Compensi professionali e tariffari
Compensi professionali e tariffari
di Carmelo Di Marco
Notaio in Pavia

Premessa

Esistono certamente molte ragioni per le quali sarebbe auspicabile che l’attività dei notai fosse accompagnata da un sistema uniforme di determinazione dei compensi.
L’impegno profuso dal Consiglio Nazionale del Notariato durante la scorsa consiliatura per promuovere l’introduzione di una nuova tariffa è noto a tutti. Benché le scelte di ispirazione liberista fatte proprie dal Governo in quella occasione (come in altre precedenti) abbiano impedito l’accoglimento della proposta, il tema - per via della sua attinenza a questioni di matrice deontologica e per il suo collegamento con il problema della efficiente organizzazione degli studi notarili - suscita nella categoria una grande attenzione, come dimostra la appassionata partecipazione di tanti colleghi a dibattiti e discussioni che si concludono, non per caso, con l’auspicio che una tariffa notarile uniforme venga nuovamente introdotta dal legislatore.
La partecipazione in prima persona a molte di queste discussioni, con colleghi di ogni contesto territoriale e socio-economico, mi dà argomenti per formulare una prima considerazione, che costituisce la premessa delle mie riflessioni di oggi: la questione non può e non deve esaurirsi nel se approvare una tariffa notarile uniforme, ma deve concentrarsi su quale tariffa notarile approvare, sulla base degli obiettivi che essa dovrebbe realizzare.
In questo mio intervento cercherò di definire questi obiettivi, ritenendo che ciò sia necessario per tre
distinte ragioni:
- in primo luogo, perché penso che la tariffa previgente non fosse pienamente coerente con essi, e che quindi la nostalgia che spesso nutriamo per il tempo in cui trovava applicazione sia solo in parte giustificata;
- in secondo luogo, perché se la proposta di una nuova tariffa non fosse accompagnata dall’esplicitazione di obiettivi condivisibili anche da parte dei decisori politici, essa sarebbe destinata ad un rifiuto o, peggio, ad uno stravolgimento (accompagnato dalla fissazione di compensi irrisori) che potrebbe condurre ad esiti molto preoccupanti, come è avvenuto nel caso dei notai spagnoli;
- infine, perché solo partendo dalla definizione degli obiettivi e dalla loro graduazione si può prevenire l’errore di proporre una tariffa che, anziché tutelare gli utenti del nostro servizio, sia finalizzata a proteggere gli interessi dei notai.

Gli obiettivi della determinazione del compenso notarile

Occorre chiedersi quali siano gli obiettivi che il notaio deve perseguire nel determinare il compenso che chiederà al cliente per una determinata prestazione. Per rispondere, vorrei partire da una formula che ho avuto modo di illustrare in alcune recenti occasioni, nella quale si considera il compenso (“X”) quale strumento per il necessario finanziamento:
A) dei costi del personale (“P”), dei costi della struttura (“S”) e dei costi per le prestazioni di terzi (“T”); B) dei contributi previdenziali (“C1”), dei contributi agli organi di categoria (“C2”), dell’incidenza dell’assicurazione contro la r.c. professionale e della somma da versare nel fondo di garanzia (“C3”); C) della redditività attesa (“R”).
La prima stesura della formula è quindi la seguente:

X = (P+S+T) + (C1+C2+C3) + R

Per stabilire l’ammontare di C1, C2 e C3 è possibile fare riferimento a dati oggettivi desumibili dal repertorio: le sole difficoltà si incontrano nel calcolare l’incidenza del costo assicurativo sul costo di produzione di ciascuna prestazione.
Per quantificare i costi P, S e T è invece necessario avere messo in funzione nel proprio studio un sistema di controllo della gestione che permetta non solo di conoscere il costo totale del personale (comprensivo di imposte e contributi), della struttura e delle prestazioni di terzi (comprensivo delle eventuali ritenute d’acconto versate nel loro interesse), ma anche di sapere come quel costo si distribuisce sulle singole categorie di prestazioni.
La determinazione della redditività attesa R è rimessa alle valutazioni del singolo notaio: ciascuno può aspirare a risultati anche molto diversi, a questo riguardo. Si può anche ipotizzare che il notaio decida consapevolmente di rinunciarvi, una volta coperte tutte le voci di costo, ma questa scelta potrebbe rivelarsi gravemente sbagliata e fuorviante.
Infatti, la prima stesura della formula non tiene conto di un ulteriore, importantissimo, elemento: il costo che la struttura sostiene in relazione al lavoro svolto dal notaio e alla funzione che egli riveste. Il notaio, infatti, non è assimilabile al socio investitore di una società di capitali il quale, senza partecipare in alcun modo all’attività della società, attende di ricevere la distribuzione di un utile. Il notaio riceve da parte dello studio due tipi di remunerazione: la remunerazione del suo lavoro e della sua funzione (che per lo studio rappresenta un costo, come avverrebbe se il notaio fosse il dirigente posto al vertice dell’azienda); e l’utile vero e proprio.
Se non si tiene conto di questa distinzione si incorre in un grave errore nella gestione dello studio: il notaio provi a stabilire quale sarebbe il compenso annuale congruo da attribuire a se stesso per ciò che fa. Se alla fine dell’anno, dopo avere versato tutti i contributi e avere pagato tutti i costi, resterà una
cifra a disposizione del notaio superiore a quell’importo, vorrà dire che il notaio non solo ha ricavato quanto pensava di meritare, ma ha anche conseguito un utile nella sua veste di “socio unico” dello studio; se resta una somma pari a quell’importo, il notaio avrà ricevuto solo ciò che riteneva essere la sua congrua retribuzione, ma non avrà conseguito alcun utile. Se infine la somma fosse inferiore, il notaio - benché abbia maturato un reddito imponibile - non sarà riuscito a far remunerare il proprio lavoro e la propria funzione e dovrà considerare se stesso in perdita, perché avrà prodotto un valore superiore a quello che ha ricevuto indietro.
Quindi, è bene correggere la formula come segue:

X = (P+S+T+N) + (C1+C2+C3) + R

Si comprende, alla luce di quanto fin qui esposto, che nel calcolare il compenso X il notaio dovrebbe considerare come flessibile solo la redditività R: non ha margini di decisione in merito alla copertura delle voci di costo diverse dal proprio lavoro, e non dovrebbe concedersene neanche con riferimento a quest’ultimo (salvo smentire se stesso in senso peggiorativo in ordine al valore economico del proprio apporto personale).

Cosa significa remunerare l’apporto personale del notaio

Per spiegare in cosa consista l’apporto fornito personalmente dal notaio, che - come abbiamo visto
- deve essere remunerato attraverso il compenso richiesto al cliente, si può fare riferimento ad una pluralità di concetti ai quali, come si cercherò di chiarire, non corrispondono quattro definizioni diverse e alternative di “cosa fa il notaio”, ma che concorrono alla formulazione di una definizione unitaria.

Intervento del notaio e personalità della prestazione

Il primo concetto al quale si può fare riferimento è quello della “personalità” della prestazione. Il notaio non solo riceve dallo Stato una delega all’esercizio di funzioni pubbliche che si basa su sistemi di selezione iniziale e di controlli successivi molto severi, ma è tenuto per legge:
- a compiere in prima persona una serie di attività, tra le quali spiccano l’indagine della volontà delle parti, il suo adeguamento alla legge, la lettura (e la spiegazione) dell’atto durante la stipula, la sottoscrizione dell’atto e dei files strumentali agli adempimenti successivi;
- a svolgere una costante attività di vigilanza e di controllo sulle attività delle quali può lecitamente affidare l’esecuzione materiale ad altre persone.
Ovunque si collochi il confine fino al quale si spinge l’obbligo della personalità della prestazione (tema molto dibattuto anche in giurisprudenza, come dimostra la recentissima sentenza con cui la Corte di Cassazione ha escluso che talune attività spettanti al notaio possano essere delegate in quanto “routinarie”), ai nostri fini interessa sottolineare come il compenso richiesto dal notaio serva a remunerare il rispetto di questo obbligo, al quale corrisponde un impegno di conoscenze, di risorse intellettuali e di tempo molto considerevole.
Trattando del rapporto tra compenso e personalità della prestazione, non si può omettere un accenno all’incidenza che - in merito a tale rapporto - possono avere le diverse scelte organizzative adottate dal notaio. Se tradizionalmente la delega da parte dei notai di singole mansioni funzionali all’esecuzione
delle singole prestazioni aveva come destinatarie persone interne alle strutture degli studi, in questi
ultimi anni si registra una crescente tendenza dei notai ad avvalersi di forme di outsourcing utilizzando
per quelle mansioni le prestazioni di fornitori esterni. Si tratta di una scelta che, per essere lecita, deve consentire l’esercizio da parte del notaio della personale attività di vigilanza e di controllo sul modo in cui quelle mansioni vengono svolte da parte dei fornitori, e che non può coinvolgere in alcun modo il dovere esclusivo del notaio di apporre la sua firma digitale sui files da inviare per via telematica ai Pubblici Registri.
Per effetto di questa scelta alcune voci di costo variabili si sostituiscono ad una rilevante quota dei costi tradizionalmente fissi: si tratta, quindi, di una scelta che - purché sussistano le condizioni di liceità testé indicate - può consentire la remunerazione della personalità della prestazione attraverso compensi inferiori rispetto a quelli tradizionalmente richiesti per prestazioni di uguale tipo.

Intervento del notaio contenuto del servizio e qualità della prestazione

Per descrivere in cosa consista l’apporto personale del notaio, si può poi fare riferimento al contenuto della prestazione: essa non si esaurisce certamente nel momento della stipula dell’atto in presenza delle parti, ma consiste in un insieme di sotto-prestazioni che vengono eseguite durante tutta la relazione di servizio che si instaura tra il cliente e lo studio notarile.
Alcune di queste sotto-prestazioni non possono mai mancare, sono da considerarsi essenziali perché il compito del notaio possa dirsi assolto: possiamo parlare - per identificare questo gruppo di attività - di “contenuto minimo funzionale” della prestazione notarile.
Altre attività, invece, non ricorrono in tutti i casi e possono essere esercitate nell’interesse delle parti sulla base di una scelta.
Tanto i servizi essenziali quanto i servizi accessori devono essere remunerati, e la presenza dei secondi
- allorché ricorrano - dovrebbe indurre a determinare il compenso richiesto dal notaio in misura ogni volta variabile.
Per quanto attiene all’argomento che stiamo trattando, alcune attività essenziali e alcune attività accessorie (laddove si scelga di esercitarle) sono necessariamente affidate al notaio. Tra le prime, rientrano sicuramente l’accertamento della capacità delle parti, l’indagine della loro volontà e il suo adeguamento alla legge, la lettura e la sottoscrizione dell’atto. Tra le seconde, possiamo ipotizzare la sottoscrizione di una certificazione di avvenuta stipula, o il ricevimento di somme di denaro in deposito (attività che potrebbe in futuro rientrare in molti casi tra quelle essenziali).
La prestazione nel caso concreto di servizi accessori eseguiti personalmente dal notaio potrà (e sarebbe meglio considerarla una necessità) essere considerata per incrementare in misura corrispondente al valore di quei servizi accessori il compenso idoneo a remunerare il suo intervento.
In tutti i casi, il notaio eseguirà direttamente alcuni servizi essenziali ed eserciterà il controllo sulle attività che pure attengono ai servizi essenziali e che sono delegabili, nella loro esecuzione materiale, ad altre persone.
Pertanto, compensare l’intervento del notaio significa - se ci concentriamo su questo secondo concetto
- remunerare tutto ciò che egli fa per assicurare la soddisfazione del contenuto minimo funzionale di ciascuna prestazione e per fornire al cliente servizi accessori sulla base delle esigenze che si manifestano nel caso concreto.
Il notaio chiede che venga remunerata la qualità della sua prestazione, che non è determinata in base ad un giudizio di gradimento basato sul gusto personale del cliente o del notaio, ma in base al fatto che il notaio abbia o meno raggiunto (o persino superato), grazie al contenuto della prestazione, le aspettative coltivate dal cliente al momento in cui la relazione di servizio ebbe inizio.

Intervento del notaio e certezza del rapporto giuridico tra le parti

Una delle caratteristiche fondamentali dell’atto pubblico consiste nella certezza non solo dell’identità delle parti che lo sottoscrivono, ma anche del suo contenuto.
Il conferimento di questo carattere di certezza, per le parti, dei rapporti giuridici che sono disciplinati nell’atto pubblico è compito esclusivo del notaio (che lo assolve con la sua sottoscrizione e l’apposizione del sigillo della Repubblica), rispetto al quale non sussiste alcuna facoltà di delega.
Quando si tratta delle “esclusive” riconosciute ai notai ci si concentra spesso sulle materie in relazione alle quali si prevede il suo intervento necessario, con esclusione di un analogo intervento da parte di altri soggetti. Si tende a sottovalutare, invece, la portata di un’altra “esclusiva”, quella che attiene allo strumento che il legislatore affida al notaio per esercitare la sua funzione, che è appunto l’atto pubblico.
L’atto pubblico, quale strumento utilizzabile solo da parte del notaio, ha caratteristiche - tra cui, in particolare, la sua efficacia quale titolo esecutivo non solo per le obbligazioni pecuniarie, ma anche per le obbligazioni di consegna e di rilascio - che lo distinguono da ogni altro strumento formale utilizzabile per atti giuridici.
Il compenso richiesto dal notaio deve remunerare la presenza di queste caratteristiche distintive, il cui valore economico si coglie più facilmente ove si ipotizzi di “mettere in competizione” l’atto pubblico e una scrittura privata in un settore del diritto rispetto al quale al notaio non siano attribuite competenze esclusive per materia.

Intervento del notaio, conservazione e immissione della certezza nel sistema

Venendo al quarto e ultimo concetto utile per definire l’apporto personale del notaio, un’altra peculiarità dell’atto notarile è quella di non esaurire i suoi caratteri di certezza e di sicurezza nel momento in cui viene sottoscritto e nell’ambito dei rapporti tra le parti, bensì di proiettare quei caratteri nel tempo e nello spazio.
I dati contenuti in un atto pubblico sono veri e certi dal momento in cui esso viene perfezionato per sempre, e potranno essere riscontrati senza limiti di tempo grazie alle regole sulla sua conservazione, affidata dapprima al medesimo notaio che lo ha redatto, successivamente all’Archivio Notarile e infine all’Archivio di Stato. E sappiamo che una analoga proiezione nel tempo dei caratteri dell’atto notarile vale anche nel caso dell’atto pubblico informatico.
Oltre a ciò, quei dati e i rapporti giuridici ai quali si riferiscono sono veri e certi, a partire dal momento in cui l’atto è perfezionato, per chiunque, non solo per le parti, grazie alle regole che presiedono alla pubblicità dell’atto stesso e agli effetti di tale pubblicità.
Anche a questo riguardo, l’intervento personale del notaio assume un ruolo fondamentale e non delegabile: spetta a lui (con rare eccezioni in cui essi possono essere rilasciati) conservare gli originali dei suoi atti secondo regole e con modalità tali da impedirne lo smarrimento o la distruzione; spetta a lui immettere i suoi atti (in copie perfettamente conformi agli originali) nel sistema dei Pubblici Registri, rendendoli noti ai terzi ed efficaci nei loro confronti.
Con riferimento a quest’ultimo concetto, quindi, remunerare l’apporto del notaio significa riconoscere e ricompensare il valore dell’affidamento: un valore immenso, che viene attribuito all’intera comunità (con costi molto contenuti sopportati da un singolo consociato) per comporre un patrimonio collettivo che si alimenta continuamente.
Per rendersi conto della rilevanza di questo valore, può essere interessante leggere il rapporto pubblicato dall’Abi nel 2013 sul Risparmio immobiliare privato; oppure i giudizi a dir poco lusinghieri che il rapporto “Doing Business” dello stesso anno esprime a favore dell’Italia con riferimento al mercato immobiliare.

Determinazione dei compensi e tariffa uniforme

Se più notai si interrogassero tra loro circa il contenuto del proprio intervento personale, probabilmente ciascuno di essi, nel rispondere, farebbe riferimento ad uno o più dei quattro concetti che sono stati rapidamente illustrati. Tutti fornirebbero risposte corrette, ma rischierebbero di fornire risposte parziali.
Infatti, quale che sia - sulla base dei propri convincimenti, delle proprie scelte valoriali o anche solo dei propri gusti - l’ordine di preferenza e di precedenza in cui disporre quei quattro concetti, essi non possono che convivere tutti nella definizione di “cosa fa il notaio”.
È facile constatare come la loro sia una convivenza necessaria: il notaio non può delegare certe mansioni a nessuno (e quindi la personalità della prestazione deve esserci); non può non realizzare il contenuto minimo funzionale di ogni tipo di prestazione (e deve realizzare al meglio il contenuto eventuale della stessa prestazione, ove ne ricorrano i presupposti); non può creare tramite il suo atto rapporti giuridici che non siano leciti e certi tra le parti; non può omettere la conservazione degli atti, né il loro inserimento nei Pubblici Registri.
Il notaio, quando determinerà quale compenso richiedere ad un cliente, dovrà tenere conto - oltre che di tutte le voci di costo che non attengono al suo intervento diretto - della necessità di remunerare la realizzazione di tutti e quattro i risultati della sua azione personale.
Il notaio che non ne tenga conto espone se stesso, ma soprattutto le parti del suo atto e l’intero sistema, cioè la collettività, al rischio del mancato conseguimento di alcuno di essi.
Introducendo questa relazione, suggerivo di pensare alla determinazione dei compensi partendo dagli obiettivi, che ho cercato di definire nei passaggi successivi.
Il compenso deve essere determinato in modo tale da garantire due grandi obiettivi:
- la remunerazione di tutte voci di costo diverse dall’apporto personale del notaio (costi di struttura, costi del personale, costi per prestazioni di terzi, oneri contributivi, costi assicurativi, ecc.);
- la realizzazione dei quattro risultati in cui si estrinseca l’apporto personale ed esclusivo del notaio (personalità della prestazione, qualità del suo contenuto, certezza per le parti, affidabilità per il sistema). La prima conclusione che mi sento di trarre è che non serve (e anzi può essere controproducente) invocare l’introduzione di una tariffa notarile quale che sia, e che occorra invece immaginarne una che consenta la realizzazione di questi due obiettivi (e che sia molto diversa da quella previgente, che non si riferiva ad essi). Solo se ne saremo capaci, varrà la pena di avanzare proposte su questa materia ai decisori politici.
La seconda conclusione è che il notaio deve considerarsi obbligato ad ottenere dai propri clienti la remunerazione sufficiente per la realizzazione di quegli obiettivi. Il notaio che non avverta questo come obbligo, o che comunque vi si sottragga, finirà per non conseguirli, o per conseguirli solo in parte, o per conseguirli solo in alcuni casi e non in altri, con esiti tristemente prevedibili non solo per quanto concerne la gestione economica di singoli studi, ma per il rispetto stesso della funzione affidataci e per la sopravvivenza della delega proveniente dallo Stato.
Ritengo che parlare di “obbligo” non rappresenti una forzatura, perché se si ragiona partendo dagli obiettivi ci si accorge facilmente che la determinazione dei compensi in misura tale da consentirne la realizzazione non ha quale scopo primario l’efficienza economica dello studio notarile né la soddisfazione delle ambizioni del notaio, bensì la tutela delle parti dell’atto e dell’intero sistema in cui il notaio opera.
E mi preme osservare come questo obbligo sussista e debba essere rispettato indipendentemente dalla reintroduzione o meno di una tariffa uniforme.

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