Attività notarile, autonomia privata, norma giuridica. L’evoluzione dell’attività notarile
Attività notarile, autonomia privata, norma giuridica.
L’evoluzione dell’attività notarile
di Andrea Fusaro
Notaio in Genova
Ordinario di Diritto privato comparato, Università di Genova
Dal confronto con il passato, emerge l’arretramento dell’intervento notarile nel settore della famiglia, quale conseguenza della riduzione della stipula di convenzioni, ormai limitate a quella di scelta del regime della separazione dei beni e alla costituzione del fondo patrimoniale(1). Inoltre il notaio formalizza i trasferimenti immobiliari attuati in esecuzione degli accordi raggiunti in sede di separazione e divorzio.
Il notaio ha, per contro, affinato la propria dimestichezza con l’applicazione della disciplina della comunione legale in ordine alla disposizione degli immobili, per evidenti ragioni di verifica della legittimazione a disporre; il ruolo protagonista non è confinato alla prassi, dal momento che nella letteratura giuridica in materia di regime patrimoniale dei coniugi tra gli autori figurano numerosi notai(2).
La concentrazione sui beni immobili allontana talora l’attenzione dagli altri risvolti economici delle convenzioni matrimoniali, basti pensare alle conseguenze dell’opzione per la separazione dei beni, che si traducono nella liquidazione della comunione, fase disciplinata dall’art. 192 c.c., di regola negletta
in ambito notarile, in assenza di apposito incarico (si tratta, del resto, di attuare operazioni contabili,
con cui il notaio non ha dimestichezza)(3).
Lo scenario circa l’intervento notarile nella prefigurazione delle relazioni patrimoniali tra coniugi potrebbe cambiare ove la giurisprudenza ammettesse la validità dei contratti prematrimoniali rivolti a prefigurare l’assetto economico della crisi coniugale(4).
In ogni caso il notaio è in grado di occuparsi dei patti tra conviventi(5), come è stato ricordato nell’ambito degli incontri recentemente organizzati dai Consigli notarili distrettuali(6). Peraltro - non essendo prescritta in materia la forma notarile - si tratta di una competenza concorrente con quella degli avvocati, che la reclamano a gran voce (di recente ascoltata in ambito governativo, a proposito della cura di separazioni consensuali e divorzi congiunti).
Il notaio rimane il tecnico più indicato per la redazione di testamenti, anche per l’assistenza a quelli olografi, nonostante la concorrenza degli avvocati. In ordine ai testamenti pubblici e segreti è, poi, mantenuta la garanzia non solo circa l’imparzialità, ma pure in ordine alla la verifica della capacità naturale, che espone il notaio ad elevati rischi professionali, specie laddove - per ragioni di urgenza - non riesca ad ottenere il conforto di un medico(7).
Il diritto successorio stesso è considerato dai civilisti materia elettivamente notarile, ovviamente con esclusione dei profili rimediali; anche qui figurano notai tra gli specialisti più quotati, sia attenti annotatori di sentenze in materia, sia autori di volumi di trattati(8).
Il settore societario, che nel tempo si è dilatato per peso ed estensione, esibisce una sorta di segmentazione della tipologia dell’intervento notarile, registrandosi una diversificazione su base geografica ed individuale. In via tendenziale, esso è più pregnante nelle società di persone mentre in quelle di capitali è conteso da altre figure professionali alle cui competenze fanno capo, per un verso, la materia contabile e quella fiscale, in particolare le imposte dirette e, per altro, l’impugnazione delle delibere e l’attivazione dei rimedi contro la condotta degli amministratori.
Nel settore societario sembra avverarsi la previsione che formulai - ed esposi a suo tempo(9)- dell’attitudine del notaio ad assimilarsi più al Giudice che all’Avvocato, come testimonia l’affidamento del controllo su atti costitutivi e delibere nel passato esercitato dal Tribunale(10).
Il notaio italiano si vede sempre più spesso richiesto di ricevere atti istitutivi di trust regolati da una legge straniera, apparendo ormai scontata la corrispondente facoltà, fermo il rispetto della legge notarile e dell’ordine pubblico, ed escludendosi che la valenza della Convenzione dell’Aja sia circoscritta agli atti istitutivi di trust istituiti in ordinamenti che li prevedono.
L’adozione della disciplina straniera importa, tuttavia, gli inconvenienti sperimentati a margine del trust “tricolore”, il cui solo collegamento con l’ordinamento che contempla quell’istituto è rappresentato dal richiamo operato allo stesso(11). Certamente si adotta un diritto straniero, com’è inevitabile dal momento che il nostro ordinamento non conosce questo istituto, cosicché occorre rifarsi compiutamente ad altro sistema giuridico(12); in una trattazione classica si legge che «la disciplina di un trust appartiene all’ordinamento giuridico straniero scelto dal disponente nell’atto istitutivo»(13).
È noto che i trusts “sham”(14), o per dirla sbrigativamente “con l’elastico”, caratterizzati dalla circostanza che il disponente si riserva la facoltà di revoca a suo piacimento(15), sono stati svuotati della loro funzione in particolare dall’Amministrazione finanziaria che ha disconosciuto l’effetto di separazione proprio dello strumento. La vicenda illustra efficacemente il problema circa il grado di fedeltà preteso verso l’ordinamento straniero, sebbene nel caso del trust sembri affermarsi una prassi italiana che replica le regole estere, rispettandole solo in parte(16). Il trust è direttamente regolato da un altro ordinamento, le cui disposizioni sono da interpretare ed applicare in conformità alla propria tradizione, nel rispetto dei limiti all’autonomia vigenti in Italia.
La conoscenza della legge straniera rileva sotto molteplici aspetti. Intanto emerge il carattere composito dell’ordinamento, perché quando si richiama una legge in realtà si rinvia ad un ordinamento, con tutte le sue componenti, di non così facile accesso; senza contare che dei testi legislativi occorrono, ovviamente, le versioni aggiornate, talché risultano inaffidabili le raccolte di fonti tradotte(17). È, del resto risaputo, che non è pensabile limitare al dato legislativo la conoscenza del diritto straniero, dal momento che esso è inevitabilmente implementato dalla casistica giurisprudenziale e dall’elaborazione dottrinale; quindi non solo si presuppone la perfetta padronanza della lingua straniera, ma pure l’aggiornamento periodico circa le eventuali novità presenti in quell’ordinamento.
Da ultimo merita un cenno l’aspetto del dovere professionale di conoscere la legge straniera, dal momento che i legali italiani sono selezionati sulla base della verifica della conoscenza del solo diritto interno. Inoltre il notaio è sanzionato per il ricevimento di atti invalidi, dall’art. 28, n. 1, legge notarile(18), che è irrealistico riferire a qualunque regola governi lo strumento(19).
Il settore elettivo notarile per antonomasia rimane comunque quello immobiliare, come conferma sia l’osservazione della nostra prassi, sia il panorama comparatistico: com’è noto, in Francia i notai hanno perso l’esclusiva sulle società e si sono concentrati sulla circolazione degli immobili(20).
Come tutti sanno, ormai al notaio sono richieste competenze giuridiche molteplici: nel diritto civile, in quello urbanistico-edilizio e nel tributario, in materia catastale ed altri ambiti tecnici connessi (basti pensare alla certificazione energetica ed agli impianti). La prassi notarile soffre condizionamenti derivanti sia dalle fonti tributarie, sia dall’impostazione della pubblicità immobiliare, sia infine dall’impianto catastale(21).
È risaputo che l’impiego dei singoli diritti reali è influenzato dal regime fiscale, basti pensare al declino dell’enfiteusi a seguito della scomparsa del regime di favore.
La trascrizione - a fianco del catasto - gioca quale corsia vincolata. Occupandosi dei condizionamenti indotti dalla meccanizzazione della pubblicità occorre domandarsi se il rapporto titolo/nota sia modificato rispetto al passato e la risposta appare positiva, considerando il maggior utilizzo del “quadro D” del modello, deputato ad ospitare le varianti(22).
Le occasioni di emersione della rilevanza pratica del dato catastale sono molteplici, anche a trascurare il dato per cui l’immaginario collettivo capovolge l’ordine, assegnando priorità all’evidenza catastale e postergando quella delle risultanze pubblicitarie. La prassi notarile non è, ovviamente, preda di questi pregiudizi, ma ad essi opera talora qualche concessione.
Valgano le ipotesi dell’autonomo accatastamento dell’oggetto del diritto di uso perpetuo ed esclusivo sopraindicato, oppure dell’inclusione di porzioni dell’edificio tra le parti comuni, piuttosto che nell’oggetto delle proprietà solitarie, laddove il mutamento della rappresentazione catastale viene fatto reagire sulla condizione del diritto. Altrettanto emerge a margine della ricognizione della consistenza dell’oggetto dei diritti, si tratti di regolamento di confini tra unità oggetto di proprietà esclusiva oppure di realizzazione di un complesso condominiale: qualora il costruttore venditore avvii l’alienazione delle unità senza aver ancora predisposto il regolamento, la finale determinazione delle parti comuni
- oggetto della contitolarità millesimale - viene a dipendere dalla individuazione catastale.
Un notevole condizionamento realizzato dalla rappresentazione catastale si verifica anche nella cessione di proprietà superficiaria da parte del titolare del diritto di superficie, che rimane preda della vischiosità dell’antica concezione la quale - in assenza di espressa previsione - conserva quest’ultimo al titolare ed omette di cancellare l’originario diritto di superficie, ancorché secondo l’intenzione desumibile dal contratto esso sia stato nel frattempo trasferito con la proprietà.
La modulistica contrattuale immobiliare è in buona parte di produzione notarile. Gli schemi affinati dai notai sono impiegati sia da privati per regolare rapporti tra loro, sia da società costruttrici o immobiliari. I contratti conclusi tra privati di regola rispecchiano modelli di matrice notarile, mentre quelli che vedono come parti le imprese spesso sono rielaborati dagli uffici interni o dai consulenti dei venditori. Le differenze riflettono, intanto, la contrapposizione tra la imparzialità notarile e la - altrettanto doverosa - faziosità degli avvocati: essa è sistematicamente arginata dal notaio sul piano dell’informazione resa all’acquirente, oltre che dell’espulsione delle clausole a rischio di invalidità.
Le rispettive predisposizioni si traducono in un diverso approccio nei confronti dei tipi legali. Da un lato, si registra il frequente rinvio alle regole reperibili nel codice, ritenendole custodire un assetto mediano di distribuzione del rischio contrattuale; ancora, sono predisposti accurati meccanismi negoziali a presidio della posizione dell’acquirente, in quanto soggetto da proteggere ed al quale - non a caso - è affidata la designazione del notaio. Dall’altro si assiste all’introduzione di deroghe alle norme suppletive, sostituite da clausole favorevoli al venditore.
Lo scarto tra i testi risulta anche dall’operare di altri fattori. Tra questi la fiscalità, sotto un duplice rilievo: per un verso, laddove sia coinvolta un’impresa l’attenzione è estesa alle imposte dirette, mentre diversamente è perlopiù circoscritta alle indirette; per altro, nella scelta della formalizzazione dei rapporti tra privati il trattamento tributario è spesso arbitro delle scelte, come del resto prova l’attenzione già prestata dal Notariato.
All’interno del comparto immobiliare si assiste, dunque, al riprodursi dell’antica distinzione tra contratti civili e commerciali, distinzione che nell’ambito delle categorie attuali trova corrispondenza solo parziale. Nella prospettiva dell’apporto della prassi alla sedimentazione dei formulari contrattuali rileva sottolineare che i due ambiti - quello civile e quello commerciale - adottano distinti modelli: il primo, quelli affinati dalla manualistica notarile(23), il secondo, i precedenti reperibili nel circuito professionale, la cui raccolta e catalogazione non ha ad oggi ricevuto sbocchi editoriali altrettanto classici, almeno in materia immobiliare. Inoltre, con specifico riferimento al settore immobiliare, si rileva una ulteriore peculiarità costituita dalla natura strutturalmente “domestica” di tali contratti che li rende largamente insensibili alla prassi internazionale o transnazionale che potrebbe conseguire ad una impostazione dei contratti commerciali nella dimensione della lex mercatoria(24).
L’osservazione dello scenario contemporaneo denuncia la difficoltà del notaio nel rivendicare la propria competenza laddove difetti la prescrizione dell’atto pubblico, e la tendenza a restringere la consulenza ai confini del rogito, anziché conservarla in ordine a tutti i risvolti (valga per tutti l’esempio delle associazioni temporanee di imprese, dove il notaio risulta affidatario della redazione della procura - per necessità di forma -, ma spesso espropriato della confezione del mandato e - quasi
sempre - del regolamento interno).
Molti ritengono questo fenomeno indotto da quell’attenzione verso la contrattazione immobiliare che per decenni è risultata assorbire le energie notarili, in ragione della superiore redditività (anche grazie alla realizzabilità seriale delle prestazioni). Si tratta di una tendenza da arrestare ed anzi invertire, per valorizzare l’autonomia privata come fonte del diritto contemporaneo ed al contempo recuperare il ruolo che la categoria merita.
(1) Ne avevo dato conto già in Il regime patrimoniale della famiglia, in I grandi orientamenti della giurisprudenza civile e commerciale, diretto da F. Galgano, Cedam, 1990, cap. II.
(2) A partire da V. DE PAOLA e A. MACRÌ, Il nuovo regime patrimoniale della famiglia, Giuffré, 1978.
(3) Temi che ho sviluppato in «Divisione e regime della comunione legale dei beni», in AA.VV., Contratto di divisione e autonomia privata, in questa rivista, 2008, p. 113 e ss.
(4) Rinvio alla mia ricerca «Marital contracts, ehevertraege, convenzioni e accordi prematrimoniali. Linee di una ricerca comparatistica», in Nuova giur. civ. comm., 2012, 5, p. 475 e ss.
(5) A suo tempo l’ho segnalato nell’ambito della riflessione «Contratti di convivenza e obbligazioni naturali. Appunti per una lezione», in Nuova giur. ligure, 2011, 1, p. 51 e ss.
(6) Anche con atti di destinazione, seppure con le riserve che ho manifestato in «Prospettive di impiego dell’atto di destinazione per i conviventi», in Riv. not., 2014, I, p. 1 e ss.
(7) Ho censito e stigmatizzato tale sovraccarico in «Le - tre o troppe? - responsabilità del notaio», in Riv. not., 2004, I, p. 1313 e ss., poi in La responsabilità del notaio, in Trattato della responsabilità contrattuale, diretto da G. Visintini, vol. II, I singoli contratti. Applicazioni pratiche e disciplina specifica, Cedam, 2009, p. 591-610.
(8) Tra i contributi più recenti si segnalano, M. IEVA, Fenomeni a rilevanza successoria, Jovene, 2008; F. PENE VIDARI, Le successioni. Vol. 4: La successione legittima e necessaria, Utet Giuridica, coll. Tratt. dir. civ., Torino, 2009.
(9) In «Libertà delle forme e deleghe per la partecipazione ad assemblee di società di capitali: una nuova policy per nuove regole», in Giur. comm., 1997, I, p. 52 e ss.
(10) Sulla cui portata ho riflettuto in «La riforma del diritto societario letta attraverso gli occhiali del notaio», in Riv. dir. priv., 2004, p. 467 e ss.
(11) Figura notoriamente ideata da M. LUPOI, L’atto istitutivo di trust, Giuffré, 2005.
(12) G. DE NOVA, «Trust interni con valor e aggiunto e trust elusivi: il caso del trust di cimeli napoleonici», in Trusts e att. fid., 2006, 2.
(13) «... i contratti di affidamento fiduciario sono invece, al momento, solo una struttura giuridica elaborata dall’autore, propositore di una nuova costruzione, non ancora sostenuta da alcuno specifico supporto giurisprudenziale o legislativo, tranne che dalla recente legge di San Marino sull’affidamento fiduciario. Ne emerge, dunque, che le regole applicabili ai trust offrono un grado di affidabilità maggiore di quello garantito dagli affidamenti fiduciari che si avvalgono, però, dei principi generali del nostro ordinamento, oltre che dei nostri criteri di interpretazione dei contratti»: M. LUPOI, Atti istitutivi di trust e contratti di affidamento fiduciari, Giuffré, 2010, prefazione.
(14) Per l’illustrazione di questa qualifica si rinvia a M. GRAZIADEI, Diritti nell’interesse altrui: undisclosed agency e trust nell’esperienza giuridica inglese, Università degli Studi di Trento, 1995, p. 307 e ss.
(15) Circ. Agenzia delle entrate, 27 dicembre 2010, n. 61E: «Come anche precisato nella circolare n. 43/E del 10 ottobre 2009, sono da ritenere inesistenti, in quanto interposte le seguenti tipologie di trust: trust che il disponente (o il beneficiario) può far cessare liberamente in ogni momento, generalmente a proprio vantaggio o anche a vantaggio di terzi; trust in cui il disponente è titolare del potere di designare in qualsiasi momento se stesso come beneficiario; trust in cui il disponente (o il beneficiario) risulti, dall’atto istitutivo ovvero da altri elementi di fatto, titolare di poteri in forza dell’atto istitutivo, in conseguenza dei quali il trustee, pur dotato di poteri discrezionali nella gestione ed amministrazione del trust, non può esercitarli senza il suo consenso; trust in cui il disponente è titolare del potere di porre termine anticipatamente al trust, designando se stesso e/o altri come beneficiari (cosiddetto “trust a termine”); trust in cui il beneficiario ha diritto di ricevere attribuzioni di patrimonio dal trustee; trust in cui è previsto che il trustee debba tener conto delle indicazioni fornite dal disponente in relazione alla gestione del patrimonio e del reddito da questo generato; trust in cui il disponente può modificare nel corso della vita del trust i beneficiari; trust in cui il disponente ha la facoltà di attribuire redditi e beni del trust o concedere prestiti a soggetti dallo stesso individuati; ogni altra ipotesi in cui potere gestionale e dispositivo del trustee, così come individuato dal regolamento del trust o dalla legge, risulti in qualche modo limitato o anche semplicemente condizionato dalla volontà del disponente e/o dei beneficiari … di essenziale importanza è l’effettivo potere del trustee di amministrare e disporre dei beni a lui effettivamente affidati dal disponente. Ne consegue che quest’ultimo non può riservare a sé stesso il potere né il controllo sui beni del trust in modo da precludere al trustee il pieno esercizio dei poteri dispositivi a lui spettanti in base al regolamento del trust o alla legge. Se, pertanto, il potere di gestire e disporre dei beni permane in tutto o in parte in capo al disponente e ciò emerge non soltanto dall’atto istitutivo del trust ma anche da elementi di mero fatto e non si verifica, quindi, il reale spossessamento di quest’ultimo, il trust deve considerarsi inesistente dal punto di vista dell’imposizione dei redditi da esso prodotti ...». In giurisprudenza la posizione dell’Amministrazione finanziaria è stata talora accolta: Cass., 24 gennaio 2011, n. 13276, la quale ha colpito un trust “sham”; Cass., 19 novembre 2012, n. 20254, in Dir. e giust., 2012, con nota di Corrado, invece la respinse. In tema si segnala A. CONTRINO, «Recenti indirizzi interpretativi sul regime fiscale di trust interposti, trasparenti e transnazionali: osservazioni critiche», in Riv. dir. trib., 2011, p. 317 e ss.
(16) Per alcune riflessioni si segnala L. GATT, Dal trust al trust. Storia di una chimera, Esi, 2010, nonché il mio «Il trust nell’esperienza giuridica italiana: il punto di vista della giurisprudenza e degli operatori», in Fam., pers. e succ., 2010, 12, p. 813 - 825.
(17) Questioni di cui ho dato conto in «Lo straniero, l’incontro con il diritto italiano e il ruolo delle professioni legali», in Riv. dir. priv., 2010, 3, p. 145 e ss.
(18) La bibliografia reperibile a margine della responsabilità disciplinare del notaio per il ricevimento di atti invalidi è enorme, cosicché ci si limita a segnalare i recentissimi saggi raccolti in Il diritto vivente nell’età dell’incertezza, Saggi su art. 28 L.N. e funzione notarile oggi, a cura di S. Pagliantini, Utet, II ed., 2012, con contributi dello stesso Autore, nonché di A. Fusaro, R. Lenzi, G. Navone, G. Perlingieri.
(19) Ho affrontato la questione in «Legge regolatrice del trust e ruolo del notaio», in Trust e att. fid., 2001, p. 177.
(20) Ho compiuto una ricognizione comparatistica delle forme e dei volti del Notariato in «La collocazione del notaio negli ordinamenti stranieri», in Notai e Costituzione. Atti del Convegno di Assonotai - Campania- Napoli, 12 dicembre 2008, Ipsoa, 2009, p. 81 e ss.
(21) Rinvio al mio saggio «Il contributo della prassi al numero chiuso dei diritti reali», in Nuova giur. civ. comm., 2011, n.11, II, p. 517 e ss.
(22) La complessità del tema impone un rinvio ai recenti contributi monografici di G. PETRELLI, L’evoluzione del principio di tassatività nella trascrizione immobiliare, Esi, 2009; G. BARALIS, La pubblicità immobiliare fra eccezionalità e specialità, Cedam, 2010.
(23) In particolare, il Formulario degli atti notarili, curato da A. Avanzini, A. Lovato, L. Iberati, edito da Utet Giuridica, nonché il Formulario notarile commentato, diretto da G. Petrelli, edito da Giuffré.
(24) Rinvio all’ultimo paragrafo del mio recente saggio «Rent to buy, Help to buy, Buy to rent, tra modelli legislativi e rielaborazioni della prassi», in Contr. e impr., 2014, 2, p. 419 e ss.
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