La destinazione patrimoniale nella disciplina dei contratti di rete
- capitolo X -
La destinazione patrimoniale nella disciplina dei contratti di rete
di Mirzia Bianca
Università “La Sapienza” di Roma
1. La distinzione tra rete-contratto e rete-soggetto. Prime considerazioni
In un volume come questo dedicato alla destinazione del patrimonio, una peculiare prospettiva del tema è offerta dalla recente disciplina del contratto di rete, disciplina che ha subito un tormentoso iter con susseguenti e spesso contradditori interventi del legislatore(1). Nell’ultimo ritocco normativo, il legislatore ha consegnato all’autonomia privata e quindi alla scelta delle imprese aderenti due modelli: 1) la retecontratto, o c.d. contratto puro di rete che per espressa previsione normativa non è dotata di soggettività giuridica, pur avendo un fondo patrimoniale comune che risponde delle sole obbligazioni collegate al programma di rete e che, in forza di uno specifico rinvio agli art. 2614 e 2615 c.c., è soggetto ad un regime di inaggredibilità e di indivisibilità che è proprio del consorzio con attività esterna; 2) la rete-soggetto che acquista la soggettività giuridica mediante l’iscrizione del contratto di rete alla sezione ordinaria del Registro delle imprese.
Si tratta di una contrapposizione che, almeno teoricamente, è una contrapposizione tra due modelli strutturali perché la rete-contratto configura un’ipotesi di patrimonio autonomo privo di soggettività giuridica(2), mentre la rete-soggetto identifica la rete quale ens tertium rispetto alle imprese aderenti.
Nonostante il legislatore abbia indicato due distinti modelli, in realtà è solo il primo modello, la rete-contratto, che interessa in questa sede e che in generale, come emergerà più chiaramente nel corso di queste brevi riflessioni, realizza la finalità primaria della disciplina che è la realizzazione della crescita per le piccole e medie imprese e per il mercato, essendo l’unico modello autorizzato a godere delle agevolazioni fiscali. Inoltre la rete-contratto corrisponde maggiormente alla realtà operativa delle reti che sono strutture orizzontali pensate per le piccole e medie imprese italiane che vogliono ridurre i costi senza essere sovrastate da una nuova impresa che possa cancellare la loro identità.
Prima di entrare nel vivo della disciplina della separazione e della destinazione patrimoniale del modello della rete-contratto, sembra utile fare alcune considerazioni di carattere generale.
La nuova disciplina del contratto di rete e in particolare il modello della rete-contratto aggiunge un tassello importante alla teoria generale della destinazione del patrimonio e in particolare all’applicazione di essa all’attività di impresa per una serie di considerazioni(3). La prima riguarda il principio di correlazione tra rischio di impresa e responsabilità illimitata. Il contratto di rete, realizzando un’ipotesi di impresa collettiva a responsabilità limitata, contribuisce a scalfire questo dogma e continua in questo senso un percorso che, iniziato con l’introduzione della società unipersonale, è continuato nel modello dei contratti societari destinati ad uno specifico affare della riforma societaria (art. 2447-bis e ss. c.c.). Inoltre la disciplina del contratto di rete contribuisce alla relativizzazione di altro dogma: il mito del soggetto quale unico strumento per limitare la responsabilità patrimoniale. L’abbandono di un sistema tutto improntato al soggetto e la progressiva relativizzazione e crisi del soggetto e in generale della teoria personalistica del patrimonio(4)hanno portato, come è noto, alla oggettivizzazione della responsabilità, nonché alla specializzazione della stessa.
La seconda considerazione di carattere generale riguarda il ruolo del contratto. La disciplina del contratto di rete è un’applicazione del principio di sussidiarietà orizzontale(5)al settore dell’impresa e in generale dell’iniziativa economica, come è emerso esplicitamente nel nuovo statuto delle imprese(6).
Si tratta di un’autonomia negoziale che non si limita a creare rapporti tra le parti ma crea rapporti rilevanti con i terzi, incidendo in modo significativo sul regime di responsabilità patrimoniale. La rete, anche se priva di soggettività giuridica, è dotata di autonomia patrimoniale rispetto allo svolgimento del programma di rete e crea rapporti obbligatori non solo tra le imprese aderenti ma anche tra queste e i terzi. Rispetto al paradigma tradizionale del contratto di scambio, governato dal principio tradizionale della relatività del contratto(7), al quale già si era contrapposto il paradigma dei contratti associativi quali contratti volti alla creazione di enti giuridici(8), qui ci troviamo di fronte ad nuovo paradigma: un contratto che si pone in alternativa al soggetto, pur dando vita ad un’organizzazione stabile dell’attività economica, dotata di autonomia patrimoniale.
Si tratta di un contratto che non può essere considerato nella sua identità strutturale tradizionale quale atto ma quale operazione economica(9)che è volta a creare rapporti(10)più che singoli atti. Sotto questo profilo sono interessanti le riflessioni della dottrina che hanno denunciato l’impossibilità di leggere il contratto di rete quale nuovo tipo contrattuale, significativamente affermandone la natura transtipica(11). Come altrettanto significative sono quelle riflessioni della dottrina che hanno rilevato la difficoltà di applicare a questa figura gli strumenti tradizionali, pensati per il contratto quale strumento di scambio, come per esempio il collegamento negoziale(12).
Come dicevamo si tratta di un contratto che crea un patrimonio autonomo(13)e sotto quest’ultimo profilo emerge la delicatezza di comporre l’equilibrio tra la libertà che è proprio dell’autonomia negoziale e la tutela deli interessi dei terzi che da quell’atto di autonomia sono toccati. In particolare con il contratto di rete si crea un regime di responsabilità patrimoniale limitata che può trovare legittimazione solo nella identificazione di interessi generali che possano giustificare il sacrificio dei creditori.
Appare dunque sempre più impellente e suggestivo il quesito in ordine al rinnovato ruolo dell’autonomia negoziale e all’individuazione delle regole che questo rinnovato ruolo esige. Sembra al riguardo chiaro che le espressioni dell’autonomia negoziale che caratterizzano questa fase non possono essere ingabbiate nello schema tradizionale del contratto di scambio, perché non si esauriscono nella contrapposizione degli interessi delle parti ma si caricano di fardelli più pesanti, che sono gli interessi generali. Già la stesso principio di sussidiarietà orizzontale svela questo nuovo volto dell’autonomia negoziale, dal momento che il nucleo di questo principio è la formula costituzionale secondo la quale lo Stato e gli altri enti «favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale» (art. 118, comma 4, Cost.). L’atto di autonomia negoziale che deriva dall’applicazione di questo principio è un atto che realizza ontologicamente non solo gli interessi delle parti che lo pongono in essere, ma anche gli interessi della collettività, in quanto è un atto che svolge una funzione vicaria rispetto allo Stato.
Da qui i necessari controlli su un atto di autonomia negoziale come questo che insieme alla libertà esprime la funzionalizzazione ad interessi generali(14).
L’interesse generale che il contratto di rete si propone di realizzare è l’innovatività e la crescita del mercato ed è proprio la meritevolezza di questo interesse che giustifica e legittima il sacrificio dei creditori.
2. La rete-contratto quale patrimonio autonomo destinato ad uno scopo meritevole
Come già anticipato, la rete-contratto realizza un’ipotesi normativa di patrimonio autonomo che si aggiunge ai modelli di destinazione patrimoniale già presenti nel nostro ordinamento, pur avendo delle caratteristiche peculiari.
Il contratto di rete condivide con i patrimoni societari destinati ad uno specifico affare l’applicazione della destinazione patrimoniale al settore dell’impresa ma si distingue rispetto a quel modello perché nel caso del contratto di rete manca una struttura rispetto alla quale configurare una separazione endosocietaria, come invece avviene nei patrimoni societari. I patrimoni societari si caratterizzano infatti per realizzare una frammentazione del patrimonio della SpA per destinare una parte alla realizzazione di uno specifico affare e cioè ad un diverso ramo di impresa.
L’assenza di un soggetto-rete comporta l’inapplicabilità al contratto di rete della disciplina della responsabilità illimitata per i crediti involontari, disciplina prevista per i patrimoni societari (art. 2447-quinquies, comma 3, c.c.) che trova la sua ragione nell’esistenza della società e quindi nella configurazione della responsabilità per gli atti illeciti. La rete-contratto, per espressa volontà del legislatore, non identifica un centro di imputazione unitario e quindi un ens tertium rispetto alle imprese aderenti ma un collegamento di rapporti contrattuali che sono rafforzati dal regime di autonomia patrimoniale del fondo patrimoniale comune. Appare in definitiva chiaro, e questo è l’elemento di novità, che la strutturazione in termini di soggetto non è più concepita come privilegio ma come peso per l’identità delle imprese aderenti. La soggettività giuridica è infatti un’opzione lasciata alla volontà delle parti che tuttavia non altera l’identificazione del modello della retecontratto quale modello prescelto dal legislatore per realizzare la finalità e la ratio primaria di questa figura contrattuale, che è l’accrescimento delle piccole e medie imprese e in generale del mercato.
Rispetto agli altri modelli di destinazione patrimoniale con effetto separativo, il contratto di rete mostra allora un lato nuovo e sconosciuto della destinazione patrimoniale e in generale dell’autonomia patrimoniale. L’autonomia patrimoniale della rete-contratto è funzionale alla crescita del mercato. Mentre gli altri modelli di separazione e di autonomia patrimoniale realizzano un equilibrio tra interessi generalmente tutti privatistici, nel contratto di rete al principio di tutela del credito si contrappone l’interesse alla crescita del mercato, che si realizza indirettamente attraverso l’accrescimento delle imprese partecipanti alla rete. Ma è proprio l’autonomia negoziale che, attraverso la struttura del patrimonio autonomo, realizza l’obiettivo della crescita. Uguale risultato non si avrebbe con la costituzione di un ens tertium.
Quanto detto è confermato dal complesso delle disposizioni che riguardano la rete.
Già dal 2010, quando il legislatore ha previsto un regime fiscale di sospensione degli utili di imposta, l’Unione europea ha chiarito che tale agevolazione non integrava una procedura selettiva e per ciò soggetta agli aiuti di Stato, proprio perché l’agevolazione riguarda le singole imprese aderenti alla rete e la rete non è un distinto soggetto giuridico(15). Questi presupposti sono stati chiariti dall’Agenzia delle entrate che in una recente circolare(16)ha messo in luce come le agevolazioni fiscali si applichino solo alla rete-contratto, mentre alla rete-soggetto si applicano le imposte sui redditi degli enti commerciali o non commerciali in relazione alla tipologia di attività che viene svolta dalla rete(17). Inoltre particolarmente interessante è la precisazione in ordine all’applicazione alla rete-contratto dell’imposta di registro che è propria dei vincoli di destinazione non traslativi.
Sembra quindi che il contratto di rete aggiunga al mosaico dei patrimoni destinati ad uno scopo un altra importante figura che ha ricevuto l’attenzione della dottrina e degli operatori professionali, e in particolare del ceto notarile(18).
In questo caso la meritevolezza che legittima il sacrificio dei creditori è proprio l’innovatività e la crescita delle imprese.
D’altra parte la configurazione della rete quale patrimonio autonomo privo di soggettività giuridica apre alcuni interrogativi che la disciplina del contratto di rete non risolve. Uno di questi riguarda il problema della liquidazione del patrimonio della rete, dato che il fallimento è da escludersi in base all’assenza di soggettività della rete(19).
Sembra al riguardo che, nel silenzio del legislatore, debba accogliersi la tesi della dottrina che ritiene applicabile in parte la disciplina dei patrimoni destinati ad uno specifico affare della riforma societaria(20).
3. Il contratto di rete quale tassello di una moderna teorica della destinazione patrimoniale
Considerando la nuova disciplina del contratto di rete nel quadro di uno studio sulla destinazione patrimoniale, può ancora oggi come in passato parlarsi di una teorica della destinazione patrimoniale. Certo il termine “teorica” evoca categorie del passato ma, adattata alla realtà giuridica odierna, identifica nella destinazione patrimoniale una figura normativa unitaria che si ricollega ad uno schema concettuale unitario.
In definitiva la teorica della destinazione patrimoniale non identifica più come in passato un surrogato della personalità giuridica(21)ma un’articolazione della responsabilità patrimoniale cui, in un sistema come quello odierno, è correlata una speciale disciplina che trova la sua ragione di essere nello scopo cui la destinazione è dedicata.
Tutte le figure di destinazione patrimoniale introdotte dal legislatore, dal fondo patrimoniale, ai patrimoni societari destinati ad uno specifico affare, all’atto negoziale di destinazione dell’art. 2645- ter c.c., svelano una teorica della destinazione patrimoniale di nuova generazione.
La destinazione patrimoniale indica uno schema di disciplina della responsabilità patrimoniale e del governo dei beni che si pone in alternativa alla soggettività giuridica. Gli elementi comuni alle varie e tipiche figure sono la necessaria meritevolezza degli interessi. La destinazione del patrimonio proprio perché crea una regola di limitazione della responsabilità richiede una meritevolezza dello scopo. Altro elemento necessario e ricorrente nelle varie figure è la pubblicità della destinazione(22). Nella teorica della destinazione emerge con nitidezza la distinzione tra le destinazioni dinamiche di nuova generazione e le destinazioni statiche dei modelli precedenti. Questa distinzione consente di individuare elementi che ricorrono costantemente in ciascuna categoria.
Nelle destinazioni dinamiche, come per esempio la destinazione dei patrimoni societari e del contratto di rete, la destinazione serve a produrre utili e nuova ricchezza. Nelle destinazioni statiche, la destinazione è funzionale alla conservazione di beni. Questa distinzione importa significativi corollari, in quanto le destinazioni dinamiche sono solitamente accompagnate da profili gestori che nelle destinazioni statiche possono anche mancare. Inoltre le destinazioni dinamiche hanno ad oggetto un valore, mentre le destinazioni statiche hanno di regola beni individuati.
La teorica della destinazione patrimoniale consente la circolazione dei modelli di destinazione e l’applicazione di regole comuni anche in mancanza di espresso richiamo da parte del legislatore, là ove ricorrano i medesimi presupposti.
Inoltre ed infine proprio il riferimento allo scopo e quindi alla funzionalizzazione dei beni rispetto alla realizzazione di interessi che sono altri rispetto a quelli del soggetto titolare, fa emergere un diverso e rinnovato ruolo dell’autonomia negoziale che, in quanto strumento per la realizzazione di interessi generali, è connotata da profili di funzionalità e discrezionalità che non sono propri dell’atto di autonomia negoziale quale regno della libertà.
Il connubio libertà-funzione non è il tramonto dell’autonomia negoziale ma ne esprime soltanto una delle sue stagioni e tale connubio non è che il necessario corollario dell’ampliamento dei settori in cui l’autonomia è abilitata ad intervenire.
(1) Il tormentoso iter di questa disciplina è testimoniato dal numero di ritocchi normativi. La figura normativa del contratto di rete è stata introdotta con l’art. 3, comma 4-ter e ss. del D.l. 10 febbraio 2009, n. 5, convertito nella L. 9 aprile 2009, n. 33, modificata ed integrata con la L. 23 luglio 2009, n. 99 e con L. 30 luglio 2010, n. 122, che ha convertito il D.l. n. 78/2010, nonché modificata in forza della L. n. 134/2012 (che ha convertito con modifiche il D.l. n. 83/2012) e del D.l. n. 179/2012, convertito con modifiche dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221, in vigore dal 19 dicembre 2012.
(2) V. M. BIANCA, Il modello normativo del contratto di rete. Nuovi spunti di riflessione sul rapporto tra soggettività giuridica e autonomia patrimoniale, in Il contratto di rete per la crescita delle imprese a cura di Cafaggi - Iamiceli - Mosco, Milano, 2012, p. 41 e ss.
(3) Per alcune di queste riflessioni, v. M. BIANCA, I contratti di rete, relazione al Convegno Crisi economica e categorie civilistiche organizzato dall’Associazione civilisti italiani e dal Consiglio Nazionale forense, Roma, 28-29 Giugno 2013.
(4) La prima formulazione della teoria personalistica del patrimonio si trova nell’opera di G. AUBRY e G. RAU, Cours de droit civil français, 1° ed., Strasbourg, 1839, 2° ed., Strasbourg, 1850 e la terza edizione ispirata espressamente all’opera tedesca di Zachariae, che infatti viene intitolata, Cours de droit civil français d’après l’ouvrage de C. S. Zachariae, Paris, 1857-8, che vede due successive edizioni, la 4° ed. nel 1873 e la 5° ed. nel 1917, cui d’ora in poi si farà riferimento, dove al tomo IX, § 573, 333: «L’idée de patrimoine se déduit directement de celle de la personnalité»; 336: «Le patrimoine est, en principe, un et indivisible comme la personnalité même».
(5) Sui risvolti privatistici del principio di sussidiarietà orizzontale, v. E. DEL PRATO, «Principio di sussidiarietà e regolazione dell’iniziativa economica privata. Dal controllo statale a quello delle autorità amministrative indipendenti», in Riv. dir. civ., 2008, I, p. 257 e ss.
(6) Un esplicito riferimento al principio di sussidiarietà orizzontale si trova nella recente legge 11 novembre 2011, n. 180, Norme per la tutela della libertà d’impresa. Statuto delle imprese, dove tra i principi generali viene previsto all’art. 2, comma 1, lett. b «la sussidiarietà orizzontale quale principio informatore delle politiche pubbliche, anche con riferimento alla creazione d’impresa».
(7) V. F. MACARIO, Reti di imprese, “contratto di rete” e individuazione delle tutele. Appunti per una riflessione metodologica, in Le reti di imprese e i contratti di rete a cura di P. Iamiceli, Torino, 2009, p. 273 e ss.
(8) Il riferimento è all’opera di P. FERRO-LUZZI, I contratti associativi, Milano, 1976, p. 38: «… È invero in primo luogo evidente che sussiste una profonda differenza di natura tra il normale effetto dei contratti, ed in particolare l’effetto obbligatorio, e la creazione di norme e di enti».
(9) Queste considerazioni prescindono in questa sede dal prendere posizione in ordine all’autonomia concettuale dell’operazione economica, su cui v. E. GABRIELLI, «L’operazione economica nella teoria del contratto», in Riv. trim. dir. proc. civ., 2009, p. 905 e ss.
(10) V. A. DI MAJO, Contratto e reti. Le tutele, in Le reti di imprese …, cit., p. 267 e ss.
(11) Il riferimento è ai numerosi scritti di Fabrizio Cafaggi.
(12) V. C. SCOGNAMIGLIO, Dal collegamento negoziale alla causa di coordinamento nei contratti tra imprese, in Le reti di imprese …, cit., p. 61 e ss.
(13) La tesi del patrimonio autonomo era stata sostenuta da parte della dottrina anche quando, nei primissimi interventi del legislatore, non era chiaro se la rete fosse qualificabile come patrimonio autonomo o come fenomeno associativo. Sostenevano già allora la tesi dell’autonomia patrimoniale, oltre alla sottoscritta (Relazione inedita al Convegno di Macerata del 21 maggio organizzato da Maurizio Sciuto), Maurizio Sciuto (Relazione inedita al medesimo Convegno) e Maurizio Onza, saggio pubblicato sulla rivista www.orizzontideldirittocommerciale.it.
(14) Per queste riflessioni sull’autonomia “funzionale”, v. E. DEL PRATO, «Qualificazione degli interessi e criteri di valutazione dell’attività privata funzionale tra libertà e discrezionalità», in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2012, p. 403 e ss.
(15) V. C(2010) 8939 final. 26 gennaio 2011: «La particolarità del contratto di rete è che le imprese partecipanti mantengono la loro autonomia sotto il profilo giuridico e ottengono i vantaggi previsti beneficiando direttamente dell’agevolazione, una volta terminata l’attività/cooperazione … Le autorità italiane hanno chiarito che la rete di imprese non avrà personalità giuridica autonoma”.
(16) Circolare n. 20/E del 18 giugno 2013: «Le imprese che costituiscono una rete-soggetto non si impegnano a realizzare “direttamente” gli investimenti previsti dal programma comune, mediante la destinazione “ideale” - al fondo patrimoniale di una quota di utili ma, sottoscrivendo il contratto, si impegnano ad effettuare i conferimenti in un soggetto “distinto” cui compete l’effettiva realizzazione degli investimenti previsti dal programma di rete. Di conseguenza, viene meno la possibilità per le imprese partecipanti al contratto di fruire dell’agevolazione fiscale prevista dall’art. 42, comma 2-quater, del D.l. n. 78 del 2010, atteso che la stessa è condizionata alla realizzazione degli investimenti previsti dal programma di rete da parte delle imprese che sottoscrivono o aderiscono a un contratto di rete».
(17) V. la citata circolare n. 20/E del 2013: «L’acquisizione della soggettività giuridica delle reti in esame comporta l’esistenza di un soggetto dotato di capacità giuridica tributaria autonoma rispetto alla capacità giuridica delle singole imprese partecipanti: ai fini del prelievo fiscale, infatti, la rete-soggetto, in quanto entità distinta dalle imprese partecipanti, esprime una propria forza economica ed è in grado di realizzare, in modo unitario e autonomo, il presupposto di imposta».
(18) Al tema dei contratti di rete, il Consiglio Nazionale del Notariato ha dedicato due studi: lo studio n. 1- 2011 e lo studio n. 5-2013. Ancora il Notariato e in particolare il Comitato interregionale dei Consigli notarili delle tre venezie, insieme a Retimpresa, ha elaborato le Linee Guida per i contratti di rete, Marzo, 2012.
(19) V. al riguardo M. SCIUTO, Imputazione e responsabilità nel contratto di rete (ovvero dell’incapienza del patrimonio separato), in Il contratto di rete …, cit., p. 65 e ss.
(20) V. le riflessioni di M. SCIUTO, op. ult. cit.
(21) Nel contesto culturale europeo i due rappresentanti più significativi della teoria personificatrice del patrimonio sono, pur nella diversità delle elaborazioni, in Germania K. HELLWIG (Lehrbuch des deutschen Zivilprozeßrechrechts, Band I, Neudruck der Ausgabe Leipzig 1903, Aalen, 1968, § 44, p. 295 e ss.; ID., System des deutschen Zivilprozeßrechts, Teil I, Neudruck der Ausgabe Leipzig 1912, Aalen, 1968, § 69, p. 152 e ss; ID., Anspruch und Klagrecht. Beiträge zum bürgerlichen und zum prozessrecht, Neudruck der Ausgabe Leipzig 1924, Aalen, 1967) e in Italia G. BONELLI («La personalità giuridica dei beni in liquidazione giudiziale», in Riv. it. sc. giur., vol. VI, fasc. II, e vol. VII, fasc. I e II, 1889, p. 1 e ss.; ID., «La teoria della persona giuridica», n Riv. dir. civ., 1910, p. 593 e ss). Nella dottrina italiana più recente, per la ricostruzione dei patrimoni destinati ad uno scopo nell’ambito della nozione di soggettività giuridica, si rinvia all’opera di M. CONDORELLI, Destinazione dei patrimoni e soggettività giuridica nel diritto canonico, Milano, 1964, p. 66 e ss.
(22) V. C. IBBA, «La pubblicità del patrimonio destinato», in Giur. comm. 2007, p. 725 e ss.; Sul tema v. anche il recente contributo di L. BULLO, «Separazione patrimoniale e trascrizione: nuove sfide per la pubblicità immobiliare», in Quaderni di diritto civile, 2012.
|
|
|