Gli effetti della ratifica
- capitolo II -
Gli effetti della ratifica
di Saverio Bartoli
Avvocato in Firenze

1. Il trust interno e le principali questioni ad esso inerenti

1.1. La questione dell’ammissibilità o meno del trust interno

Per effetto della legge di ratifica 16 ottobre 1989, n. 364, in data 1 gennaio 1992 è entrata in vigore in Italia la Convenzione de L’Aja 1 luglio 1985 sulla legge applicabile ai trusts e sul loro riconoscimento (d’ora in avanti: la Convenzione)(1).

Il problema ermeneutico principale che si è posto relativamente a tale Convenzione(2) è se, in virtù di essa, possa o meno ritenersi ammissibile, nel nostro ordinamento, la figura negoziale del cosiddetto ‘‘trust interno’’(3).

Visto il tenore dell’art. 13 della Convenzione, per ‘‘trust interno’’ si intende, com’è noto, il trust che è fonte di un rapporto giuridico i cui ‘‘elementi importanti’’(4) sono localizzati all’interno del nostro ordinamento ed i cui unici elementi di internazionalità sono quindi costituiti:

a. indefettibilmente, dalla legge regolatrice del trust scelta dal disponente ex art. 6 primo paragrafo della Convenzione (essendo quest’ultima - per definizione - una legge straniera);

b. eventualmente, anche dal luogo di amministrazione del trust e da quello di residenza abituale del trustee.

Tale questione è stata ampiamente sviscerata, con toni a volte a tal punto accesi da farle assumere i contorni di una sorta di ‘‘guerra di religione’’(5).

Dopo un dibattito ormai quasi ventennale, appare possibile affermare che la tesi ad oggi largamente prevalente in dottrina si è dichiarata favorevole al trust interno(6).

Quanto poi alla giurisprudenza, essa appare favorevole all’istituto in misura ancora maggiore, risultando ad oggi assai pochi i precedenti contrari(7).

Giova a questo punto dar conto, sia pure in modo il più possibile sintetico, di quali sono gli argomenti tradizionalmente addotti dalle due contrapposte tesi; si esaminerà poi nel § 2.1 la controversa questione concernente l’influenza o meno, sul tema in oggetto, del nuovo art. 2645-ter c.c.

I fautori della tesi contraria al trust interno pongono in evidenza come il nostro sistema civilistico vanti, fra i suoi principi-cardine di ordine pubblico interno, sia quello dell’unicità del diritto di proprietà e della tipicità dei diritti reali che quello della tipicità delle ipotesi di separazione patri-moniale, stante la riserva di legge esistente in materia (cfr., rispettivamente, l’art. 42 secondo comma Cost. e l’art. 2740 secondo comma c.c.; relativamente al primo dei due suddetti principi, si aggiunge che lo stesso ha trovato conferma, a livello del nostro sistema di diritto internazionale privato prima nell’art. 22 preleggi, poi nell’art. 51 della legge di riforma n. 218 del 1995).

Tanto premesso, costoro rilevano(8) che l’istituto del trust si porrebbe in insanabile contrasto con entrambi i suddetti principi, in quanto esso è fonte sia di un dualismo proprietario fra trustee e beneficiario(9) o comunque di un peculiare diritto reale, sia di un fenomeno di separazione patrimoniale i quali, non essendo previsti da alcuna norma interna, sono inammissibilmente ‘‘atipici’’.

Né a ciò è possibile ovviare - aggiungono i fautori della tesi in esame - facendo leva sull’avvenuta ratifica della Convenzione da parte dell’Italia mediante la legge n. 364 del 1989, poiché tale Convenzione è fonte di una disciplina in materia di trust meramente internazionalprivatistica(10) , sì che deve ritenersi che essa non abbia inteso introdurre l’istituto del trust nelle norme sostanziali interne dei singoli Stati ‘‘non trust’’ aderenti (in tal modo mirando a modificarne, nell’ambito in esame, il rispettivo ordine pubblico), ma solo stabilire (introducendo allo scopo una disciplina, appunto, internazionalprivatistica) i limiti entro i quali, nel caso di conflitto fra leggi proprie di ordinamenti differenti, un trust possa trovare riconoscimento all’interno degli ordinamenti degli Stati (trust o non trust) aderenti.

Chi invece ammette il trust interno, obietta che le norme della Convenzione hanno natura non solo internazionalprivatistica, ma anche sostanziale(11) , sì che la legge di ratifica n. 364 del 1989 ha finito per introdurre nel nostro ordinamento (a prescindere dall’esistenza di un conflitto di leggi proprie di ordinamenti differenti) l’istituto del trust: in tale ottica, pertanto, la peculiare situazione proprietaria di cui il trust è fonte(12) ed il fenomeno della separazione patrimoniale propria dei beni in trust (quest’ultima prevista dall’art. 11 della Convenzione) trovano ora fondamento in norme di legge extra codicem(13).

D’altro canto - si aggiunge(14) - ipotizzare che il trust si ponga in contrasto con principi del nostro ordinamento finirebbe per svuotare di significato la legge di ratifica della Convenzione.

Quanto poi alla concreta individuazione della natura della situazione proprietaria del trustee, i fautori del trust interno oscillano fra la tesi che vede in essa un ordinario diritto di proprietà ex art. 832 c.c.(15) e quella che, forse condivisibilmente, preferisce invece parlare di una nuova forma di ‘‘proprietà funzione’’ introdotta dalla legge di ratifica della Convenzione(16).

Con specifico riguardo all’argomento secondo il quale il trust si porrebbe in contrasto con il principio dell’unicità del diritto di proprietà e della tipicità dei diritti reali, si è aggiunto:

a. che la tesi prestante ossequio a tale principio sarebbe il frutto di un equivoco ermeneutico concretantesi nell’attribuzione, all’ipotesi proprietaria elementare prevedente un unico soggetto titolare di sovrani poteri sul bene - ipotesi dalla quale prende le mosse l’intera disciplina codicistica sulla proprietà privata - di un rango costituzionale (e come tale insuscettibile di essere alterato da negozi privati) che, in realtà, non le competerebbe(17) ;

b. che tale principio risulta ormai ridimensionato dal fatto che l’ordinamento positivo prevede (e fra l’altro in numero crescente) istituti peculiari come, ad esempio, la multiproprietà(18) , la quale implica il godimento turnario e temporaneo del bene, ovvero come i fondi comuni d’investimento(19) , nei quali si verifica un fenomeno di dissociazione fra godimento e gestione del bene(20).

Tanto l’argomento sub a) quanto quello sub b), ad ogni modo, appaiono non del tutto persuasivi: se è vero, infatti, che nella materia in esame vi sono stati plurimi interventi normativi, resta il fatto che la stessa è oggetto, come risulta dall’art. 42 secondo comma Cost., di un’inequivoca riserva di legge.

Per quanto poi concerne l’argomento secondo il quale il trust violerebbe la riserva di legge in tema di patrimoni separati prevista dall’art. 2740 secondo comma c.c., si è aggiunto(21) , con argomen-tazione affine a quella appena esposta sub b), che detta riserva di legge è stata ormai erosa da plurimi interventi normativi anche extra codicem i quali, avendo introdotto molteplici forme di patrimonio separato, lasciano ormai dubitare della natura di inderogabile principio di ordine pubblico della regola contenuta nella norma in esame(22).

Al solito, però, com’è stato puntualmente osservato(23) , trattasi di argomentazione non del tutto persuasiva: pur se il legislatore ha introdotto plurime eccezioni al principio di cui all’art. 2740 secondo comma c.c., infatti, risulta difficile negare che tale norma (e quindi la riserva di legge che essa inequivocamente contiene) sia tuttora vigente.

Sempre con riguardo all’art. 2740 c.c., i fautori dell’ammissibilità del trust interno affermano(24) che il trust, in realtà , non viola detta norma perché non realizza alcuna limitazione di responsabilità: quanto al disponente, infatti, il suo atto dispositivo ben sarebbe impugnabile mediante azione revocatoria; quanto poi al trustee, i beni attribuitigli non farebbero parte di quelli oggetto della garanzia patrimoniale generica di cui parla il primo comma della norma in esame, poiché da essi il trustee non può trarre alcuna personale utilità ed essi sono immuni dalle azioni esecutive dei suoi creditori personali.

Parrebbe anche in questo caso trattarsi, però, di un argomento opinabile, poiché appare indubbio che, mediante il trust, sia il disponente (e non il trustee) a creare un patrimonio separato (cioè a distaccare dal suo restante patrimonio alcuni beni, sottraendoli alla sua garanzia patrimoniale generica): se dunque si ipotizza - come fanno i fautori dell’inammissibilità del trust interno - che non esista una norma di legge che consente l’istituzione di un trust (in quanto non può attribuirsi tale natura, come invece sostengono i fautori del trust interno, alla legge di ratifica della Convenzione), quest’ultimo negozio violerebbe la riserva di legge posta dal secondo comma della norma in esame e sarebbe forse, prima ancora che impugnabile mediante azione revocatoria dai creditori del disponente, radicalmente nullo(25).

Il dibattito sull’ammissibilità del trust interno, com’è noto, in buona parte ruota, altresì, intorno all’interpretazione del (non felice) dettato dell’art. 13 della Convenzione.

Una delle versioni di tale norma che venne esaminata nel corso dei lavori preparatori e finì per essere accantonata(26) prevedeva che nessuno Stato sarebbe stato tenuto a riconoscere un trust in cui il disponente avesse scelto una legge regolatrice straniera ovvero designato un trustee straniero nonostante che tutti gli altri elementi della fattispecie fossero ubicati in tale Stato.

Se quindi il testo definitivo dell’art. 13 fosse stato quello appena indicato, se ne sarebbe dovuto dedurre che, agli occhi della Convenzione, un trust privo di elementi di internazionalità avrebbe dovuto essere necessariamente regolato dalla legge dello Stato cui gli elementi della fattispecie costitutiva risultava collegata, poiché laddove per esso fosse stata scelta una legge regolatrice straniera, nessuno degli Stati aderenti sarebbe stato tenuto a riconoscerlo.

La mancata adozione della succitata versione dell’art. 13 e la considerazione che la Convenzione in oggetto non subordina la propria applicazione alla presenza, nel caso concreto, di un conflitto di leggi, parrebbero consentire di affermare che anche nelle fattispecie prive di internazionalità colui che istituisce un trust può di regola(27) decidere, avvalendosi appunto della Convenzione, di scegliere una legge regolatrice straniera che conosca il trust.

Il testo definitivamente approvato dell’art. 13(28) prevede invece che «Nessuno Stato è tenuto a riconoscere un trust i cui elementi importanti, ad eccezione della scelta della legge da applicare, del luogo di amministrazione e della residenza abituale del trustee, sono più strettamente connessi a Stati che non prevedono l’istituto del trust o la categoria del trust in questione».

Per quanto concerne l’interpretazione dell’espressione ‘‘elementi importanti’’, si rinvia a quanto succintamente esposto all’inizio del presente paragrafo.

Appare a questo punto possibile giungere ad una prima conclusione: è pacifico che l’art. 13, visto il suo tenore letterale, abbia inteso fissare un limite alla suesposta regola generale per cui la legge regolatrice del trust può essere liberamente scelta dal disponente tanto nel caso in cui la fattispecie sia priva di elementi di internazionalità quanto in quello in cui ne sia, invece, provvista; il punto problematico è - semmai - quello di individuare l’esatta portata del limite in questione, con parti-colare riferimento al significato dell’espressione «nessuno Stato è tenuto a riconoscere» le ipotesi di trust dallo stesso art. 13 descritte.

Procedendo per gradi e facendo uso delle considerazioni fin qui svolte, appare chiaro che se la fattispecie costitutiva del trust (presenti essa o meno, rispetto all’ordinamento all’interno del quale essa viene creata, elementi di internazionalità) è «strettamente connessa» ad un ordinamento «che conosce il trust o la categoria di trust in questione», l’art. 13 è inoperante (come si evince dalla sua interpretazione a contrario) e vale la regola generale della libertà di scelta della legge regolatrice: tanto per fare degli esempi, ben potrà costituirsi, in uno Stato che conosce il trust, un trust privo di elementi di internazionalità (poiché il disponente, i beni ed i beneficiari si trovano in detto Stato) sottoponendolo (non già alla legge di tale Stato, bensì ) alla legge di un altro Stato che conosca il trust; analogamente, ben potrà costituirsi, in uno Stato che conosce il trust, un trust con elementi di internazionalità (e precisamente con legami con l’ordinamento di uno Stato diverso che parimenti conosce il trust) scegliendo quale legge regolatrice (non già quella di quest’ultimo Stato, bensì) quella di un altro Stato (ivi incluso lo Stato in cui avviene la costituzione) che conosca il trust.

L’art. 13 viene pertanto in questione quando si tratti di creare un trust la cui fattispecie, sia essa priva o meno di internazionalità, sia però ‘‘strettamente connessa’’ con l’ordinamento di uno Stato che non conosce il trust o la categoria di trust di cui trattasi: tale è - in particolare - il caso del trust interno, in cui la totalità degli ‘‘elementi importanti’’ risulta collegata all’ordinamento italiano.

In ipotesi del genere - afferma l’art. 13 - pur se il disponente abbia scelto la legge regolatrice di uno Stato che conosce il trust, «nessuno Stato è tenuto a riconoscere» detto trust.

La tesi favorevole ai trusts interni ritiene che la norma in questione debba essere intesa, come suggerirebbe del resto anche l’andamento dei lavori preparatori, non già quale fonte di un divieto di riconoscimento di negozi siffatti, bensì quale precisazione volta ad escludere che sussista un obbligo di riconoscimento di detti trusts(29).

Decisiva al riguardo sarebbe la considerazione che lo Stato italiano, in sede di ratifica della Convenzione con legge n. 364 del 1989, si sia limitato a riprodurre il contenuto dell’art. 13, senza introdurre alcuna norma interna vietante il riconoscimento in questione(30).

In altri termini, in quest’ottica, la formulazione dell’art. 13 sarebbe tale(31) da rendere facoltativo il non riconoscimento di trust interni, che dovrebbe colpire solo quelli che, in concreto, tendano ad eludere le norme interne nonostante il filtro posto, al riguardo, dagli artt. 15, 16 e 18(32) : si è fatto al riguardo l’esempio(33) del trust interno istituito a scopo «di evasione o di illegittima elusione fiscale».

Nella ricostruzione in esame l’art. 13 si atteggia, insomma, quale norma di chiusura(34) che consentirà al giudice di stabilire che la concreta ipotesi di trust interno sottoposta alla sua valutazione non è meritevole di riconoscimento in quanto, pur superando le limitazioni apposte dagli artt. 15, 16 e 18, realizza finalità e/o produce effetti non meritevoli di tutela all’interno dell’ordi-namento stesso.

Ad avviso dei fautori della tesi contraria al trust interno, invece, la formulazione dell’art. 13 costituirebbe la riprova della fondatezza di detta tesi, poiché conterrebbe un vero e proprio divieto di costituzione di siffatti trusts; la legge di ratifica della Convenzione, inoltre, sarebbe di contenuto tale da non aver affatto comportato l’introduzione della disciplina sostanziale del trust nel nostro ordinamento(35).

Chi nega l’ammissibilità dei trusts interni fa leva anche su una affatto peculiare lettura dell’art. 5 della Convenzione(36).

Chi ammette il trust interno contesta, però, la suddetta esegesi dell’art. 5, evidenziando come il criterio di collegamento costituito dalla legge con cui il trust presenta il legame più stretto, sancito dall’art. 7, entri in azione solo in difetto della scelta a monte - ex art. 6 - della legge regolatrice da parte del disponente(37).

Si aggiunge che detto art. 6 non limita la libertà del disponente nella scelta suddetta, imponendogli di far riferimento ad una legge di uno Stato con cui il trust di cui trattasi presenti elementi di collegamento: ciò emergerebbe sia dal sopra esaminato contenuto dei lavori preparatori (nel corso dei quali ogni proposta in tal senso - ispirata dall’intento di evitare utilizzazioni ‘‘abusive’’ del trust - venne sistematicamente bocciata), sia dalla considerazione che le Convenzioni de L’Aja, allorché mirino ad imporre un limite siffatto all’autonomia privata, tendono a fissarlo in modo espresso ed inequivoco(38).

I sostenitori del trust interno rilevano, poi, che la soluzione ermeneutica contraria ad esso sarebbe del tutto discriminatoria (al punto da far sorgere dubbi di costituzionalità in relazione all’art. 3 Cost.), in quanto irragionevolmente ritiene preclusa la creazione di un trust interno ai cittadini del nostro Stato ed invece consentita al cittadino straniero la creazione di un trust in Italia in una fattispecie materiale avente caratteristiche identiche a quelle del trust interno, eccezion fatta - appunto - per la cittadinanza (straniera, invece che italiana) del disponente(39).

A ciò si è però replicato, forse non senza fondamento, che in realtà tale incostituzionale disparità di trattamento fra cittadini italiani e stranieri non sussiste, sia perché l’art. 3 Cost. riguarda, nella prospettiva del diritto internazionale privato, solo i rapporti fra cittadini italiani, sia perché l’art. 10 secondo comma Cost. rinvia, per la condizione giuridica dello straniero, alla legge ed ai trattati internazionali e non al principio sancito dal ridetto art. 3 Cost.(40)

La tesi contraria al trust interno evidenzia, infine, che l’inammissibilità del negozio discenderebbe dal fatto che si tratterebbe di negozio astratto, essendo il trasferimento al trustee privo di causa(41).

Si è però giustamente rilevato in contrario che, in realtà, il trasferimento al trustee ha una sua propria causa, che consiste nell’attuazione del programma destinatorio contenuto nell’atto istitutivo del trust(42).

1.2. La questione dell’ammissibilità o meno del cosiddetto trust ‘‘statico’’ o ‘‘autodichiarato’’

Il trust ‘‘statico’’ o ‘‘autodichiarato’’ - com’è noto - si caratterizza per l’assenza di un trasferimento di beni ad un trustee, poiché è lo stesso disponente a dichiararsi trustee di beni che già gli appartengono, in tal modo apponendo sugli stessi il vincolo di destinazione proprio del trust.

Se all’interno degli ordinamenti di common law l’ammissibilità di tale figura è pacifica(43) , non altrettanto può dirsi per il nostro ordinamento: come si è più ampiamente osservato in altra sede(44) , infatti, anche a voler aderire (come appare plausibile) alla tesi favorevole al trust interno, è controverso se il trust statico trovi o meno spazio all’interno della Convenzione.

Nella sua stesura originaria, l’art. 2 § primo della Convenzione affermava che per trust s’intendono i rapporti giuridici istituiti da un soggetto «qualora dei beni siano trasferiti a o trattenuti da» un trustee, non lasciando dubbi in ordine all’applicabilità della Convenzione anche ai trusts autodichiarati.

Nel corso dei lavori preparatori, però, la norma in esame è stata modificata, pervenendo in tal modo alla sua odierna formulazione, secondo la quale per trust s’intendono i rapporti giuridici istituiti «da un soggetto, il disponente, qualora dei beni siano stati posti sotto il controllo di un trustee». L’inserimento dell’espressione ‘‘il disponente’’ ha fatto sì che la lettera della norma appaia ora richiedere che disponente e trustee siano soggetti diversi, ma occorre far presente che tale espressione, come risulta dai lavori preparatori(45) , lungi dall’esser frutto di una precisa scelta normativa nel senso suindicato, avvenne unicamente per venir incontro a richieste in tal senso da parte di delegati di paesi di civil law.

Quanto poi all’introduzione nella norma dell’espressione «beni posti sotto il controllo di un trustee» in luogo di quella «beni trasferiti a o trattenuti da un trustee», detta modifica altro non fu che il (maldestro) frutto dell’interazione di due orientamenti presenti in seno alla Conferenza de L’Aja.

Il primo di tali orientamenti, proprio dei delegati dei paesi di common law, mirava a far varare una nozione convenzionale di trust la quale fosse di facile ed immediata comprensibilità anche per i paesi di civil law: ciò è tanto vero che i delegati dei detti paesi non dettero, per lo più, particolare peso alla detta modifica, in quanto essi - data la loro antica familiarità con l’istituto del trust - giudicarono le due espressioni sostanzialmente equivalenti.

Il secondo orientamento, assai diffuso fra i delegati partecipanti alla Conferenza (quale che ne fosse l’estrazione giuridica) mirava a far varare una nozione convenzionale di trust che non fosse ristretta al trust propriamente detto, ma risultasse aperta anche alle cosiddette ‘‘trust-like institutions’’, cioè ad altri istituti (propri anche di paesi estranei all’area della common law) ad esso più o meno analoghi.

La finale ed ampia formulazione dell’art. 2 § primo della Convenzione ha così finito per esser fonte di almeno due ordini di rilevanti problemi ermeneutici:

a. quello dell’applicabilità della Convenzione solo al trust propriamente detto, ovvero anche alle ‘‘trust-like institutions’’ le cui caratteristiche siano in linea con la previsione della citata norma(46) ;

b. quello dell’applicabilità della Convenzione non solo ai trusts con trasferimento al trustee, ma anche ai trusts autodichiarati.

Occorre, altresì, osservare fin d’ora che nessun sicuro contributo alla soluzione di quest’ultimo problema appare fornito dall’ultimo § del medesimo art. 2, per il quale «il fatto che il disponente conservi alcuni diritti e facoltà ... non è necessariamente incompatibile con l’esistenza di un trust»: come sembra risultare dai lavori preparatori, infatti, è pressoché certo che fra tali ‘‘diritti e facoltà’’ non possa figurare l’ipotesi in cui il disponente si autodichiari trustee(47).

I ‘‘diritti e facoltà’’ cui la norma in oggetto fa riferimento appaiono porre piuttosto la - affatto diversa - questione del discrimine fra trust valido e trust nullo in quanto simulato (in inglese: sham trust), poiché caratterizzato dalla mancanza di una vera e propria perdita del controllo sui beni da parte del disponente(48).

Il problema del rapporto fra trust autodichiarati e Convenzione appare, altresì, correlato all’art. 4 della medesima, il quale afferma che essa «non si applica a questioni preliminari relative alla validità dei testamenti o di altri atti giuridici, in virtù dei quali determinati beni sono trasferiti al trustee»: da tale norma discende pertanto che, essendo i profili di validità, sia formale che sostanziale, del negozio dispositivo estranei all’ambito applicativo della Convenzione, essi saranno disciplinati non già dalla legge regolatrice del trust (la quale, in base all’art. 8 della Convenzione, regola la validità dell’atto istitutivo del trust, la sua interpretazione, i suoi effetti e la sua amministrazione), ma dalle norme di diritto internazionale privato proprie dei singoli Stati.

Poiché, da un lato, fra i delegati in seno alla Conferenza era diffuso il convincimento che l’esistenza e la validità di un negozio dispositivo fosse pregiudiziale alla venuta ad esistenza del trust previsto nell’atto istitutivo e, dall’altro lato, costituisce prassi diffusa nell’ordinamento inglese quella di far precedere il negozio istitutivo dal negozio dispositivo, tali circostanze produssero in sede di lavori preparatori almeno due ordini di conseguenze:

a. le questioni attinenti alla validità del negozio dispositivo vennero qualificate come ‘‘preliminari’’, e tale aggettivo venne inserito nel testo dell’art. 4;

b. si tentò di rendere palpabile l’intendimento perseguito mediante l’art. 4, implicante in sostanza una dicotomia fra negozio dispositivo (estraneo all’ambito applicativo della Convenzione, in quanto - ad avviso dei delegati - concernente una fase anteriore alla venuta ad esistenza del trust) e negozio istitutivo (soggetto, invece, alla Convenzione), facendo frequente ricorso(49) all’immagine della ‘‘fionda’’ o ‘‘rampa di lancio’’ per il primo ed a quella del ‘‘sasso’’ o ‘‘razzo’’ per il secondo.

Pur se la scelta sub a) e quella sub b) non sono risultate particolarmente felici(50) , il testo dell’art. 4 è abbastanza chiaro nel suo significato per quanto riguarda i trusts caratterizzati da un trasferimento ad un trustee.

I problemi ermeneutici nascono, invece, allorché venga in questione la figura del trust autodichiarato, poiché la parte finale del testo definitivo dell’art. 4, come si è detto in precedenza, fa riferimento a «testamenti o … altri atti giuridici, in virtù dei quali determinati beni sono trasferiti al trustee», senza alcun riferimento espresso - appunto - all’ipotesi in cui tale trasferimento faccia difetto.

Un’osservazione preliminare s’impone: il testo dell’art. 4 (che parla di ‘‘trasferimento’’ dei beni al trustee) non coincide con quello dell’art. 2 (che, come si è visto, nel fornire la nozione convenzionale di trust parla di ‘‘controllo’’ del trustee sui beni).

Ciò ha fatto sì che, nel corso dei lavori preparatori, taluni delegati si siano fatti latori di proposte di modifica del testo provvisorio dell’art. 4, volte a porlo in linea con quello dell’art. 2, in modo che non vi fossero dubbi sul fatto che l’art. 4 escludeva dall’ambito applicativo della Convenzione ogni profilo di validità del negozio dispositivo non solo nei trust con trasferimento al trustee, ma anche in quelli autodichiarati: tali proposte, però, non furono accolte perché la maggioranza dei delegati ritenne il testo dell’art. 4 sufficientemente chiaro nella sua riferibilità anche ai trusts autodichiarati.

Se, dunque, appare evidente come fosse diffuso intendimento dei delegati quello di rendere applicabile l’art. 4 anche ai trusts autodichiarati, non si può certo dire che detto intendimento sia stato reso trasparente dal testo definitivamente approvato di tale norma(51).

Nel periodo compreso fra l’entrata in vigore della Convenzione e l’intervento della nostra giurisprudenza in tema di trust autodichiarato (la prima decisione in materia è, come si vedrà, dell’anno 2001), la dottrina italiana si è pochissimo occupata della questione in esame.

Un autore(52) ha ritenuto di dare ad essa una soluzione negativa per almeno due ragioni:

a. poiché il testo definitivo del primo paragrafo dell’art. 2 ha sostituito, alla nozione di «beni trasferiti a o trattenuti da» un trustee, quella di «controllo sui beni» da parte del trustee;

b. poiché tale testo definitivo, definendo il trust come «rapporto giuridico istituito da una persona, il disponente … qualora dei beni siano stati posti sotto il controllo di un trustee», implica l’alterità soggettiva fra disponente e trustee.

Altri autori hanno optato, invece, per la soluzione positiva, ma lo hanno fatto solo implicitamente e/o senza motivare sul punto(53) , ovvero fornendo argomentazioni di difficile condivisibilità, in quanto fondate su una visione (non certo dominante) del trust come soggetto di diritto civilistico(54).

Meglio argomentata appare, invece, l’opinione positiva di chi(55) ha fatto leva sull’ultimo § dell’art. 2 - che come si è detto consente al disponente di conservare «diritti e facoltà» relative al trust dopo la sua istituzione - per concludere che l’espressione fra virgolette comprende anche l’ipotesi in cui il disponente di autodesigna trustee: si è visto, però, in precedenza come tale argomento non sia di sicura pertinenza al tema in esame.

Vi è stata, infine, l’opinione di chi(56) , pur ammettendo che trattasi di tesi non priva di ombre, ha finito per optare per la soluzione positiva facendo leva in particolare sull’andamento dei lavori preparatori, da cui - come si è visto - si evince che la menzione del ‘‘disponente’’ nel primo § dell’art. 2 fu introdotta solo per venire incontro ai delegati degli Stati di civil law (i quali aspiravano ad una formulazione chiara al punto da risultare ‘‘scolastica’’ della norma descrittiva del trust), in quanto per i delegati degli Stati di common law era pacifica l’applicabilità della Convenzione ai trusts autodichiarati.

Come si è anticipato, a partire dalla fine dell’anno 2001 la peculiare figura di trust in esame è stata oggetto di una serie di pronunzie giudiziarie(57) , la quasi totalità delle quali ne ha dichiarato l’ammissibilità nel nostro ordinamento giuridico(58).

Dieci di tali decisioni si riferiscono al problema della pubblicità di tale trust nei Registri immobiliari ai fini dell’opponibilità ai terzi del relativo vincolo di destinazione(59) : sette di esse hanno ordinato di procedere a detta pubblicità(60) , una di esse ha riconosciuto l’opponibilità ai terzi (nel caso: ai creditori del disponente) di un trust autodichiarato precedentemente trascritto(61) , mentre le restanti due hanno dichiarato legittimo il rifiuto di provvedere alla sua trascrizione(62).

Le residue tre decisioni, invece, costituiscono altrettanti provvedimenti di omologazione di accordi di separazione prevedenti l’istituzione di un trust autodichiarato da parte di uno o di entrambi i coniugi(63).

Appare, pertanto, evidente come la giurisprudenza allo stato dominante ritenga (come si vedrà, condivisibilmente) che la Convenzione si applichi anche ai trust (interni) autodichiarati.

Si deve, però, evidenziare che la quasi totalità delle suindicate decisioni favorevoli a tali trusts parrebbe mostrare di non essere a conoscenza del fatto che la questione è, in realtà, tutt’altro che pacifica.

Il primo provvedimento in materia(64) , infatti, si limita ad affermare, assai apoditticamente(65) , che l’applicabilità della Convenzione ad un trust del genere è un fatto «di immediata percezione e pacifico, quindi da accennare soltanto», poiché nel caso di specie il disponente aveva scelto per il trust la legge regolatrice inglese ed «il trust, senza eccezione per questo tipo di trust, è previsto nell’ordinamento inglese esplicitamente invocato» da detto disponente(66).

Non pare, però, trattarsi di argomento convincente: se infatti, come si è detto, è pacifico che la legge inglese, scelta dal disponente in quel caso, ammetta il trust autodichiarato, ciò non aiuta certo a risolvere il problema che si pone a monte, cioè se il trust autodichiarato come tale (quale che sia, cioè, la legge regolatrice scelta dal disponente) rientri o meno nell’ambito applicativo della Convenzione(67).

Ancora minore appare lo sforzo ermeneutico di talune altre decisioni favorevoli ai trusts autodichiarati, in cui non è dato reperire neppure un abbozzo di motivazione al riguardo(68).

Vi sono poi numerose decisioni favorevoli(69) che non dedicano alla questione del trust autodichiarato neppure una parola.

L’unica pronunzia che appare motivare in modo ampio la soluzione positiva risulta pertanto essere quella(70) secondo la quale: «Com’è stato osservato in dottrina, la nozione di trust contenuta nel primo § dell’art. 2 della Convenzione de L’Aja è assai ampia, dato che la norma afferma l’esistenza di un trust allorché il trustee abbia il ‘‘controllo’’ sui beni, senza cioè esigere che vi sia un ‘‘trasferimento’’ di beni a costui: non è richiesta, dunque, per aversi un trust ai sensi della menzionata Convenzione, una distinzione soggettiva tra il disponente e il trustee essendo sufficiente che i beni siano posti ‘‘sotto il controllo’’ di quest’ultimo. Tra l’altro, lo stesso art. 2, all’ultimo comma (la Convenzione consente al settlor di riservarsi ‘‘rights and powers’’ ...) non esclude in linea di principio una coincidenza tra due soggetti del trust, purché ciò sia consentito dalla legge regolatrice prescelta dal disponente [nel caso, è pacifico che la Trusts (Jersey) Law permetta la costituzione di trusts autodichiarati».

Come si è già accennato, se la prima parte della motivazione (quella fondata sul primo § dell’art. 2) appare convincente, molto meno risulta esserlo la sua seconda parte (poiché l’ultimo § di tale norma non riguarda, probabilmente, il trust autodichiarato).

Ad avviso dell’unica decisione contraria ai trusts autodichiarati(71) , essi sarebbero inammissibili per le seguenti ragioni:

a. il trust cui fa riferimento l’art. 2 della Convenzione postula che disponente e trustee siano soggetti diversi;

b. il disegno di legge sui trusts n. 6547 del 1999(72) postula anch’esso l’alterità soggettiva di cui al punto a), giungendo al punto di riservare l’attività di trustee a società fiduciarie, banche, società di gestione del risparmio ed imprese di investimento abilitate ex testo unico dell’intermediazione finanziaria (D.lgs. n. 58 del 1998);

c. la finalità familiare perseguita dal trust nel caso di specie (l’atto istitutivo affidava infatti al trustee, in particolare, il compito di erogare i redditi dei beni in trust ai quattro figli della disponente per «coprire le spese per la frequenza a corsi di formazione, di frequenza scolastica, di frequenza universitaria e post-universitaria, di specializzazione, di educazione e formazione culturale, sportiva e ricreativa») può essere attuata facendo ricorso al tradizionale istituto nostrano del fondo patrimoniale.

Appare comunque evidente che se, come si è visto, l’argomento sub a) appare dotato di una sua plausibilità, diverse considerazioni meritano quelli sub b) e sub c): quanto al primo, infatti, non si comprende quali spunti ermeneutici possa fornire (se non de jure condendo) un disegno di legge (peraltro, a quanto consta, abbandonato da tempo); quanto al secondo, esso si atteggia come una petizione di principio, la quale, fra l’altro, mostra di non tener conto delle notevoli differenze esistenti fra trust e fondo patrimoniale(73).

La gran parte della dottrina italiana successiva all’emissione delle sopra citate decisioni giudiziarie ha continuato a non prestare grande attenzione al problema in oggetto: molti degli autori che hanno avuto modo di commentare tali decisioni, infatti, hanno speso ben poche parole al riguardo, concentrandosi piuttosto sul tema (parimenti oggetto - come si è detto - di buona parte di tali decisioni) della trascrivibilità dei trusts.

Più precisamente, tali contributi o forniscono motivazioni a dir poco stringate in ordine all’ammissibilità del trust autodichiarato(74) , ovvero non spendono parola alcuna sull’argomento(75).

Solo pertanto pochi, a quanto consta, gli autori che hanno tentato di supportare di idonee moti-vazioni la tesi dell’applicabilità della Convenzione ai trusts autodichiarati.

Vi è chi(76) , dopo avere in precedenti contributi già aderito (sia pur non senza dubbi) alla tesi in questione(77) , ha così argomentato:

a. poiché il trust autodichiarato corrisponde al nostro negozio fiduciario statico e quest’ultimo è ammesso dalla giurisprudenza(78) , ne discende che detto tipo di trust (null’altro essendo che una fiducia statica prevista e regolata da una legge straniera) può trovare applicazione in Italia a prescindere da quella che debba ritenersi la portata applicativa della Convenzione;

b. poiché la nozione di trust contenuta nel primo § dell’art. 2 della Convenzione è assai ampia (vi si parla infatti, come si è detto, di un ‘‘controllo’’ sui beni da parte del trustee e non esclusivamente di un trasferimento di beni a costui), in essa ben può farsi rientrare il tipo di trust in questione.

Preme osservare che, se l’affermazione sub a) pare non persuadere del tutto, in quanto trust statico e fiducia statica sono assimilabili ma non identificabili(79) , quella sub b) risulta del tutto condivisibile.

Un altro autore(80) , dopo aver da un lato escluso (come si è visto, correttamente) che la soluzione favorevole al trust statico possa fondarsi sull’ultimo paragrafo dell’art. 2, dall’altro osservato che parrebbero a prima vista far propendere per la soluzione negativa sia il dettato del paragrafo primo dell’art. 2 (che sembrerebbe postulare l’alterità soggettiva fra disponente e trustee), sia l’andamento dei lavori preparatori, finisce comunque per optare per la soluzione positiva facendo essenzialmente leva sull’argomento secondo il quale la Convenzione concentrerebbe la sua attenzione non tanto sulle modalità costitutive di un trust, quanto sugli effetti giuridici del medesimo.

A dire dell’autore, ciò emergerebbe da varie norme della Convenzione, quali gli artt. 2 § secondo e 11 (che individuano gli effetti del trust), l’art. 4 (che, escludendo dall’ambito applicativo della Convenzione le questioni attinenti al conferimento in trust, mostrerebbe l’interesse di essa per la situazione successiva all’istituzione del trust stesso), l’art. 8 (che individua gli aspetti del rapporto giuridico avente fonte nel trust disciplinati dalla legge regolatrice di esso) e l’art. 20 (che, consentendo agli Stati aderenti di estendere la Convenzione anche a trust diversi da quelli espres-samente istituiti di cui all’art. 3 e come tali privi di un soggetto disponente, cioè ai constructive e resulting trust, mostrerebbe una volta di più l’interesse di essa per il rapporto giuridico di trust piuttosto che per le sue modalità istitutive).

La tesi dell’autore in esame non appare però convincente, poiché se è indubitabile che, all’interno della Convenzione, vi siano numerose norme dedicate agli effetti giuridici del trust, non si può certo trascurare il fatto che essa contiene, altresì, una norma (appunto l’art. 2 paragrafo primo) che fornisce la nozione convenzionale di trust e che, letta in correlazione all’art. 3, pone a monte il preliminare problema ermeneutico dell’includibilità o meno, nell’ambito applicativo della Convenzione, dei trusts espressamente istituiti nei quali disponente e trustee siano la stessa persona.

La particolare importanza dell’art. 2 si evince altresì dal fatto che, com’è stato osservato(81) , esso è norma insolita rispetto agli schemi usuali adottati per le Convenzioni di diritto internazionale - con particolare riguardo a quelle de L’Aja - in quanto in esse viene di solito evitata qualunque definizione dell’istituto cui devono applicarsi.

Dall’analisi che precede dovrebbe essere emerso con chiarezza che, pur essendovi fra i delegati in seno alla Conferenza de L’Aja un assai diffuso orientamento volto ad includere i trusts autodichiarati nell’ambito applicativo della Convenzione, non si è addivenuti all’approvazione di un testo normativo (mi riferisco all’art. 2 § primo) formulato in modo da rispecchiare in modo inequivoco detto orientamento(82).

Sembra possibile escludere, però, che ciò sia accaduto perché ha finito per prevalere, in sede di lavori preparatori, un orientamento contrario all’inclusione di siffatti trusts nell’ambito convenzionale.

Riterrei pertanto corretta(83) la tesi che include tali trusts nella Convenzione, alla luce delle seguenti argomentazioni:

a. l’art. 2 § primo, nella parte in cui parla di un ‘‘disponente’’ e di un ‘‘trustee’’, non postula affatto che costoro debbano essere soggetti distinti, ma si limita ad affermare che, per aversi un trust ai sensi della Convenzione, occorre una fattispecie in cui qualcuno svolge il ruolo di disponente e qualcuno (non necessariamente ‘‘qualcun altro’’) svolge il ruolo di trustee;

b. l’art. 2 § primo, che nel testo definitivo parla di ‘‘controllo’’ sui beni da parte del trustee (invece che di beni ‘‘trasferiti a o trattenuti da’’ un trustee, come accadeva in una precedente versione di tale norma), introduce una nozione convenzionale di trust più ampia di quella propria del modello tradizionale anglosassone.

Ne discende che, a fortiori, in detta lata nozione di ‘‘controllo’’ non può non rientrare anche il trust autodichiarato, che è tipologia di trust rientrante in detto modello tradizionale.

Riterrei, altresì, che siano invece prive di attinenza con il tema in questione due ulteriori norme della Convenzione, cioè l’art. 2 ultimo § e l’art. 4.

Quanto alla prima norma, infatti, essa si limita ad affermare che non può escludersi la validità di un trust in cui il trustee sia altresì beneficiario ovvero in cui il disponente si riservi, nell’atto istitutivo, una serie di ‘‘rights and powers’’, e tanto la prima quanto la seconda situazione nulla hanno a che fare con quella in cui il disponente sia, altresì, trustee.

Quanto alla seconda norma, si è visto che essa mira semplicemente ad escludere dall’ambito applicativo della Convenzione (per sottoporlo alle regole di conflitto del foro) il solo negozio dispositivo, e non anche l’atto istitutivo di un trust (al quale invece, naturalmente, la Convenzione si applica, ex art. 2 § primo).

Si è visto altresì che, pur essendovi fra i delegati in seno alla Conferenza de L’Aja un assai diffuso orientamento volto ad includere nella previsione dell’art. 4 anche il negozio dispositivo proprio dei trusts autodichiarati, anche in questo caso non si è addivenuti all’approvazione di un testo normativo inequivoco in tal senso: la lettera dell’art. 4, infatti, fa espresso riferimento al solo negozio dispositivo implicante ‘‘trasferimento’’ di beni al trustee.

Come nel caso dell’art. 2 § primo, però, sembra possibile escludere che ciò sia accaduto perché ha finito per prevalere, in sede di lavori preparatori, un orientamento contrario all’inclusione nell’art. 4 del negozio dispositivo di siffatti trusts.

L’ambiguità dell’art. 4, però, in questo caso nuoce all’interprete assai meno di quanto accade per quella dell’art. 2 § primo: ciò in quanto, quale che sia la lettura dell’art. 4 che, con riferimento al trust autodichiarato, si intenda dare, pare indubitabile che detta norma non abbia alcuna attinenza con il tema dell’ammissibilità di esso.

Se, infatti, si opta per la tesi secondo la quale anche in tale tipologia di trust vi è un negozio lato sensu dispositivo(84) , ne discende l’applicabilità dell’art. 4 (a dispetto del suo tenore letterale) a quest’ultimo negozio: ciò significa - si badi - che, ferma la riconoscibilità di detto trust autodichiarato in base all’art. 2 § primo, il suo negozio dispositivo sarà soggetto alle regole di conflitto del foro.

In tale ottica, quindi, se ad esempio Tizio autodichiara un trust interno immobiliare, i profili di validità formale e sostanziale dell’atto dispositivo (che è fonte, pur in assenza di un trasferimento, del vincolo di destinazione) sono estranei all’ambito applicativo della Convenzione in quanto, ex art. 4, sono regolati dalle norme italiane: ciò significa che il disponente dev’essere capace secondo la legge italiana e che occorre un atto scritto ad substantiam (e non semplicemente una prova scritta dell’istituzione del trust, come prevede la legge inglese e come consentirebbe, in assenza di una norma come il nostro art. 1350 c.c., anche l’art. 3 della Convenzione).

Se invece si opta per la tesi restrittiva secondo la quale, mancando nel trust autodichiarato un negozio dispositivo implicante un trasferimento, l’art. 4 non è applicabile ad un trust siffatto(85) , resta comunque ferma l’applicabilità al medesimo della Convenzione in base all’art. 2 § primo.

1.3. La questione dell’ammissibilità o meno della pubblicità del trust interno

Com’è noto, l’art. 12 della Convenzione consente al trustee di pubblicizzare l’esistenza, sui beni mobili e/o immobili nella sua titolarità ed oggetto di trust, del vincolo di destinazione che ne discende, a patto che tale forma di pubblicità non sia vietata dalla legge dello Stato in cui essa deve essere effettuata.

Tale norma costituisce, pertanto, una particolare applicazione del generale limite dell’ordine pubblico, fissato dal successivo art. 18(86).

Tanto premesso, costituisce oggetto di discussione la possibilità o meno di pubblicizzare, nelle forme previste dal nostro ordinamento a seconda della natura dei beni oggetto di trust (trascrizione o intavolazione; iscrizione nel Registro delle imprese), il trasferimento dei beni dal disponente al trustee in sede di istituzione del trust (s’intende, nei casi in cui esso non faccia difetto, come invece accade nel trust autodichiarato), come pure il vincolo di destinazione proprio di siffatto negozio; analoga questione si pone, altresì, per l’ipotesi in cui il trustee provveda all’acquisto di un bene da un terzo in ossequio alle previsioni dell’atto istitutivo (cioè acquisti un bene destinato ad essere oggetto del trust).

La dottrina dominante risulta essere favorevole alla pubblicità dei trusts interni(87).

Quanto poi alla giurisprudenza, anch’essa in generale è favorevole alla pubblicità dei trusts interni(88).

I precedenti giurisprudenziali contrari alla pubblicità di trusts interni sono, invece, piuttosto scarsi(89).

Si esporranno nel prosieguo, sia pure in modo sintetico, gli argomenti tradizionalmente addotti dalle due contrapposte tesi, per poi dar conto (cfr. § 2.1) della controversa questione concernente l’influenza o meno, sul tema in oggetto, del nuovo art. 2645-ter c.c.

I fautori della tesi contraria alla pubblicità dei trusts interni, premesso sia che la trascrivibilità del trust non può fondarsi sull’art. 12 della Convenzione ratificata dall’Italia con legge n.364 del 1989 in quanto tale norma rinvia alla legge nazionale, sia che il nostro sistema della trascrizione è retto dal principio di tassatività e tipicità degli atti trascrivibili, concludono nel senso che, non figurando il trust fra gli atti elencati nell’art. 2643 c.c., non è possibile provvedere alla sua pubblicità(90) ; né può farsi ricorso - si aggiunge - all’applicazione analogica di norme prevedenti la trascrizione di atti i quali, alla stessa stregua del trust, sono produttivi di un vincolo di destinazione (si pensi all’art. 2647 c.c. in tema di fondo patrimoniale), parimenti ostandovi il suddetto principio di tassatività.

Né al suddetto inconveniente può ovviarsi - prosegue la tesi negatrice ora in esame(91) - facendo riferimento all’art. 2645 c.c., poiché se è vero che tale norma consente la trascrizione anche di atti diversi da quelli espressamente elencati nell’art. 2643 c.c., non è men vero che essa richiede(92) che tali atti producano effetti identici (e non semplicemente analoghi o simili) a quelli propri degli atti che l’art. 2643 c.c. menziona, il che non accade per il trust.

Con specifico riguardo al sistema tavolare, infine, la tesi contraria alla pubblicità del trust adduce argomentazioni aggiuntive e fondate sulla peculiare disciplina di detto sistema(93).

Quanto alla dominante tesi che ammette la pubblicità dei trusts interni, taluni dei fautori della medesima evidenziano(94) che essa deve ammettersi poiché il nostro ordinamento non solo non contiene una norma recante un divieto al riguardo (come invece richiede l’art. 12 della Convenzione affinché la pubblicità del trust possa dirsi esclusa), ma altresì prevede la trascrizione di istituti affini al trust, come il fondo patrimoniale ed il patrimonio destinato delle SpA.

Vi è poi chi afferma(95) che il principio di tassatività degli atti trascrivibili sarebbe stato ormai eroso da vari interventi legislativi succedutisi nel corso del tempo.

Non manca poi chi rileva(96) che, se si escludesse la pubblicità del trust, l’avvenuta ratifica della Convenzione finirebbe per risultare nella sostanza inutile, poiché gli effetti di tale negozio sarebbero inopponibili ai terzi.

Gli argomenti suesposti non appaiono, però, del tutto persuasivi, apparendo preferibile fondare la tesi favorevole alla pubblicità del trust su un qualche appiglio normativo.

A quest’ultimo riguardo, le opinioni non sono univoche, pur se le stesse prendono tutte le mosse dall’avvenuta ratifica della Convenzione e, quindi, dall’art. 12 in essa contenuto.

Vi è chi afferma che la trascrizione può aver luogo direttamente in base all’art. 12 della Convenzione(97) : in tale ottica, pertanto, la legge di ratifica della Convenzione n. 364 del 1989 ha finito per introdurre nel sistema una nuova ipotesi extra codicem di trascrivibilità (com’è del resto ammesso dall’art. 2672 c.c.), l’art. 12 deve considerarsi norma self-executing(98) ed il principio di tassa-tività delle ipotesi trascrivibili non viene in alcun modo violato.

Vi è poi chi fa leva sull’art. 2645 c.c.(99) , evidenziando che il fenomeno del trasferimento di proprietà dal disponente al trustee è, in definitiva, riconducibile a quello indicato nell’art. 2643 n. 1 c.c., sì che gli effetti del trust rientrano fra quelli descritti in quest’ultima norma.

Peculiare risulta poi la posizione di chi(100) , pur fondando la pubblicità del trust - come si è appena detto - sulla diretta operatività dell’art. 12 della Convenzione ratificata, ipotizza che essa possa fondarsi, altresì, sull’art. 2645 c.c., ma seguendo un diverso percorso logico: premesso, infatti, che gli effetti del trust non sono identificabili con quelli descritti dall’art. 2643 n. 1 c.c., il tribunale triestino precisa che ciò, comunque, non preclude l’applicazione dell’art. 2645 c.c., poiché quest’ultima norma consente(101) la trascrizione di atti diversi da quelli menzionati nell’art. 2643 c.c. non solo quando gli stessi producano i medesimi effetti di questi ultimi, ma anche allorché (come appunto accade in tema di trust) essi producano effetti soltanto similari.

Vi sono poi posizioni le quali tengono conto del fatto che, producendo il trust non solo l’effetto del trasferimento dei beni dal disponente al trustee, ma anche quello consistente nel vincolo di destinazione impresso ai beni, la pubblicità deve concernere entrambi(102).

Similare è l’impostazione di chi, posto di fronte a trusts autodichiarati, afferma la pubblicizzabilità del relativo vincolo di destinazione in virtù dell’applicazione analogica dell’art. 2647 c.c.(103) ovvero, alternativamente, in virtù del carattere self executing dell’art. 12 della Convenzione ratificata o dell’applicazione analogica dell’art. 2647 c.c.(104)

Con specifico riguardo al sistema tavolare, infine, vengono addotti argomenti ulteriori(105).

Per quanto poi concerne le concrete modalità di attuazione della pubblicità del trust, con riguardo a quelli caratterizzati da un trasferimento di diritti dal disponente al trustee si è affermato inizialmente (vale a dire nel corso degli anni novanta del secolo scorso) un metodo fondato sul compimento di una sola formalità pubblicitaria, cioè su una trascrizione effettuata contro il disponente ed a favore del soggetto trustee con menzione di tale sua qualità sia nel quadro C (dedicato appunto ai ‘‘soggetti a favore’’) che nel quadro D (dedicato agli ‘‘altri aspetti che si ritiene utile pubblicare’’) della relativa nota, nonché con menzione - parimenti nel quadro D - degli estremi e contenuti essenziali dell’atto istitutivo, sì da evidenziare che la proprietà del trustee non è piena, ma gravata da un vincolo di destinazione(106).

Questo tipo di soluzione è stata aspramente criticata, forse non senza fondamento, da parte di taluni dei fautori della tesi contraria alla pubblicità del trust interno(107) , i quali, premesso che le indicazioni della nota di trascrizione rilevanti ai fini dell’opponibilità ai terzi sono solo quelle risultanti dai primi tre quadri della stessa e che quelle contenute nel quadro D assolvono ad una funzione meramente ‘‘ancillare’’ rispetto ad esse, rilevano che la soluzione in esame fa sì che dal quadro D emerga una situazione giuridica (l’esistenza di una proprietà non piena, ma vincolata nel fine ed inaggredibile dai creditori personali del proprietario) la quale smentisce radicalmente quanto emerge dai quadri precedenti (cioè l’esistenza di una proprietà piena).

A far tempo dall’inizio di questo secolo, probabilmente anche sulla scorta del suggerimento di un autore(108) , tende a prevalere un metodo fondato, invece, su una duplice formalità pubblicitaria, cioè su una prima trascrizione effettuata contro il disponente ed a favore del trustee (volta ad evidenziare, ex art. 2643 c.c., la qualità di nuovo proprietario del trustee) e su una seconda trascrizione effettuata contro il trustee (volta ad evidenziare l’esistenza del vincolo di destinazione sui beni a costui appartenenti, analogamente a quanto è previsto nell’art. 2647 c.c. per il fondo patrimoniale)(109).

Quanto, poi, alla trascrizione del cosiddetto trust autodichiarato, cioè del trust in cui disponente e trustee coincidono, vi è sostanziale concordia nell’affermare(110) che debba effettuarsi un’unica trascrizione, cioè quella contro il trustee(111).

Va comunque segnalato che, in tempi più recenti, una pronunzia giurisprudenziale(112) ha ritenuto ammissibile(113) (con riferimento all’ipotesi di trust in cui disponente e trustee sono soggetti diversi) un’ulteriore e diversa modalità trascrittiva, cioè l’effettuazione di una sola trascrizione contro il disponente ed a favore del trust (con indicazione nel quadro C della sua denominazione, della sua sede e del suo codice fiscale), quasi che si trattasse di un soggetto di diritto distinto dalla persona del trustee pro tempore, le cui generalità vengono, invece, indicate nel quadro D della nota.

Tale soluzione, però, pur animata dall’evidente intento di semplificare la pubblicità del trust (ponendosi in tale ottica, ad esempio, il mutamento del trustee potrebbe infatti esser pubblicizzato mediante una mera annotazione a margine dell’originaria trascrizione)(114) , approvata da parte della dottrina(115) e seguita da talune Agenzie del territorio(116) , desta notevoli perplessità(117) non solo perché l’opinione del tutto dominante condivisibilmente esclude la soggettività giuridica del trust(118) , ma anche perché, in materia pubblicitaria, vige il principio della tipicità delle annotazioni(119).

2. La questione del rapporto fra trust e negozio di destinazione ex art. 2645-ter c.c.

2.1. La questione dell’incidenza o meno della nuova norma sui temi dell’ammissibilità del trust interno e della sua pubblicità

L’incidenza dell’entrata in vigore dell’art. 2645-ter c.c. sui temi generali dell’ammissibilità e della trascrivibilità del trust interno appare controversa.

Quanto al primo profilo, vi è chi(120) , ritenendo che la nuova norma non sia riferibile al trust, ne afferma l’irrilevanza ai fini della soluzione della questione.

Vi è inoltre chi(121) , premesso che la meritevolezza degli interessi da realizzare prevista dalla nuova norma non è identificabile con la mera liceità(122) e costituisce un nuovo limite di ordine pubblico in tema di costituzione di patrimoni separati, ritiene che l’art. 2645-ter c.c. determini la definitiva inammissibilità del trust interno, per l’istituzione del quale basta, invece, la liceità degli interessi perseguiti.

L’opinione dominante sia in dottrina che in giurisprudenza ritiene, invece, che l’art. 2645-ter c.c. renda ammissibile il trust interno(123) , ovvero ne confermi un’ammissibilità che già era argomentabile - come si è visto al § 1.3 - sulla scorta dell’avvenuta ratifica della Convenzione(124).

Quanto, poi, al profilo dell’ammissibilità della trascrizione del trust interno, un primo orientamento(125) afferma che l’art. 2645-ter c.c., disciplinando un istituto diverso dal trust, non ne legittima affatto la pubblicità nei Registri immobiliari (pubblicità che, ad avviso degli autori in esame, resterebbe pertanto ad esso preclusa).

Altra opinione(126) , ritiene invece che l’art. 2645-ter c.c. renda ammissibile la trascrizione dei soli trusts interni i quali possiedano le caratteristiche descritte dalla nuova norma.

La tesi dominante sia in dottrina che in giurisprudenza, infine, ritiene che l’art. 2645-ter c.c. renda ammissibile la trascrizione del trust interno(127) ovvero ne confermi un’ammissibilità che già era argomentabile - come si è visto al § 1.3 - sulla scorta dell’avvenuta ratifica della Convenzione e dell’art. 12 contenuto nella stessa(128).

2.2. La questione se la disciplina contenuta nell’art. 2645-ter c.c. possa o meno, in tutto o in parte, applicarsi ai trusts interni

Occorre rilevare che talune delle regole fissate dall’art. 2645-ter c.c. si discostano (o potrebbero discostarsi, a seconda del modo in cui esse vengano interpretate) da quelle vigenti nel tradizionale diritto dei trusts: si pensi (seguendo l’ordine in cui esse sono dettate dalla norma in esame) alla previsione della forma dell’atto pubblico(129) , a quella per cui legittimato ad agire per la realizzazione della destinazione è anche il disponente(130) , a quella per cui oggetto del negozio possono essere beni immobili o mobili registrati(131) , a quella prevedente una durata massima pari a 90 anni(132) ed a quella per cui il negozio deve perseguire interessi meritevoli di tutela(133).

Tanto premesso, è discusso se, all’esito dell’entrata in vigore dell’art. 2645-ter c.c., dette regole (o quanto meno parte di esse) debbano o meno applicarsi anche ai trusts interni: il panorama delle opinioni al riguardo appare, ad oggi, lungi dall’essere chiaro.

Secondo un primo orientamento(134) , invero assai radicale, il trust ormai dovrebbe conformarsi alla totalità dei principi sanciti dall’art. 2645-ter c.c.

Ad avviso, invece, di altra impostazione dottrinale(135) , seguita anche da un provvedimento amministrativo(136) e da un paio di decisioni giudiziarie(137) , dopo l’avvento dell’art. 2645-ter c.c. il trust interno non potrebbe più limitarsi a perseguire finalità lecite, dovendo anch’esso realizzare quegli interessi meritevoli di tutela cui la nuova norma fa riferimento e che debbono ritenersi un quid pluris rispetto alla liceità stessa(138).

Vi è poi chi(139) ritiene che anche per il trust interno ormai si imponga la forma dell’atto pubblico, come pure chi(140) afferma che, quanto meno per prudenza, sarebbe consigliabile far rispettare a detto negozio sia la suddetta prescrizione formale che i limiti di durata massima parimenti previsti dalla nuova norma(141).

Vi è, invece, un diverso filone ermeneutico secondo il quale l’art. 2645-ter c.c. non incide in alcun modo sul diritto dei trusts, i quali pertanto continuano ad essere disciplinati dalla legge regolatrice prescelta.

Rientrano all’interno di detto filone, in primo luogo, coloro che affermano che, a prescindere dalla lettura che si intenda dare alla meritevolezza degli interessi richiesta dalla nuova norma(142) , in tema di trust interno continua ad essere sufficiente la liceità degli interessi perseguiti(143).

Lo stesso discorso vale per coloro secondo i quali i trusts interni:

- continuano a poter avere, quale oggetto, qualunque bene suscettibile di valutazione economica, pur se si accedesse alla tesi(144) per cui, in base all’art. 2645-ter c.c., solo i beni ivi espressamente menzionati possono essere oggetto di un negozio di destinazione(145) ;

- continuano a poter avere la durata massima prevista dalla legge regolatrice prescelta(146) ;

- continuano a poter rivestire forma scritta diversa da quella dell’atto pubblico(147) ;

- continuano ad essere ammissibili anche quando siano ‘‘di mero scopo’’ (cioè privi di beneficiari), pur se si accedesse alla tesi(148) secondo la quale l’art. 2645-ter c.c. non consente un negozio di destinazione di mero scopo(149).

2.3. La questione dell’alternatività fra negozio di destinazione ex art. 2645-ter c.c. e trust

Come si è visto nel precedente § 1.1, l’opinione dominante ritiene ammissibile il cosiddetto trust interno, che è figura generale di negozio di destinazione regolata da un diritto straniero.

Ove pertanto ci si ponga in tale ottica, se la fattispecie concreta è priva di collegamenti con un ordinamento straniero il trust interno ed il negozio ex art. 2645-ter c.c. (che è, a sua volta, una figura generale di negozio di destinazione regolata dal diritto italiano) si atteggiano quali strumenti alternativi, pur se il negozio di destinazione potrebbe, sotto vari profili, risultare affetto da limiti operativi i quali finirebbero per renderlo meno competitivo rispetto al trust, in ispecie se si aderisca alle opinioni secondo le quali:

a. non è ammissibile un negozio di destinazione prevedente un trasferimento del bene vincolato ad un terzo-gestore(150) ;

b. nel negozio di destinazione il gestore non è gravato da obbligazioni fiduciarie, sì che esso risulta utilizzabile solo per gestioni di tipo ‘‘statico’’ e sprovviste di poteri discrezionali(151) ;

c. non è ammissibile un negozio di destinazione avente ad oggetto beni diversi dai beni immobili o mobili registrati(152) ;

d. nel negozio di destinazione possono esservi solo beneficiari di reddito e non anche beneficiari finali(153) ;

e. nel negozio di destinazione, l’eventuale alienazione indebita del bene vincolato è perfettamente valida, in quanto il bene circola affetto dal vincolo(154) ;

f. nel negozio di destinazione il bene vincolato cade nella successione mortis causa del gestore e, se costui sia coniugato, nel suo eventuale regime di comunione legale(155).

Secondo un orientamento(156) , il nuovo istituto codicistico potrebbe costituire un’alternativa rispetto al trust (in questo caso ‘‘estero’’) anche laddove la fattispecie concreta fosse munita di elementi di collegamento con un ordinamento straniero: ciò in quanto, rientrando il negozio delineato dall’art. 2645-ter c.c. nell’ampia nozione di trust di cui all’art. 2 della Convenzione, in ipotesi siffatte il destinante potrebbe, nel negozio istitutivo della destinazione, scegliere (avvalendosi dell’art. 6 della Convenzione stessa) la legge italiana (cioè - appunto - l’art. 2645-ter c.c.) quale legge regolatrice.

Si è però al riguardo obiettato(157) , forse non senza fondamento, che alla luce del tenore dell’art. 8 paragrafo secondo della Convenzione tale alternatività appare impraticabile, poiché i vari limiti di disciplina affettanti il negozio ex art. 2645-ter c.c. portano ad escluderne la riconducibilità alla - per quanto ampia - nozione di trust fornita dall’art. 2 della Convenzione stessa.


(1) Lo stato delle sottoscrizioni e delle ratifiche della Convenzione da parte dei vari Stati è consultabile al link http://www.hcch.net/index_en.php?act=conventions.status&cid=59.

(2) La quale, ovviamente, impone all’Italia il riconoscimento di trusts “stranieri”, cioè muniti di obiettivi collegamenti con ordinamenti di altri Stati: si pensi ad un trust avente ad oggetto immobili ubicati in Inghilterra ed il cui disponente è cittadino americano.

(3) Tale espressione è stata coniata da un autore - cfr. M. LUPOI, «Il trust nell’ordinamento giuridico italiano dopo la Convenzione dell’Aja del 10 luglio 1985», in Vita not., 1992, p. 976; ID., Introduzione ai trusts, Milano, 1994, p. 148 e ss. - già all’indomani dell’entrata in vigore della Convenzione ed è stata da egli ripresa anche in successivi lavori, fra cui - cfr. M. LUPOI, Trusts, Milano, 2001, p. 536 - la sua nota monografia).

(4) Per tali dovendosi intendere sia - com’è pacifico - il luogo in cui i beni sono ubicati e quello in cui lo scopo del trust deve essere perseguito, sia - come parrebbe affermare la tesi prevalente - la cittadinanza e residenza del disponente e dei beneficiari: sulla questione cfr. amplius L. CONTALDI, Il trust nel diritto internazionale privato italiano, Milano 2001, p. 156 e ss.; S. BARTOLI, Il Trust, Milano, 2001, p. 599 e ss.

(5) Paradigmatico al riguardo è il contrasto di vedute sorto, all’inizio di questo secolo, fra M. LUPOI e F. GAZZONI, l’uno favorevole e l’altro contrario alla figura negoziale in esame: cfr. infatti M. LUPOI, «Lettera a un notaio conoscitore dei trust», in Riv. not., 2001, p. 1159 e ss.; F. GAZZONI, «Tentativo dell’impossibile (osservazioni di un giurista “non vivente” su trust e trascrizione)», in Riv. not., 2001, p. 11 e ss.; ID., «In Italia tutto è permesso, anche quel che è vietato (lettera aperta sul trust e su altre bagattelle)», in Riv. not., 2001, p. 1247 e ss.; ID., «Il cammello, il leone, il fanciullo e la trascrizione del trust», in Riv. not., 2002, p. 1107 e ss.; ID., «Il cammello, la cruna dell’ago e la trascrizione del trust», in Rass. dir. civ., 2003, p. 953 e ss.

(6) Poiché la letteratura al riguardo è ormai vastissima, ci si limita ad indicare i contributi più ampi sull’argomento: cfr. M. LUPOI, Trusts, cit., p. 533 e ss.; S. BARTOLI, Il Trust, cit., p. 597 e ss.; A. GAMBARO, voce “Trusts”, in Digesto-disc. priv., sez. civ., vol. XIX, Torino, 1999, p. 449 e ss.; L.F. RISSO - D. MURITANO, «Il trust: diritto interno e Convenzione de L’Aja. Ruolo e responsabilità del notaio», in Trust e attività fiduciarie (d’ora in avanti: in Taf) 2006, p. 459 e ss.; S.M. CARBONE, «Autonomia privata, scelta della legge regolatrice del trust e riconoscimento dei suoi effetti nella Convenzione dell’Aja del 1985», in Taf, 2000, p. 145 e ss.; ID., «Trust interno e legge straniera», in Taf, 2003, p. 333 e ss.; R. LUZZATTO, «Legge applicabile e riconoscimento di trusts secondo la Convenzione dell’Aja», in Taf, 2000, p. 7 e ss.; S. BUTTÀ, «Effetti diretti della Convenzione dell’Aja nell’ordinamento italiano», in Taf, 2000, p. 551 e ss.; P. PICCOLI, «Possibilità operative del trust nell’ordinamento italiano. L’operatività del trustee dopo la Convenzione dell’Aja», in Riv. not., 1995, p. 66 e ss.; per la tesi contraria al trust interno cfr. invece G. BROGGINI, «“Trust” e fiducia nel diritto internazionale privato», Europa e diritto privato (d’ora in avanti: Edp), 1998, p. 399 e ss.; C. CASTRONOVO, «Trust e diritto civile italiano», in Vita not. 1998, p. 1323 e ss.; ID., «Il trust e “sostiene” Lupoi», in Edp, p. 441 e ss.; L. CONTALDI, Il trust nel diritto …, cit., p. 123 e ss.; F. GAZZONI, «Tentativo …», cit.; ID., «In Italia …», cit.; ID., «Il cammello, il leone …», cit.; ID., «Il Cammello, la cruna …», cit.; R. QUADRI, La destinazione patrimoniale. Profili normativi e autonomia privata, Napoli 2004, p. 303 e ss.

(7) Cfr. infatti per la tesi positiva, in ordine cronologico, Trib. Milano (decr.) 27 dicembre 1996, in Soc., 1997, p. 585; Trib. Genova (decr.) 24 marzo 1997, in Giur. comm., 1998, II, p. 759; Trib. Genova (decr.) 17 aprile 1997 inedita (ma reperibile in S. BARTOLI, Il Trust, cit., p. 743); Pret. Roma (ord.) 13 aprile 1999 e Trib. Roma (ord.) 2 luglio 1999, in Taf, 2000, p. 83; Trib. Chieti (decr.) 10 marzo, 2000, in Taf, 2000, p. 372; Trib. Bologna (decr.) 18 aprile 2000, in Taf, 2000, p. 372; Trib. Perugia - Giudice tutelare (decr.) 26 giugno 2001, in Taf, 2002, p. 52; Trib. Pisa (decr.) 22 dicembre 2001, in Taf, 2002, quanto alla decisione 241, quanto all’atto istitutivo p. 475 e quanto alla sua trascrizione p. 481, nonché in Notariato (d’ora in avanti: Not.) 2002, p. 383 e in Riv. not., 2002, p. 192; Trib. Perugia - Giudice tutelare (decr.) 16 aprile 2002, in Taf, 2002, p. 584; Trib. Milano (decr.) 8-29 ottobre 2002, in Taf, 2003, p. 270; Trib. Firenze (decr.) 23 ottobre 2002, in Taf, 2003, p. 406; Trib. Verona (decr.) 8 gennaio 2003, in Taf, 2003, p. 409; Trib. Roma - sez. fall. - Giudice delegato (decr.) 4 aprile 2003, in Taf, 2003, quanto alla decisione p. 411 e quanto all’atto istitutivo p. 481; Trib. Bologna - Giudice del Registro (decr.) 16 giugno 2003, in Taf, 2003, p. 580; Trib. Bologna 1 ottobre 2003, in Taf, 2004, p. 67; Trib. Parma (decr.) 21 ottobre 2003, in Taf, 2004, p. 73; Trib. Bologna - Giudice tutelare (decr.) 3 dicembre 2003, in Taf, 2004, quanto alla decisione p. 254 e quanto all’atto istitutivo p. 477; Trib. Roma - sez. fall. (decr.) 5-11 marzo 2004, in Taf, 2004, quanto alla decisione p. 406 e quanto all’atto istitutivo p. 481; Trib. Firenze - Giudice tutelare (decr.) 8 aprile 2004, in Taf, 2004, p. 567; Trib. Firenze - Giudice tutelare (decr.) 7 luglio 2004, in Taf, 2005, p. 85; Trib. Trento - S.D. di Cavalese - Giudice tavolare (decr.) 20 luglio 2004, in Taf, 2004, p. 573; Trib. Brescia 12 ottobre 2004, in Taf, 2005, p. 83; Trib. Parma 3 marzo 2005, in Taf, 2005, quanto alla decisione p. 409 e quanto all’atto istitutivo p. 302; Trib. Velletri (ord.) 7 marzo 2005, in Taf, 2005, p. 407; Trib. Milano (decr.) 8 marzo 2005, in Taf, 2005, p. 585); Trib. Trento - S.D. di Cles - Giudice tavolare (decr.) 7 aprile 2005, in Taf, 2005, p. 406; Trib. Napoli (decr.) 16 giugno 2005, in Taf, 2006, p. 249; Trib. Firenze 2 luglio 2005, in Taf, 2006, p. 89; Trib. Modena (decr.) 11 agosto 2005, in Taf, 2006, p. 581; Trib. Mondovì (decr.) 16 settembre 2005, in Taf, 2009, p. 182; Trib. Trieste - Giudice tavolare (decr.) 23 settembre 2005, in Taf, 2006, p. 83; Trib. Rovereto - Giudice tavolare (decr.) 28 ottobre 2005, in Taf, 2006, p. 420; Trib. Pordenone (decr.) 20 dicembre 2005, in Taf, 2006, p. 247; Trib. Trento - S.D. di Cles - Giudice tavolare (decr.) 25 gennaio 2006, in Taf, 2006, p. 419; Trib. Ferrara (decr.) 28 febbraio 2006 inedito (ma reperibile in S. BARTOLI - D. MURITANO, Le clausole dei trusts interni, Torino, 2008, p. 137 e ss.); Trib. Genova (decr.) 14 marzo 2006, in Taf, 2006, p. 415; Trib. Bologna 20 marzo 2006, in Taf, 2006, p. 579; Trib. Trieste - Giudice tavolare (decr.) 7 aprile 2006, in Taf, 2006, p. 417; Trib. Milano (decr.) 7 giugno 2006, in Taf, 2006, p. 575; Trib. fall. Prato (decr.) 12 luglio 2006, in Taf, 2007, p. 58; Trib. Bressanone - Giudice tavolare (decr.) 16 agosto 2006, in Taf, 2007, p. 60; Trib. fall. Firenze - G.D. (decr.) 26 ottobre 2006, in Taf, 2007, p. 418; Trib. Milano (decr.) 2 novembre 2006 inedito (ma citato da M.G. MONEGAT, Trust di famiglia, in AA.VV., Il trustee nella gestione dei patrimoni. Responsabilità e risoluzione dei conflitti a cura di D. Zanchi, Torino, 2009, p. 256-257); Trib. Saluzzo - G.D. (decr.) 9 novembre 2006, in Taf, 2008, p. 290; Trib. Siena (ord.) 16 gennaio 2007, in Taf, 2007, p. 266; Trib. Reggio Emilia (ord.) 14 maggio 2007, in Taf, 2007, p. 425; Trib. Milano (decr.) 10 luglio 2007, in Taf, 2007, p. 579; Trib. Grosseto - S.D. di Orbetello - Giudice tutelare (decr.) 29- 30 luglio 2008, in Not., 2009, p. 40 (in cui è riportato con la data del 15 luglio 2008); Trib. Trieste - Giudice tavolare (decr.) 19 settembre 2007, in Taf, 2008, p. 42; Trib. Genova (decr.) 1 aprile 2008, in Taf, 2008, p. 392 e, quanto all’atto, p. 456; Trib. Padova (decr.) 2 settembre 2008, in Taf, 2008, p. 628; Trib. Firenze 6 settembre 2008, in Taf, 2009, p. 549; Trib. Firenze 19 settembre 2008, in Taf, 2009, p. 179; Trib. Bologna - Giudice tutelare (decr.) 23 settembre 2008, in Taf, 2008, p. 631; Trib. Crotone (decr.) 29 settembre 2008, in Taf, 2009, p. 37 e, quanto all’atto istitutivo, p. 227; Trib. Modena - sez. dist. Sassuolo Giudice tutelare (decr.) 11 dicembre 2008, in Taf, 2009, p. 177 e, quanto al ricorso, all’atto istitutivo ed alla Ctu, p. 324; Trib. Parma (decr.) senza data ma 2008 in www.federnotizie.org, numero del settembre 2008 della rivista on line; Trib. Cassino 8 gennaio 2009, in Taf, 2009, p. 419; Trib. Roma - sez. fall. 11 marzo 2009, in Taf, 2009, p. 541; Trib. Torino 31 marzo 2009, in Taf, 2009, p. 413; Trib. Bologna 1 aprile 2009, in Taf, 2009, p. 411; Trib. Rimini - Giudice tutelare (decr.) 21 aprile 2009, in Taf, 2009, p. 409; Trib. Bologna (decr.) 11 maggio 2009, in Taf, 2009, p. 543; Trib. Modena - sez. dist. Sassuolo Giudice tutelare (decr.) 27 maggio 2009 inedito; Trib. Milano (ord.) 16 giugno 2009, in Taf, 2009, p. 533; Trib. Genova - Giudice tutelare (decr.) 17 giugno 2009, in Taf, 2009, p. 531; Trib. Modena (decr.) 18 novembre 2009 inedito; Trib. Bologna 1 dicembre 2009, www.ilcaso.it. Quanto, invece, alla minoritaria tesi contraria ai trusts interni cfr., sempre in ordine cronologico, Trib. S. Maria Capua Vetere (decr.) 14 luglio 1999, in Taf, 2000, p. 251; Trib. Belluno (decr.) 25 settembre 2002, in Taf, 2003, p. 255; Trib. Napoli (decr.) 1 ottobre 2003, in Taf, 2004, p. 74; App. Napoli (decr.) 27 maggio 2004, in Taf, 2004, p. 570; Trib. Velletri (ord.) 29 giugno 2005, in Taf, 2005, p. 577. Meritano poi menzione talune pronunzie che, pur se sovente citate quali precedenti favorevoli al trust interno, in realtà risultano dubbiose al riguardo [cfr. Trib. Firenze (decr.) 10 maggio 2002 inedito e Trib. Firenze (ord.) 6 giugno 2002, in Taf, 2004, p. 256] ovvero appaiono concernere trusts provvisti di ulteriori elementi di internazionalità e quindi non ‘‘interni’’ (cfr. Trib. Lucca 23 settembre 1997, Foro it. 1998, I, c. 2007 e 3391, confermata da App. Firenze 9 agosto 2001, in Taf, 2002, p. 244; Trib. Milano 20 ottobre 2002, in Taf, 2003, p. 265, confermata da App. Milano 20 luglio 2004, in Taf, 2005, p. 87 e poi da Cass. n. 16022/2008, in Taf, 2008, p. 522). Dei trusts interni si sono inoltre occupate, senza mai metterne in dubbio la validità, anche numerose pronunzie penali [cfr. Trib. Alessandria - Ufficio Gip (decr.) 5 aprile 2000, in Taf, 2000, 375; Trib. Alessandria - sez. pen. (ord.) 2 maggio 2000, in Taf, 2000, p. 377; Trib. Torino - Ufficio Gip (decr.) 19 gennaio 2004, in Taf, 2005, p. 412; Trib. Grosseto - Ufficio Gip (decr.) 6 febbraio 2004, in Taf, 2005, p. 416; Trib. Torino - sez. riesame (ord.) 9 febbraio 2004, in Taf, 2005, p. 414; Cass., VI sez. pen. 18 dicembre 2004, in Taf, 2005, p. 574; Trib. Venezia - sez. penale 4 gennaio 2005, in Taf, 2005, p. 245] e tributarie (cfr. Comm. trib. prov. Treviso 29 marzo 2001, in Taf, 2002, p. 419; Comm. trib. prov. Lodi 5 novembre 2001, in Taf, 2002, p. 418; Comm. trib. reg. Venezia 23 gennaio 2003, in Taf, 2003, p. 253; Comm. trib. prov. Brescia 11 gennaio 2006, in Taf, 2006, p. 424; Comm. Trib. Reg. Lombardia - sez. dist. Brescia 22 maggio 2007, in Taf, 2007, p. 581; Comm. Trib. Prov. Firenze 12 febbraio 2009, in Taf, 2009, p. 425; Comm. trib. prov. Savona 11 marzo 2009, in Taf, 2009, p. 417 e, quanto all’atto istitutivo, p. 453).

(8) Cfr. in dottrina F. GAZZONI, «Tentativo …», cit.; ID., «In Italia …», cit.; G. BROGGINI, «“Trust” e fiducia …», cit., p. 415; C. CASTRONOVO, «Trust e diritto …», cit.; ID., «Il trust e “sostiene” …», cit., p. 448; L. CONTALDI, Il trust nel diritto …, cit., p. 155; R. QUADRI, La destinazione …, cit., p. 312 e ss.; in giurisprudenza Trib. Belluno (decr.) 25 settembre 2002, in Taf, 2003, p. 255.

(9) Si segnala che la tesi della doppia proprietà èstata elaborata nella risalente monografia di R. FRANCESCHELLI, Il “trust” nel diritto inglese, Padova, 1935, p. 23 e ss. e p. 127 e ss.

(10) Cfr. in dottrina L. CONTALDI, Il trust nel diritto …, cit., p. 123 e ss.; F. GAZZONI, «Tentativo …», cit., p. 18; G. OBERTO, «Trust e autonomia negoziale nella famiglia», in Fam. e dir., 2004, p. 206 e ss.; R. QUADRI, La destinazione …, cit., p. 309 e 317; G. BROGGINI, «“Trust” e fiducia …», cit., p. 411; S. MEUCCI, La destinazione di beni tra atto e rimedi, Milano, 2009, p. 122; in giurisprudenza Trib. S. Maria Capua Vetere (decr.) 14 luglio 1999, in Taf, 2000, p. 251; Trib. Belluno (decr.) 25 settembre 2002, in Taf, 2003, p. 255; Trib. Velletri (ord.) 29 giugno 2005, in Taf, 2005, p. 577.

(11) Cfr. Trib. Bologna 1 ottobre 2003, in Taf, 2004, p. 67; Trib. Trieste - Giudice tavolare (decr.) 23 settembre 2005, in Taf, 2006, p. 83.

(12) Situazione non riconducibile, ad ogni modo, a quella ‘‘doppia proprietà’’ di cui talora parla la tesi contraria: cfr. sul punto S. BARTOLI, Il Trust, cit., p. 98 e ss.

(13) Cfr. in dottrina A. GAMBARO, «Segregazione e unità del patrimonio», in Taf, 2000, p. 155 e ss.; ID., «Un argomento a due gobbe in tema di trascrizioni del trustee in base alla XV Convenzione dell’Aja», in Riv. dir. civ., 2002, II, p. 919 e ss.; ID., «Notarella in tema di trascrizione degli acquisti immobiliari del trustee ai sensi della XV Convenzione dell’Aja», in Riv. dir. civ., 2002, p. 263; C. MASI, La Convenzione dell’Aja in materia di trusts, in AA.VV., Materiali e commenti sul nuovo diritto dei contratti a cura di G. Vettori, Padova, 1999, p. 784 e ss.; in giurisprudenza Trib. Verona (decr.) 8 gennaio 2003, in Taf, 2003, p. 409; Trib. Bologna 1 ottobre 2003, in Taf, 2004, p. 67; Trib. Firenze 2 luglio 2005, in Taf, 2006, p. 89; Trib. Brescia (decr.) 12 ottobre 2004, in Taf, 2005, p. 83; Trib. Reggio Emilia (ord.) 14 maggio 2007, in Taf, 2007, p. 425; Trib. Modena - sez. dist. Sassuolo Giudice tutelare (decr.) 11 dicembre 2008, in Taf, 2009, p. 177.

(14) Cfr. Trib. Pisa (decr.) 22 gennaio 2001, in Taf, 2002, p. 241; Trib. Brescia 12 ottobre 2004, in Taf, 2005, p. 83.

(15) Cfr. in dottrina M. LUPOI, «Lettera a un notaio conoscitore …», cit., p. 1164; in giurisprudenza Trib. Bologna - Giudice del Registro (decr.) 16 giugno 2003, in Taf, 2003, p. 580; Trib. Trento - sez. dist. di Cavalese - Giudice tavolare (decr.) 20 luglio 2004, in Taf, 2004, p. 573; Trib. Firenze 2 luglio 2005, in Taf, 2006, p. 89.

(16) Cfr. in dottrina A. GAMBARO, «Un argomento …», cit.; ID., «Notarella …», cit.; in giurisprudenza Trib. Bologna 1 ottobre 2003, in Taf, 2004, p. 67.

(17) Cfr. A. GAMBARO, I trusts e l’evoluzione del diritto di proprietà, in AA.VV., I trusts in Italia oggi a cura di I. Beneventi, Milano, 1996, p. 57 e ss.; ID., «Segregazione …», cit.; analogamente M.C. PAGNI, Commento all’art. 12, in AA.VV., Convenzione relativa alla legge sui trusts ed al loro riconoscimento, a cura di A. Gambaro - A. Giardina - G. Ponzanelli, in Nlcc, 1993, p. 1278.

(18) Cfr. infatti D.lgs. n. 427 del 1998.

(19) La prima legge in materia è stata la n. 77 del 1983; cfr. ora il D.lgs. n. 58 del 1998.

(20) Cfr. in dottrina A. GAMBARO, I trusts e l’evoluzione …, cit.; ID., «Segregazione …», cit.; in giurisprudenza Trib. Bologna - Giudice del Registro (decr.) 16 giugno 2003, in Taf, 2003, p. 580; Trib. Trento - sez. dist. di Cavalese - Giudice tavolare (decr.) 20 luglio 2004, in Taf, 2004, p. 573; Trib. Trieste - Giudice tavolare (decr.) 23 settembre 2005, in Taf, 2006, p. 83.

(21) Cfr. in dottrina A. GAMBARO, voce “Trusts”, cit., p. 467; ID., «Segregazione …», cit.; con analisi anche dei lavori preparatori, G. FANTICINI, L’art. 2645-ter del codice civile, in AA.VV., La protezione dei patrimoni. Dagli strumenti tradizionali ai nuovi modelli di segregazione patrimoniale a cura di M. Montefameglio, Rimini, p. 344 e ss., il quale èfra l’altro il giudice autore del decreto del Trib. Reggio Emilia e della sentenza del Trib. Bologna 1 ottobre 2003 sotto citati; in giurisprudenza Trib. Bologna - Giudice del Registro (decr.) 16 giugno 2003, in Taf, 2003, p. 580; Trib. Bologna 1 ottobre 2003, in Taf, 2004, p. 67; Trib. Reggio Emilia (ord.) 14 maggio 2007, in Taf, 2007, p. 425.

(22) A titolo esemplificativo, viene citata la normativa in tema di fondi comuni d’investimento, di fondi pensione, di cartolarizzazione dei crediti, di privatizzazione del patrimonio immobiliare pubblico, per giungere - da ultimo - fino a quella sui patrimoni destinati delle SpA ex artt. 2447-bis e ss. c.c. e, soprattutto, sul negozio di destinazione ex art. 2645- ter c.c., mediante il quale l’autonomia negoziale può creare un patrimonio separato per le finalità più varie, purché meritevoli di tutela.

(23) Cfr. A. NERI, Il trust e la tutela del beneficiario, Padova, 2005, p. 108; R. QUADRI, La destinazione …, cit., p. 328- 329.

(24) Cfr. in dottrina M. LUPOI, «Lettera a un notaio conoscitore …», cit., p. 348; ID., Trusts, cit., p. 576 e ss.; ID., Istituzioni del diritto dei trust e degli affidamenti fiduciari, Padova, 2008, p. 234-236 e 239; in giurisprudenza Trib. Bologna 1 ottobre 2003, in Taf, 2004, p. 67.

(25) Cfr. in senso analogo R. QUADRI, La destinazione …, cit., p. 336 e ss.

(26) Mi riferisco alla cosiddetta ‘‘variante B’’ dell’art. 14 del progetto preliminare, in L. FUMAGALLI, Commento all’art. 13, in AA.VV., Convenzione relativa alla legge…, cit., p. 1283, nota 7; A. GAMBARO, voce “Trusts”, cit., p. 466 nota 55; P. PICCOLI, «L’avamprogetto di Convenzione sul trust nei lavori della Conferenza di diritto internazionale privato de L’Aja ed i riflessi di interesse notarile», in Riv. not. 1984, p. 857, nota 41; per una diffusa analisi dei lavori preparatori concernenti l’art. 13, cfr. M.LUPOI, Trusts, cit., p. 533 e ss.; C. MASI, La Convenzione dell’Aja …, cit., p. 781 e ss.

(27) ‘‘Di regola’’ in quanto, come subito si esporrà, la versione definitiva dell’art. 13 ha introdotto un temperamento a detta regola generale, temperamento la cui portata è oggetto di viva discussione.

(28) Testo che, grosso modo, corrisponde a quello della cosiddetta ‘‘versione A’’ dell’art. 14 del progetto preliminare (in L. FUMAGALLI, Commento …, cit., p. 1282, nota 1; P. PICCOLI, «L’avamprogetto …», cit., p. 857 nota 41; A. GAMBARO, voce “Trusts”, cit., p. 466 nota 55), nel quale vi era un riferimento generico a ‘‘gli elementi’’ del trust (senza l’utilizzo dell’aggettivo ‘‘importanti’’, presente invece nel testo definitivo) ed erano indicati, fra gli elementi considerati irrilevanti ai fini della valutazione dell’esistenza o meno di un collegamento della fattispecie con un ordinamento non prevedente il trust, soltanto ‘‘la legge regolatrice prescelta’’ ed ‘‘il luogo di amministrazione’’, senza menzione altresì (a differenza di quanto accade nel testo definitivo) della ‘‘residenza abituale del trustee’’.

(29) Cfr. R. LUZZATTO, «Legge applicabile …», cit., p. 16.

(30) Cfr. A. MOJA, «Trusts “interni” e società di capitali: un primo caso», in Giur. comm. 1998, II, p. 770 e ss.

(31) Cfr. in dottrina M. LUPOI, Trusts, cit., p. 545; in giurisprudenza Trib. Bologna 1 ottobre 2003, in Taf, 2004, p. 67; Trib. Venezia - sez. penale 4 gennaio 2005, in Taf, 2005, p. 245; Trib. Brescia 12 ottobre 2004, in Taf, 2005, p. 83; Trib. Firenze 2 luglio 2005, in Taf, 2006, p. 89.

(32) Per l’analisi di tali articoli della Convenzione, che si riferiscono, rispettivamente, alle norme imperative, a quelle di applicazione necessaria ed a quelle di ordine pubblico, cfr. M.B. DELI, Commento all’art. 15, in AA.VV., Convenzione relativa alla legge …, cit., p. 1286 e ss.; M.E. CORRAO, Commento all’art. 16, in AA.VV., Convenzione relativa alla legge …, cit., p. 1293 e ss.; EAD., Commento all’art. 18, in AA.VV., Convenzione relativa alla legge …, cit., p. 1308 e ss.; S. BARTOLI, Il Trust, cit., p. 636 e ss.; L. CONTALDI, Il trust nel diritto …, cit., p. 136 e ss. e p. 170 e ss.

(33) Cfr. M. LUPOI, Trusts, cit., nota 231 a p. 545.

(34) Cioè di norma avente una funzione affine a quella dell’art. 1344 c.c. in tema di negozio in frode alla legge: cfr. in tal senso Trib. Bologna - Giudice del Registro (decr.) 16 giugno 2003, in Taf, 2003, p. 580; Trib. Firenze 2 luglio 2005, in Taf, 2006, p. 89.

(35) Cfr. in dottrina G. BROGGINI, «“Trust” e fiducia …», cit.; L. CONTALDI , Il trust nel diritto …, cit., p. 123 e ss.; C. CASTRONOVO, «Trust e diritto …», cit.; ID., «Il trust e “sostiene” …», cit., p. 450; in giurisprudenza Trib. S. Maria Capua Vetere (decr.) 14 luglio 1999, in Taf, 2000, p. 251.

(36) Cfr. G. BROGGINI, «“Trust” e fiducia …», p. 20 e ss., per il quale: «Dire che la Convenzione non si applica se la legge applicabile in base agli artt. 6 e 7 non conosce l’istituto del trust significa applicare la Convenzione e cioè proprio gli artt. 6 e 7, determinare quale sia la legge applicabile ed escluderne gli effetti, escludere cioè il riconoscimento di quell’istituto ‘‘come trust’’. L’unico significato congruo dell’art. 5 è dunque il seguente: Qualora la legge applicabile, così come determinata dal capitolo II, non conosca l’istituto del trust, così come definito dall’art. 2, non potrà darsi luogo al riconoscimento come trust del rapporto giuridico, localizzato nell’ordinamento la cui legge è applicabile. Si torna così alla qualificazione dell’istituto del trust secondo l’art. 2, con l’avvertenza che la Convenzione è ben cosciente che l’istituto non è presente in molti ordinamenti e che non è riconoscibile come trust un istituto il cui collegamento più stretto, secondo la qualificazione dell’art. 7, conduce ad un ordinamento che non conosce il trust. Molto concretamente vorrei esprimermi con un esempio: la corretta lettura dell’art. 5 conduce al non riconoscimento, quale trust, di un rapporto giuridico che abbia in Italia il suo centro di gravità, perché ivi sono localizzati in misura preponderante i beni, perché ivi ha residenza il fiduciario, perché ivi ha sede l’amministrazione dei beni. Il dettato dell’art. 5 è imperativo e quindi assai più rilevante di quello dell’art. 13, di solito invocato per sostenere la discrezionalità offerta al giudice di un ordinamento che non conosce il trust».

(37) Cfr. M. LUPOI, Legittimità dei trusts “interni”, in AA.VV., I trusts in Italia oggi …, cit., p. 32 e ss.

(38) Cfr. M. LUPOI, Trusts, cit., p. 533 e ss.

(39) Cfr. in dottrina M. LUPOI, Trusts, cit., p. 537; S.M. CARBONE, «Autonomia privata …», cit., p. 151; A. BUSATO, «La figura del trust negli ordinamenti di common law e di diritto continentale», in Riv. dir. civ., 1992, p. 342; in giurisprudenza Trib. Bologna - Giudice del Registro (decr.) 16 giugno 2003, in Taf, 2003, p. 580; Trib. Bologna 1 ottobre 2003, in Taf, 2004, p. 67; Trib. Trento - sez. dist. di Cavalese - Giudice tavolare (decr.) 20 luglio 2004, in Taf, 2004, p. 573; Trib. Trieste - Giudice tavolare (decr.) 23 settembre 2005, in Taf, 2006, p. 86.

(40) Cfr. in dottrina C. CASTRONOVO, «Trust e diritto …», cit., nota 2 a p. 1324; L. CONTALDI, Il trust nel diritto …, cit., p. 156 e ss.; F. GAZZONI, «Tentativo …», cit., p. 19; in giurisprudenza Trib. Belluno (decr.) 25 settembre 2002, in Taf, 2003, p. 255; anche all’interno della dottrina favorevole ai trusts interni, d’altro canto, non manca chi dubita della fondatezza dell’argomento dell’incostituzionalità: cfr. infatti R. LUZZATTO, «Legge applicabile …», cit., nota 46 a p. 16.

(41) Cfr. Trib. Belluno 25 settembre 2002, in Taf, 2003, p. 255.

(42) Cfr. in dottrina G. DE NOVA, «Trust: negozio istitutivo e negozi dispositivi», in Taf, 2000, p. 168 e ss.; F. DI CIOMMO, «Struttura causale del negozio di trust ed ammissibilità del trust interno», in Taf, 2003, p. 178 e ss.; ID., «Ammissibilità del trust interno e giustificazione causale dell’effetto traslativo», Foro it., 2004, I, c. 1298 e ss.; in giurisprudenza Trib. Bologna 1 ottobre 2003, in Taf, 2004, p. 67; Trib. Parma 3 marzo 2005, in Taf, 2005, p. 409; escludono l’astrattezza del negozio anche Trib. Velletri (ord.) 29 giugno 2005, in Taf, 2005, p. 577 e R. QUADRI, La destinazione …, cit., p. 312, che pure ritengono inammissibili i trusts interni.

(43) Cfr. ad esempio, per l’ordinamento inglese, A. UNDERHILL - D. HAYTON, Law relating to Trusts and Trustees, Londra-Dublino-Edimburgo 2003, p. 144.

(44) Cfr. S. BARTOLI, «Il trust autodichiarato nella Convenzione de L’Aja sui trusts», in Taf, 2005, p. 355 e ss.; ID., «Omologazione di una separazione consensuale prevedente l’istituzione di un trust interno autodichiarato», Corr. mer., 2005, p. 671 e ss.

(45) Cfr. A.E. VON OVERBECK, Report of the Special Commission, in Hague Conference on private international law. Proceedings of the 15th Session, II, La Haye 1985, p. 180-181.

(46) Su tale tema, che tende a ricevere risposta positiva, cfr. M. LUPOI, Trusts, cit., p. 491 e ss., il quale qualifica il trust delineato dalla norma convenzionale come ‘‘trust amorfo’’ (in inglese: “shapeless trust”).

(47) Cfr. ad esempio le osservazioni del Segretariato dei paesi del Commonwealth in A.E. VON OVERBECK, Report …, cit., p. 214, per le quali la norma in esame prevede unicamente «that the settlor can reserve certain powers and can also be e a beneficiary; the case of the settlor/trustee is not expressly stated», ovvero quelle di A.E. VON OVERBECK, Explanator y Report, in Hague Conference on private international law. Proceedings of the 15th Session, II, La Haye 1985, p. 380, il quale, dopo aver evidenziato che in base alla norma in esame «the roles of the different persons involved may be mingled», in relazione alla figura del disponente si limita ad affermare che costui «may still retain for himself certain decisions», con ciò - parrebbe - implicitamente escludendo qualunque riferibilità al trust autodichiarato di detta porzione dell’art. 2.

(48) Cfr. A. UNDERHILL - D. HAYTON, Law relating …, cit., p. 1017; su tale questione cfr. S. BARTOLI, Il Trust, cit., 2001, p. 198 e ss. e bibliografia ivi citata.

(49) Cfr. A.E. VON OVERBECK, Explanatory Report …, cit., p. 381.

(50) Cfr. al riguardo M. LUPOI, Trusts, cit., p. 518 e ss. e p. 589.

(51) Cfr. A.E. VON OVERBECK, Explanatory Report ..., cit., p. 382.

(52) Cfr. V. SALVATORE, Il trust. Profili di diritto internazionale e comparato, Padova, 1996, p. 61.

(53) Cfr. G. GALLIZIA, «Trattamento tributario dell’atto dispositivo in un trust di beni immobili», in Taf, 2001, p. 148-149; N. LIPARI, Fiducia statica e trusts, in AA.VV., I trusts in Italia oggi …, cit., p. 77; L. CONTALDI , Il trust nel diritto …, cit., p. 76-77.

(54) Cfr. A. DE DONATO - V. DE DONATO - M. D’ERRICO, Trust convenzionale. Lineamenti di teoria e pratica, Roma, 1999, p. 191 e ss., per i quali l’art. 2 sarebbe applicabile anche al trust autodichiarato in quanto, essendo il trust un soggetto di diritto, anche in tale ipotesi si verificherebbe un trasferimento - dal disponente, appunto, all’ente trust, di cui il disponente diverrebbe rappresentante organico - del bene. Come si dirà nella parte finale del paragrafo successivo, l’impostazione in esame ha fatto sì che sia da taluno ritenuta ammissibile l’effettuazione “a nome del trust” (invece che a nome del soggetto pro tempore titolare dell’ufficio di trustee) della pubblicità del vincolo di destinazione nascente da detto negozio.

(55) Cfr. L. FUMAGALLI, Commento all’art. 13, cit., p. 1239; A. DE DONATO -V. DE DONATO - M. D’ERRICO, Trust convenzionale …, cit., p. 191 e ss.

(56) Cfr. M. LUPOI, Trusts, cit., p. 503-504; nello stesso senso S. BARTOLI, Il Trust, cit., p. 513-514.

(57) Cfr., in ordine cronologico, Trib. Pisa (decr.) 22 dicembre 2001, in Taf, 2002, p. 241 e ss.; Trib. Milano (decr.) 8-29 ottobre 2002, in Taf, 2003, p. 270 e ss.; Trib. Verona (decr.) 8 gennaio 2003, in Taf, 2003, p. 409 e ss.; Trib. Napoli (decr.) 1 ottobre 2003, in Taf, 2004, p. 74 e ss.; Trib. Parma (decr.) 21 ottobre 2003, in Taf, 2004, p. 73 e ss.; App. Napoli (decr.) 27 maggio 2004, in Taf, 2004, p. 570 e ss. (che ha confermato Trib. Napoli 1 ottobre 2003, cit.); Trib. Trento - sez. dist. di Cavalese, Giudice tavolare (decr.) 20 luglio 2004, in Taf, 2004, p. 573 e ss.; Trib. Milano (decr.) 8 marzo 2005, in Taf, 2005, p. 585 e ss.; Trib. Rovereto, Giudice tavolare (decr.) 28 ottobre 2005, in Taf, 2006, p. 420 e ss.; Trib. Trento – sez. dist. di Cles, Giudice tavolare (decr.) 25 gennaio 2006, in Taf, 2006, p. 419 e ss.; Trib. Milano (decr.) 7 giugno 2006, in Taf, 2006, p. 575 e ss.; Trib. Reggio Emilia (ord.) 14 maggio 2007, in Taf, 2007, p. 425 e ss.; Trib. Genova (decr.) 1 aprile 2008, in Taf, 2008, p. 392 e ss. e, quanto all’atto istitutivo, p. 456 e ss.

(58) Le uniche pronunzie contrarie risultano infatti essere Trib. Napoli (decr.) 1 ottobre 2003, in Taf, 2004, p. 74 e ss. ed App. Napoli (decr.) 27 maggio 2004, in Taf, 2004, p. 570 e ss. (pur se - a ben guardare - App. Napoli 27 maggio 2004 cit. ha ritenuto non trascrivibile un trust autodichiarato facendo leva non già sull’inammissibilità di detta figura - il decisum, infatti, non si sofferma sul punto in alcun modo - bensì sull’inammissibilità della trascrizione del trust tout-court - tema questo sul quale si tornerà nel prossimo paragrafo - alla luce di un preteso principio di tassatività delle ipotesi di atti trascrivibili.

(59) Tema, questo, sul quale si tornerà più diffusamente nel prossimo paragrafo.

(60) Si tratta, con riguardo alla trascrizione, di Trib. Pisa (decr.) 22 dicembre 2001, in Taf, 2002, p. 241 e ss.; Trib. Milano (decr.) 8-29 ottobre 2002, in Taf, 2003, p. 270 e ss.; Trib. Verona (decr.) 8 gennaio 2003, in Taf, 2003, p. 409 e ss.; Trib. Parma (decr.) 21 ottobre 2003, in Taf, 2004, p. 73 e ss.; con riguardo al sistema tavolare, di Trib. Trento - sez. dist. di Cavalese, Giudice tavolare (decr.) 20 luglio 2004, in Taf, 2004, p. 573 e ss.; Trib. Rovereto, Giudice tavolare (decr.) 28 ottobre 2005, in Taf, 2006, p. 420 e ss.; Trib. Trento - sez. dist. di Cles, Giudice tavolare (decr.) 25 gennaio 2006, in Taf, 2006, p. 419 e ss.

(61) Cfr. Trib. Reggio Emilia (ord.) 14 maggio 2007, in Taf, 2007, p. 425 e ss.

(62) Trattasi di Trib. Napoli (decr.) 1 ottobre 2003, in Taf, 2004, p. 74 e ss.; App. Napoli (decr.) 27 maggio 2004, in Taf, 2004, p. 570 e ss.

(63) Cfr. Trib. Milano (decr.) 8 marzo 2005, in Taf, 2005, p. 585 e ss.; Trib. Milano (decr.) 7 giugno 2006, in Taf, 2006, p. 575 e ss.; Trib. Genova (decr.) 1 aprile 2008, in Taf, 2008, p. 392 e ss. e, quanto all’atto istitutivo, p. 456 e ss.; su questo tema v. amplius S. BARTOLI, Trust e atto di destinazione nel diritto di famiglia e delle persone, Milano, 2011, p. 559 e ss. e bibliografia ivi citata, il quale si occupa ivi anche dell’atto di destinazione.

(64) Cfr. Trib. Pisa (decr.) 22 dicembre 2001, in Taf, 2002, p. 241 e ss.

(65) Si è parlato al riguardo - cfr. R. SICLARI, «Il trust interno tra nuove questioni e vecchie prospettive: il trust statico», in Vita not., 2002, p. 744 - di «motivazione volutamente scarna e laconica».

(66) Analoga argomentazione è reperibile, altresì, nei verbali dell’udienza presidenziale concernenti le separazioni consensuali omologate da Trib. Milano (decr.) 8 marzo 2005, in Taf, 2005, p. 585 e ss. e da Trib. Milano (decr.) 7 giugno 2006, in Taf, 2006, p. 575 e ss.

(67) Cfr. in tal senso anche R. SICLARI, «Il trust interno …», cit., p. 746.

(68) Cfr. Trib. Milano (decr.) 8-29 ottobre 2002, in Taf, 2003, p. 270 e ss.; Trib. Verona (decr.) 8 gennaio 2003, in Taf, 2003, p. 409 e ss.

(69) Cfr. Trib. Parma (decr.) 21 ottobre 2003, in Taf, 2004, p. 73 e ss.; Trib. Trento - sez. dist. di Cavalese, Giudice tavolare (decr.) 20 luglio 2004, in Taf, 2004, p. 573 e ss.; Trib. Milano (decr.) 8 marzo 2005, in Taf, 2005, p. 585 e ss.; Trib. Rovereto, Giudice tavolare (decr.) 28 ottobre 2005, in Taf, 2006, p. 420 e ss.; Trib. Trento - sez. dist. di Cles, Giudice tavolare (decr.) 25 gennaio 2006, in Taf, 2006, p. 419 e ss.; Trib. Milano (decr.) 7 giugno 2006, in Taf, 2006, p. 575 e ss.; Trib. Genova (decr.) 1 aprile 2008, in Taf, 2008, p. 392 e ss. e, quanto all’atto istitutivo, p. 456 e ss.

(70) Cfr. Trib. Reggio Emilia (ord.) 14 maggio 2007, in Taf, 2007, p. 426.

(71) Cfr. Trib. Napoli (decr.) 1 ottobre 2003, in Taf, 2004, p. 74 e ss.

(72) Reperibile in Taf, 2000, p. 259 e ss.

(73) Sul tema v. amplius S. BARTOLI, Trust e atto di destinazione …, cit., p. 465 e ss., il quale tratta ivi anche dell’atto di destinazione.

(74) Cfr. D. MURITANO, «Trust autodichiarato per provvedere ad un fratello con handicap», in Taf, 2003, p. 474: «tale struttura di trust secondo taluno non era contemplata dalla Convenzione, anche se gli argomenti favorevoli alla sua ricomprensione sono indubbiamente maggiori di quelli contrari»; P. MANES, «Trust e art. 2740 cc: un problema finalmente risolto», in Contr. e impr., 2002, p. 571: «il caso esaminato dalla corte toscana riguarda un particolare atto istitutivo di trust, nel quale, come ben possibile, è lo stesso soggetto che unilateralmente si dichiara trustee di propri beni»; F. STEIDL, «Trust autodichiarati: percorsi diversi della trascrivibilità», in Taf, 2003, p. 376: «Un simile trust appartiene senza ombra di dubbio ad una delle tipologie conosciute dalla legge regolatrice, nella specie quella inglese ... Non vi è quindi questione sulla validità del trust secondo la legge regolatrice».

(75) Cfr. M. LUPOI, «Nota senza titolo a Trib. Pisa (decr.) 22 dicembre 2001», in Riv. not., 2002, p. 192 e ss.; L. MONTI, «Trust unilaterale e trascrizione», in Taf, 2003, p. 480 e ss.; L.M. MINGRONE, «La giurisprudenza italiana sui trusts: un ulteriore passo verso il riconoscimento dell’istituto», in Taf, 2003, p. 381 ss; M.G. MONEGAT, «Trust nei patti di separazione consensuale», in Taf, 2005, p. 649 e ss.

(76) Cfr. M. LUPOI, I trust nel diritto civile, Torino 2004, p. 259; ID., «Osservazioni su due recenti pronunce in tema di trust», in Riv. not., 2004, p. 568 e ss.

(77) Cfr. M. LUPOI, Trusts, cit., p. 503-504.

(78) Cfr. il leading case costituito da Cass. n. 3911/1975, in Giur. it., 1977, I, 1, p. 984 e ss. e successivamente Cass. n. 4438/1982; Cass. n. 5663/1988, in Foro It., 1989, I, p. 101; Cass. n. 6024/1993, in Giur. comm., 1994, II, p. 5-8; per le ragioni per cui, a ben guardare, forse solo quest’ultima pronunzia concerne una vera e propria fattispecie di fiducia statica, cfr. S. BARTOLI, Il Trust, cit., p. 403 e ss.

(79) Sul tema del raffronto fra trust e negozio fiduciario, con particolare riferimento alla cosiddetta fiducia statica cfr. M. LUPOI, Trusts, cit., p. 728 e ss.; S. BARTOLI, Il Trust, cit., p. 361 e ss.

(80) Cfr. R. SICLARI, «Il trust interno …», cit., spec. p. 743- 749.

(81) Cfr. R. LUZZATTO, «Legge applicabile …», cit., p. 11.

(82) Cfr. in tal senso anche A. UNDERHILL - D. HAYTON, Law relating ..., cit., p. 1015.

(83) Supero così le perplessità espresse in S. BARTOLI, Il Trust, cit., p. 513-514.

(84) Come parrebbe preferibile, considerato che il disponente-trustee, pur non trasferendo i suoi beni, crea un vincolo su di essi; cfr. in tal senso A. UNDERHILL - D. HAYTON, Law relating …, cit., p. 1026.

(85) Per questo minoritario orientamento cfr. J. MOWBRAY - L. TUCKER - N. LE POIDEVIN - E. SIMPSON, Lewin on Trusts (a cura di), Londra 2000, p. 288; L. CONTALDI, Il trust nel diritto …, cit., p. 76-77.

(86) Cfr. M.C. PAGNI, Commento all’art. 12, cit., nota 15 a p. 1277; alla legge locale, fra l’altro, rinvia anche l’art. 55 della legge di riforma del diritto internazionale privato n. 218 del 1995.

(87) Cfr. infatti A. GAMBARO, «Un argomento …», cit.; ID., «Notarella …», cit.; M. LUPOI, Istituzioni del diritto dei trust …, cit., p. 100-102; L. SANTORO, Il trust in Italia, Milano 2004, p. 82 e ss.; S. BARTOLI, Il Trust, cit., p. 571 e ss.; ID., «Commento a Trib. Trieste (decr.) 23/9/2005», in Corr. mer., 2005, p. 1281 e ss.; F. STEIDL, «Trascrizione di atti attributivi di beni immobili al trustee - I», in Taf, 2002, p. 350 e ss.; ID., «Trust auto dichiarati …», cit., p. 376 e ss., ID., «Trasferimento a trustee e vincolo del trust», in Taf, 2004, p. 317 e ss.; ID., «La pubblicità della successione del trustee defunto», in Taf, 2005, p. 306 e ss.; M.L. CENNI, «Trascrizione di atti attributivi di beni immobili al trustee - II», in Taf, 2002, p. 355 e ss.; EAD., «Acquisto immobiliare e duplice formalità», in Taf, 2002, p. 305 e ss.; G. GALLIZIA, «Trattamento tributario …», cit.; ID., «Trascrizione di atti attributivi di beni immobili al trustee - III», in Taf, 2002, p. 362 e ss.; S. BUTTÀ, «Effetti diretti della Convenzione dell’Aja nell’ordinamento italiano», in Taf, 2000, p. 551; F. CERIO, «La trascrizione del trust interno autodichiarato su beni immobili o complessi di beni immobili», in Taf, 2005, p. 185 e ss.; L. MONTI, «Trust unilaterale …», cit.; A. PALAZZO, «Pubblicità immobiliare ed opponibilità del trust», in Taf, 2002, p. 337 e ss.; P. PICCOLI, «Trascrizione dell’acquisto immobiliare del trustee», in Taf, 2000, p. 227 e ss.; ID., «Troppi timori in tema di trascrivibilità del “trust” in Italia», in Not., 1995, p. 616 e ss.; P. AMATI - P. PICCOLI, «Trascritto un immobile in trust», in Not., 1999, p. 593 e ss.; P. PICCOLI - E. CORSO - M. DOLZANI, «La trascrizione degli atti riguardanti trusts», in Riv. not., 1995, p. 1389 e ss.; L.F. RISSO, «Trascrizione di trasferimento dal disponente al trustee», in Taf, 2001, p. 481 e ss.; A. TONELLI, «Trust di ente pubblico in regime tavolare», in Taf, 2006, p. 53 e ss.; M.G. MONEGAT, «Nota sulla trascrivibilità di atto istitutivo di trust contenuto in un accordo di separazione consensuale», in Riv. not., 2005, p. 868 e ss. Con riferimento al sistema tavolare (cfr. R.D. n. 499 del 1929 e successive modifiche, nonché artt. 230 e ss. disp. att. c.c.), nel quale - com’è noto - la pubblicità ha addirittura funzione costitutiva, cfr. E. CORSO, «Il caso di un trust testamentario e le implicazioni di diritto tavolare», in Taf, 2000, p. 277 e ss.; L. PELLEGRINI, «Trust interno e pubblicità tavolare», in Taf, 2005, p. 565 e ss.; ID., «L’iscrizione tavolare del diritto in favore del trustee», in Taf, 2006, p. 181 e ss.; ID., «Negozio di dotazione del trust e controllo sostanziale del giudice tavolare», in Taf, 2006, p. 528 e ss.; L. BATTISTELLA, «Il trust e le implicazioni di diritto tavolare», in Taf, 2006, p. 27 e ss.; ID., «La multiproprietà e il trust con riferimento al sistema tavolare», in Taf, 2007, p. 413 e ss. Per la minoritaria tesi contraria cfr. invece GAZZONI, «Tentativo …», cit.,; ID., «In Italia …», cit.; ID., «Il cammello, il leone …», cit.; ID., «Il cammello, la cruna …», cit.; G. BROGGINI, «“Trust” e fiducia …», cit., p. 414 e ss.; C.CASTRONOVO, «Il trust e “sostiene” …», cit., p. 446; R. QUADRI, La destinazione …, cit., p. 317 e ss. (nello stesso senso cfr., altresì , il parere emesso - a seguito della richiesta rivolta da uno studio legale alla competente Direzione del Ministero delle Finanze - dalla Direzione compartimentale del territorio della Lombardia in data 19 luglio 1994: detto parere è riportato per esteso e censurato in P. PICCOLI, «Troppi timori …», cit.; P. AMATI - P. PICCOLI, «Trascritto …», cit.).

(88) Si vedano in tal senso, infatti, quanto ai trusts immobiliari: - con riguardo alla trascrizione di trusts prevedenti un trasferimento dal disponente al trustee, Trib. Bologna (decr.) 18 aprile 2000, in Taf, 2000, p. 372 e ss.; Trib. Napoli (decr.) 16 giugno 2005, in Taf, 2006, p. 249 e ss.; - relativamente alla trascrizione di trusts autodichiarati, Trib. Pisa (decr.) 22 dicembre 2001, in Taf, 2002, quanto alla decisione p. 241 e ss., quanto all’atto istitutivo 475 e ss. e quanto alla sua trascrizione 481 e ss.; Trib. Milano (decr.) 8 ottobre 2002, in Taf, 2003, p. 270 e ss.; Trib. Verona (decr.) 8 gennaio 2003, in Taf, 2003, p. 409 e ss.; Trib. Parma (decr.) 21 ottobre 2003, in Taf, 2004, p. 73 e ss. [conforme, in definitiva, anche Trib. Reggio Emilia (ord.) 14 maggio 2007, in Taf, 2007, p. 425 e ss., che ha riconosciuto l’opponibilità al creditore del disponente dell’avvenuta trascrizione, da parte di quest’ultimo, del vincolo discendente da un siffatto trust]; - con riferimento all’ipotesi in cui il trustee acquisti per compravendita da un terzo un immobile destinato ad essere oggetto del trust, Trib. Chieti (decr.) 10 marzo 2000, in Taf, 2000, p. 372 e ss.; - con riguardo al sistema tavolare, quanto ai trusts prevedenti un trasferimento dal disponente al trustee, Trib. Trento - sez. dist. di Cles - Giudice tavolare (decr.) 7 aprile 2005, in Taf, 2005, p. 406 e ss.; Trib. Trieste - Giudice tavolare (decr.) 23 settembre 2005, in Taf, 2006, p. 83 e ss.; Trib. Bressanone - Giudice tavolare (decr.) 16 agosto 2006, in Taf, 2007, p. 60 e ss. (il relativo atto istitutivo è in Taf, 2007, p. 134 e ss.); Trib. Trieste - Giudice tavolare (decr.) 19 settembre 2007, in Taf, 2008, p. 42; - ancora con riguardo al sistema tavolare, quanto ai trusts autodichiarati, Trib. Trento - sez. dist. di Cavalese - Giudice tavolare (decr.) 20 luglio 2004, in Taf, 2004, p. 573 e ss.; Trib. Rovereto - Giudice tavolare (decr.) 28 ottobre 2005, in Taf, 2006, p. 420 e ss.; Trib. Trento - sez. dist. di Cles - Giudice tavolare (decr.) 25 gennaio 2006, in Taf, 2006, p. 419 e ss. Si consulti inoltre, quanto all’iscrivibilità nel Registro imprese del trasferimento dal disponente al trustee di partecipazioni sociali, Trib. Bologna - Giudice del Registro (decr.) 16 giugno 2003, in Taf, 2003, p. 580 e ss., che ha accolto il reclamo avverso un precedente rifiuto di iscrizione in data 30 aprile 2003, quest’ultimo in Taf, 2003, p. 583 e ss. [conforme, in definitiva, anche Trib. Siena (ord.) 16 gennaio 2007, in Taf, 2007, p. 266, che ha riconosciuto l’opponibilità al creditore del disponente dell’avvenuta iscrizione nel Registro delle imprese del trasferimento di quote sociali dal disponente stesso al trustee.

(89) Si vedano in tal senso, in tema di trusts immobiliari: - relativamente alla trascrizione di trusts autodichiarati, cfr. Trib. Napoli (decr.) 1 ottobre 2003, in Taf, 2004, p. 74 e ss., confermato da App. Napoli (decr.) 27 maggio 2004, in Taf, 2004, p. 570 e ss.; - con riguardo al sistema tavolare, quanto ai trusts prevedenti un trasferimento dal disponente al trustee, Trib. Belluno (decr.) 25 settembre 2002, in Taf, 2003, p. 255 e ss. Si veda altresì, nel senso della non iscrivibilità nel Registro imprese del trasferimento dal disponente al trustee di di partecipazioni sociali, Trib. S.Maria Capua Vetere (decr.) 14 luglio 1999, in Taf, 2000, p. 251 e ss. Non pare, invece, costituire precedente contrario alla pubblicità dei trusts interni Trib. Trieste - Giudice tavolare (decr.) 7 aprile 2006, in Taf, 2006, p. 417 e ss.: tale pronunzia, infatti, premessa l’ammissibilità di siffatti trusts, ha rigettato l’istanza di intavolazione nei libri fondiari del trasferimento dal disponente al trustee soltanto perché il notaio aveva omesso di allegare ad essa l’atto istitutivo del trust, in tal modo precludendo al giudice di valutare (nell’esercizio di quei peculiari poteri di controllo di legittimità sia formale che sostanziale conferitigli dall’art. 26 R.D. n. 499 del 1929 e successive modifiche) i contenuti del programma negoziale e, dunque, la sua conformità al nostro ordinamento giuridico.

(90) Cfr. in dottrina GAZZONI, «Tentativo …», cit.; ID., «Il cammello, il leone …», cit.; R. QUADRI, La destinazione …, cit., p. 317 e ss.; G. BROGGINI, «“Trust” e fiducia …», cit., p. 414 e ss.; in giurisprudenza App. Napoli (decr.) 27 maggio 2004, in Taf, 2004, p. 570 e ss. nonché , con riferimento al sistema della iscrizione nel Registro delle imprese, cfr. Trib. S. Maria Capua Vetere (decr.) 14 luglio 1999, in Taf, 2000, p. 251.

(91) Cfr. in dottrina GAZZONI, «Tentativo …», cit., p. 17- 18 e p. 22-23; R. QUADRI, La destinazione …, cit., p. 321 e ss.; in giurisprudenza App. Napoli (decr.) 27 maggio 2004, in Taf, 2004, p. 570 e ss.

(92) Come sostiene un diffuso orientamento: cfr. in dottrina F. GAZZONI, La trascrizione immobiliare, in Il codice civile - Commentario diretto da P. Schlesinger, Milano, (II° edizione), 1998, vol. I, p. 595; R. TRIOLA, La trascrizione, in Trattato di diritto privato a cura di M. Bessone, vol. IX, Torino, 2000, p. 105 e ss.; G. MARICONDA, La trascrizione, in Trattato di diritto privato diretto da P. Rescigno, vol. 19, Torino, 1985, p. 101; L. FERRI - M. D’ORAZI FLAVONI - P. ZANELLI, Della trascrizione, in Commentario del codice civile a cura di A. Scialoja - G. Branca, Bologna-Roma, 1995, p. 200; in giurisprudenza Cass. n. 11684/2000.

(93) Per le quali si rinvia a Trib. Belluno (decr.) 25 settembre 2002, in Taf, 2003, p. 263-264.

(94) Cfr. Trib. Parma (decr.) 21 ottobre 2003, in Taf, 2004, p. 73 e ss.; Trib. Pisa (decr.) 22 dicembre 2001, in Taf, 2002, p. 241 e ss.

(95) Cfr. Trib. Pisa (decr.) 22 dicembre 2001, in Taf, 2002, p. 241 e ss.

(96) Cfr. Trib. Bologna (decr.) 18 aprile 2000, in Taf, 2000, p. 372; Trib. Parma (decr.) 21 ottobre 2003, in Taf, 2004, p. 73; Trib. Napoli (decr.) 16 giugno 2005, in Taf, 2006, p. 249; Trib. Reggio Emilia (ord.) 14 maggio 2007, in Taf, 2007, p. 425.

(97) Cfr. in dottrina A. GAMBARO, «Un argomento …», cit.; ID., «Notarella …», cit.; M. LUPOI, Istituzioni del diritto dei trust …, cit., p. 101; S. BUTTÀ, «Effetti diretti …», cit., p. 551 e ss.; in giurisprudenza Trib. Pisa (decr.) 22 dicembre 2001, in Taf, 2002, p. 241 e ss., per il quale l’art. 12, pur parlando di facoltà, attribuisce al trustee il «diritto potestativo» di chiedere e di ottenere la trascrizione; Trib. Trieste - Giudice tavolare (decr.) 23 settembre 2005, in Taf, 2006, p. 83; Trib. Trieste - Giudice tavolare (decr.) 7 aprile 2006, in Taf, 2006, p. 417; Trib. Napoli (decr.) 16 giugno 2005, in Taf, 2006, p. 249; Trib. Reggio Emilia (ord.) 14 maggio 2007, in Taf, 2007, p. 425.

(98) Sul concetto generale di norma self-executing, cfr. gli autori citati in S. BUTTÀ, «Effetti diretti …», cit., nota 1 a p. 551.

(99) Cfr. Trib. Bologna (decr.) 18 aprile 2000, in Taf, 2000, p. 374.

(100) Cfr. Trib. Trieste - Giudice tavolare (decr.) 23 settembre 2005, in Taf, 2006, p. 83.

(101) Come del resto ritengono parte della dottrina e svariate decisioni della Suprema Corte: cfr. U. NATOLI, Della tutela dei diritti, in Commentario del codice civile, Libro 6, T. 1, Torino, 1971, p. 109; C. MAIORCA, Della trascrizione, in Commentario D’Amelio e Finzi, vol. 13, Milano 1985, p. 180; Cass. n. 3664/1969, in Foro it., 1970, I, c. 447; Cass. n. 2764/1969; Cass. n. 174/1986, in Vita not., 1986, p. 663; Cass. n. 11250/1997.

(102) È il caso di Trib. Trento - sez. dist. di Cavalese - Giudice tavolare (decr.) 20 luglio 2004, in Taf, 2004, p. 573, per il quale la pubblicità del trasferimento al trustee avrà luogo in virtù dell’art. 2645 c.c. e quella del vincolo avrà luogo in virtù dell’applicazione analogica dell’art. 2647 c.c.

(103) Cfr. Trib. Milano (decr.) 8-29 ottobre 2002, in Taf, 2003, p. 270.

(104) Cfr. Trib. Verona (decr.) 8 gennaio 2003, in Taf, 2003, p. 409.

(105) Per i quali cfr. in dottrina L. PELLEGRINI, «Trust interno…», cit.; ID., «L’iscrizione tavolare…», cit.; ID., «Negozio di dotazione…» cit.; L. BATTISTELLA, «Il trust e le implicazioni …», cit.; ID., «La multiproprietà e il trust…», cit.; in giurispudenza Trib. Trento - sez. dist. di Cavalese - Giudice tavolare (decr.) 20 luglio 2004, in Taf, 2004, p. 573; Trib. Trieste - Giudice tavolare (decr.) 23 settembre 2005, in Taf, 2006, p. 83.

(106) Per tale tipo di soluzione cfr. in dottrina M. LUPOI, Trusts, cit., p. 608; ID., «Lettera a un notaio curioso…» cit., p. 354; P. PICCOLI, «Possibilità operative …», cit., p. 64-65; P. PICCOLI - E. CORSO - M. DOLZANI, «La trascrizione…», cit., p. 1397-1398 e p. 1400-1402; S. BUTTÀ, «Effetti diretti …», cit., p. 554; in giurisprudenza Trib. Chieti (decr.) 10 marzo 2000, in Taf, 2000, p. 372; cfr. altresì Nota del Ministero delle Finanze - Dipartimento del territorio - Direzione Compartimentale del territorio per le regioni Piemonte, Liguria, Val D’Aosta, in Taf, 2000, p. 296 e ss., nonché le note di trascrizione in S. BARTOLI, Il Trust, cit., p. 796 e ss., p. 800 e ss., p. 804 e ss., p. 807 e ss., p. 808 e ss. e 810 e ss.; L. SANTORO, Il trust …, cit., p. 572 e ss. e p. 580 e ss.; in Taf, 2001, p. 481 e ss.; in Taf, 2003, p. 483 e ss.; in Taf, 2004, p. 641 e ss.; in Taf, 2006, p. 144 e ss.

(107) Cfr. F. GAZZONI, «In Italia …», cit., 1256; ID., «Il cammello, il leone …», cit., p. 1114-1115; R. QUADRI, La destinazione …, cit., p. 322 e ss.

(108) Cfr. G. GALLIZIA, «Trattamento tributario …», cit., p. 148-149.

(109) Per tale modalità operativa cfr. le note di trascrizione in Taf, 2002, p. 305 e ss.; in Taf, 2003, p. 663 e ss.; in Taf, 2004, p. 317 e ss.; in Taf, 2005, p. 309 e ss.

(110) Cfr. ancora G. GALLIZIA, «Trattamento tributario …», cit., p. 149, nonché le note di trascrizione in L. SANTORO, Il Trust …, cit., p. 575 e ss.; in Taf, 2002, p. 481 e ss.

(111) Per formalità pubblicitarie relative a trusts aventi ad oggetto partecipazioni sociali cfr. il materiale in S. BARTOLI, Il Trust, cit., p. 819 e ss. e 821 e ss., nonché in Taf, 2002, p. 644 e ss.; in Taf, 2004, p. 316; in Taf, 2005, p. 483; in Taf, 2007, p. 647. Quanto, infine, alla pubblicità nel Pra di trusts concernenti beni mobili registrati, cfr. circolare Aci 10 febbraio 2009 in Taf, 2009, p. 216.

(112) Cfr. Trib. Torino (decr.) 10 febbraio 2011, in Taf, 2011, p. 627.

(113) Come già aveva fatto, a suo tempo una minoritaria dottrina: cfr A. DE DONATO - V. DE DONATO - M. D’ERRICO, Trust convenzionale …, cit., p. 138-140.

(114) Più precisamente, secondo la tesi in esame, nell’ipotesi in cui avesse a mutare, per qualunque ragione (morte, revoca, dimissioni), la persona del trustee, tale evento, lungi dal richiedere (come accade, invece, per la tesi in precedenza esaminata nel testo) il compimento di due ulteriori formalità pubblicitarie (una prima trascrizione contro il trustee uscente ed a favore del trustee subentrante; una seconda trascrizione contro il trustee subentrante), dovrebbe essere pubblicizzato mediante una mera annotazione a margine della trascrizione a suo tempo effettuata con riguardo al soggetto che primo ha rivestito l’ufficio di trustee.

(115) Cfr. D. PARISI, «Trascrizione a favore del trust: l’uovo di Colombo?», in Taf, 2011, p. 608 e ss.; A. STEFANI, «Trascrizione a favore del trust: una nuova frontiera?», in Not., 2011, p. 414 e ss.

(116) Il provvedimento del Trib. Torino citato alla nota 112 fa riferimento a quelle di Milano I, Savona e Foggia.

(117) Condivise anche da D. MURITANO, Note su trust e trascrizione dei trasferimenti immobiliari in favore del trustee, in corso di pubblicazione e consultato grazie alla cortesia dell’autore; L. CORSINI, Il trustee nel processo di cognizione, Torino, 2012, p. 78.

(118) Cfr. in dottrina M. LUPOI, Istituzioni del diritto dei trust …, cit., p. 10; M. GRAZIADEI, Diritti nell’interesse altrui. Undisclosed agency e trust nell’esperienza giuridica inglese, Trento, 1995, p. 385-386; A. GAMBARO, «Problemi in materia di riconoscimento degli effetti dei “trusts” nei paesi di “civil law”», in Riv. dir. civ. 1984, I, p. 101; R. MONTINARO, Trust e negozio di destinazione allo scopo, Milano, 2004, p. 32 e ss.; in giurisprudenza l’antica Cass. Napoli 29 marzo 1909, in Giur. it., 1909, I, 1, p. 649 e ss. nonché Trib. Velletri 29 giugno 2005, in Taf, 2005, p. 577 e ss., Trib. Voghera 25 febbraio 2010, in Taf, 2010, p. 278 e lo stesso provvedimento del Trib. Torino citato alla nota 112. Né pare possibile obiettare che il trust è ormai soggetto di diritto dal punto di vista tributario (l’articolo 1, commi da 74 a 76, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 ha, infatti, esteso ad esso l’imposta tipica delle società, degli enti commerciali e non commerciali, cioè l’IRES, all’uopo modificando l’art. 73 del Tuir n° 917/86): trattasi, infatti, di una mera fictio juris messa in atto dal legislatore fiscale per le finalità settoriali da esso perseguite.

(119) Cfr. D. MURITANO, Note su trust …, cit.

(120) Cfr. G. PETRELLI, «La trascrizione degli atti di destinazione», in Riv. dir. civ., 2006, § p. 19; F. PATTI, «Gli atti di destinazione e il trust nel nuovo art. 2645-ter c.c.», in Vita not., 2006, p. 991-995 e 997-998.

(121) Cfr. G. DORIA, Relazione introduttiva, in AA.VV., Atti del convegno “Le nuove forme di organizzazione del patrimonio. Dal trust agli atti di destinazione”. Roma 28-29 settembre 2006, reperibile sul sito www.economia. uniroma2.it, § 3.

(122) Sull’acceso dibattito relativo a tale questione, che non può essere affrontata in questa sede, cfr. S. BARTOLI, Trust e atto di destinazione …, cit., p. 160 e ss. ed ampia bibliografia ivi citata.

(123) Cfr. R. QUADRI, «L’art. 2645-ter c.c. e la nuova disciplina degli atti di destinazione», in Contr. e impr., 2006, p. 1732-1733; G. CIPRIANI, «L’amministrazione di sostegno e il trust interno», in Nuova giur. civ. comm., II, p. 307.

(124) Cfr. in dottrina M. LUPOI, «Gli atti di destinazione nel nuovo art. 2645-ter c.c. quale frammento di trust», in Taf, 2006, p. 173; in giurisprudenza Trib. Genova (decr.) 14 marzo 2006, in Taf, 2006, p. 415; Trib. Genova - Giudice tutelare (decr.) 17 giugno 2009, in Taf, 2009, p. 531; Trib. Modena - sez. dist. Sassuolo Giudice tutelare (decr.) 11 dicembre 2008, in Taf, 2009, p. 177; Trib. Bologna (decr.) 11 maggio 2009, in Taf, 2009, p. 543.

(125) Cfr. M. D’ERRICO, «Le modalità della trascrizione ed i possibili conflitti che possono porsi tra beneficiari, creditori ed aventi causa dal “conferente”», in AA.VV., Negozio di destinazione: percorsi verso un’espressione sicura dell’autonomia privata, in I Quaderni della Fondazione Italiana per il Notariato, 2007, p. 88 e 91- 92; ID., «Trascrizione del vincolo di destinazione», in AA.VV., Atti del convegno “Atti notarili di destinazione dei beni: art. 2645-ter c.c.”, Milano, 19 giugno 2006, reperibile sul sito www.scuoladinotariatodellalombardia.org/ relazioni.htm, § I n. 2; F. GAZZONI, Osservazioni, in AA.VV., La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione. L’art. 2645-ter del codice civile a cura di M. Bianca, Milano, 2007, p. 227.

(126) Cfr. M. MANULI, «L’art. 2645-ter. Riflessioni critiche», in Vita not. 2007, p. 387-391.

(127) Cfr. G. PETRELLI, «La trascrizione …», cit., § 19; G. DE NOVA, «Esegesi dell’art. 2645-ter c.c.», in AA.VV., Atti del convegno “Atti notarili di destinazione dei beni …, cit.; G. GABRIELLI, «Vincoli di destinazione importanti separazione patrimoniale e pubblicità nei registri immobiliari», in Riv. dir. civ., 2007, p. 321-324; G. CIPRIANI, «L’amministrazione …», cit., p. 307.

(128) Cfr. in dottrina M. LUPOI, «Gli atti di destinazione …», cit., p. 173; ID., Istituzioni del diritto …, cit., p. 101- 102; A. PICCIOTTO, «Brevi note sull’art. 2645-ter: il trust e l’araba fenice», in Contr. e impr., 2006, p. 1321; A. TONELLI, «Il Tribunale di Reggio Emilia ricorre ad un frammento di trust per risolvere un accordo di separazione fra coniugi», in Taf, 2007, p. 340; P. MANES, «La norma sulla trascrizione è, dunque, norma sugli effetti», Contr. e impr. 2006, p. 627; F. ROTA - G. BIASINI, Il trust e gli istituti affini in Italia, Milano, 2007, p. 223; in giurisprudenza Trib. Saluzzo - G.D. (decr.) 9 novembre 2006, in Taf, 2008, p. 290; Trib. Bologna - Giudice tutelare (decr.) 23 settembre 2008, in Taf, 2008, p. 631; Trib. Reggio Emilia (ord.) 14 maggio 2007, in Taf, 2007, p. 425.

(129) In estrema sintesi, l’art. 2645-ter c.c. richiede la forma dell’atto pubblico, ma è discusso tale forma sia imposta ad substantiam ovvero solo ai fini della pubblicità del vincolo; è discusso, altresì se sia ammis-sibile un atto di destinazione in forma testamentaria (e, in caso di risposta positiva, se debba o meno farsi ricorso al solo testamento pubblico). Per quanto, invece, concerne il trust avente fonte in una dichiarazione negoziale, dall’art. 2 paragrafo primo della Convenzione si evince l’ammissibilità della forma testamentaria ed il successivo art. 3 richiede solo che il trust inter vivos sia provato per iscritto (salvo - s’intende - che la forma scritta sia imposta dalla particolare natura dei beni che ne sono oggetto, come nel caso del trust immobiliare). Su questi temi cfr. S. BARTOLI, Trust e atto di destinazione …, cit., p. 48 e ss. e p. 470-471. In senso contrario all’atto di destinazione testamentario cfr. recentemente Trib. Roma 18 maggio 2013, inedito.

(130) Tale legittimazione, invece, non compete a colui che istituisce un trust, salvo che egli assuma la qualità di guardiano o di beneficiario. Sul tema cfr. M. LUPOI, «Gli atti di destinazione …», cit., p. 171; ID., Istituzioni del diritto dei trust …, cit., p. 11; S. BARTOLI, Trust e atto di destinazione …, cit., p. 71-72.

(131) In estrema sintesi, è discusso se tale previsione dell’art. 2645-ter c.c. sia o meno tassativa (per il relativo dibattito cfr. S. BARTOLI, Trust e atto di destinazione …, cit., p. 136 e ss. e p. 474 e ss.), mentre del trust può essere oggetto qualunque bene suscettibile di valutazione economica.

(132) La durata massima di un trust dipende, invece, dalle previsioni al riguardo della legge regolatrice scelta dal disponente: sul tema cfr. S. BARTOLI, Trust e atto di destinazione …, cit., p. 184 e ss.

(133) In estrema sintesi, è discusso se la meritevolezza degli interessi da realizzare cui fa riferimento l’art. 2645-ter c.c. costituisca o meno un quid pluris rispetto alla mera liceità (per il relativo dibattito cfr. S. BARTOLI, Trust e atto di destinazione …, cit., p. 160 e ss.), mentre con il trust si può perseguire qualunque interesse, purché lecito.

(134) Cfr. U. STEFINI, «La destinazione patrimoniale dopo il nuovo articolo 2645-ter c.c.», in Giur. it., 7, 2008, parte finale del § 5.

(135) Cfr. E. MORANDI, «Gli atti di destinazione nell’esperienza degli Stati Uniti d’America», in AA.VV., Negozio di destinazione: percorsi …, cit., p. 46; M. D’ERRICO, «Le modalità della trascrizione …», cit., p. 88 e 91-92; M. CINQUE, «L’atto di destinazione per i bisogni della famiglia di fatto: ancora sulla meritevolezza degli interessi ex art. 2645-ter c.c.», Nuova giur. civ. comm., 2008, p. 692 e ss.

(136) Cfr. Uff. Prov. Roma Agenzia territorio 8 settembre 2006, inedito e citato in A. ZOPPINI, «Destinazione patrimoniale e trust: raffronti e linee per una ricostruzione sistematica», in AA.VV., Negozio di destinazione: percorsi …, cit., p. 337.

(137) Cfr., se ben se ne è compreso il senso, Trib. Trieste - Giudice tavolare (decr.) 19 settembre 2007, in Taf, 2008, p. 42, nonché di recente Trib. Roma 18 maggio 2013 inedito.

(138) Cfr. nota 133. È - appunto - partendo da tale premessa che, con il provvedimento Uff. Prov. Roma Agenzia territorio 8 settembre 2006 citato alla nota 136, il locale Conservatore dei Registri immobiliari si è rifiutato di trascrivere un trasferimento dal disponente al trustee in quanto il trust in questione non perseguiva un fine di pubblica utilità.

(139) Cfr. C.M. BIANCA, Conclusioni, in AA.VV., La trascrizione …, cit., p. 196-197.

(140) Cfr. S. BARTOLI, «Riflessioni sul “nuovo” art. 2645- ter c.c. e sul rapporto fra negozio di destinazione di diritto interno e trust», in Giur. it., 2007, p. 1299; in punto di durata del negozio, S. BARTOLI - D. MURITANO, Le clausole dei trusts interni, Torino, 2008, p. 201 e ss. e 237.

(141) Con specifico riguardo ai trusts interni di durata illimitata - aggiungerei - potrebbe confortare una siffatta conclusione anche il disfavore con cui talora la nostra giurisprudenza guarda ai vincoli obbligatori - e tale è quello che grava sul trustee nei confronti dei beneficiari - di durata illimitata: cfr. sul punto Cass. n. 9975/1995.

(142) Cfr. nota 133.

(143) Cfr. in dottrina P. MANES, «La norma sulla trascrizione …», cit., p. 637; G. OBERTO, «Atti di destinazione (art. 2645-ter c.c.) e trust: analogie e differenze», in Contr. e impr. eur. 2007, p. 389-390; in giurisprudenza Trib. Trieste - Giudice tavolare (decr.) 7 aprile 2006, in Taf, 2006, p. 417.

(144) Cfr. nota 131.

(145) Cfr. G. OBERTO, «Atti di destinazione …», cit., p. 408-409.

(146) Cfr. nota 132. Cfr. G. OBERTO, «Atti di destinazione …», cit., p. 409-410; G. PETRELLI, «La trascrizione …», cit., § 6; A. MORACE PINELLI, Atti di destinazione, trust e responsabilità del debitore, Milano 2007, p. 286.

(147) Cfr. nota 129. Cfr. G. PETRELLI, «La trascrizione …», cit. , § 19; A. MORACE PINELLI, Atti di destinazione …, cit., 286.

(148) In estrema sintesi, è discusso se sia ammissibile un siffatto atto di destinazione, mentre il trust di scopo viene ammesso, sia pure con previsioni variegate, dalle leggi regolatrici straniere. Sul tema cfr. S. BARTOLI, Trust e atto di destinazione …, cit., p. 223 e ss.

(149) Cfr. G. PETRELLI, «La trascrizione …», cit., § 19.

(150) Sul tema cfr. S. BARTOLI, Trust e atto di destinazione …, cit., p. 84 e ss. Potranno verificarsi, infatti, ipotesi in cui l’utilizzo di una siffatta struttura negoziale si palesa come inevitabile da un punto di vista tecnico (come nel caso del negozio di destinazione su beni di un soggetto incapace) ovvero è richiesto da una delle parti, la quale non ripone sufficiente fiducia nella futura condotta del disponente-gestore (come nel caso del negozio di destinazione in sede di accordi di separazione o di divorzio).

(151) Per questa tesi cfr. M. LUPOI, «Gli atti di destinazione …», cit.; M. GRAZIADEI in S. BARTOLI - M. GRAZIADEI - D. MURITANO - L.F. RISSO, I Trusts interni e le loro clausole a cura di E.Q. Bassi e F. Tassinari, Consiglio Nazionale del Notariato, Roma, 2007, p. 225; A. LUMINOSO, «Contratto fiduciario, trust e atti di destinazione ex art. 2645-ter c.c.», in Riv. not., 2008, p. 1003; F. PATTI, «Gli atti di destinazione …», cit., p. 993; P. MANES, «La norma sulla trascrizione …», cit., p. 628. A ciò si obietta (cfr. S. BARTOLI, Trust e atto di destinazione …, cit., p. 42; G. PETRELLI, «La trascrizione …», cit., §§ 17-18; S. MEUCCI, La destinazione di beni …, cit., p. 314-317), forse non senza fondamento, che il silenzio della norma sul punto ben può essere colmato dall’interprete, sì da rendere comunque ricostruibili gli obblighi del gestore.

(152) Cfr. nota 131.

(153) Per questa tesi (allo stato minoritaria) cfr. F. GAZZONI, Osservazioni, in AA.VV., La trascrizione …, cit., p. 226-227; G. OBERTO, «Atti di destinazione …», cit., p. 405 e ss.; ID., «Vincoli di destinazione ex art. 2645-ter c.c. e rapporti patrimoniali tra coniugi», reperibile al link www.giacomooberto.com, §§ 1 e 7; nello stesso senso, ma senza motivare, V. MARIANI, «Il trust familiare: l’ontologica differenza con gli altri istituti», in Taf, 2008, p. 288. Per la dominante opinione contraria cfr. S. BARTOLI, Trust e atto di destinazione …, cit., p. 237 e ss.; C. PRIORE, Strutturazione e stesura dell’atto negoziale di destinazione, in AA.VV., La trascrizione …, cit., p. 96-97; L.F. RISSO, «I negozi di destinazione a tutela degli interessi del donante», in AA.VV., Negozio di destinazione: percorsi …, cit., p. 332 e ss.; G. PETRELLI, «La trascrizione …», cit., § 7.

(154) La tesi è sostenuta da M. BIANCA - M. D’ERRICO - A. DE DONATO - C. PRIORE, L’atto notarile di destinazione. L’art. 2645-ter del codice civile, Milano, 2006, p. 43-44 e 63; M. BIANCA, Novità e continuità dell’atto negoziale di destinazione, in AA.VV., La trascrizione …, cit., p. 37-38; A. MORACE PINELLI, Atti di destinazione …, cit., p. 264; P. SPADA, «Articolazione del patrimonio da destinazione iscritta», in AA.VV., Negozio di destinazione: percorsi …, cit., p. 128; G. OBERTO, «Atti di destinazione …», cit., p. 425; F. ROSELLI, «Atti di destinazione del patrimonio e tutela del creditore», in AA.VV., Atti del convegno “Le nuove forme di organizzazione del patrimonio. Dal trust agli atti di destinazione”, cit., § 4.1; E. MATANO, «I profili di assolutezza del vincolo di destinazione: uno spunto ricostruttivo delle situazioni giuridiche soggettive», in Riv. not., 2007, p. 371-372 e 376; A. MERLO, «Brevi note in tema di vincolo testamentario di destinazione ai sensi dell’art. 2645-ter», in Riv. not., 2007, p. 514. Trattasi, però, di un’opzione ermeneutica che rischia di non tutelare in modo adeguato gli interessi sia del disponente che dei beneficiari, ai quali, in linea di principio, l’identità del soggetto gestore dei beni destinati non è affatto indifferente (si pensi ad un atto di destinazione stipulato a favore di un disabile). Appare pertanto più plausibile la tesi (cfr. R. QUADRI, «L’art. 2645-ter c.c. e la nuova disciplina …», cit., p. 1741-1744; S. MEUCCI, La destinazione di beni …, cit., p. 507 e ss.; A. DI MAJO, Il vincolo di destinazione tra atto ed effetto, in AA.VV., La trascrizione …, cit., p. 119; G. ROJAS ELGUETA, «Il rapporto tra l’art. 2645-ter cc e l’art. 2740 c.c.: un’analisi economica della nuova disciplina», in AA.VV., Negozio di destinazione: percorsi …, cit., 69; G. PETRELLI, «La trascrizione …», cit., §§ 4 e 14; S. BARTOLI, «Riflessioni sul “nuovo” art. 2645-ter c.c. …», cit., p. 1305 e ss.; F. PATTI, «Gli atti di destinazione …», cit., p. 988 e 990-991; G. FANTICINI, L’art. 2645-ter del codice civile, in AA.VV., La protezione dei patrimoni …, cit., p. 354 e ss.) secondo la quale l’alienazione in violazione della destinazione ex art. 2645- ter c.c. deve, invece, considerarsi viziata, ferma l’esigenza di tutelare l’eventuale buona fede del terzo avente causa. Sul dibattito relativo a questo tema v. amplius S. BARTOLI, Trust e atto di destinazione …, cit., p. 277 e ss.

(155) Sul dibattito relativo a questo tema cfr. S. BARTOLI, Trust e atto di destinazione …, cit., p. 317 e ss. Appare evidente che, ove si aderisse alla tesi in esame, ancora una volta - come si è detto alla nota 154 - non sarebbero tutelati gli interessi sia del disponente che dei beneficiari, ai quali, in linea di principio, l’identità del soggetto gestore dei beni destinati non è affatto indifferente.

(156) Cfr. S. BARTOLI, «Riflessioni sul “nuovo” art. 2645- ter c.c. …», cit., p. 1298; G. PETRELLI, «La trascrizione …», cit., § 17.

(157) Cfr. D. MURITANO, «Il c.d. trust interno prima e dopo l’art. 2645-ter c.c.», in AA.VV., Negozio di destinazione: percorsi …, cit., p. 22-23.

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