’art. 47, ultimo comma, invece, se non ha correttamente condotto l’indagine sulla volontà e cioè se, tradotto in comportamenti, non ha rilevato il vizio, informandone conseguentemente le parti e suggerendo loro possibili soluzioni per eliminarlo.
È infatti evidente che, non potendo il notaio rifiutare il proprio magistero (art. 27 legge notarile) salvo il caso previsto dall’art. 28, allorché l’indagine della volontà sia stata svolta correttamente ma le parti abbiano insistito per la stipula del contratto quantunque avvertite dal notaio della imperfezione, costui non potrà che andare esente da ogni responsabilità, anche disciplinare.
La lettura restrittiva dell’art. 28, insomma, può avere effetti deresponsabilizzanti per la categoria se la responsabilità disciplinare del notaio per avere stipulato atti colpiti da cause di annullabilità, inefficacia o nullità relativa (rectius: per non averne rilevato la presenza e non averne informato le parti) viene affidata alle meno rigorose sanzioni della censura e del biasimo, come sembrerebbe ritenere la Corte di Cassazione nella più recente giurisprudenza in parola(12).
Ma se tale controllo sull’atto viene considerato espressione dell’indagine della volontà ex art. 47, ultimo comma, l’applicabilità, ex art. 138, 2° comma legge notarile, della più grave sanzione della sospensione dovrebbe scongiurare qualsivoglia svilimento della attività del notaio, garantendo il massimo sforzo di diligenza.
Né peraltro potrà obiettarsi che l’art. 138 non ricollega specificamente la sanzione della sospensione alla trasgressione della indagine della volontà, facendo genericamente riferimento alla violazione dell’art. 47 che contiene una pluralità di disposizioni normative(13).
È facile replicare, infatti, che quando la legge notarile ha voluto correlare l’applicazione di una sanzione disciplinare alla inosservanza di una più specifica disposizione precettiva lo ha detto espressamente, richiamando non solo l’articolo ma anche il comma e, dove presente, la sottonumerazione di riferimento(14).
Sembra, dunque, a chi scrive che l’art. 47, ultimo comma, valorizzando la responsabilità disciplinare anche in relazione alle imperfezioni dell’atto non rilevanti ex art. 28 della legge notarile, possa davvero svolgere un ruolo importante nella connotazione della attività notarile(15), anche tale norma esprimendo, come l’art. ‘indefettibile funzione pubblica del notaio che, in quanto pubblico ufficiale, opera come garante dell’ordinamento giuridico(16).
E non può peraltro tacersi come, rispetto agli atti annullabili, inefficaci o colpiti da nullità relativa, l’art. 47, ultimo comma possa essere, per il perseguimento delle finalità del magistero notarile, norma addirittura più adeguata dell’art. 28, responsabilizzando il notaio senza però imporgli l’irricevibilità dell’atto difforme dall’ordinamento. Una imposizione, questa, che il notaio, di fronte a certe patologie, potrebbe avere difficoltà ad ottemperare e ciò non perché alcuni vizi possono non essere riconoscibili (anche la nullità rilevante ex art. 28 deve infatti essere inequivoca), ma perché l’irricevibilità è prescrizione abnorme ed ingiustificata allorché la disciplina sostanziale rimetta alla parte tutelata la decisione sulle sorti del contratto (si pensi all’annullabilità o alla nullità relativa).
2. L’indagine della volontà delle parti nella scrittura privata autenticata secondo la dottrina notarile
La dottrina notarile sostiene che l’art. 47, ultimo comma, dettato specificamente per l’atto pubblico, non possa essere applicato alla autenticazione della scrittura privata.
Ciò nonostante il notaio sarebbe comunque tenuto, anche nell’ambito dell’autenticazione della scrittura privata, a svolgere una corretta indagine della volontà delle parti perché tale attività, pur non essendo imposta dalla norma citata, sarebbe ricompresa nella prestazione contrattuale dovuta dal pubblico ufficiale sulla base del contratto d’opera professionale stipulato con i clienti(17).
Nell’autenticazione della scrittura privata, insomma, il notaio non svolgerebbe l’indagine della volontà delle parti nella veste di pubblico ufficiale, e quindi in ragione del suo ministero pubblico, ma come libero professionista in virtù dell’incarico contrattuale ricevuto.
Ponendosi in questa prospettiva si viene a delineare un trattamento giuridico dell’obbligo di indagare la volontà delle parti nella scrittura privata autenticata profondamente diverso rispetto a quello applicabile all’atto pubblico e ciò, come si cercherà di illustrare nelle pagine che seguono, tanto in ordine alla disciplina di diritto sostanziale quanto relativamente alla responsabilità disciplinare.
Sul piano sostanziale possono essere individuate almeno tre differenze.
La prima. Si ritiene comunemente che, non sussistendo alcuna disposizione normativa che imponga al notaio di indagare la volontà delle parti nella scrittura privata autenticata, tale indagine sia ricompresa nella prestazione contrattuale perché imposta al pubblico ufficiale autenticante in base all’obbligo di correttezza e buona fede ex artt. 1175 e 1375 c.c.(18)Si sottolinea, peraltro, che, proprio perché derivante dal principio della buona fede oggettiva, l’obbligo di indagare la volontà nella autenticazione della scrittura privata possa essere derogato dalle parti in relazione alle sue singole applicazioni concrete mediante specifica e circoscritta dispensa(19), fermo restando l’obbligo del notaio di svolgere, come viene definito, un “accertamento minimale”, in ordine alla capacità di agire delle parti ed alla volontarietà dell’atto, di natura inderogabile(20).
Addirittura, allorché si tratti di autenticazione di scrittura privata predisposta dai contraenti o da terzi, la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha assunto posizioni che sembrerebbero sottendere l’idea che il pubblico ufficiale in ipotesi siffatte non abbia alcun obbligo di accertare la volontà delle parti neppure alla stregua della clausola generale della buona fede oggettiva, salvo che sia stato specificamente incaricato dai clienti. È infatti in quest’ordine di idee che essa si è orientata relativamente alla vicenda dell’omesso espletamento da parte del notaio delle visure ipocatastali - prima che intervenisse il D.l. 31 maggio 2010 n. 78, convertito con legge 30 luglio 2010, n. 122, che ha aggiunto all’art. 29 della legge 27 febbraio 1985, n. 52 il comma 1-bis(21)determinando il superamento della questione - ritenendo che, nel caso di autenticazione di scrittura privata predisposta dalle parti o da terzi, a carico del notaio debba escludersi ogni obbligo di effettuare le visure, a meno che allo stesso non sia stato conferito uno specifico incarico(22).
Così ricostruendo l’indagine della volontà nella scrittura privata autenticata, e cioè correlandola ad una prestazione contrattuale, essa viene dunque rimessa, anche laddove fondata sulla buona fede oggettiva, nella disponibilità dei contraenti, mentre nell’atto pubblico tale attività, in quanto riconducibile all’art. 47, ultimo comma, ha natura sicuramente inderogabile.
La seconda. Si è già segnalato che la trasgressione dell’art. 47, ultimo comma, può determinare, la nullità dell’atto pubblico per effetto del disposto normativo dell’art. 58 n. 4; nella scrittura privata autenticata, invece, l’omessa indagine della volontà, rilevando quale violazione di una prestazione contrattuale, comporta soltanto responsabilità da inadempimento del pubblico ufficiale. E ciò, è bene sottolinearlo, anche allorché l’indagine della volontà si fondi sulla buona fede oggettiva, non potendo, com’è noto, la violazione di una clausola generale di comportamento determinare invalidità(23).
La terza. Dal combinato disposto degli artt. 47, ultimo comma e 58 n. 4 sembrerebbe possibile far derivare un’ulteriore disparità di trattamento.
Un diffuso orientamento di pensiero ritiene infatti che, nel caso di violazione di obblighi imposti dalle norme sull’ordinamento del Notariato dirette a garantire nell’interesse pubblico la serietà e certezza degli atti giuridici, il notaio possa incorrere in responsabilità aquiliana verso i terzi danneggiati(24).
Per quanto la configurabilità in termini generali di una siffatta responsabilità possa destare perplessità, non risultando il danno patito dal terzo mediato dalla lesione di una situazione giuridica soggettiva(25), v’è almeno un caso, rilevante per l’indagine che si sta svolgendo, in cui effettivamente potrebbe ammettersi l’esistenza di un illecito civile verso i terzi: è il caso, contemplato dall’art. 76 dell’ordinamento del Notariato(26), della responsabilità del notaio nei confronti del terzo subacquirente che, a causa della nullità dell’atto pubblico rogato, abbia subito dei danni(27).
È evidente, infatti, che anche a volere escludere, pure in questo caso, l’esistenza in capo al terzo di un interesse giuridicamente rilevante, si sarebbe comunque in presenza di un danno meramente patrimoniale(28)risarcibile per esplicita previsione legislativa, come avviene mutatis mutandis per il danno da reato risarcibile ex art. 185 c.p., indipendentemente dal profilo dell’ingiustizia(29). Né potrà ipotizzarsi che il legislatore, nell’affermare all’articolo 76 che il notaio è tenuto al risarcimento dei danni «a norma di legge», abbia voluto subordinare il risarcimento alla presenza di tutti i presupposti della responsabilità extracontrattuale, ivi compreso quello dell’ingiustizia del danno, perché tale interpretazione non terrebbe conto della genesi storica dell’art. 76(30)e comunque svuoterebbe detta disposizione normativa di ogni valore, rendendola evidentemente inutile e superflua.
Se queste considerazioni sono plausibili, non può escludersi che il notaio il quale ometta di indagare la volontà delle parti nel rogare un atto pubblico possa incorrere in responsabilità aquilana nei confronti dei terzi stante la nullità ex art. 58, n. 4 dell’atto rogato in dispregio dell’art. 47, ultimo comma.
Una siffatta responsabilità non può invece configurarsi nella autenticazione della scrittura privata, non infrangendo il notaio che contravvenga all’obbligo contrattuale di svolgere l’indagine della volontà alcun dovere di carattere pubblicistico e non determinando tale trasgressione la nullità dell’atto notarile.
Passando poi al raffronto della indagine della volontà nell’atto pubblico e nella scrittura privata autenticata dal punto di vista deontologico, non v’è dubbio che l’omissione della stessa possa comportare l’applicazione di sanzioni disciplinari diverse a seconda che il relativo obbligo sia ricondotto all’art. 47, ultimo comma, oppure alla prestazione contrattuale.
Nel primo caso, come si è già evidenziato, il notaio potrà incorrere nella sospensione dai sei mesi ad un anno in virtù del combinato disposto degli artt. 47, ultimo comma e 138, 2° comma.
Nell’altro, il pubblico ufficiale sarebbe invece sanzionabile ai sensi dell’art. 136, legge notarile, e cioè con la censura o l’avvertimento, vale a dire con quelle assai meno gravi sanzioni che non sono correlate a specifiche violazioni, ma sono genericamente previste per tutti i casi in cui il pubblico ufficiale trasgredisca un proprio dovere.
3. Unitarietà della funzione notarile e applicabilità dell’art. 47, ultimo comma, legge notarile alla scrittura privata autenticata
La tesi che pone la prestazione contrattuale a fondamento della indagine della volontà nella scrittura privata autenticata è autorevolmente sostenuta.
Tuttavia ad una più attenta analisi essa non pare pienamente persuasiva perché non tiene conto del ruolo della scrittura privata autenticata nell’ambito della funzione notarile ed in particolare della sua sempre maggiore equiparazione, sul piano della disciplina, all’atto pubblico.
In questa prospettiva, come si argomenterà nelle pagine che seguono, risulta possibile estendere anche alla scrittura privata autenticata l’art. 47, ultimo comma.
Si è già evidenziato come caratteristica peculiare della funzione notarile sia quella di fungere da filtro di legalità alle convenzioni private onde consentire la stipula di negozi che non confliggano con l’ordinamento e che siano dotati di una certa stabilità, anche nell’interesse dei terzi che legittimamente, stante il crisma di ufficialità degli atti notarili, fanno affidamento su legittimità e certezza degli stessi.
La funzione notarile, come da tempo segnalano gli studiosi, ha senz’altro carattere unitario: l’esigenza che il notaio effettui un adeguato controllo sugli atti, sì da evitare di dare ingresso nell’ordinamento giuridico a negozi difettosi, è riferibile infatti sia agli atti pubblici che alle scritture private autenticate.
Basti pensare che anche la scrittura privata autenticata, tra le altre cose, è titolo idoneo per la trascrizione nei Registri immobiliari (art. 2657 c.c.), per l’iscrizione ipotecaria (art. 2835 c.c.) ed è dotata di piena efficacia probatoria ai sensi dell’art. 2702 c.c.
Proprio per questo, già prima che l’art. 12, comma 1, lett. a della legge 28 novembre 2005, n. 246 modificasse l’art. 28 della legge notarile, la dottrina maggioritaria riteneva che il divieto contenuto in tale articolo si applicasse anche alla scrittura privata autenticata, facendo leva proprio sulla unitarietà della funzione notarile(31).
Di recente non solo la L. 246/2005 ha esteso esplicitamente l’art. 28 alla scrittura privata autenticata, ma la disciplina dell’atto pubblico e quella della scrittura privata autenticata sono state ulteriormente avvicinate, prevedendosi che anche la scrittura privata autenticata debba essere conservata dal notaio, quantomeno allorché sia sottoposta a pubblicità immobiliare o commerciale(32), e che costituisca titolo esecutivo di natura stragiudiziale(33).
Alla luce di quanto precede risulta davvero poco convincente che l’art. 47, ultimo comma, debba applicarsi soltanto all’atto pubblico, particolarmente se, valorizzando la portata normativa di tale disposizione, si condivida la tesi in questa sede sostenuta e cioè che essa concorra nel controllo di legalità sugli atti notarili, riaffermando il ruolo del notaio quale garante della legalità e della certezza delle contrattazioni in relazione a tutte quelle “imperfezioni” contrattuali che esulano dall’art. 28.
In tale ottica, infatti, proprio perché l’art. 47, ultimo comma, si pone come norma fondamentale nella connotazione dell’attività del notaio, una visione unitaria della funzione notarile non dovrebbe tollerare la manifesta disparità di trattamento alla quale è sottoposta l’indagine della volontà nella scrittura privata autenticata che, in quanto fondata su di una mera prestazione contrattuale, è oggetto di un regime giuridico non solo diverso, ma soprattutto meno rigoroso.
Ed è significativo, in tal senso, che il Consiglio Nazionale del Notariato, nell’aggiornare nel 2008 i principi di deontologia professionale dei notai(34), abbia esteso anche alla autenticazione delle firme nella scrittura privata la norma che impone al notaio di svolgere quelle numerose attività nelle quali si sostanzia l’indagine della volontà (art. 42, 1° comma)(35), originariamente riferita ai soli atti pubblici(36).
Con ciò confermando che dalla progressiva equiparazione della scrittura privata autenticata all’atto pubblico non può rimanere esclusa, sotto il segno della unitarietà della funzione notarile, l’indagine della volontà.
Nella stessa direzione appare altresì sintomatico che con la circolare dell’11 ottobre 2011 il Consiglio Nazionale del Notariato, nell’indicare le linee guida per dare attuazione all’art. 11, 3° comma del D.lgs. 28/2010 in materia di mediazione civile(37), abbia richiamato il notaio non solo a svolgere il controllo di legalità sulla scrittura privata che si appresta ad autenticare, ma anche l’indagine della volontà delle parti.
Se non v’è ragione, dunque, per escludere l’applicazione dell’art. 47, ultimo comma, alla scrittura privata autenticata, ciò significa che l’obbligo di indagare la volontà delle parti assume, anche con riferimento ad essa, natura inderogabile, e che la violazione di tale obbligo può essere punita, come per l’atto pubblico, con la sanzione disciplinare della sospensione ex art. art. 138, 2° comma, anziché con la censura o l’avvertimento.
Suscita invece dei dubbi la possibilità di sanzionare con la nullità la scrittura privata che sia stata autenticata omettendo l’indagine della volontà.
L’art. 58, legge notarile, che al suo n. 4 prevede, come già rilevato, la nullità dell’atto pubblico rogato in violazione dell’art. 47, disciplina le cd. nullità formali dell’atto pubblico e cioè le nullità derivanti da inosservanza delle formalità prescritte per l’atto pubblico dalla legge notarile.
Ora, benché possa risultare poco convincente la collocazione della indagine della volontà tra i requisiti formali dell’atto pubblico(38), tanto più in una prospettiva di valorizzazione di tale attività quale profilo caratterizzante la funzione notarile, risulta nondimeno indubbio che tale esplicita sistemazione in seno alla legge notarile renda assai difficile estendere analogicamente la sanzione della nullità alla scrittura privata autenticata.
Vi osta, infatti, perlomeno nell’ottica tradizionale, la natura eccezionale delle prescrizioni formali ad substantiam, non suscettibili di estensione analogica ex art. 14 delle disposizioni preliminari del codice civile(39).
Il che, però, preme subito precisarlo, non sminuisce a nostro avviso l’importanza della estensione dell’art. 47, ultimo comma, alla scrittura privata autenticata(40), quantomeno per due ordini di motivi.
In primo luogo perché la nullità ex art. 58 n. verità è prescrizione completamente trascurata dalla prassi applicativa anche in materia di atto pubblico, non rinvenendosi nella casistica giurisprudenziale precedenti al riguardo né tantomeno precedenti in ordine alla responsabilità aquiliana del notaio verso terzi per violazione degli artt. 47, ultimo comma, e 58 n. 4.
In secondo luogo perché, in ogni caso, l’applicazione dell’art. 47, ultimo comma, rendendo inderogabile l’indagine della volontà ed implicando l’operatività della sanzione della sospensione per il caso di sua violazione, garantirebbe di per sé il massimo sforzo di diligenza da parte del notaio anche con riferimento alla scrittura privata autenticata.
E questo, per quanto in questa sede più interessa, anche sul terreno abbandonato dall’art. 28 e cioè in relazione a tutte quelle “imperfezioni” contrattuali che la giurisprudenza della Corte di Cassazione ritiene essere estranee all’ambito di applicazione di tale disposizione normativa.
Con l’estensione dell’art. 47, ultimo comma, alla scrittura privata autenticata, insomma, permarrebbero sì delle disparità di regolamentazione astratta rispetto alla disciplina dell’atto pubblico, ma queste non impedirebbero, grazie alla indagine della volontà, di rafforzare il ruolo del notaio in qualunque forma si esplichi la sua attività, all’insegna del principio della unitarietà della funzione notarile.
De iure condendo questo principio è comunque da valorizzare ulteriormente, con l’esplicita riconduzione della indagine della volontà nella scrittura privata autenticata all’art. 47, ultimo comma, e con l’eliminazione di ogni disparità quanto al regime di validità dell’atto redatto senza l’espletamento di essa.
(1) Il concetto dell’antiprocessualità dell’attività notarile è stato per la prima volta delineato da Francesco Carnelutti che, nell’ambito di una conferenza madrilena, pronunciò le seguenti celebri parole: «Si potrebbe affermare addirittura una antitesi fondamentale tra giudice e notaro: quanto più notaro tanto meno giudice (dove il più riferito al notaro va inteso non solamente in senso quantitativo, ma qualitativo!): quanto più consiglio del notaro, quanto più consapevolezza del notaro, quanto più cultura del notaro, tanto meno possibilità di lite, tanto meno bisogno del giudice», cfr. F. CARNELUTTI, «La figura giuridica del notaio», in Riv. trim. dir. proc. civ., 1950, p. 921 e ss., in part. p. 927 e ss. ove l’autore, prendendo in prestito l’espressione coniata da altro relatore della conferenza madrilena, tale dott. Palomino, parla di
«compito antiprocessuale» del notaio. Sulla funzione antiprocessuale del notaio v. anche G. BARALIS, «Atto pubblico e contrattazione semplificata», in Riv. not.,
1978, p. 693 e ss., in part. p. 698 e ss. Riconoscono altresì al notaio la funzione di prevenire le liti, N. LIPARI, «Il ruolo del notaio nella nuova realtà delle nullità contrattuali», in Riv. trim. dir. proc. civ., 2002, I, p.
361 e ss., in part. p. 378; S. MONTICELLI, «Il sistema delle nullità contrattuali e la funzione notarile» in
Notariato, 2010, p. 686 e ss., in part. p. 694; A. BECU,
«Clausole abusive e nullità di protezione: il ruolo del giudice e il ruolo del notaio», in Riv. not., 2010, 3, p. 665 e ss.
(2) In tal senso v. C. DONISI, L’art. 28: baricentro della funzione notarile, in XXXIX Congresso Nazionale del Notariato, Milano, 10 - 13 ottobre, Spontaneità del mercato e regole giuridiche. Il ruolo del notaio, a cura di P. Schlesinger, Milano, 2002, p. 297 e ss., che a p. 325 - 326 definisce l’art. 28 come il presidio che legittima il notaio ad espletare le indefettibili funzioni di custode e di creatore di diritto; G. CASU, Funzione notarile di autenticazione. La scrittura privata autenticata, in S. TONDO - G. CASU - A. RUOTOLO, Il documento, in Tratt. dir. civ. del Consiglio nazionale del Notariato, diretto da P. Perlingieri, Napoli, 2003, p. 29, ove si evidenzia come il ruolo dell’art. 28 sia quello di assecondare l’esercizio della funzione pubblica del notaio; F. ANGELONI, La responsabilità del notaio, Padova, 1990, p. 13.
(3) Fino al 1997 la giurisprudenza della Corte di Cassazione dava dell’art. 28 legge notarile una lettura estensiva, finalizzata a far coincidere l’area degli atti non ricevibili con quella degli atti comunque colpiti da “imperfezioni” e cioè non solo da nullità ma anche da annullabilità ed inefficacia. In verità, le sentenze sulla estensione dell’art. 28 ai casi di inefficacia del contratto sono sporadiche e concernono, per lo più, la vendita di beni sottoposti a pignoramento, non opponibile, ex art.
2913 c.c., ai creditori, si veda, ad esempio, Cass., 11 marzo 1964, n. 525, in Foro it., 1964, I, c. 960 e ss. Senz’altro più numerose le pronunce che affermavano l’applicabilità dell’art. 28 legge notarile agli atti annullabili, tra le altre, cfr. Cass., 10 novembre 1992, n. 12081, in Vita not, 1993, p. 950 e ss., concernente un contratto concluso con se stesso, annullabile ex art. 1395 c.c.; Cass., 19 novembre 1993, n. 11404, in Riv. not., 1993, II, p.
1231; relativamente ai contratti annullabili perché stipulati in violazione dell’art. 54 reg. not., cfr. Corte Appello Napoli, 11 luglio 1986, in Riv. not., 1987, I, p. 557 e ss.; Corte Appello Firenze, 25 giugno 1981, in Vit. not.,
1982, I, p. 389 e ss.; Trib. Reggio Emilia, 3 dicembre 1980, in Riv. not., 1981, p. 188 - 189. Com’è noto, il revirement si è avuto con la sentenza Cass., 11 novembre 1997, n.
11128, in Not., 1998, p. 7 e ss., peraltro già anticipato dalle corti di merito, v. Trib. Firenze, 29 ottobre 1987, in Vita not., 1988, II, p. 600 e ss.; Trib. Termini Imerese, 20 gennaio 1987, in Vita not., 1987, I, p. 385 e ss.; Trib. Taranto, 2 maggio 1988, in Riv. not., 1989, II, p. 642 e ss. La sentenza della Corte di Cassazione n. 11128/1997 ha statuito che il divieto ex art. 28 legge notarile, riferendosi soltanto agli atti vietati a tutela di un interesse superiore, si applica solo alle ipotesi di nullità previste dall’art. 1418 c.c., dovendosi escludere gli atti annullabili, inefficaci o colpiti da nullità relativa, che non tutelano ragioni di interesse pubblico. Successivamente si sono avute pronunce conformi: si vedano, ex pluribus, Cass., 19 febbraio 1998, n. 1766, in Riv. not., 1998, p. 704 e ss.; Cass.,7 aprile 1998, n. 3560, in Riv. not., 1999, I, p. 180 e ss.; Cass., 4 maggio 1998, n.
4441, in Riv. not., 1998, p. 717 e ss.; Cass., 1° febbraio
2001, n. 1394, in Riv. not., 2001, II, p. 892 e ss.; Cass., 7 novembre 2005, n. 21493, in Giust. civ. Mass., 2005, fasc.
11, p. 2475; Trib. Torino, 6 ottobre 2006, in Redazione
Giuffrè, 2006; Cass., 14 febbraio 2008, n. 3526, in Vita not.,
2009, 2, p. 715 e ss., con nota di G. La Marca.
(4) Così C. DONISI, L’art. 28: baricentro della funzione notarile, in XXXIX Congresso Nazionale del Notariato, cit., p. 304 e ss. Ritiene che solo la rivalutazione dell’art. 28 legge notarile possa preservare la funzione pubblica del notaio G. PERLINGIERI, «Funzione notarile e clausole vessatorie. A margine dell’art. . 16 febbraio 1913, n. 89», in Rass. dir. civ. 2006, 3, p. 804 e ss., in part. 828.
(5) La tesi interpretativa affermata dalla Corte di Cassazione fin dalla citata sentenza n. 11128/1998 può senz’altro dirsi consolidata nella giurisprudenza. Nella dottrina, al contrario, il dibattito sulla ricostruzione dell’ambito applicativo dell’art. 28 legge notarile è tutt’oggi vivacissimo. Per quanto non sia questa la sede per analizzare con approfondimento critico la questione, pare comunque opportuno ricordare come numerose siano le posizioni discordanti con la soluzione esegetica prospettata dai giudici di legittimità. Per A. GENTILI, «Atti notarili “proibiti“ e sistema delle invalidità», in Riv. dir. priv., 2005, p. 255 e ss., in part. 269 e ss. l’orientamento giurisprudenziale de quo sarebbe contraddittorio: se il divieto ex art. 28 viene applicato, oltre che agli atti illeciti, anche agli atti nulli per difetto di funzionalità (nullità strutturali e formali), sarebbe incoerente non estenderlo agli atti annullabili, inefficaci o colpiti da nullità relativa. Se si volesse davvero mettere l’accento sulla necessità di tutelare un interesse superiore, solo gli atti nulli per illiceità dovrebbero essere colpiti dal divieto ex art. 28; in sostanza, ponendo a fondamento dell’art. 28 legge notarile la tutela di un interesse generale, solo gli atti illeciti dovrebbero ritenersi vietati, spettando poi alla responsabilità civile regolare gli altri casi. Già N. IRTI, Ministero notarile e rischio giuridico dell’atto, in Notariato tra istituzioni e società civile, Atti del Convegno di studi tenuto a Napoli nei giorni 24 - 25 novembre 1995, Milano,
1996, p. 247 e ss., faceva coincidere la sfera degli atti proibiti con quella degli atti illeciti. Secondo G. SERPI,
«Atti vietati e nullità formali», in Riv. not., 2000, p. 611 e ss., in part. 613 e ss., esulerebbero comunque dall’ambito di applicazione dell’art. 28 gli atti colpiti da nullità formali ex art. 58 legge notarile. Preme altresì aggiungere come ancora tutta da definire sia la questione, di più recente rilevanza, concernente le cd. nullità di protezione. Sull’argomento del CNN ha richiesto ed approvato due autorevoli pareri: S. MONTICELLI, Considerazioni in tema di nullità parziale, regole di comportamento e responsabilità del notaio, in CNN Notizie, 3 giugno 2009; M. NUZZO, Nullità speciali e responsabilità del notaio, in CNN Notizie, 26 novembre
2008. Sul tema si vedano, ex pluribus, S. PAGLIANTINI, La responsabilità disciplinare del notaio tra nullità parziale, relatività della legittimazione e nullità inequivoca: a proposito di Cass. n. 24867/2010 e Cass. n. 5913/2011, in Il diritto vivente nell’età dell’incertezza. Saggi su art. 28 L.N. e funzione notarile oggi, a cura di S. Pagliantini, Torino,
2011, p. 57 e ss.; A. GENTILI, «Nullità di protezione e ruolo del notaio», in Riv. not., 2010, p. 285 e ss., con ampi riferimenti bibliografici sulle diverse posizioni dottrinali (p. 293 e ivi note 27 e 28); S. MONTICELLI, «Il sistema delle nullità contrattuali e la funzione notarile», cit., p. 686 e ss.
(6) Così R. LENZI, Funzione e responsabilità del notaio nell’età dell’inquietudine, in Il diritto civile tra principi e regole, I, a cura di F.D. Busnelli, Milano, 2009, p. 605 e ss., in part. 607 e ss.; A. CASU, «In tema di responsabilità professionale del notaio», in Riv. not., 2009, 6, p. 1511 e ss., in part. p. 1516 e ss.; G. PETRELLI,
«L’indagine della volontà delle parti e la “sostanza”
dell’atto pubblico notarile», in Riv. not., 2006, p. 29 e ss.;
ID., «Atto pubblico e scrittura privata autenticata: funzione notarile e responsabilità», in Riv. not., 1994, II, p. 1422 e ss., in part. 1426 e ss.; F. ANGELONI, La responsabilità civile del notaio, I grandi orientamenti della giurisprudenza civile e commerciale, diretto da F. Galgano, Padova, 1990, p. 7 e ss.; G. A. M. TRIMARCHI, Appunti sulla responsabilità del notaio, www.personaedanno.it/csm/ data/articoli/018558.ospx/ p. 10; G. BARALIS, «Atto pubblico e contrattazione semplificata», cit., p. 702 e ss. In tal senso, pur non correlando tale connotazione dell’attività notarile all’art. 47, ultimo comma legge notarile, anche S. PAGLIANTINI, La responsabilità disciplinare del notaio tra nullità parziale, relatività della legittimazione e nullità inequivoca: a proposito di Cass. n.
24867/2010 e Cass. n. 5913/2011, cit., p. 58; P. RESCIGNO, Interesse all’atto del notaio rogante e nullità negoziale, in Scritti in onore di Guido Capozzi, Milano, 1992, p. 1051 e ss.; S.G. BONILINI, «Le clausole contrattuali cd. di stile», in Riv. trim. dir. proc. civ., 1979, p. 1190 e ss., in part.
1256; N. IRTI, Ministero notarile e rischio giuridico dell’atto,
in Notariato tra istituzioni e società civile, cit., p. 201 e p.
209; G. PERLINGIERI, «Funzione notarile e clausole vessatorie …», cit., p. 815 - 816; S. SATTA, «Poesia e verità nella vita del notaio», in Riv. dir. proc., 1955, p. 265 e ss., in part. 268.
(7) Correlano espressamente le due disposizioni normative S. MONTICELLI, «Il sistema delle nullità contrattuali e la funzione notarile», cit., p. 691; G. CASU, Funzione notarile di autenticazione, cit., p. 29.
(8) La disposizione normativa de qua è stata sicuramente trascurata sia dalla applicazione giurisprudenziale (non si rinvengono precedenti al riguardo) sia dalla dottrina. Coloro che si sono occupati del tema delle invalidità notarili non hanno però dubbi che dalla mancata indagine della volontà delle parti scaturisca la nullità dell’atto pubblico. Così E. PACIFICO, Le invalidità degli atti notarili, Milano, 1992, p. 117 e ss.; S. TONDO, «Sulla nullità dell’atto notarile», in Riv. not., p. 851 e ss., in part. p. 860 - 861; M. DI FABIO, Manuale di notariato, 2° ed., Milano, 2007, p. 300; G. PETRELLI, Atto pubblico e scrittura privata autenticata: funzione notarile e responsabilità, cit., p. 1427. Si tratta peraltro di una nullità formale, come tutte le altre previste dall’art. 58 legge notarile, e cioè di una nullità derivante da violazione delle formalità richieste per la redazione dell’atto pubblico; pertanto, qualora l’atto pubblico sia stato sottoscritto dalle parti, potrà essere convertito in scrittura privata ex art. 2701 c.c.
(9) L’art. 138, 2° comma, della legge notarile così recita: «È punito con la sospensione da sei mesi ad un anno il notaio che contravviene alle disposizioni degli articoli 27, 28, 29, 47, 48, 49 e 52-bis, comma 2».
(10) Pare opportuno precisare come per atti annullabili estranei all’art. 28 legge notarile non possano comunque intendersi, a nostro avviso, i contratti stipulati con dolo, violenza o da soggetto incapace di intendere o di volere posto che, potendo tali fattispecie integrare anche ipotesi delittuose (ad esempio la truffa, la violenza privata, la circonvenzione di incapace), l’atto che rogasse il notaio potrebbe comunque risultare contrario all’ordine pubblico. Rileva G. DE NOVA, «Gravità del comportamento del notaio e sanzione disciplinare: a proposito dell’art. 28 legge notarile», in Riv. dir. priv., 2005, p. 281 e ss., in part. p. 282, che fonda la responsabilità disciplinare del notaio sulla gravità del comportamento tenuto, come risulti difficile escludere l’applicabilità dell’art. 28 al contratto concluso in forza di tangente, probabilmente annullabile per dolo e non nullo, oppure al contratto concluso in forza di truffa, anch’esso annullabile per dolo e non nullo. Nello stesso ordine di idee sostiene l’applicabilità dell’art. 28 al contratto annullabile per violenza morale o incapacità naturale anche R. QUADRI, Nullità di protezione ed art. 28 della legge notarile, in Le forme della nullità, a cura di S. Pagliantini, Torino, 2009, p. 137 e ss., in part. 143 - 144. È noto, peraltro, come certa giurisprudenza della Corte di Cassazione ritenga nullo il contratto concluso con circonvenzione di incapace, v. Cass., 20 settembre
1979, n. 4824, in Foro it., 1980, I, c. 2860 e ss.; Cass., 29 ottobre 1994, n. 8948, in Corr. giur., 1995, c. 217 e ss.; Cass., 27 gennaio 2004, n. 1427, in Contratti, 2005, p.
997 e ss. Vero è, semmai, che i vizi della volontà difficilmente potranno risultare in maniera inequivoca, cosicché sarebbe l’irriconoscibilità ad esimere il notaio dalla responsabilità disciplinare. Ed è significativo in tal senso che la casistica giurisprudenziale - anteriore al revirement del 1997 - sull’applicabilità dell’art. 28 alla annullabilità abbia riguardato essenzialmente la violazione dell’art. 54 reg. not. Si vedano al riguardo, oltre alle sentenze già citate alla nota 3, Cass., 21 aprile 1983, n. 2744, in Vita not., 1983, II, p.
1739 e ss. sulla accettazione di una eredità devoluta al minore senza l’autorizzazione del giudice tutelare; Trib. Napoli, 4 aprile Giust. civ., 1986, II, 2, p. 2929 e ss. sul contratto del rappresentante con se stesso; Trib. Firenze, 10 febbraio Vita not., 1982, I, p. 389 - 390 sulla accettazione dell’eredità con beneficio di inventario eseguita dal genitore senza la preventiva autorizzazione del giudice delegato; Trib. Reggio Emilia, 3 dicembre Vita not., 1981, p. 356 - 357 sulla vendita di un bene di proprietà di un interdetto rappresentato dal tutore non autorizzato al compimento di tale atto. Già in passato, peraltro, alcune pronunce di merito avevano negato il collegamento tra l’art. 54 reg. not. e l’art. 28 legge notarile, v. Trib. Taranto, 2 maggio Riv. not., 1989, II, p. 642 e ss.; Trib. , 1° aprile 1987, ivi, I, p.
557 e ss.; Trib. Firenze, 29 ottobre Vita not., 1988, p. 578; App. Napoli, 2 dicembre Dir. giur., 1983, I, p. 161 e ss.
(11) A far data dalla già menzionata pronuncia della Corte di Cassazione, 11 novembre 1997, n. 11128, cit., per atto espressamente proibito ex art. 28 si ritiene l’atto inequivocamente nullo, anche per effetto di un consolidato orientamento giurisprudenziale e dottrinale. Come tuttavia sottolinea A. GENTILI, «Atti notarili “proibiti” e sistema delle invalidità», cit., p. 264, vi sono talvolta fattispecie di nullità la cui riconoscibilità non presenta problemi di interpretazione legale, ma problemi di accertamento del fatto (v., a titolo esemplificativo, la ricorrenza dei motivi illeciti determinanti e comuni o di una frode alla legge; la sussistenza di una intesa restrittiva della concorrenza ecc.). Per tale ragione, ad avviso dell’autore (cfr. p.
267), l’applicabilità dell’art. 28 dovrebbe essere esclusa anche nel caso di irriconoscibilità del fatto, non potendo certo il notaio fare il detective.
(12) Nella motivazione della sentenza Cass. 11 novembre 1997, n. 11128 cit., si legge testualmente: «Nell’ipotesi di sussistenza degli estremi per l’annullabilità o inefficacia dell’atto, ma non della nullità assoluta dello stesso, rimane pur sempre a carico del notaio l’obbligo di avvertire le parti dell’esistenza di detto vizio, per quella che è stata definita la funzione “antiprocessuale” del notaio, avente ad oggetto la certezza dei rapporti giuridici, alla cui tutela è essenzialmente preordinata la funzione del notaio: egli, infatti, non è passivo strumento di nuda registrazione delle dichiarazioni delle parti, ma pubblico ufficiale obbligato ad operare perché non sia turbata la certezza dei rapporti giuridici. Tali funzioni ed obbligo del notaio emergono dall’art. 1 della L. n. 89 -
1913, che individua detta funzione nell’attribuzione della “pubblica fede” agli atti da lui redatti (mentre sarebbe riduttivo, come pure fa parte della dottrina, ritenere che con tale locuzione il legislatore abbia inteso fare riferimento al concetto di pubblica fede di cui all’art. 2699 c.c., tenuto conto del diverso contesto normativo in cui l’espressione è utilizzata). La mancanza di detto avvertimento renderà il notaio sanzionabile a norma dell’art. 136 L.N., e cioè con le sanzioni della censura o dell’avvertimento, cioè con quelle sanzioni che non sono comminate per violazioni specificamente indicate, ma genericamente per le mancanze ai propri doveri da parte dei notai (oltre all’eventuale responsabilità civile)».
(13) L’art. 47 statuisce: «L’atto notarile non può essere ricevuto dal notaio se non in presenza delle parti e, nei casi previsti dall’art. 48, di due testimoni. Il notaio indaga la volontà delle parti e sotto la propria direzione e responsabilità cura la compilazione integrale dell’atto».
(14) V., a titolo esemplificativo, gli artt. 137, 1° e 2° comma e 142, lettera b della legge notarile.
(15) In quest’ottica non appare dunque condivisibile quanto si legge in A. GENTILI, «Nullità di protezione e ruolo del notaio», cit., p. 300, ove si afferma che il notaio, quando agisce in assistenza alle parti, è professionista e gli si addice una responsabilità civile e non disciplinare. G. BARALIS, Atto pubblico e contrattazione semplificata, cit., p. 698 - 699, distingueva tra la funzione di adeguamento necessario, riconducibile alla pubblica funzione del notaio ed inquadrabile nell’art.
47, ultimo comma legge notarile, e l’attività di consulenza svolta dal notaio dietro uno specifico incarico delle parti (la cd. funzione di adeguamento facoltativo), rilevante esclusivamente sul piano della responsabilità civile.
(16) Proprio G. BARALIS, Atto pubblico e contrattazione semplificata, cit., p. 699, nota 14, sosteneva che la rivalutazione della funzione notarile può essere sviluppata secondo due vie: o espandendo la portata dell’art. 28 L. n. o riscoprendo e approfondendo la portata dell’art. 47, ultimo comma legge notarile. Auspica una rivalutazione dell’art. 47 legge notarile anche R. LENZI, Funzione e responsabilità del notaio nell’età dell’inquietudine, cit., p. 610 e ss.
(17) Così G. PETRELLI, «L’indagine della volontà delle parti e la “sostanza” dell’atto pubblico notarile», cit., p. 34; ID., «Atto pubblico e scrittura privata autenticata: funzione notarile e responsabilità», nota a Cass., 22 marzo 1994, n. 2699, in Riv. not., 1994, II,pp. 1422 e ss., in part. p. 1426 e ss. Esclude l’applicabilità dell’art. 47, ultimo comma, legge notarile alla scrittura privata autenticata anche U. , La responsabilità professionale del notaio. Profili di responsabilità civile e penale del pubblico ufficiale, Torino, 2003, p. 76 e ss.
(18) G. PETRELLI, «L’indagine della volontà delle parti e la “sostanza” dell’atto pubblico notarile», cit., p. 34.
(19) Sul piano generale ritiene che il principio della buona fede oggettiva sia derogabile in relazione alle sue singole applicazioni concrete, V. ROPPO, Il contratto, in Tratt. dir. priv., a cura di G. Iudica e P. Zatti, 2° ed., Milano, 2011, p. 467. Si vedano, relativamente al più specifico tema delle visure ipocatastali, Cass., 1° dicembre 2009, n. 25270, in Nuova giur. civ. comm., 2010, p. 628 e ss.; Cass., 29 novembre 2007, n. 24939, in Vita not., 2008, I, p. 353 e ss.; Cass., 31 maggio 2006, n. 13015, in Vita not., 2006, 3, p. 1512 e ss.; Cass., 16 marzo
2006, n. 5868, in Vita not., 2006, 1, p. 379 e ss.; Cass., 23 luglio 2004, n. 13825, in Vita not., 2004, I, p. 1724 e ss.; Cass., 18 gennaio 2002, n. 547, in Vita not., 2002, p. 496 e ss.; Cass., 18 ottobre 1995, n. 10842, in Vita not., 1996, II, p. 881 e ss. La vicenda relativa alle visure ipocatastali pare significativa perché, come osserva A. CASU, «In tema di responsabilità professionale del notaio», cit., p. 1516, nell’obbligo di indagare la volontà delle parti rientra senza dubbio anche l’esatta individuazione del bene compravenduto. In quest’ottica non è pertanto condivisibile quell’indirizzo di pensiero che, trascurando del tutto il disposto dell’art. 47, ultimo comma, sostiene che anche nell’atto pubblico l’obbligo di procedere alle visure ipocatastali debba essere ricondotto alla buona fede oggettiva, anziché alla legge notarile, così V. ROPPO, La responsabilità professionale del notaio, in Dieci lezioni di diritto civile, raccolte da G. Visintini, Milano,
2001, p. 147 e ss., in part. 150 e ss.
(20) Ancora G. PETRELLI, «L’indagine della volontà delle parti e la “sostanza” dell’atto pubblico notarile», cit., p. 35.
(21) L’art. 29, comma 1-bis così recita: «Gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all’identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. La predetta dichiarazione può essere sostituita da una attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei Registri immobiliari».
(22) Così Cass., 23 dicembre 2004, n. 23934, in Obbl. e contr., 2005, p. 30 e ss.; Cass., 17 giugno 1999, n. 6018, in Notariato, 2000, p. 231 e ss.; Cass., 22 marzo 1994, n. 2699, in Riv. not., 1994, II, con nota di G. PETRELLI, Atto pubblico e scrittura privata: funzione notarile e responsabilità, cit., p. 1422 e ss.
(23) La tesi è esplicitata da G. D’AMICO, Nullità virtuale - Nullità di protezione, in Le forme della nullità, cit., p. 1 e ss., in part. p. 8, secondo il quale il principio di separazione tra regole di validità e regole di comportamento affermato dalle Sezioni unite della Corte di Cassazione nella nota sentenza 19 dicembre 2007, n. 26724, in Corr. giur., 2008, p. 223 e ss., deve intendersi nel senso che non è possibile derivare l’invalidità di un contratto dalla violazione di una regola di mero comportamento, ovverosia dalla violazione di una regola di correttezza o di un’altra regola generale di condotta (ad: ragionevolezza, trasparenza, onestà, ecc.). Sulla distinzione tra regole di validità e regole di comportamento v. anche C. SCOGNAMIGLIO, Regole di validità e regole di comportamento: i principi ed i rimedi, in Studi in onore di Marco Comporti, a cura di S. Pagliantini, E. Quadri e D. Sinesio, III, Milano, 2008, p. 2469 e ss.
(24) In tal senso L. SILIQUINI CINELLI, La responsabilità civile del notaio, Milano, 2011, p. 53; A. CASU, «In tema di responsabilità professionale del notaio», in Riv. not., 2009, 6, p. 1511 e ss., in part. p. 1514; F. MARTNI, A. MAZZUCCHELLI, M. RIDOLFI, E. VIVORI, La responsabilità civile del professionista, Torino, 2007, p. 97; M. DI FABIO, Manuale di notariato, cit., p. 366; G. MUSOLINO, La responsabilità dell’avvocato e del notaio, Milano, 2005, p. 190 e ss.; F. ANGELONI, La responsabilità civile del notaio, cit., p. 91 e ss.; G. P. MONATERI, La responsabilità civile, in Tratt. dir. civ., Le fonti delle obbligazioni, 3, diretto da R. Sacco, Torino, 1998, p. 779; G. ALPA, «Aspetti attuali della responsabilità del notaio», in Riv. not.,
1984, p. 989 e ss.; G. CATTANEO, La responsabilità del professionista, Milano, 1958, p. 129 e ss. La casistica giurisprudenziale circa la responsabilità aquiliana del notaio nei confronti del terzo è però modesta e spesso datata. Alcune pronunce concernono la responsabilità del notaio per la pubblicazione illegittima di protesti, v. Trib. Napoli, 16 giugno 1988, in Borsa banca tit. cred., 1988, p. 504 e ss.; Trib. Catania, 8 agosto 1960, in Giur. it., 1960, I, c. 56 e ss.; App. Milano, 8 maggio
1956, in Foro pad., 1957, c. 733 e ss. Altre pronunce riguardano i danni derivanti da falsa attestazione di identità, così Trib. Roma, 18 febbraio 1982, in Foro it.,
1983, I, 1, c. 1114 e ss.; App. Roma, 4 febbraio 1957, in Foro pad., 1957, c. 1386 e ss. Altre ancora affermano la responsabilità del notaio verso terzi per la nullità dell’atto da lui rogato, cfr. Cass., 16 febbraio 1957, n.
553, in Giust. civ., 1957, I, 1, p. 812 e ss.; App. Catanzaro,
17 ottobre 1953, in Foro pad., 1953, c. 83 e ss.
(25) Esclude radicalmente che il notaio possa essere chiamato a risarcire il danno subito dal terzo in conseguenza del suo operato per la mancanza di una situazione giuridica soggettiva lesa A. DE CUPIS, «La responsabilità civile del notaio», in Foro it., 1955, IV, c. 7 e ss., in part. 10 e ss.
(26) L’art. 76 legge notarile così recita: «Quando l’atto sia nullo per causa imputabile al notaro, o la spedizione della copia dell’estratto o del certificato non faccia fede per essere regolare, non sarà dovuto alcun onorario, diritto o rimborso di spese. Negli accennati casi, oltre il risarcimento dei danni a norma di legge, il notaro deve rimborsare le parti delle somme che gli fossero state pagate».
(27) Interpreta in tal senso la norma citata F. CARRESI, «La responsabilità del notaro per la nullità degli atti da lui rogati», in Riv. dir. civ., 1956 p. 44 e ss., in part. 56.
(28) Per una ricostruzione d’insieme del danno meramente patrimoniale, con trattazione anche di profili comparatistici, v. F. TORTORANO, Il danno meramente patrimoniale, Napoli, 2001.
(29) Evidenzia A. DI MAJO, La tutela civile dei diritti, 3, 2°, Milano, 1993, p. 199 come anche il danno meramente patrimoniale possa essere risarcito purché sussistano criteri concreti che facciano apparire giustificata la risarcibilità del danno al patrimonio; uno di questi criteri è quello fornito dalla norma penale (v. art. 185 c.p.c.), altri si ricavano dall’art. 2395 c.c. sulla responsabilità dell’amministratore nei confronti del socio o del terzo oppure dall’art. 96 c.p.c. sulla responsabilità processuale aggravata (cd. lite temeraria). Nello stesso senso, C. CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile, Milano, 1997, p. 133; A. GABRIELLI, La responsabilità civile del notaio, in Il diritto privato nella giurisprudenza, a cura di P. Cendon, Torino, 1998, p. 515 e ss., in part. 552. Già in passato ammettevano la risarcibilità del danno meramente patrimoniale nel caso di espressa previsione normativa del risarcimento P. SCHLESINGER, «La “ingiustizia” del danno nell’illecito civile», in Jus, 1960, p. 339 e ss.; R. SACCO, «L’ingiustizia di cui all’art. 2043», nota a App. Palermo, 11 giugno
1960, in Foro pad., 1960, c. 1420 e ss., in part. 1438 e ss. Come rileva C. SCOGNAMIGLIO, «Prospettive europee della responsabilità civile e discipline di mercato», in Europa e dir. priv., 2000, p. 333 e ss., in part. p. 345 e ss., in tal modo il nostro ordinamento si avvicina al modello tedesco che al § 823, 2° comma BGB estende la tutela aquiliana agli interessi che non abbiano la veste di diritti soggettivi di cui al 1° comma della stessa disposizione normativa, ma siano oggetto di una specifica norma di protezione.
(30) Così F. CARRESI, op. ult. cit., p 56, secondo il quale la norma va interpretata logicamente, anche attraverso il metodo storico e quello comparativo, che mostrano come, anche sotto l’imperio della previgente legge notarile, che conteneva una norma sostanzialmente identica, e sotto l’imperio dei previgenti ordinamenti, ivi compresi quelli stranieri da cui il nostro è derivato, era ius receptum che il notaio dovesse rispondere per la nullità degli atti da lui rogati anche verso terzi. Tanto è vero, aggiunge l’autore, che quando nel 1913 fu riformata la legge notarile, si provvide ad una modificazione del testo legislativo al fine di chiarire il grado della responsabilità del notaio, ma non i suoi limiti oggettivi, essendosi ritenuto questo un punto pacifico.
(31) Cfr. S. TONDO, «Forma e sostanza dell’autentica», in Vita not., 1980, p. 280 e ss.; A. D’AMICO, «Legittimità degli atti negoziali portanti frazionamenti fondiari», in Vita not., 1983, p. 900 e ss., in part. p. 935 e ss.; G. GIRINO, «Le funzioni del notaio», in Riv. not., 1983, p. 1057 e ss., in part. p. 1083; C. DONISI, Abusivismo edilizio e invalidità negoziale, Napoli, 1986, p. 129 e ss.; P. BOERO, voce Autenticazione, in Dig. disc. priv., sez. civ., Torino, 1987, vol. I, p. 508 e ss., in part. p. 509; G. PETRELLI, Atto pubblico e scrittura privata autenticata, cit., p. 1423 e ss., in part. p. 1424 e ss.; S. PATTI, Prova documentale (artt. 2699 - 2720), in Commentario del codice civile Scialoja - Branca a cura di F. Galgano, Bologna - Roma, 1996, p. 89; G. CELESTE, «Trasparenza e funzione notarile», in Riv. dir. priv., 1999, p. 150 e ss., in
part. p. 165; S. SICA, Atti che devono farsi per iscritto (art.
1350), in Commentario Schlesinger diretto da F. D. Busnelli, Milano, 2003, p. 95; F. GERBO, «Nullità, articolo 28 della legge notarile e le responsabilità del Professionista», in Riv. not., 2003, p. 39 e ss., in part. 42.
(32) Così l’art. 72, 3° comma legge notarile come modificato dall’art. 12, 1° comma, lett. e, della legge 28 novembre 2005, n. 246.
(33) Vedi l’art. 474 c.p.c., come novellato dall’art. 2, 3° comma, lett. e, del D.l. 14 marzo 2005, n. 35 (convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80) nonché dall’art. 1 della legge 28 dicembre
2005, n. 263.
(34) L’aggiornamento dei principi di deontologia professionale dei notai è stato adottato con deliberazione del Consiglio Nazionale del Notariato n. 2/56 del 5 aprile 2008, con pubblicazione in Gazz. uff., 30 luglio 2008, n. 177.
(35) L’art. 42, 1° comma, dei principi di deontologia professionale dei notai recita testualmente: «Il notaio è tenuto, in particolare, a svolgere anche nell’autenticazione delle firme nelle scritture privare, in modo adeguato e fattivo le seguenti attività: a) informare le parti sulle possibili conseguenze della prestazione richiesta, in tutti gli aspetti della normale indagine giuridica demandatagli e consigliare professionalmente le stesse, anche con la proposizione di impostazioni autonome rispetto alla loro volontà e intenzione; b) proporre la scelta del tipo negoziale più adeguato alle decisione assunte dalle parti, accertandone la legalità e la reciproca congruenza, svolgendo le richieste attività preparatorie e dirigendo quindi la formazione dell’atto nel modo tecnicamente più idoneo per la sua completa efficacia e per la stabilità del rapporto che ne deriva; c) dare alle parti i chiarimenti richiesti o ritenuti utili a integrazione della lettura dell’atto per garantire ad esse il riscontro con le decisioni assunte e la consapevolezza del valore giuridicamente rilevante dell’atto, con speciale riguardo ad obblighi e garanzie particolari e a clausole di esonero o limitative di responsabilità, nonché agli adempimenti che possono derivare dall’atto, valendosi, per quest’ultimo aspetto, anche di separata documentazione illustrativa».
(36) Preme peraltro evidenziare come, ad avviso di certa dottrina, i principi deontologici dei notai siano vere e proprie norme giuridiche e non norme etiche, vincolanti per la categoria, così V. TENORE - G. CELESTE, La responsabilità disciplinare del notaio ed il relativo procedimento, Milano, 2008, p. 95 e ss.; G. CELESTE, «La deontologia professionale nel sistema delle fonti dell’ordinamento notarile», in Riv. not., 1997, II, p. 657 e ss., in part. p. 676 e ss.
(37) Recita l’art. 11, 3° comma del D.lgs. 28/2010 : «Se con l’accordo le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti previsti dall’articolo 2643 del codice civile, per procedere alla trascrizione dello stesso la sottoscrizione del processo verbale deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato».
(38) Assieme, tanto per esemplificare, alla necessità dei testimoni per le donazioni e le convenzioni matrimoniali ex art. 48 L. n. o alla necessità della lingua italiana ex art. 54 L.N.
(39) Nella dottrina più recente ritiene che le prescrizioni formali siano di natura eccezionale, ancorché sempre più numerose, V. ROPPO, Il contratto, cit., p. 206 e ss. È nota la diversa posizione di N. IRTI, Idola libertatis. Tre esercizi sul formalismo giuridico, Milano, 1985; ID., Dal falso principio di libertà delle forme. Strutture forti e strutture deboli, in La forma degli atti nel diritto privato, Studi in onore di M. Giorgianni, 1988, Napoli, p.
449 e ss. Secondo l’autore l’art. 1325 c.c. descriverebbe due strutture di contratto: una, che nasce dalla combinazione di tre elementi (accordo, causa ed oggetto), chiamata “struttura debole” ed un’altra, che nasce dalla combinazione di quattro elementi (accordo, causa, oggetto e forma), chiamata “struttura forte”. Il problema giuridico della forma si porrebbe soltanto in relazione alla “struttura forte”. Le norme sulla forma scritta ad substantiam non avrebbero pertanto carattere eccezionale perché l’eccezione postula una regola e qui non ci sarebbe alcuna regola rispetto alla quale potere configurare una eccezione. Contra: B. GRASSO, La forma tra “regola” ed eccezione. A proposito di un libro recente, in La forma degli atti nel diritto privato. Studi in onore di M. Giorgianni, 1988, Napoli, p. 433 e ss.,
secondo il quale se è vero che non esiste un principio di libertà della forma, è altrettanto vero che dall’art.
1325 c.c. si desumerebbe che tra la norma che esclude per la generalità dei contratti il requisito della forma e quella che invece lo prescrive vi è comunque un rapporto regola - eccezione. Ma si veda anche F. GAZZONI, Il contratto preliminare, 3° ed., 2010, Torino, p.
117 che argomenta la natura eccezionale delle prescrizioni formali dall’art. 1350 n. 13 c.c. che rinvia, in materia di forma vincolata, agli «altri atti specialmente indicati dalla legge». Escludono la natura eccezionale delle prescrizioni formali anche V. SCALISI, v., tra i suoi contributi più recenti, «Forma solenne e regolamento conformato: un ossimoro del nuovo diritto dei contratti?», in Riv. dir. civ., 2001, 3, p.
414 e ss; A. CATAUDELLA, I contratti. Parte generale, 3°
ed., Torino, 2009, p. 110 e ss.
(40) Pare opportuno sottolineare come l’impossibilità di estendere l’art. 58 n. 4 non contraddica la natura inderogabile dell’indagine della volontà nella scrittura privata autenticata: l’art. 47, ultimo comma, infatti, ha natura tassativa non tanto, o meglio non solo, per la previsione della nullità per il caso di sua violazione, quanto perché impone al notaio uno specifico dovere di comportamento di rilevanza pubblicistica correlato al suo ministero, la cui infrazione è punita sul piano disciplinare.
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