Disciplina urbanistica e responsabilita' del notaio
Disciplina urbanistica e responsabilità del notaio
di Emanuele Lucchini Guastalla
Ordinario di Diritto privato, Università Bocconi
1. La normativa urbanistica: profili di interesse notarile.
Non può ancora dirsi sopito il dibattito tra chi, specialmente in relazione ai trasferimenti immobiliari, sostiene il carattere prevalentemente privatistico della funzione notarile, e coloro che, al contrario, sono propensi a considerare il notaio pressoché esclusivamente un pubblico funzionario. Proprio nella dialettica tra queste due differenti posizioni possono scorgersi le linee evolutive seguite da dottrina e giurisprudenza nell'elaborazione del delicato tema della responsabilità civile del notaio [1].
La complessità del dibattito sembra acuirsi in relazione a un particolare aspetto dei trasferimenti immobiliari, in ordine al quale si esplica l'attività del notaio: si tratta delle prescrizioni della normativa in materia urbanistica ed edilizia, le quali ascrivono al ministero notarile un ruolo i cui profili di responsabilità non paiono essere mai stati oggetto di una soddisfacente disamina [2].
Questo può sicuramente trovare, almeno in parte, una spiegazione in base alla considerazione che sono pochi i settori, nel nostro ordinamento giuridico, che superano in complessità quello della materia urbanistica ed edilizia. La mole e l'alto tasso tecnico di tale normativa, stratificatasi negli anni e non del tutto semplificata dal testo unico del 2001 (d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, recante il Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), ne rendono indubitabilmente complicata una fruizione immediata tanto da parte del quivis de populo, quanto da parte del giurista che non sia uno specialista della materia. Si tratta, infatti, di una branca del diritto pubblico la cui conoscenza specifica richiede, oltre a numerose competenze extra-giuridiche, una piena consapevolezza dell'evoluzione storica della materia urbanistica e un aggiornamento costante, analitico e molto scrupoloso.
Questa conoscenza, per quanto ardua, non può essere in alcun modo elusa da coloro che, sulla base di tale normativa (che, com'è noto, è volta a regolare l'assetto e lo sviluppo del territorio, assicurando uniformità di trattamento entro un determinato ambito geografico), sono deputati al controllo dell'attività edilizia e urbanistica. La finalità della disciplina de qua è perseguita sia mediante prescrizioni immediatamente vincolanti per chi intenda effettuare un intervento edilizio, sia mediante indicazione del contenuto degli strumenti urbanistici deputati a pianificare l'attività edilizia a livello regionale, provinciale, comunale o, addirittura, sub-comunale (come nel caso dei piani di lottizzazione); sia, ancora, mediante la previsione di strumenti di controllo dell'attività edilizia volti ad assicurare il rispetto delle prescrizioni in materia mediante la verifica, preventiva (es. permesso di costruire) o successiva (es. concessione in sanatoria), dei singoli interventi edilizi.
Proprio rispetto a quest'ultimo genere di prescrizioni, appare strumentale la previsione dell'invalidità del negozio circolatorio di fabbricati nei casi in cui questi non risultino essere regolari dal punto di vista del diritto urbanistico [3].
Mi riferisco, ovviamente, all'art. 46 del citato t.u. in materia edilizia, che sancisce la nullità degli «atti tra vivi, sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi per oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici, o loro parti, la cui costruzione è iniziata dopo il 17 marzo 1985, ove da essi non risultino, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria» (comma 1), ovvero della segnalazione certificata di inizio attività (già d.i.a.) in caso di interventi edilizi realizzati in base a tale provvedimento (comma 5-bis) [4].
Questa disposizione, la quale non trova applicazione – per espressa esclusione – agli atti costitutivi, modificativi o estintivi di diritti reali di garanzia o di servitù (comma 1°), nonché agli atti derivanti da procedure esecutive immobiliari individuali o concorsuali (comma 5°), stabilisce, inoltre, che la sentenza di nullità «non pregiudica i diritti di garanzia o di servitù acquisiti in base ad un atto iscritto o trascritto anteriormente alla trascrizione della domanda diretta a far accertare la nullità degli atti» (comma 3°): è così previsto, per i subacquirenti di questi particolari diritti, un regime di "pubblicità sanante" più favorevole rispetto a quello generale di cui al n. 6 dell'art. 2652, comma 1°, cod. civ. [5].
La norma in esame prevede, inoltre, che, «[s]e la mancata indicazione in atto degli estremi non sia dipesa dalla insussistenza del permesso di costruire al tempo in cui gli atti medesimi sono stati stipulati, essi possono essere confermati anche da una sola delle parti mediante atto successivo, redatto nella stessa forma del precedente, che contenga la menzione omessa» (comma 4°). In questo modo si prevede quella sorta di eccezionale conferma del contratto nullo – in verità più simile a una vera e propria convalida – che tanto ha impegnato la dottrina nel tentativo di fornirne un coerente inquadramento sistematico [6].
Per gli immobili costruiti fino al 17 marzo 1985 dispone, invece, l'art. 40 l. 28 febbraio 1985, n. 47 (recante Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), sostanzialmente analogo al già citato art. 46 t.u. [7]. L'art. 40 sancisce, inoltre, che, «[p]er le opere iniziate anteriormente al 1° settembre 1967, in luogo degli estremi della licenza edilizia può essere prodotta una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, rilasciata dal proprietario o altro avente titolo […], attestante che l'opera risulti iniziata in data anteriore al 1° settembre 1967» (comma 2°). Sono così sottratti all'obbligo di indicare gli estremi dei provvedimenti abilitativi gli atti aventi ad oggetto unità immobiliari la cui costruzione sia stata intrapresa prima dell'entrata in vigore della c.d. legge ponte (l. 6 agosto 1967, n. 765, recante Modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150), la quale ha esteso ad ogni intervento edilizio nell'ambito del territorio comunale l'obbligo della licenza edilizia [8].
Quanto ai terreni, occorre fare riferimento all'art. 30 t.u. (analogo al previgente art. 18 della citata l. 47/1985), volto a combattere i fenomeni di lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio. La disposizione mira a ostacolare la costruzione di opere comportanti trasformazione urbanistica o edilizia dei terreni senza la prescritta autorizzazione (ovvero in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici o di legge) e, in particolare, quando detta trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e il trasferimento del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche (dimensione, destinazione urbanistica, numero, ubicazione, previsione di opere di urbanizzazione, ecc.), denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio [9].
A tal fine, la norma prescrive che «[g]li atti tra vivi, sia in forma pubblica sia in forma privata, aventi ad oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali relativi a terreni sono nulli e non possono essere stipulati né trascritti nei pubblici registri immobiliari ove agli atti stessi non sia allegato il certificato di destinazione urbanistica contenente le prescrizioni urbanistiche riguardanti l'area interessata» (comma 2°) [10], fatta eccezione per:
a) gli atti riguardanti terreni pertinenziali a edifici censiti nel catasto dei fabbricati, purché la superficie complessiva dell'area di pertinenza sia inferiore a 5.000 metri quadrati (comma 2°);
b) gli atti di divisione ereditaria, di donazione tra coniugi o parenti in linea retta, di costituzione, modificazione o estinzione di diritti reali di garanzia o servitù (comma 10°);
c) i testamenti (comma 10°).
Com'è noto, il c.d.u. dev'essere rilasciato dal Comune e conserva validità per un anno dal rilascio se, per dichiarazione resa in atto dell'alienante o di uno dei condividenti, non siano intervenute (dal rilascio alla data dell'atto) modificazioni degli strumenti urbanistici (è la c.d. dichiarazione di vigenza) (comma 3°). In caso di mancato rilascio nel termine di 30 giorni dalla domanda, il c.d.u. può essere sostituito da una dichiarazione in atto dell'alienante o di uno dei condividenti attestante l'avvenuta presentazione della domanda, nonché la destinazione urbanistica dei terreni secondo gli strumenti vigenti o adottati, ovvero l'inesistenza di questi (comma 4°).
È stato correttamente rilevato come «il venditore debba essere sempre garante, in ogni caso, della corrispondenza alla realtà, al momento dell'atto, del certificato di destinazione urbanistica. Esso infatti potrebbe essere non più veritiero per mutamento della normativa riguardante l'area interessata avvenuto dopo il rilascio (anche con la semplice adozione di una variante o di un nuovo strumento urbanistico). Il venditore deve quindi, al momento dell'atto, effettuare un controllo della perdurante esattezza del certificato ed effettuare, ove sia intervenuto un mutamento, una nuova domanda di certificato» [11].
Ancora una volta, ove il c.d.u. non sia stato allegato o non sia stata resa la dichiarazione di vigenza, gli atti di cui si è detto possono essere confermati o integrati anche da una sola delle parti o dai suoi aventi causa, mediante atto pubblico o autenticato, al quale sia allegato un certificato (c.d. storico) contenente le prescrizioni urbanistiche riguardanti le aree interessate al giorno in cui è stato stipulato l'atto da confermare o contenente la dichiarazione omessa (comma 4-bis) [12].
2. (Segue.) L'art. 47 t.u. edilizia sulla responsabilità del notaio.
A complemento della disciplina appena ricordata, l'art. 47 del t.u. (così come il previgente art. 21 della l. 47/1985) prevede Sanzioni a carico dei notai.
In particolare, è stabilito che «[i]l ricevimento e l'autenticazione da parte dei notai di atti nulli previsti dagli articoli 46 e 30 e non convalidabili costituisce violazione dell'articolo 28 della legge 16 febbraio 1913, n. 89 [l. not.], […] e comporta l'applicazione delle sanzioni previste dalla legge medesima» (comma 1). Inoltre, si prevede espressamente che «[t]utti i pubblici ufficiali, ottemperando a quanto disposto dall'articolo 30, sono esonerati da responsabilità inerente al trasferimento o alla divisione dei terreni» (comma 2). Disposizione, quest'ultima, che, per un verso, potrebbe apparire superflua, mentre per l'altro sembrerebbe troppo ampia rispetto all'intenzione del legislatore.
Infatti, da un lato, potrebbe apparire superflua perché non vi è certo bisogno di ricondurre espressamente il ricevimento e l'autenticazione di atti nulli ai sensi degli artt. 46 e 30 t.u., all'art. 28 l. not., dal momento che quest'ultimo, com'è noto, vieta già di per sé al notaio di «ricevere o autenticare atti […] espressamente proibiti dalla legge» (comma 1°, n. 1). Non vi è quindi alcun dubbio, dal punto di vista interpretativo, che nella previsione della l. not., rientrino anche gli atti che violino le norme del t.u. sull'edilizia. Si badi, tuttavia, che il citato art. 47 t.u., riconduce all'art. 28 l. not., la condotta del notaio rogante o autenticante gli atti ex artt. 46 e 30 t.u., solo in quanto questi siano «non convalidabili», e cioè soltanto nel caso in cui, posta la nullità di essi, non sussistano i requisiti oggettivi e soggettivi per la "conferma-convalida" illustrata in precedenza [13].
Ciò trova conferma anche nella giurisprudenza di legittimità, la quale ha riconosciuto come il divieto posto dall'art. 28 l. not., riguardi «gli atti affetti da nullità assoluta, e non da mera annullabilità, inefficacia o nullità relativa, [sicché] la sanzione prevista dalla legge notarile non è applicabile a carico del notaio che abbia allegato ad un atto pubblico di compravendita un certificato di destinazione storico-urbanistica non riportante la destinazione attuale della particella compravenduta, trattandosi di atto di cui l'art. 30, 4º comma bis, d.p.r. n. 380 del 2001 non prevede la nullità assoluta, ma una invalidità sanabile, stante la possibilità di una sua "conferma" o l'integrazione, anche ad opera di una sola delle parti o dei suoi aventi causa» [14].
Dall'altro lato, la disposizione dell'art. 47 t.u., appare troppo ampia laddove esonera tutti i pubblici ufficiali «da responsabilità inerente al trasferimento o alla divisione dei terreni», solo che costoro abbiano ottemperato a quanto disposto dall'art. 30 t.u.
L'ampia dizione della norma dev'essere, infatti, letta cum grano salis: osservando le prescrizioni di forma-contenuto poste dall'art. 30, il notaio può considerarsi esente dalla responsabilità penale e amministrativa connessa alla condotta di lottizzazione abusiva eventualmente perpetrata soltanto laddove egli non abbia in alcun modo cooperato scientemente con le parti. Al contrario, la giurisprudenza penale ha affermato la responsabilità del notaio, a titolo di concorso, «ove – dalla dimensione complessiva strutturale di ogni singolo atto […], dal sistema negoziale predisposto per eludere alcune prescrizioni dello strumento urbanistico […] e dalla stipulazione diluita nel tempo di vari atti presso pochi professionisti, da parte degli stessi venditori, per il medesimo terreno […] – risulti la cosciente e volontaria partecipazione al reato in parola, anche tramite consigli tecnici che, per la qualità e le modalità di attuazione, non possono che essere stati forniti da esperti del diritto» [15].
Inoltre, il notaio non potrà certo ritenersi assolutamente irresponsabile – come la formula normativa potrebbe lasciare intendere – anche da un punto di vista civilistico per tutto quanto concerne la sua prestazione professionale in relazione al trasferimento o alla divisione fondiaria. Il notaio, in altre parole, non è certo sgravato, mediante la norma pubblicistica, dall'obbligo di svolgere la propria prestazione nei confronti delle parti con la generale diligenza professionale.
È appena il caso di ricordare come la giurisprudenza penale abbia escluso, anche in una recente pronuncia, che «dal solo fatto dell'avvenuta stipulazione di atto pubblico notarile» possa «farsi discendere la buona fede del terzo acquirente d'immobile abusivamente lottizzato, quale presupposto di esclusione di operatività della confisca». E', infatti, necessario, al fine di affermare tale stato soggettivo, «l'esame specifico dell'atto traslativo e della documentazione […] allegata in una corretta prospettiva di verifica dell'esistenza di un'aspettativa di esattezza giuridica dei provvedimenti amministrativi su cui il privato possa fare affidamento» [16]. Ciò che, giustamente, impedisce inopportune strumentalizzazioni del ruolo del notaio, quasi che il semplice passaggio dell'operazione economica attraverso il "filtro" dell'atto pubblico valesse a "ripulire" la fattispecie da ogni profilo di illiceità imputabile alle parti.
3. L'attività del notaio in relazione alla disciplina urbanistica nella normativa deontologica di categoria. I protocolli dell'attività notarile.
Da quanto detto appena rilevato emerge in modo evidente l'importanza che il legislatore ha attribuito alla regolarità urbanistica degli immobili, al punto da sancire la sostanziale incommerciabilità di quelli affetti da abusi edilizi.
In termini di protezione dell'acquirente, tuttavia, si deve osservare che l'attuale disciplina non appare del tutto adeguata: infatti, né l'obbligo per il venditore di rendere un'analitica dichiarazione circa la regolarità urbanistica dell'immobile (sotto la propria responsabilità penale), né la nullità degli atti aventi ad oggetto un immobile abusivo sembrano tutelare l'acquirente in modo appropriato. Ciò per un duplice ordine di ragioni: da un lato, in quanto la responsabilità penale del venditore (per la falsa dichiarazione e per l'abuso edilizio, ove da lui compiuto) non rappresenta un efficace deterrente, posto che la scoperta di un abuso è spesso rinviata molto al di là nel tempo rispetto alla vendita, e che un eventuale procedimento penale è il più delle volte destinato ad arenarsi nella prescrizione; dall'altro lato, in quanto la nullità degli atti appare addirittura controproducente per l'acquirente, impedendo il suo acquisto e onerandolo di chiedere al venditore la restituzione del prezzo pagato e l'eventuale risarcimento dei danni.
Ebbene, in questo contesto, il notaio riveste istituzionalmente un ruolo di garanzia, ossia di controllo sostanziale della regolarità urbanistica degli immobili che circolano tramite il suo ministero?
Il fatto che la legge non lo preveda espressamente non autorizza l'interprete a rispondere sicuramente in senso negativo. Da un punto di vista deontologico, bisogna, infatti, ricordare almeno due norme dei vigenti Principi di deontologia professionale dei notai [17].
In primo luogo, occorre considerare il principio n. 14, dedicato all'illecita concorrenza tra notai, il quale, con elenco meramente esemplificativo, contempla, fra le fattispecie di illecita concorrenza, «l'esecuzione delle prestazioni secondo sistematici comportamenti frettolosi o compiacenti». Specificando tale nozione, la norma parla di «comportamenti non adeguati alla diligenza del professionista avveduto e scrupoloso, cui il notaio è tenuto nella esecuzione della prestazione», segnalando «alcuni casi-tipo ricavati dalla esperienza notarile e dalla giurisprudenza». Tra questi è inclusa la «rinuncia a richiedere la documentazione dovuta per legge o comunemente ritenuta necessaria (ad es. catastale, urbanistica) per il compiuto ricevimento dell'atto».
Questa disposizione è volta a sanzionare, quindi, il comportamento del notaio che rinunci a richiedere alle parti la documentazione urbanistica relativa agli immobili oggetto dell'atto, ove tale rinuncia sia sistematica, ossia rappresenti per il notaio una vera e propria consuetudine.
Non si tratta, quindi, di un dovere assolutamente inderogabile per il notaio – come oggi può invece ritenersi quello di effettuare le c.d. visure ipotecarie e catastali [18] – quello di richiedere la documentazione urbanistica inerente l'oggetto del trasferimento; tuttavia, ricorre pur sempre di una condotta deontologicamente necessitata, essendo ammesse solo sporadiche deroghe: esattamente come, almeno fino a qualche anno fa, si riteneva che il notaio potesse essere dispensato, in singoli casi, dall'obbligo di effettuare le cc.dd. visure ipocatastali.
A questo proposito, pare opportuno di segnalare che – come riferito dal Presidente del Consiglio notarile di Milano nella sua Relazione sull'attività del Consiglio per l'anno 2014, recentemente diffusa – la Commissione regionale di disciplina lombarda si è occupata, in diversi procedimenti instaurati nel biennio scorso, di clausole di esonero da responsabilità in materia urbanistica inserite in modo seriale negli atti di vendita.
Il primo di questi ha tratto origine dalle risultanze di un verbale di ispezione ordinaria ed è stato promosso dal Sovrintendente dell'Archivio Notarile, il quale ha contestato al notaio la violazione dell'articolo 47 l. not., ritenendo che tali clausole denotassero l'abdicazione alla funzione di adeguamento e, quindi, all'indagine della volontà delle parti, in quanto tesa a confluire nell'atto più idoneo al raggiungimento dello scopo pratico perseguito dalle parti stesse, nella logica di un risultato "antiprocessuale" [19]. Il Consiglio notarile ha ritenuto di intervenire nel procedimento disciplinare per riqualificare l'imputazione quale violazione di norme deontologiche, "alleggerendo" così la posizione del notaio e la Commissione regionale di disciplina ha successivamente accolto la prospettazione del Consiglio.
Ancor più pregnante è però il riferimento al principio deontologico n. 44, dedicato ai cc.dd. protocolli dell'attività notarile. Secondo tale disposizione, «[c]ostituisce comportamento deontologicamente scorretto la sistematica inosservanza dei protocolli dell'attività notarile approvati dal Consiglio Nazionale del Notariato ai fini dell'adozione di adeguate misure a garanzia della qualità della prestazione. I Consigli Notarili Distrettuali esercitano la relativa vigilanza a tutela del cittadino e dell'interesse generale».
Com'è noto, i protocolli dell'attività notarile sono un complesso di regole cui il professionista è tenuto a conformare la propria prestazione al fine di rispondere adeguatamente, con l'adozione di misure idonee a promuovere e garantire la qualità del suo operato, alle esigenze che l'ordinamento intende soddisfare attraverso il suo intervento [20]. Si tratta, in definitiva, di una serie di norme comportamentali e procedimentali emanate dal Consiglio nazionale, le quali determinano in via generale il contenuto minimo – procedurale e sostanziale – dell'intervento del notaio, con riferimento sia all'atto pubblico sia alla scrittura privata autenticata.
E la valenza disciplinare di tali regole comportamentali, trasfuse nel codice deontologico, risulta evidente dal disposto dell'art. 147, comma 1°, lett. b), l. not., che prevede la possibilità di comminare la sanzione della destituzione al notaio «che viola in maniera non occasionale le norme deontologiche elaborate dal Consiglio nazionale del notariato».
Ebbene, ben due dei 22 protocolli esistenti si occupano ex professo della materia urbanistica. Si tratta, in particolare, dei nn. 12 e 13, rispettivamente dedicati alla normativa urbanistica ed edilizia in tema fabbricati e in tema di terreni.
Il primo protocollo detta una serie di regole di condotta che il notaio è tenuto a osservare nel ricevere o nell'autenticare gli atti di cui all'art. 46 t.u. edilizia, e stabilisce che, in tutte le ipotesi in cui, a pena di nullità dell'atto, è richiesta la menzione della dichiarazione della parte alienante o condividente in ordine alla sussistenza di requisiti urbanistici, il notaio debba informare le parti circa le conseguenze connesse alla violazione delle norme poste a presidio della tutela urbanistica ed edilizia, e sulle conseguenze in caso di dichiarazioni mendaci o incomplete relative alla sussistenza dei requisiti urbanistici ed edilizi degli immobili negoziati.
Allo stesso dovere d'informazione è tenuto il notaio qualora l'immobile sia stato oggetto di domanda di sanatoria, ancora pendente, relativa ad un c.d. abuso maggiore, e, qualora dai documenti e dagli atti prodotti dalle parti (o acquisiti dal notaio), emergano fondati e ragionevoli dubbi in ordine alla sussistenza dei requisiti minimi richiesti dalla legge per la commerciabilità dell'immobile, il notaio dovrà astenersi dal ricevere l'atto e dovrà invitare le parti ad effettuare, tramite un tecnico abilitato, gli opportuni accertamenti peritali per verificare la sussistenza o l'insussistenza dei requisiti stessi.
In relazione ai cc.dd. abusi minori, il notaio ha il dovere di informare le parti sulle conseguenze e la responsabilità legate alla circolazione di immobili che, sebbene commerciabili, siano affetti da tale tipologia di abusi. Anche in tal caso, egli inviterà le parti ad acquisire i provvedimenti amministrativi, i documenti, le planimetrie, le relazioni tecniche, il certificato di collaudo finale e ad effettuare i controlli e le verifiche opportune al fine di accertare la conformità ovvero la parziale difformità dell'immobile negoziato alla norme urbanistiche ed edilizie.
Da un punto di vista formale, il protocollo prescrive che dall'atto notarile (o da un suo allegato) dovrà risultare l'adempimento del dovere d'informazione, vuoi sotto forma di dichiarazione espressa delle parti, vuoi, implicitamente, sotto forma di regolamentazione contrattuale delle garanzie relative alla regolarità urbanistica ed edilizia dell'immobile oggetto di contrattazione.
Il notaio dovrà, inoltre, verificare i cc.dd. titoli di provenienza infraquinquennali, onde accertare l'inesistenza di vizi che possano aver inficiato di nullità gli atti; qualora il notaio accertasse l'esistenza di un vizio sanabile, sarà tenuto a invitare le parti a perfezionare e trascrivere il relativo atto di conferma, offrendo la sua ampia disponibilità a provvedere egli stesso al perfezionamento dell'atto di conferma, anche mediante inserimento nell'atto pubblico ricevuto (o nella scrittura privata autenticata) della dichiarazione di conferma resa dalla parte legittimata e alla sua pubblicità nei registri immobiliari.
Il protocollo n. 13, come già accennato, è invece dedicato alla normativa urbanistica in materia di terreni e detta una serie di regole di condotta che il notaio è tenuto a osservare nel ricevere o nell'autenticare gli atti di cui all'art. 30 t.u. edilizia. Anche in questo caso si prevede che il notaio debba informare le parti sulle conseguenze giuridiche della lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio, sia materiale sia negoziale, nei casi in cui l'operazione presenti elementi di incongruità in relazione agli elementi che possono evincersi dalla definizione di lottizzazione abusiva.
Il notaio, poi, «si asterrà dal prestare qualunque contributo attivo e consapevole all'altrui illecita attività finalizzata al suddetto scopo; presenterà o trasmetterà, senza ritardo, al pubblico ministero o a un ufficiale di polizia giudiziaria, denunzia scritta in tutti i casi in cui […] emerga il sospetto di una lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio».
Vige, infine, la stessa regola di cui al protocollo n. 12 circa la verifica dei titoli di provenienza.
4. Disciplina urbanistica e ruolo del notaio nella giurisprudenza.
La giurisprudenza in materia, soprattutto penale, appare fedele al consolidato orientamento di legittimità secondo il quale non sussiste alcun obbligo giuridico a carico del pubblico ufficiale rogante di verificare la corrispondenza al vero di quanto dichiarato dal venditore in ordine alla conformità del bene compravenduto agli strumenti urbanistici.
Anche in un recente dictum del Supremo Collegio [21] è stato ritenuto che, ricevuta la dichiarazione di parte di cui all'art. 46 t.u. edilizia, gli obblighi del notaio possono ritenersi assolti, non risultando dalle norme di legge un dovere del professionista di attivarsi, personalmente o tramite delegati, al fine di eseguire ulteriori verifiche volte ad accertare la corrispondenza al vero della dichiarazione ricevuta, ove ciò non emerga già dagli atti a sua conoscenza o comunque in suo possesso. La Corte ha così ritenuto di condividere l'orientamento interpretativo secondo il quale è corretta l'esclusione di un obbligo giuridico a carico del pubblico ufficiale rogante di verificare la corrispondenza al vero di quanto dichiarato dal venditore in tema di conformità del bene compravenduto agli strumenti urbanistici [22].
In linea di principio, infatti, «nessun obbligo riguarda il notaio, tenuto solo a verificare che, per dichiarazione dell'alienante, risultino gli estremi della conformità agli strumenti urbanistici o della concessione rilasciata in sanatoria» [23].
Anche le sezioni civili della Suprema Corte sostengono la stessa linea di pensiero. «Il notaio», afferma una massima ricorrente nei repertori, «non può essere considerato responsabile di una dichiarazione invalida resa dalla parte relativamente alla rispondenza dello stato di fatto della singola porzione immobiliare alla concessione edilizia relativa all'intero edificio, non estendendosi la fede privilegiata propria dell'atto notarile al contenuto delle dichiarazioni rese dalle parti, onde non è configurabile alcuna attività obbligatoria di accertamento da parte del notaio, che non ne abbia ricevuto specifico incarico, sulla veridicità delle dichiarazioni stesse e quindi alcuna sua responsabilità per invalidità dell'atto derivante da loro inidoneità» [24].
A fronte di tale orientamento di legittimità, appare eccentrica e sicuramente non degna di seguito una recente pronuncia di merito [25], secondo la quale l'affidamento nelle dichiarazioni rese dalle parti in sede di stipulazione di un contratto di compravendita immobiliare, e risultate poi mendaci, può costituire fonte di responsabilità per il professionista. Il Tribunale ha, infatti, stabilito che il professionista sarebbe obbligato a verificare la corrispondenza delle dichiarazioni delle parti in merito ai beni trasferiti, condannando il notaio ai risarcimento dei danni, in solido con il venditore, poiché, non adempiendo adeguatamente il proprio mandato ai sensi dell'art. 1176 cod. civ., non si sarebbe avveduto della mendacità delle dichiarazioni dell'alienante.
Si tratta, evidentemente, di una conclusione priva di solidi riferimenti nel contesto della normativa vigente e completamente in controtendenza rispetto a un filone di giurisprudenza di legittimità e di merito che ormai può definirsi uniforme e consolidato.
5. L'indagine urbanistica come "maggior servizio" offerto dal notaio: opportunità e responsabilità.
In conclusione, può affermarsi che il controllo notarile sostanziale circa la regolarità urbanistica degli immobili non è certamente previsto dalla legge; d'altra parte, come si è visto, si tratterebbe di un controllo tecnico che il notaio in quanto tale non sarebbe in grado di svolgere. In presenza di una dichiarazione regolare, con la quale il venditore fornisce notizia dettagliata della storia urbanistica dell'immobile, il notaio non potrà rifiutarsi di perfezionare o autenticare l'atto e non sarebbe tenuto a ulteriori approfondimenti.
Peraltro, non sono pochi i notai che si affidano a uno o più tecnici di fiducia al fine di svolgere una due diligence urbanistica relativamente agli immobili del cui trasferimento sono incaricati. Si tratta di un'attività di visura, o meglio di indagine urbanistica, che il notaio, al fine di rendere alla clientela un miglior servizio, si offre di far svolgere senza esservi obbligato per legge. Ciò non toglie, tuttavia, che, nel caso in cui sia effettivamente svolta, tale attività debba essere espletata secondo i consueti canoni della diligenza professionale, trattandosi a tutti gli effetti di una prestazione assunta contrattualmente nei confronti delle parti.
È una soluzione – questa del tecnico incaricato dal notaio – che appare esprimere correttamente il carattere, proprio della figura del notaio, di terzietà rispetto alle parti. Egli, infatti, nomina direttamente, sotto la propria responsabilità, un professionista competente e, a sua volta, terzo rispetto alle parti e agli eventuali consulenti individuali di queste, e quindi immune dagli interessi privati del venditore o dell'acquirente [26]. In base alla relazione di tale professionista, il notaio è in grado di dare alle parti una risposta chiara e certa alle istanze di parte, procedendo poi alla stipula secondo le relative risultanze.
Come ogni prestazione di servizi, peraltro, questa attività d'indagine implica un costo, non di rado difficilmente pronosticabile, data la complessità delle ricerche che, in concreto, una valutazione di regolarità urbanistica potrebbe richiedere.
Com'è noto, infatti, non vi sono pubblici registri in materia e un giudizio di regolarità urbanistica potrebbe addirittura richiedere di svolgere un'indagine direttamente sull'immobile. Ciò, in periodi come quelli attuali, in cui la sicurezza degli acquisti immobiliari appare sovente rappresentare un "bene secondario", non essenziale, a volte quasi un orpello (essendo oggigiorno quello del risparmio il primario criterio di scelta di molti acquirenti), potrebbe rappresentare un maggior servizio addirittura penalizzante per il professionista [27]. Il quale, peraltro, ben potrà offrirlo in via opzionale e aggiuntiva rispetto agli altri offerti "di default"; eventualmente suggerendo alle parti di considerare seriamente se l'assoluta tranquillità e sicurezza del proprio acquisto immobiliare valga la maggior spesa dell'indagine urbanistica.
[1] Per tale osservazione v., in particolare, C. Lanzani, Responsabilità del notaio: tra orientamenti consolidati e nuove tendenze, in Danno e resp., 2009, 1, p. 67 e ss.
Sulla responsabilità del notaio in generale la bibliografia è ormai pressoché sterminata. Se ne veda un'ampissima e aggiornata rassegna in testa al recente saggio di F. Fortinguerra, La responsabilità del notaio, in G. Bonilini-M. Confortini, I codici commentati. Codice della responsabilità civile e RC auto, a cura di G. Bonilini-U. Carnevali-M. Confortini, Milano-Torino, 2015, p. 719 e ss., cui adde il volume di G. Celeste, La responsabilità civile del notaio, Napoli, 2007.
[2] In particolare, sulla responsabilità del notaio in materia urbanistica ed edilizia – e limitandoci ai contributi più recenti – v. G. Celeste, La responsabilità, cit., p. 146 e ss., ove ulteriori riferimenti dottrinali sub nt. 333; L. Siliquini Cinelli, La responsabilità civile del notaio. Criteri di configurabilità e casistica nel mercato delle regole, Milano, 2011, p. 105 e ss., dove peraltro non è offerta che una rassegna della normativa urbanistica d'interesse notarile; G. Musolino, La responsabilità dell'avvocato e del notaio, Milano, 2005, p. 330 e s., ma con esclusivo riferimento al difetto di abitabilità dell'immobile trasferito per atto notarile; da ultimo, qualche cenno è offerto da F. Fortinguerra, La responsabilità, cit., p. 749.
[3] Cfr., sul punto, almeno S. Tondo, Sanzioni civilistiche nella normativa urbanistica, in Vita not., 2004, p. 780 e ss.
[4] Si veda, in tema, Cass. civ., 26 luglio 2005, n. 15584, in Rep. Foro it., 2005, Edilizia e urbanistica, n. 668, la quale ha statuito che «[a]i fini della nullità formale di un atto di trasferimento immobiliare, per mancata osservanza delle disposizioni di cui agli art. 17 e 40 l. n. 47 del 1985, è sufficiente che si riscontri la mancanza nell'atto degli estremi della licenza (o concessione) ad edificare, a prescindere dalla reale esistenza di essa, ovvero che si rilevi la mancata indicazione nel medesimo atto della concessione rilasciata in sanatoria e, per le opere iniziate anteriormente al 1 settembre 1967, la mancata dichiarazione sostitutiva di atto notorio, attestante che l'opera è iniziata prima di quella data, non rilevando che tali indicazioni compaiano in altri atti, connessi alla compravendita ma da questa formalmente distinti».
Sulla natura giuridica della dichiarazione richiesta dalla norma si veda F. Gazzoni, Manuale di diritto privato14, Napoli, 2009, p. 1119 e s., secondo cui «[s]i tratta di una dichiarazione di scienza e non di una dichiarazione di volontà, come tale del tutto estranea al contenuto dispositivo negoziale. Non può dunque considerarsi requisito di validità sul piano formale, riferendosi essa all'esistenza di un fatto storico esterno alla struttura dell'atto ed attestando solamente della non-abusività dell'edificio (cioè a dire di una sua qualità giuridica) in funzione latamente probatoria, come è del resto tipico delle dichiarazioni di scienza».
[5] V., sul punto, G. Baralis-G. Metitieri, Pubblicità sanante, leggi speciali e responsabilità notarile in Riv. not., 1992, p. 401 e ss. (spec. p. 423 e ss.).
[6] In generale, per una collocazione sistematica delle previsioni d'invalidità civilistica di cui alla normativa urbanistica e per una puntuale rassegna delle tesi avanzate al riguardo in dottrina e giurisprudenza, v. C. Donisi, Abusivismo edilizio e invalidità negoziale, Napoli, 1986, p. 59 e ss., nonché F. Gazzoni, Manuale, cit., p. 1118 e ss. (spec. p. 1120 e ss.), ad avviso del quale dovrebbe piuttosto «dirsi che il contratto, privo della dichiarazione (di scienza) dell'alienante, è inefficace, in quanto sottoposto alla condicio iuris sospensiva della successiva dichiarazione, che è e resta anch'essa una dichiarazione di scienza e non già negoziale, la quale si configura così come un requisito legale (esterno) di efficacia, che sopravviene, rispetto al momento della conclusione del contratto, con effetto retroattivo» (ivi, p. 1121). Così si spiegherebbe «perché, essendo condizionato, il notaio può rogare l'atto, laddove se si fosse in presenza di una nullità osterebbe al rogito l'art. 28 n. 1 della legge notarile» (ibid.). Si veda pure B. del Vecchio, La possibile convalida dell'atto nullo di trasferimento di terreni, in Riv. not., 2005, p. 55 e ss. (spec. p. 60 e ss.).
[7] Cfr. G.C. Mengoli, Manuale di diritto urbanistico7, Milano, 2014, p. 1068 e ss.
[8] V. inoltre l'art. 41, comma 1°, L. 47/1985, secondo cui, «[a]i fini della commerciabilità dei beni, possono essere stipulati gli atti aventi per oggetto diritti reali relativi ad immobili la cui costruzione sia stata iniziata successivamente al 1° settembre 1967 per i quali sia esibita idonea certificazione rilasciata dall'autorità competente che attesti l'avvenuto integrale adempimento delle prescrizioni dei provvedimenti sanzionatori adottati […] per il caso di opere eseguite senza la licenza di costruzione o in base a licenza annullata […]. Degli estremi dei documenti esibiti dovrà farsi menzione in atto».
Spiega G.C. Mengoli, Manuale, cit., p. 1073, che «[t]ale norma vieta, in combinazione con l'art. 40, sempre per i soli edifici integralmente abusivi, ogni possibilità di commercio dei fabbricati, o quanto meno di unità immobiliari, realizzati integralmente senza titolo, che non siano stati oggetto di condono, e pertanto costituisce una sanzione di tipo sostanziale, confermando che la falsa od erronea indicazione degli estremi del titolo cui non corrisponda la realtà dell'atto autorizzativo, non rende l'atto valido, se non formalmente, persistendo invece per i detti casi la nullità sostanziale dell'atto stesso» (il corsivo è dell'A.).
[9] In generale sull'istituto della lottizzazione v. G.C. Mengoli, Manuale, cit., p. 283 e ss., nonché 1047 ss. sulla lottizzazione abusiva.
[10] Per il carattere formale della nullità in esame, v. G.C. Mengoli, Manuale, cit., p. 1067.
[11] Così, ancora, G.C. Mengoli, Manuale, cit., p. 1067.
[12] V., in materia, G. Trapani, Dall'impossibile conferma alla conferma possibile, in Riv. not., 2007, 753 ss., e R. Torre, La conferma o integrazione dell'atto nullo di trasferimento di terreno, ivi, 779 ss.
[13] V. supra, § 1.
[14] Così Cass. civ., 14 febbraio 2008, n. 3526, in Rep. Foro it., 2008, Notaio, n. 33.
[15] In tal senso, testualmente, Cass. pen., 8 novembre 2000, n. 12989, in Riv. giur. edil., 2001, I, p. 529 e ss.
[16] Così Cass. pen., 28 febbraio 2013, n. 15981, in Riv. giur. edil., 2013, I, p. 722 e ss.
[17] Si tratta del comunicato del Consiglio Nazionale del Notariato del 5 aprile 2008, pubblicato nella G.U. del 30 luglio 2008.
Sulla deontologia notarile, in generale, si vedano almeno M. Di Fabio, Manuale di Notariato2, Milano, 2007, p. 353 e ss.; E. Marmocchi, La deontologia notarile dall'etica al diritto, in Notariato, 2007, 415 ss.; G. Celeste, La deontologia professionale nel sistema delle fonti dell'ordinamento notarile, in Riv. not., 1997, p. 657 e ss.; P. Piccoli, La deontologia nel quadro della funzione pubblica e sociale del notaio, in Stud. iur., 1996, p. 659 e ss.; A. Bortoluzzi, Il notaio nell'epoca della decodificazione (i principi di indipendenza ed imparzialità e le norme di deontologia), in Vita not., 1995, p. 477 e ss.; A. Fusaro, La deontologia del notaio, in Vita not., 1995, p. 982 e ss.
[18] Si veda il comma 1-bis dell'art. 29 L. 27 febbraio 1985, n. 52 (recante Modifiche al libro sesto del codice civile e norme di servizio ipotecario, in riferimento alla introduzione di un sistema di elaborazione automatica nelle conservatorie dei registri immobiliari), norma introdotta dall'art. 19, comma 14, D.l. 31 maggio 2010, n. 78, secondo la quale «[g]li atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all'identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. La predetta dichiarazione può essere sostituita da un'attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari».
In dottrina, sul punto, si veda almeno N.A. Cimmino, L'obbligo delle visure ipotecarie e catastali alla luce del D.L. n. 78/2010, nt. a Cass. civ., 1° dicembre 2009, n. 25270, in Notariato, 2011, p. 13 e ss., nonché M. Ceolin, La conformità oggettiva e soggettiva nel d.l. 31 maggio 2010 n. 78 (conv. in l. 31 luglio 2010 n. 122) e il problema della nullità degli atti, in Riv. not., 2011, I, p. 335 e ss.
[19] Sulla tradizionale ricostruzione della funzione notarile in chiave antilitigiosa, sovente attribuita a Francesco Carnelutti – che ne è stato indubbiamente il più celebre fautore – ma risalente assai più indietro nel tempo, v. i riferimenti forniti da M. Mattioni, Tre questioni in materia di forma del testamento pubblico, in Riv. dir. civ., 2012, II, p. 529 e ss. (spec. 555 s., sub nt. 99).
[20] In particolare, sui Protocolli, v. M. Di Fabio, Manuale, cit., p. 361 e s., nonché, in ordine al pericolo che essi possano condurre a una non auspicabile standardizzazione dell'attività notarile a scapito dell'"artigianalità" della stessa, A. Roveda, Il paradosso dei protocolli, in Federnotizie, 2006, p. 83 e ss.
[21] Cass. pen., 26 marzo 2012, n. 11628, inedita.
[22] V. già Cass. pen., 3 giugno 2008, n. 35999, in Rep. Foro it., 2009, Falsità in atti, n. 60.
[23] Cass. pen., 26 marzo 2012, n. 11628, cit.
[24] Si tratta di Cass. civ., 17 giugno 1999, n. 6018, leggibile in Riv. not., 2000, p. 445 e ss., con nt. di G. Casu.
[25] Si tratta di Trib. Nola, 17 marzo 2014, n. 886, inedita.
[26] Classico il riferimento sul punto a F. Carnelutti, La figura giuridica del Notaro, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1950, p. 915 e ss., e in Riv. not., 1951, I, p. 1 e ss.
[27] Basti ricordare come il recente d.d.l. sulla concorrenza, approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 20 febbraio 2015, miri a sottrarre alla competenza notarile una significativa parte dei trasferimenti immobiliari. Dispone, infatti, l'art. 29 del documento (rubricato Semplificazione del passaggio di proprietà di beni immobili ad uso non abitativo) che, «[i]n tutti i casi nei quali per gli atti e le dichiarazioni aventi ad oggetto la cessione o la donazione di beni immobili adibiti ad uso non abitativo, come individuati dall'articolo 812 del codice civile, di valore catastale non superiore a 100.000 euro, ovvero aventi ad oggetto la costituzione o la modificazione di diritti sui medesimi beni, è necessaria l'autenticazione della relativa sottoscrizione, essa può essere effettuata dagli avvocati abilitati al patrocinio, muniti di polizza assicurativa pari almeno al valore del bene dichiarato nell'atto».
Come osservato da M. Libertini, Notariato e avvocatura nel d.d.l. sulla concorrenza, in Notariato, 2/2015, p. 121 e ss., «[a] prima vista, anche questa sembra una norma volta a promuovere la concorrenza (stavolta fra professionisti iscritti ad albi diversi). Essa però presenta incongruenze, perché in realtà le prestazioni messe in concorrenza sono diverse. Le autenticazioni dei notai si inseriscono in una disciplina della professione tradizionalmente comprensiva di obblighi di documentazione rigorosi e da una pervasiva vigilanza (obblighi di repertorio, archivi notarili ecc.). Le autenticazioni degli avvocati saranno invece atti a forma libera, non documentati in appositi registri e archivi. Ciò può creare qualche preoccupazione, sul piano della certezza giuridica, anche perché gli avvocati italiani sono più di 200.000, con tutto ciò che ne segue in termini di rischio statistico. In ogni caso, sorge spontaneo un dubbio: se le autenticazioni degli avvocati dessero le stesse garanzie di quelle dei notai, non si vede perché non consentirle per tutto il traffico immobiliare; se invece non danno le stesse garanzie, non si vede perché, per il trasferimento di alcuni immobili (e, per certi terreni agricoli, anche di immobili non piccoli), si debbano accettare forme di trasferimento che espongano i soggetti interessati a maggiori rischi di incertezza giuridica» (ivi, p. 123).
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