1. Al sintagma pubblicità sanante e responsabilità del notaio, è stato dedicato qualche anno fa un interessante saggio apparso sulla Rivista di diritto civile[1]. Si trattava chiaramente di dottrina notarile[2] e ciò era evidenziato oltre che dal sottotitolo "Note tratte da un'esperienza professionale", dalla vivacità dei casi e delle soluzioni prospettate. In quelle pagine si evidenziava il sintagma intervento del notaio-pubblicità sanante in quanto veniva messa in luce la "mediazione notarile"[3] nella costruzione della buona fede del cliente subacquirente. Il tema, molto suggestivo e poco studiato era stato in passato solo accennato da parte della dottrina che aveva affermato che l'intervento del notaio vale in linea generale ad escludere la buona fede del terzo acquirente[4]. Affermazione questa che già allora era stata posta in dubbio dalla stessa dottrina, la quale aveva rilevato la portata relativa, data la presenza di una serie di eccezioni[5]. Nel dettaglio occorre in definitiva chiedersi se l'informazione data dal notaio al cliente in ordine al vizio del titolo di provenienza possa valere ad escludere sempre la sua buona fede, impedendo l'operatività del meccanismo della pubblicità sanante regolato dall'art. 2652, n. 6. Altro e speculare scenario è quello in cui, al contrario, il notaio sbaglia e non comunica al cliente il vizio del titolo di provenienza In questo caso si è rilevato che è molto difficile provare la mala fede del terzo acquirente. Quindi, si è prospettata una responsabilità professionale sia nei confronti dell'alienante che dell'acquirente, secondo la regola generale della responsabilità professionale. Tuttavia ci si è chiesti se l'azione di responsabilità possa essere proposta senza attendere la trascrizione della domanda giudiziale e prima della scadenza del quinquennio. La risposta a tale quesito è stata collegata al momento di operatività della sanatoria. Nel caso di effetti immediati, la richiesta di danni sarebbe improponibile prima della pubblicazione della domanda. Nel caso di sospensione degli effetti della sanatoria fino al compimento del quinquennio, si è ritenuto che la domanda di risarcimento sia immediatamente proponibile, anche se si è rilevato che, al fine di determinazione del danno, il notaio possa eccepire che la liquidazione possa verificarsi solo dopo la scadenza del quinquennio.
Altro scenario prospettato è stato quello della eventuale azione di responsabilità extracontrattuale da parte del dante causa originario contro il notaio che, ricevendo il successivo atto (valido) senza rilevare il vizio del primo, abbia contribuito a consolidare uno degli elementi della fattispecie acquisitiva. A tale quesito è stata data risposta negativa, proprio rilevando la mancanza di un nesso di causalità diretta e immediata tra il comportamento del notaio e il danno cagionato (perdita della proprietà del dante causa originario).
Questi scenari, nella loro vivace concretezza, hanno stimolato le mie riflessioni in ordine al rapporto tra intervento del notaio e meccanismo della pubblicità sanante. A queste riflessioni sono dedicate queste pagine.
2. La risposta in ordine al contenuto del sintagma responsabilità notarile-pubblicità sanante, non può prescindere da poche ma importanti considerazioni sul meccanismo della pubblicità sanante come regolato dall'art. 2652, n. 6, c.c. Tale disposizione, ritenuta da più di un autore norma oscura e di difficile comprensione[6], novità del codice del 1942 ed eccezione al principio resoluto iure dantis et ius accipientis[7], rappresenta un esemplare strumento per consentire la circolazione dei beni in omaggio al principio di tutela dell'affidamento dei terzi, che compendia in un'unica anima regole della pubblicità e regole del diritto sostanziale. La complessità contenutistica e regolativa di questa fattispecie spiega perché essa sia stata oggetto di attenzione sia da parte degli studiosi della trascrizione[8] sia da parte degli studiosi degli acquisti a non domino[9]. La considerazione dell'acquisto del terzo subacquirente quale acquisto dal non proprietario conferma l'idea che solo nominalmente possa parlarsi di una pubblicità "sanante", efficacia che contraddice l'idea stessa di trascrizione e quindi di pubblicità[10]. In realtà il titolo originariamente invalido rimane tale e la pubblicità, insieme ad altri elementi della fattispecie interviene solo al fine di conservare il titolo del terzo subacquirente[11]. La pubblicità sanante è infatti una fattispecie complessa i cui elementi sono la trascrizione del titolo, la mancata trascrizione della domanda di nullità o annullamento per 5 anni, la buona fede del terzo acquirente. Solo se concorrono tutti questi elementi, si determina una deroga al principio di retroattività della nullità e l'acquisto del terzo, anche se derivante da titolo nullo, non perde i suoi effetti. Come è evidente, gli elementi costitutivi della fattispecie sono eterogenei[12], alcuni sono propri della pubblicità, altri degli acquisti a non domino, come la buona fede. Tuttavia, proprio perché essi risultano compendiati in un'unica fattispecie acquistano caratteri di peculiarità. Così, mentre normalmente la pubblicità spiega i suoi effetti a prescindere dallo stato soggettivo di buona o di mala fede, qui la rilevanza della buona fede viene presa a prestito dalla disciplina degli acquisti a non domino, anche se essa se ne diversifica per taluni aspetti. Così, la presenza delle norme sulla trascrizione fa dell'acquisto a non domino del terzo acquirente una figura spuria di acquisto a titolo derivativo[13]. Queste riflessioni importano dei corollari significativi. Tra questi si segnala la necessità del rispetto del principio di continuità delle trascrizioni ex art. 2650 cc., in quanto deve ritenersi pacifico che la pubblicità sanante non possa operare quando non siano stati trascritti anche i titoli precedenti[14]. La natura composita della fattispecie[15] richiede che la valutazione della stessa non possa essere condotta né con esclusivo riferimento ai principi che governano la pubblicità, nè con riferimento alle teorie che governano gli acquisti a non domino. In particolare la peculiarità dell'acquisto a non domino è data dal non essere fondato sul possesso[16], elemento che legittima la distinzione rispetto agli acquisti per usucapione. L'acquisto del terzo, inoltre, opera solo relativamente al soggetto che ha il potere di impugnare l'atto e quindi si tratta, come si è detto, di un acquisto che pur essendo a non domino è a titolo derivativo.
Se si accoglie questa impostazione complessiva e non atomistica dell'istituto della pubblicità sanante, in cui la pubblicità è solo un coelemento di una fattispecie complessa, in cui assumono rilevanza altri elementi, devono rifiutarsi quelle tesi che fondano l'estensione delle ipotesi soggette a pubblicità sanante solo sulla base di riflessioni che riguardano in generale la pubblicità. In particolare, pur cogliendo la suggestione di riflessioni che individuano un fondamento costituzionale delle norme sulla pubblicità, non sembra possibile da queste dedurre una vis espansiva delle situazioni soggette al meccanismo della pubblicità sanante[17], in quanto prospettiva necessariamente e inevitabilmente parziale. La pubblicità è infatti solo un coelemento della fattispecie e non si può, solo sulla base di un solo elemento, dare una lettura restrittiva o estensiva dell'art. 2652, n. 6. Così credo fermamente che il problema se includere, per esempio, gli atti inefficaci, non può risolversi sulla base della lettura costituzionale delle norme sulla trascrizione, ma considerando e valutando il meccanismo complesso della pubblicità sanante. Inoltre la risposta se includere o meno gli atti inefficaci deve procedere sulla base dei singoli atti e delle singole cause di inefficacia. Nel caso di inefficacia per difetto di autorizzazione amministrativa, dovrebbe ritenersi applicabile il meccanismo della pubblicità sanante[18]. Diversa soluzione deve darsi per l'ipotesi di inefficacia derivante da difetto di legittimazione.
Considerazioni analoghe devono essere fatte per gli atti non soggetti a trascrizione, che impediscono in radice l'attivazione del meccanismo della pubblicità sanante, a prescindere da ogni altra e diversa riflessione. Si pensi all'atto nullo per difetto di forma che in quanto non trascrivibile non è suscettibile di essere sanato con questo meccanismo. In giurisprudenza si è esclusa l'applicabilità del meccanismo della pubblicità sanante con riferimento ai vincoli a parcheggio, proprio sulla base della insuscettibilità della trascrizione dei vincoli alla proprietà[23].
Così come la trascrizione, di per sé non produce l'effetto sanante in mancanza della buona fede, deve ritenersi che la buona fede del soggetto acquirente da sola non è in grado di attivare o disattivare il meccanismo della pubblicità sanante in mancanza degli altri coelementi della fattispecie.
Questa riflessione basterebbe da sola ad escludere un nesso di stretta causalità tra l'intervento del notaio e l'attivazione o disattivazione del meccanismo della pubblicità sanante, in termini di responsabilità del notaio.
3. Dovendosi in linea generale accogliere l'idea che nell'attività preparatoria del rogito sia ricompreso l'esame della regolarità dei titoli precedenti, esame che comprende anche la valutazione in ordine alla idoneità degli atti di provenienza[24], prima di indagare sul significato della buona fede[25], deve rilevarsi che l'indagine relativa a come l'intervento del notaio possa incidere sulla creazione della buona fede del terzo subacquirente[26] presuppone che si tratti di vizi da lui rilevabili al momento dell'ispezione del titolo. Il problema della mediazione del notaio nella creazione della buona fede del terzo acquirente[27] non si pone infatti per quei vizi che il notaio non può rilevare, come le nullità per effetto di frode alla legge o di collegamento negoziale illecito[28]. Il problema si presenta invece per i vizi del titolo di provenienza che il notaio è in grado di rolevare. Si ripropone allora il quesito iniziale: l'informazione in ordine al vizio del titolo di provenienza è tale da escludere la buona fede del terzo acquirente, disattivando il meccanismo della pubblicità sanante? E' chiaro che la risposta a tale quesito presuppone un'indagine su cosa significa in questo caso buona fede.
Al riguardo le tesi prospettate dalla dottrina sono assai eterogenee. La maggioranza della dottrina ritiene che, pur con le rilevate distinzioni[29], qui la buona fede sia quella dell'art. 1147 del codice civile e come quella vada presunta, a differenza della buona fede richiesta dall'art. 534 c.c in tema di erede apparente che, al contrario, deve essere provata. Le teorie si diversificano in ordine alla applicazione o meno del 2° comma dell'art. 1147 che esclude la buona fede nel caso di colpa grave del terzo acquirente. Parte della dottrina ritiene che non debba applicarsi quella disposizione[30]. Al contrario altra parte della dottrina ritiene che non applicare quella disposizione significherebbe violare il principio di solidarietà[31]. La stessa dottrina arriva alla conclusione che non possa essere tutelato un soggetto gravemente negligente che, per esempio, non provveda a fare adeguati controlli. La presenza del notaio in qualche modo ridimensiona la portata del problema[32]. La giurisprudenza in tema di usucapione abbreviata afferma il principio generale che il terzo sia in colpa grave nell'ipotesi in cui abbia specificamente esonerato il notaio dall'obbligo di controllare le visure ipocatastali mentre è in buona fede tutte le volte che si è affidato al suo controllo.
A parte queste considerazioni, il vero problema non è tanto questo ma stabilire cosa significhi qui buona fede e quale sia l'oggetto della stessa. La dottrina che si è interessata di pubblicità sanante ha affermato che qui per buona fede debba intendersi l'ignoranza del terzo in ordine al vizio del titolo di provenienza. Qualsiasi informazione su tale vizio (sia quella fornita dal notaio, sia quella ricavabile aliunde) dovrebbe portare ad escludere la buona fede del terzo in quanto egli conosce il vizio e quindi non si trova più nello stato di ignoranza. Tale tesi si porrebbe tuttavia in forte contraddizione con chi ritiene che la buona fede non sia esclusa neanche dopo la notizia della trascrizione[33] della domanda giudiziale, in quanto la certezza si avrebbe solo al momento del passaggio in giudicato della sentenza[34]. Tuttavia, anche qualora non si voglia accogliere tale opinione, deve escludersi che la semplice informazione (anche da parte del notaio) sul vizio del titolo di provenienza sia tale da escludere la buona fede del terzo acquirente. Accogliendosi la distinzione dottrinale tra buona fede in senso formale e buona fede in senso sostanziale[35], deve dirsi che il soggetto non è in buona fede non quando è informato (dal notaio) del vizio del titolo di provenienza, ma solo quando è consapevole di ledere la posizione del dante causa. Deve infatti rilevarsi che la buona fede, intesa in senso sostanziale è la specifica ignoranza di ledere l'altrui diritto. Determinante appare allora il contenuto dell'informazione del notaio.
Applicando questa nozione alla pubblicità sanante deve ritenersi che la semplice informazione in ordine al vizio del titolo di provenienza non sia tale da escludere la buona fede del terzo acquirente, a meno che questi non sia specificamente informato sulla possibile lesione del diritto di proprietà del dante causa. Deve inoltre ipotizzarsi che, anche nel caso di informazione completa da parte del notaio, il cliente non abbia percepito a pieno le conseguenze prospettate e sia quindi nello stato psicologico di buona fede, intesa sempre in senso sostanziale. Ciò potrebbe ipotizzarsi quando il cliente non abbia colto il significato del linguaggio tecnico e quindi non abbia piena consapevolezza delle conseguenze.
In linea generale e a prescindere da queste considerazioni, deve dubitarsi che il compito del notaio sia quello di dare questo tipo di informazione. Compito del notaio è esclusivamente quello di avvisare il cliente sul vizio del titolo di provenienza perché egli deve tutelare il suo interesse, non certo quello del dante causa, che egli neanche conosce.
Le riflessioni in ordine al collegamento tra buona fede e intervento del notaio devono poi prendere in considerazione la portata relativa che ha tale elemento nel meccanismo complesso della pubblicità sanante. In primo luogo, come si è già detto, la buona fede è solo un coelemento della fattispecie. In secondo luogo la buona fede risulta rilevante solo al momento dell'acquisto[36].
Nelle ipotesi in cui il notaio sia in errore e non comunichi al cliente il vizio del titolo di provenienza, questi è sicuramente in buona fede perché si è interamente affidato al controllo da parte del notaio. Tuttavia il notaio risponde a titolo di responsabilità professionale solo per difetto di informazione. L'eventuale attivazione del meccanismo della pubblicità sanante non dipende dal suo errore, ma dalla presenza di altri elementi che tutti devono sussistere per aversi pubblicità sanante. Appare quindi difficile ammettere che il notaio possa eccepire che la determinazione del danno sia sospesa sino al quinquennio. Tale affermazione presuppone infatti che sia provato un nesso di causalità tra danno del cliente e attivazione del meccanismo della pubblicità sanante, collegamento che ammette una compensazione del danno.
4. In conclusione, deve affermarsi che è difficile stabilire un legame di dipendenza tra l'intervento del notaio e la creazione della buona fede del terzo acquirente. In primo luogo in quanto la pubblicità sanante è fattispecie complessa che richiede la compresenza di tutti gli elementi. Non è infatti così scontato che se il notaio informa il cliente sull'invalidità del titolo di provenienza, il dante causa non provveda a trascrivere la domanda giudiziale entro il quinquennio. In secondo luogo, se si accoglie la nozione di buona fede in senso sostanziale, elaborata dalla dottrina per gli acquisti a non domino, deve dirsi che il soggetto è in mala fede non quando abbia avuto notizia del vizio del titolo di provenienza, ma quando sia a conoscenza di ledere il diritto del dante causa. A queste riflessioni se ne aggiungono altre di carattere generale. La buona fede che qui rileva è da ritenersi sicuramente distinta rispetto a quella degli acquisti possessori. Mentre negli acquisti possessori la buona fede rappresenta un elemento qualificativo del possesso e quindi di una situazione il cui governo è del soggetto stesso che possiede e che dovrebbe acquistare, nell'ipotesi della pubblicità sanante, come in generale per tutti gli acquisti a non domino non possessori, la buona fede ha un significato necessariamente indiretto in quanto riguarda una situazione pregressa alla quale il terzo subacquirente non ha potuto partecipare. Nella prospettiva che considera rilevante il principio di certezza del commercio giuridico, deve quindi attribuirsi a questa nozione un valore sostanziale che valga ad escludere che la mera conoscenza del vizio del titolo di provenienza valga a bloccare il traffico giuridico. In questa prospettiva si coglie la ratio della soluzione che concepisce che essa vada intesa in termini restrittivi quale ipotesi residuale di accordo fraudolento con il proprio alienante per frodare le ragioni del remoto dante causa[37]
In termini generali la responsabilità del notaio deve essere distinta rispetto alla mediazione nel meccanismo della pubblicità sanante. Per questi motivi deve altresì escludersi una eventuale responsabilità extracontrattuale del notaio nei confronti del dante causa che abbia perduto il suo titolo di proprietà perché il terzo acquirente era in buona fede a seguito dell'errore del notaio. In realtà il dante causa ha perso il suo titolo in quanto è stato inerte, non provvedendo a trascrivere la domanda di nullità o di annullamento dell'atto.
[1] V. BARALIS-METTITIERI, Pubblicità sanante, leggi speciali e responsabilità notarile. Note tratte da un'esperienza professionale, in Riv. dir. civ. 1992, I, 363 e ss.
[2] Il Consiglio Nazionale del Notariato ha dedicato a questo tema uno Studio n. 4227 La c.d. pubblicità sanante: riflessioni sulla sua operatività nell'attività del notaio, approvato il 10 aprile 2003Per un significativo e recente contributo della dottrina notarile, v. M. SARACENO, La pubblicità sanante, Relazione svolta al Collegio Notarile dei distretti riuniti di Roma, Velletri e Civitavecchia in data 12 dicembre 2014, in via di pubblicazione, che abbiamo potuto consultare anticipatamente grazie alla cortesia dell'A.
[3] V. anche di recente BARALIS, La nota di trascrizione, in E. GABRIELLI-GAZZONI, Tratt. della trascrizione, 3, a cura di Baralis, Boero, Sicchiero, Torino, 2014: "…Al termine del percorso che …abbiamo sviluppato siamo in grado di sottolineare con forza un aspetto solitamente tralasciato dalla dottrina e dalla giurisprudenza: si tratta di questo: l'informativa delle parti e di conseguenza lo stato di buona o di mala fede, nella contrattazione immobiliare è normalmente (anzi quasi sempre) mediato dall'intervento notarile. Il notaio, quindi, diventa in un certo senso il protagonista (rectius il coprotagonista) dell'informazione immobiliare e degli esiti che ad essa si riallacciano. Come, ad esempio, valutare la buona/mala fede del terzo subacquirente in sede di pubblicità sanante (al di là della presunzione di buona fede, quando esiste, però) che il garante della correttezza delle operazioni collegate alla circolazione immobiliare è il notaio, il quale "trasmette" alle parti l'idea della correttezza dell'esito? Laddove poi, per incarico di una o più parti, sia dato al notaio lo specifico compito di indagare sui titoli pregressi, il compito notarile è paragonabile ad un medico incaricato di un esame "completo" dello stato di salute del paziente. Sostanzialmente, quindi, salvo casi del tutto particolari, sarà il notaio, espletando il suo incarico professionale secondo un esito di "normalità", a realizzare la condizione di buona fede dell'acquirente". Sul collegamento tra intervento del notaio e buona fede del cliente, v. M. SARACENO, La pubblicità sanante, cit.
[4] Così G. GABRIELLI, La pubblicità immobiliare, in Trattato Sacco, Torino, 2012, 162.
[5]V. G. GABRIELLI, op ult cit, 162: "...Ma all'affermazione non può attribuirsi valore assoluto...".
[6]V. al riguardo L. MENGONI, Gli acquisti "a non domino", 3° ed., Milano, 1975, 289: "…L'art. 2652, n. 6 è notoriamente una delle norme peggio formulate del codice"; in termini analoghi, L. FERRI-ZANELLI, in L.FERRI-D'ORAZI FLAVONI-ZANELLI, sub art. 2652-53, in Comm. Scialoja-Branca, 3 ed., Bologna-Roma, 1995, 332: "Il n. 6 dell'art. 2652…crediamo che possa essere additato come uno degli esempi più insigni di oscurità e di contorsione logica, che ci sia dato rinvenire in un testo di legge".
[7] V. Relazione al codice civile, n. 1080, in cui si afferma che questa novità è una deroga al principio resoluto iure dantis resolvitur et ius accipientis: "Questa deviazione, oltre che largamente giustificata da ragioni pratiche e principalmente dall'esigenza di garantire la sicurezza della circolazione dei beni, è in armonia con i criteri direttivi segnati dal nuovo codice, che della tutela della buona fede e delle legittime aspettative dei terzi ha fatto un principio generale, indubbiamente più consono ai bisogni della nostra epoca".
[8] Oltre alle opere di G. GABRIELLI e FERRI-ZANELLI, citate alla nota 6 del testo, al tema della pubbliciità sanante hanno dedicato significative riflessioni PUGLIATTI, La trascrizione, I, t. 1, in Tratt. Cicu-Messineo, Milano, 1957; R. NICOLO', La trascrizione, III, La trascrizione delle domande giudiziali, Milano, 1973 F. GAZZONI, La trascrizione degli atti e delle sentenze, in Tratt. E.Gabrielli-Gazzoni, Torino, 2012; A. ORESTANO, in La trasceizione delle domande giudiziali, in Tratt. E. Gabrielli- Gazzoni, Torino, 2014 e FREZZA, Trascrizione delle domande giudiziali (Artt. 2652-53), Milano, 2014.
[9]V. per tutti L. MENGONI, Gli acquisti "a non domino", cit, passim.
[10]In termini simbolici e significativi si esprimeva N. COVIELLO, Della trascrizione, Volume I, Napoli-Torino, 1924, Ristampa anastatica, Napoli, Esi, 2012: "....Se il diritto è difettoso nella sua sostanza: la trascrizione non ha l'afforza togliendone i difetti o integrandolo. Un contratto è viziato per incapacità di uno dei contraenti, o per errore sostanziale, violenza o dolo: la trascrizione toglie le nullità derivanti da tali cause? Se si la trascrizione sarà da considerare come fatto giuridico. Ma ciò non accade perchè questi difetti si sanano solo nei modi stabiliti dalla legge....Possiamo quindi conchiudere che la trascrizione non toccando per nulla la sostanza del diritto, non è un fatto giuridico. Perciò si dice: la trascrizione fa pubblici gli atti, non i diritti, al contrario dell'iscrizione germanica che fa pubblici i diritti stessi. Cioè la trascrizione rende pubblici gli atti, quali essi sono, validi e veri o nulli e simulati, produttivi o improduttivi di effetti; non crea ma conserva, qual è, l'efficacia degli atti. Perciò la trascrizione non è che forma degli atti; non atto né fatto giuridico, ma un semplice fatto materiale". Sulla assoluta distinzione di piani tra publbicità e buona fede, v. F. GAZZONI, La trascrizione degli atti e delle sentenze, I, t. 1, in Tratt. E. Gabrielli-Gazzoni, Torino, 21012, 30 e ss.; G. FREZZA, op. ult cit., 108 e ss.
[11] V. L. MENGONI, op. ult. cit., 294; BARALIS-METTITIERI, op. ult. cit., 401 e ss.; Studio n.4227/2003 del Consiglio Nazionale del Notariato, cit.; V. C.M. BIANCA, Il contratto, 2° ed., Milano, 2000, 631: "L'inopponibilità della sentenza di nullità non rende valido l'atto impugnato. Essa comporta tuttavia la rilevanza di tale atto che, assieme alla buona fede dell'acquirente, concorre a costituire un efficace titolo di acquisto"; sulla inadeguatezza della locuzione "pubblicità sanante", v. ampiamente G. FREZZA, op ult cit., 360 e ss.; sulla inappropriatezza della locuzione pubblicità sanante, v. R. CALVO, Nullità, inefficacia e circolazione immobiliare, in Riv. Trim, 2013, 995 e ss. , il quale preferisce la locuzione "pubblicità consolidante", la quale non sana ma "finisce con il punire l'inerzia della parte attivamente legittimata".
[12]V. significativamente G. FREZZA, op ult cit., 360: "....La disciplina ...è particolarmente complessa perchè ha lo scopo di coordinare il principio pubblicitario fondato sulla tutela del terzo subacquirente che acquista in buona fede con la disciplina sostanziale delle invalidità contrattuali".
[13] V. per tutti L.MENGONI, op. ult. cit., 34 e 152: "…A differenza delle figure generali di acquisto a non domino fondate sul possesso, la tutela del terzo non opera nei confronti del proprietario come tale, cioè erga omnes, ma soltanto nei confronti di colui che ha il potere di contestare il tiolo di legittimazione dell'alienante… Nelle fattispecie non inquadrate nell'istituto del possesso di buona fede l'acquirente a non domino non è tutelato nei confronti di qualunque soggetto estraneo al rapporto di alienazione, che risulti essere il titolare del diritto. La tutela non è quindi assoluta ma relativa: è predisposta relativamente ad un determinato soggetto (diverso dall'alienante), e quindi qualificata (misurata) da un precedente rapporto, invalido o inefficace
[14]V. al riguardo M. SARACENO, op. ult. cit. cui si rinvia per la segnalazione di altri significativi corollari.
[15] V. al riguardo BARALIS-METTITIERI, 393, i quali rilevavano che "le fattispecie della pubblicità sanante costituiscono uno stadio intermedio tra l'apparenza e il formalismo puro".
[16] V. L. MENGONI, op. ult. cit., 152, il quale opportunamente distingueva "acquisti fondati sul possesso" e acquisti indipendenti dal possesso".
[17] V. al riguardo G. PETRELLI, Trascrizione immobiliare e costituzione, cit., 112 e ss.
[18]V. al riguardo G. GABRIELLI, op ult cit., 143.
[19] V. G. PETRELLI, op. ult cit, 112-113: "La riconduzione degli acquisti a non domino alla funzione sociale della proprietà fa sì che le relative norme – anche se in origine erano ritenute eccezionali – non possano essere più qualificate come tali …. e debbano essere considerate suscettibili di estensione analogica. Ciò vale innanzitutto per le previsioni di cui all'art. 2652, n. 6 ss, cc....A puro titolo esemplificativo, la disciplina del n. 6 deve ritenersi applicabile anche agli atti negoziali giuridicamente inesistenti, a quelli inefficaci o inopponibili, come pure ai provvedimenti amministrativi invalidi, e d alle sentenze radicalmente nulle o giuridicamente inesistenti, decorsi cinque anni dalla trascrizione".
[20]V. L. MENGONI, op ult cit., 142., il quale affermava che il rappresentato non riveste neanche la qualifica di terzo, rilievo formulato in termini generali a proposito degli acquisti a non domino: "...Tanto poco il rappresentato è estraneo (cioè terzo) anche in senso sostanziale al contratto posto in essere in suo nome senza procura"; G. GABRIELLI, op ult cit., 143: "..... Del pari si esclude che possa giovarsi della tutela di cui all'art. 2652, n. 6, chi deriva il proprio titolo da un rappresentante sprovvisto di poteri: come è stato giustamente osservato, costui non è un terzo acquirente rispetto al dominus negotii, falsamente rappresentato"; C. M. BIANCA, Il contratto, cit., 632: "Il titolare ha in definitiva l'onere di rimuovere l'apparenza del contratto trascrivendo la domanda di nullità. Ma s'intende anche come l'idea di un tale onere debba essere esclusa quando non sussista un contratto imputabile al titolare del diritto. La norma è quindi inapplicabile nei casi di falsità del documento contrattuale trascritto. Alla medesima ragione s'ispira la giurisprudenza nell'escludere l'applicazione della norma nei casi di contratti stipulati dal falso rappresentante"; riflessioni analoghe si colgono in R. CALVO, op ult cit.
[21]Ammetteva invece l'applicazione del meccanismo della pubblicità sanante con riferimento alla procura nulla R. NICOLO', La trascrizione, 122.
[22]V. G. GABRIELLI, op ult cit, 143, nt 59: "....Oggetto di pubblicità, protratta per un quinquennio senza contestazione, non è, nel caso un titolo nullo, ma un titolo privo di effetto nei confronti di colui del quale è stato speso il nome; né può dirsi che la protrazione della pubblicità investa anche la procura, sanandone il vizio, se è vero che gli accessori come la procura, non sono oggetto di trascrizione, relativa al solo titolo principale".
[23] V. Cass. 24 maggio 2013, n. 12996.
[24] V. Al riguardo BARALIS-METTITIERI,
[25]Si rinvia al riguardo al § 4 del testo.
[26] V. al riguardo di recente G. BARALIS, in Tratt. Gazzoni
[27]In termini generali sul collegamento tra trascrizione e buona fede v. L. AMBROSINI, La buona fede soggettiva in presenza di trascrizione e profili dell'usucapione decennale, in Riv dir civ. 1997, I, 439 e ss.
[28]Per queste riflessioni si rinvia a M. SARACENO, op ult cit.
[29]Si rinvia per tutti all'opera di L. MENGONI, op ult cit.
[30]V. L. MENGONI, op. cit., 350.
[31] V. al riguardo G. PETRELLI, op. ult cit., 114.
[32] V. al riguardo BARALIS-METTITIERI, op. ult. cit., 394: "Senza entrare nel merito, ci limitiamo ad osservare che l'intervento del notaio nella preparazione dell'atto esclude la partecipazione dell'acquirente dall'indagine sulla regolarità dei titoli precedenti e quindi il problema ha in pratica scarso rilievo".
[33]In termini generali v. R. SACCO- R. CATERINA, Il possesso, in Tratt. Cicu-Messineo-Mengoni, continuato da Schlesinger, Milano, 2014, 477: "...La buona fede non è esclusa in linea di principio, dalla precedente trascrizione di atti incompatibili".
[34] V. A. ORESTANO, La trascrizione delle domande giudiziali, in Tratt. E.Gabrielli-Gazzoni, Torino, 2014, 21 e G. FREZZA, op ult cit., 110.
[35] V. al riguardo C.M. BIANCA, Diritto civile. 6. La proprietà, Milano, 1999, 765 e nota 7: "….In buona fede è chi non percepisce di possedere abusivamente a danno del proprietario… Ciò che conta è che il possessore non abbia consapevolezza della lesione arrecata al proprietario…Questa nozione è quella indicata in dottrina come nozione di buona fede in senso sostanziale contrapposta a quella formale". Sulla distinzione tra buona fede in senso formale e buona fede in senso sostanziale, v. BUSNELLI-VALLINI, La buona fede nel possesso, Pisa, 1971, 26: "….Ci si chiede se il legislatore ….abbia inteso riferirsi alle sole ipotesi di ignoranza concernente l'esistenza stessa del diritto altrui (c.d. nozione formale di buona fede possessoria), oppure abbia voluto contemplare anche le ipotesi in cui il possessore, pur conoscendo l'esistenza del diritto altrui, ritenga di non arrecare alcuna lesione o nocumento al titolare del diritto stesso (c.d. nozione sostanziale della buona fede possessoria).
[36]V. al riguardo M. SARACENO, op. ult cit.: "...una volta perfezionata la fattispecie l'avente causa dal subacquirente acquista a domino e quindi la sua mala fede sarà irrilevante".
[37] V. al riguardo M. SARACENO, op. ult cit.