50 quesiti in ordine alla destinazione
50 quesiti in ordine alla destinazione
a cura di:
Mirzia Bianca
Università degli Studi “La Sapienza” di Roma
Francesco Macario
Università degli Studi “Roma Tre”
Guido De Rosa
Notaio in Bergamo
Alberto Valeriani
Notaio in Bologna
Giampaolo Marcoz
Notaio in Aosta

I. Aspetti generali

1. l’atto di destinazione e l’art. 2645-ter nel sistema del diritto privato: la nuova disposizione introduce una nuova fattispecie o disciplina un determinato profilo di una figura giuridica più ampia di “atti di destinazione” già presente nel sistema positivo?

Si può ritenere che l’ordinamento giuridico presentasse già prima dell’introduzione dell’art. 2645- ter varie ipotesi di destinazione di uno o più beni ad una determinata funzione (ad esempio, nella disciplina delle pertinenze, delle servitù, del fondo patrimoniale, della azienda, delle universalità e più di recente dei patrimoni destinati, e così via); in tali fattispecie, il bene oggetto della destinazione viene ad essere “funzionalizzato” rispetto a determinati obiettivi, in relazione eventualmente ad altri beni, mediante una vicenda giuridica che possiamo definire destinatoria di tipo funzionale. In tali ipotesi tipizzate dal legislatore non si produceva tuttavia l’effetto segregativo in termini generali e soprattutto omogenei, nel senso della opponibilità della destinazione ai terzi e ai creditori, sicché solo da questo punto di vista si può senz’altro dire che la norma in esame sia innovativa nel sistema, proprio in quanto sembra conferire cittadinanza a una figura giuridica ampia e comunque di carattere generale di “atto di destinazione”.

2. la “destinazione” patrimoniale quale categoria generale può discendere soltanto da atti e/o negozi giuridici, o anche da “fatti”?

La destinazione quale categoria generale può trovare la sua fonte anche in meri fatti; è possibile richiamare in merito la fattispecie ben nota nella prassi notarile della servitù per destinazione del padre di famiglia, che si presenta come una vicenda giuridicamente rilevante, ma dai connotati puramente fattuali (“lasciare” o “porre”) traendo origine dal frazionamento dell’originario fondo di proprietà di un unico soggetto. Sebbene la destinazione possa conseguire, in alcuni casi, ad una vicenda fattuale, appare evidente che la destinazione con effetto di segregazione patrimoniale oggetto di esame, richiedendo la pubblicità nei registri immobiliari, debba necessariamente trovare la sua fonte in un atto negoziale, con la veste dell’atto pubblico, come esige lo stesso legislatore nel testo della disposizione normativa.

3. Possono individuarsi effetti propri della destinazione patrimoniale nel sistema del diritto privato?

L’effetto proprio nella destinazione quale fattispecie generale è quello della soggezione “funzionale” del bene destinato allo scopo indicato dall’ordinamento e scelto dal soggetto destinante. Un ulteriore effetto proprio della destinazione patrimoniale di cui all’art. 2645-ter è rappresentato dalla autonomia del cespite (o dei cespiti) oggetto di destinazione rispetto al residuo patrimonio del soggetto destinante; un’autonomia cui consegue la necessità di valutare il rapporto tra atto di destinazione e tutela dei creditori del destinante stesso.

4. Quali sono le peculiarità, quanto alla sua natura giuridica, dell’atto di destinazione di cui al 2645-ter?

Si tratta sicuramente, come precisato, di un atto negoziale che nasce quindi in forza e per effetto dell’autonomia privata, avente natura patrimoniale, in quanto incide sulla titolarità di un bene immobile o di un bene iscritto in pubblici registri. L’atto presenta una struttura unilaterale, derivando la funzionalizzazione del bene allo scopo da un atto di volontà del titolare, che prescinde da qualunque consenso di altri soggetti. L’atto di destinazione può essere arricchito di un ulteriore contenuto negoziale, anche bilaterale, dunque di natura più propriamente contrattuale, quale un mandato di gestione e/o un trasferimento del diritto dal disponente all’eventuale attuatore della destinazione. Tale contenuto ulteriore non altera però l’originaria natura unilaterale dell’atto destinatorio, con conseguente applicazione del disposto dell’art. 1324 codice civile.
L’atto di destinazione può essere gratuito od oneroso, a seconda degli interessi che intende soddisfare e quindi può essere definito come negozio “a causa variabile”; il legislatore nell’introdurre la nuova disposizione ha inteso infatti esclusivamente specificare la legittimità del vincolo.
L’atto di destinazione presenta il carattere della irrevocabilità, fatta salva la presenza di una clausola espressa di revocabilità da parte del destinante, di cui si dirà oltre. L’effetto destinatorio è comunque rifiutabile da parte del beneficiario, così come l’atto può essere risolto per mutuo consenso, con salvezza dei diritti medio tempore acquistati da soggetti terzi.

5. Tipicità e atipicità: sono ammissibili atti di destinazione, con forma ed effetti di cui all’art. 2645-ter, non rientranti tra le ipotesi previste dalla detta disposizione?

La struttura dell’atto di destinazione oggetto di trascrizione e come tale soggetto alla disciplina dell’art. 2645-ter appare tipica, mentre atipici sono gli interessi perseguibili con la destinazione, essendo richiesta dal legislatore soltanto la loro meritevolezza.

II. La validità dell’atto e la valutazione di meritevolezza

6. cosa deve intendersi per meritevolezza, ai sensi dell’art. 2645-ter e quale è il rapporto con la liceità? Si tratta di valutazioni cumulative?

La posizione dottrinale prevalente ritiene la meritevolezza elemento ulteriore rispetto alla liceità; sono due valutazioni quindi che si pongono su distinti piani, il primo dei quali, avente ad oggetto la liceità, è prioritario e presupposto rispetto al secondo.
Non mancano peraltro opinioni dottrinarie che considerano sovrapponibili i due profili e che ritengono quindi le due valutazioni equivalenti alla luce del richiamo contenuto nell’art. 2645-ter al disposto dell’art. 1322 codice civile.

7. la valutazione di liceità (della causa, dei motivi, dell’oggetto) in che rapporto si pone con quella di meritevolezza degli interessi?

Come già affermato nella risposta al precedente quesito, la valutazione in ordine alla liceità appare preliminare rispetto a quella relativa alla meritevolezza degli interessi.

8. Sono individuabili ambiti ‘sicuri’ di meritevolezza, ossia atti di destinazione che certamente rispondono a interessi meritevoli di tutela?

Sì e sono stati individuati, prima di tutto, negli ambiti di rilevanza costituzionale; altri indici si ritrovano nelle materie che presentano caratteri di contiguità con le ipotesi di destinazione tipizzate:
- tutela disabili;
- fondazionale;
- famiglia in crisi;
- convivenza more uxorio;
- tutela delle famiglie allargate (ricomposte).
Una valutazione a parte merita l’utilizzazione nell’attività di impresa o di garanzia, dalla quale emergono non poche incertezze e possibili criticità. La convinzione della Commissione è certamente di apertura con riguardo ad interventi di sostegno della impresa in crisi posti in essere da soggetti terzi con beni propri; l’attività di impresa appare costituzionalmente garantita; non è egoistica, ma ha riflessi di interesse generale. La legislazione di questi ultimi anni ha disciplinato varie deroghe ad una par condicio assoluta dei creditori dell’imprenditore (cartolizzazione, accordi di ristrutturazione) purché ci siano degli interessi da soddisfare o vi sia un fine di salvataggio della impresa in crisi; la presenza di tali fattispecie tipiche impone di operare con la massima prudenza quando la destinazione abbia ad oggetto beni dell’imprenditore a rischio di insolvenza.

9. la meritevolezza dipende da (e dunque presuppone necessariamente) l’altruità dell’interesse?

In generale, l’altruità appare necessaria; una parte della dottrina ipotizza anche la possibilità che disponente e beneficiario possano essere lo stesso soggetto, qualora vi sia un gestore diverso, non essendo quindi possibile che vi sia un unico soggetto (destinante, beneficiario e gestore).

10. ancora sulla tipicità/atipicità: quali sono i rapporti degli atti di destinazione di cui all’art. 2645-ter con gli istituti tipizzati dal legislatore?

È possibile richiamare quanto precisato in merito alla presenza di indici di meritevolezza, tenendo conto che laddove la destinazione si sovrapponga a un istituto tipico vi sarebbe il rischio, in caso di conflitto, di una riqualificazione da parte del Giudice con conseguente applicazione delle norme imperative dettate per l’istituto tipico. In particolare, la sovrapposizione potrebbe coinvolgere i seguenti istituti:
(a) fondo patrimoniale: appare consigliabile l’utilizzo dell’atto di destinazione solo qualora vi sia un interesse selettivo rispetto alla fattispecie tipizzata del fondo patrimoniale, in relazione al quale una certa prudenza si impone. È possibile sottolineare in particolare la differenza più significativa che sembra essere costituita dalla specificità dell’interesse che nel fondo è al contrario genericamente rappresentato dalla famiglia. Appare importante sottolineare come prudentemente il notaio dovrà rispettare le norme imperative che emergono dalla disciplina del fondo patrimoniale quali in particolare il consenso di entrambi i coniugi per il compimento di atti di straordinaria amministrazione, oltre all’intervento dell’autorizzazione giudiziale in presenza di figli minori.
(b) fedecommesso: l’utilizzo dell’atto di destinazione in materia fedecommissaria richiede una particolare prudenza alla luce del divieto generalizzato che emerge dal combinato degli artt. 692 ultimo comma e 795 c.c. in tema di donazione che sanciscono la nullità delle ipotesi di sostituzione al di fuori di quelle tipizzate.
(c) usufrutto: qualora la destinazione attribuisca poteri al beneficiario o al gestore tali da comprimere la posizione del disponente a tal punto da poterla assimilare alla nuda proprietà sarà quanto mai importante valutare il rapporto tra la durata della destinazione prevista espressamente dal 2645-ter e quella al contrario più limitata dettata dalle norme in tema di usufrutto che appaiono peraltro imperative e non suscettibili di deroga da parte dell’autonomia privata.
(d) fondazioni: non sembra sorgano problemi di rapporto tra le due fattispecie in quanto la differenza tra le stesse appare evidente ed è rappresentata dalla mancanza di soggettività in capo alla destinazione; gli scopi perseguiti dalla fondazione appaiono del resto tendenzialmente meritevoli di tutela e pertanto suscettibili di essere perseguiti attraverso un atto di destinazione.
(e) patrimoni destinati nelle società: nel campo societario la criticità sembra essere rappresentata dalla necessità di iscrizione nel competente Registro delle imprese il cui sistema pubblicitario appare però strutturato per ricevere solo atti tipici; in mancanza quindi di una riforma del sistema pubblicitario degli atti societari l’utilizzo della destinazione potrebbe apparire poco opportuno. La presenza di una opposizione dei creditori per la costituzione di patrimoni destinati inoltre sembra conseguire ad una scelta di maggiore tutela compiuta dal legislatore che non può essere elusa attraverso la fattispecie più generale di cui all’art. 2645-ter.
(f ) L’ultimo istituto con il quale occorre confrontare la destinazione, certamente quello più vicino, è costituito dal trust, che oggi sembra essere esente da un giudizio di meritevolezza, che riscontra un ampio consenso e un utilizzo importante. Appare peraltro sostenibile, e l’invito ai notai in tal senso è forte, che i principi dell’art. 2645-ter siano considerati quale limite di applicazione anche dell’istituto del trust, che non dovrebbe quindi eccedere i confini per la legittimità e l’efficacia degli atti di destinazione ex art. 2645-ter.

11. Quali conseguenze produce la “immeritevolezza” dell’atto di destinazione lecito (per chi ritiene che le due valutazioni non coincidano)?

Appare sostenibile con un certo livello di sicurezza che la non meritevolezza produce solamente una mancanza di opponibilità nei confronti di terzi e creditori del disponente; è discutibile la qualificazione in termini di nullità della segregazione (punto che sembra ancora discusso); di conseguenza si può escludere l’applicazione dell’art. 28 della legge notarile (alla luce del dettato dell’art. 27 della medesima legge che impone la prestazione professionale al notaio) in tutte le ipotesi in cui l’atto di destinazione sia sorretto da un interesse lecito ancorché riconosciuto non meritevole di tutela in un successivo vaglio giudiziario.

12. Nella redazione dell’atto, è necessaria (o anche soltanto opportuna) la dichiarazione (da parte del destinante) della meritevolezza?

Il notaio nella redazione dell’atto dovrà far emergere con chiarezza e analiticità l’interesse che la destinazione è chiamata a soddisfare; può essere inserito anche un riferimento alla meritevolezza di tale interesse che, pur non necessario, può essere comunque importante per fare emergere una valutazione positiva in tal senso da parte del disponente.

III. La redazione dell’atto

A. I soggetti

13. Quanti e quali sono i soggetti che devono (necessariamente) intervenire all’atto, perché sia assicurata la sua validità?

Unico soggetto che deve intervenire necessariamente all’atto di destinazione è il disponente, essendo prevalente la tesi della unilateralità di tale istituto, pur non mancando una opinione autorevole, ma isolata, che al contrario ne sottolinea la natura contrattuale.

14. la partecipazione di altri soggetti può rivelarsi opportuna?

La partecipazione di altri soggetti, pur non necessaria per il perfezionamento dell’atto né per la sua efficacia, appare comunque opportuna per una “stabilizzazione” degli effetti dello stesso e in particolare per evitare che il beneficiario rifiuti la destinazione in suo favore (con conseguente impossibilità per il destinante di revoca del beneficio proposto, in analogia con l’art. 1411 c.c.) o da parte dell’eventuale attuatore/gestore che non accetti l’incarico assegnatogli o ne contesti in un momento successivo le modalità esecutive, ove disposte dal destinante nell’atto. In particolare appare quanto mai opportuna ai fini di evitare che venga eseguita una trascrizione di una destinazione che divenga inefficace a seguito del rifiuto del beneficiario che generalmente sarà privo della forma idonea per ricevere una adeguata pubblicità immobiliare.

15. Possono darsi più disponenti in un unico atto (ad esempio, comproprietari o contitolari di diritti sul bene, ovvero proprietari di beni diversi)?

La risposta appare senza dubbio positiva, in quanto ben possono esservi delle fattispecie nelle quali più interessi di diversi soggetti convergano verso una finalità destinatoria, tra le quali si può indicare quella di più soggetti comproprietari di un singolo bene; una buona tecnica redazionale impone, in tale ipotesi, di far emergere con chiarezza se le destinazioni siano autonome, seppur contenute nel medesimo atto, o se al contrario siano a tal punto collegate da costituire un unico negozio destinatorio pluripersonale diretto a soddisfare un unico interesse tutelato. La categoria del collegamento negoziale dovrebbe, in tale caso, aiutare i conflitti di interesse sorti dopo la destinazione tra i disponenti e i beneficiari.

16. in tal caso, quali sono le conseguenze dell’eventuale invalidità o inefficacia dell’atto, relativamente alla lesione dei diritti di soggetti terzi, creditori o aventi causa di uno soltanto dei disponenti?

Ragionando in termini di collegamento negoziale, l’invalidità o l’inefficacia di una destinazione funzionalmente connessa ad un’altra, dovrebbe travolgere gli effetti di quest’ultima; qualora, invece, le destinazioni siano autonome, benché contestuali, le conseguenze che colpiscono l’una non dovrebbero incidere sull’altra.

17. Per l’acquisto dei diritti da parte del beneficiario e per l’accettazione del beneficio è necessaria la dichiarazione di volontà del beneficiario? Tale accettazione deve essere contestuale o può essere successiva all’atto di disposizione? È possibile rifiutare gli effetti “benefici” della destinazione?

Come già detto, l’acquisto dei diritti del beneficiario non necessita di una espressa accettazione che può comunque essere sempre manifestata contestualmente o successivamente all’atto di destinazione e alla quale consegue la definitiva produzione dell’effetto destinatorio; appare comunque certo che il beneficio possa essere rifiutato nel rispetto del principio generale di intangibilità della singola sfera patrimoniale.

18. l’eventuale rifiuto del beneficiario quali conseguenze giuridiche comporta: invalidità, risoluzione (per impossibilità), inefficacia?

Con il rifiuto da parte del beneficiario l’atto di destinazione diviene inefficace, non potendosi produrre alcun effetto destinatorio né segregativo. In linea di principio, pertanto, non dovrebbe discorrersi di invalidità dell’atto di destinazione, posto che si tratterebbe di un rifiuto successivo alla stipula dell’atto (e non di un suo vizio originario). Avvenuto il rifiuto del beneficiario sarà necessario procedere alla annotazione di inefficacia a margine della nota di trascrizione della destinazione la cui permanenza sarebbe del tutto inopportuna e forse financo fraudolenta.
Rimarrebbe, infine, da considerare l’ipotesi in cui il destinante preveda la sostituzione del beneficiario, il quale non voglia (dunque, rinunziante) o non possa (per morte) ricevere i benefici della destinazione. In tal caso, è il destinante stesso che ha inteso impedire l’inefficacia dell’atto, con la previsione del meccanismo di sostituzione.

19. acquisto e rifiuto da parte del beneficiario: cosa accade in caso di pluralità di beneficiari?

Appare necessario e comunque opportuno chiarire già in sede di redazione dell’atto se possa operare in caso di pluralità di beneficiari un meccanismo di “accrescimento”, tenendo conto della scindibilità o meno della destinazione.

20. Beneficiari minorenni o nascituri ed esercizio della potestà genitoriale: può darsi un conflitto tra gli interessi dei beneficiari e gli esercenti la potestà? È possibile un conflitto tra la realizzazione degli interessi dei beneficiari e il rispetto del vincolo di destinazione?

Il quesito allude al caso in cui il destinante (ad esempio, il nonno di beneficiari minori) abbia inteso escludere dalla gestione i genitori esercenti la potestà: pur non negando la liceità e l’ammissibilità di una scelta di questo tipo (che trova un riferimento normativo indiretto nella fattispecie di cui all’art. 356) si intende richiamare l’attenzione sul rischio di conflitto (basti pensare alle divergenti valutazioni sull’interesse dei beneficiari minori che potrebbero avere il (o i) genitore (i) ed il gestore nominato dal destinante). Laddove il notaio ravvisi, dal tenore dell’atto e dai rapporti tra i soggetti interessati, la possibilità che possa insorgere un conflitto, in fase di attuazione del vincolo, è opportuno che induca il disponente o le parti partecipanti all’atto a prevedere meccanismi di soluzione di tali conflitti. Nulla però potrà impedire (ai genitori esclusi dalla gestione) il ricorso al giudice, che peraltro non potrà non essere chiamato a intervenire qualora le decisioni da assumere riguardino diritti e interessi dei minori. Per queste considerazioni, si suggerisce di valutare con prudenza la fattispecie in esame.

21. il beneficiario deve essere determinato o può essere anche determinabile?

Un atteggiamento di particolare prudenza si impone nella individuazione dei possibili beneficiari della destinazione, nonostante una parte della dottrina abbia ritenuto, sulla base di principi in tema di contratto a favore del terzo, che il beneficiario possa essere anche solo determinabile (es. frequente i poveri di una determinata località). La lettera della norma e l’esigenza di certezza in una fattispecie che presenta già evidenti aspetti di complessità sembrano consigliare che la persona sia determinata.

22. il beneficiario deve essere capace giuridicamente?

Come precisato nella precedente risposta e sulla base della lettera della norma, appare certamente consigliabile che il beneficiario sia giuridicamente capace; appare infatti necessario che la destinazione, per produrre l’effetto tipico della segregazione patrimoniale, sia immediatamente efficace e quindi che non si possa attendere la venuta ad esistenza o l’acquisto della capacità giuridica del soggetto beneficiario.

23. vi sono categorie di soggetti che non possono porre in essere un atto di destinazione?

La presenza di una incapacità di agire in capo al soggetto costituente la destinazione rende fortemente problematica la ricezione dell’atto da parte del notaio che sarà tenuto ad operare con una grande prudenza alla luce del principio generale che preclude gli atti liberali a coloro che non abbiano la piena capacità (divieto di cui all’art. 774 interpretato estensivamente dalla dottrina). Del resto anche l’ottenimento di una autorizzazione giudiziale in tal senso presenta notevoli criticità. Alla presenza di una incapacità in seno al disponente consegue poi l’applicazione della normativa restrittiva volta a limitare i soggetti beneficiari di attribuzioni da parte dell’incapace.

24. il gestore è una figura necessaria? È consentito nominare più di un gestore? in tal caso: cumulativamente, alternativamente o successivamente? Quali poteri possono essere attribuiti al gestore? Deve avere funzioni di mero “controllo” o può avere poteri dispositivi? Deve intervenire all’atto per accettare l’incarico?

La figura del gestore, quale soggetto autonomo rispetto al disponente o al beneficiario, non appare strettamente necessaria nella configurazione dell’atto destinatorio, benché certamente lecita e forse a volte anche opportuna e consigliabile. Nessun ostacolo alla nomina di una pluralità di gestori, dovendosi precisare in sede redazionale se costoro debbano operare cumulativamente o alternativamente. L’atto destinatorio dovrà chiarire e modellare i poteri del gestore sulla base della disciplina del mandato (con o senza rappresentanza), attribuendo eventualmente e, in casi eccezionali, anche poteri dispositivi dei beni con obbligo di reimpiego. A fronte della complessità dell’incarico che il gestore può essere chiamato ad assumere, opportuna appare una sua accettazione dello stesso, ben essendo legittimo un rifiuto.

25. vi sono categorie di soggetti che non possono assumere il ruolo di gestori e/o attuatori del vincolo derivante dall’atto di destinazione?

Dal quadro normativo non sembrano emergere divieti espressi all’assunzione della carica di gestore, soggetto che dovrà però essere pienamente capace di agire e, ovviamente, non versare in posizione di conflitto di interesse con il beneficiario. Consigliabile appare la previsione in sede di redazione dell’atto di destinazione di una sostituzione per il caso di rifiuto da parte del gestore prescelto o di sua incapacità sopravvenuta, di conflitto di interessi o di abuso nella gestione.

26. il gestore e/o attuatore della destinazione può essere anche un comitato di gestione?

Non sembra che vi siano preclusioni in tal senso; la scelta di un comitato appare peraltro connessa alla presenza di interessi patrimoniali significativi.

27. Quali sono le regole di funzionamento del comitato, in ordine alle decisioni sulla gestione?

Una buona tecnica redazionale impone che vengano disciplinate in modo analitico le regole di funzionamento del comitato e in particolare della possibilità che operi collegialmente secondo principi di collegialità e quindi di maggioranza o viceversa solo con la unanimità.

28. Può aggiungersi al gestore un garante della destinazione?

La previsione di un garante, sulla base del meccanismo del trust, non presenta dubbi di legittimità; la sua previsione consegue alla espressa richiesta del destinante ed è consigliabile nei casi in cui l’attività di amministrazione sia di particolare complessità; in forza dei poteri a lui attribuiti lo stesso dovrà richiedere un rendimento del conto al gestore, ne vigilerà l’operato e sarà legittimato e tenuto ad agire per l’accertamento di eventuali responsabilità.

B. L’oggetto

29. Quali solo i beni che possono essere oggetto di destinazione?

Rispetto alla lettera della disposizione in esame, si è posta la questione relativa alla ricevibilità e conseguente “trascrivibilità” nei Registri delle imprese di atti aventi ad oggetto quote di società a responsabilità limitata, per la quale bisogna dare conto della apertura di alcuni Registri delle Imprese in tema di conferibilità di quote di Srl in fondo patrimoniale.

30. Può essere oggetto dell’atto di destinazione qualunque diritto reale su (o la quota di comproprietà di) un bene immobile?

Purché sia un diritto reale la cui disciplina sia compatibile con la destinazione; appare quindi immaginabile il conferimento dell’usufrutto o della superficie; più complessa appare la configurabilità di un vincolo di destinazione che abbia ad oggetto la nuda proprietà stante l’assenza di una produzione di frutti, l’uso e l’abitazione che non sono cedibili o la servitù che necessità di un rapporto con il fondo. La natura dell’atto di destinazione sembra non essere compatibile con i diritti reali di garanzia.

31. Può essere oggetto dell’atto di destinazione un bene in comunione legale?

L’apposizione di un vincolo di destinazione deve essere ricondotto agli atti di straordinaria amministrazione con conseguente necessità del consenso congiunto di entrambi i coniugi.

32. opera la surrogazione reale relativamente ai beni oggetto dell’atto di destinazione?

I fenomeni surrogativi veri e propri sono eccezionali e trovano la loro fonte in specifiche disposizioni normative, assenti nella materia in esame. Non sembra quindi che ci si possa esprimersi in termini di vera e propria surrogazione reale, essendo peraltro ben possibile che il disponente stesso o il gestore assumano l’obbligo di utilizzare quanto ricavato dalla vendita del bene destinato per acquistare un altro bene da assoggettare a vincolo ai sensi dell’art. 2645-ter o comunque per utilizzare la somma ricavata in maniera conforme alla destinazione.

IV. Gli atti di disposizione e di gestione del bene oggetto del vincolo di destinazione

33. Si può disporre del bene oggetto dell’atto di destinazione?

Ad esempio: mediante alienazione o conferimento? Modificazione mediante riduzione della destinazione? Locazione o affitto? Assoggettamento del bene a garanzia reale?
Certamente l’atto di disposizione appare legittimo; occorre però distinguere l’atto di alienazione del bene gravato da vincolo (con permanenza del vincolo stesso) posto in essere dal destinante, dall’atto di alienazione che faccia venire meno il vincolo stesso e a cui dovrebbe conseguire sulla base di quanto affermato nella risposta che precede un obbligo di reimpiego delle somme percepite.

34. la cessazione della destinazione: disciplina convenzionale e legale per la cessazione del vincolo di destinazione. È possibile la revoca ad nutum?

Il vincolo certamente cessa al verificarsi di eventi che rendano impossibile la funzione destinatoria (perimento del bene, espropriazione dello stesso, compimento della finalità cui è stato preordinato), cui dovrà seguire, ai fini della pubblicità, annotazione di sopravvenuta inefficacia a margine della nota originaria trascrizione.
Quanto alla cessazione convenzionale, la revoca collegata a fattispecie ben chiare e a criteri indicati nell’atto di destinazione (es. sopravvenienza dei figli) appare certamente ricevibile; diversamente, la revoca ad nutum pone problemi interpretativi, lasciando emergere dubbi di compatibilità con un serio intento destinatorio.

35. Qual è la qualificazione giuridica del gestore: mandatario del disponente? Quali sono gli obblighi e le responsabilità del gestore, nei confronti: (a) del disponente; (b) del beneficiario?

Appare certamente riconducibile a tale figura nella misura in cui si dia l’incarico di compiere atti di amministrazione in attuazione della destinazione; sarà però quanto mai importante chiarire se il mandato sia o meno con rappresentanza; qualora il destinante conservi la proprietà del bene vincolato il gestore dovrà agire spendendo il nome del primo, diversamente qualora al gestore venga trasferito il bene non potrà esservi attribuzione del potere rappresentativo. Gli obblighi sono quelli contenuti nell’atto di disposizione che il gestore assume e le responsabilità sono quelle previste in tema di mandato. Il beneficiario può anch’esso agire e non sembrano esservi posizioni e responsabilità diverse.

36. la revoca e la sostituzione del gestore nella disciplina convenzionale.

Appare consigliabile che nell’atto di destinazione vengano previste ipotesi di sostituzione in caso di infedeltà e/o di abuso così come la revoca da parte del disponente; in assenza di espresse indicazioni, troverà applicazione la disciplina generale del mandato.

37. È possibile prevedere che per determinati atti di gestione di competenza del gestore sia necessario acquisire il consenso del disponente e/o del beneficiario?

Una previsione di tal genere può trovare spazio nell’atto di destinazione allo scopo di rendere il disponente partecipe al compimento di atti di gestione di particolare rilievo.

38. Trova applicazione la disciplina della conformità catastale, urbanistica e della certificazione energetica?

Laddove all’atto di destinazione non consegua un trasferimento non sembra applicabile.

V. La tutela dei creditori e dei terzi aventi causa del disponente

39. la norma di cui all’art. 2645-ter deve essere considerata eccezionale (rispetto al disposto dell’art. 2740)? o costituisce invece espressione di un principio già operante nel sistema?

La norma in esame rappresenta una delle ipotesi derogatorie previste dal capoverso del 2740 c.c. È importante evidenziare come le fattispecie di limitazione alla generale garanzia patrimoniale appaiono a tal punto numerose da rendere problematica la loro qualificazione in termini di eccezionalità rispetto ad un principio generale che appare, in tal senso, sempre più eroso nella sua portata sistematica.
Si potrebbe ritenere che il principio ormai operante nel sistema sia quello della piena legittimità della separazione patrimoniale, effetto di un atto di autonomia privata, mentre il legislatore ne disciplina volta per volta le forme e gli effetti, in primo luogo a tutela di terzi e creditori.

40. Quali sono le azioni a tutela dei terzi (creditori/legittimari) che lamentino un pregiudizio derivante dall’atto di destinazione?

Indubbiamente, l’azione revocatoria costituisce la forma di tutela giurisdizionale che troverà più frequente applicazione, ma non sembra essere l’unica tutela attivabile da parte dei terzi pregiudicati dall’atto di destinazione. I terzi potranno infatti agire al fine di far accertare la natura simulata dell’atto di destinazione ovvero farne dichiarare l’inopponibilità nei loro confronti per mancanza di meritevolezza. Qualora l’atto presenti dei vizi tali da comportarne la nullità, potrà essere esperita la relativa azione da chiunque vi abbia interesse, secondo i principi e le regole generali.

Qualora infine il terzo pregiudicato sia un legittimario del destinante potranno essere anche esperite le azioni a tutela del quota di riserva, ove ne ricorrano le condizioni.

41. le azioni per far valere l’inefficacia (relativa, ossia rispetto al soggetto leso) sono cumulative o alternative rispetto a quelle invalidanti?

Al fine di riconoscere adeguata tutela al soggetto leso dagli effetti della destinazione, sembra opportuno ritenere che le azioni per far valere l’inefficacia relativa dell’atto siano cumulative rispetto a quelle invalidanti, in quanto dirette a soddisfare interessi diversi del soggetto agente.

42. Quali sono gli effetti della pronuncia di inefficacia o di invalidità della destinazione rispetto agli atti di gestione già compiuti e ai diritti acquistati dai terzi?

La pronuncia di inefficacia o di invalidità non pregiudica i diritti acquistati dal terzo che in buona fede abbia acquistato a titolo oneroso, rimanendo salvi così gli effetti del contratto concluso dal terzo; trattandosi di beni immobili, troverebbe applicazione il regime di pubblicità della domanda giudiziale (principio generale che deriva dagli artt. 534, 1396, 1458, 2655); una fattispecie particolare potrebbe essere quella dell’azione esercitata dal legittimario leso dall’atto destinatorio la cui azione, sulla base dei principi generali in tema di tutela della legittima, potrebbe travolgere i diritti dei terzi.
Il soggetto gestore dei beni oggetto di destinazione non può essere ritenuto responsabile nei confronti del terzo che agisca, nella misura in cui abbia operato nei limiti dei propri poteri.

43. il pregiudizio e la lesione dei diritti dei terzi vanno valutati al momento del compimento dell’atto o al momento in cui il terzo agisce per la tutela dei suoi diritti?

Nella valutazione del pregiudizio trovano applicazione i principi generali che regolano le singole azioni esperite; qualora agisca il legittimario sarà necessario valutare la sussistenza della lesione rispetto al patrimonio del destinante al momento dell’apertura della successione; diversamente, nel caso in cui venga esercitata l’azione revocatoria a tutela della garanzia patrimoniale dei creditori del destinante, si dovrà valutare la sussistenza del pregiudizio al momento in cui l’atto è stato posto in essere.
La meritevolezza dell’interesse oggetto di destinazione deve sussistere al momento della destinazione, ma devono altresì permanere i presupposti oggettivi originari per giustificare la permanenza del vincolo, come precisato in tema di cessazione dello stesso.

44. i diritti dei terzi, potenzialmente lesi dall’atto di destinazione, sono disponibili e dunque liberamente negoziabili ex ante?

Trovano applicazione, anche relativamente a tale aspetto, i principi generali che regolano le diverse fattispecie; i creditori potranno pertanto disporre del proprio diritto all’impugnativa dell’atto di destinazione, rinunciando per esempio ad agire in revocatoria; diversamente, non appare ricevibile un atto con cui il legittimario rinunci ad agire a tutela dei propri diritti successori.

45. la consapevolezza della destinazione (e/o la sua tolleranza) possono precludere al terzo le azioni a tutela dei suoi diritti?

Il terzo può agire per l’inefficacia e inopponibilità dell’atto di destinazione, ancorché fosse a conoscenza dello stesso e ne avesse per un certo periodo tollerato gli effetti; l’azione dovrebbe essere invece preclusa al terzo che abbia partecipato all’atto o qualora la “tolleranza” si sia protratta sino allo spirare del termine di prescrizione.

46. Quali sono i legittimati passivi nelle azioni per l’invalidità e/o l’inefficacia? il disponente (e suoi aventi causa)? i beneficiari? i gestori?

Il disponente certamente, ma anche i suoi eredi o aventi causa (eventuali acquirenti del bene oggetto di destinazione); poiché la sentenza pregiudica anche i diritti dei beneficiari e deve poter essere opposta anche ai gestori, è ragionevole ritenere che abbiano legittimazione passiva anche i suddetti, ancorché non si debba necessariamente riconoscere la necessità del litisconsorzio, ove l’azione si limiti alla pronuncia di invalidità e/o inefficacia dell’atto.
Diversamente, ove vi siano domande (restitutorie o risarcitorie) nei confronti dei beneficiari o dei gestori, questi ultimi dovranno ovviamente essere parti del giudizio.

47. Quali sono i criteri per valutare l’incidenza della lesione sui diritti del terzo?

Possono indicarsi, ad esempio, tra le caratteristiche specifiche del singolo atto di destinazione, prima fra tutte la durata del vincolo, ma anche l’entità del patrimonio del destinante e anche le condizioni soggettive del disponente (per esempio: la pluralità di figli).

48. Sono proponibili azioni conservative e/o esecutive da parte dei creditori del beneficiario sui beni/diritti oggetto dell’atto di destinazione? i beni/diritti oggetto dell’atto di destinazione rispondono dei debiti sorti nell’attività di gestione? Possono essere assoggettati ad azioni conservative ed esecutive a questo titolo?

Queste azioni appaiono proponibili, nella misura in cui il creditore vanti delle posizioni attive che trovano la loro fonte in debiti contratti per il fine della destinazione. I beni o i diritti rispondono dei debiti e possono essere oggetti di azioni conservative ed esecutive nei limiti di quanto in precedenza precisato.

49. Nel caso di fallimento del disponente, i beni/diritti oggetto dell’atto di destinazione entrano a far parte della massa attiva? costituiscono una massa separata? i beneficiari sono considerati creditori del disponente? o possono svolgere domanda in rivendicazione rispetto ai beni oggetto dell’atto di destinazione?

La questione è particolarmente complessa, ma i beni oggetto di destinazione dovrebbero costituire una massa separata, parte evidentemente della massa attiva, ai fini del soddisfacimento dei creditori il cui credito è collegato alla realizzazione della funzione destinatoria.
I beneficiari dovrebbero essere considerati creditori del disponente, sia pure chirografari e postergati, rispetto ai creditori, già menzionati, il cui credito sia collegato alla realizzazione della funzione destinatoria, nonché a coloro i quali lamentino di essere stati pregiudicati dall’atto di destinazione.
Non possono proporre domanda di rivendicazione.

50. Nel caso di successione del disponente: a) l’erede che sia anche beneficiario, può far cessare la destinazione a suo favore, acquisendo il bene a titolo successorio? a) l’erede che non sia anche beneficiario, è obbligato nei confronti di quest’ultimo a rispettare o a far rispettare la destinazione, sostenendo i relativi costi e oneri?

Al fine di valutare l’estinzione della destinazione, a seguito del decesso del disponente e della successione per causa di morte in favore dell’erede che sia anche beneficiario della destinazione, sarà necessario considerare se vi sia o meno coincidenza di interessi tra beneficiario ed erede o se, al contrario, gli interessi che la destinazione aveva inteso perseguire non mantengano la loro attualità anche a seguito del decesso; il disponente, infatti, potrebbe aver voluto porre in essere la destinazione al precipuo fine di protezione del proprio erede/beneficiario, nominando un amministratore capace e fidato; in tale ipotesi, l’interesse sotteso alla destinazione rimane intatto e attuale, anche a seguito del decesso del disponente. L’universalità della successione e il conseguente subentro dell’erede nelle posizioni attive e passive del de cuius comportano l’obbligo del rispetto della destinazione per l’erede, il quale conserva intatta la propria facoltà di accettazione con il beneficio di inventario. Nei confronti dell’erede che non rispetti il vincolo di destinazione sarà esperibile da parte del beneficiario un’azione a tutela del fine destinatorio.

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