Controlli sull’attività del delegato: tra poteri officiosi del giudice e mezzi di impugnazione. La stabilità dei risultati della vendita giudiziale
Controlli sull’attività del delegato:
tra poteri officiosi del giudice e mezzi di impugnazione.
La stabilità dei risultati della vendita giudiziale
di Franco De Stefano
Consigliere della Corte di Cassazione

Relazione orale (Appunti)

Controlli sulle attività del delegato

Il principio generale è che le attività compiute dal delegato è come se fossero compiute dal cancelliere o dal giudice stesso. Ma, poiché rimane la prevalente natura di ausiliario del giudice, il codice prevede che gli atti del delegato vanno controllati dal giudice che lo ha delegato e che quindi prima di ogni altra cosa occorra rivolgersi a lui.
Ma, prima di tutto, poiché non tutto va sempre liscio, nel corso dell’espletamento delle operazioni delegate il professionista può sempre domandare al giudice delegante che siano impartite ulteriori istruzioni specificative dei compiti del delegato ovvero risolti problemi applicativi per difficoltà comunque insorte o sopravvenute. Analogo potere, pur nel silenzio della legge, va riconosciuto ai soggetti del processo, che possono sempre rivolgersi prima al delegato e poi, mediante ricorso, al giudice che ha pronunciato la delega.
È quindi una potestà immanente di controllo da parte del giudice dell’esecuzione sul professionista delegato: al quale, per il resto, è attribuito un potere di risolvere direttamente tutte le questioni, materiali ma pure giuridiche, che insorgano durante l’espletamento della delega.
Il giudice provvede con decreto e quindi senza necessità di sentire preventivamente gli interessati: avverso il quale è esperibile un reclamo con ricorso allo stesso g.e., cui segue un provvedimento finale con ordinanza (e quindi previa audizione degli interessati).
Sia il decreto che la successiva ordinanza non sono decisori, né, quindi, impugnabili direttamente per cassazione (Cass., n. 11036/09); ma per proporre reclamo si è ritenuto necessario seguire le forme del procedimento camerale, caratterizzato dalla facoltà, per il giudice, di sospendere le operazioni di vendita in presenza di gravi motivi (che, di regola, coinvolgono l’impossibilità - ad es. per il deperimento improvviso del bene, o per l’occupazione senza titolo gravemente incidente sul valore di mercato - o l’inopportunità - ad es. omissioni informative ai soggetti aventi diritto - evidenti di proseguire nelle operazioni liquidatorie in corso).
L’opposizione agli atti esecutivi, prima della Riforma del 2015, era ammessa solamente contro l’ordinanza che provvede sul reclamo e mai prima (Cass., ord. n. 1335/11; Cass., n. 19878/13); e le istruzioni date dal giudice al delegato potevano essere contestate soltanto prima di avere avuto materiale applicazione (Cass., n. 8864/11) ed anzi, se contenute nell’ordinanza di delega, impugnando tempestivamente quest’ultima (Cass., n. 22794/09).
Tuttavia, con la Riforma del 2015 e per di più in sede di conversione in legge del D.l. 83/15, il meccanismo di controllo è stato innovato: eliminato il riferimento all’ordinaria opponibilità ex art. 617 c.p.c. del provvedimento con cui il G.E. pronunciava sull’istanza del professionista delegato o sul reclamo degli interessato, si stabilisce ora, quale esclusiva forma di impugnazione di quel provvedimento, l’insolito strumento del reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c., cioè del reclamo regolato dal c.d. rito cautelare unificato, da proporsi al collegio del tribunale, ma del quale non può far parte il giudice che ha reso il provvedimento stesso.
La disposizione è del tutto incongruente con l’istituto del reclamo, in genere correlato a provvedimenti connotati da un carattere cautelare (quali hanno le sospensioni ex art. 512 o 624 o 618 c.p.c., nei quali è infatti coerentemente ammesso), di cui è privo invece quello specifico provvedimento, meramente ordinatorio, con cui si risolvono le difficoltà insorte nell’espletamento della delega.
Questo, infatti, non ha natura diversa da quella dell’ordinanza che la delega conferisce o che modifica o perfino revoca la prima: sicché era logico immaginare che anche il successivo provvedimento fosse assoggettato allo stesso mezzo di impugnazione del primo, cioè, appunto, l’opposizione ex art. 617 c.p.c. La modifica potrà avere ripercussioni anche sul regime di stabilità dell’ordinanza che provvede sul reclamo ex art. 591-ter c.p.c., perché è sempre esclusa ogni impugnazione del provvedimento che decide sul reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c., la cui natura decisoria è costantemente esclusa dalla giurisprudenza di legittimità: mentre, con il regime previgente, sul provvedimento conclusivo del G.E. era sempre ammesso invece il controllo da parte di un giudice superiore e, poi, della stessa corte di legittimità.
Anzi, potrebbe ora essere necessario rimettere in discussione le conclusioni ordinariamente raggiunte sull’impugnabilità solo differita degli atti del delegato, visto che il mancato esperimento del reclamo, mezzo tipico e specifico, potrebbe comportare una sorta di definitivo consolidamento dell’efficacia del provvedimento impugnato. Insomma, un risultato un po’ incauto e dalle conseguenze francamente incalcolabili.
Dell’operato del delegato - e dell’adeguata vigilanza sul medesimo (anche, ad esempio, sulla gestione delle somme ricavate dalle vendite) risponde disciplinarmente il delegante (Cass., S.U., nn. 18701/11 e 21378/11).
E lo Stato risponde dei ritardi - ai fini della c.d. legge Pinto (legge 24 marzo 2001, n. 89) - nella definizione della procedura anche quando delegata, a meno che nessun addebito possa farsi alla diligenza posta in essere dal professionista (Cass., n. 13921/14).

La stabilità della vendita forzata

Chi compra a seguito di una vendita forzata dovrebbe avere poco da temere per i vizi del procedimento: l’art. 2929 c.c. pone a suo favore una regola generale di insensibilità della vendita (od assegnazione) forzata alle nullità degli atti esecutivi che l’hanno preceduta; e prevede una sola eccezione a tale regola, per il caso di collusione con il creditore procedente, escludendo comunque da qualsiasi obbligo restitutorio gli altri creditori. Non si estende quindi, in danno dell’aggiudicatario, alcuna illegittimità del processo, benché sia una regola generale quella della trasmissione di questa ad ogni atto derivante o dipendente.
Anche questo è un tema assai dibattuto tra gli interpreti, per la grandissima rilevanza pratica delle conseguenze in tema di affidabilità degli estranei al processo - quali sono di norma gli aggiudicatari - sulla stabilità degli effetti dei loro sforzi, spesso anche importanti, per rendersi acquirenti in quella sede del bene offerto da un ufficio pubblico e, quindi, da un soggetto che dovrebbe offrire le massime garanzie di serietà nell’attività espletata e di bontà ed effettività dei risultati promessi. Se non si compra bene «in tribunale», dove si compra bene? Se non ci si fida «del tribunale», di chi ci si fiderebbe?
Una vendita forzata deve essere conveniente, altrimenti nessuno ci si impegnerebbe: e, per essere conveniente, non deve presentare profili di precarietà derivanti da vizi del procedimento che l’aggiudicatario non è stato in grado di conoscere e quindi di valutare nel momento in cui ha considerato la convenienza economica del suo investimento e della sua positiva risposta alla sollecitazione al pubblico operata dall’ufficio giudiziario con il bando di vendita.
La tutela dell’aggiudicatario comporta allora che, in via del tutto eccezionale e sempre che egli stesso non sia colluso o comunque consapevole del «retroscena», non potranno essergli opposte le nullità del processo esecutivo, diverse da quelle immediatamente da lui percepibili perché relative allo stesso procedimento di vendita.
Non è questa la sede per approfondire il discorso. Basti però dire che l’impostazione è ormai recepita dalla Cassazione, che:
- tutela l’aggiudicatario anche nel caso in cui venga meno fin dall’origine («ex tunc») il titolo esecutivo posto a fondamento del processo (Cass., S.U., n. 21110/12);
- comunque, riconosce la tutela dell’aggiudicatario incolpevole quale uno degli attuali principi fondanti del processo esecutivo (Cass., n. 9255/15; Cass., n. 7708/14; Cass., S.U., n. 21110/12; Cass., n. 26202/11; Cass., n. 12960/11; Cass., S.U., n. 262/10).
La tutela si arresta, allo stato attuale della giurisprudenza, solo davanti alla radicale ingiustizia oggettiva dell’espropriazione, come nel caso di non appartenenza del bene al debitore esecutato, oppure di impignorabilità del bene.
È lo stesso codice ad escludere da tale tutela i casi dei vizi dello stesso subprocedimento di vendita, che sono allora ben percepibili (o, almeno, percepibili con l’ordinaria diligenza di chiunque si accinga ad un affare così importante come l’acquisto di un immobile) da chi vi partecipa: è il caso della violazione delle disposizioni della stessa ordinanza di vendita in punto di pubblicità (Cass., n. 9255/15).
Non hanno rilievo, invece (e quindi la vendita resta del tutto valida per l’aggiudicatario), tutte le nullità verificatesi prima della fase di vendita (Cass., n. 18312/14), come ad es. quelle relative al deposito di documenti (Cass., n. 26202/11) o al rispetto di altri oneri formali.
In ogni caso, i vizi stessi vanno fatti valere da chi ne ha interesse con il consueto rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi (tranne, forse, il caso della non appartenenza del bene al debitore, che può far valere però il vero proprietario e non certo il debitore esecutato, oppure quello dell’impignorabilità del bene, suscettibili entrambi di un’opposizione all’esecuzione, svincolata quindi dai termini di decadenza dell’art. 617 c.p.c.); decorso il termine per proporre la quale anche quelli restano irrilevanti.
Però, l’aggiudicazione - anche provvisoria - sopravvive anche all’estinzione od alla chiusura anticipata del processo esecutivo (art. 187-bis disp. att. c.p.c.): è quindi buona regola proporre opposizione e chiedere la sospensione prima che si faccia luogo all’aggiudicazione, altrimenti potrebbe essere troppo tardi per recuperare il bene che sia stato aggiudicato ad un terzo incolpevole ed allora il debitore potrebbe rifarsi soltanto sul ricavato (e cioè sul prezzo).
Infine, un cenno alle previsioni del codice civile.
Si tratta di una serie di norme sufficientemente organica: gli artt. 2919 e ss. c.c.; di essi qui può proporsi solamente un sommario prevalentemente assertivo.
La vendita forzata ha un effetto traslativo, di natura derivativa (ma anche in tal caso sui generis): è trasferito all’aggiudicatario del bene lo stesso diritto di cui era titolare il debitore, con la stessa ampiezza e le medesime limitazioni che sarebbero valse però non solo per lui, ma anche per i creditori. Quindi, tutto ciò che non era opponibile ai - cioè, che non poteva essere validamente fatto valere contro i - creditori, non sarà opponibile neppure all’aggiudicatario; ma, al tempo stesso, questi non potrà vantare sul bene acquistato un diritto di maggiore ampiezza rispetto a quella di cui era titolare il debitore. In particolare, tutto ciò che al bene accade dopo il pignoramento è come se non fosse mai venuto ad esistenza in danno dei creditori e, quindi, neppure in danno dell’aggiudicatario: il pignoramento cristallizza la situazione del bene pignorato ed è quella e solo quella (tranne poche eccezioni, come nel perimento anche incolpevole del bene, quale - dal punto di vista giuridico - si ha con l’espropriazione per pubblica utilità o la confisca penale o di prevenzione) ad essere trasferita all’aggiudicatario.
Sono esclusi dal trasferimento i pesi e i vincoli coinvolti necessariamente dal pignoramento, cioè, primi tra tutti, quelli derivanti da ipoteche anteriori, mentre ogni vincolo successivo al pignoramento è assolutamente irrilevante per creditori ed aggiudicatario.
La tutela dei veri proprietari o degli altri titolari di diritti sulla cosa varia a seconda che si tratta di beni mobili od immobili; e, poi, l’aggiudicatario è garantito in caso di evizione, cioè di perdita della cosa acquistata, che sia stata vittoriosamente rivendicata dal vero proprietario e quindi se essa solo apparentemente apparteneva al debitore e non poteva allora essere neppure messa in vendita; ma la tutela è ovviamente trasferita sul prezzo ricavato, se ancora disponibile, altrimenti essa sarà solo risarcitoria e cioè l’aggiudicatario si rivolgerà al procedente per ricevere il risarcimento del danno patito.
Non è invece estesa all’aggiudicatario la garanzia per i vizi della cosa venduta: ma, in compenso, essa è concessa in caso di aliud pro alio, cioè di vendita di una cosa con caratteristiche tali da farla considerare del tutto diversa da quella offerta in vendita; e, se il relativo concetto è interpretato in senso più generoso nei confronti dell’aggiudicatario per compensarlo in qualche modo della restrizione nella garanzia per i vizi, la Cassazione esige che, se la diversità è percepita dall’aggiudicatario finché dura il processo esecutivo, egli la faccia valere - altrimenti decadendo dalla relativa tutela - con l’opposizione ex art. 617 c.p.c. entro venti giorni dalla scoperta di quella (Cass., n. 7708/14).
Norme speciali regolano la locazione del bene aggiudicato risalente a prima del pignoramento: solo in caso di certezza sull’anteriorità della locazione al pignoramento o sull’assenza di intenti fraudolenti (come per il caso di canone a prezzo vile) la locazione stessa può essere imposta anche all’aggiudicatario e comunque per un periodo non superiore a quello massimo previsto dalla legge in relazione alla tipologia di contratto. Inoltre, per gli immobili, è radicalmente inopponibile all’aggiudicatario (e quindi non può essere fatta valere contro di lui) la locazione stipulata dal debitore dopo il pignoramento senza l’autorizzazione del giudice (salvo quella derivante dalla prima rinnovazione c.d. semiautomatica delle locazioni abitative, ex art. 3 legge 431/98, o non abitative, ex art. 27 o 42 legge 392/78).
Diverso è il caso, che meriterebbe però ben altro spazio, della assegnazione della casa coniugale: la quale, di norma, può essere certamente fatta valere nei confronti dell’aggiudicatario se il relativo provvedimento è stato trascritto anteriormente al pignoramento, ma la giurisprudenza tende ad ammettere la sua opponibilità, a tutela delle esigenze della famiglia, anche ben al di là di questi limiti e quindi pure se disposta dopo il pignoramento e fino al raggiungimento della piena autosufficienza dei figli affidati in prevalenza al coniuge assegnatario della casa coniugale.
Analoghe norme di tutela sono dettate per le liberazioni o per le cessioni di pigioni o fitti, esigendosene la trascrizione, se eccedenti il triennio.
Qualche particolarità di tutela è prevista poi per l’assegnazione: in caso di beni mobili, l’assegnatario di buona fede (che è pur sempre uno dei creditore e che, cioè, ignorava l’esistenza, sul bene mobile, del diritto del terzo) può subire l’iniziativa del terzo che vantava diritti sul bene assegnato, ma col limite del valore del suo credito, mantenendo le sue ragioni verso il debitore. In tutti i casi, poi, di evizione (non importa se di mobili o di immobili), l’assegnatario può recuperare quanto ha pagato agli altri creditori, mantenendo le ragioni nei confronti del debitore. Ed infine, regola generale nell’assegnazione di crediti è che essa ha luogo sempre pro solvendo, sicché il diritto del creditore assegnatario non si estingue se non quando il debitore del debitore avrà in concreto pagato per intero il suo proprio debito.

Appendice di giurisprudenza di legittimità recente

Controlli sull’attività del delegato

Sez. 6-3, Sentenza n. 9255 del 07 maggio 2015
(non massimata)

Le condizioni del subprocedimento di vendita, come fissate dal giudice dell’esecuzione anche in relazione ad eventuali particolari modalità di pubblicità, pure ulteriori o diverse rispetto a quelle minime stabilite dall’art. 490 c.p.c., devono essere scrupolosamente rispettate, a garanzia del mantenimento - per tutto lo sviluppo della vendita forzata - dell’uguaglianza e della parità di condizioni iniziali tra tutti i potenziali partecipanti alla gara, nonché dell’affidamento di ognuno di loro sull’una e sull’altra e, di conseguenza, sulla trasparenza assicurata dalla coerenza ed immutabilità delle condizioni tutte e sulla complessiva legalità della procedura; pertanto, al loro rispetto hanno interesse tutti i soggetti del processo esecutivo, compreso il debitore; ed esse vanno applicate - a meno di revoca o modifica o di impugnazione fruttuosamente esperita prima dell’espletamento della vendita - rigorosamente, determinando una qualsiasi inottemperanza l’illegittimità dell’aggiudicazione che ugualmente ne segua, per vizi dello stesso subprocedimento di vendita.

Sez. 3, Sentenza n. 8864 del 18 aprile 2011
Presidente: Morelli MR. Rel./Est.: De Stefano F. - P.M. Destro C. (Conf.)
(Rigetta, Trib. Lucca, 26/10/2005)

In tema di procedura esecutiva immobiliare, è onere di qualunque interessato quello di proporre il reclamo previsto dall’art. 591-ter c.p.c. avverso il provvedimento con il quale il giudice dell’esecuzione impartisca istruzioni al professionista delegato prima che le istruzioni reputate erronee od inopportune siano eseguite. Ne consegue che, in mancanza, è inammissibile il reclamo stesso una volta che le istruzioni abbiano esaurito la loro funzione, restando, tuttavia, impregiudicata la facoltà di qualunque interessato di proporre, per l’eventuale illegittimità derivata, reclamo avverso gli atti successivi ovvero opposizione agli atti esecutivi avverso il primo atto del giudice dell’esecuzione conclusivo della relativa fase. (Nella specie, la S.C., confermando la sentenza di merito, della quale ha corretto la motivazione ex art. 384 c.p.c., ha ravvisato l’inammissibilità del reclamo proposto successivamente all’aggiudicazione del bene, in quanto con esso si intendeva far valere l’illegittimità delle istruzioni del giudice dell’esecuzione in ordine alla pubblicità dell’aumento di sesto).

Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 1335 del 20 gennaio 2011
Presidente: Finocchiaro M. Rel./Est.: Vivaldi R. - P.M. Ciccolo PPM. (Conf.)
(Cassa e decide nel merito, Trib. Arezzo, 16/12/2009)

In tema di esecuzione forzata, il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi di cui all’art. 617 c.p.c. è esperibile esclusivamente nei confronti di atti riferibili al giudice dell’esecuzione, il quale è l’unico titolare del potere di impulso e controllo del processo esecutivo; pertanto, ove tale giudice abbia delegato ad un notaio lo svolgimento delle operazioni, gli atti assunti dal professionista possono essere sottoposti al controllo del giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 60 c.p.c. ovvero nelle forme desumibili dalla disciplina del procedimento esecutivo azionato ma non possono essere impugnati direttamente con l’opposizione agli atti esecutivi.

Sez. 3, Sentenza n. 18184 del 05 agosto 2010
Presidente: Di Nanni LF. Rel./Est.: Urban G. - P.M. Russo LA. (Diff.)
(Rigetta, Trib. Torino, 05/03/2005)

Nell’espropriazione immobiliare, quando le operazioni di incanto, delegate ad un notaio, debbano essere rinviate per mancanza di offerte, il notaio non è tenuto a dare avviso del rinvio al debitore esecutato, ove questi sia stato già ritualmente avvisato della data fissata per il primo incanto: e ciò in applicazione del generale principio di cui all’art. 176, comma secondo, c.p.c.

Sez. 3, Sentenza n. 711 del 19 gennaio 2010
Presidente: Varrone M. Rel./Est.: Vivaldi R. - P.M. Iannelli D. (Conf.)
(Cassa con rinvio, Trib. Brindisi, 29/04/2005)

In tema di oneri relativi all’aggiudicazione di bene immobile oggetto di procedura esecutiva, l’art. 179-bis disp. att. c.p.c. va interpretato, in forza del suo chiaro tenore letterale, nel senso di porre a carico dell’aggiudicatario anche il compenso per le operazioni successive all’incanto, tra le quali è da annoverare quella concernente la predisposizione del decreto di trasferimento del bene. Ne consegue che la funzione dell’art. 7 del D.m. 25 maggio 1999, n. 313 (recante il regolamento di attuazione della legge 3 agosto 1998, n. 302, il cui art. 7 ha introdotto il citato art. 179-bis), in ragione della sua natura di fonte secondaria, non può essere che quella di chiarire l’addebitabilità, in capo all’aggiudicatario, degli oneri relativi a tutte quelle ulteriori attività previste dall’art. 591-bis, secondo comma, n. 5, c.p.c., attinenti alla regolarizzazione formale, amministrativa e fiscale del decreto di trasferimento, senza per questo escludere che a carico dell’aggiudicatario medesimo debbano porsi i compensi relativi alla predisposizione di detto decreto.

Sez. 3, Sentenza n. 11036 del 13 maggio 2009
Presidente: Preden R. Rel./Est.: Lanzillo R. - P.M. Fucci C. (Conf.)
(Dichiara inammissibile, Trib. Venezia, 22/07/2004)

È inammissibile il ricorso straordinario per cassazione proposto, ai sensi dell’art. 111 Cost., avverso l’ordinanza adottata in sede di reclamo dal collegio del tribunale e relativa ad un provvedimento del giudice dell’esecuzione con il quale sia stata respinta l’istanza di revoca di un precedente provvedimento ordinatorio del procedimento esecutivo adottato dallo stesso giudice, trattandosi di provvedimento sprovvisto di carattere decisorio ed inidoneo ad incidere in via definitiva sulla posizione sostanziale della parte reclamante.

Sez. 1, Sentenza n. 10925 del 11 maggio 2007
Presidente: Adamo M. Rel./Est.: Cultrera MR. - P.M. Schiavon G. (Conf.)
(Rigetta, Trib. Ascoli Piceno, 29 Giugno 2004)

È inammissibile il reclamo ai sensi dell’art. 26 legge fall. proposto avverso atto del notaio delegato alla vendita di immobili, ai sensi dell’art. 591-bis c.p.c., dal giudice delegato al fallimento, atteso che il rimedio in questione è consentito esclusivamente avverso atti del predetto giudice, al quale, peraltro, l’interessato può rivolgere reclamo ai sensi dell’art. 591-ter c.p.c. avverso gli atti del notaio e, quindi, eventualmente reclamare, ai sensi dell’art. 26 cit., avverso il provvedimento in tale sede emesso dal giudice.

Sez. 3, Sentenza n. 1887 del 29 gennaio 2007
Presidente: Vittoria P. Rel./Est.: Vittoria P. - P.M. Maccarone V. (Conf.)
(Cassa con rinvio, Trib. L’Aquila, 10 Marzo 2005)

Avverso il provvedimento di liquidazione del compenso in favore del notaio al quale siano state delegate le operazioni di vendita nei processi di espropriazione forzata mobiliare e immobiliare, emesso in data successiva all’entrata in vigore del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (T.U. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia) - che, in forza del disposto dell’art. 3 concerne non solo gli ausiliari già indicati dall’abrogata legge n. 319 del 1980, ma anche qualunque altro soggetto competente in una determinata arte o professione che il magistrato o il funzionario addetto all’ufficio può nominare - non è ammissibile il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., difettando il requisito della definitività del provvedimento, che può essere impugnato con l’opposizione prevista dall’art. 170 D.P.R. cit., decisa dal giudice monocratico del tribunale con ordinanza che è invece soggetta al ricorso straordinario per cassazione. Né rileva, al fine di ammettere il ricorso immediato per cassazione, che il processo esecutivo sia stato chiuso per rinuncia, non sussistendo alcuna analogia tra la questione della distribuzione dell’onere delle spese tra le parti in caso di estinzione del processo esecutivo, rispetto alla quale è ammesso il rimedio suddetto in forza dell’art. 310 c.p.c. richiamato dall’art. 632 dello stesso codice, e quella che riguarda il compenso spettante al notaio. Resta anche esclusa l’esperibilità dell’opposizione agli atti esecutivi, atteso che, pur provenendo la liquidazione del compenso dal giudice dell’esecuzione, sulla disciplina generale dei rimedi avverso gli atti esecutivi prevale, in ragione del carattere di specialità, quella speciale sui rimedi contro gli atti di liquidazione dei compensi agli ausiliari del magistrato.

Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 5903 del 2011 (non massimata) - Pres. Finocchiaro - Rel. Vivaldi

Premesso in fatto
È stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
«1. - È chiesta la cassazione della sentenza emessa dal Tribunale di Genova del 30 settembre 2009 in materia di opposizione agli atti esecutivi. Al ricorso è applicabile la normativa di cui alla L. 18 giugno 2009, n. 69, per essere il provvedimento impugnato stato pubblicato dopo l’entrata in vigore della detta legge (4 luglio 2009). La sentenza di merito ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte di Legittimità e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa (art. 360-bis c.p.c., n. 1).
La manifesta infondatezza del ricorso esime - in base al principio della c.d. ragione più liquida, per il quale la domanda può essere decisa nel merito sulla base della soluzione di una questione assorbente senza che sia necessario esaminare previamente tutte le altre (v. anche Cass., ord. 25 gennaio 2010, n. 1283; Cass., 18 settembre 2008, n. 23856; Cass., 16 maggio 2006, n. 11356) - la Corte dall’esame dell’eccezione preliminare, sollevata dalla resistente e ricorrente incidentale, in ordine alle conseguenze della mancata indicazione in ricorso del codice fiscale dei difensori delle parti ricorrenti. In ordine al primo motivo, l’errata indicazione, nella pubblicità dell’avviso di vendita nel procedimento esecutivo immobiliare, del numero civico relativo all’immobile posto in vendita, non ha comportato alcuna nullità del procedimento o della vendita, posto che il giudice di merito ha correttamente motivato l’irrilevanza della erroneità dell’indicazione del civico nell’avviso di vendita (v. p. 6 della sentenza); e la sua valutazione non è censurabile in questa sede (Cass., 31 marzo 2006, n. 7610).
Peraltro, perché possa considerarsi osservato il precetto di cui all’art. 490 c.p.c., quanto al contenuto degli avvisi di vendita immobiliari, è sufficiente che questi contengano la corretta descrizione catastale dell’immobile ed il prezzo base fissato dal giudice dell’esecuzione; ciò che, nella specie, è avvenuto. Alcun fondamento, conseguentemente, riveste la denunciata violazione degli artt. 3 e 41 Cost..
Quanto al secondo motivo, di omessa pronuncia, da parte del giudice del merito, sul motivo di opposizione proposto in ordine all’asserita mancata comunicazione ai debitori - ex art. 572 c.p.c., comma 1 - dell’udienza relativa alla fase di deliberazione sulle offerte di acquisto dell’immobile pignorato, da parte del professionista delegato alla vendita, deve rilevarsi.
Il giudice del merito ha ritenuto il motivo assorbito dalla pronuncia resa in ordine agli altri motivi di opposizione agli atti esecutivi ritenuti infondati, dando altresì atto che in ogni caso al riguardo vi è stata una rinuncia degli opponenti all’eccezione relativa alla norma in esame (art. 572 c.p.c.).
Nessuna omessa pronuncia pertanto, è imputabile al giudice del merito.
Peraltro, se - come sembra emergere dagli atti difensivi - gli odierni ricorrenti avessero inteso censurare il fatto che il professionista delegato alla vendita non avesse consultato i debitori esecutati in merito all’offerta presentata dall’aggiudicatario - e quindi l’irregolarità delle operazioni di vendita - avrebbero dovuto fare reclamo al giudice dell’esecuzione, e solo avverso quest’ultimo provvedimento proporre opposizione agli atti esecutivi (Cass., 21 marzo 2008, n. 7674; v. anche Cass., 26 giugno 2006, n. 14707). Il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi, di cui all’art. 617 c.p.c., è, infatti, esperibile soltanto contro atti riferibili al giudice dell’esecuzione, il quale è l’unico titolare del potere di impulso e controllo del processo esecutivo.
Quando, invece, l’atto (anche eventualmente omissivo) che si assume contrario a diritto sia riferibile non al giudice, ma ad un suo ausiliario, come il professionista delegato (Cass., 19 gennaio 2010, n. 711), è sottoponibile al controllo del giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 60 c.p.c., o nelle forme desumibili dalla disciplina del procedimento esecutivo azionato, e solo dopo che il giudice stesso si sia pronunciato sull’istanza dell’interessato sarà possibile impugnare il suo provvedimento con le modalità di cui all’art. 617 c.p.c..
La norma dell’art. 591-ter c.p.c., in tema di operazioni di vendita nell’espropriazione di immobili delegate al notaio, infatti, quando, nel secondo comma, dispone che restano ferme le disposizioni di cui all’art. 617 c.p.c., deve essere interpretata nel senso che l’opposizione agli atti esecutivi è il mezzo esperibile contro le ordinanze del giudice dell’esecuzione pronunciate, sia a seguito del reclamo delle parti del processo esecutivo contro i decreti pronunciati dal giudice dell’esecuzione su sollecitazione del notaio delegato, in relazione a difficoltà insorte nelle operazioni di esecuzione, sia a seguito del reclamo delle parti avverso gli atti del notaio delegato, restando, pertanto, esclusa ogni possibilità di diretta impugnativa in sede giurisdizionale diversa dal reclamo tanto dei suddetti decreti quanto degli atti del notaio delegato (Cass., 26 giugno 2006, n. 14707).
Il ricorso incidentale condizionato resta assorbito dalle conclusioni raggiunte».
La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti.
Non sono state presentate conclusioni scritte, né alcuna delle parti è stata ascoltata in Camera di consiglio.
La resistente e ricorrente incidentale condizionata ha presentato memoria. Ritenuto in diritto
A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il Collegio - esaminati i rilievi contenuti nella memoria - ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione. Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza e, liquidate come in dispositivo in favore della resistente e ricorrente incidentale condizionata, vanno poste a carico solidale dei ricorrenti.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. … omissis
Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2011

La stabilità della vendita forzata

Sez. 3, Sentenza n. 6082 del 26 marzo 2015
Presidente: Salme’ G. Rel./Est.: Barreca GL. - P.M. Russo RG. (Conf.)
(Rigetta, Trib. Bologna, 09/12/2011)

In tema di surrogazione nell’ipoteca, il creditore surrogante che spieghi intervento nel processo esecutivo dopo la vendita del bene e l’emissione del decreto di trasferimento, partecipa alla distribuzione della somma ricavata con la prelazione spettante all’originario creditore ipotecario, senza necessità di annotazione della vicenda traslativa ai sensi dell’art. 2843 c.c., atteso che, per effetto della vendita forzata, la garanzia reale si trasferisce sul prezzo e la surrogazione è, di per sé sola, sufficiente a trasferire il diritto di essere soddisfatto con preferenza su tale prezzo.

Sez. 3, Sentenza n. 6091 del 26 marzo 2015
Presidente: Salme’ G. Rel./Est.: Rubino L. - P.M. Finocchi Ghersi R. (Conf.)
(Rigetta, Trib. Salerno, 09/09/2011)

In materia di esecuzione forzata, qualora uno dei coniugi in comunione legale abbia acquistato da solo un immobile, il coniuge rimasto estraneo all’aggiudicazione, sebbene litisconsorte necessario in tutte le controversie aventi ad oggetto diretto e immediato il diritto dominicale, non riveste tale qualità nell’opposizione agli atti esecutivi con cui si denuncia l’illegittimità del decreto di trasferimento, poiché l’acquisto della comproprietà del bene “ope legis” non attribuisce a tale soggetto la veste di parte del negozio acquisitivo.

Sez. 3, Sentenza n. 2750 del 12 febbraio 2015 (Rv. 634907)
Presidente: Salmè G. Rel./Est.: Barreca GL. - P.M. Finocchi Ghersi R. (Diff.)
(Cassa con rinvio, App. Milano, 28 marzo 2012)

In tema di vendita forzata, rientrano tra i danni risarcibili dal creditore procedente, in favore dell’acquirente della cosa espropriata che ne abbia subito l’evizione, i costi sopportati dall’aggiudicatario per procurarsi la liquidità necessaria all’acquisto mediante finanziamento bancario, nonché, se il bene sia stato a sua volta trasferito ad un terzo, le spese ed i pagamenti dovuti dall’aggiudicatario al terzo, poiché entrambi questi rimborsi concorrono, ai sensi dell’art. 2921, c.c., al ripristino della situazione patrimoniale dell’acquirente anteriore alla vendita, il cui effetto traslativo è venuto meno per evizione.

Sez. 3, Sentenza n. 27526 del 30 dicembre 2014 (Rv. 634263)
Presidente: Salmè G. Rel./Est.: Barreca GL. - P.M. Giacalone G. (Conf.)
(Rigetta, Trib. Velletri, 29 marzo 2010)

La regola contenuta nell’art. 2929 c.c., secondo cui la nullità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita e l’assegnazione non ha effetto riguardo all’acquirente o all’assegnatario, non è applicabile alle nullità che riguardino proprio la vendita o l’assegnazione, cioè quando si tratti di vizi che direttamente le concernano ovvero ad esse obbligatoriamente prodromici. (In applicazione del suddetto principio, la S.C. ha escluso l’applicazione dell’art. 2929 c.c. ad un provvedimento di assegnazione di bene mobile, dichiarato nullo per violazione dell’art. 529, secondo comma, c.p.c.).

Sez. 3, Sentenza n. 18312 del 27 agosto 2014
Presidente: Amatucci A. Rel./Est.: Rubino L. - P.M. Salvato L. (Conf.)
(Cassa con rinvio, App. Sassari, 18 dicembre 2007)

In materia di vendita forzata, l’acquisto compiuto dall’aggiudicatario rimane fermo anche in presenza di nullità del procedimento esecutivo precedenti la vendita, ma fatte valere successivamente dal debitore esecutato o dal terzo che assuma di essere stato pregiudicato dall’esecuzione, salvo il caso di collusione fra aggiudicatario e creditore, che presuppone non la semplice mancanza di diligenza dell’acquirente nell’eseguire i controlli precedenti l’acquisto ma la consapevolezza della nullità e l’esistenza di un accordo in danno all’esecutato intervenuto fra acquirente e creditore.

Sez. 3, Sentenza n. 18235 del 26 agosto 2014
Presidente: Salmè G. Rel./Est.: Ambrosio A. - P.M. Fresa M. (Conf.)
(Rigetta, App. Roma, 05/12/2007)

In tema di vendita forzata sono trasferiti all’aggiudicatario gli stessi diritti del debitore, nelle medesime condizioni di non opponibilità al creditore procedente degli atti di disposizione successivi al pignoramento o, se il credito azionato è assistito da diritto reale di garanzia, degli atti di disposizione successivi all’iscrizione di questo sul bene oggetto di espropriazione. Ne consegue che il creditore ipotecario, in tali casi, può sottoporre il bene ad esecuzione forzata anche in confronto del terzo, che ne sia reso acquirente, e soddisfarsi sulla somma conseguita dalla vendita, con preferenza sugli altri creditori.

Sez. 3, Sentenza n. 14765 del 30 giugno 2014
Presidente: Petti GB. Rel./Est.: Scarano LA. - P.M. Fresa M. (Conf.)
(Rigetta, App. Firenze, 20 ottobre 2009)

Nella vendita forzata, l’applicabilità delle norme del contratto di vendita, non incompatibili con la natura dell’espropriazione forzata, riguarda anche l’art. 1477 c.c., concernente l’obbligo di consegna della cosa da parte del venditore, ivi compresi gli accessori, le pertinenze ed i frutti dal giorno della vendita. Ne deriva che, in relazione allo “ius ad rem” (pur condizionato al versamento del prezzo), che l’aggiudicatario acquista all’esito dell’ “iter” esecutivo, è configurabile un obbligo di diligenza e di buona fede a carico dei soggetti tenuti alla custodia e conservazione del bene aggiudicato, così da assicurare la corrispondenza tra quanto ha formato oggetto della volontà dell’aggiudicatario e quanto venduto, nonché un obbligo di correttezza (quale espressione di un principio di solidarietà sociale) anche dei terzi, i quali, allorché l’aggiudicatario lamenti la perdita o il danneggiamento dell’immobile aggiudicato prima del deposito del decreto di trasferimento, rispondono del relativo danno a norma dell’art. 2043 c.c. (In applicazione del principio esposto, la S.C. ha confermato la decisione con la quale il giudice di merito ha condannato al risarcimento dei danni un terzo che, d’accordo con i proprietari, aveva effettuato, dopo l’aggiudicazione di un fondo ma prima del decreto di trasferimento, il taglio di alberi da pioppo ivi insistenti).

Sez. 3, Sentenza n. 7708 del 02 aprile 2014
Presidente: Russo LA. Rel./Est.: De Stefano F. - P.M. Sgroi C. (Conf.)
(Rigetta, Trib. Milano, 27 luglio 2011)

Nella vendita forzata l’aggiudicatario del bene pignorato, in quanto parte del processo di esecuzione, ha l’onere di far valere l’ipotesi di “aliud pro alio” con il solo rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi, che va esperita - nel limite temporale massimo dell’esaurimento della fase satisfattiva dell’espropriazione, costituito dalla definitiva approvazione del progetto di distribuzione - comunque entro il termine perentorio di venti giorni dalla legale conoscenza dell’atto viziato, ovvero dal momento in cui la conoscenza del vizio si è conseguita o sarebbe stata conseguibile secondo una diligenza ordinaria.

S.U., Sentenza n. 21110 del 28 novembre 2012
Presidente: Preden R. Rel./Est.: Rordorf R. - P.M. Ceniccola R. (Conf.)
(Dichiara inammissibile, Trib. Nola, 04 novembre 2008)

Il sopravvenuto accertamento dell’inesistenza di un titolo idoneo a giustificare l’esercizio dell’azione esecutiva non fa venir meno l’acquisto dell’immobile pignorato, che sia stato compiuto dal terzo nel corso della procedura espropriativa in conformità alle regole che disciplinano lo svolgimento di tale procedura, salvo che sia dimostrata la collusione del terzo col creditore procedente. In tal caso, tuttavia, resta salvo il diritto dell’esecutato di far proprio il ricavato della vendita e di agire per il risarcimento dell’eventuale danno nei confronti di chi, agendo senza la normale prudenza, abbia dato corso al procedimento esecutivo in difetto di un titolo idoneo.

Sez. U, Sentenza n. 61 del 07 gennaio 2014
Presidente: Rovelli LA. Rel./Est.: Spirito A. - P.M. Ciccolo PPM. (Diff.)
(Rigetta, Trib. Larino, 27 giugno 2006)

Nel processo di esecuzione, la regola secondo cui il titolo esecutivo deve esistere dall’inizio alla fine della procedura va intesa nel senso che essa presuppone non necessariamente la continuativa sopravvivenza del titolo del creditore procedente, bensì la costante presenza di almeno un valido titolo esecutivo (sia pure dell’interventore) che giustifichi la perdurante efficacia dell’originario pignoramento. Ne consegue che, qualora, dopo l’intervento di un creditore munito di titolo, sopravviene la caducazione del titolo esecutivo comportante l’illegittimità dell’azione esecutiva intrapresa dal creditore procedente, il pignoramento, se originariamente valido, non è caducato, bensì resta quale primo atto dell’iter espropriativo riferibile anche al creditore titolato intervenuto, che anteriormente ne era partecipe accanto al creditore pignorante.
Nel processo di esecuzione forzata, al quale partecipino più creditori concorrenti, le vicende relative al titolo esecutivo del creditore procedente (sospensione, sopravvenuta inefficacia, caducazione, estinzione) non possono ostacolare la prosecuzione dell’esecuzione sull’impulso del creditore intervenuto il cui titolo abbia conservato la sua forza esecutiva. Tuttavia, occorre distinguere: a) se l’azione esecutiva si sia arrestata prima o dopo l’intervento, poiché nel primo caso, non esistendo un valido pignoramento al quale gli interventi possano ricollegarsi, il processo esecutivo è improseguibile; b) se il difetto del titolo posto a fondamento dell’azione esecutiva del creditore procedente sia originario o sopravvenuto, posto che solo il primo impedisce che l’azione esecutiva prosegua anche da parte degli interventori titolati, mentre il secondo consente l’estensione in loro favore di tutti gli atti compiuti finché il titolo del creditore procedente ha conservato validità.

Appendice di spunti bibliografici

Controlli sull’attività del delegato

Tra gli altri:
• E. FABIANI, La delega delle operazioni di vendita in sede di espropriazione forzata immobiliare, Padova, 2007,passim.
• M. ANGELONE, Il sistema dei controlli sugli atti del professionista delegato alla vendita immobiliare dopo le riforme, in AA.VV., Studi in onore di Modestino Acone, Vol. II, Napoli, 2010, p. 1269 e ss.
• A. DE DONATO, «La divisione a domanda congiunta», in Riv. not., 2014, 5, p. 1074.
• F. LANDOLFI, Il custode giudiziario ed il delegato alla vendita, Rimini, 2012.
• F. DE STEFANO, La delega delle operazioni di vendita, in Il nuovo processo di esecuzione, a cura di R. Fontana e S. Romeo, Padova, 2015, p. 837 e ss.
• C. ASPRELLA, Sub. Artt. 591-bis, -ter. c.p.c., in Codice di procedura civile. Commento alle riforme del processo civile 2005 - 2006, a cura di N. Picardi, Milano, 2006, III ed., 134 ss.
• E. ASTUNI, La delega al professionista delle operazioni di vendita, in AA.VV., Il nuovo rito civile. III: Le esecuzioni civili, a cura di P.G. Demarchi, Bologna, 2006, p. 485 e ss.
• E. ASTUNI, «Le nuove modifiche al processo esecutivo di cui alla L. n. 263 del 2005», in Studi e materiali, 2006, Suppl. al n. 1, p. 100 e ss.
• L. BIFFI, «Sui rimedi contro gli atti degli ausiliari del giudice», in Giur. it., 2011, 10, p. 2111 e ss.
• E. FABIANI - Aggiornamento a voce Delega delle operazioni di vendita in sede di espropriazione forzata immobiliare, in Dig. disc. priv., sez. civ., Torino, IV, 2010, p. 456 e ss.
• A. GHEDINI, N. MAZZAGARDI - Il custode e il delegato alla vendita nella nuova esecuzione immobiliare, II ed., Padova, 2013.
• G. TRISORIO LIUZZI, «La responsabilità del professionista delegato alla vendita nell’espropriazione immobiliare», in Riv. es. forz., 2010, 1-2, p. 1 e ss.

La stabilità della vendita forzata

Tra moltissimi, ove ulteriori richiami:
• A. BARLETTA, La stabilità della vendita forzata, Napoli, 2002.
• P. FARINA, L’aggiudicazione nel sistema delle vendite forzate, Napoli, 2012.
• F. CAMPI, «Difetto di azione esecutiva e stabilità della vendita forzata», Giust. civ., 2013, 5-6, p. 1002.
• F. DE STEFANO - Vendita ed assegnazione forzata nella disciplina dei codici, Salerno, 2014, spec. sub art. 2929 c.c.
• E. ASTUNI - Il trasferimento dell’immobile. Stabilità dell’aggiudicazione e della vendita, in Il nuovo processo di esecuzione, a cura di R. Fontana e S. Romeo, Padova, 2015, p. 732 e ss.

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