- capitolo XVI - l’atto notarile come strumento per la tutela esecutiva dei diritti
- capitolo XVI -
L’atto notarile come strumento per la tutela esecutiva dei diritti
di Antonio Maria Marzocco

1. L’atto notarile come titolo esecutivo

L’art. 474, comma 3, c.p.c., a seguito delle novelle del 2005(1), riconosce all’atto pubblico l’efficacia di titolo esecutivo non soltanto per le obbligazioni di somme di danaro da esso rappresentate, come avveniva in precedenza, ma anche ai fini dell’esecuzione per consegna o rilascio. Accanto all’atto pubblico è stata riconosciuta efficacia esecutiva, ma limitatamente alle obbligazioni di somme di danaro, anche alla scrittura privata autenticata. A tale autenticazione, com’è noto, può certamente provvedere il notaio; ed è probabile che proprio avendo riguardo a questa ipotesi (se si tiene conto di più o meno contemporanee modifiche apportate alla legge notarile(2)), l’originaria novella dell’art. 474 ad opera della L. 80/2005 consentiva di riconoscere la medesima efficacia anche alla scrittura privata autenticata(3). Soltanto l’intervento “correttivo” (se un errore effettivamente c’era!) operato dalla L. 263/2005, attraverso lo spostamento della scrittura privata autenticata dal n. 3 al n. 2 dell’art. 474, ha consentito di escluderla dal richiamo compiuto dal comma 3 del medesimo articolo (e quindi dal novero dei titoli esecutivi per la consegna o il rilascio). La scrittura privata autenticata, dunque, è titolo esecutivo soltanto per l’espropriazione forzata. Ma su questo tema si avrà modo di ritornare in seguito(4); per il momento oggetto dell’analisi deve essere l’atto pubblico notarile come titolo esecutivo.

1.1. Il fondamento dell’efficacia esecutiva dell’atto pubblico notarile: la fidefacienza

Il riconoscimento dell’efficacia esecutiva all’atto pubblico notarile è noto nelle sue origini, così come noti sono gli autorevoli studi sul tema(5). Altrettanto nota è l’efficacia probatoria privilegiata ad esso attribuita dall’art. 2700 c.c.(6), ma sin da questo momento si vuole accogliere la distinzione tra fidefacienza dell’atto pubblico ed efficacia probatoria privilegiata. Si conviene, infatti, con chi ha osservato che il fondamento dell’attribuzione dell’efficacia esecutiva all’atto pubblico notarile risiede nella fidefacienza che assiste questo atto e non nella sua efficacia probatoria privilegiata(7).
La fidefacienza dell’atto pubblico, vale a dire la pubblica fede che lo assiste (v. art. 2699 c.c.), si fonda sui controlli rimessi al pubblico ufficiale, ed in particolare al notaio, nel compimento dell’atto; l’efficacia probatoria privilegiata, invece, è l’efficacia probatoria attribuita all’atto dal legislatore, variabile nella sua estensione oggettiva in base all’estensione e al tipo di intervento del pubblico ufficiale (cfr. art. 2700 c.c. per l’atto pubblico; ed art. 2702 c.c. per la scrittura privata autenticata), ma pur sempre fondata sulle garanzie che l’intervento del pubblico ufficiale assicura e da cui discende, appunto, la fidefacienza.
Le garanzie che assicura il notaio, e che attribuiscono un particolare valore (o, se si vuole, un “plusvalore”) all’atto pubblico notarile quale titolo esecutivo, discendono sia dai controlli effettuati dal notaio durante la formazione dell’atto, che attribuiscono un «grado di certezza» più elevato al titolo esecutivo(8), sia dalla conservazione dell’atto da parte del notaio, a cui si connette, mediante il sistema della spedizione in forma esecutiva (art. 475 c.p.c.), la garanzia dell’unicità della copia esecutiva.
Lasciando al seguito dell’indagine gli approfondimenti sulla conservazione dell’atto e sulla spedizione in forma esecutiva, preme ora ricordare che la necessità di compiere determinati controlli nella formazione dell’atto pubblico discende per il notaio da precise disposizioni della legge notarile. In primo luogo, viene in esame l’art. 28, L. 16 febbraio 1913, n. 89, che nel testo modificato dalla L. 28 novembre 2005, n. 246 afferma, al n. 1, che il notaio «non può ricevere o autenticare atti» «se essi sono espressamente proibiti dalla legge, o manifestamente contrari al buon costume o all’ordine pubblico»(9); la norma, dunque, impone al notaio di compiere un controllo di legalità, che dovrebbe garantire la «validità formale e sostanziale dell’atto»(10). E poi vi sono le disposizioni che impongono al notaio di indagare la volontà delle parti e che, insieme alla norma precedente, gli impongono di esercitare, attraverso l’interpretazione, una funzione di adeguamento dell’atto(11), al fine di attibuire un’adeguata veste giuridica alle dichiarazioni e alle intenzioni delle parti, il che si traduce in una «funzione preventiva dell’incertezza»(12). Il riferimento è agli artt. 47, comma 2, e 58, comma 1, n. 4, L.N. Il primo (come sostituito dall’articolo 12, comma 1, della L. 28 novembre 2005, n. 246) afferma che il notaio «indaga la volontà delle parti e sotto la propria direzione e responsabilità cura la compilazione integrale dell’atto»(13); il secondo sanziona l’inosservanza di questa norma con la nullità dell’atto notarile.
Questo complesso di controlli preventivi dovrebbe fronteggiare «problemi di incapacità, vizi della volontà nonché la ipotetica divergenza tra volontà e dichiarazione»(14), il che non vuol dire che l’atto sarà assolutamente immune da vizi, ma di certo determina una seria riduzione del rischio(15).
Ai controlli preventivi e contestuali alla redazione dell’atto va aggiunta una «fase di controllo» successiva alla sua redazione. Questa fase di controllo è «affidata a comportamenti reciproci tra le parti e l’autore». Rientrano in questa attività, come è stato efficacemente descritto, «la lettura dell’atto da parte del notaio (art. 51, n. 8, L.N.) e i connessi doveri deontologici di informazione e chiarimento; la finale richiesta alle parti se l’atto “sia conforme alla loro volontà” (art. 67, comma 1, in fine, regolamento notarile); le sottoscrizioni delle parti, con la limitata funzione - rispetto ai documenti privati - di ulteriore attestazione della corrispondenza tra dichiarazione e sua riduzione in iscritto, restando le altre funzioni della sottoscrizione affidate alle attestazioni del notaio»(16).
Infine, l’atto pubblico si completa «con la sottoscrizione del notaio (art. 51, n. 10, L.N.) che garantisce l’autenticità dell’atto e di quanto è in esso contenuto. Con la propria sottoscrizione il notaio, per la auctoritas di cui è investito, “attribuisce” al documento la «pubblica fede» (art. 2699 c.c.; art. 1 L.N.)»(17). Questo insieme di controlli - preventivi, contestuali e successivi alla redazione dell’atto - spiega perché l’atto pubblico notarile sia dotato non soltanto dell’efficacia probatoria privilegiata che l’art. 2700 c.c. gli riconosce, ma anche di una particolare «attendibilità», che lo assiste al di fuori dell’oggetto dell’efficacia probatoria privilegiata(18).

1.1.1. (Segue) Il plusvalore dell’atto pubblico notarile quale titolo esecutivo

Questo sistema di controlli e la conseguente fidefacienza che assiste l’atto pubblico notarile non soltanto fondano il suo riconoscimento come titolo esecutivo, ma gli attribuiscono anche una sorta di plusvalore tra i titoli esecutivi stragiudiziali, che ne giustifica l’efficacia esecutiva più ampia.
Si è autorevolmente osservato che se è vero che spetta alla discrezionalità del legislatore l’individuazione dei titoli esecutivi, tuttavia tale compito è «estremamente delicato», perché tale scelta si può rivelare uno «spreco di attività». In particolare, «l’obiettivo di realizzare un’economia di attività» attraverso il riconoscimento di un titolo esecutivo stragiudiziale «si realizza se ed in quanto l’evenienza di un’opposizione sia improbabile, e quindi se ed in quanto l’atto al quale sia conferita l’efficacia di titolo esecutivo sia tale da far apparire improbabile l’opposizione del debitore»(19). Il diverso grado di certezza offerta dal titolo esecutivo, ed è ben noto come il concetto di certezza di cui all’art. 474 c.p.c. sia eminentemente variabile, incide sul grado di vulnerabilità del titolo esecutivo ad un’opposizione all’esecuzione. L’atto pubblico notarile, tra gli atti pubblici, è in grado di garantire, in ragione dei controlli effettuati dal notaio, un migliore equilibrio tra la celerità nella realizzazione (forzata) del diritto, perseguita attraverso l’introduzione di questo titolo esecutivo stragiudiziale, e la probabilità di un’opposizione all’esecuzione, perché assicura un livello più elevato di “certezza” sull’esistenza del diritto(20). Si ha pur sempre riguardo, tuttavia, all’esistenza in astratto del diritto rappresentato; un controllo preventivo (rispetto all’inizio dell’esecuzione) sull’esistenza in concreto del diritto potrebbe essere realizzato, entro certi limiti, valorizzando l’istituto della spedizione in forma esecutiva, altrimenti il controllo non può che restare confinato all’eventuale giudizio di opposizione all’esecuzione.

2. La necessità della spedizione in forma esecutiva

La circostanza che il notaio custodisce l’originale dell’atto pubblico(21)comporta che quest’ultimo, per valere come titolo esecutivo, deve essere munito della formula esecutiva, ai sensi dell’art. 475, comma 1, c.p.c. Ciò garantisce l’unicità della copia esecutiva. L’art. 476, comma 1, fissa infatti un preciso limite: non più di una copia in forma esecutiva alla stessa parte senza giusto motivo, pena una sanzione pecuniaria da 1.000 a 5.000 euro (cfr. art. 476, comma 4, c.p.c.)(22). Del rilascio della copia in forma esecutiva potrà essere conservata traccia mediante annotazione della spedizione a margine dell’originale dell’atto.
Il rilascio della copia esecutiva compete al notaio che ha rogato l’atto (finchè risiede nel distretto dello stesso Consiglio notarile e continua nell’esercizio del Notariato). Una giurisprudenza, ancora attuale anche se risalente, ha affermato che «la notificazione del titolo esecutivo costituito da atto ricevuto da notaio non è validamente effettuata, per gli effetti previsti dall’art. 479 c.p.c., con una copia rilasciata da notaio diverso da quello che ha rogato l’atto conservandone l’originale, perché l’art. 67, L. 16 febbraio 1913, n. 89 riserva solo a quest’ultimo la competenza a rilasciarne copia autentica e l’art. 14, L. 4 gennaio 1968, n. 15 consente al notaio solo il rilascio di copia di atti a lui presentati in originale»(23). Il notaio rogante, pertanto, non può rifiutare la spedizione in forma esecutiva, che presuppone, come si dirà, soltanto un controllo di regolarità formale; nell’ipotesi di rifiuto la parte interessata può ricorrere al presidente del tribunale in base al disposto dell’art. 476 c.p.c.(24).
Si è delineato, tuttavia, un contrasto risalente e che non trova nella giurisprudenza edita interventi più recenti. La questione consiste nell’individuare chi sia abilitato a rilasciare copie della copia esecutiva dell’atto pubblico notarile. Mentre una pronuncia ha ritenuto che il creditore può legittimamente chiedere il rilascio di copie al notaio rogante, perché «la copia redatta dall’ufficiale giudiziario non può assurgere al valore di copia legale ed autentica»(25), un’altra pronuncia ha invece affermato che «il notaio, in qualità di depositario dell’originale di un atto pubblico, può legittimamente rifiutarsi di rilasciare copie della copia rilasciata in forma esecutiva, in quanto tali copie possono essere fatte dall’ufficiale giudiziario notificante»(26). Dal momento che si tratta di formare la copia della copia rilasciata in forma esecutiva, e visto che sulla prima sarà dato atto della sua natura di copia della copia esecutiva, senza il rischio che sia aggirata la garanzia dell’unicità del titolo in forma esecutiva che si intende perseguire attraverso l’istituto della spedizione, non sembra che la formazione della copia debba essere necessariamente riservata al notaio.

2.1. Il limite del controllo formale per la spedizione in forma esecutiva

Al di là di questi aspetti, che attengono alla competenza al rilascio della copia con formula esecutiva e alla formazione di copie della copia rilasciata in forma esecutiva, appare più interessante, e momento per qualche nuova riflessione, approfondire il tipo di controllo che il notaio deve compiere per poter rilasciare la copia con la formula esecutiva.
La spedizione in forma esecutiva realizza prioritariamente il fine di garantire l’unicità della copia esecutiva del titolo(27). Al di là di questo fine, la spedizione ha un valore limitato, perché il controllo devoluto al notaio, così come quello di competenza del cancelliere, è soltanto un controllo di regolarità formale dell’atto. In sostanza, si applica quanto stabilito, rispetto al cancelliere, dall’art. 153, comma 1, disp. att. c.p.c., che limita il controllo alla “perfezione formale” della sentenza (o altro provvedimento del giudice)(28), con l’effetto che eventuali vizi relativi alla spedizione in forma esecutiva vanno dedotti con l’opposizione ex art. 617 c.p.c.(29). Il notaio, di conseguenza, dovrebbe soltanto controllare che l’atto rientri tra quelli previsti come titolo esecutivo dalla legge (nella specie l’atto pubblico), la legittimazione della persona che chiede il rilascio della copia, l’assenza di una precedente spedizione in forma esecutiva ed al più che il diritto rappresentato sia astrattamente idoneo ad essere eseguito forzatamente (per es. il diritto al pagamento una somma di danaro ed ora anche il diritto alla consegna o al rilascio di un bene), ma senza alcun controllo sull’effettiva esistenza ed esigibilità del credito(30).
Al momento l’influsso del consolidato indirizzo che, sulla base dell’art. 153 cit., attribuisce alla spedizione in forma esecutiva della sentenza ad opera del cancelliere il valore di un controllo di sola perfezione formale appare troppo forte. Nulla, quindi, deve compiere il notaio al fine di verificare l’attuale esistenza del credito, con l’effetto che la difesa del debitore è sempre rimessa ad un’opposizione all’esecuzione. Nonostante ciò, sembra opportuna, almeno de iure condendo, una riflessione volta a consentire, in particolare rispetto all’atto pubblico notarile (vista la particolare competenza che il notaio può garantire), il superamento del limite del controllo meramente formale, anche se non sarà facile stabilire i confini di un eventuale controllo sostanziale.

2.1.1. (Segue) La possibile estensione ad un controllo sostanziale

Per valorizzare la spedizione in forma esecutiva, si potrebbe prevedere che il notaio debba eseguire alcuni controlli prima di poter apporre la formula. Questa prescrizione potrebbe essere introdotta attraverso una specifica disposizione inserita nella legge notarile, riferita all’atto pubblico(31)e di tenore opposto a quella, rivolta al cancelliere rispetto alla sentenza e agli altri provvedimenti del giudice, dettata dall’art. 153, comma 1, disp. att. c.p.c.
Per distinguere questi controlli da quelli che il notaio compie già al momento della formazione dell’atto pubblico, per così dire nella fase genetica dell’atto (a cui, come si è detto, egli è espressamente tenuto in forza degli artt. 28, 47 e 58 L.N. e che sono essenziali per attribuire all’atto la fidefacienza, v. supra 1.1.), si potrebbe pensare all’introduzione di controlli che attengano non più alla genesi bensì alla vita del contratto (o altro negozio giuridico) compiuto per atto pubblico. Non si potrebbe, ovviamente, pensare a complessi “accertamenti”, ma ad un controllo fondato su prove documentali. Per esempio, il (preteso) creditore che voglia ottenere il rilascio della copia con formula esecutiva potrebbe fornire la prova dell’avveramento di un’eventuale condizione sospensiva, qualora tale avveramento possa risultare per tabulas; il notaio, inoltre, al momento della richiesta potrebbe sempre verificare la scadenza di un termine iniziale, e dunque l’esigibilità della prestazione (o, all’opposto, di un termine finale, affinché maturi un diritto alla restituzione specificamente individuato nell’atto). Il debitore, dal suo canto, sulla base di una sorta di provocatio ad opponendum a lui rivolta attraverso la comunicazione, ad opera del notaio, della richiesta del creditore di ottenere la spedizione in forma esecutiva, potrebbe dedurre, entro un termine prefissato, eventuali documenti idonei a provare l’inattualità del credito(32). Un controllo documentale, del resto, si deve ritenere già prescritto quando la richiesta di spedizione sia presentata da successori - mortis causa o inter vivos - dell’originario creditore.
Gli errori del notaio, che abbia apposto la formula esecutiva nonostante le chiare risultanze documentali sull’inattualità del credito, dovrebbero essere dedotti attraverso un’opposizione all’esecuzione, perché in questo caso la contestazione atterrebbe all’esistenza del diritto; qualora invece il debitore intendesse contestare soltanto la legittimazione del soggetto richiedente ad ottenere la spedizione in forma esecutiva, potrebbe proporre un’opposizione agli atti esecutivi.
È chiaro, lo si ribadisce, che il notaio non potrebbe provvedere ad un vero e proprio accertamento, circostanza che sarebbe ad es. imposta qualora si consentisse, rispetto ad un contratto a prestazioni corrispettive, al debitore di dedurre, per effetto di questa provocatio ad opponendum, l’inadempimento della controparte (id est: un’eccezione di inadempimento)(33). L’utilità del meccanismo, invece, si manifesterebbe quando il preteso debitore, che pur aveva partecipato alla formazione dell’atto pubblico, sia in grado di esibire documenti idonei a provare l’avvenuto adempimento dell’obbligazione. In questo modo si potrebbero evitare esecuzioni pretestuose, che comunque pongono a carico dell’esecutato l’onere di proporre un’opposizione all’esecuzione(34). Se invece il debitore non fosse in grado di produrre documenti (o se questi fossero reputati non probanti), il notaio non potrebbe rifiutare al creditore la spedizione in forma esecutiva.

2.2. Spedizione in forma esecutiva ed atto pubblico notarile informatico

Il D.lgs. 2 luglio 2010, n. 110, che ha attuato l’art. 65, L. 18 giungo 2009, n. 69, ha introdotto la disciplina dell’atto pubblico notarile informatico. Soltanto alcune delle disposizioni dettate, tuttavia, sono suscettibili di applicazione immediata, mentre per la maggior parte di esse sono necessari appositi decreti che dettino le regole tecniche da applicare. Secondo il comma 1° dell’art. 68-bis L. n. 89/1913, introdotto dall’art. 1 D.lgs. 110/2010, tali decreti (rectius: «uno o più», recita la disposizione) non avranno natura regolamentare e saranno emessi dal Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione ed il Ministro per la semplificazione normativa sentiti il Consiglio Nazionale del Notariato ed il Garante per la protezione dei dati personali e la DigitPA.
In tema di spedizione in forma esecutiva l’art. 68-bis, L. n. 89/1913, contiene un’espressa disposizione. Il 2° comma dell’articolo recita: «Con decreto adottato ai sensi del comma 1 sono stabilite, anche al fine di garantire il rispetto della disposizione di cui all’articolo 476, primo comma, del codice di procedura civile, le regole tecniche per il rilascio su supporto informatico della copia esecutiva, di cui all’articolo 474 del codice di procedura civile». Si attende, dunque, un decreto non avente natura regolamentare.
L’esigenza di precise regole tecniche nasce, rispetto alla spedizione in forma esecutiva, dalla necessità di rispettare il precetto dell’art. 476 c.p.c., in tema di unicità della copia spedita in forma esecutiva, nonostante che il supporto dell’atto pubblico sia informatico; ma anche il precetto dell’art. 475, comma 2, laddove richiede l’indicazione in calce all’atto della persona a cui è rilasciata la copia con la formula esecutiva. Da qui la necessità di attendere regole tecniche che disciplinino anche le modalità di annotazione delle operazioni compiute(35).

3. L’atto pubblico notarile come titolo esecutivo per l’espropriazione forzata

Dopo queste riflessioni di carattere generale sull’atto pubblico notarile come titolo esecutivo, si può ora passare all’esame delle singole manifestazioni di questa efficacia esecutiva.
Come si è già osservato, l’originaria efficacia esecutiva dell’atto pubblico notarile era limitata all’esecuzione per espropriazione forzata. È naturale, dunque, che la giurisprudenza si sia occupata di questo tipo di esecuzione, definendo sia il tipo di atto o rapporto che può essere rappresentato dal titolo, sia i caratteri di cui il diritto deve essere munito.
Riguardo al primo aspetto, si ritiene che l’atto pubblico notarile, quale titolo per l’espropriazione forzata, possa rappresentare sia un contratto che altro negozio giuridico (o persino una dichiarazione non negoziale). Una nota e risalente giurisprudenza ha osservato che l’art. 474 c.p.c., eliminando il requisito della contrattualità richiesto dall’art. 554, n. 3, del c.p.c. del 1865, ha consentito di attribuire efficacia esecutiva, se documentati per atto pubblico, anche ad atti negoziali a contenuto dichiarativo, come la dichiarazione ricognitiva di un’obbligazione di pagamento di somme di denaro, o il riconoscimento, reso attraverso il congegno della confessione, dell’esistenza del debito(36).
Riguardo ai caratteri del diritto rappresentato dal titolo, la giurisprudenza richiede che l’atto pubblico, per avere la qualità di titolo esecutivo in relazione ad una obbligazione pecuniaria, sia in grado di dare autonomamente contezza che il credito sia certo, liquido ed esigibile(37).

3.1. (Segue) La casistica più ricorrente

Di quanto appena descritto si può trovare riscontro attraverso l’esame delle fattispecie più frequenti nell’esperienza giurisprudenziale. Lo schema di seguito proposto si fonda su pronunce che sono state occasionate da un’originaria opposizione all’esecuzione; mentre la spedizione in forma esecutiva, conformemente alla corrente teoria del controllo soltanto formale (supra § 2.1), sarà di volta in volta avvenuta sulla base della sola astratta idoneità dell’atto ad essere titolo esecutivo. Le fattispecie di seguito indicate potrebbero essere certamente ridotte nella loro frequenza casistica se si scegliesse di non limitare più alla mera regolarità formale il controllo operato dal notaio ai fini della spedizione in forma esecutiva (v. supra § 2.1.1).
Le fattispecie più ricorrenti risultano essere:
a. il contratto di finanziamento stipulato per atto pubblico, che è titolo esecutivo. Tale efficacia è invece esclusa per la dichiarazione aggiunta non stipulata per atto pubblico, perché, pur facendo sorgere in capo al debitore un’ulteriore obbligazione pecuniaria, non costituisce titolo esecutivo, ma può fornire soltanto la prova documentale della suddetta obbligazione nell’ambito di un giudizio di cognizione necessario per la precostituzione di un titolo esecutivo giudiziale(38). Rispetto alle obbligazioni pecuniarie fondate su tale dichiarazione sarà dunque necessario ottenere un titolo esecutivo giudiziale;
b. il «contratto di finanziamento condizionato» stipulato per atto pubblico notarile, che non costituisce titolo esecutivo né nei confronti del mutuatario, né nei confronti del suo fideiussore, perché tale contratto, dal momento che prevede la restituzione della somma promessa a mutuo soltanto dopo la concreta erogazione del finanziamento, non è in grado di documentare l’esistenza di un diritto di credito certo(39);
c. l’atto di mutuo ed il conseguente atto di erogazione della somma, entrambi rogati da notaio, sono titoli esecutivi(40);
d. il contratto di mutuo condizionato, invece, è privo, per sua stessa natura, dei requisiti di cui all’art. 474 c.p.c., e pertanto è inidoneo, sotto qualsiasi profilo, a costituire titolo esecutivo(41);
e. l’atto pubblico notarile che rappresenti un contratto di mutuo di scopo non è titolo esecutivo, perché il conseguimento dello scopo costituisce il prius rispetto all’obbligazione di restituzione, che sorge quindi condizionata(42);
f. il contratto di mutuo fondiario condizionato, pur se stipulato con atto pubblico notarile, non può essere utilizzato come titolo esecutivo dalla banca mutuante, perché esso non documenta l’esistenza attuale di obbligazioni(43);
g. il contratto condizionato di mutuo alberghiero, che sia stato stipulato con atto pubblico notarile per gli effetti che è destinato a produrre in ordine alla costituzione della garanzia ipotecaria, non è titolo esecutivo, perché esso non documenta l’esistenza attuale di obbligazioni di somme di denaro. Infatti, anche se il contratto consente l’erogazione di acconti con il sistema dei versamenti rateali durante il corso dei lavori edilizi, esso riguarda debiti pecuniari meramente eventuali e futuri. Né il contratto potrebbe assumere valore di titolo esecutivo per effetto della sua integrazione con le quietanze dei versamenti fatti al mutuatario e degli estratti dei libri contabili dell’istituto mutuante, perché si tratta di atti non formalmente omogenei con esso, in quanto manca il ricevimento da parte di notaio della dichiarazione negoziale costitutiva di debiti pecuniari(44);
h. è titolo esecutivo la ricognizione di debito contenuta in un atto pubblico e relativa a crediti liquidi ed esigibili(45);
i. non è invece titolo esecutivo l’atto pubblico di apertura di credito in conto corrente bancario, perché attesta la messa a disposizione da parte dell’istituto bancario di una determinata somma, ma non anche l’esistenza del debito dell’accreditato, che nasce soltanto con la diretta utilizzazione del credito(46).
Gli orientamenti appena descritti sono coerenti con i principi indicati nel precedente paragrafo e certamente condivisibili, dal momento che l’art. 474, comma 1, c.p.c. afferma che l’esecuzione forzata «non può aver luogo che in virtù di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile». Questi requisiti del diritto è sufficiente che esistano al momento in cui inizia l’esecuzione, mentre possono in concreto non esistere al momento della spedizione in forma esecutiva; la loro assenza deve essere dedotta attraverso un’opposizione all’esecuzione. Se infatti si continua ad affermare che il controllo richiesto ai fini della spedizione in forma esecutiva è soltanto un controllo di regolarità formale, necessariamente il controllo sull’effettiva esistenza del diritto - sulla sua certezza, liquidità, esigibilità - resta integralmente rimesso, anche nelle ipotesi di più semplice indagine, al giudizio di opposizione all’esecuzione.

3.2. L’atto notarile come titolo di legittimazione all’intervento: l’estratto autentico delle scritture contabili

Tra le disposizioni attinenti all’impiego dell’atto notarile come titolo per l’espropriazione forzata si inserisce anche l’art. 499, comma 1, c.p.c., che nel testo introdotto dalla L. 263/2005 individua tra i creditori legittimati ad intervenire, anche se sforniti di titolo esecutivo, coloro che al momento del pignoramento «erano titolari di un credito di somma di denaro risultante dalle scritture contabili di cui all’art. 2214 del codice civile». Il comma 2 dell’art. 499 impone che al ricorso per l’intervento sia allegato, a pena di inammissibilità, l’estratto autentico notarile delle scritture contabili. Si tratta, dunque, non di un titolo esecutivo, ma di un titolo di legittimazione all’intervento nell’espropriazione forzata.
Rispetto a questa ipotesi di intervento senza titolo esecutivo, un’autorevole dottrina ha evidenziato come la circostanza che la norma si riferisca «al momento del pignoramento»(47)miri a cristallizzare la situazione creditoria a quel tempo. Da qui la conseguenza che «un credito iscritto nelle scritture contabili in data successiva al pignoramento non può legittimare l’intervento»(48); ed inoltre l’importanza dell’estratto autentico notarile, che diviene lo strumento per assicurare il rispetto di questa preclusione temporale.
Coerenti con questo ruolo dell’estratto autentico, appaiono le affermazioni della giurisprudenza, che si è occupata di un interessante caso di dichiarazione di inammissibilità dell’intervento (dichiarazione che il giudice può compiere d’ufficio)(49). Nella specie, l’istituto di credito interveniente - per un credito rappresentato dal saldo negativo del conto corrente - non aveva prodotto l’estratto autentico notarile delle scritture contabili obbligatorie di cui all’art. 2214 c.c., bensì una certificazione notarile avente ad oggetto «esclusivamente le apparenze di un mero estratto conto, senza neppure avere verificato se i dati ivi riportati fossero stati in effetti registrati nelle scritture contabili della banca»(50). Il tribunale adito ha, in applicazione dell’art. 499, comma 2 c.p.c., dichiarato inammissibile l’intervento; inoltre, con un interessante obiter dictum, ha escluso che ai fini dell’art. 499, comma 1, possa essere sufficiente la documentazione che, secondo l’art. 50 del Testo unico bancario, è invece sufficiente a supportare la richiesta di una banca (compresa la Banca d’Italia) volta ad ottenere un decreto ingiuntivo (vale a dire un estratto conto certificato conforme alle scritture contabili da uno dei dirigenti della banca interessata, il quale deve altresì dichiarare che il credito è vero e liquido). Si conferma, dunque, l’essenzialità dell’intervento del notaio nel caso in esame, anche se sorprende la maggiore cautela che il legislatore ha richiesto ai fini dell’intervento della banca non titolata nel processo di espropriazione forzata, rispetto alla possibilità che la medesima banca si procuri un decreto ingiuntivo, e dunque un potenziale titolo esecutivo, che le consenta di iniziare, quale creditore procedente, un’espropriazione forzata, o di intervenire, questa volta come creditore titolato, in un’espropriazione forzata già intrapresa da altri.

4. L’atto pubblico notarile come titolo per l’esecuzione per consegna o rilascio

Si è già segnalato come il legislatore nel 2005 abbia riconosciuto all’atto pubblico l’efficacia di titolo esecutivo per gli obblighi di consegna o di rilascio(51). Diviene a questo punto necessario stabilire quali siano gli elementi che l’atto deve contenere affinché possa essere in concreto munito di tale efficacia. Al riguardo, utili indicazioni possono provenire dall’esperienza sull’utilizzazione dell’atto pubblico notarile come titolo per l’espropriazione forzata; ed inoltre dall’esperienza giurisprudenziale sui titoli esecutivi (giudiziali) per la consegna o il rilascio. Vengono in esame il tipo di rapporto rappresentato dall’atto, i requisiti che il diritto deve possedere (in particolare riguardo al suo oggetto) e la specificità della prestazione.
Riguardo al tipo di rapporto documentato, questo potrà consistere in un contratto, così come in un diverso negozio giuridico, ma non è escluso che il diritto alla prestazione specifica si fondi su una dichiarazione non negoziale(52).
Il diritto alla consegna o al rilascio, così come il diritto alla prestazione pecuniaria, deve essere certo e determinato (nonché esigibile). Non è dunque sufficiente che il diritto alla consegna o al rilascio sia il frutto di un’integrazione normativa(53)(ma entro certi limiti è stata ammessa la determinazione per relationem)(54); e «l’esecuzione può essere intrapresa solo se dall’atto pubblico emerga l’indicazione di una data precisa fissata per il rilascio ovvero se il rilascio possa essere richiesto nell’esercizio di un diritto potestativo dell’avente diritto alla restituzione e non anche quando il diritto a pretendere la restituzione dipenda dall’accertamento della sussistenza o meno di determinati presupposti fattuali»(55).
L’oggetto della consegna o del rilascio deve essere, secondo l’art. 2930 c.c., una cosa «determinata», ma si ritiene sufficiente anche la sola determinabilità dell’oggetto sulla base degli elementi contenuti nel titolo. Pertanto, si è affermato che mentre l’efficacia esecutiva deve essere negata quando si tratti di cose individuate soltanto come genus, la si deve invece riconoscere quando oggetto della consegna sia «una massa di cose determinata, come un’universalità di mobili o un’azienda, ancorché i singoli beni che ne fanno parte non siano specificamente individuati»(56).
L’atto notarile, come i titoli esecutivi giudiziali per la consegna o il rilascio, dovrà contenere l’indicazione specifica della prestazione, vale a dire l’indicazione dell’obbligo di far acquisire all’altra parte il possesso (o la detenzione) del bene(57). Ne discende che il contenuto dell’atto dovrà includere l’espresso impegno alla consegna o al rilascio; e potrà prevedere che questi avvengano o alla scadenza del contratto stipulato per atto pubblico, o «anticipatamente in caso di risoluzione espressa per inadempimento»(58). Pertanto, appare essenziale la tecnica di redazione che sia stata impiegata dal notaio(59). Si è infatti osservato che al fine di soddisfare il requisito della specificità «soltanto una clausola contrattuale che in modo chiaro e non equivoco enunci l’obbligo dell’alienante di trasmettere all’acquirente la detenzione materiale della cosa può attribuire all’atto pubblico il valore di titolo esecutivo per consegna/rilascio», mentre è reputata «quantomeno dubbia» «l’idoneità a tale scopo della clausola di “immissione dell’acquirente nel possesso dell’immobile, con decorrenza degli effetti dalla data del rogito” (o altra equivalente)»(60).

4.1. (Segue) La possibile efficacia erga omnes

Il riconoscimento all’atto pubblico dell’efficacia di titolo esecutivo per la consegna o il rilascio genera una conseguente questione. Dal momento che il titolo per l’esecuzione per consegna o rilascio si riferisce ad un bene determinato, l’esecuzione dovrà essere compiuta nei confronti di chi si trovi nel possesso o nella detenzione del bene al tempo dell’esecuzione; è in questo modo che si individua il reale soggetto passivo dell’esecuzione (al di là di chi appaia formalmente tale in base al titolo esecutivo)(61).
Se questa efficacia ultra partes è facilmente comprensibile quando il titolo esecutivo sia rappresentato dalla sentenza, in virtù dell’accertamento autoritativo che essa contiene, lo è di meno quando si tratta di un atto pubblico, cioè di un titolo esecutivo stragiudiziale(62). L’interrogativo, dunque, è se tale efficacia ultra partes vada riconosciuta anche all’atto pubblico notarile.
La risposta è positiva se si ritiene che questa efficacia ultra partes si fondi sullo «stesso modo d’essere della tutela per consegna/rilascio e non dipend[a] dalla natura del titolo fatto valere»(63). Se, di contro, non si ritiene che questa efficacia ultra partes sia una caratteristica intrinseca ad ogni titolo esecutivo per la consegna o il rilascio, ma invece dipenda dall’estensione degli effetti del giudicato anche agli eredi e agli aventi causa, di cui l’efficacia ultra partes del titolo esecutivo sarebbe appunto un riflesso, la conclusione deve mutare. Se infatti fosse questa la giustificazione(64), non si potrebbe riconoscere la stessa efficacia ai titoli negoziali, rispetto ai quali non si può assolutamente discorrere di autorità di cosa giudicata; ed inoltre, ma questa volta rispetto ai titoli esecutivi giudiziali, non si potrebbe più manifestare l’efficacia ultra partes del titolo esecutivo quando l’attuale possessore o detentore del bene non abbia conseguito il possesso o la detenzione dal soggetto indicato nel titolo esecutivo (id est: l’originario debitore). Ciò determinerebbe l’impossibilità di avvalersi dell’efficacia ultra partes nei confronti del possessore sine titulo, ma anche - così da descrivere un’ipotesi agli antipodi - nei confronti di colui che possa vantare un autonomo titolo di possesso o di detenzione (soggetto che normalmente subisce l’efficacia ultra partes, ma può avvalersi, tra l’altro, dello strumento dell’opposizione all’esecuzione).
Queste conseguenze pratiche negative, che svuoterebbero in gran parte le utilità offerte dal titolo esecutivo per la consegna o il rilascio, spingono a ritenere, vista la possibilità per il terzo di dedurre le proprie ragioni quanto meno attraverso lo strumento dell’opposizione all’esecuzione, che l’efficacia ultra partes discenda immediatamente dall’oggetto e dalle finalità dei titoli esecutivi che mirano alla consegna o al rilascio di un bene. Di conseguenza, appare forse più opportuno utilizzare l’espressione efficacia erga omnes, ove gli omnes sono individuati attraverso una relazione - qualificata giuridicamente in termini di possesso o detenzione - con la cosa oggetto del diritto alla consegna o al rilascio. L’esecuzione potrà essere intrapresa nei confronti di chiunque si trovi nel possesso o nella detenzione della cosa. Ciò che conta è l’attuale relazione con il bene, senza la necessità che il possesso o la detenzione derivino dal soggetto indicato come debitore nel titolo esecutivo. In questo modo non vi sarebbe alcun ostacolo all’utilizzazione del titolo esecutivo nei confronti del possessore sine titulo, così come nei confronti di chi possa vantare un autonomo titolo a fondamento del possesso o della detenzione del bene(65).

4.2. Le fattispecie applicative

Fermi i requisiti - attinenti al tipo di rapporto, ai caratteri del diritto, all’oggetto della consegna o del rilascio e alla specificità della prestazione - che l’atto pubblico deve possedere affinché possa essere titolo esecutivo per la consegna o il rilascio, bisogna ora individuare quali possano essere le fattispecie applicative.
Si è in generale osservato che il diritto al rilascio rappresentato dall’atto pubblico notarile potrebbe essere sia un diritto reale (acquistato o costituito mediante contratto), sia un diritto relativo nascente da contratto, compresi i contratti preliminari ad effetti anticipati e, all’opposto, le obbligazioni restitutorie nascenti dalla scadenza degli effetti del contratto(66); ma anche un atto unilaterale di riconoscimento del debito di consegna o rilascio(67).
Rispetto alle obbligazioni restitutorie determinate dalla scadenza di un contratto, bisogna precisare che queste non vanno confuse con le obbligazioni restitutorie che sorgono in caso di risoluzione automatica, per inadempimento o per impossibilità sopravvenuta del contratto o in caso di originaria nullità dello stesso. Al riguardo, appare condivisibile la posizione di chi afferma che in queste ipotesi «l’obbligo restitutorio non origina direttamente dal contratto stipulato per atto pubblico, bensì è l’effetto del sopravvenuto venir meno (o dell’originaria inefficacia) del titolo in base al quale è stata compiuta l’attribuzione patrimoniale dell’alienante o del concedente il bene)»(68). Tuttavia, bisognerebbe forse distinguere l’ipotesi della risoluzione fondata su una pronuncia costitutiva, dall’ipotesi di obbligazioni restitutorie che nascano dalla risoluzione fondata su una clausola risolutiva espressa, perché in questo caso potrebbe riconoscersi la possibilità di utilizzare l’atto pubblico come titolo esecutivo (sempre che le prestazioni dovute siano specificamente indicate nel titolo)(69).

4.3. Un’applicazione concreta: il contratto di locazione stipulato per atto pubblico

Di particolare interesse, vista anche la rilevanza sociale del tema, è il dibattito sull’utilizzabilità del contratto di locazione, stipulato nella forma dell’atto pubblico, come titolo esecutivo per il rilascio. Vi sono alcune norme, della L. n. 392/1978(70)così come della L. n. 431/1998(71), che sono poste a tutela del conduttore e che non potrebbero essere osservate se si riconoscesse (immediata) efficacia esecutiva al contratto di locazione stipulato per atto pubblico.
Di conseguenza un primo orientamento nega questo tipo di efficacia esecutiva, osservando che, sia alla prima scadenza che alla seconda scadenza del contratto di locazione ad uso abitativo, per ottenere il rilascio dell’immobile «dovrebbe essere accertata la sussistenza di determinate condizioni previste dalla legge»(72). Allo stesso modo anche per il caso di morosità del conduttore il contratto locazione non potrebbe costituire titolo per il rilascio, perché «tale inadempimento dovrebbe comunque essere accertato»(73).
Esiste però anche un diverso orientamento, che riconosce al contratto di locazione stipulato per atto pubblico l’efficacia di titolo esecutivo per il rilascio, e ciò sia alla prima scadenza che alla seconda scadenza, così come in caso di morosità(74). La tutela della controparte sarebbe rimessa ad un’eventuale opposizione all’esecuzione(75). In particolare, si è sostenuto che resterebbe ferma la facoltà, attribuita al conduttore dall’art. 55 L. n. 392/1978, di sanare la morosità. Il conduttore potrebbe esercitarla «in sede di opposizione all’esecuzione, qualora il locatore rifiuti di accettare il pagamento in sanatoria»(76); e «l’opposizione all’esecuzione costituirà anche la sede per valutare se ricorrano i presupposti più ampi di sanatoria previsti dal comma 4° dell’art. 55 legge 392/1978»(77).
Il contrasto è, dunque, tra l’efficacia di titolo esecutivo per il rilascio riconosciuta in via generale all’atto pubblico dal legislatore e l’esistenza di una disciplina settoriale che tutela, in relazione al singolo contratto stipulato per atto pubblico (nella specie la locazione), il potenziale soggetto passivo dell’esecuzione.

4.3.1. (Segue) Le utilità offerte dall’istituto della cauzione

Di fronte a tale contrasto, per non negare al contratto di locazione stipulato per atto pubblico l’efficacia di titolo esecutivo per il rilascio(78), si potrebbe introdurre una disposizione legislativa che contempli, al fine di potergli riconoscere tale efficacia, uno strumento idoneo a bilanciare le contrapposte esigenze delle parti. Dal momento che l’ostacolo al riconoscimento di tale efficacia è rappresentato dall’esistenza di norme poste a protezione del conduttore, si potrebbe condizionare, con una norma legislativa ad hoc (perché le norme di protezione sono norme inderogabili), l’efficacia di titolo esecutivo per il rilascio alla prestazione di una cauzione. Pertanto, la cauzione opererebbe come uno strumento per attenuare in certi settori l’efficacia esecutiva di titolo per il rilascio riconosciuta in via generale all’atto pubblico dal legislatore (art. 474, comma 3, c.p.c.); si è dunque lontani da ipotesi in cui la cauzione è stata utilizzata come strumento per ottenere “necessariamente” dal giudice l’attribuzione dell’efficacia esecutiva ad un provvedimento che ne fosse privo(79).
In presenza di un contratto di locazione stipulato per atto pubblico, il locatore che volesse ottenere il rilascio del bene (ad es. per finita locazione) dovrebbe versare la cauzione prevista dalla legge. Non appare infatti possibile che la cauzione sia stabilita in un contratto di locazione su accordo delle parti, perché contrasterebbe con le norme di protezione, che in quanto norme inderogabili renderebbero nulla la condizione sospensiva così apposta.
Questa disciplina potrebbe trovare applicazione attraverso l’opera del notaio. Dal momento che il notaio non potrebbe rifiutare la spedizione in forma esecutiva, perché essa (a meno che non si introducano delle modifiche) è fondata su un controllo meramente formale(80), potrebbe tuttavia verificare, quando gli sia richiesta la spedizione in forma esecutiva, l’avvenuto versamento della cauzione, così da poterne dare atto nel titolo spedito in forma esecutiva (v. amplius par. successivo)(81).
Il rilascio della copia in forma esecutiva senza il previo versamento della cauzione fonderebbe un’opposizione all’esecuzione (perché la cauzione opererebbe come una condizione dell’efficacia esecutiva, sia pure limitatamente all’efficacia di titolo per il rilascio del bene, mentre resterebbe invariata l’efficacia di titolo per l’espropriazione forzata).

5. Efficacia esecutiva subordinata a cauzione, ruolo del notaio e spedizione in forma esecutiva

Il meccanismo che si è appena ipotizzato rispetto al contratto di locazione e che se fosse di fonte pattizia incontrerebbe, rispetto a tale contratto, limiti di validità (perché la cauzione costituirebbe una deroga pattizia alla disciplina di protezione posta da norme imperative), potrebbe invece essere utilizzato dalle parti volontariamente nella stipulazione di altri contratti per atto pubblico (e si configurerebbe come una condizione sospensiva). Come il giudice può subordinare, per i titoli giudiziali, l’efficacia esecutiva alla prestazione di una cauzione, si deve ritenere che per i titoli stragiudiziali, in particolare quando essi siano costituiti da atti negoziali, le parti possano subordinare l’efficacia esecutiva al versamento di una cauzione.
La cauzione, prevista dalla legge (come nel caso ipotizzato nel precedente paragrafo) oppure di fonte pattizia, potrebbe essere prestata seguendo le modalità di cui all’art. 119 c.p.c., in quanto applicabili. Di certo la fissazione di una cauzione dovrebbe contenere anche l’indicazione dell’ammontare (o di criteri oggettivi per determinarlo), delle modalità e del termine per prestarla(82). Dell’avvenuto versamento della cauzione si potrebbe dare atto, come prevede l’art. 478 c.p.c., con annotazione in calce o in margine al titolo spedito in forma esecutiva o con atto separato.
Il controllo sul versamento della cauzione potrebbe avvenire al momento in cui sia richiesta la spedizione in forma esecutiva dell’atto pubblico. Si potrebbe pensare che tra i controlli formali a tal fine richiesti al notaio possa rientrare anche quello in ordine all’avvenuto versamento della cauzione. Se, come si auspica (supra § 2.1.1), ai fini della spedizione in forma esecutiva fosse introdotto anche un limitato controllo di tipo sostanziale, quest’ultimo sarebbe volto a verificare l’attuale esistenza ed esigibilità del credito, sulla base di prove documentali che attestino vicende relative alla vita del contratto (o altro negozio giuridico); mentre lo strumento della cauzione, che opererebbe come una condizione di efficacia del titolo esecutivo, conserverebbe la distinta funzione di equilibrare il diritto riconosciuto al creditore con la posizione del debitore, soprattutto quando quest’ultimo sia destinatario di norme di protezione la cui osservanza imporrebbe, altrimenti, di negare al singolo contratto stipulato per atto pubblico l’efficacia di titolo esecutivo (v. par. precedente). Qualora fosse apposta la formula esecutiva senza dar atto del versamento della cauzione, il debitore potrebbe proporre opposizione all’esecuzione(83), perché il creditore procedente non avrebbe assolto alla condizione di efficacia.
In un sistema del genere il notaio, per la struttura organizzativa di cui può disporre, potrebbe pienamente garantire all’esecutato l’effettivo versamento della cauzione, dandone traccia nel titolo spedito in forma esecutiva. Non sembra che analoghe garanzie possano essere offerte da altri pubblici ufficiali.

6. La possibile estensione dell’efficacia esecutiva alle prestazioni di facere fungibili

Dopo le modifiche introdotte dalle riforme del 2005(84)è stata criticata, a fronte dell’ampliamento del novero dei titoli di formazione giudiziale attraverso il richiamo agli «altri atti»(85)(che in particolare consente di ricomprendere anche il verbale di conciliazione giudiziale(86)), la limitazione dell’efficacia esecutiva dell’atto pubblico all’esecuzione per consegna o rilascio(87), con la conseguente esclusione di quella ex art. 612 c.p.c.
Si consideri, infatti, che i controlli la cui necessità giustificava la restrizione dei titoli esecutivi alla sentenza di condanna (cfr. art. 612, comma 1, c.p.c.) sarebbero certamente compibili anche da parte del notaio. Questi controlli sono relativi alla fungibilità della prestazione e, nei casi in cui il facere consista nel distruggere un’opera, all’assenza di un pregiudizio per l’economia nazionale. La riserva di questi controlli al giudice, che appunto giustificava la limitazione dell’efficacia esecutiva alla sentenza di condanna, non sembra più così perentoria dopo l’avvenuto riconoscimento della stessa efficacia esecutiva al verbale di conciliazione giudiziale. Infatti, la Corte costituzionale(88), superando la questione di legittimità dell’art. 612 c.p.c. (che testualmente indica soltanto la sentenza di condanna), ha riconosciuto il verbale di conciliazione giudiziale come titolo esecutivo per gli obblighi di fare fungibile, perché la circostanza che l’accordo avvenga sotto la vigilanza del giudice e soltanto se la natura della causa lo consente rende inoperante la limitazione alle sentenze dell’efficacia di titolo per l’esecuzione in esame, che si fondava appunto sulla necessità dei controlli poco sopra ricordati.
Questa apertura della Corte costituzionale, tuttavia, consente di ritenere che anche un verbale di conciliazione stragiudiziale possa essere titolo esecutivo ai fini dell’art. 612 c.p.c., purchè tale verbale sia sottoposto, al fine di poter acquistare efficacia esecutiva, ad un controllo giudiziale successivo, che consenta di verificare l’assenza di quei limiti che avevano giustificato il riconoscimento di questa efficacia esecutiva soltanto alla sentenza di condanna. Questo controllo potrebbe essere rappresentato dal giudizio di omologazione del verbale di conciliazione stragiudiziale, quando tale giudizio non sia limitato ad un controllo di mera regolarità formale. A queste condizioni anche al verbale di conciliazione stragiudiziale, purché sottoposto al giudizio di omologazione al fine di poter acquisire l’efficacia di titolo esecutivo, si potrebbe riferire la formula «altri atti» ora utilizzata dall’art. 474, 2° comma, n. 1 c.p.c.(89). Ricorrerebbe, in sostanza, la medesima ratio che ha condotto la Corte costituzionale a riconoscere tale efficacia esecutiva al verbale di conciliazione giudiziale.
Se si ammette logicamente la possibilità di un controllo successivo rispetto ad un verbale di conciliazione stragiudiziale, non formato sotto la contestuale vigilanza di un giudice, non si vede perché questo controllo non possa essere compiuto, in via preventiva, da un notaio. Viste le garanzie di competenza che il notaio è in grado di offrire, si potrebbe riconoscere legislativamente all’atto pubblico notarile questa ulteriore efficacia esecutiva, disponendo che i controlli vengano effettuati ad opera del notaio quando riceve la richiesta di spedizione in forma esecutiva (che ancora una volta, ma sotto un profilo diverso, si trasformerebbe in un attività di controllo anche sostanziale). Nella spedizione in forma esecutiva il notaio potrebbe dare indicazione dell’idoneità dell’atto ad essere anche titolo per l’esecuzione degli obblighi di fare e non fare.
Altrimenti, seguendo un’altra strada, questa estensione dell’efficacia esecutiva potrebbe essere agevolata dall’eventuale possibilità di subordinare, in certi casi, tale efficacia esecutiva alla prestazione di una cauzione. Dunque, in via generale dovrebbe essere riconosciuta all’atto pubblico notarile questa ulteriore efficacia esecutiva, salvo prevedere che in alcuni casi - perché ad es. risulti dubbio il pregiudizio per l’economia nazionale - il notaio possa subordinare tale efficacia alla prestazione di una cauzione. La cauzione sarebbe anche in questo caso (v. par. precedente) utilizzata per calmierare un’efficacia esecutiva già riconosciuta in via generale. La valutazione del notaio dovrebbe essere compiuta anche questa volta in occasione della richiesta di spedizione in forma esecutiva dell’atto.
L’importanza di un’efficacia esecutiva estesa alle prestazioni di facere si manifesterebbe, soprattutto, in quelle circostanze in cui il contratto preveda una prestazione di facere seguita da una prestazione di dare. In pratica, oggi l’efficacia esecutiva dell’atto pubblico notarile, alla luce di quanto detto sui requisiti relativi al contenuto e all’oggetto (in particolare la specificità della prestazione e la determinatezza della cosa(90)), non sarebbe invocabile quando si sia in presenza di obbligazioni di facere a cui faccia seguito un’obbligazione di dare, ipotesi ricorrente quando l’individuazione dell’oggetto della prestazione di dare dipenda proprio da un’autonoma ed antecedente prestazione di facere della controparte.

6.1. Il limite del facere infungibile e i possibili succedanei

L’inapplicabilità dell’art. 614-bis all’atto pubblico notarile discende chiaramente dalla formulazione della norma. Il suo testo si riferisce ad un provvedimento di condanna del giudice(91), che contenga anche la fissazione della somma di danaro da corrispondere per ogni violazione o inosservanza successiva o ritardo nell’esecuzione del provvedimento. Il medesimo provvedimento costituirà titolo esecutivo anche per il pagamento di questa (eventuale) somma.
Se l’inapplicabilità dell’art. 614-bis è chiara, nondimeno un risultato simile può essere realizzato con uno strumento di tipo negoziale come la clausola penale. Le parti potrebbero inserire nel contratto una clausola penale con cui si preveda il pagamento di una somma di denaro per ogni violazione degli obblighi stabiliti ovvero per il ritardo nel loro adempimento. L’atto pubblico potrebbe essere titolo esecutivo anche per le obbligazioni di somme di danaro scaturenti da una clausola penale(92).
Per rinvenire una recente utilizzazione di questo strumento si pensi a quanto previsto dall’art. 11, comma 3 ultimo periodo, D.lgs. n. 28/2010, in tema di mediazione, dove si prevede che nell’accordo di conciliazione - che è pur sempre un negozio giuridico, nella specie un contratto di transazione - le parti possono inserire una clausola penale che opera come uno strumento compulsivo. La ratio di questa disposizione risiede nell’esigenza di offrire alle parti uno strumento - la cui utilizzabilità, peraltro, non imponeva un’espressa previsione legislativa - per superare un limite intrinseco dell’efficacia esecutiva del verbale di conciliazione. Questo, infatti, una volta omologato diviene titolo esecutivo per l’espropriazione forzata e per le esecuzioni in forma specifica(93), ma ad esso è inapplicabile l’art. 614-bis c.p.c., vista la sua natura negoziale.

7. La scrittura privata autenticata dal notaio come titolo esecutivo

Tra gli atti notarili rientrano anche gli atti di autenticazione. Ciò induce ad esaminare, in questo contesto, un altro titolo esecutivo alla cui formazione può concorrere il notaio: la scrittura privata autenticata.
La scrittura privata può pacificamente contenere sia un atto negoziale, sia mere dichiarazioni di scienza. L’autenticazione, che può essere operata anche dal notaio, attesta che la sottoscrizione proviene dai soggetti indicati nell’atto (a cui saranno, di conseguenza, imputate le dichiarazioni) e che è stata apposta in presenza del notaio dopo l’accertamento della loro identità(94).
Il suo riconoscimento come titolo esecutivo si deve, come si è ricordato nel primo paragrafo, alla L. 80/2005, che le aveva attribuito anche l’efficacia di titolo esecutivo per la consegna o il rilascio (collocandola nel n. 3 dell’art. 474 c.p.c., richiamato dal comma 3° del medesimo articolo); mentre il successivo intervento correttivo ad opera della L. 263/2005, spostandola nel n. 2 dell’art. 474, ne ha riconosciuto l’efficacia esecutiva limitatamente alle obbligazioni di somme di danaro in essa contenute. L’estensione della sua efficacia esecutiva, infatti, è stata oggetto, come si è già ricordato(95), di una sorta di ripensamento del legislatore(96). Ma in realtà l’intervento della L. n. 263/2005 non è detto che sia stato “correttivo” di un errore, perché potrebbe rappresentare il mutamento della precedente e consapevole scelta di riconoscere alla scrittura privata anche l’efficacia di titolo esecutivo per la consegna o il rilascio. Il dubbio è avvalorato, lo si ribadisce, dalla considerazione delle più o meno contemporanee modifiche subite dalla legge notarile(97); e non si nasconde che la riproposizione di quella “scelta” possa essere persino auspicabile, se si ha riguardo alla scrittura privata autenticata dal notaio e all’ipotesi che le parti siano state in concreto assistite dal notaio nella formazione della scrittura e questa sia stata, per volontà delle parti o per legge, conservata a raccolta (v. infra § 7.1).
La ratio del riconoscimento dell’efficacia di titolo esecutivo alla scrittura privata è stata individuata nell’esigenza di evitare il processo di cognizione. Questo vantaggio è stato ritenuto più meritevole del rischio che sia instaurato un processo di cognizione attraverso un’opposizione all’esecuzione fondata sull’inesistenza del credito azionato(98). Si è tentato, ancora una volta, di perseguire quel bilanciamento tra l’attribuzione dell’efficacia esecutiva ad un titolo stragiudiziale ed il rischio dell’opposizione all’esecuzione che è stato invocato al principio di questo scritto e che ha consentito di valorizzare il ruolo dell’atto pubblico notarile nella tutela esecutiva dei diritti (in virtù del grado di certezza determinato dai controlli di legalità e dall’opera di adeguamento che il notaio è tenuto a compiere nella formazione dell’atto).
Affinché la scrittura privata autenticata possa essere utilizzata come titolo esecutivo, il legislatore ha richiesto che essa sia trascritta nell’atto di precetto (cfr. art. 474, comma 3, c.p.c.)(99). La stessa prescrizione si deve ritenere che al momento valga per la scrittura privata conservata a raccolta dal notaio, anche se qualche autore reputa già imposta la spedizione in forma esecutiva(100), così come il Ministero della giustizia(101). Sembra, tuttavia, che al momento, di fronte al testo dell’art. 474, comma 3, c.p.c., che prevede la trascrizione integrale della scrittura privata nel precetto, sussista un ostacolo testuale all’ammissibilità di tale estensione(102); inoltre l’art. 475, comma 1, c.p.c. continua a limitare la spedizione in forma esecutiva agli atti ricevuti da notaio (e tale non è la scrittura privata). Non si nega, tuttavia, che questa estensione per la scrittura privata conservata a raccolta sia auspicabile, soprattutto se si vorrà favorire un’evoluzione del controllo da compiere da parte del notaio ai fini della spedizione in forma esecutiva (v. supra § 2.1.1), ferma in ogni caso l’utilità, già naturalmente offerta dalla spedizione in forma esecutiva, di garantire che sia unica la copia esecutiva.

7.1. (Segue) Le condizioni per poterne estendere l’efficacia esecutiva

Si può ora tentare, in una prospettiva de iure condendo, di approfondire quali siano le condizioni per poter riconoscere alla scrittura privata, qualora sia autenticata dal notaio, un’efficacia esecutiva estesa alle prestazioni di consegna o rilascio (ma anche di facere fungibile, fermo invece il limite dell’art. 614-bis c.p.c.); e, in particolare, se questa più ampia efficacia esecutiva possa essere riconosciuta quanto meno alla scrittura privata conservata a raccolta dal notaio.
Se si ritiene, come si è affermato (supra § 1.1), che l’efficacia esecutiva riconosciuta all’atto pubblico, nella specie a quello notarile, non discende dall’efficacia probatoria privilegiata dell’atto, ma dalla fidefacienza che lo assiste in ragione dei controlli che il notaio compie e del grado di certezza che in tal modo conferisce al diritto rappresentato dal titolo, per poter attribuire alla scrittura privata autenticata dal notaio un’efficacia esecutiva più estesa, si dovrebbero estendere ad essa alcuni di quei controlli che caratterizzano la formazione dell’atto pubblico e giustificano, secondo la prospettiva qui accolta, la sua più ampia efficacia esecutiva.
Ciò non trasformerebbe la scrittura privata in un atto pubblico, perché resterebbe ferma, in virtù della estraneità del notaio alla formazione della scrittura privata, la diversa estensione dell’efficacia probatoria privilegiata come descritta dal codice civile, giustificata dalla circostanza che l’atto pubblico è formato dal notaio. Nondimeno, si potrebbero estendere alla scrittura privata alcuni controlli compiuti dal notaio rispetto all’atto pubblico.
A ben vedere, tuttavia, l’art. 28 L.N., a seguito delle modifiche introdotte dall’art. 12, comma 1, L. 28 novembre 2005 n. 246, già prescrive il controllo di legalità anche quando il notaio provvede all’autenticazione di atti; mentre sembrerebbe più difficile poter pensare ad un’estensione alla scrittura privata dell’indagine sulla volontà delle parti, perché in questo caso il notaio non riceve l’atto. Tuttavia, si può notare che questa indagine sulla volontà (e la funzione di adeguamento), oltre che il controllo di legalità, sono già richiesti dai Principi di deontologia professionale dei notai. Questi prescrivono, all’art. 48 lett. a, che «l’atto di “autenticazione delle firme” della scrittura privata, comporta in ogni caso per il notaio l’obbligo» di controllare «la legalità del contenuto della scrittura e la sua rispondenza alla volontà delle parti, di regola anche mediante la sua lettura alle stesse prima delle sottoscrizioni»(103); mentre l’art. 42 contiene una serie di disposizioni che assoggettano alla funzione di adeguamento anche la scrittura privata da autenticare(104).
Questa partecipazione del notaio potrebbe, con maggiore probabilità, essere ancora più intensa quando le parti intendano chiedere al notaio la conservazione a raccolta della scrittura privata, oltre che nei casi in cui la conservazione a raccolta è obbligatoria per legge(105), perché in queste ipotesi è più frequente che le parti redigano la scrittura privata in presenza del notaio. Di questa più intensa partecipazione del notaio può essere indice l’art. 42 u.c. dei Principi di deontologia professionale dei notai, in cui si afferma che «la scrittura privata tenuta a raccolta viene letta dal notaio alle parti, salva espressa dispensa delle parti stesse. Nell’autentica il notaio fa menzione della lettura o della dispensa dalla stessa. La reiterata presenza della clausola di esonero costituisce indizio di comportamento deontologicamente scorretto»(106).
Oltre a questa più intensa partecipazione, è garantita la conservazione della scrittura privata, che non può essere rilasciata in originale, circostanza che renderebbe auspicabile l’estensione a questa ipotesi della spedizione in forma esecutiva. In questo modo, infatti, si potrebbe assicurare l’unicità della copia esecutiva. Questa prescrizione, come si è già detto (v. par. precedente), richiede però un’apposita previsione legislativa, attraverso un’integrazione dell’art. 475 c.p.c., perché al momento per la scrittura privata è richiesta soltanto la trascrizione nel precetto (cfr. art. 474, comma 3, c.p.c.).
Questo insieme di garanzie - controllo di legalità, funzione di adeguamento, garanzia di conservazione dell’atto, spedizione in forma esecutiva - potrebbero consentire di individuare nella scrittura privata conservata a raccolta dal notaio una forma di documentazione degli atti intermedia tra la scrittura privata autenticata e l’atto pubblico. Non sarebbe differente dalla scrittura privata dal punto di vista dell’efficacia probatoria, ma quelle particolari garanzie consentirebbero di riconoscerle un’efficacia esecutiva più ampia (in ipotesi estensibile anche alle prestazioni di facere fungibili, utilizzando uno dei meccanismi già ipotizzati per l’atto pubblico notarile(107)).

7.1.1. (Segue) La limitazione, in ogni caso, all’atto pubblico della certificazione di titolo esecutivo europeo

Anche se fosse estesa l’efficacia esecutiva della scrittura privata conservata a raccolta, nondimeno resterebbe ferma la segnalata differenza, dal punto di vista dell’efficacia probatoria, con l’atto pubblico. La circostanza che soltanto per l’atto pubblico si possa parlare di autenticità, oltre che della firma, anche del contenuto (dal momento che la scrittura privata non è un atto formato dal notaio), limita all’atto pubblico la idoneità ad essere certificato come titolo esecutivo europeo quando rappresenti un credito non contestato(108). Secondo l’art. 3, comma 1, Reg. n. 805/2004(109), infatti, il Regolamento si applica «alle decisioni giudiziarie, alle transazioni giudiziarie e agli atti pubblici relativi a crediti non contestati»(110); secondo la lettera d del medesimo articolo, il credito si considera «non contestato», per quanto qui interessa, se «il debitore l’ha espressamente riconosciuto in un atto pubblico»; l’art. 4, comma 3 lett. a, infine, riconosce come atto pubblico il documento la cui autenticità riguardi la firma ed il contenuto(111).


(1) Il riferimento è alle modifiche introdotte dalla L. 14 maggio 2005, n. 80, che ha convertito in legge con modificazioni il D.l. 14 marzo 2005, n. 35; e poi dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263. Le nuove disposizioni, per effetto di successivi rinvii, sono entrate in vigore il 1° marzo 2006.

(2) Cfr. le modifiche apportate dall’art. 12, L. 28 novembre 2005, n. 246, all’art. 28, 1° comma, L. 16 febbraio 1913, n. 89, estendendo le prescrizioni di questa norma anche all’autenticazione di atti; ed inoltre la sostituzione, ad opera dello stesso art. 12 L. cit., dell’art. 1, L. 2 aprile 1943, n. 226, prevedendo che la presenza dei testimoni all’autenticazione delle scritture private sia di regola non richiesta; mentre il testo previgente stabiliva soltanto la facoltà per la parte o le parti di rinunciare alla presenza dei testimoni.

(3) Per un commento alla modifica allora introdotta v. R. ORIANI, «Titolo esecutivo, opposizioni, sospensione dell’esecuzione», in Foro it., 2005, V, c. 104 e ss.

(4) V. infra § 7 e ss.

(5) Per una pregevole ricostruzione dell’origine dei titoli stragiudiziali si rinvia, anche per ulteriori riferimenti, all’analisi di R. VACCARELLA, Titolo esecutivo, precetto, opposizioni, 2 a ed., Torino, 1993, p. 9 e ss. Per una efficace sintesi delle riflessioni della dottrina sul documento notarile, attraverso l’inquadramento dell’atto pubblico notarile nella teoria giuridica del documento, si rinvia a E. MARMOCCHI, «Il documento notarile come luogo della memoria», in Riv. not., 2009, p. 1113 e ss.

(6) Sul tema v., anche per riferimenti, S. TONDO, Documento pubblico fidefaciente e funzioni notarili, in S. TONDO - G. CASU - A. RUOTOLO, Il Documento, in P. Perlingieri (diretto da), Trattato di diritto civile del Consiglio Nazionale del Notariato, Napoli, 2003, p. 439 e ss.

(7) Cfr. G. PETRELLI, «Atto pubblico, scrittura privata autenticata e titolo esecutivo», in Notariato, 2005, p. 547, che richiamando il pensiero di S. Satta (Commentario al codice di procedura civile, III, Milano, 1965, p. 84) puntualmente afferma: «Si consideri, inoltre, che una delle ragioni che giustifica la qualificazione dell’atto pubblico notarile come titolo esecutivo è tradizionalmente rinvenuta nella pubblica fede che deriva da tale documento (pubblica fede da non confondersi con l’efficacia probatoria privilegiata, ex art. 2699 c.c.): si è affermato che “l’esecutività si giustifica con la pubblica fede che il notaio o l’ufficiale attribuisce all’atto, secondo l’espressione dell’art. 2699 c.c. La pubblica fede è data dall’assunzione della volontà delle parti nell’atto, ed è quella che consente all’atto notarile la qualificazione di titolo esecutivo”». In senso conforme si esprime, in motivazione, Cass., sez. III, 19 luglio 2005, n. 15219, in Rep. Foro it., 2005, voce Esecuzione in genere, n. 21, in cui si legge che «La qualità di titolo esecutivo dipende dalla pubblica fede che il notaio attribuisce all’atto e non dalla particolare efficacia probatoria».

(8) Cfr. A. PROTO PISANI, La tutela sommaria, in Appunti sulla giustizia civile, Bari, 1982, p. 311 e ss., che giustifica il ricorso a titoli stragiudiziali soltanto quando questi offrano un particolare grado di certezza, perché altrimenti sarebbe elevato il rischio di un’opposizione all’esecuzione.

(9) Sugli atti vietati al notaio, e sui concetti di «espressa proibizione» e di «manifesta» contrarietà all’ordine pubblico e a norme imperative, si rinvia a F. TOMMASEO, «L’atto pubblico nel sistema delle prove documentali», in Riv. not., 1998, I, p. 606 e ss.

(10) Sul controllo di legalità v. G. CASU, Funzione di ricevimento. Competenza, in S. TONDO - G. CASU - A. RUOTOLO, Il Documento, cit., p. 29 e ss.

(11) E. MARMOCCHI, «Il documento notarile come luogo della memoria», in Riv. not., 2009, p. 1115 e ss., così descrive questa funzione: «Lo stesso art. 47, comma 2, secondo inciso, qualifica poi il comportamento del notaio-autore del documento: il notaio “sotto la propria direzione e responsabilità cura la compilazione integrale dell’atto”. Traduce la volontà delle parti, espressa in linguaggio comune, nel linguaggio tecnico del diritto, inquadrandola nella norma prescelta, tra i confini tracciati dall’art. 47: il rispetto della volontà delle parti e l’esigenza di una idonea documentazione della stessa (funzione interpretativa o di adeguamento)». Sul tema F. TOMMASEO, op. cit., p. 603 e ss., osserva che «La legge, a dire il vero, non assegna espressamente ai pubblici ufficiali questa funzione adeguatrice, ma si limita nell’art. 28 della legge notarile a far divieto ai notai - ma la regola può essere estesa a tutti i pubblici documentatori - di ricevere atti «espressamente proibiti dalla legge o manifestamente contrari al buon costume o all’ordine pubblico». Ancora, l’art. 54 del regolamento notarile, vieta di rogare contratti «nei quali intervengano persone che non siano assistite od autorizzate nei modi di legge». In altre parole, il bene della pubblica certezza non può essere dato a situazioni di per se stesse contrarie al buon costume, all’ordine pubblico o espressamente proibite dalla legge. Se il notaio contravviene a tale principio, violando la disposizione del citato art. 28, incorre nella grave sanzione disciplinare, prevista dall’art. 138 legge notarile, della sospensione dall’ufficio per un periodo da sei mesi ad un anno».

(12) Cfr. F. TOMMASEO, op. cit., p. 603 e ss., che osserva (ibi, p. 605): «L’atto pubblico non documenta di solito l’attività adeguatrice svolta dal notaio, di modo che l’efficacia probatoria legale dell’atto notarile investe direttamente la storicità delle dichiarazioni private e la loro provenienza dalle stesse parti, senza lasciar traccia se non occasionale del loro processo formativo».

(13) Su questa norma v. G. CASU, Funzione di ricevimento. Formalità richieste dalla legge notarile, in S. TONDO - G. CASU - A. RUOTOLO, Il Documento, cit., p. 79 e ss.

(14) Così A.M. SOLDI, Manuale dell’esecuzione forzata, Padova, 1 a ed., 2008, p. 83.

(15) Cfr. G. PETRELLI, op. cit., p. 545, secondo cui questo sistema «assicura un elevato grado di certezza alla dichiarazione negoziale in esso documentata, comunque, per ovvie ragioni, inferiore a quello di qualsiasi sentenza».

(16) Così E. MARMOCCHI, op. cit., p. 1116. Sulle finalità della lettura dell’atto v. G. CASU, Funzione di ricevimento. Formalità richieste dalla legge notarile, cit., p. 130 e ss.; ed inoltre F. TOMMASEO, op. cit., p. 605, che afferma: «La lettura dell’atto che il notaio deve necessariamente compiere e la sottoscrizione che le parti pongono in calce al documento, ma anche le eventuali sottoscrizioni marginali, rendono incontestabile la conoscenza che le parti abbiano del contenuto delle dichiarazioni così come definitivamente ricevute dal notaio, una conoscenza che implica l’imputazione alle stesse parti del testo della dichiarazione ma non anche - come troppo spesso si ripete - la consapevolezza dell’eventuale carattere vessatorio di singole clausole afferenti a contratti predisposti da una delle parti».

(17) Così E. MARMOCCHI, op. cit., p. 1116. Sulla sottoscrizione del notaio v. G. CASU, Funzione di ricevimento. Formalità richieste dalla legge notarile, cit., spec. p. 140 e ss.

(18) Sul punto, si riporta ancora un pregevole passo di E. MARMOCCHI, op. cit., p. 1116 e ss., ove l’Autore osserva: «La rilevanza probatoria del documento notarile non si limita tuttavia alla parte coperta dalla “prova legale” segnata dall’art. 2700 c.c. “La sicurezza garantita dalla cornice documentale - si è osservato da Bartoli Langeli - rende l’instrumentum un contenitore indifferenziato”. Riconosciuta la valenza giuridica della dichiarazione narrativa del notaio, l’intero documento acquista attendibilità e credibilità, per questo vaglio notarile di indagine e di controllo, pur nel libero apprezzamento che, per questa parte, è riservato al giudice. Il riferimento è agli enunciati ascrivibili al notaio con finalità informativa o assertiva o qualificativa del fatto storico; sempre soggetti al giudizio di verificabilità in termini di “vero o falso”, ma già oggetto di verifica da parte del notaio nel suo indagare. Rimane esclusa da questa articolata struttura probatoria del documento notarile - tra “prova legale” e “attendibilità” - la rispondenza al vero delle dichiarazioni delle parti, non già per il loro dichiararsi (art. 2700 c.c.), ma per le circostanze addotte nei loro contenuti. Anche per esse tuttavia la normativa più recente richiede - nei casi più importanti e sempre per il tramite del notaio - che ne sia garantita la veridicità mediante dichiarazioni qualificate o responsabili, variamente sanzionate».

(19) Così, con grande chiarezza, R. VACCARELLA, op. cit., p. 101 e ss., spec. p. 102.

(20) Cfr. A. PROTO PISANI, «Appunti sull’esecuzione forzata», in Foro it., 1994, V, c. 305 e ss.

(21) L’obbligo discende dall’art. 61, L. n. 89/1913, fatte salve le eccezioni previste dall’art. 70 della stessa legge.

(22) Come esempio di giusto motivo si potrebbe pensare alla correzione dell’atto pubblico di cui sia già stata spedita una copia in forma esecutiva. Rispetto alla sentenza, per un’analoga fattispecie, v. App. Bologna, 15 aprile 1982, in Giur. it., 1982, I, 2, p. 720.

(23) Cass., sez. III, 17 aprile 1992, n. 4736, in Vita not., 1992, p. 755.

(24) Cfr. Trib. Trani, 28 agosto 1986, in Foro it., 1987, I, c. 1912.

(25) Così Trib. Trani, 5 giugno 1984, in Foro it., I, c. 3029.

(26) Così Trib. Trani, 26 ottobre 1984, in Foro it., 1984, I, c. 3029.

(27) È ben nota sul punto l’analisi di G. CHIOVENDA, Istituzioni di diritto processuale civile, I, 2a ed., Napoli, 1935, p. 284, che pur reputando - già allora - l’istituto «una formalità superflua», tuttavia ne evidenziava l’importanza «attuale e pratica» in relazione all’ufficio di contrassegnare la copia rappresentativa dell’azione esecutiva.

(28) È consolidata l’affermazione secondo cui «per la spedizione in forma esecutiva di una sentenza (art. 475 c.p.c.), onde procedere ad esecuzione forzata (art. 479 c.p.c.), è sufficiente che il cancelliere, verificata la formale perfezione dell’originale, apponga sulla copia il sigillo (art. 153 disp. att. c.p.c.), attestandone il rilascio», cfr. Cass., sez. III, 16 febbraio 1998, n. 1625, in Rep. Foro it., 1998, voce Esecuzione in genere, n. 14; Trib. Napoli, 04 dicembre 2003, in Nuovo dir., 2004, I, p. 528.

(29) Cfr. Cass., sez. III, 24 marzo 2011, n. 6732, in Rep. Foro it., 2011, voce Esecuzione in genere, n. 30; v. inoltre, in motivazione, Cass., sez. III, 06 luglio 2006, n. 15378, in Rep. Foro it., 2006, voce cit., n. 70; Cass., sez. III, 24 novembre 2005, n. 24812, in Rep. Foro it., 2005, voce cit., n. 31. Sintetizza bene il confine con l’opposizione all’esecuzione Cass., sez. III, 26 ottobre 1992, n. 11618, in Rep. Foro it., 1992, voce cit., n. 43: «L’opposizione con la quale si fa valere l’erronea apposizione, nel titolo, della formula esecutiva ha la natura di una opposizione alla esecuzione (art. 615 c.p.c.) quando si risolve nella contestazione della efficacia esecutiva del titolo, del quale è, conseguentemente, negata l’esistenza, e del diritto, quindi, di procedere alla esecuzione forzata, mentre presenta i caratteri della opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.) quando si risolve nella contestazione della corretta spedizione del titolo in forma esecutiva e della sua regolarità, quindi, solo formale».

(30) Sia pure rispetto alla spedizione in forma esecutiva ad opera del cancelliere, v. Cass., 5 luglio 1990, n. 7074, in Rep. Foro it., 1990, voce Esecuzione in genere, n. 13: «Nel sistema indicato dall’art. 475 c.p.c., la spedizione del titolo in forma esecutiva non comporta l’accertamento dell’efficacia del titolo esecutivo, né dell’inesistenza di fatti impeditivi o estintivi dell’azione esecutiva, ma una verifica formale per il debitore dell’esistenza dello stesso titolo esecutivo …».

(31) Ed eventualmente alla scrittura privata autenticata conservata a raccolta dal notaio, v. infra § 7.1.

(32) E si consideri che il creditore, per fronteggiare questa conoscenza anticipata della sua iniziativa da parte del debitore, avrebbe a sua disposizione gli strumenti cautelari.

(33) Fatta salva, eventualmente, l’ipotesi che la controparte deduca non l’inesatto adempimento ma la mancata esecuzione della prestazione dovuta (o la mancata offerta di eseguirla), sempre che ne possa fornire prova documentale.

(34) L’unica agevolazione oggi offerta è la possibilità di ottenere in sede di opposizione a precetto la sospensione dell’efficacia esecutiva (cfr. art. 615, comma 1, c.p.c.).

(35) Secondo l’art. 2, D.lgs. n. 110/2010, che ha introdotto il nuovo art. 23-bis del R.D.l. 23 ottobre 1924, n. 1737: «Per gli atti pubblici e le scritture private autenticate informatiche, le annotazioni di cui all’articolo 23 e le altre annotazioni previste dalla legge sono eseguite secondo le modalità determinate ai sensi dell’articolo 68-bis, comma 1, della legge 16 febbraio 1913, n. 89».

(36) Cfr. Cass., 13 novembre 1965, n. 2372, in Giust. civ., 1966, I, p. 28; e in Riv. not., 1966, p. 229.

(37) Cfr. Cass., sez. III, 19 luglio 2005, n. 15219, cit., che in motivazione (richiamando Cass., 18 gennaio 1983, n. 477, in Giust. civ., 1983, I, p. 1493) afferma: «l’atto ricevuto da notaio può costituire titolo esecutivo relativamente all’obbligazione di somma di denaro generata dal negozio in esso documentato, sempre che contenga l’indicazione degli elementi strutturali essenziali dell’obbligazione indispensabili per la funzione esecutiva»; in senso sostanzialmente conf. Trib. Rossano, 15 maggio 2007, in Corti calabresi, 2008, p. 200; Trib. Mantova, 22 settembre 2004, in Riv. not., 2005, p. 347. Sul tema F. CATARCI, «Titoli esecutivi di formazione stragiudiziale», in Giur. mer., 2009, p. 1833, osserva che «il titolo deve essere autosufficiente per assicurare la certezza, liquidità ed esigibilità del credito, di talché il rinvio ad altra documentazione non omogenea, ad es. estratti di libri contabili, fa sì che l’atto non possa assurgere a titolo esecutivo».

(38) Cfr. Trib. Cassino, 14 marzo 2000, in Giur. mer., 2001, p. 662.

(39) Cfr. Cass., 18 gennaio 1983, n. 477, in Giust. civ., 1983, I, p. 1493.

(40) V. in motivazione Trib. Bari, sent. 29 maggio 2006, in Foro it. on line.

(41) Così Trib. Roma, 28 luglio 1998, in Dir. fall., 1999, II, p. 150.

(42) Così App. Lecce, 19 settembre 2005, in Corti pugliesi, 2006, p. 401, nota di M. SALVATORE, «Mutuo di scopo e titolo esecutivo».

(43) Così Trib. Latina-Terracina, ord. 18 maggio 2010, in Foro it., 2010, I, c. 2550. V. inoltre Cass., 19 luglio 1979, n. 4293, in Banca, borsa, tit. cred., 1981, II, p. 5, con nota di C. MÒGLIE, «Le quietanze non aventi forma di atto pubblico non sono titoli esecutivi». Rispetto al contratto condizionato di mutuo fondiario, G. PETRELLI, op. cit., p. 560, osserva che tale contratto «è sempre astrattamente idoneo ad integrare il titolo esecutivo, costituendo la fonte dell’obbligazione del mutuatario di restituire la somma ricevuta, ed il relativo atto notarile è senz’altro idoneo alla spedizione in forma esecutiva. Ai fini, invece, dell’esecutività “in concreto”, esso dovrà essere integrato da un atto di erogazione e quietanza, in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata, che integri i requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità del credito».

(44) Cfr. Cass., 19 luglio 1979, n. 4293, cit.

(45) Cfr. Trib. Brindisi, 10 ottobre 2005, in Corti pugliesi, 2007, p. 850, nota di M.R. NUCCIO, «Natura sostanziale e funzione processuale della ricognizione di debito».

(46) Cfr. Trib. Napoli, 2 febbraio 2002, in Dir. fall., 2002, II, 758, nota di D. DI GRAVIO, «L’opposizione del terzo datore di ipoteca per debito non proprio». Secondo il Tribunale «Il contratto di apertura di credito bancario, il contratto di finanziamento, nonché l’atto di costituzione di ipoteca, con rogiti notarili, anche se notificati in forma esecutiva, non possono considerarsi titoli esecutivi ex art. 474 c.p.c. perché il debito nasce non con la messa a disposizione della somma, ma con la sua diretta utilizzazione da parte del debitore». Rispetto al contratto di apertura di credito in conto corrente, v. in senso conf. Trib. Mantova, 22 settembre 2004, in Riv. not., 2005, p. 347; Trib. Pescara, 11 marzo 1981, in Foro nap., 1981, I, p. 139. Sul tema, per approfondimenti, si rinvia a G. PETRELLI, op. cit., p. 560; nonché a F. CATARCI, op. cit., p. 1833, il quale giustamente ha osservato che nel contratto in esame «a differenza del mutuo - che, al contrario, si concretizza nella dazione vera e propria di una somma di denaro e può essere spedito in forma esecutiva - l’accreditato ha il diritto di utilizzare il credito in una o più volte, ma ha anche il diritto di effettuare rimborsi totali o parziali e utilizzare nuovamente il credito così reintegrato. In tal modo la messa a disposizione della somma non implica che l’accreditato sia debitore di quell’importo, venendo di conseguenza meno la certezza del diritto, presupposto essenziale perché l’atto pubblico possa costituire titolo esecutivo ex art. 479, n. 3, c.p.c.».

(47) F. CARPI, «Alcune osservazioni sulla riforma dell’esecuzione per espropriazione forzata», in Riv. trim. dir. proc. civ., 2006, p. 221.

(48) Così F. CARPI, op. loc. ult. cit., che sottolinea come questo momento preclusivo sia «ovvio per sequestro, pegno e prelazione, ma meno nell’altra ipotesi» in cui è ammesso l’intervento senza titolo esecutivo.

(49) V. Trib. Cuneo, 21 gennaio 2008, in Giur. mer., 2009, p. 415, nota di R. TESIO, «Intervento ex art. 499 c.p.c. ed estratto conto bancario».

(50) Cfr. Trib. Cuneo, 21 gennaio 2008, cit.

(51) V. supra § 1.

(52) V. quanto già affermato supra § 3 rispetto all’utilizzazione dell’atto pubblico come titolo per l’espropriazione forzata.

(53) Cfr. E. ASTUNI, Questioni in tema di titolo esecutivo per il rilascio, (Consiglio Nazionale del Notariato, Studio n. 7-2007/E), in www.notariato.it, § 2.2; e già in questo senso E. ASTUNI, Novità in materia di titolo esecutivo (Consiglio Nazionale del Notariato, Studio n. 8- 2006/E, Studio n. 236-2006/C), ibidem, § 5.2.

(54) Cfr., anche per riferimenti, G. PETRELLI, op. cit., p. 544, nota 9.

(55) Così A.M. SOLDI, op. cit., p. 46.

(56) In questi termini E. ASTUNI, Novità in materia di titolo esecutivo, cit., § 5.1; in senso conf. G. PETRELLI, op. cit., p. 553 ss.

(57) V. sul punto, ampiamente, E. ASTUNI, Questioni in tema di titolo esecutivo per il rilascio, cit., § 2.3, che afferma: «Non esiste quindi una differenza di sostanza tra atti giudiziali e notarili: come la sentenza deve pronunciare la condanna al rilascio o il decreto di trasferimento ordinare il rilascio dell’immobile, così l’atto pubblico deve enunciare - in modo chiaro e non equivoco - l’obbligo dell’alienante di trasmettere all’acquirente la detenzione materiale della cosa. In difetto, tanto gli uni quanto gli altri non sono titolo esecutivo per il rilascio».

(58) Così F. CATARCI, op. cit., p. 1832.

(59) Lo sottolinea G. PETRELLI, op. cit., p. 554, che al riguardo osserva: «al fine di realizzare le finalità perseguite dalle parti, la tecnica redazionale dei … contratti dovrà essere il più possibile puntuale, evidenziando espressamente gli obblighi di consegna, riconsegna, restituzione, al fine di fondare sul titolo contrattuale l’azione esecutiva».

(60) Così E. ASTUNI, Questioni in tema di titolo esecutivo per il rilascio, cit., § 3 e ss., a cui si rinvia anche per un’attenta analisi casistica (ibi, § 3.1). In concreto l’Autore esclude l’idoneità di quella formula sulla trasmissione del possesso a consentire l’esecuzione per il rilascio e pertanto osserva (ibi, § 3.3): «Il nuovo art. 474 comma 3 c.p.c. esige quindi un mutamento di prospettiva: spetta al notaio di indagare gli accordi tra le parti in merito ai tempi e modi di consegna e, nel caso in cui la consegna non sia contestuale al perfezionamento della vendita, di introdurre nell’atto una pattuizione che ribadisce l’obbligo ex art. 1476 n. 1 c.c., al fine di dare all’acquirente lo strumento dell’azione esecutiva per rilascio. Ad es. la clausola può essere formulata in questi termini: “Il venditore si obbliga nei confronti del compratore e dei suoi successori o aventi causa a rilasciare l’immobile compravenduto a semplice richiesta” (variante: “nel termine di …”)».

(61) Il terzo sarà certamente legittimato a proporre opposizione all’esecuzione. Quando il titolo esecutivo sia rappresentato da una sentenza (o altro provvedimento impugnabile ex art. 404, comma 2, c.p.c.), al terzo che non possa vantare un titolo autonomo di acquisto del diritto si apre anche la strada dell’opposizione di terzo revocatoria, v. Cass., sez. II, 13 febbraio 2007, n. 3087, in Rep. Foro it., 2007, voce Esecuzione per consegna, n. 1; Cass., sez. III, 4 febbraio 2005, n. 2279, in Rep. Foro it., 2006, voce Esecuzione in genere, n. 63.

(62) Sull’efficacia ultra partes del titolo esecutivo v., per tutti, F.P. LUISO, L’esecuzione «ultra partes», Milano, 1984.

(63) In tal senso E. ASTUNI, Questioni in tema di titolo esecutivo per il rilascio, cit., § 5.1.

(64) In questa prospettiva sembra porsi G. PETRELLI, op. cit., p. 555.

(65) La posizione di questo soggetto potrà trovare adeguata tutela attraverso l’opposizione all’esecuzione. Chi vanti un autonomo diritto potrà iniziare anche un’azione di accertamento negativo, mentre l’impugnazione di cui all’art. 404 c.p.c. presuppone la sentenza o altri provvedimenti giudiziali.

(66) In questo senso cfr. E. ASTUNI, Novità in materia di titolo esecutivo, cit., § 5.2, che ritiene «indifferentemente eseguibili sia le obbligazioni di consegna/rilascio che danno attuazione al regolamento di interessi contrattuale (ad es.: la consegna al compratore del bene compravenduto o al conduttore dell’appartamento locato), sia le obbligazioni restitutorie o di riconsegna post finitum contractum, previste per il tempo in cui il rapporto, in genere ma non necessariamente di durata, abbia esaurito i propri effetti». Sull’utilizzabilità del contratto di locazione stipulato per atto pubblico come titolo esecutivo per il rilascio v. infra § 4.3 e ss.

(67) Lo evidenzia G. PETRELLI, op. cit., p. 554, argomentando da quanto affermato da Cass., 13 novembre 1965, n. 2372, cit. (v. supra § 3).

(68) Così C. CROCI, L’esecuzione forzata per consegna o rilascio, in P.G. DEMARCHI (diretta da), La nuova esecuzione forzata, Bologna, 2009, p. 1140.

(69) In giurisprudenza, per quanto risalente, v. in tal senso, rispetto alla clausola risolutiva espressa del contratto di mutuo stipulato per atto pubblico, App. Firenze, 18 dicembre 1964, in Giur. Toscana, 1965, p. 199, ricordata da R. VACCARELLA, op. cit., p. 181, che tuttavia indica in senso contrario App. Catania, 17 febbraio 1962, in Giur. it., 1962, I, 2, p. 412 e App. Palermo, 17 febbraio 1961, in Foro it., 1961, I, c. 1241.

(70) Cfr. ad es. gli artt. 55 e 56 L. 27 luglio 1978, n. 392, relativi, rispettivamente, al termine per il pagamento dei canoni e alle modalità per il rilascio.

(71) Cfr. ad es. l’art. 3, L. 9 dicembre 1998, n. 431, sui motivi di diniego del rinnovo del contratto alla prima scadenza.

(72) Così A.M. SOLDI, op. cit., p. 46. In senso conf. appare E. ASTUNI, Novità in materia di titolo esecutivo, cit., § 5.3, a parere del quale, tuttavia, si potrebbe più facilmente riconoscere questa efficacia esecutiva quando si tratti della seconda scadenza contrattuale e sempre che sia esclusa la tacita rinnovazione (anche qui con il problema di garantire la concessione del termine per il rilascio dell’immobile ai sensi dell’art. 56, L. 392/1978), v. amplius E. ASTUNI, ibidem.

(73) Così ancora A.M. SOLDI, op. loc. ult. cit.; manifesta dubbi, sia pure con altra motivazione, anche G. PETRELLI, op. cit., p. 554.

(74) In questo senso appare A. SALETTI, «Le (ultime?) novità in tema di esecuzione forzata», in Riv. dir. proc., 2006, p. 195 e ss., spec. p. 196; invece A. PROTO PISANI, «Premessa», in Foro it., 2005, V, c. 90, ha osservato, sia pure rispetto alla scrittura privata autenticata (nel periodo anteriore all’intervento della L. 263/2005), che l’utilizzabilità come titolo per il rilascio nei confronti del conduttore appare «possibile solo per la restituzione alla seconda scadenza (e salvo anche qui il sorgere di qualche problema riguardo al conduttore di beni immobili adibiti ad uso di abitazione che voglia usufruire del termine di grazia di cui all’art. 56 L. 392/78)».

(75) Così R. ORIANI, «Titolo esecutivo, opposizioni, sospensione dell’esecuzione», in Foro it., 2005, V., c. 106 (che tiene conto del contesto normativo in cui la stessa efficacia esecutiva sembrava essere stata riconosciuta anche alla scrittura privata autenticata, v. infra § 7); e A. SALETTI, op. cit., p. 196, secondo cui: «In sostanza, il controllo sulla formazione del titolo esecutivo per il rilascio, che prima era preventivo, tramite i procedimenti di sfratto o di licenza, viene adesso ad essere successivo, tramite l’opposizione all’esecuzione».

(76) Così A. SALETTI, op. loc. ult. cit.

(77) Così A. SALETTI, op. cit., p. 196, nota 10.

(78) Resterebbe in ogni caso ferma l’idoneità del contratto di locazione ad essere titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, quanto meno per la restituzione, al momento della cessazione degli effetti del contratto, delle somme eventualmente versate come caparra al tempo della sua stipulazione. Ma in questo modo le utilità offerte sarebbero equiparabili a quelle date dalla scrittura privata autenticata, che peraltro non richiederebbe la spedizione in forma esecutiva (v. infra § 7 e ss.).

(79) Il riferimento è alla vicenda che ha investito l’art. 648, comma 2, c.p.c., dichiarato costituzionalmente illegittimo, in parte qua, da Corte cost., 4 maggio 1984, n. 137 (in Foro it., 1984, I, c. 1775, nota di A. PROTO PISANI; ed in Giust. civ., 1984, I, p. 2029, nota di C. CECCHELLA, «Cauzione e concessione della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto: incostituzionalità dell’art. 648, 2º comma c.p.c.»). In questo caso si trattava della concessione dell’efficacia esecutiva provvisoria, dietro versamento della cauzione, ad un provvedimento - il decreto ingiuntivo - che di per sé, a differenza della sentenza di condanna, non è naturalmente titolo esecutivo (persino nelle ipotesi di cui all’art. 642, 1° comma, c.p.c., in cui l’efficacia esecutiva è pur sempre subordinata all’istanza del ricorrente).

(80) V. supra § 2.1 e ss.

(81) A sostengo dell’utilità di tale meccanismo si considerino queste riflessioni di E. ASTUNI, Novità in materia di titolo esecutivo, cit., § 5.3: «è da aggiungere che in ogni caso non spetta al notaio che ha ricevuto un contratto di locazione per atto pubblico valutarne l’idoneità a dare luogo a un’esecuzione per consegna o rilascio: (a) la locazione conclusa per atto pubblico è sicuramente titolo esecutivo per il pagamento dei canoni ed è quindi senz’altro legittima la sua spedizione in forma esecutiva; (b) formula esecutiva e formalità di spedizione sono uniche e indipendenti dal tipo di esecuzione consentita, sicché è da escludere la necessità per il notaio di delibare la possibilità di far valere la locazione anche ai fini del rilascio forzoso del bene; (c) l’uso successivo che del titolo faccia il legittimo possessore - a fini di un’espropriazione ovvero di un’esecuzione per rilascio - è estraneo ai controlli preventivi che il notaio è tenuto a svolgere. In altri termini, le questioni teoriche sopra accennate interesseranno, piuttosto che il notaio, soprattutto il procedente e l’esecutato e, “a cascata”, l’ufficio esecutivo e il giudice dell’eventuale opposizione».

(82) Si potrebbero seguire, in quanto compatibili, le disposizioni dell’art. 86 disp. att. c.p.c., relativo alla forma della cauzione, senza dimenticare le più moderne modalità telematiche (v. ad es. quanto prevede l’art. 173-quinquies, disp. att. c.p.c., in tema di vendita immobiliare); e dell’art. 155 disp. att. c.p.c., relativo al certificato di prestata cauzione.

(83) Sul punto appare utile consultare, sia pure rispetto ad un titolo esecutivo giudiziale, Cass., sez. III, 5 giugno 2007, n. 13069, in Riv. dir. proc., 2008, p. 1114, nota di G. FINOCCHIARO, «Note minime in tema di litisconsorzio (necessario) del terzo debitore nel giudizio di opposizione all’esecuzione»; e in Riv. esec. forz., 2008, p. 237, nota di D. RIZZARDO, «Terzo debitor debitoris e litisconsorzio nelle opposizioni esecutive».

(84) V. supra § 1.

(85) Cfr. art. 474, comma 2, n. 1, c.p.c.

(86) Per effetto di Corte cost., 12 luglio 2002, n. 336, in Foro it., 2004, I, c. 41 e ss., ed in Giust. civ. 2003, I, p. 1459, nota di G. FINOCCHIARO, «L’efficacia esecutiva del verbale di conciliazione giudiziale: ieri, oggi e domani».

(87) Cfr. M. BOVE, in G. BALENA - M. BOVE, Le riforme più recenti del processo civile, Bari, 2006, p. 131.

(88) Corte cost., 12 luglio 2002, n. 336, cit. Sul tema cfr. A. SALETTI, op. cit., p. 193.

(89) Se ne potrebbe rinvenire un esempio nella disciplina del procedimento di mediazione, perché l’omologazione giudiziale del verbale di conciliazione non è limitata ad un controllo di mera regolarità formale (v. art. 12, D.lgs. 4 marzo 2010, n. 28).

(90) V. amplius supra § 4.

(91) La si potrebbe però estendere ad un atto equiparato al provvedimento del giudice - nella specie, alla sentenza - come il lodo rituale.

(92) Cfr., anche se risalenti, Cass. 11 giugno, 1969, n. 2069, in Giur. it., 1970, I, 1, p. 1855 e Cass. 15 luglio 1961, n. 1720, in Rep. Foro it., 1961, voce Esecuzione forzata in generale, n. 18.

(93) Non esclusa l’esecuzione degli obblighi di facere fungibile, v. supra nota 89 e testo corrispondente.

(94) Sull’autenticazione della scrittura privata ad opera del notaio v. G. CASU, Funzione notarile di autenticazione. La scrittura privata autenticata, in S. TONDO - G. CASU - A. RUOTOLO, Il Documento, cit., p. 179 e ss.

(95) V. supra § 1.

(96) Ecco l’intervento correttivo operato dall’art. 1, comma 3, lett. a, L. n. 263/2005: «All’articolo 2, comma 3, lettera e, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al numero 1), all’articolo 474 del codice di procedura civile ivi richiamato, sono apportate le seguenti modificazioni: 1) il numero 2) del secondo comma è sostituito dal seguente: “2) le scritture private autenticate, relativamente alle obbligazioni di somme di denaro in esse contenute, le cambiali, nonché gli altri titoli di credito ai quali la legge attribuisce espressamente la stessa efficacia”; 2) al numero 3) del secondo comma, le parole: “o le scritture private autenticate, relativamente alle obbligazioni di somme di denaro in essi contenute” sono soppresse; 3) al terzo comma è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Il precetto deve contenere trascrizione integrale, ai sensi dell’articolo 480, secondo comma, delle scritture private autenticate di cui al numero 2) del secondo comma”;».

(97) V. supra § 1, nota 2.

(98) Cfr. F. CATARCI, op. cit., p. 1830.

(99) In mancanza di trascrizione si può proporre opposizione ex art. 617 c.p.c. Sul tipo di controllo da compiere ai fini della trascrizione integrale dell’atto v., sia pure con riferimento all’ufficiale giudiziario e rispetto agli assegni bancari, Cass. pen., sez. VI, 24 settembre 1993, in Rep. Foro it., 1994, voce Abuso di poteri, n. 47, secondo cui «L’ufficiale giudiziario, allorché si tratti di titoli per i quali non è prevista la spedizione in forma esecutiva (art. 475 e 479 c.p.c.) ma la loro trascrizione integrale nell’atto di precetto prima della notificazione (art. 480 c.p.c.), ha l’obbligo di provvedere unicamente alla certificazione della conformità della trascrizione ai titoli originali (art. 480, 2° comma, c.p.c.): nel senso, cioè, che non gli è consentito, nel contesto di tale attività, di svolgere alcun sindacato in materia di prescrizione e di esecutività del titolo; e ciò non solo perché la prescrizione va eccepita dalla parte, la quale vi può anche rinunciare e perché anche la prescrizione dell’azione cautelare è suscettiva di atti interruttivi (art. 95 legge cambiaria, 76 L. ass.) che potrebbero non essere noti alle parti interessate, ma principalmente perché sia contro il precetto sia contro i successivi atti espropriativi, la legge processuale riserva ad una apposita sede ed all’iniziativa del debitore (regime delle opposizioni) la risoluzione di tutte le questioni che potrebbero riguardare tanto la sussistenza del diritto all’esecuzione (art. 615 c.p.c.) quanto la regolarità formale del titolo esecutivo; commette, di conseguenza, il delitto previsto dall’art. 328, 1° comma, c.p., nel testo anteriore alla modifica intervenuta a seguito della L. n. 86 del 1990, l’ufficiale giudiziario che rifiuti di notificare un precetto di pagamento e di certificare nell’atto di precetto la conformità della trascrizione degli assegni bancari ai titoli originari, per essersi verificata la prescrizione dell’azione cautelare».

(100) Cfr. F. CATARCI, op. cit., p. 1831; e G. PETRELLI, op. cit., p. 550 ss. (che peraltro sembra richiederlo non soltanto per la scrittura privata conservata a raccolta).

(101) V. circolare n. 3 del 28 febbraio 2006 - Disposizioni in materia di titolo esecutivo, parere dell’Ufficio legislativo e della Direzione generale della giustizia civile.

(102) Nello stesso senso cfr. A. SALETTI, op. cit., p. 198.

(103) Art. 48 dei Principi di deontologia professionale dei notai: «L’atto di “autenticazione delle firme” della scrittura privata, comporta in ogni caso per il notaio l’obbligo di tenere i seguenti comportamenti e di osservare le seguenti prescrizioni. a) Controllare la legalità del contenuto della scrittura e la sua rispondenza alla volontà delle parti, di regola anche mediante la sua lettura alle stesse prima delle sottoscrizioni. b) Indicare nell’autentica e nel repertorio il luogo del Comune nel quale l’atto è autenticato».

(104) Art. 42 dei Principi di deontologia professionale dei notai: «Il notaio è tenuto, in particolare, a svolgere, anche nell’autenticazione delle firme nelle scritture private, in modo adeguato e fattivo le seguenti attività: a) informare le parti sulle possibili conseguenze della prestazione richiesta, in tutti gli aspetti della normale indagine giuridica demandatagli e consigliare professionalmente le stesse, anche con la proposizione di impostazioni autonome rispetto alla loro volontà e intenzione; b) proporre la scelta del tipo negoziale più adeguato alle decisioni assunte dalle parti, accertandone la legalità e la reciproca congruenza, svolgendo le richieste attività preparatorie e dirigendo quindi la formazione dell’atto nel modo tecnicamente più idoneo per la sua completa efficacia e per la stabilità del rapporto che ne deriva; c) dare alle parti i chiarimenti richiesti o ritenuti utili a integrazione della lettura dell’atto per garantire ad esse il riscontro con le decisioni assunte e la consapevolezza del valore giuridicamente rilevante dell’atto, con speciale riguardo ad obblighi e garanzie particolari e a clausole di esonero o limitative di responsabilità, nonché agli adempimenti che possono derivare dall’atto, valendosi, per questo ultimo aspetto, anche di separata documentazione illustrativa. La scrittura privata tenuta a raccolta viene letta dal notaio alle parti, salva espressa dispensa delle parti stesse. Nell’autentica il notaio fa menzione della lettura o della dispensa dalla stessa. La reiterata presenza della clausola di esonero costituisce indizio di comportamento deontologicamente scorretto».

(105) L’art. 72, comma 3, L. 16 febbraio 1913, n. 89, come modificato dall’articolo 12, comma 1, L. 28 novembre 2005, n. 246, recita: «Le scritture private, autenticate dal notaro, verranno, salvo contrario desiderio delle parti e salvo per quelle soggette a pubblicità immobiliare o commerciale, restituite alle medesime. In ogni caso però debbono essere prima, a cura del notaro, registrate a termini delle leggi sulle tasse di registro».

(106) V. supra nota 104 per il testo integrale dell’articolo.

(107) V. supra § 6.

(108) In senso conf. P. DE CESARI, «Atti pubblici e transazioni certificabili quali titoli esecutivi europei», in Foro it., 2006, V, c. 231, che osserva: «Di fronte alla novità introdotta in Italia nel processo esecutivo, ci si deve chiedere se potrà essere certificata come titolo esecutivo europeo una scrittura privata autenticata avente ad oggetto l’obbligazione di una somma di denaro. Ritengo che la risposta debba essere negativa in considerazione della nozione autonoma che il regolamento dà di atto pubblico, riferendosi a qualsiasi documento che sia stato formalmente redatto o registrato come atto pubblico e di cui sia accertata l’autenticità della firma e del contenuto».

(109) Regolamento (CE) N. 805/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 aprile 2004, che istituisce il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati, in Gazzetta ufficiale UE, 30 aprile 2004, n. 143. Su questo Regolamento v., per un esame di carattere generale, E. CONSALVI, «Il titolo esecutivo europeo in materia di crediti non contestati», in Riv. esec. forz., 2004, p. 647; M. DE CRISTOFARO, «La crisi del monopolio statale dell’imperium all’esordio del titolo esecutivo europeo», in Int’l Lis, 2004, p. 141; L. FUMAGALLI, «Il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati nel regolamento comunitario n. 805/2004», in Riv. dir. int. priv. proc., 2006, p. 23; I. LOMBARDINI, «Il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati alla luce del regolamento (Ce) n. 805 del 2004», in Studium iuris, 2005, p. 3; G. OLIVIERI, «Il titolo esecutivo europeo e la sua attuazione nell’ordinamento italiano», in Riv. esec. forz., 2002, p. 62; ID., Il titolo esecutivo europeo (Qualche considerazione sul Reg. CE 805/2004 del 21 aprile 2004), in www.judicium.it; A. PANCALDI, «La giurisprudenza italiana e il regolamento sul titolo esecutivo europeo: un esordio applicativo», in Riv. trim. dir. proc. civ., 2009, p. 439 e ss.; V. POZZI, Titolo esecutivo europeo, in Encicl. dir.-Annali, Giuffrè, Milano, 2007, vol. I, p. 1095; F. SEATZU, Titolo esecutivo europeo (diritto internazionale privato e processuale), in Enc. giur., Roma, 2006, vol. XXXI, p. 1 e ss. Su alcuni profili peculiari della disciplina v. E. D’ALESSANDRO, «Prime applicazioni giurisprudenziali del regolamento n. 805 del 21 aprile 2004 che istituisce il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati, con particolare riferimento alla possibilità di proporre opposizione ex art. 615 c.p.c. qualora lo stato richiesto dell’esecuzione sia l’Italia», in Riv. esec. forz., 2010, p. 187; F. DE STEFANO, «I rigorosi limiti di opponibilità delle esecuzioni fondate su titolo esecutivo europeo», in Riv. esec. forz., 2009, p. 480; ID., «L’insindacabilità del titolo esecutivo europeo nell’ordinamento italiano», in Riv. esec. forz., 2009, p. 52.

(110) Ai fini dell’esecuzione non è richiesta la spedizione in forma esecutiva nello stato in cui il titolo deve avere esecuzione, cfr. Trib. Milano, 30 novembre 2007, in Foro it., 2009, I, p. 936, nota di R. CAPONI, «Titolo esecutivo europeo: esordio nella prassi».

(111) Cfr. G. CAMPEIS - A. DE PAULI, «Efficacia esecutiva in Italia dell’atto notarile estero e regolamento CE 805/2004 del 21 aprile 2004 che istituisce il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati», in Dir. comm. intern., 2005, p. 88 e ss.; P. DE CESARI, op. cit., c. 230 e ss.

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