Il primo schema di convenzione sul trust
- capitolo I -
Il primo schema di convenzione sul trust
di Giancarlo Laurini
Presidente emerito Consiglio Nazionale del Notariato

1. I lavori della Commissione Speciale. Una testimonianza dal vivo

Dal 24 al 28 ottobre 1983 si svolse a L’Aja la 3° Sessione della Commissione Speciale per lo studio di un progetto di Convenzione sui trusts, alla quale parteciparono esperti della Repubblica Federale di Germania, di Argentina, Australia, Austria, Canada, Danimarca, Stati Uniti, Francia, Irlanda, Italia, Giappone, Lussemburgo, Olanda, Portogallo, Inghilterra e Svizzera, oltre ai rappresentanti della Banque des Règlements Internationaux di Basilea, del Commonwealth Secretariat e dell’Unione Internazionale del Notariato Latino, per la quale erano presenti i notai A. H. M. De Jong (Olanda), V.L. Simò Santonya (Spagna), F. Duprè e J. Aussedat (Francia), G. Laurini (Italia).
La Commissione lavorò sullo schema di Convenzione elaborato nella precedente sessione svoltasi dal 28 febbraio all’11 marzo dello stesso anno ed al quale, durante i cinque giorni di serrata discussione con numerosi esperti, vennero apportati diversi emendamenti.
La necessità di una Convenzione internazionale sulla complessa materia dei trusts, era emersa dall’utilizzazione sempre più generalizzata di tale istituto nell’area del common law per regolare interessi e rapporti, che spesso ne travalicavano i confini investendo quella del diritto civile, nell’ambito della quale gli ordinamenti nazionali avevano ed hanno principi, strutture e istituzioni rispetto ai quali il trust, con le sue caratteristiche peculiari, si trovava in molti paesi generalmente ultra e talvolta contra legem.
Istituto fondamentale del diritto anglo-americano, il trust rappresenta infatti una della più importanti creazioni dell’equity, sostanziandosi nell’affidamento ad un particolare soggetto - il trustee - di determinati beni, affinchè li gestisca nell’interesse di uno o più soggetti diversi o per uno scopo ben individuato. Esso veniva (e viene) utilizzato per i fini più svariati, tra i quali la protezione degli incapaci, l’amministrazione di società e di enti pubblici, alcune forme organizzative di tipo consortile e, in modo particolare, nelle successioni per causa di morte. È molto diffuso, infatti, nei paesi di common law, il costume di assicurare la continuità nei rapporti giuridici mediante l’inserimento del trustee fra il de cuius e l’erede, con il compito di pagare i debiti e i legati, di amministrare l’eredità e trasmettere poi all’erede stesso l’eventuale residuo attivo. In definitiva (e qui è una fondamentale differenza rispetto al nostro esecutore testamentario), il successore a titolo universale che riceve il patrimonio ereditario con i compiti testè indicati, è il trustee, mentre l’erede ultimo è soltanto un successore a titolo particolare. Medio tempore, quindi, il trustee non è un semplice amministratore dei beni ereditari, ma ha su di essi un vero e proprio diritto di proprietà, sia pure limitato nel tempo.
L’istituto del trust realizza, dunque, un’ipotesi di scissione tra la titolarità legale del diritto e gli interessi ed effetti che al diritto stesso sono connessi. Il che, per i giuristi di diritto civile, ne fa un istituto che si avvicina (non senza difficoltà …) alla più generale figura della “fiducia”, dalla quale sidistacca, però, per una caratteristica fondamentale: la rilevanza esterna del rapporto costituente - trustee - beneficiario, a fronte della natura meramente obbligatoria del rapporto fiduciante - fiduciario.
Il trust però, se aveva vita facile nei paesi anglosassoni, creava (e ancora crea) non poche difficoltà in quelli di diritto civile, nei quali la sua utilizzazione per particolari scopi, lo poneva e lo pone spesso in grave contrasto con principi fondamentali dei rispettivi ordinamenti (si pensi, ad esempio, al settore dei diritti dei legittimari e alla complessa problematica connessa alla limitazione della responsabilità personale dell’imprenditore individuale).
Tale contrasto in Italia è andato via via attenuandosi da allora, grazie a sforzi interpretativi di dottrina e giurisprudenza e, recentemente, col forte balzo in avanti sul piano legislativo, fatto con la legge 23 febbraio 2006 n. 51, che ha introdotto nel nostro codice l’art. 2645-ter, col quale si è consentita la trascrizione di “Atti di destinazione” per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela, cui è dedicata un’intera sezione di questo volume.
E così, il crescente interscambio tra paesi sovente di diversi continenti (proprio dell’attuale regime di macroeconomia), con la tendenza di ciascuno ad utilizzare istituti del proprio ordinamento, anche per operazioni in paesi terzi, fa sì che le occasioni di contrasto fra legislazioni si moltiplichino, nonostante gli sforzi fatti in ciascun paese per ammodernare la propria. Donde la necessità, già all’inizio degli anni ’80, di pervenire ad una convenzione internazionale che, nell’ovvio rispetto dei principi fondamentali e di ordine pubblico di ciascun ordinamento, dirimesse i conflitti tra leggi di diversi paesi.
Il primo schema di Convenzione sul trust, approvato a L’Aja nell’ottobre del 1983, è un esempio di questo fermento fortemente avvertito già allora, espressione dell’esigenza di determinare la legge applicabile ai trusts nei quali convergano elementi di internazionalità collegati alla cittadinanza e alla residenza del costituente, del trustee o dei beneficiari, alla ubicazione dei beni, al luogo di realizzazione dello scopo del trust e così via.
Può essere interessante in un’opera come questa dal titolo eloquente Dal trust all’atto di destinazione patrimoniale partire, nel ripercorrere il “lungo cammino di un’idea”, dal lavoro fatto trent’anni fa in una delle sedi più autorevoli sotto il profilo del progressivo sviluppo del diritto internazionale privato, nella quale lavorai in rappresentanza del Notariato, registrando sensibilità e orientamenti difficilmente percepibili all’esterno dell’austero edificio di Scheveningen ove si svolsero i lavori.
L’avant-projet di Convenzione elaborato dalla Commissione è suddiviso in quattro Capitoli ed in vari articoli e sub-articoli, i cui aspetti più salienti e caratterizzanti (corrispondenti ad altrettanti problemi che la Commissione cercò di risolvere) possono sintetizzarsi come segue.

1.1. Forma e validità della costituzione

L’art. 1.A stabilisce che le regole contenute nella Convenzione si applicano esclusivamente ai trusts costituiti “volontariamente” e “per iscritto”.
Perché nasca un trust è, pertanto, necessaria una espressa manifestazione di volontà del costituente (persona fisica, giuridica o morale), risultante da atto scritto, la cui validità è rimessa alle disposizioni della legge che si renda di volta in volta applicabile e che, per alcuni settori, potrà costituire anche oggetto di ulteriori convenzioni.
Trattasi, dunque, di una soluzione che ha recepito l’esigenza di certezza portata avanti da sempre dal notariato.

1.2. Situazione giuridica dei beni del trust

La Convenzione fa assurgere i beni del trust a “patrimonio separato”, secondo la ricostruzione che di tale fenomeno ha fatto anche la dottrina italiana. Ne consegue che per il combinato disposto degli artt. 4 (comma 2) e 11 (che regola gli effetti del riconoscimento), i beni del trust sono insensibili alle vicende dei beni personali del trustee e, ovviamente, di quelli del costituente.

1.3. Poteri di disposizione dei beni da parte del trustee e sua legittimazione

Sono determinati nel comma 3 dell’art. 4 dello schema di Convenzione e, salve le limitazioni stabilite dal costituente e le eventuali norme particolari imposte al trustee dalla legge, sono estremamente ampi e paragonabili a quelli del dominus assoluto, tranne l’obbligo di perseguire gli scopi voluti dal costituente. Di ciò egli dovrà rendere il conto.
Quanto alla legittimazione del trustee ad esercitare i poteri attribuitigli dal costituente, l’art. 11, comma 2, che prevedeva in una prima stesura che egli potesse comparire in tale veste innanzi a qualunque Autorità pubblica, venne successivamente integrato con il riferimento espresso al notaio, che in qualche ordinamento, come quello spagnolo, non era considerato autorità pubblica. Integrazione lungimirante se si pensa che quasi trent’anni dopo l’Alta Corte di giustizia del Lussemburgo, nella nota sentenza del 24 maggio 2011, ha fondato l’illegittimità della condizione di nazionalità per l’accesso al Notariato sull’affermazione che la funzione notarile, pur perseguendo interessi generali, non è però portatrice di pubblici poteri. Il che avrebbe potuto mettere in dubbio che il notaio potesse annoverarsi tra le “Autorità pubbliche”.

1.4. Forme di pubblicità del trust e soggetti legittimati a richiederla

La Commissione discusse a lungo sulla opportunità di conferire al solo trustee la legittimazione a richiedere la pubblicità del trust, nelle forme previste dalle leggi proprie di ogni singolo Stato, ovvero estenderla a qualsiasi interessato. Alla fine prevalse la prima tesi che, in definitiva, è preferibile sotto il profilo della maggiore sicurezza del traffico giuridico.

1.5. Non incidenza del trust sul sistema fiscale di ciascun paese

Fu ribadita la competenza esclusiva di ciascuno Stato nel settore fiscale, anche nei confronti di questo particolare istituto, la cui utilizzazione non può, ne deve mai avvenire in deroga o, peggio, in frode al sistema fiscale del singolo paese.

1.6. Rispetto dei principi che in ciascuno Stato sono ritenuti di ordine pubblico

È un vecchio problema, col quale si sono dovuti da sempre misurare gli esperti chiamati ad elaborare convenzioni di Diritto internazionale privato.
Lo schema di Convenzione sui trusts, oltre a contenere un espresso riferimento a tale aspetto nell’art. 18 delle Disposizioni generali, è condizionata in molte parti (e non potrebbe non esserlo) dal problema di non urtare norme di ordine pubblico dei singoli Stati e, di conseguenza, contiene non poche riserve a favore della legge del singolo Stato contraente, in considerazione della utilizzazione del trust in settori quali quello delle successioni, della protezione degli incapaci e dell’attività d’impresa, nei quali i principi di ordine pubblico di ciascuno Stato sono la testimonianza di un bagaglio storico, culturale e morale, oltre che di una realtà sociale da cui non era e non è possibile prescindere.

1.7. Criteri per la determinazione della legge applicabile al trust

Il 3° capitolo dello schema di Convenzione contiene una serie di norme volte a disciplinare i criteri per la determinazione della legge applicabile al trust.
Dopo aver stabilito la prevalenza della legge scelta espressamente dal costituente o comunque risultante dall’atto costitutivo (art. 6), il successivo art. 7 stabilisce che, in assenza di tale indicazione, si rende applicabile la legge con la quale il trust presenta i legami più stretti e detta alcuni criteri utili a determinarla (scopi del trust, luogo di amministrazione e di ubicazione dei beni, ecc. ecc.).
Particolarmente vivace fu la discussione sulla opportunità di indicare tali punti di riferimento in ordine preferenziale (come richiesto dalla maggior parte dei delegati dei paesi di diritto civile), ma la maggioranza della Commissione si espresse nel senso di lasciare all’interprete il compito di individuare, caso per caso, quale indice debba prevalere.
Questi essendo i punti, per così dire, qualificanti dello schema di Convenzione, soprattutto per quanto concerne gli aspetti di più immediato interesse notarile, va preso atto che ci fu un approccio molto attento degli esperti della Commissione rispetto ai molteplici problemi che l’uso del trust oltre i confini dei paesi di common law comporta. Certo, le soluzioni proposte non risolsero tutto e la strada da percorrere, sia a livello tecnico che politico-diplomatico, era ancora lunga, come lungo è stato e sarà ancora il cammino dell’idea, ma se vi è la volontà di arrivare in fondo, anche per le finalità perseguite col trust, è ormai aperta la via alla loro legittimazione al di là della pur ampia area del common law.
Quest’opera vuole esserne la concreta manifestazione.

2. L’avant projet adottato dalla Commissione il 28 ottobre 1983

CAPITOLO I - Campo di applicazione

Art. 1. - Variante A. - La presente Convenzione determina la legge applicabile al trust, essa regola altresì il suo riconoscimento nei rapporti tra gli Stati contraenti.
Variante B. - (La presente Convenzione determina la legge applicabile al trust e regola il suo riconoscimento).

Art. 2. - La presente Convenzione non si applica che ai trusts costituiti volontariamente e che siano provati per iscritto.

Art. 3. - La presente Convenzione non si applica alle questioni preliminari relative alla validità dei testamenti o di altri atti con i quali i beni sono trasferiti al trustee.

Art. 4. - Ai fini della presente Convenzione, il termine “trust” riguarda i rapporti giuridici creati da una persona, il costituente, allo scopo di porre alcuni beni sotto il controllo di un trustee nell’interesse di un beneficiario o per un fine determinato.
I beni del trust costituiscono una massa distinta; essi non fanno parte del patrimonio del trustee. La intestazione dei beni del trust non è fatta necessariamente a nome del trustee.
Il trustee è investito del potere e onerato del compito, di cui egli deve render conto, di amministrare, gestire e disporre dei beni secondo i principi del trust e le regole particolari imposte al trustee dalla legge.
Il fatto che il costituente conservi certe prerogative o che il trustee goda di certi diritti in qualità di beneficiario, non compromette necessariamente l’esistenza del trust.

Art. 5. - La presente Convenzione non si applica quando la legge determinata dall’art. 6 o, in difetto di scelta del costituente, dall’art. 7, non conosce l’istituto del trust o la categoria del trust in oggetto.

CAPITOLO II - Legge applicabile

Art. 6. - Il trust è retto dalla legge scelta espressamente dal costituente. In difetto di scelta espressa, la scelta del costituente deve risultare da disposizioni dell’atto istitutivo del trust o di cui si fornisca prova, interpretate, all’occorrenza, con l’aiuto delle circostanze concrete.
Il costituente può scegliere leggi diverse per regolare elementi suscettibili di essere isolati dal contesto del trust e particolarmente le questioni di amministrazione.

Art. 7. - Nella misura in cui la legge applicabile non è stata scelta conformemente alle disposizioni dell’art. 6, il trust è retto dalla legge con la quale presenta i legami più stretti.
Per determinare la legge con la quale il trust presenta i legami più stretti, si può tener conto segnatamente:
a) degli scopi del trust e dei luoghi dove essi devono essere realizzati;
b) del luogo di amministrazione del trust indicato dal costituente;
c) della ubicazione dei beni del trust;
d) della residenza o del luogo di attività del trustee. Tuttavia, se un elemento del trust è suscettibile di essere isolato dal contesto del trust e presenta un legame più stretto con un’altra legge, potrà a titolo eccezionale, essere applicata quest’ultima.

Art. 8. - La legge applicabile secondo gli artt. 6 o 7 della presente Convenzione, regola la validità del trust, la sua interpretazione e i suo effetti, oltre che l’amministrazione del trust.
Questa legge regola segnatamente:
a) la designazione, le dimissioni e la revoca del trustee, oltre che il trasferimento delle sue funzioni;
b) i diritti e gli obblighi dei trustees tra loro;
c) la facoltà per il trustee di delegare tutti o parte dei suoi poteri e di farsi rappresentare;
d) i poteri del trustee di amministrare e di disporre dei beni del trust, di assicurarli e di acquistare nuovi beni;
e) i poteri del trustee di investire o di capitalizzare le rendite del trust;
f ) i limiti di durata del trust;
g) i rapporti tra il trustee e i beneficiari, ivi compresa la responsabilità personale del trustee;
h) la modifica o la cessazione del trust;
i) la ripartizione dei beni del trust;
j) l’obbligo del trustee di rendere conto della sua gestione.

Art. 9. - La legge che regola la validità del trust nel suo insieme determina se una questione riguarda l’amministrazione del trust e se il luogo di amministrazione può essere trasferito.

Art. 10. - Quando il luogo di amministrazione del trust è stato spostato, la legge del nuovo luogo di amministrazione regola, nella misura in cui la legge applicabile alla validità del trust nel suo insieme lo permette, le questioni di amministrazione.

CAPITOLO III - (Effetti del) riconoscimento

Art. 11. - Un trust costituito in conformità ad una legge (di uno Stato contraente) determinata dagli artt. 6 o 7, sarà riconosciuto come tale in tutti gli Stati contraenti.
Il riconoscimento implica almeno che i beni del trust siano separati dal patrimonio personale del trustee e che il trustee possa agire come attore o convenuto, o comparire in tale qualità davanti ad un notaio o qualsiasi altra persona esercente una pubblica funzione.
Nella misura in cui la legge applicabile al trust lo prevede o lo richiede, questo riconoscimento implica segnatamente, con la riserva di applicazione dell’art. 19:
a) che i creditori personali del trustee non possono escutere i beni del trust;
b) che i beni del trust sono separati dal patrimonio del trustee in caso di insolvenza o fallimento di quest’ultimo;
c) che i beni del trust non fanno parte della successione del trustee;
d) che la rivendicazione dei beni del trust è consentita nel caso in cui il trustee, in violazione delle obbligazioni nascenti dal trust, ha confuso i beni del trust con i suoi beni personali o ne ha disposto.

Art. 12. - Il trustee che desidera far trascrivere nei registri di uno Stato contraente un titolo riferentesi ad un bene mobile o immobile, sarà legittimato a richiedere la trascrizione nella sua qualità di trustee o in modo tale che si rilevi l’esistenza del trust, purché ciò non sia vietato dalla legge dello Stato in cui la formalità deve aver luogo o sia incompatibile con tale legge.

Art. 13. - Il riconoscimento di un trust in applicazione dell’art. 11 implica il riconoscimento delle decisioni giudiziarie ed amministrative relative al funzionamento interno del trust rese da giurisdizioni o autorità di uno Stato contraente:
a) al quale il costituente ha attribuito per iscritto la competenza; o b) con il quale il trust nel suo insieme presenta i legami più stretti; o c) la cui legge è applicabile alla questione controversa in virtù delle disposizioni della presente Convenzione.
Una questione è considerata come relativa al funzionamento interno del trust quando concerne un’azione contro un costituente, un trustee o un beneficiario e si tratti di rapporti fra queste persone o di loro diritti o obbligazioni nell’ambito del trust.

Art. 14. - Variante A. - Nessuno Stato è tenuto a riconoscere un trust del quale tutti gli elementi, oltre quelli della scelta della legge o del luogo di amministrazione del trust, sono ubicati, al momento della costituzione, nel territorio di Stati che ignorino l’istituto del trust o questa categoria di trust.
Variante B. - Nessuno Stato contraente è tenuto a riconoscere un trust allorquando il costituente abbia scelto una legge straniera per disciplinare il trust o abbia designato un trustee residente all’estero, mentre tutti gli altri elementi della fattispecie siano localizzati in tale Stato.

Art. 15. - La presente Convenzione non impedisce il riconoscimento, da parte di uno Stato contraente, di un trust o di una decisione relativa ad un trust in situazioni non previste dalla presente Convenzione.

CAPITOLO IV - Disposizioni generali

Art. 16. - Ai sensi della Convenzione, il termine “legge di uno Stato” si riferisce alle norme di legge in vigore in uno Stato, con esclusione delle norme di diritto internazionale privato.

Art. 17. - La presente Convenzione non incide sulla competenza degli Stati contraenti in materia fiscale.

Art. 18. - L’applicazione di una delle leggi designate dalla presente Convenzione non può essere esclusa che nel caso in cui sia manifestamente incompatibile con l’ordine pubblico.

Art. 19. - Questa Convenzione non impedisce l’applicazione delle norme imperative della legge di un altro Stato indicate dalle norme di conflitto del foro e che regolino in particolare:
a) i testamenti e la devoluzione delle successioni ed in particolare i diritti dei legittimari;
b) il trasferimento della proprietà, con particolare riguardo ai terzi;
c) gli effetti personali e patrimoniali del matrimonio;
d) la protezione dei minori e degli incapaci in generale;
e) la tutela dei terzi in caso di insolvenza.
Una disposizione imperativa è una disposizione che non può essere derogata da una manifestazione di volontà.

Art. 20. - La presente Convenzione non impedisce l’applicazione a titolo eccezionale delle disposizioni imperative della legge di uno Stato con il quale una questione che si ponga in relazione al trust presenta un legame effettivo e stretto, se e nella misura in cui secondo la legge di quello Stato, tali disposizioni sono applicabili quale che sia la legge designata dalle norme di conflitto di leggi dello Stato stesso.
Per decidere se debba essere riconosciuta efficacia a queste disposizioni imperative, si terrà conto della loro natura e del loro oggetto, oltre che delle conseguenze che deriveranno dalla loro applicazione o dalla loro non-applicazione.

(Disposizioni transitorie, disposizioni sui rapporti con altre Convenzioni, sistemi non unificati e altre disposizioni finali da stabilire successivamente).

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