La problematica ed i disegni di legge
- capitolo III -
La problematica ed i disegni di legge
di Concetta Priore
Già notaio in La Spezia
1. La Convenzione de L’Aja, il trust, la destinazione dei beni ad uno scopo all’attenzione del Notariato
La problematica - per quanto riguarda l’attenzione e l’impegno svolti dal Notariato per reperire soluzioni all’argomento in oggetto, contribuendo in prima persona alla costruzione della figura dell’atto di destinazione allo scopo che emerge dalla attuale stesura dell’art. 2645-ter del c.c. - si era posta con l’apparizione, nel paesaggio del nostro ordinamento giuridico, dell’istituto del Trust che la Convenzione de L’Aja del 1° luglio 1985, ratificata dall’Italia con la legge 16 ottobre 1989 n. 364, rendeva applicabile senza peraltro introdurlo nella normativa nazionale.
Alla luce, anzi nella nebulosa, creatasi a seguito del detto evento e dalla presa d’atto delle difficoltà concettuali e operative, messe in evidenza dagli studi di emeriti giuristi, ma anche delle effettive utilità che tale istituto di common low offriva, il Notariato, sempre aperto a soluzioni più attuali e consone alle esigenze delle persone e delle imprese, si era posto il problema del reperimento e della verifica di principi già esistenti nel nostro ordinamento che giustificassero l’ “emersione” di una figura negoziale atipica che consentisse risultati simili a quelli dell’istituto straniero.
Pertanto, come nel trust l’elemento determinante sembrava essere la “destinazione di beni ad uno scopo”, lo studio della Commissione propositiva del Consiglio Nazionale del Notariato si mosse da tale punto di riferimento.
L’elemento della “destinazione” a sè stante è ben noto e disciplinato nella nostra legge; ne sono esempi la destinazione di un bene a pertinenza di un altro, o la destinazione di un bene a servitù di un altro. Queste destinazioni costituiscono un vincolo (reale) ma sono insufficienti a dar luogo ad un centro d’interessi che abbia autonomia di gestione e di funzione.
Nelle considerazioni conclusive di una giornata di studio organizzata dal Notariato, alla quale in appresso accennerò, venne evidenziato molto chiaramente da chi presiedeva i lavori(1) che, per attuare nell’ordinamento italiano un istituto che possa svolgere quella funzione che in campo di common low svolge il trust, è necessario che, con l’atto con il quale un soggetto destina beni ad uno scopo sia possibile individuare - quale requisito essenziale - un “centro d’interessi” autonomo rispetto allo stesso destinante che consenta di attuare la separazione dei beni destinati dal suo restante patrimonio.
Vale a dire che la destinazione può assurgere a vincolo giuridico, e pertanto realizzare quanto perseguito dal destinante, solo se i beni destinati abbiano un “centro d’interessi” di riferimento diverso dall’autore della destinazione.
2. Preesistenza nella legislazione nazionale di discipline regolanti separazione patrimoniale e limitazione della responsabilità, anche senza “personificazione”. Necessità e presupposti di una disciplina generica di destinazione e tipizzazione rimessa all’autonomia privata
Per esporre sia pure sinteticamente la problematica, parlando di centro d’interessi autonomo occorre ricordare che tale risultato era già realizzabile mediante la “personificazione”; ciò accadeva quando un soggetto, “fondatore”, destinava beni ad un particolare scopo costituendo “una fondazione - persona giuridica”.
La personificazione di una massa di beni risolveva il problema della responsabilità patrimoniale in relazione alla indivisibilità del patrimonio nonchè il problema del regime di circolazione dei beni.
Nell’evoluzione normativa erano già state regolamentate varie discipline (introdotte nel c.c. o rimaste oggetto di leggi speciali), contenenti deroghe all’indivisibilità del patrimonio e alla responsabilità illimitata del debitore: tra queste il “fondo patrimoniale”, i “fondi di pensione”, la “società a responsabilità limitata unipersonale”, i “patrimoni destinati ad uno specifico affare” in ambito di società per azioni, ed altre ancora; la destinazione dei beni, oggetto di queste discipline, individuata variamente come patrimonio “autonomo”, “separato”, “distinto” o “destinato”, realizza effettivamente la separazione del patrimonio, incidendo sia sul principio della indivisibilità che della responsabilità del debitore pur senza dar luogo alla personificazione della massa patrimoniale.
Pertanto il tentativo - oggetto dello studio della Commissione propositiva - di individuare nell’ambito ordinamentale, l’esistenza di elementi di una disciplina generica di destinazione di beni allo scopo, ma rimessa per il completamento della fattispecie - purchè per finalità lecite e meritevoli di tutela giuridica - di volta in volta all’autonomia privata, trovava opposizione in coloro che, nella lettera dell’art. 2740 del c.c.(2) , riscontravano l’impossibilità di sottrarre beni al patrimonio generale del disponente mediante un atto di destinazione (comportante di conseguenza limitazione di responsabilità patrimoniale) non espressamente disciplinato dal legislatore.
Nella giornata di studio - alla quale oggi facciamo riferimento - a tali argomentazioni fu opposto con successo che, a tenore del detto art. 2740, sono illeciti e pertanto nulli gli atti che comportano direttamente una limitazione della responsabilità di un soggetto e non lo sono quegli atti che incidono sul patrimonio di costui per i quali - sussistendo le circostanze previste dalla legge - è applicabile l’azione revocatoria. Diversamente, sarebbero limitativi di responsabilità tutti gli atti di “disposizione” compiuti da un soggetto(3).
I lavori della Commissione propositiva del Consiglio Nazionale del Notariato vennero conclusi con una Giornata di studio svoltasi a Roma - Palazzo Santacroce - il 19 giugno 2003 alla quale parteci-parono notai e professori di grande cultura giuridica che da tempo si occupavano dell’argomento(4) e le cui relazioni sono raccolte nel volume Destinazione dei beni allo scopo(5).
In tale sede vennero esaminati i presupposti e gli elementi di tale atto: l’ambito di applicazione, i soggetti dell’atto costitutivo, gli interessi pubblici o privati sottesi alla realizzazione dello scopo, l’unilateralità o bilateralità dell’atto, il confronto col trust, il controllo della gestione, l’abuso, l’opponibilità ai terzi, la realità del vincolo, la causa del negozio di destinazione, l’intestazione dei beni a soggetto diverso dal disponente, la situazione giuridica del “gestore”, la meritevolezza dell’interesse alla destinazione, il regime tributario.
Durante tale puntuale messa a fuoco della intera problematica, con argomentazioni sostenute con coerenza e con sicura conoscenza degli orientamenti della dottrina, sia risalente che contemporanea, delle tesi sia favorevoli che contrarie, e dei principi dell’ordinamento, si evidenziò il seguente assunto: «In un diritto civile, così inteso, non può il potere dispositivo, che l’individuo è legittimato ad esercitare, essere costretto negli angusti confini, segnati dall’autorizzazione ad avvalersi di schemi negoziali nominati e compressi in una sfera di “autonomia contrattuale”, suscettibile di esplicarsi solo mediante contratti (prevalentemente di scambio), volti ad operare in via immediata un’attribuzione patrimoniale, per sè conclusiva dell’assetto di interessi, considerato meritevole dal legislatore. Oggi il negozio, quale espressione di autonomia individuale, non può non assumere la configurazione a volta a volta più adeguata al perseguimento degli interessi concreti, dei quali postula il soddisfacimento»(6).
Cioè la tipizzazione del negozio avviene ad opera del privato.
3. Ulteriori elementi fondanti: la meritevolezza degli interessi e l’effetto reale del vincolo di destinazione
In stretta connessione con questa asserzione, veniva in evidenza il dettato del comma 2 dell’art. 1322 c.c. «Le parti possono concludere contratti che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare, purchè siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico».
Pertanto la necessità della “meritevolezza di tutela” prescritta dal detto testo è risultato elemento fondante nella costruzione di una figura generica e atipica di atto di destinazione allo scopo lasciata di volta in volta alla specificazione della autonomia privata ed ha contraddistinto il contenuto di quella che - in seguito - è divenuta la norma codicistica.
Ma per raggiungere, secondo l’evolversi dello studio, il risultato positivo della valenza della autonomia privata, cioè della sola volontà dell’individuo, di frazionare il proprio patrimonio per perseguire diverse destinazioni, non risultavano sufficienti il libero potere dispositivo e la meritevolezza degli interessi perseguiti ma era necessaria ancora l’opponibilità a terzi, cioè l’effetto reale del vincolo di destinazione. Effetto raggiungibile solo per mezzo di una specifica previsione di pubblicità (in pubblici registri).
Pertanto, nella Relazione svolta dal prof. Palermo, si reperisce un invito espresso al legislatore di intervenire per introdurre fra gli atti trascrivibili una nuova figura negoziale: l’atto di autonomia privata teso a imprimere un vincolo di destinazione su beni o gruppi di beni, facenti parte del patrimonio del disponente.
4. Progetto di legge 3972 (XIV legislatura). L’art. 2645-ter. L’iter nei provvedimenti legislativi succedutisi
Alla giornata di studio del 19 giugno 2003 partecipava il collega Notaio e Deputato al Parlamento Antonio Pepe che aveva presentato una proposta di legge che contemplava «la possibilità di istituire un patrimonio separato, vincolato allo scopo di favorire l’autosufficienza economica dei soggetti portatori di grave handicap, ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104 e sue modifiche, ovvero il mantenimento, l’istruzione ed il sostegno economico di discendenti».
Il progetto di legge n. 3972 era stato presentato dall’On.le Pepe nella XIV legislatura dopo che nella precedente legislatura era stata già presentata una proposta di legge diretta a disciplinare il trust, proposta che non aveva avuto realizzazione normativa perchè le Commissioni giustizia e finanze non ne avevano ritenuto facile la compatibilità con l’ordinamento italiano.
La proposta dell’On.le Pepe conteneva tutti gli elementi che nello studio della Commissione del Consiglio Nazionale del Notariato erano stati considerati necessari alla costruzione della indicata figura generale dell’atto di destinazione negoziale. Il presentatore indicava nell’art. 1, al comma 5, che «per le finalità di cui al comma 1 (da noi qui avanti riportate) il disponente può costituire un patrimonio con vincolo di destinazione ai sensi dell’art. 2»; ed al comma 6 «Il patrimonio con vincolo di destinazione costituisce una massa distinta rispetto al patrimonio del disponente e del gestore».
Indicava anche i requisiti di forma (atto pubblico, scrittura privata autenticata, testamento); indicava, quali soggetti, oltre il disponente, il gestore cioè colui che viene investito dell’amministrazione dei beni destinati (posizione gestoria assumibile altresì dallo stesso disponente); i beneficiari, cioè coloro nel cui interesse è disposta la destinazione.
Il testo della proposta contemplava ancora l’eventuale previsione di supervisori con diritto di agire per l’adempimento delle obbligazioni poste a carico del gestore, la possibilità di alienare i beni vincolati alla destinazione qualora necessario per soddisfare le finalità della destinazione medesima, i compiti del gestore e la gratuità dell’incarico salvo diversa previsione, ed in particolare un dettagliato contenuto dell’atto costitutivo oltre norme processuali e agevolazioni fiscali.
L’On.le Pepe invitava, in detta giornata di studio, i Relatori a suggerire ogni modifica utile a rendere migliore il testo del progetto di legge.
Tale progetto non è giunto alla fine del suo iter legislativo ma ha aperto il varco (con contributo di contenuti) all’ingresso nel nostro ordinamento della figura del negozio atipico di destinazione, disciplinato nell’art. 2645-ter del c.c., del quale a tutt’oggi - data la sua collocazione fra le norme della pubblicità - ne viene contestata da alcuno la valenza sostanziale.
Il precedente testo dell’attuale 2645-ter, contenuto nel disegno di legge governativo dell’11 marzo 2005, relativo al piano d’azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale (art. 1 comma 8) non faceva riferimento per l’argomento rubricato “Trascrizione di atti di destinazione” nè ai “disabili” nè alla pubblica amministrazione ma solo agli interessi meritevoli di tutela a norma dell’art. 1322, comma 2, del c.c., pur essendovi nella Relazione di accompagnamento una possibile previsione di utilizzo per tali categorie di soggetti.
La norma, relativa alla “Trascrizione di atti di destinazione” venne emendata, con l’aggiunta del «contratto di intestazione di beni ad una società fiduciaria ai sensi della legge 23 novembre 1939, n. 1966», ed inserita nell’art. 34 dello stesso disegno di legge che, approvato dalla Camera dei Deputati il 12 luglio 2005, venne trasmesso all’Aula del Senato.
La legge n. 51 del 23 febbraio 2006 “Conversione in legge con modificazioni, del decreto legge 30 dicembre 2005 n. 273, recante disposizioni, proroga di termini, nonchè conseguenti disposizioni urgenti - Proroga di termini relativi all’esercizio di deleghe legislative” ha licenziato l’attuale testo dell’art. 2645-ter - nel quale non compare la possibilità di intestare beni a società fiduciarie ma compare invece l’esplicito riferimento agli interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni o ad altri enti o persone fisiche ai sensi dell’art. 1322, comma 2; per cui, rispettati gli ulteriori requisiti richiesti dalla norma medesima, gli atti di destinazione ad uno scopo possono essere trascritti ed essere opposti ai terzi.
Quell’articolo, inserito tra le norme della pubblicità, contiene anche molti elementi di disciplina; pertanto anche se ha dato e da ancora luogo a diverse interpretazioni, ha di certo introdotto nel nostro ordinamento la figura negoziale di destinazione rimessa all’autonomia privata.
I membri della Commissione propositiva del Consiglio Nazionale del Notariato, ricordano con soddisfazione il non facile lavoro svolto.
(1) L’intervento, denominato «Introduzione e considerazioni conclusive» svolto dal prof. Angelo FALZEA, Accademico dei Lincei, è contenuto in Destinazione dei beni allo scopo - Strumenti attuali e tecniche innovative. Atti della giornata di studio organizzata dal Consiglio Nazionale del Notariato, Roma - Palazzo Santacroce, 19 giugno 2003 – in Quaderni romani di diritto commerciale a cura di B. Libonati e P. Ferro-Luzzi, Milano, 2003, p. 21 e ss.
(2) Art. 2740: «Il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri. Le limitazioni della responsabilità non sono ammesse se non nei casi stabiliti dalla legge».
(3) Concetti messi in evidenza dal Prof. Antonio MASI, «Destinazione di beni e autonomia privata», in Destinazione dei beni allo scopo …, cit., p. 235 e ss.
(4) Si ricorda in particolare il prof.Gianfranco PALERMO che aveva già elaborato e pubblicato un saggio su una teoria dell’atto di destinazione di fonte negoziale: «Autonomia negoziale e fiducia (breve saggio sulle libertà delle forme)» in Riv. giur. sarda, 1999, p. 571 e ss.
(5) Destinazione dei beni allo scopo ..., cit.
(6) G. PALERMO, «Ammissibilità e disciplina del negozio di destinazione», in Destinazione dei beni allo scopo …, cit., p. 245
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