L’interpretazione dell’art. 2645-ter. Prime riflessioni della dottrina e della giurisprudenza
- capitolo V -
L’interpretazione dell’art. 2645-ter. Prime riflessioni della dottrina e della giurisprudenza
di Alessandro de Donato
Notaio in Grazzanise

1. L’atto di destinazione come categoria giuridica generale

Tutte le norme del codice civile e dell’intero corpo normativo di un sistema giuridico, per dato etico, si uniformano in qualche misura ai principi strutturali della coscienza sociale del tempo(1). Due grandi principi sono in gioco, principi che discendono dai valori e dai collanti stessi della coesione sociale di una comunità, sulla base di un postulato di razionalità: un principio di libertà, peculiare della mente umana ed assunto da valori oggettivi di validità universale, temperato soltanto dal principio di forma; un principio di responsabilità che, partendo dalla contrapposizione kantiana tra essere e dover essere, delinea un momento essenziale della natura dell’uomo in quanto inserito in un gruppo sociale e, bilanciando la sua libertà di agire, lo espone alla valutazione delle sue azioni ed alla conseguente reazione dell’ordinamento che regola quel contesto; l’affermazione di una colpa, con l’imputazione al soggetto agente dell’evento lesivo, rende applicabili i vari rimedi correlati all’entità della violazione.
La vita stessa, del resto, nelle sue più segrete fonti, è prospettiva di valori in base ai quali viene determinato il significato degli avvenimenti.
Il diritto, come la morale, è regola dell’uomo e, in qualunque assetto storico realizzato, ha le proprie radici nella razionalità dell’uomo, come figura vicaria e mimetica della sua stessa natura.
Una delle declinazioni della libertà, la più importante ai nostri fini, è la libertà della volontà umana di poter determinare il proprio futuro e regolamentare i propri interessi.
Il principio di libertà di iniziativa dei privati e della sfera della loro autonomia, garantito dalla Costituzione Repubblicana, trova nell’art. 1322, secondo comma, c.c. la propria consacrazione nell’ambito del diritto civile; la norma evidenzia come il nostro sistema giuridico sia un sistema aperto, capace di assorbire la multiforme varietà delle prassi negoziali e saldare così l’uomo e le sue aspirazioni all’ordinamento.
Già prima della introduzione nel codice dell’art. 2645-ter, la dottrina più attenta(2) al fenomeno della destinazione non dubitava del «generale, ampio e incondizionato, riconoscimento della legittimazione del singolo ad imprimere ai propri beni la destinazione, che egli abbia a reputare più giusta, più opportuna e più confacente, ai propri interessi, così come da lui stesso concepiti, valutati e perseguiti».
Le varie ipotesi di destinazione disseminate nel nostro ordinamento, pur non riconducibili ad unità fenomenologica, sono tuttavia classificabili con un termine che le accomuni per genus, come un arcipelago composto da isole dissimili tra loro ma identificate geograficamente con un unico nome.
Il limite di un negozio di destinazione, connotato da una propria funzione specifica non riconducibile al binomio scambio-liberalità, era essenzialmente la non opponibilità ai terzi del vincolo di destinazione. La dottrina(3) è sempre stata ferma e decisa nel definire «il sistema delle trascrizioni … come una scacchiera su cui possano muoversi solo i pezzi degli scacchi, con le loro tipiche mosse»; con il nuovo art. 2645-ter il negozio di destinazione è riconducibile oramai ad uno dei pezzi della scacchiera.
Allocato il potere di destinare nel perimetro del potere di disporre(4) e superata l’impostazione di una funzione solo ancillare della nuova norma, bisogna ritenere che l’art. 2645-ter ratifichi la legittimità in generale del negozio di destinazione, disciplinando la cittadella fortificata(5) della destinazione opponibile ai terzi sulla base della pubblicità immobiliare.
Voglio coltivare l’illusione che l’allocazione della norma non sia casuale, ma sia stata inserita là dove era necessario e sufficiente per risolvere un problema di opponibilità. Il legislatore, forse, non gioca a dadi!
E anche la previsione dell’atto pubblico come veicolo documentale individua una scelta di campo.
La creazione del vincolo è un atto di volontà assoluta e la forma selezionata dal legislatore è quella solenne che rende incisivo il controllo notarile sull’assetto negoziale.
L’atto notarile costituisce sempre l’espressione di un giudizio, l’incontro tra la volontà delle parti e l’ordinamento, con la mediazione di un sapere stratificato nel tempo come quello del notaio.
La volontà delle parti si assume come giudizio, anzi il giudizio consiste proprio nell’assunzione di questa volontà come volontà dell’ordinamento.
Il notaio, testimone delle regole, traghetta il voluto nell’ordinamento, adattando il sapere alla vita.
L’atto di destinazione è essenzialmente un atto di autonomia privata il cui fondamento logico è il potere di disporre di un oggetto da parte di un soggetto; anche senza un effetto attributivo a rilevanza reale, comporta necessariamente una attività dispositiva volta ad imprimere un marchio funzionale al bene, utilizzando così la cosa in funzione di una persona determinata.
Accettato il principio che nel nostro ordinamento non sono fissate preclusioni al generale potere dei privati di destinare beni ad uno scopo(6) , la norma in esame(7) consente l’opponibilità ai terzi del vincolo di destinazione e la responsabilità dei beni destinati per i soli debiti contratti per la realizzazione del fine di destinazione.
Lo schema negoziale ha valenza generale(8) e crea un vincolo di carattere reale; ha come unico limite per la separazione patrimoniale la necessaria sussistenza di interessi meritevoli di tutela, la cui valenza ha un rango superiore alla mera liceità(9).

2. La natura sostanziale dell’art. 2645-ter

La generale ammissibilità del negozio di destinazione di beni(10) discende direttamente dallo spazio riconosciuto all’autonomia individuale per la persecuzione di interessi giuridicamente rilevanti; il negozio di destinazione è atto di autonomia individuale preordinato a realizzare quelle finalità lecite che il singolo individuo ha la libertà di programmare ed il potere di perseguire concretamente.
La destinazione allo scopo, ricondotta nell’alveo dell’esercizio del potere dell’autonomia privata, è espressione della generica capacità di disposizione dei beni da parte di un soggetto; il limite è la rilevanza solo obbligatoria di tali accordi che, di là dalle ipotesi nominate, non sono opponibili ai terzi.
L’opponibilità è influenzata dalle regole di circolazione dei beni e l’art. 2645-ter realizza finalmente la possibilità di una destinazione opponibile. La norma ha natura sostanziale e non di semplice disciplina della pubblicità; non è, invece una norma di fattispecie, non essendo delineata in maniera completa la struttura degli elementi identificativi e la loro disciplina.
La natura sostanziale della disposizione(11) è desumibile dalle specifiche regole fissate in tema di:
- forma (atto pubblico);
- soggetti;
- oggetto;
- durata;
- meritevolezza dell’interesse.
Il perimetro tipizzato della forma solenne, dei soggetti di riferimento, dei beni oggetto della destinazione, della durata e della peculiarità dell’interesse meritevole di tutela condizionano comunque la separazione, non la destinazione.
La forma pubblica è richiesta come veicolo per l’opponibilità e, così, nell’ottica della separazione conseguente alla trascrizione e non della destinazione. L’atto pubblico è preordinato ad assolvere ad una funzione di protezione di interessi ritenuti particolarmente rilevanti dall’ordinamento; l’art. 47 della legge notarile (legge 16 febbraio 1913, n. 89) garantisce a pena di nullità, ai sensi del successivo art. 58, n. 4, una compiuta indagine sulla volontà delle parti da parte del notaio. La rilevanza nei confronti dei terzi della separazione ne costituisce la giustificazione logica.
La destinazione di una somma di danaro, non assistita da un indice di pubblicità ma assicurata dalla semplice certezza della data del negozio, non è soggetta ad oneri di forma solenne e non sarà opponibile ai terzi.
In relazione all’oggetto, bisogna notare come l’individuazione dei beni immobili e dei beni mobili registrati (navi e galleggianti - aeromobili - autoveicoli) nasca dall’esigenza di garantire la pubblicità del vincolo di destinazione che, impresso su un beni immobile o su un bene mobile registrato, è opponibile ai terzi solo se ed in quanto trascritto(12).
I terzi, inquadrabili dalla rilevanza reale della destinazione, sono non solo i creditori del disponente o i creditori del gestore della destinazione, ma anche gli aventi causa dal disponente stesso. Il soggetto autore della destinazione, impressa come nella creta l’impronta di un desiderio su di un bene, crea un effetto conformativo del bene stesso che determina regole di gestione e di circolazione condizionate dalla finalità perseguita da quella volizione che oramai si è proiettata nel futuro.
La durata, che travalica il limite trentennale dell’usufrutto costituito a favore delle persone giudiriche, è un altro chiaro indizio del carattere sostanziale della norma; il richiamo operato alla durata della vita del beneficiario è riferibile alle sole persone fisiche, ma la dizione della norma consente sempre, nell’ambito del limite dei novanta anni, di fissare in ogni caso una destinazione con una data certa di operatività.
Il riferimento alla “vita” e l’uso del singolare “beneficiario” devono portare l’interprete, in ossequio al principio di ordine pubblico codificato nell’art. 698 c.c., ad escludere la possibilità di destinare beni con carattere sequenziale a favore di soggetti, in linea successiva, non ancora nati. Non può applicarsi, a mio avviso, la norma dettata in tema di donazione per i nascituri concepiti e non concepiti (art. 784 c.c.). La cosiddetta capacità del nascituro (concepito o non concepito) si riferisce esclusivamente alla donazione tipica ed al fenomeno successorio (artt. 462 e 643 c.c.); pur sussistendone la ratio (cogitare de futuro), non sembra superabile la riserva di legge(13) operata dall’art. 1 c.c.(14)
La destinazione cosiddetta familiare(15) , nell’angusto sentiero del predetto limite temporale e del rispetto dei parametri imperativi fissati dall’art. 698 c.c., con il meccanismo di determinazione per relationem dell’art. 699 c.c., è ipotesi ancora da approfondire.
I beni sono attratti ad un fine e la realizzazione dello stesso comporta un dovere di comportamento a carico del destinante.
Il rinvio operato poi all’art. 2915, primo comma, c.c. e, così, alla disciplina dell’opponibilità al creditore pignoratizio dei vincoli di natura reale, conferma tale natura per il vincolo imposto con la destinazione.
La tutela accordata a ciascun interessato e, quindi, anche al beneficiario, di agire per la realizzazione dell’interesse programmato, anche durante la vita del conferente stesso, ne rende giuridicamente doveroso il perseguimento. Il riferimento al conferente come titolare attivo dell’azione è, per logica, possibile nelle sole ipotesi nelle quali il destinante abbia trasferito ad altri la proprietà o la gestione del bene destinato.
In relazione alla struttura dell’atto, bisogna osservare quanto segue:
- la norma non prevede l’assenso da parte del beneficiario, irrilevante pertanto ai fini della validità dell’atto;
- il beneficiario è persona diversa, sempre, dal destinante; non vi è spazio per la cosiddetta autodestinazione;
- non è possibile, pertanto, che la destinazione sia ridotta a semplice regola di amministrazione, con l’attribuzione delle relative utilità al destinante;
- la norma non contiene alcun riferimento né all’affidamento gestorio né ad un necessario trasferimento come veicolo per la destinazione(16).
Fuori dal perimetro tecnico della novella del 2006, ma nell’orizzonte ideario della destinazione, è pur sempre configurale un rapporto puramente obbligatorio con il destinante dal lato passivo ed il beneficiario dal lato attivo.

3. L’effettività della destinazione e la congruità dei beni e della durata

La destinazione deve essere non solo programmata ed astrattamente configurata, ma anche concretamente realizzata. L’effettività della destinazione, oltre i cui confini operano i meccanismi previsti dall’ordinamento per i fenomeni simulatori (artt. 1414 e ss. c.c.)(17) , è momento focale del fenomeno destinatorio, ricavabile dal sistema e dalle espresse previsioni degli articoli che sanzionano la distrazione dei beni dalla finalità programmata:
- art. 169 c.c. in tema di fondo patrimoniale;
- art. 170 (testo originario) c.c. in tema di patrimonio familiare;
- art. 187 (testo originario) c.c. in tema di dote;
- art. 493 c.c. in tema di accettazione beneficiata;
- art. 694 c.c. in caso di sostituzione fedecommissaria assistenziale;
- art. 1980 c.c. in tema di cessione dei beni ai creditori;
- art. 2117 c.c. in tema di fondi speciali per la previdenza e l’assistenza (testuale: «non possono essere distratti»).
L’assunto proposto è confermato dalla stessa inespropriabilità prevista dagli articoli:
- 1881 c.c. in tema di rendita vitalizia a favore del terzo;
- 1923 c.c. in tema di contratto a favore del terzo nella forma dell’assicurazione sulla vita.
L’inciso «i beni conferiti e i loro frutti possono essere impiegati solo per la realizzazione del fine di destinazione» è l’espressa codificazione di una imprescindibile effettività della destinazione.
La separazione è un meccanismo tecnico adoperato dal legislatore al solo fine di rafforzare la destinazione e renderla così attuabile in ogni caso, ponendo i beni in cassaforte per la realizzazione del finis destinationis; la garanzia della loro intangibilità ha una logica solo se intesa nella configurazione del bene al conseguimento dello scopo programmato ed il cerchio che ne preserva la potenzialità economica è, e deve essere, solo al servizio del risultato voluto; la parte più viva della norma ed il fascino che ne promana è l’obbligo di non distrarre i frutti dalla direzione loro impressa dal disponente. Il libero perseguimento degli interessi che un individuo ha immaginato è espressione non coercibile della personalità umana; la libertà dei privati di dare una regola ai propri interessi in un modulo espressivo idoneo è garantita nei principi fondamentali della Costituzione (art. 2) e, in assonanza, dalle norme costituzionali in tema di rapporti economici (art. 41).
Oltre all’effettività, cioè alla concreta ed attuale utilizzazione del bene per il fine perseguito, anche la congruità rappresenta una linea di confine non valicabile. La durata ed il valore dei beni devono essere coniugabili con l’intensità e lo spessore dell’interesse, valutato non in vitro, ma in una dimensione concreta. L’esorbitanza plateale dell’assetto predisposto negozialmente rispetto all’interesse di riferimento può denotare l’inclinazione del conferente alla sola limitazione di responsa-bilità e potrebbe, forse, sul piano rimediale attivabile dai creditori, essere corretto ex post giudizialmente con un meccanismo simile a quello previsto per la riduzione della penale manifestamente eccessiva (art. 1384 c.c.), per la riduzione delle ipoteche (art. 2872 e ss. c.c.) e per la riduzione del pignoramento (art. 496 c.p.c.).
La possibilità di liberare dal vincolo, in una fase successiva, la parte del bene manifestamente eccedente rispetto al programma originario, consente di stralciare e accantonare il controllo di congruità dalla fase genetica della destinazione negoziale.
Con la costituzione del vincolo di destinazione di determinati beni, si ha la sottrazione degli stessi alla garanzia dei creditori generali; i beni vengono sottoposti ad una particolare disciplina sotto il profilo della responsabilità; la direzione impressa sul bene destinato ad una finalità si innerva talmente nel bene stesso da condizionarne la circolazione e l’aggredibilità da parte dei creditori del disponente.
La previsione di impignorabilità è anche più netta di quella garantita dal fondo patrimoniale: l’impignorabilità per debiti contratti per scopi estranei al fine di destinazione è assoluta, ai sensi dell’art. 2645-ter c.c.; l’art. 170 c.c., invece, assoggetta ad esecuzione i beni del fondo patrimoniale anche per debiti contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia, qualora il creditore ignori la predetta estraneità.

4. Il giudizio di meritevolezza

La valutazione della meritevolezza dell’interesse ed il senso del richiamo all’art. 1322 c.c., hanno diviso la dottrina che ha analizzato l’art. 2645-ter. Il dibattito scatenatosi ricorda per certi versi quello che fu alimentato dallo stesso secondo comma dell’art. 1322 c.c. subito dopo la promul-gazione del codice civile del ’42(18).
L’art. 2645-ter precisa che la destinazione deve mirare alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela «riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni o ad altri enti o persone fisiche ai sensi dell’art. 1322, secondo comma».
La dottrina, in estrema sintesi, si è attestata su due diverse letture:
- la prima ritiene che la meritevolezza sia una declinazione della liceità e, pertanto, considera ammissibile la destinazione negoziale volta alla realizzazione di qualunque interesse, purché non contrario a norme imperative, all’ordine pubblico ed al buon costume(19) ;
- la seconda ritiene che la meritevolezza debba essere ancorata all’attuazione di scopi:
- di solidarietà per alcuni(20) ;
- di pubblica utilità per altri(21) ;
- o, comunque, che la meritevolezza non possa essere svilita a mero doppione della liceità(22).
La grammatura della meritevolezza, svincolata dalla semplice liceità che ne costituisce solo il pilastro portante, si eleva così ad un concetto relazionale(23) , secondo un parametro di comparazione: il giudizio di meritevolezza costituisce il risultato di una valutazione comparativa tra l’interesse sacrificato, che è quello dei creditori generali, e l’interesse realizzato con l’atto di destinazione(24).
La menzione dei disabili nell’incipit dell’elencazione dei soggetti detta la cadenza dell’intera successiva sequenza, condizionandone l’interpretazione.
La stessa durata del vincolo (90 anni), che travalica ampiamente il termine fissato dall’art. 979 c.c. in tema di usufrutto, è già una spinta decisiva per una rigorosa cernita degli interessi di riferimento.
L’art. 3 della legge n. 104/1992 definisce la persona handicappata come «colui che presenta una minoranza fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrità lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione».
È evidente la maggiore apertura della formulazione dell’art. 2645-ter che non ha volutamente utilizzato l’espressione già coniata in senso tecnico dal legislatore, ma parla di persone con disabilità, accezione così più ampia che si apre a quel concetto di persona vulnerabile studiato dal Notariato francese nel Congresso del 2006(25) ed allo stesso diritto umanitario quotidiano.
La costruzione sintattica della norma con la doppia particella disgiuntiva “o” “o” crea volutamente una sospensione, ma in uno spazio unificato, non spezzato dalla successione delle virgole. La “o” non contrappone, ma salda con valenza esemplare gli “altri enti” o “persone fisiche” ai soggetti speciali individuati all’inizio.
La sequenza dei soggetti può essere distinta in due categorie:
- persone con disabilità e pubbliche amministrazioni;
- enti e soggetti, senza qualificazioni specifiche.
Per la prima categoria la meritevolezza è tipizzata dalla qualificazione del soggetto di riferimento; per la categoria dei soggetti non già preselezionati con specificità, la meritevolezza dell’interesse deve essere ancorata a parametri di sicurezza, tarati su valori dell’ordinamento tali da bilanciare, in simmetria, le ragioni della tutela del credito. Solo così un’unica forza regge la sequenza dei soggetti con una circolarità assoluta.
Occorre tuttavia escludere che si abbia, per riflesso, una tipizzazione degli interessi meritevoli, dedotti per induzione da ipotesi codificate: questa interpretazione finirebbe per sterilizzare la mutevole capacità di espansione della norma.
La matrice legale (legal origin), in virtù della quale si struttura una società umana sulla base delle proprie tradizioni culturali e morali, serve ad elaborare quelle regole di controllo sociale che racchiudono il cerchio della legalità vissuta.
I due piatti della bilancia, paragonati l’uno all’altro, devono essere sempre in equilibrio stabile; alla tutela del credito, di forte connotazione sociale, deve essere contrapposto un interesse di peso corrispondente.
L’esigenza prioritaria di individuare un percorso fatto di contenuti rilevanti si estende, per irradiamento, dai disabili alle altre categorie; il laboratorio costruito nell’intento di compensare quello che, a volte, è il disagio della vita si apre a tutte le ipotesi dallo stesso spessore umano.
L’uomo sociale, in adesione e unione volontaria con un aggregato umano, conduce dalla società meccanica degli individui alla società spirituale delle persone.
La destinazione negoziale deve nascere dalla passione; da sempre la passione rappresenta il modello più lineare per organizzare quelle aspirazioni profonde e quei desideri veri di un individuo che richiedono di essere partecipate e testimoniate; la morale, l’educazione, le usanze e i costumi aiutano a indirizzare la rappresentazione mentale per proiettarla nel futuro disegnandone la struttura in conformità a legge.
Il verbo che riassume il ragionamento così svolto è valere; il vivere con senso delle cose è una corretta estrinsecazione di cosa vuol dire valere; occorre una tensione sociale nel senso di “tendere a” e di là da quella “a” vi è quello che nella percezione di un determinato contesto sociale è degno di essere perseguito, secondo un canone di idoneità umana, che concretizzi la fascinazione del vivere.
Solo una lettura disattenta del parametro relazionale fissato può portare a ritenere che lo stesso sia banale, dato che la tutela della posizione del ceto creditorio è assicurata dall’azione revocatoria. Nessuno ha mai dubitato(26) , anche senza ricorrere a formule matematiche, che l’atto di destinazione di un bene è assoggettabile ad azione revocatoria in quanto comporta una forma peculiare di disposizione del patrimonio del debitore, potenzialmente pregiudizievole per il creditore, che può perdere la possibilità di agire esecutivamente su quel determinato bene e sui relativi frutti.
In tema di fondo patrimoniale, la Cassazione(27) ha da sempre ritenuto che «il pregiudizio recato alle ragioni dei creditori dalla costituzione del fondo patrimoniale, che, rendendo i beni conferiti non aggredibili per debiti contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia (art. 170 c.c.), riduce corrispondentemente la garanzia patrimoniale spettante ai creditori», consenta l’assoggettabilità a revocatoria, sia ordinaria che fallimentare, della costituzione del fondo patrimoniale. Giova, inoltre, ricordare che l’assenza di corrispettivo rende necessari solo l’eventus damni ed il consilium fraudis.
Altra cosa è ritenere che l’interesse meritevole di tutela debba essere connotato da una colorazione in assonanza a quella prevista dall’ordinamento per altri interessi di rilevanza sociale. Se i due piatti della bilancia devono stare in equilibrio e su un piatto deve esserci qualcosa dello stesso peso di quello che le fa da contrappeso, è irrilevante ai fini del ragionamento che una cosa possa “mangiarsi” l’altra.
Non è, invece, necessario ancorare la meritevolezza ad una lettura dell’art. 2645-ter in chiave di pubblica utilità, criterio del resto abbandonato dallo stesso legislatore (D.P.R. 10 febbraio 2000, n. 362) in relazione allo scopo della fondazione.
Bisogna tarare la meritevolezza, ad esempio, su interessi già qualificati dall’ordinamento di rilevanza sociale.
Un importante parametro di riferimento, quale che sia la lettura data al giudizio di meritevolezza, è, così, l’art. 699 c.c. che qualifica espressamente come fini di pubblica utilità, i sussidi per l’avviamento a una professione o a un’arte. La rilevanza sociale dell’educazione e dell’istruzione della prole sono un riferimento operativo sicuro, come lo è qualsiasi fine che «al di là dell’interesse immediato del singolo beneficiario, ridondi nell’interesse mediato della comunità»(28).
La casistica degli interessi qualificati da quella meritevolezza che può sorreggere la destinazione, operata al solo fine di fornire al Notariato uno spunto di ragionamento per l’operare quotidiano, in una visione comunque selettiva, consente di qualificare sicuramente meritevoli quelli individuati dalla recente normativa dell’impresa sociale (D.lgs. 24 marzo 2006, n. 155): assistenza sociale; assistenza sanitaria; assistenza socio-sanitaria; educazione, istruzione e formazione; tutela dell’ambiente e dell’ecosistema; valorizzazione del patrimonio culturale; turismo sociale; formazione universitaria e post-universitaria; ricerca ed erogazione di servizi culturali; formazione extrascolastica(29).
In relazione alla posizione soggettiva del beneficiario, la dizione della norma che, in maniera originale, parla del «conferente» e di «qualsiasi altro interessato» e non del beneficiario, consenta in ogni caso anche al beneficiario, titolare di un diritto soggettivo di carattere obbligatorio(30) , di agire per ottenere un provvedimento che attui in forma specifica il piano di interessi leso o, in via subordinata, di chiedere il risarcimento dei danni.
La destinazione negoziale, in quanto poggia solo su sé stessa e deve essere compresa solo in base a sé stessa, conosce così il proprio fondamento autonomo, ancorché mutevole e plasmabile secondo pulsioni sulle quali si fonda un modo di essere e di farsi percepire sulla base di priorità valoriali.

5. Quadro di sintesi della giurisprudenza

5.1. Declaratoria di inefficacia del vincolo di destinazione imposto per testamento

Il legislatore non indica il testamento quale titolo costitutivo della destinazione, mentre, per istituti affini quali le fondazioni e il fondo patrimoniale, ha espressamente previsto la costituzione sia per atto pubblico che per testamento. Rafforza il convincimento in tal senso, la specifica previsione contenuta nell’art. 2 della legge n. 364 del 1989 (Ratifica ed esecuzione della convenzione sulla legge applicabile ai trusts e sul loro riconoscimento, adottate a L’Aja il 1° luglio 1985), per cui il costituente può adottare l’uno o l’altro strumento negoziale (atto tra vivi o mortis causa). Il carattere “essenziale” dell’intervento normativo, appare significativo di una volontà legislativa volta a risolvere, innanzitutto, il problema della opponibilità della limitazione della responsabilità. L’argomento letterale che fa leva sulla riconducibilità del testamento pubblico alla categoria degli atti pubblici prova troppo.
(Tribunale ordinario di Roma, VIII sezione, 21 febbraio/18 maggio 2013).

5.2. Atto di destinazione - Autorizzazione

L’atto di destinazione di un compendio immobiliare ex art. 2645-ter c.c. con motivazioni di carattere familiare a favore di minori d’età non necessita dell’autorizzazione ai sensi dell’art. 320 c.c. sia per il conseguimento che per il consolidamento della posizione beneficiaria.
(Giudice tutelare Saluzzo, 19 luglio 2012, in Guida al diritto, 2012, 49-50, p. 9 e ss).

5.3. Atto di destinazione e trust - Necessità di un trasferimento - Carattere accessorio del vincolo

Il negozio destinatorio ex art. 2645-ter c.c. differisce per molteplici aspetti dall’istituto del trust alla cui fattispecie non può essere ricondotto in alcun modo.
L’art. 2645-ter c.c. è norma “sugli effetti” e non “sugli atti”; in particolare, la citata disposizione riguarda esclusivamente gli effetti, complementari rispetto a quelli traslativi ed obbligatori, delle singole figure negoziali a cui accede il vincolo di destinazione e non consente la configurazione di un “negozio destinatorio puro”, cioè di una nuova figura negoziale atipica imperniata sulla causa destinatoria. Ne consegue l’inammissibilità del cosiddetto “vincolo di destinazione autoimposto” in cui l’effetto destinatorio sia collegato ad un atto privo di effetti traslativi.
(Nella specie, i coniugi - premettendo di contribuire in maniera rilevante al mantenimento dei nipoti - hanno individuato, quale condizione della separazione, la destinazione di un immobile e dei frutti di questo al mantenimento dei nipoti minorenni con conseguente imposizione del vincolo di destinazione sopra citato sulla quota di proprietà di ciascuno riguardante l’immobile, senza operare alcun trasferimento della proprietà immobiliare).
(Tribunale Reggio Emilia, 22 giugno 2012).
L’art. 2645-ter c.c. è norma “sugli effetti” e non “sugli atti” e, perciò, disciplina esclusivamente gli effetti, complementari rispetto a quelli traslativi e obbligatori, delle singole figure negoziali a cui accede il vincolo di destinazione; non consente, invece, la configurazione di un “negozio destinatorio puro”, cioè di una nuova figura negoziale atipica imperniata sulla causa destinatoria. Non è ammesso dalla predetta norma il cd. vincolo di destinazione autoimposto in cui l’effetto destinatorio è collegato a un atto privo di effetti traslativi. Non è possibile riqualificare il negozio di destinazione ex art. 2645-ter c.c. come trust (istituto che offre ai beneficiari vantaggi e garanzie maggiori rispetto a quelle previste dall’art. 2645-ter c.c.) in ragione delle molteplici differenze tra i due istituti.
(Tribunale Reggio Emilia, sez. I, 7 giugno 2012, in Guida al diritto, 2012, 49-50, p. 15 e ss.).

5.4. Concordato preventivo e atti di destinazione meritevole di tutela

È possibile formalizzare il concordato preventivo nell’ipotesi di presentazione di una proposta di concordato che escluda l’opponibilità, all’impresa che presenta la domanda, delle ipoteche iscritte successivamente alla trascrizione di un atto di destinazione, posto in essere anteriormente al ricorso alla procedura per assicurare la par condicio creditorum. La trascrizione rende conoscibile lo stato di crisi, preservando l’integrità del patrimonio da atti di distrazione ed evitando che i creditori “forti”, come gli istituti di credito, possano trarre vantaggio dalla propria posizione, anche solo utilizzando informazioni e notizie; l’interesse perseguito con l’atto di destinazione (art. 2645-ter c.c.) è così meri-tevole ai sensi dell’art. 1322 c.c.
(Tribunale di Lecco, 26 aprile 2012).

5.5. Vincolo di destinazione dei beni a favore dei creditori, fattibilità del piano e revoca del concordato

Non è possibile formalizzare il piano di un concordato preventivo nell’ipotesi in cui il debitore, prima di depositare la propria domanda, abbia costituito su beni immobili di sua proprietà un vincolo di destinazione ai sensi dell’art. 2645-ter c.c. al dichiarato fine di evitare l’aggressione disordinata del patrimonio aziendale e la conseguente dispersione di valore dell’impresa in stato di crisi in danno dei creditori e di impedire un’equa distribuzione degli effetti dell’insolvenza.
(Tribunale Verona, 13 marzo 2012).

5.6. Vincolo di destinazione ex art. 2645-ter c.c. e fattibilità del piano nel concordato preventivo

Il vincolo di destinazione previsto dall’art. 2645-ter, ancorché debitamente trascritto a favore dei creditori di un imprenditore in crisi, non è opponibile ai creditori successivamente iscritti, per difetto di meritevolezza dell’interesse perseguito. Gli interessi meritevoli di tutela inquadrati dalla norma attengono esclusivamente alla sfera della solidarietà sociale. In sede di ammissione alla procedura di concordato preventivo, va pertanto negata la fattibilità di un piano che preveda l’acquisizione di risorse finanziarie sulla base del menzionato meccanismo di opponibilità(31).
(Tribunale Vicenza, 31 marzo 2011, in Il fallimento e le altre procedure concorsuali, 2011, 12, con nota di commento di L. ABETE, F. CASA).

5.7. Trust interno e patrimoni con vincolo di destinazione (art. 2645-ter c.c.)

L’istituto, di recente conio, dei patrimoni con vincolo di destinazione (art. 2645-ter c.c.) realizza una particolare segregazione di beni immobili o mobili registrati, i quali si distaccano dal patrimonio del proprietario originario, che può destinarli a peculiari finalità socialmente utili, con un vincolo che, se debitamente trascritto, è opponibile erga omnes.
Più in particolare, l’Istituto ex art. 2645-ter c.c. consente ad un soggetto di spogliarsi di uno o più beni, non diversamente da quanto accade al settlor nell’ambito del trust.
Inoltre, il disponente ex art. 2645-ter c.c. attribuisce ad altri la proprietà di detti beni, similmente a quanto accade al settlor nei confronti del trustee. Infine tali beni vengono vincolati dal disponente alla realizzazione di un fine determinato, socialmente utile, alla stessa maniera con cui il settlor vincola i beni conferiti in trust alla realizzazione di un fine determinato. Se si escludono differenze marginali, i due istituti tendono a coincidere quanto ai loro tratti salienti.
(Tribunale di Brindisi, 28 marzo 2011).

5.8. Atto di destinazione e separazione personale di coniugi

In sede di separazione personale, è valido l’accordo con cui un coniuge si impegna ad apporre un vincolo di destinazione ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2645-ter c.c., sugli immobili di sua esclusiva proprietà, obbligandosi a non cedere l’immobile a terzi per tutta la durata del vincolo. La costituzione del vincolo sugli immobili e la natura della finalità perseguita impongono di per sé solo il divieto di alienazione ex art. 2645-ter c.c.
(Tribunale Bologna, 5 dicembre 2009, in Il civilista, 2010, 9, p. 93 e ss.).

5.9. Atto di destinazione e amministratore di sostegno

Il decreto del giudice tutelare che, nell’aprire la procedura di amministrazione di sostegno, impedisca all’incapace assistito di compiere atti dispositivi di un bene immobile è trascrivibile presso la conservatoria dei Registri immobiliari.
Ritenuto che, per volontà autentica, è consentito, in via ordinaria e preventiva, a chiunque di avere esatta contezza dell’ esistenza di limiti alla circolazione dei beni immobili, per, temporanea o parziale, diminuita capacità del titolare del relativo potere dominicale, l’art. 2645-ter c.c. consente la trascrizione nei Registri immobiliari, al fine di rendere opponibile ai terzi il vincolo di destinazione degli atti in forma pubblica con cui beni immobili siano destinati alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela e riferibili a persona, con disabilità, beneficiaria di amministratore di sostegno(32).
(Corte appello Roma, sez. I, 4 febbraio 2009, in Giust. civ., 2009, 4-5, p. 1119 e ss.).

5.10. Trust e art. 2645-ter c.c.

È opportuna e legittima, ex art. 2645-ter c.c., a tutela e salvaguardia dei beni mobili ed immobili, presenti e futuri di un minore soggetto a tutela e protutela, l’istituzione, a richiesta del protutore, di un trust che vincoli i beni predetti al soddisfacimento delle esigenze, personali e patrimoniali, del minore predetto, qualora, anche alla luce di un motivato parere redatto da un Ctu, il trust sia conveniente ed utile al minore stesso; il provvedimento del Giudice tutelare deve prevedere il rendiconto annuale e deve contenere la designazione e la nomina di un trustee esperto e di sicuro affidamento, affiancato da un “Guardiano” estraneo al gruppo familiare del minore e di pari affidamento e competenza tecnica; fermo restando che, raggiunta la maggiore età, il minore, se capace, può disporre la cessazione del trust.
(Tribunale Modena, 11 dicembre 2008, in Dir. fam., 2009, 3, p. 1256 e ss.).

5.11. Atto di destinazione e amministratore di sostegno

Il decreto del giudice tutelare che, nell’aprire la procedura di amministrazione di sostegno, impedisca all’incapace assistito di compiere atti dispositivi di un bene immobile non è trascrivibile presso la conservatoria dei Registri immobiliari.
Ritenuto che, qualora sia stata accordata l’amministrazione di sostegno, al provvedimento del giudice tutelare sono collegate specifiche forme di pubblicità, e che le pur comprensibili esigenze cautelari prospettate dall’amministratore di sostegno sono già assicurate dalla legge, con la possibilità di annullare gli atti compiuti dal beneficiario in violazione delle pertinenti disposizioni di legge o del decreto che ha concesso l’amministrazione di sostegno, possibilità che prescinde totalmente dalle formalità della trascrizione immobiliare e dallo stato soggettivo dell’eventuale acquirente, appare superfluo ed ultroneo ogni richiamo all’art. 2645-ter c.c.
(Tribunale Roma, sez. V, 8 settembre 2008, Dir. fam., 2009, 2, p. 665 e ss.; in Il civilista, 2010, 9, p. 93 e ss.).

5.12. Atto di destinazione e condizioni della separazione

Poiché è impensabile che il legislatore abbia voluto “esautorare” il contratto (apparentemente escluso dalla norma che riguarda esplicitamente i soli “atti”) e, cioè, lo strumento principe attraverso il quale si esprime l’autonomia negoziale, il riferimento letterale (“atti”) dell’art. 2645-ter c.c. deve intendersi limitato al requisito formale richiesto per la trascrizione, la quale deve essere effettuata sulla scorta di un “atto pubblico” ai sensi dell’art. 2699 c.c. Proprio per la centralità riconosciuta all’autonomia negoziale privata, la locuzione impiegata all’inizio dell’art. 2645-ter c.c. deve, perciò, essere riferita al “genus” dei negozi (atti e contratti) volti a imprimere vincoli di destinazione ai beni, purché stipulati in forma solenne; del resto, il successivo richiamo all’art. 1322, comma 2, c.c. dimostra che la norma concerne certamente anche i contratti; “Condizioni della separazione” non sono soltanto quelle “regole di condotta” destinate a scandire il ritmo delle reciproche relazioni per il periodo successivo alla separazione o al divorzio, bensì anche tutte quelle pattuizioni alla cui conclusione i coniugi intendono comunque ancorare la loro disponibilità per una definizione consensuale della crisi coniugale. Sotto il profilo causale, dunque, i contratti della crisi coniugale (e, segnatamente, i negozi traslativi di diritti tra coniugi in crisi) si caratterizzano per la presenza della causa tipica di definizione della crisi stessa. Con la trascrizione nei Registri immobiliari ex art. 2645- ter c.c. (sulle modalità con cui eseguire la formalità si richiama la circolare dell’Agenzia del territorio n. 5 del 7 agosto 2006), il vincolo di destinazione risulta opponibile erga omnes, offrendo così ai minori una significativa tutela, sia con riguardo ai frutti dei beni (da destinare al mantenimento), sia con riguardo all’inalienabilità. Mentre l’impignorabilità per debiti contratti per scopi estranei o differenti rispetto a quelli individuati nell’atto di destinazione dei beni (e dei relativi frutti) conferiti ai sensi del nuovo art. 2645-ter c.c. appare assoluta, l’art. 170 dello stesso codice assoggetta a esecuzione i beni del fondo patrimoniale anche per debiti contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia, a condizione che il creditore non sia a conoscenza di tale ultima circostanza. L’art. 2645-ter c.c. (norma successiva e speciale), nel prevedere l’opponibilità ai terzi della predetta inalienabilità (ove trascritta nei Registri immobiliari), scardina il disposto dell’art. 1379 c.c. “Divieto di alienazione”, il quale sancisce (rectius, sanciva) che «il divieto di alienare stabilito per contratto ha effetto solo tra le parti».

Atto di destinazione e minori
Risponde ad una ottimale, anche perché incondizionata ed integrale, tutela della prole, e va perciò consentito il trasferimento, con atto formale, da un coniuge all’altro, a modifica del regime di separazione personale (o di divorzio) precedentemente instaurato, di taluni beni immobili con il vincolo erga omnes di cui all’art. 2645-ter c.c., allo scopo di garantire ai figli minori un adeguato e sicuro mantenimento.

Atto di destinazione e condizioni della separazione
La modifica delle condizioni di separazione relative al mantenimento dei figli, per i quali è prevista la corresponsione di un apposito assegno di mantenimento, può essere oggetto di revisione anche a seguito di accordo fra coniugi, purché le nuove condizioni non appaiano in contrasto con l’inderogabile principio dell’interesse del minore. Pertanto, una modifica avente ad oggetto il trasferimento di beni immobili acquistati a mutuo il cui pagamento è ancora da completare, con espressa riserva a favore dei figli del godimento dei frutti fino al raggiungimento dell’autosufficienza, integra un accordo traslativo, con causa lecita e ottemperante l’interesse del minore, che contenuto nel verbale d’udienza costituente atto pubblico, è idoneo alla trascrizione nei Registri immobiliari.
È valido, in quanto avente causa lecita, l’accordo tra coniugi, raggiunto in sede di verbale di separazione consensuale, con il quale l’uno trasferisce all’altro, in adempimento dell’obbligo di mantenimento dei figli minori, talune porzioni immobiliari, con l’impegno di quest’ultimo di non alienarli prima della maggiore età dei beneficiari e di destinarne i frutti in loro favore, e detto accordo, ove trascritto ai sensi dell’art. 2645-ter c.c., è opponibile erga omnes.
(Tribunale Reggio Emilia, sez. I, 23-26 marzo 2007, in Il civilista, 2010, 9, p. 93; in Dir. fam., 2008, 1, p. 194, con nota di commento di G. FREZZA, «Sull’effetto “distintivo”, e non traslativo, della separazione ex art. 2645-ter c.c.»; in Obbl. e contr., 2008, 3, p. 233 e ss., con nota di commento di G. PETTI, «Atto di destinazione ex art. 2645-ter c.c. e separazione consensuale dei coniugi»; in Fam. e dir., 2008, 6, p. 616 e ss., con nota di commento di F. GALLUZZO, «Crisi coniugale e mantenimento della prole: trasferimenti una tantum e art. 2645-ter c.c.»; in Fam. pers. e succ., 2008, 3, p. 2536 e ss., con nota di commento di C. SEVERI, «Obbligo di mantenimento del minore e destinazione dei beni»; in Giur. it., 2008, 3, p. 629 e ss., con nota di commento di P. MONTELEONE, «I vincoli di destinazione ex art. 2645-ter c.c. in sede di accordi di separazione»; in Guida al dir., 2007, 18, p. 58; in Dir. fam., 2007, 4, p. 1726; in Giur. mer., 2007, 12, p. 3183, con nota di commento di M.C. DI PROFIO, «Vincoli di destinazione e crisi coniugale: la nuova disciplina dell’art. 2645-ter»; in Taf, 2007, 3, p. 338 e ss., con nota di commento di A. TONELLI, «Il Tribunale di Reggio Emilia ricorre ad un frammento di trust per risolvere un accordo di separazione fra coniugi»; in Fam., pers. e succ., 2007, 10, p. 779 e ss., con nota di commento di R. PARTISANI «L’art. 2645-ter c.c.: le prime applicazioni nel diritto di famiglia»).

5.13. Atto di destinazione e condizioni della separazione

Qualora in caso di separazione, venga raggiunto un accordo nei riguardi dei figli, lo stesso non può essere omologato se non rispondente all’interesse della prole. Pertanto nel caso in cui l’obbligo di mantenimento dei figli minori, precedentemente assunto dal padre col pagamento di una somma mensile, sia stato sostituito col trasferimento alla madre di un compendio immobiliare senza alcuna garanzia circa la destinazione di tali cespiti al mantenimento della prole, si correrebbe il rischio di non perseguire l’interesse della prole, che invece sarebbe assicurato dall’imposizione sui beni di un vincolo di destinazione, alla cui vigilanza potrebbe essere preposto o lo stesso padre o il Pubblico Ministero.
(Tribunale Reggio Emilia, sez. I, 30 novembre 2006).

5.14. Fallimento e liquidazione dell’attivo

Per accelerare le operazioni di chiusura del fallimento è possibile autorizzare il curatore fallimentare a conferire le residue attività in un costituendo trust (istituto di origine anglosassone rico-nosciuto nel nostro ordinamento giuridico in seguito alla legge 16 ottobre 1989, n. 364, che ha ratificato la Convenzione de L’Aja del 1984 e all’introduzione dell’art. 2645-ter c.c.), tenuto conto dell’assenza di pregiudizio per i creditori insinuati (designati quali beneficiari nell’atto costitutivo del trust), degli obblighi gravanti sul trustee, dei poteri del controllo del guardiano del trust, individuato nella persona del curatore fallimentare, dei caratteri generali dell’istituto e dei vantaggi fiscali.
(Tribunale Saluzzo, 9 novembre 2006, in Giur. mer., 2008, 3, p. 739).

5.15. Carattere accessorio del vincolo di destinazione

È da escludere che l’imposizione di un vincolo di destinazione ai sensi dell’art. 2645 ter c.c. si sostanzi in una nuova tipologia negoziale traslativa, caratterizzata da una causa esclusivamente destinatoria; deve invece ritenersi che la nuova norma introduca nell’ordinamento solo un particolare tipo di effetto negoziale, quello di destinazione, accessorio rispetto agli altri effetti di un negozio tipico o atipico cui si accompagna.
(Tribunale Trieste, 7 aprile 2006, in Riv. not., 2007, 2, p. 367, con nota di E. MATANO; in Il civilista, 2008, 12, p. 53; in Il civilista, 2010, 9, p. 94).

6. La responsabilità del notaio

Il controllo sull’assetto negoziale ed il filtro per il vaglio della meritevolezza vede nella figura del notaio il primo attore che, in modo rigoroso, deve operare un’analisi attenta di tutti gli aspetti coinvolti nella vicenda umana sottoposta alla sua valutazione. Con gli strumenti di percezione e di ascolto che gli sono propri, il notaio dovrà, in concreto e non sulla base di ciò che in teoria può essere ritenuto meritevole di tutela(33) , operare una scelta e dare un suggerimento. La giurisprudenza della Cassazione(34) ha avuto modi di stabilire che «quando le parti si rivolgono ad un notaio per ottenere la sua consulenza, quale tecnico del diritto, in relazione ad un contratto da esse o da altri predisposto, mirano ad assicurarsi che il contratto stesso sia non solo formalmente perfetto, ma anche idoneo a produrre il risultato pratico perseguito». In quella miniera di immagini sorprendenti e sempre nuove che è il cammino degli uomini, mai identico a sé stesso, la funzione tecnica demandata ad un tecnico del diritto è l’apporto di conoscenza che aiuti la realizzazione dell’intento perseguito. Di là da quella attività semplicemente di certificazione, il ruolo affidato dal sistema al notaio è di «perforare la realtà e penetrare in profondità, scavando anche il recondito, il mistero, il segreto ultimo delle cose e delle persone» (S.S. Papa Giovanni Paolo II nella lettera apostolica Mulieris dignitatem del 15 agosto 1988). Senza scadere in una spinta alla sovradeterminazione di comportamenti e senza andare alla ricerca di una socialità a volte frammentata ed instabile, il notaio deve offrirsi al dialogo e capire, ponendosi all’incrocio fra saggezza ed esperienza(35). In questa ottica, e solo in questa ottica, è stato compiuto uno sforzo di catalogazione.
Il notaio, per realizzare gli obblighi assunti con l’accettazione dell’incarico, deve costruire un meccanismo e, anche con lo statuto della destinazione, riuscire a tradurre adeguatamente la volontà del destinante e l’idoneità e l’adeguatezza dell’atto al raggiungimento dello scopo.
Il ruolo del notaio è quello di valutare la meritevolezza dell’interesse ed esprimersi anche sulla congruità di beni e durata.
Parte della dottrina(36) ritiene che l’eventuale immeritevolezza dell’interesse determini la nullità dell’atto per assenza dell’elemento causale del negozio.
Costruita una categoria generale di destinazione e riconosciuta la liceità della destinazione di beni ad un fine, l’assenza della meritevolezza comporta la sola insussistenza dell’effetto segregativo e il venir meno dell’opponibilità della destinazione. Non può sussistere responsabilità disciplinare laddove il negozio, anziché nullo, sia solamente inidoneo a raggiungere l’effetto separativo preordinato dalle parti; la destinazione sopravvive a livello, tuttavia, solo obbligatorio.
A mio avviso, sussiste in ogni caso la responsabilità civile del notaio che riceva un atto di destinazione privo di un interesse meritevole. Cosa diversa è la responsabilità disciplinare del notaio nell’ipotesi in cui il giudice consideri non meritevole l’interesse perseguito dal destinante.
La violazione dell’art. 28, n. 1, legge notarile sussiste solo quando il negozio giuridico comporta una violazione diretta della legge; gli atti espressamente proibiti dalla legge sono soltanto quelli colpiti da una patologia netta che generi nullità assoluta; restano di là da tale precisa linea di confine le ipotesi di annullabilità, inefficacia, nullità relativa.
L’avverbio “espressamente” va inteso come “inequivocamente”.
La meritevolezza non deve, tuttavia, essere avulsa dal contesto in cui è immersa e dalle pulsioni che la animano; una visione concreta e non astratta della meritevolezza dell’interesse, richiede la valutazione in corpore vivi della congruità e dell’adeguatezza dei beni, commisurati alla realizzazione dell’interesse, in stretta connessione alla stessa dimensione temporale; la durata non può essere rimessa all’arbitrio del destinante ma deve collimare con lo scopo della destinazione, in legame diretto con lo stesso.
È necessario, pertanto, ordinare e disporre in modo sincrono e coerente i vari elementi della destinazione in modo che insieme concorrano alla realizzazione del fine; la programmazione e la configurazione concreta della destinazione sono l’unica risposta concessa dall’ordinamento(37).
Assumono rilievo, in tale ottica:
- la figura del destinante e quella del beneficiario;
- il carattere realistico e realizzabile di un interesse meritevole di tutela;
- la durata della destinazione e la congruità dei beni;
- le modalità di godimento dei beni e di utilizzazione dei frutti, civili e naturali, degli stessi. Particolare attenzione dovrà, infine, porre il notaio alla normativa relativa alla sottrazione frau-dolenta di beni alla riscossione delle imposte(38) ed al disvalore sociale degli atti simulati e frau-dolenti che la realizzano(39).
Esclusa ogni forma di connivenza, è opportuno che l’indagine rigorosa della volontà del richiedente, volta ad accertare i presupposti dell’operatività della norma, risulti da specifica menzione in atto.


(1) A. FALZEA, Riflessioni preliminari, in La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione - L’art. 2645-ter del codice civile a cura di Mirzia Bianca, Milano, 2007, p. 3 parla dell’introduzione nel nostro ordinamento giuridico «di un istituto che colma una lacuna del diritto positivo, tanto più avvertita dalla società in quanto ha a suo fondamento un autentico vuoto etico. Appartiene alla civiltà del diritto non lasciare senza riscontro positivo valori socialmente diffusi».

(2) Così G. PALERMO, «Il trust nell’ordinamento giuridico italiano», in AA.VV., Quaderni del Notariato, 7, 2002, p. 77, Atti della giornata di studi Il trust nell’Ordinamento giuridico italiano organizzata dal Consiglio notarile di Santa Maria Capua Vetere il 24 maggio 2001.

(3) Cfr. F. GAZZONI, «Tentativo dell’impossibile (Osservazioni di un giurista non vivente su trust e trascrizione)», in Riv. not., I, 2001, p. 15 .

(4) Il presente studio contiene, in parte, brani tratti dalle relazioni svolte dall’autore ai seguenti convegni: - «Elementi dell’atto di destinazione», relazione a Atti notarili di destinazione dei beni: art. 2645-ter c.c., - Giornata di studio organizzata dal Consiglio Notarile di Milano il 19 giugno 2006, consultabile sul sito www.scuoladinotariatodellalombardia.org./relazioni.htm. - «Gli interessi riferibili a soggetti socialmente vulnerabili», relazione al Convegno di studio della Fondazione Italiana per il Notariato - I negozi di destinazione nei principali settori dell’attività notarile, Catania 11 novembre 2006, in Negozio di destinazione: percorsi verso un’espressione sicura dell’autonomia privata, in I Quaderni della Fondazione Itraliana per il Notariato, 2007, p. 250 e ss. - «L’atto di destinazione - Profili applicativi», relazione svolta alla Giornata di studio organizzata dal Consiglio Notarile dei distretti riuniti di Benevento e Ariano Irpino il 18 novembre 2006 sul tema «Atto di destinazione e trust», in Vita not., 2007, 1, p. 341 e ss.

(5) Cfr. M. BIANCA - M. D’ERRICO - A. DE DONATO - C. PRIORE, L’atto notarile di destinazione - L’art. 2645-ter del codice civile, Milano, 2006, p. 45.

(6) Cfr. A. MASI, «Destinazione di beni e autonomia privata», in AA.VV., Destinazione di beni allo scopo - Strumenti attuali e tecniche innovative, Atti della Giornata di Studio organizzata dal Consiglio Nazionale del Notariato, Roma - Palazzo Santacroce, 19 giugno 2003, in Quaderni romani di diritto commerciale a cura di B. Libonati e P. Ferro-Luzzi, Milano, 2003, p. 238.

(7) L’art. 2645-ter è stato inserito nel libro VI del codice civile con la legge 25 febbraio 2006, n. 51 (conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273).

(8) In tal senso, cfr. M. BIANCA, Novità e continuità dell’atto negoziale di destinazione, in La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione, cit., p. 33, che parla di una figura generale sia dal punto di vista strutturale sia dal punto di vista funzionale; R. QUADRI, «L’art. 2645-ter e la nuova disciplina degli atti di destinazione», in Contr. e impr., 2006, p. 1732; G. PALERMO, Configurazione dello scopo, opponibilità del vincolo, realizzazione dell’assetto di interessi, in La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione, cit., p. 75 e ss.; R. LENZI, «Le destinazioni atipiche e l’art. 2645-ter c.c.», in Contr. e impr., 2007, p. 238 e ss.; U. LA PORTA, «L’atto di destinazione di beni allo scopo trascrivibile ai sensi dell’art. 2645-ter c.c.», in Riv. not., 2007, I, p. 1070; P. MANES, «La norma sulla trascrizione di atti di destinazione è, dunque, norma sugli effetti», in Contr. e impr., 2006, p. 630; cfr. anche R. DI RAIMO, «Considerazioni sull’art. 2645-ter c.c.: destinazione di patrimoni e categorie dell’iniziativa privata», in Rass. dir. civ., 2007, p. 946 e ss., secondo cui la norma in esame presuppone la categoria generale degli atti di destinazione (e il loro effetto), disciplinando «i requisiti in presenza dei quali questi atti possono essere trascritti e il loro effetto può per ciò stesso essere assistito dal rilievo reale, effetto della trascrizione».

(9) Al riguardo M. BIANCA, «Il nuovo art. 2645-ter. Notazioni a margine di un provvedimento del giudice tutelare di Trieste», in Giust. civ., 2006. II, p. 187, riferito al provvedimento del Giudice tavolare di Trieste del 7 aprile 2006.

(10) G. PALERMO, «Ammissibilità e disciplina del negozio di destinazione», in Destinazione di beni allo scopo. Strumento attuali e tecniche innovative, cit. p. 245; vedi, anche per riferimenti , G. PALERMO, «Autonomia negoziale e fiducia (Breve saggio sulla libertà dalle forme)», in Riv. giur. sarda, 1999, p. 571 e ss.; ID., «Sulla riconducibilità del “trust interno” alle categorie civilistiche», in Riv. dir. comm., 2000, p. 133 e ss.; ID., «Contributo allo studio del trust e dei negozi di destinazione disciplinati dal diritto italiano», in Riv. dir. comm., 2001, p. 391 e ss. Per i contributi elaborati in dottrina, cfr. U. LA PORTA, Destinazione di beni allo scopo e causa negoziale, Napoli, 1994; del medesimo Autore, anche Il Problema della causa del contratto, I, La causa ed il trasferimento dei diritti, Torino, 2000, p. 154 e ss.

(11) Vedi M. BIANCA - M. D’ERRICO - A. DE DONATO - C. PRIORE, op. cit., p. 8.

(12) Cfr. M. BIANCA, Vincoli di destinazione e patrimoni separati, Padova, 1996, p. 215 «La pubblicità del vincolo, insieme alla realizzazione d’un interesse meritevole, rappresentano gli elementi imprescindibili affinché una destinazione possa incidere sulla posizione dei terzi».

(13) La norma recita «i diritti che la legge riconosce».

(14) Per un’interpretazione analogica che consente la destinazione a favore di una nascituro concepito o di un nascituro non concepito di una persona vivente si pronuncia C. D’APREA, «Negozi di destinazione: ruolo e responsabilità del notaio», in Riv. not., 2011, 4, p. 816.

(15) Cfr. M. BIANCA - M. D’ERRICO - A. DE DONATO - C. PRIORE, op. cit., p. 33.

(16) In senso contrario si è espresso il Tribunale di Reggio Emilia (7-22/06/2012 n. 1780/2012 R.G.) che, con enfasi, cerca di demolire l’atto di destinazione puro con argomenti che nulla dimostrano; esemplari sono, in tal senso, le esternazioni sul termine “conferente”, che presupporrebbe un’alterità soggettiva e, quindi, un trasferimento dal conferente ad altro soggetto; il richiamo alle norme del codice in tema di diritto societario (artt. 2253, 2343 e ss., 2440), di costituzione di fondi di garanzia (art. 2548), di ammassi (art. 837), di collazione (art. 737 e ss.) non comprende l’art. 1704 e ss. in tema di mandato. Così la norma. al più, potrebbe solo privilegiare un affidamento gestorio! La stessa circolare n. 5 del 7 agosto 2006 dell’Agenzia del territorio ammette, come la dottrina maggioritaria, la riconduzione dell’effetto destinatorio ad un atto non traslativo. “Conferire” ha, in fondo, la stessa radice di “conferenza” è, in italiano arcaico (Dizionario Devoto - Oli) significa anche “comunicare”.

(17) La simulazione assoluta si traduce in una ipotesi di nullità per mancanza di causa e la relativa azione, in quanto azione di puro accertamento negativo, è imprescrittibile.

(18) Vedi per tutti, da ultimo, S. ROSSI, «Alcune riflessioni sulla nozione di meritevolezza dell’art. 1322 del codice civile. L’art. 2645-ter», in Riv. not., 3, p. 634 e ss.

(19) P. SCHLESINGER, «Atti istitutivi di vincoli di destinazione. Riflessioni introduttive», p. 4, intervento al convegno Trust, atto di destinazione (art. 2645-ter c.c.) e altri strumenti di separazione del patrimonio, tenutosi a Milano il 22 maggio 2006; G. VETTORI, Atto di destinazione e trascrizione. L’art. 2645-ter, in La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione. L’art. 2645-ter del codice civile, cit., p. 176, secondo cui: «Nella proposta della Commissione giustizia si dice espressamente che si è usato questo riferimento alla meritevolezza perché nella giurisprudenza prevalente il termine equivale a non illiceità»; F. PATTI, «Gli atti di destinazione e trust del nuovo art. 2645-ter», in Vita not., 2006, p. 986 e ss.

(20) P. SPADA, Conclusioni, in La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione. L’art. 2645-ter del codice civile, cit, p. 203.

(21) F. GAZZONI, «Osservazioni sull’art. 2645-ter», in Giust. civ., 2006, II, p. 216 e ss.

(22) Cfr. M. BIANCA - M. D’ERRICO - A. DE DONATO - C. PRIORE, op. cit., p.16 e ss.

(23) M. NUZZO, «L’interesse meritevole di tutela tra liceità dell’atto di destinazione e opponibilità dell’effetto della separazione patrimoniale», in Famiglia e impresa: strumenti negoziali per la separazione patrimoniale, in I Quaderni della Fondazione Italiana per il Notariato, 2010, 1, p. 31 e ss.; ID., Atto di destinazione e interessi meritevoli di tutela , in La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione. L’art. 2645-ter del codice civile, cit., p. 68; M. BIANCA, Novità e continuità dell’atto negoziale di destinazione, in La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione. L’art. 2645-ter del codice civile, cit., p. 32; R. QUADRI, op. cit., p. 1729 e ss.

(24) M. NUZZO, op. ult. cit., p. 68.

(25) 102ème Congrès des Notaires - “Les personnes vulné- rables. La vulnérabilité est multiple, mouvante, insidieuse et à l’affut, jamais définitivement écartée. Chacun est ou sera vulnérable”. Il 102° Congresso Nazionale del Notariato francese (Strasburgo 21-24 maggio 2006) ha dedicato i propri lavori alla persona vulnerabile definita come «quell’essere umano fragile che abbisogna di protezione», e che non rientra in una delle varie categorie di soggetti che il diritto già qualifica e tutela.

(26) Cfr. A DE DONATO, «L’atto di destinazione - Profili applicativi», in Vita not., 2007, p. 358.

(27) Cass., sez. I, 2 settembre 1996, n. 8013, in Foro amm., 1997, p. 595 e ss. nello stesso senso: Cass. n. 2604/1994 - n. 11449/1990 - n. 2109/1968.

(28) M. TALAMANCA, Successioni testamentarie, in Commentario del codice civile a cura di A. Scialoja e G. Branca (artt. 679 - 712), Bologna-Roma, 1968, p. 427.

(29) Per un’elencazione dei possibili parametri di rifermento cui adeguare il giudizio di meritevolezza, vedi A. DE DONATO, op. cit., p. 350 e 256 e ss. Le situazioni di vulnerabilità portano ad emergere i tre bisogni fondamentali che subito entrano in stato di criticità: l’alloggio, indispensabile per prevenire il vagabondaggio; l’assegno assistenziale, indispensabile per garantire la sopravvivenza; l’accompagnamento, indispensabile per evitare l’alienazione mentale. Il diritto umanitario quotidiano è codificato, ai nostri fini, nell’art. 4 della legge 8 novembre 1991, n. 381 (Disciplina delle cooperative sociali) che elenca le persone svantaggiate: gli invalidi fisici, psichici e sensoriali; gli ex degenti di istituti psichiatrici; i soggetti in trattamento psichiatrico; i tossicodipendenti; gli alcolisti; i minori in età evolutiva in situazioni di difficoltà familiare; i condannati ammessi alle misure alternative alla detenzione previste dagli artt. 47, 47-bis, 47-ter e 48 della legge 26 luglio 1975, n. 354, come modificati dalla legge 10 ottobre 1986, n. 663. L’art. 25 della Carta europea dei Diritti Fondamentali, detta Carta di Nizza riconosce «il diritto degli anziani di condurre una vita dignitosa ed indipendente e di partecipare alla vita sociale e culturale», tutelando in particolar modo gli anziani non autosufficienti. La Convenzione sui diritti del fanciullo, firmata a New York il 20 novembre 1989 e ratificata dalla legge n. 176 del 1991, sancisce il diritto di ogni bambino ad essere educato, ad essere nutrito, ad avere una casa idonea al proprio sviluppo psicofisico, il diritto al gioco, alla salute e all’affetto. La destinazione negoziale di beni, volta all’aspetto sociale in senso ampio della condizione di debolezza soggettiva, può ancorarsi alla meritevolezza di interessi riferibili così a minorenni poveri, vecchi in condizioni disagiate e malati gravi cronicizzati. La difesa sociale e la protezione degli interessi civili dei soggetti in condizioni di debolezza mira a garantire l’interesse pubblico rappresentato dal valore di ogni persona. La recente normativa sull’amministratore di sostegno (legge 9 gennaio 2004, n. 6) dimostra come l’ordinamento valuti con sempre maggior favore gli istituti a protezione dei soggetti deboli. Lo sradicamento di ogni forma di esclusione sociale e di emarginazione della variegata categoria delle persone deboli è la frontiera che il legislatore, già dagli anni ’60, insegue con flessibilità e mutevolezza, ma con tenacia.

(30) Cfr., sul punto, G. CIAN, Riflessioni intorno ad un nuovo istituto di diritto civile: per una lettura analitica dell’art. 2645-ter c.c., in Studi in onore di Leopoldo Mazzarolli, vol. I, 2007, p. 89; G. PETRELLI, «La trascrizione degli atti di destinazione», in Riv. dir. civ., 2006, p. 188.

(31) Il piano concordatario prevedeva la soddisfazione dei creditori di una società con risorse rivenienti dalla liquidazione di diritti immobiliari di terzi (nella specie i soci della società proponente) gravati da iscrizioni ipotecarie.

(32) Il Giudice tutelare del Tribunale di Roma, nel dichiarare aperta l’amministrazione di sostegno ad una persona, interdiceva alla stessa il compimento degli atti di straordinaria amministrazione e, in particolare, il compimento di atti di disposizione della proprietà di un immobile. L’amministratore di sostegno provvisorio chiedeva al conservatore dei registri immobiliari di Roma la trascrizione del predetto decreto, trascrizione che veniva eseguita con riserva. Con ricorso l’amministratore di sostegno si rivolgeva al Tribunale di Roma proponendo reclamo avverso detta trascrizione con riserva. Il Tribunale di Roma rigettava il reclamo. In particolare il rigetto era motivato sul fatto che il decreto di nomina dell’amministratore di sostegno non rientra fra gli atti trascrivibili presso la conservatoria dei Registri immobiliari. L’amministratore di sostegno provvisorio impugnava detto provvedimento alla Corte di appello di Roma. La Corte di appello di Roma ha accolto il reclamo. Le motivazioni alla base della pronuncia di accoglimento si fondano, per quel che rileva ai nostri fini, sulla volontà legislativa di consentire che «chiunque possa e debba avere contezza dell’esistenza di limitazioni alla circolazione di beni immobili per la temporanea ovvero parziale diminuita capacità del titolare del relativo diritto dominicale». La disposizione dell’art. 2645-ter c.c. va interpretata in linea con l’obiettivo avuto di mira dal legislatore.

(33) In tal senso, acutamente, vedi S. ROSSI, op. cit., p. 650.

(34) Cass. 18 ottobre 1995, n. 10842, in Vita not., 1996, p. 881.

(35) P.G. MONASTERI, La responsabilità civile, Torino, 1998, p. 72 e ss. «La dottrina non ha dubbi sul fatto che il notaio sia un “debitore di mezzi”. Secondo la Suprema Corte il notaio, pur essendo tenuto a una prestazione di mezzi, e non di risultato, deve tuttavia predisporre e impegnare i mezzi di cui dispone, in vista del conseguimento del risultato voluto dalle parti. Gli obblighi del notaio nascono anche in assenza di uno specifico incarico, la sua condotta diligente deve tendere al miglior risultato per le parti, ed i terzi devono comunque poter confidare sull’affidabilità del suo operato».

(36) C. PRIORE, Strutturazione e stesura dell’atto negoziale di destinazione, in La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione. L’art. 2645-ter del codice civile, cit., p. 94; U. LA PORTA, «L’atto di destinazione di beni allo scopo …», cit., p. 1069 e ss; nello stesso senso cfr. G. PETRELLI, op. cit., p. 180, secondo cui in assenza di meritevolezza l’atto non sarà ricevibile dal notaio; A. GUARNIERI, Meritevolezza dell’interesse, in Dig. disc. priv. - sez. civ., XI, Torino, 1994, p. 324; ID., «Meritevolezza dell’interesse e utilità sociale del contratto», in Riv. dir. civ., 1994, I, p. 799.

(37) Per il rilievo dell’organizzazione della destinazione, anche se in termini diversi, cfr. V. SCADUTO, «Gli interessi meritevoli di tutela: autonomia privata dell’opportunità o autonomia privata della solidarietà», in Negozio di destinazione: percorsi verso un’espressione sicura dell’autonomia privata, in I Quaderni della Fondazione Italiana per il Notariato, 2007, p. 115 e ss.

(38) L’art. 11, comma 1, D.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 dispone espressamente «È punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. Se l’ammontare delle imposte, sanzioni ed interessi è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni».

(39) Cfr. M. KROGH, «Atti simulati o fraudolenti e responsabilità notarile», in I contratti, 2012, 4, p. 314 e ss.

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