Il Common ovvero della nuova moneta concorsuale
Il Common ovvero della nuova moneta concorsuale
di Pasquale Liccardo(1)
Direttore generale per i Sistemi informativi automatizzati (DGsIA) del Ministero della giustizia

Il tempo della crisi e il tempo dell’insolvenza

È stato correttamente osservato che la crisi in atto dal 2008 non è una crisi congiunturale, come tale governabile dalle procedure generalmente predisposte dagli ordinamenti nella notoria alternanza delle fasi, ma è una crisi strutturale, che prefigura cambiamenti epocali e che impone processi di ristrutturazione forse superiori a quelli avvenuti con la crisi del '29(2).
La durata della crisi in corso impone una riflessione sulla sua natura e sulla nozione di tempo per l’economia, per la teoria delle obbligazioni ed in genere, per le istituzioni della giuridicità concorsuale: per quanto profondamente diversa per l’economista ed il giurista, la nozione di tempo conserva nelle due sfere un elemento di invarianza strutturale per il fatto di essere articolate in passato, presente e futuro, articolazione questa che esige un “ordinamento” per il raggiungimento di obiettivi pratici.
È stato più volte sottolineato che il senso dell’economia è nella considerazione che essa ha del tempo, della relazione tra presente e futuro (perfidious future keynesiano)(3), intesa non quale mera successione lineare e sequenziale tra un prima e un dopo ma come passaggio incerto dalla contingenza conosciuta all’indeterminatezza futura.
La scomposizione del futuro a breve, a medio e a lungo termine ha da sempre innescato processi predittivi capaci di superare l’indeterminatezza futura, ingenerando aspettative sulle quali fondare il comportamento economico del presente: il presente, anticipando il futuro, diviene un spazio del tempo che supera la dimensione dell’attualità per proporsi come tempo della compresenza (di presente e futuro). A Keynes si deve la consapevolezza del ruolo economico delle aspettative e l’analisi delle loro relazioni temporali(4), in quanto l’orientamento economico guarda al presente come intreccio di proiezioni presenti e passate, di compresenze di storia e di attese che superano il modello lineare del tempo come mera successione sequenziale.
La crescita ipertrofica della finanza ha profondamente alterato la nozione di tempo dell’economia: mai come in questo momento, pare corretto affermare che i mercati finanziari hanno inglobato il futuro consumandolo nelle speculazioni e nel risiko dei futures.
Il feticismo degli strumenti finanziari ha sopravanzato l’economia reale non tanto per intrinseca forza quanto per pervasività delle nuove tecnologie ICT di cui si avvale e che ha coperto fino alla crisi l’intrinseca inconsistenza delle convenzioni su cui su fonda l’operatività dei mercati finanziari(5).
Se l’economia reale è concretamente dominata dalla dinamica delle risorse, delle localizzazioni industriali, dei sistemi e degli ordinamenti che ne assicurano la consistenza e l’esistenza produttiva, ma che impongono anche l’articolazione spaziale e temporale in orizzonti ogni volta da delimitare proprio perché incerti, la finanza si propone invece come luogo della velocità operazionale eterea e performante, indifferente alle scadenze temporali, che essa stessa prezza e monetizza, e intangibile alla delimitazione confinaria degli stati regolatori.
Il tempo della finanza è il tempo infinito del presente continuo senza futuro, della reiterazione scambista del qui ed ora.
Nella teoria delle obbligazioni, il tempo compare innanzitutto come “termine”, quale semplice modalità di adempimento(6): il tempo è in primo luogo, vicenda dell’adempimento (artt. 1183-1185 c.c.), della prestazione dovuta dal debitore, in quanto capace di ordinare le condotte del debitore e del creditore nell’attualità dell’immediata esigibilità ovvero nel differimento della sua esecuzione istantanea o protratta nel tempo (c.d. obbligazioni di durata). L’apposizione di un termine (sub die) sospende l’esigibilità dell’obbligazione che viene differita al futuro, immutando sostanzialmente la posizione del creditore rispetto a quella del creditore sine die, immesso nella pienezza delle sue facoltà dallo statuto originario dell’obbligazione.
Il futuro interviene come:
- “anticipazione” del termine, come decadenza dal suo beneficio laddove il debitore sia divenuto insolvente o abbia diminuito per fatto proprio le garanzie date o non ha dato le garanzie promesse (art. 1186 c.c.). In altre norme si assiste ad un processo di specificazione ed articolazione dell’irruzione del futuro nel presente: l’art. 2743 c.c. consente al creditore di richiedere l’adempimento immediato laddove siano diminuite le garanzie oggetto di pegno ed ipoteca, l’art. 1943 c.c. impone la sostituzione del fideiussore insolvente da parte del debitore obbligato a dare fideiussione, l’art. 1461 c.c. autorizza il contraente a sospendere la propria prestazione al semplice mutamento delle condizioni patrimoniali dell’altro contraente(7);
- sanzione nella responsabilità patrimoniale in quanto il debitore è tenuto all’adempimento con tutti i suoi beni, presenti e futuri: il futuro irrompe come tempo illimitato dell’apprensione dei beni necessari all’adempimento coattivo.
A norma dell’art. 55 L.fall., i debiti pecuniari del fallito si considerano scaduti, disposizione questa richiamata dall’art. 169 L.fall. in tema di concordato preventivo: con le procedure concorsuali, il presente diviene il tempo unico dell’adempimento dovuto di ogni obbligazione gravante sul debitore insolvente: al tempo singolare della obbligazione singola, si sostituisce il tempo unico del concorso tra i creditori.
Il tempo delle procedure concorsuali è oggi - dopo la riforma del 2005 - non più il tempo sequenziale della legge fallimentare del '42 ma il tempo parallelo delle fasi dell’accertamento del passivo, dell’esercizio provvisorio dell’azienda fallita, della liquidazione dell’attivo, con sequenzialità residua del solo riparto: ciononostante, il parallelismo delle fasi non riduce la criticità della liquidazione dell’attivo ma semmai ne amplifica la rilevanza in quanto è pur sempre demandata al suo esito ogni relazione satisfattiva per i creditori insinuati al passivo della procedura.
Le procedure assumono il paradigma della liquidità a dinamica temporale di governo dell’insolvenza in quanto demandano ad essa la propria ragion d’essere, ovverosia il pagamento dei creditori intervenuti:
«il tempo presente delle procedure si converte in futuro solo per il tramite dei procedimenti di liquidazione dell’attivo, in quanto necessario tramite alla soddisfazione del ceto creditorio. La moneta fallimentare costituisce il nesso anche temporale tra l’attualità dell’insolvenza e la futurità del riparto». Il paradigma costitutivo delle procedure concorsuali è destinato ad entrare in crisi laddove la liquidità scarseggi per un lungo periodo quale quello in essere dal 2008: il nesso tra presente e futuro si interrompe senza alcuna possibilità predittiva se non quella connessa alla reiterazione degli incanti e delle diserzioni.
Il progetto di un’altra moneta concorsuale che dia liquidità ai crediti in attesa di soddisfazione a condizione che essi vengano spesi per l’acquisto dei beni inverte la logica finanziaria della conversione in denaro dei beni, in una logica di realizzazione dei valori. In questo senso la moneta concorsuale istituisce un nuovo nesso temporale, tanto economico quanto giuridico tra l’attualità dell’insolvenza e la futurità del riparto.
La contemporaneità delle procedure concorsuali conosce oggi più che mai un processo di erosione forte ed esteso della regola economica al pari di quello vissuto dalla norma in generale: proprio la corrosione del suo paradigma costitutivo fragilizza la sua capacità predittiva, non corretta dalla diffusività di una normazione votata alla contingenza in quanto emanata per la formazione singolare ed emergenziale senza alcun predicato di futurità.
Emerge così un’altra dinamica interna alla norma nella sua relazione con il tempo, il tempo corrosivo del diritto e della sua forza.
Il tempo per il diritto non è un aspetto secondario e marginale. Nel governo del futuro, la norma ha da sempre trovato la propria forza legittimante: se la forza della legge è da sempre antidoto all’incertezza, nella società del rischio le norme tendono ad adottare un orientamento meccanico alle conseguenze che prescinde (o, meglio, tende a prescindere) dalle condotte, ormai indifferenti al processo di normativizzazione.
La violazione della legge non viene vissuta come restaurazione della prescrittività normativa ma come mero processo di regolazione previsiva e calcolante delle sue conseguenze: il futuro irrompe come regolazione dell’accadimento, come rischio positivizzato dalla disciplina dei suoi effetti concreti piuttosto che come narrazione futura dell’agire umano(8).
L’intento regolativo delle conseguenze anima la riforma delle procedure concorsuali, la legge sul sovraindebitamento civile, in una successione ipertrofica di norme che smarriscono all’atto della loro emanazione, ogni capacità prescrittiva richiedendo un nuovo avvicendamento normativo.
Il futuro si è preso così la sua rivincita sulla legge e sulla sua forza atemporale: il diritto è condannato alla contingenza del presente, in quanto sarà sostituito nel futuro da un’altra norma anch’essa contingente.

La crisi e il paradigma della liquidità

La crisi in corso ha interessato pesantemente gli uffici giudiziari(9)che registrano un aumento del numero e della rilevanza delle procedure concorsuali (impaired assets) e, al contempo, un complessivo decadimento dell’efficacia della loro azione in quanto:
- la completa stagnazione del mercato rende di fatto impossibile realizzare i beni dedotti in procedura, che risultano nel breve periodo invendibili o comunque esitabili solo a prezzi vili, dopo un lungo iter processuale incentrato sulle diserzioni degli incanti;
- l’incaglio di un monte crediti rilevante innesca un generale aggravamento della condizione di illiquidità del mercato, che non può beneficiare della liquidità prodotta dalle procedure in favore della massa dei creditori: la mancata liquidazione degli attivi a causa dell’illiquidità del mercato rende illiquidi i crediti al passivo e deprime ulteriormente la liquidità del mercato. In particolare, la platea dei soggetti (P.A. in primis, lavoratori, professionisti, artigiani e fornitori, ecc.) che vantano ragioni di credito anche rilevanti nei confronti delle procedure aumenta in misura consistente anno dopo anno, senza avere alcuna “possibilità” di recupero mediante le modalità di ordinario riparto degli attivi;
- l’aumento delle procedure promosse da Equitalia, dagli enti locali e dalle utility anche per importi minori, con innesco di problematiche sociali rilevanti in quanto le azioni sono promosse in danno di soggetti socialmente deboli e a rischio di povertà.
In particolare:
a) con riferimento specifico al solo settore immobiliare, la crisi economica e la condizione d’illiquidità del mercato moltiplicano il numero delle procedure caratterizzate da assets consistenti non immediatamente liquidabili, la cui esitazione contemporanea realizza un drammatico eccesso di offerta(10), innescando una spirale depressiva delle quotazioni immobiliari tanto più rilevante laddove si consideri che: i) rispetto ai complessi aziendali ed in genere ai beni mobili che registrano inevitabilmente un grado di volatilità economica elevato nei cicli economici, gli immobili non risentono se non in misura marginale, del decadimento valoriale legato al tempo soprattutto laddove si provveda alle ordinarie azioni di salvaguardia tecnica e gestionale del valore; ii) la progressiva caduta del valore ascrivibile alle garanzie immobiliari genera un fenomeno di deperimento del significato ad esso riconosciuto dal settore creditizio, con effetti depressivi ulteriori nella concessione del credito;
b) con riferimento alle vendite di aziende o di beni mobili in genere anche di rilevante valore, l’impossibilità registrata dagli operatori economici di accesso al credito condanna le vendite fallimentari alla dispersione di valori quand’anche consistenti e soprattutto, alla sottrazione al ciclo produttivo di beni altrimenti impiegabili nell’immediato;
c) con riferimento al recupero di crediti di importo minore da parte di Equitalia, enti locali e utility, le procedure registrano costi sociali elevatissimi, con marginalizzazione di fasce di popolazione storicamente mai prima colpite dal fenomeno dell’insolvenza.
La crisi impone un ripensamento mirato degli strumenti apprestati dalle procedure concorsuali per la liquidazione dei beni e per la valutazione dei crediti oggetto di verifica nelle procedure concorsuali: in altri termini, in un sistema che conosce una crisi di liquidità così diffusa, devono essere ricercati e valorizzati gli istituti che consentono il perseguimento della soddisfazione dei creditori con “altra moneta” rispetto a quella avente corso legale, ossia, più precisamente mediante la messa in atto di istituti economico-giuridici che siano in grado di invertire strutturalmente il circolo vizioso della liquidazione trasformandolo nel circolo virtuoso di una realizzazione effettivamente concorsuale dei valori economici messi a rischio dall’insolvenza.

Le istituzioni della giuridicità concorsuale: l’insolvenza civile

Da ormai un decennio il mondo delle procedure esecutive e concorsuali è stato oggetto ininterrotto di interventi riformatori: in un percorso non privo di contraddizioni, il nostro ordinamento ha conosciuto la complessiva riscrittura della legge fallimentare e l’introduzione delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento cui sono seguiti - in una sorta di sciame sismico - interventi di assestamento, ora radicali in quanto votati ad una rivisitazione complessiva del ruolo assolto dalle procedure ora animati da un intento di razionalizzazione minore perché rivolti alla “correzione” e parziale riscrittura degli istituti di maggior criticità applicativa come registrati nella quotidiana prassi giudiziaria. Il mondo delle esecuzioni civili e delle procedure fallimentari ne esce fortemente innovato nel fondamento storicamente posto alla loro relazione: la “fallace distinzione”(11 )che delimitava confinariamente l’azione prodotta dalle esecuzioni civili rispetto alle procedure concorsuali pare così destinata ad un lento ma inesorabile declino a seguito dell’introduzione, più volte reinterpretata dallo stesso legislatore, delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento.
Non è un declino che non abbia significati ulteriori rispetto alla sostituzione di un paradigma processuale ad un altro, in quanto si disperde complessivamente un’idea diversificata di concorso rilevante ai fini dell’una o dell’altra procedura prima antiteticamente fondata sulla dimensione temporale di maturazione del credito, con logiche di inclusione/esclusione dell’azione concorsuale distinte quanto a metriche di calcolo dei crediti, a logiche distributive, a stabilità degli atti realizzati, a valore delle relazioni instaurate con il mercato(12).
Le ragioni fondamentali di una tale distinzione hanno perso oramai da tempo i connotati di nettezza propri di una visione aprioristica dell’interesse pubblico, come tale presente nelle sole insolvenze commerciali(13), per aprire il campo ad una dimensione del concorso per sua natura generale, non limitata ai soli beni aggrediti individualmente dall’azione del ceto creditorio.
Con primo riferimento al solo mondo delle esecuzioni civili, le ragioni di una rivisitazione critica di una tale distinzione sono varie e per molti versi convergenti:
- l’implementazione registrata dalla geografia dei diritti e delle cause di prelazione ad opera di un legislatore scarsamente attento ai profili di sistematicità dell’intervento normativo(14), ha innescato processi di difficile dominio dei meccanismi concorsuali che avevano la propria ragione fondativa nell’equilibrio, originariamente esistente, tra regola generale della par condicio creditorum e cause di prelazione(15): la crescita registrata degli strumenti di autotutela consensuale all’interno di modelli contrattuali atipici(16), la circolazione di modelli giuridici propri di altri ordinamenti (es., per tutti, il trust), l’emersione di nuovi diritti hanno eroso nelle sue fondamenta la distinzione classica garanzia generica/garanzia reale, che manifesta nelle procedure esecutive e nei meccanismi di presidio della sua azione, gli estremi di una crisi di non facile composizione interpretativa(17). La scarsa mobilità interpretativa del diritto delle garanzie reali, propria della nostra tradizione legislativa, ha prodotto la codificazione di regole di giudizio estremamente rigide, difficilmente permeabili alle istanze della nuova economia, vissuta come eversiva e/o elusiva della par condicio creditorum, di cui si declama l’intatta vigenza «senza alcuna pretesa di giustizia sostanziale»(18). Si è interrotto, in altri termini, il legame di immediatezza che nell’ottica del legislatore del 1942, legava il sistema della responsabilità patrimoniale all’obbligazione inadempiuta(19), prefigurando la necessità di strumenti che superino la valenza sanzionatoria propria dell’esercizio potestativo all’esecuzione, in favore di modelli di controllo gestorio capaci di promuovere e concretizzare nuove aspettative satisfattive dal patrimonio del debitore;
- la necessità di assicurare nuovi strumenti di composizione dell’insolvenza dei soggetti coinvolti in fenomeni di insolvenza minore: l’abuso degli istituti della conversione e della riduzione del pignoramento, le difficoltà di individuazione dei beni, la sempre più estesa rilevanza dell’esecuzione presso terzi, hanno evidenziato l’esigenza di una regola processuale nuova, capace di restituire dinamiche compulsive all’adempimento spontaneo ovvero di promuovere la soluzione dell’insolvenza minore in tempi compatibili con la natura dei beni e le possibilità di concreto realizzo, con efficacia esdebitatoria per il debitore (c.d. discharge)(20);
- l’accresciuta rilevanza economica delle insolvenze civili quanto a numero ed entità della ricchezza aggredita rende evanescente il richiamo ad una «diversa costituzione del patrimonio del debitore commerciale rispetto a quello del debitore civile»(21), rimandando per razionalità economica dell’azione esecutiva esplicata a momenti di «ridefinzione/ricostruzione dei beni oggetto di aggressione esecutiva» e conseguentemente, a strumenti di relazione con il mercato non immediatamente riconducibili agli stereotipi dell’azione individuale sui singoli beni(22).
Con la L. 27 gennaio 2012, n. 3, come modificata dall’art. 18, D.l. 179/2012, convertito in L. 17 dicembre 2012, n. 221, si è proceduto quindi ad un necessario riallineamento delle procedure che hanno come destinatari il debitore civile ed il consumatore, l’imprenditore al di sotto della soglia di cui all’art. 1 L.fall., gli imprenditori agricoli e gli enti non commerciali.
Il parallelismo paradigmatico rispetto al fallimento è evidente laddove si considerino gli istituti dell’accordo e del piano, del procedimento di liquidazione del patrimonio (a sua volta distinto nelle fasi di apertura, accertamento del passivo, liquidazione, riparto ed esdebitazione), con parziale affrancamento dalle logiche d’azione proprie del libro III del codice di procedura civile(23). Le peculiarità dell’accordo e del piano rispetto alla procedura di concordato, le specificità del procedimento di liquidazione se da un lato denotano la diffusione dei fenomeni di ibridazione degli istituti da parte del legislatore, evidenziano per altro verso la necessità di nuovi presidi della responsabilità patrimoniale del debitore, capaci di assicurare l’effettività dell’adempimento dei crediti, in una successione non meramente sequenziale tra accordo e/o piano e procedimento di liquidazione.
Gli effetti prodotti dalla disciplina del sovraindebitamento sul sistema delle obbligazioni appaiono invero rilevanti.
In primo luogo, si introduce una regolazione diversa del concorso dei creditori, fondata sull’accordo di maggioranza, capace di vincere ogni diverso intendimento dei creditori minoritari. L’idea che anima anche le procedure di regolazione del sovraindebitamento è che la razionalità concorsuale sia proporzionale alla sua quota nel concorso, al pari di quanto previsto dal diritto delle società di capitali. Si ripropone anche per l’involontario concorso dei creditori, la regola delle regole, ovverosia la regola della maggioranza, propria delle società di capitali: «la democraticità equivale qui a proporzionalità, sta nel fare esattamente corrispondere il peso che la volontà di ciascuno esercita sulla decisione collettiva all’entità della sua quota di proprietà»(24). Quanto sia coerente con l’obiettivo di efficiente e realistica allocazione dei rischi è stato più volte sottolineato, soprattutto in una dinamica delle relazioni contrattuali sempre più governata dall’asimmetria delle informazioni.
Si ridisegna al contempo, un ruolo residuale del meccanismo della responsabilità patrimoniale del debitore rispetto alla funzione assolta dal “dover prestare” propria della teoria dell’obbligazione(25).
Nel sovraindebitamento, l’adempimento coattivo, al pari dell’adempimento spontaneo, rimanda ad un’iniziativa del debitore che definisce con la maggioranza dei propri creditori, un diverso adempimento rispetto a quello presidiato dall’esecuzione individuale, non legato necessariamente alle logiche meccaniche del concorso paritario dei creditori quanto piuttosto alla diversa razionalità assentita del piano e dell’accordo. Non è un caso che le procedure esecutive individuali rimangano, negli intenti del nostro legislatore, sullo sfondo, come extrema ratio del sistema, assicurando la tenuta del diritto delle obbligazioni laddove il debitore sia inerte o sia fallita la procedura di composizione concordata della crisi.
La responsabilità patrimoniale come disegnata dal legislatore del ’42 ne esce fortemente ridefinita anche nella sua estensione espropriativa: l’illimitatezza o l’universalità della responsabilità patrimoniale ne escono ridimensionate dall’introduzione dell’esdebitazione, ridisegnando così la condizione di futura illimitatezza dello stato di insolvenza del debitore.

Le istituzioni della giuridicità concorsuale: le procedure concorsuali

Del pari, sul fronte concorsuale, il materialismo fisico che motivava il processo nella sequenzialità delle fasi di accertamento del passivo e di liquidazione dei beni, sembra sempre più il retaggio di un passato industriale ormai concluso: l’impresa non appare più come costrutto materiale dell’imprenditore- investitore(26), aggregazione di beni finalizzati al suo esercizio, caratterizzata da una fisicità per sua natura tendenzialmente stabile, geograficamente riconoscibile ma si pone per l’irruzione delle nuove tecnologie della comunicazione, come “luogo dei contratti” (espliciti o impliciti che siano), capace di innescare cambiamenti rapidi nei prodotti, nelle logiche di allocazione delle risorse, nella composizione dei fattori produttivi, nelle esternalizzazioni delle attività produttive.
Il nuovo diritto societario con i D.lgs. 6/2003 e 31/2004, la riforma del mercato del lavoro come operata dalla L. delega 30/2003 e dal D.lgs. 276/2003, la responsabilità del produttore di cui all’art. 4, D.P.R. 24 maggio 1988, n. 224(27 )e i contratti di subfornitura ex L. 192/1998, la ridefinizione dei termini e dei mezzi di pagamento come operata dal D.lgs. 231/2001 mirano a ricomporre un quadro normativo ormai storicamente datato, incapace di assecondare l’evoluzione registrata dall’impresa sul finire del secolo trascorso.
In questa sede basti osservare come l’impresa flessibile, pur nella concisione descrittiva del termine, proponga un concetto di impresa aperta, orizzontalmente organizzata, capace di assicurare fisicità alla produzione di beni e servizi attraverso una razionale filiera di esternalizzazioni ed acquisizioni, non localisticamente legate ad un territorio: la grande e la piccola impresa non costituiscono necessariamente dimensioni imprenditoriali antitetiche in quanto «l’impresa fabbrica si è pian piano trasformata in fabbrica di imprese, con una gerarchia sempre più aperta al mercato»(28). La dimensione molecolare della piccola e media impresa guarda al territorio come distretto, come luogo di reperimento immediato di fattori della produzione per alimentare processi di innovazione costanti, capaci di adeguare prodotti e servizi ai veloci mutamenti dell’ambiente esterno.
La funzione imprenditoriale ne esce fortemente ridisegnata dall’avvento delle nuove tecnologie, in quanto sempre più significativamente legata alle modalità organizzative delle competenze, del lavoro, del capitale cognitivo(29 )e per ciò stesso votata ad un nuovo equilibrismo tra contratti associativi e strumenti contrattuali: l’adozione estesa di modelli contrattuali come strumenti organizzativi dell’impresa (primo fra tutti, il franchising) non solo opera una ridefinizione dell’area di effettivo governo dell’organizzazione e dei suoi presidi gerarchici ma innesca processi di deverticalizzazione dell’impresa che modificano le aree tradizionali di presenza degli strumenti contrattuali(30), chiamati anch’essi ad un’opera di governo strategico mai prima registrata. Si interrompe così la dimensione interno/esterno dell’impresa, si incrina la distinzione classica tra stakeholder/shareholder nella misura in cui:
a) il processo decisionale non risulta più fisicamente identificabile in un “soggetto” ma risulta il prodotto delle relazioni cooperative prodotte nella filiera produttiva dai contratti d’impresa;
b) la produzione ed il consumo non costituiscono polarità opposte del processo produttivo ma dimensioni alterne di un unico processo produttivo in cui la conoscenza assume il ruolo decisivo di collante tra le fasi di creazione e vendita delle merci.
La stessa nozione di mercato cui sacrificare nella liquidazione concorsuale, l’impresa insolvente appare mutata. La moderna teoria dei costi di transazione ha evidenziato una nozione di “complementarietà” tra impresa e mercato che ne esalta gli estremi concorrenziali più che antagonistici(31): «se impresa e mercato sono allora strumenti alternativi per comporre, per mettere in correlazione una molteplicità di atti produttivi complementari»(32), appare allora evidente come la ricollocazione sul mercato dell’impresa insolvente non possa essere semplicisticamente ed episodicamente devoluta ad un atto traslativo ma passi necessariamente da un’opera di ricostruzione del suo stesso oggetto, possibile solo implementando il «novero delle decisioni possibili» sia nell’imminenza della procedure concorsuali da parte degli stakeholder sia da parte degli organi delle procedure concorsuali al loro interno.
La legge fallimentare ha perso così lentamente ogni capacità sistemica di governo del concorso, erosa dall’alto da dinamiche di gestione amministrativa delle grandi insolvenze, dal basso da un’opera di disallineamento costante dei propri principi in esito alla mutazione dell’oggetto della sua stessa azione, rendendo ormai evidenti:
- la necessità di introdurre strumenti di prevenzione della crisi capaci di ausiliare processi di ristrutturazione non più fondati sul decisionismo unilaterale dell’imprenditore in crisi, ma animati dalla ridefinzione delle dipendenze e relazioni di breve e lungo periodo attraverso metodologie della cooperazione e condivisione negoziale garantite da momenti di terzietà. La produzione di «costrutti decisionali condivisi per la crisi»(33 )costituisce pertanto una strada obbligata per l’impresa moderna, in quanto la razionalità del piano di ristrutturazione guarda al mercato non solo nell’ottica riduttiva del consenso episodico, manifestato all’interno di un percorso processuale come richiesto nelle sole procedure concorsuali minori ma assume lo stesso a ragione strategica per la rinegoziazione dei contratti, delle cooperazioni interrotte, delle interazioni sociali alterate(34). Nell’ottica indicata, appaiono pertanto evidenti i limiti insiti nella procedura di concordato preventivo, in cui la rinegoziazione dell’insolvenza si avvantaggia di un apparato decisionale “unilateralmente” precostituito, senza alcun apporto di terzietà e parità negoziale, ideologicamente demandata alla sola logica binaria del voto;
- la necessità di distinguere tra processi di ristrutturazione e procedure di liquidazione(35), ad oggi ibridamente compendiate nel concordato preventivo: va qui osservato come l’esito ampiamente censito del concordato preventivo quanto percentuale di pagamento pur attestata nel piano deve indurre ad una riflessione di coerenza dello strumento, privo di ogni pur limitata delimitazione tipologica pur necessaria alla concreta operatività dello strumento. L’implementazione delle funzioni assegnate alla procedura con l’introduzione del concordato di continuità costituisce un’ulteriore esempio di una dinamica normativa astratta rispetto alle dinamiche concrete della crisi, rivolta più ad una implementazione descrittiva delle attività che ad una differenziazione tipologica netta degli istituti: lo scarso successo del concordato di continuità dovrebbe costituire in tale senso motivo di riflessione critica e di ripensamento complessivo dell’istituto, ad oggi deprivato dall’iperattivismo legislativo, di ogni connotazione valoriale(36);
- la necessità di restituire efficienza nella “linea di trasmissione del comando insita nella successione sequenziale delle fasi del processo concorsuale”. La difficile reperibilità dei beni non svuota dall’interno la mission della procedura concorsuale, ma la condanna all’evanescenza di significato sociale, di visibilità concreta dell’attività restitutoria proposta: la qualità ad oggi sempre più estesamente censita di best practice, di modalità di ricostruzione e arricchimento dei valori censiti deve necessariamente superare la condizione meramente materialistica che ne limita le possibilità di positiva esplicazione ai soli beni e diritti inventariati e alle azioni di reintegra della massa attiva, per consentire la costruzione di itinerari liquidatori che conoscano della ridefinizione di assets attraverso processi di (ri)composizione degli assetti organizzativi e contrattuali intesi quali componenti essenziali dei beni aziendali. Nell’insolvenza, la separazione classica tra organizzazione ed attività imprenditoriale, tra modello organizzativo di diretta diramazione del diritto societario e attività economica di stretto dominio contrattuale deve essere necessariamente oggetto di riconsiderazione in quanto la nuova qualità dei contratti (quali, ad es., i contratti di appalto, di subfornitura, di franchising, di somministrazione, di lavoro) si pone come dimensionamento organizzativo specifico del fenomeno imprenditoriale, capace di influire pesantemente sulla qualità e sul valore degli strumenti materiali reperiti all’atto del default: indice di tale nuova collocazione strategica dell’attività contrattuale può trarsi dalla disciplina dei contratti in corso di cui agli artt. 50 e 51, D.lgs. 270/1999 che nel generalizzare la facoltà di scioglimento del commissario dai contratti, implicitamente demanda allo stesso il dimensionamento delle attività imprenditoriali residue per il tramite del subentro, quand’anche questo venga attuato realizzando una sostanziale deroga alla dimensione temporale insita nell’ordinario concorso fallimentare(37);
- la necessità di recepire principi di regolazione uniforme dell’insolvenza, che fondino una legittimazione capace di superare gli estremi geografici del singolo stato per essere parte di regole comunemente riconosciute da altri stati partecipi degli stessi principi di economia di mercato(38). La dimensione dell’impresa dipende sempre più dalle dinamiche internazionali dei contratti, dalle diversificazioni produttive perseguite anche attraverso localizzazioni produttive ritenute strategicamente necessarie, innestando logiche d’azione che rimandano ad una dimensione di governo processuale anch’essa strategicamente votata all’azione complementare di più ordinamenti animati da un identico universo normativo.

Il nuovo tempo delle procedure

Le istituzioni della giuridicità concorsuale sono chiamate ad una lettura rinnovata del ruolo dalle stesse assolto in un quadro mutato che vede incrinati i paradigmi stessi della propria azione, quali ad esempio, la distinzione insolvenza civile e concorsuale, tra grande, piccola e media impresa, procedimenti di liquidazione e processi di ristrutturazione delle esposizioni debitorie.
L’insegnamento keynesiano della fallacia delle logiche del lungo periodo(39 )deve guidare un pensiero riformatore che assuma il tempo presente come l’unico tempo responsabile per l’economia e per le istituzioni della giuridicità concorsuale: il tempo presente deve essere il tempo dell’istituzione del legame con il futuro.
La natura della crisi richiede pertanto uno spirito riformatore che non operi solo sulla norma fidando nella sua astratta capacità performativa, troppo facilmente contraddetta dall’esito invero incoerente di un decennio di riforme, quanto piuttosto miri a delineare una «nuova organizzazione del tempo presente delle procedure concorsuali» che muova dall’implementazione del significato anche monetario di ogni sua fase avvalendosi del supporto delle tecnologie ICT.
Il sistema normativo deve assumere una nozione di tempo capace di proporre un orientamento complessivo verso l’inattuale valorizzando la risorsa che è insita nella “forza della legge”, ossia la sua propensione al futuro: se il tempo, per Luhmann, è «l’unità fattuale di attualità e inattualità»(40), il sistema normativo delle istituzioni della giuridicità concorsuale deve proporsi come luogo di censimento sistematico dei crediti e delle loro realistiche aspettative di soddisfazione, ovverosia di congiunzione-coniugazione di riferimenti al passato per strutturare le operazioni presenti, organizzando il futuro e contribuendo alla sua realizzazione nel senso auspicato.
In particolare, si propone il superamento della condizione di inattualità propria dei crediti che insinuati al passivo delle procedure concorsuali, siano comunque assistiti da una razionale valutazione di capienza, al fine di consentire la loro partecipazione alle procedure di liquidazione degli attivi che abbiano conosciuto la diserzione degli incanti.
I procedimenti di valorizzazione dei crediti non costituiranno espressione della logica valutativa singolare della procedura nella sua relazione con il mercato ma rifletteranno la capacità predittiva assicurata dal complesso delle informazioni gestite dai sistemi informativi delle procedure concorsuali, superando pertanto il rischio insito in ogni processo valutativo condotto con metriche autoreferenziali. L’interruzione della linearità avviene pertanto con la correzione della «unicità del paradigma della liquidità» attraverso la valorizzazione di modalità satisfattive diverse, proprie della teoria delle obbligazioni quali la datio in solutum, la compensazione non più legate alla singola vicenda processuale ma «estese per la capacità di connessione qualificata convalidata da valutazioni macroeconomiche e sistemiche e realizzata dall’ICT: in tale contesto e a queste condizioni, il pagamento con moneta concorsuale potrà assolvere - per previsione normativa, dovrà assolvere - alla medesima funzione della moneta legale, costituendo pagamento del dovuto».
Così inteso, il tempo consente al sistema di distaccarsi dalla sua contingenza in quanto capace di produrre - in un complesso reticolo di connessioni - uniformità, influenze, rettificazioni: il tempo dell’adempimento concorsuale sarà la strutturazione di sistemi capaci di ricorsività e circolarità virtuosa d’intrecci e sovrapposizioni tra operazioni precedenti e successive.
In relazione al tempo, il sistema produce un suo ordine non più lineare: prepara il futuro con le proprie azioni (certificazione di capienza dei crediti) e contemporaneamente, si alimenta di un reticolo di aspettative e proiezioni capace di orientamento nelle procedure volte alla liquidazione attuale dei beni.

Il nuovo tempo delle procedure liquidative

L’unicità lineare del tempo di liquidazione dell’attivo è già interrotta - nel suo paradigma - da un sistema di assegnazione satisfattiva dell’attivo ad oggi scarsamente diffuso e utilizzato.
La norma di riferimento immediato deve essere rinvenuta nell’art. 505 c.p.c., laddove definisce gli estremi dell’assegnazione come mezzo di soddisfazione alternativo rispetto alla vendita forzata(41). È stato correttamente osservato come l’assegnazione si differenzia dalla vendita per due estremi: i) l’aggiudicatario non è un soggetto terzo ma una parte del processo esecutivo; ii) non realizza la conversione in una somma di denaro del bene pignorato, salvo le ipotesi di conguaglio, bensì il suo diretto trasferimento al creditore offerente a soddisfazione totale o parziale del suo credito. L’assegnazione consiste in un negozio attributivo dalla duplice natura in quanto insieme alla specifica funzione traslativa all’assegnatario di un bene del debitore, realizza una specifica funzione satisfattiva in tutto o in parte del credito portato dal titolo esecutivo vantato dai creditori intervenuti. Al pari della vendita coattiva, il trasferimento in assegnazione realizza un acquisto a titolo derivativo in quanto l’assegnatario acquista un diritto di contenuto omologo a quello del debitore e non già autonomo o indipendente(42).
L’assegnazione si frantuma in diverse tipologie previste dal legislatore del codice di procedura civile:
a) assegnazione satisfattiva, laddove il valore del bene assegnato sia pari o inferiore all’importo del credito vantato dall’interessato e delle spese di procedura, assolvendo ad una funzione solutoria indiretta senza alcun esborso ulteriore di denaro;
b) assegnazione vendita o assegnazione sostitutiva laddove, nel concorso di più creditori, il valore dei beni assegnati superi quello del creditore assegnatario, tenuto al versamento di un importo pari almeno al valore delle spese di esecuzione e dei crediti aventi diritto di prelazione anteriori;
c) assegnazione mista quando il valore della cosa assegnata ecceda il credito dell’assegnatario, chiamato a versare nelle forme dei depositi giudiziari la sola differenza titolo di conguaglio, trattenendo l’eccedenza titolo satisfattivo.
Pur sorretta da una parziale identità di regime giuridico rispetto alla vendita coattiva(43), l’assegnazione comunque costituisce per le esecuzioni, una modalità minore in quanto: a) l’istanza di assegnazione può essere formulata solo ad esperimento di vendita deserta; b) l’istanza di assegnazione necessita, in caso di concorso di più creditori(44), del loro assenso.
La condizione “minoritaria” della assegnazione rispetto alla vendita è pertanto per intero iscritta all’interno del “tempo storico” della sua concreta esperibilità:
a) l’assegnazione ha luogo solo laddove si verifichi la mancanza di offerte(45);
b) l’assegnazione nell’espropriazione immobiliare con più creditori intervenuti, dopo la riforma del 2005, può essere formulata solo nelle forme dell’assegnazione vendita;
c) l’istanza del creditore può essere disattesa dal giudice laddove vi sia la ragionevole attesa di un successivo incanto fruttuoso.
Da sempre, si è ritenuto che l’istituto dell’assegnazione dei beni non sia applicabile alle procedure fallimentari(46). Le ragioni addotte sono varie, quali la compiutezza del sistema di liquidazione dell’attivo delineato dalla legge fallimentare, che tende alla necessaria trasformazione in denaro dei beni del fallito per il successivo riparto fra i creditori, il rispetto del principio della par condicio creditorum, che sarebbe violato dalla preferenza accordata al creditore assegnatario ed in genere, l’incompatibilità con la struttura del fallimento dell’assegnazione-vendita(47), «tenuto conto della sua obiettiva proiezione funzionale a presidio, rectius, ad ulteriore rafforzamento, della posizione di creditori determinati quali i titolari di prelazioni aventi grado poziore»(48).
I primi segni di un parziale superamento del disfavore indicato possono cogliersi nella riforma del concordato preventivo laddove espressamente si consente la «soddisfazione dei creditori attraverso qualsiasi forma ivi compresa l’attribuzione ai creditori nonché a società da questi partecipate, di azioni, quote ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni, o altri strumenti finanziari e titoli di credito» [art. 160, comma 1, lett. a)] e la possibilità che i creditori possano essere assuntori ovvero società da questi partecipate [art. 160, comma 1, lett. b)].
L’apertura operata con l’introduzione di modalità di soddisfazione diverse ha peraltro avuto un riscontro irrisorio nella prassi quotidiana degli uffici giudiziari, votati generalmente alla liquidazione dei beni dedotti in concordato, sebbene in forma contrattualmente governate: resta da chiedersi se la disaffezione registrata sia imputabile agli istituti genericamente coinvolti nelle forme di soddisfazione diverse dall’adempimento monetario ovvero sia in qualche modo il portato di una criticità costitutiva del concordato preventivo introdotto dalla L. n. 80 del 2005.
In generale, deve osservarsi:
- le forme di adempimento diverso rispetto alla ripartizione monetaria risentono dell’impossibilità di applicazione coattiva in quanto richiedono un consenso individualmente formulato per ognuno dei soggetti coinvolti nella vicenda satisfattiva: come osservato in sede di prima applicazione dell’istituto, non è dato alla maggioranza definire per il singolo creditore forme di soddisfazione del credito diverse dalla ripartizione monetaria, quali ad esempio, l’assegnazione di un bene a tacitazione del credito privilegiato vantato(49);
- le forme di adempimento con moneta concorsuale rimandano ad una visione sistematica della singola procedura nell’ambito più ampio costituito dalla pluralità delle procedure attive, consentendo così la creazione di un legame monetario diverso rispetto a quello della liquidazione mercantile dei beni, legame monetario possibile in ragione della visione macroeconomica resa possibile dalla compensazione ed effettiva dalle tecnologie ICT.
Tale condizione di minorità deve essere superata attraverso il complessivo ridisegno del “sistema delle compensazioni”, che consenta di addivenire a forme di allocazione satisfattiva dei beni quando la relazione con il mercato della “liquidità primaria” abbia dato esito negativo.

Il nuovo tempo: “la moneta concorsuale”

Lo stato attuale delle procedure registra: i) la presenza di ingenti valori mobiliari ed immobiliari oggetto di procedure di vendita infruttuosa; ii) masse creditorie incagliate in attesa dei realizzi delle procedure di esitazione, senza alcuna possibilità di diversa “liquidazione”.
Se si consentisse di “spendere” nell’acquisto dei beni messi in vendita, i crediti che hanno una “ragionevole attesa di soddisfazione” (quand’anche in misura diversa e minore rispetto alle ragionevoli attese), il sistema registrerebbe la conversione dei crediti fallimentari incagliati in potere di acquisto reale unitamente al ritorno dei beni dedotti in vendita fallimentare alla loro pertinente funzione economico- sociale(50).
Consentire il reimpiego dei crediti incagliati nell’acquisto di beni dedotti nelle vendite fallimentari significa restituire gli assets al loro più proficuo impiego e concentrare progressivamente le posizioni illiquide all’interno delle procedure (resesi cessionarie dei crediti verso altre procedure di chi abbia pagato con “moneta fallimentare”)(51), diminuendo così sensibilmente il rischio di “contagio” della crisi, originato dal noto fenomeno delle c.d. “insolvenze a catena”(52).
L’intero sistema dovrebbe funzionare su base opzionale, senza imporre il modello ai singoli creditori ma offrendo loro una semplice opportunità di impiego alternativo: peraltro operata la scelta, la stessa dovrebbe essere irrevocabile.
La fisiologica delimitazione del fenomeno necessita di condizioni d’operatività rigide quali:
i) la procedura che accetta in pagamento il credito, è una procedura che ha già ha cercato il mercato senza successo (diserzione delle vendite) e che quindi può attendere la conversione della monete concorsuale, avendo peraltro la necessità di esitare nell’immediato i propri beni (ad es. macchinari a rischio di obsolescenza);
ii) i crediti devono essere assistiti da una certificazione di capienza che ne consenta la spendibilità: la definizione di un corretto «rapporto di conversione dei crediti in moneta legale in crediti in moneta fallimentare» costituisce lo snodo fondamentale dell’intero sistema in quanto tale rapporto non può essere determinato in modo automatico ed univoco ma dovrà necessariamente essere determinato caso per caso, attraverso un procedimento di stima validata da parte di soggetto terzo con adeguati requisiti di competenza, affidabilità ed indipendenza, che provveda alla valutazione dello stato della procedura, della composizione quali-quantitativa del suo attivo e delle caratteristiche intrinseche del credito (grado di privilegio, garanzie, grado di realizzabilità degli assets etc.). Al riguardo, appare possibile ipotizzare che una volta chiuso lo stato passivo(53 )e compiuta una prima valutazione dell’attivo realizzabile, venga formato per ciascuna procedura un “progetto di conversione in moneta fallimentare”, che indichi a ciascun creditore, il valore del suo credito in moneta fallimentare, in modo da consentire una scelta il più possibile serena e ponderata sin dall’avvio della procedura. In altri termini, nella formazione dello stato passivo le procedure dovranno assicurare sia la quantificazione dei crediti in moneta legale, sia la conversione dei crediti “capienti” nella moneta fallimentare;
iii) la procedura che accetta il credito in pagamento può trarne un vantaggio ulteriore quale insito nella vendita a prezzo d’asta pieno rispetto alla normale riduzione degli incanti successivi.

Sistemi informativi e moneta concorsuale

L’operatività del sistema di moneta concorsuale è per intero demandata alla qualità delle informazioni processate dai sistemi informativi ad oggi in uso, opportunamente implementati per consentire ad un ente, quale la Cassa di compensazione e garanzia, il pieno assolvimento dei compiti alla stessa demandati.

Il sistema informativo ad oggi gestisce:
a) metriche di misurazione per fase processuale con selezione dei momenti ad alta criticità gestionale.
La costruzione del S.I. con macchine a stati paralleli per le fasi processuali ha già interrotto l’unicità della dinamica sequenziale propria delle fasi di inizio procedura/fine procedura, per aprire alla gestione separata delle fasi di accertamento del passivo, esercizio provvisorio, liquidazione, chiusura, con vantaggi insiti nella selezione delle informazioni rilevanti per ogni fase del processo e possibilità di aggregazione per soggetti interessati dall’insolvenza. Si è provveduto, pertanto, a semplificare la rappresentazione cognitiva delle fasi processuali variamente diversificate dalle varie procedure esecutive e concorsuali proponendo la seguente aggregazione rappresentativa.

Figura 1 - Tripartizione delle fasi processuali delle procedure esecutive e concorsuali

b) sistema di rilevazione qualitativa dei diritti oggetto di aggressione esecutiva o concorsuale: la valutazione del credito dipende anche dalla qualità del diritto oggetto di aggressione esecutiva e dagli incidenti introdotti all’interno dell’esecuzione medesima, rimandando ad una serie di giudizi quali quello di appartenenza, di alienabilità, di stima e di soddisfazione la cui metrica razionale dipende solo in parte dai processi di elaborazione delle informazioni della singola procedura. Le procedure sono chiamate a dare evidenza ai giudizi di appartenenza(54 )come veicolati dall’apprensione dei beni operata all’interno delle procedure. La crescente difficoltà di procedere alla facile e corretta individuazione dei beni oggetto di aggressione(55 )e la accresciuta complessità dei diritti gravanti sugli immobili costituiscono un elemento di criticità mai troppo evidenziato. In particolare, la stessa connotazione geografica dei diritti reali ha assunto da tempo confini nuovi e estremamente problematici laddove si confrontino con il pignoramento ed il vincolo di indisponibilità conseguente. L’accresciuto ricorso a patrimoni di destinazione(56), l’ampliamento delle connotazioni di inerenza conosciute da diritti una volta minori rimandano sempre più a valutazioni cognitive di non facile dispiegamento, quanto mai necessarie a instaurare una relazione con il mercato incentrata su una dimensione informativa completa ed affidabile. Al riguardo, con riferimento ai soli beni immobili, si rammenta come la formulazione di un tale giudizio rimandi sempre più pesantemente alla definizione di problematiche innescate:
- dalla consistenza dei diritti come asseverati dalla documentazione ipotecaria e catastale, spesso caratterizzata dalla carenza di requisiti di continuità e ponderabilità trascrizionale dei diritti medesimi;
- dalla coesistenza sul medesimo bene di diritti di godimento di terzi con problematiche ad oggi irrisolte quali ad esempio quelle interessate dalla natura dei diritti interessati dalla costituzione in fondo patrimoniale(57);
- dall’esistenza di domande giudiziali anteriori alla trascrizione del pignoramento(58), ovvero dalla trascrizione di un contratto preliminare operata dalla L. 28 febbraio 1997, n. 30(59), con l’introduzione di effetti prenotativi ovvero di opportunismi distributivi di non facile composizione in sede esecutiva. Si propone pertanto un aggregato delle rappresentazioni possibili con l’utilizzo delle metriche indicate.

@- Judge evaluation credits

creditore

giudizio di appartenenza

giudizio di alienazione

valore stimato

valore realizzato

grado di soddisfazione

privilegiato 1° □

positivo □

negativo □

positivo □

negativo □

€             

€             

            

privilegiato 2° □

positivo □

negativo □

positivo □

negativo □

€             

€             

            

privilegiato 3° □

positivo □

negativo □

positivo □

negativo □

€             

€             

            

chirografario □

positivo □

negativo □

positivo □

negativo □

€             

€             

            

c) sistema di calcolo dei crediti: il richiamo ai recenti orientamenti in tema di anatocismo nei contratti bancari, ivi compreso il mutuo, rendono ragione della maturata inidoneità del sistema complessivo a sorreggere metriche economiche di calcolo univoche e condivise(60). La moneta concorsuale necessita di un sistema di calcolo che assuma le mutazioni indotte dal quadro normativo e la ridefinizione dei parametri concreti di riferimento a capacità decisionale che superi le incoerenze ad oggi registrate nel calcolo del medesimo credito da parte degli attori sociali del sistema;
d) apertura e correlazione con le tecniche di stima e valutazione del settore bancario: non è questa la sede per l’esame funditus di una tale normativa, del valore alla stessa assegnato dagli attori di settore, delle implicazioni interne prodotte sull’azione degli intermediari finanziari sia con riferimento alle dinamiche di dimensionamento nella concessione del credito sia con riferimento alla qualità sistemica degli indicatori prodotti(61). Va solo qui evidenziato come: i) le mutazioni registrate dal sistema creditizio sia nella dimensione istituzionale che nelle dinamiche di mercato hanno imposto la strutturazione dei requisiti informativi del sistema capace di sostenere una lettura ampia ed articolata delle informazioni da processo; ii) nella definizione architetturale del sistema informativo realizzato, si è cercato non solo di perseguire logiche di gestione repertoriale proprie dei registri di cancelleria, ma, avuto riguardo ai mutamenti complessivamente registrati dal settore creditizio, si è cercato di ausiliarne le funzioni decisionali nella consapevolezza che una più fluida esplicazione delle stesse ha riflessi positivi non solo all’interno del singolo processo, nella relazione da insolvenza dallo stesso governata, ma sull’intero ufficio quale organizzazione chiamata alla gestione della relazione.
La necessità di consentire anche nell’insolvenza una lettura del rischio capace di rendere realistiche operazioni di dimensionamento si è posta come requisito di concretezza progettuale, in quanto prodotto di una gestione informativa del processo estremamente aperta alle interrogazioni qualitative(62).
Le informazioni censite all’interno delle procedure, ad oggi oscurate nella dimensione indistinta dell’atto di intervento, consentono a regime una serie di interrogazioni capaci di ausiliare lo sviluppo di sistemi di valutazione dei crediti azionati nelle procedure.
Rimandando alla letteratura specialistica sul punto, il sistema dovrà rendere possibile l’aggregazione di una serie di osservazioni storiche su un numero consistente di procedure al fine di permettere agli utenti:
- la misurazione della perdita subita dal creditore per la totale o parziale impossibilità di recuperare per via stragiudiziale o giudiziale il credito vantato in danno del debitore in default, opportunamente aumentato dagli interessi connessi al ritardato recupero delle somme e dagli oneri connessi al recupero (c.d. Loss Given Default)(63);
- il dimensionamento del tasso di perdita atteso (Elr) garantendo continuità informativa ai fini del suo costante aggiornamento per intervalli temporali(64).
Appare necessaria la previsione di un ruolo di controparte economica assunto da una Cassa di compensazione e garanzia con prestazione di servizi di pagamento ai sensi dell’art. 114-sexies Tub.

La moneta concorsuale per gli immobili

Non è escluso peraltro che gli interventi operati non consentano la rapida e produttiva collocazione degli immobili dedotti nelle procedure di esecuzione sia civili che concorsuali: la profondità ed estensione della crisi che ha colpito il settore delle costruzioni edili impone la ricerca di una soluzione specifica, che consenta nell’immediato di provvedere a forme di gestione produttiva dei beni e al contempo, alleviare lo stato di sofferenza del ceto creditorio.
Gli immobili oggetto delle vendite forzate che hanno conosciuto un processo qualificato di diserzione(65 )verrebbero concentrati all’interno di un fondo-cuscinetto, che ne acquisirebbe la proprietà e la gestione, con lo scopo di:
- rilasciare gradualmente gli immobili sul mercato in un momento più favorevole di quello presente, in modo da massimizzare le potenzialità di realizzo;
- gestire nelle more i beni oggetto di esecuzione, curando di assicurarne non solo la massimizzazione del rendimento, ma anche l’ottimizzazione della funzione sociale e produttiva.
La segregazione patrimoniale costituisce comunque un costo sia dal punto di vista gestionale che dal punto di vista tributario (ad es. Imu), costo che diventa un ostacolo insormontabile all’efficacia dello strumento.
Eppure, va rilevato:
i) il disagio abitativo costituisce un fenomeno sempre più diffuso (a Bologna gli sfratti settimanali sono passati dalla media di 50 a quella di 140). La società di segregazione immobiliare potrebbe pertanto garantire con una quota consistente del patrimonio e con “contratti di solidarietà abitativa” una prima attenuazione del fenomeno, a fronte di una fiscalità premiale che ne ausili nel tempo la gestione patrimoniale(66);
ii) la desertificazione industriale e/o commerciale potrà essere in parte arginata destinando gli immobili produttivi a soggetti meritevoli (imprenditori, professionisti, lavoratori), con “contratti di solidarietà industriale e commerciale” che incentivino la nascita o la ristrutturazione delle imprese.

Conclusioni

Il tempo del processo e il tempo del mercato escono profondamente modificati dall’introduzione della moneta concorsuale e della Cassa di compensazione e garanzia.
La linearità sequenziale che ne animava il loro succedersi si arricchisce del significato assegnato alle aspettative, che rendono quantomeno attendibile ciò che appartiene alla indeterminatezza futura.
Le procedure assumono pertanto una dinamica valoriale nuova per il complesso dei nessi e delle relazioni che sono capaci di intessere con il mercato e con il sistema complessivo delle insolvenze, si confrontano con il futuro in quanto capaci di uno sguardo sul presente che non sia animato dalla “osservanza” passiva della norma ma da una visione razionale dell’incertezza.


(1) Il presente studio risulta già pubblicato in Il Processo Esecutivo a cura di B. Capponi - B. Sassani A Storto - R. Tiscini, 2014, in onore del prof. Romano Vaccarella. Si ringraziano per gli spunti critici i colleghi della sezione IV del Tribunale di Bologna, nonché il prof. Francesco Vella, il prof. Danilo Galletti, il prof. Alessandro Guccione, il prof. Marco Lamandini, il prof.Paolo Bastia, il prof. Renato Santini ed il prof. Marcello Tarabusi, nonché il dott. Marco Zanzi, il dott. Piero Aicardi, il dott. Andrea Ferri. Il dott. Carlo Lovato ed la dott.ssa Enrica Piacquaddio.

(2) B. EICHENGREEN - K.H. O’ROURKE, «A Tale of Two Depression», Advisor Perspectives, 21 aprile 2009; M. DE CECCO, Ma cos’è questa crisi?, Roma, 2013; M. AMATO - L. FANTACCI, Fine della Finanza, Roma, 2013; J.E. STIGLIZ, Bancarotta. L’economia globale in caduta libera, Torino, 2010; N. ROUBINI - S. MIHN, La crisi non è finita, Milano, 2010.

(3) J.M. KEYNES, Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta e altri scritti, Torino, 1978, p. 36.

(4) J.M. KEYNES, op. cit., p. 206 per il quale: «È dunque il presupposto dell’eguaglianza fra il prezzo della domanda della produzione complessiva ed il suo prezzo di offerta che deve considerarsi “l’assioma delle parallele”».

(5) Cfr. J.M. KEYNES, op. cit., p. 206, 340 laddove osserva che «lo scopo sociale dell’investimento consapevole dovrebbe essere di sconfiggere le oscure forze del tempo e dell’ignoranza che avviluppano il nostro futuro. Invece, lo scopo privato dei più esperti investitori di oggi è tuo beat the gun come dicono gli americani (scattare prima del segnale di partenza), metter nel sacco la gente, riuscire a passare al prossimo la moneta cattiva o svalutata» e più avanti «Lo spettacolo dei moderni mercati di investimento mi ha talvolta portato alla conclusione che un rimedio utile per i nostri mali contemporanei potrebbe essere quello di rendere un investimento permanente ed indissolubile come il matrimonio ...».

(6) A. DI MAJO, Adempimento in generale, in Comm. Scialoja, Branca, Bologna-Roma, 1994, p. 157 e ss.

(7) A. DI MAJO, op. cit., p. 222; U. NATOLI, L’attuazione del rapporto obbligatorio, in Tratt. Cicu, Messineo, Milano, 1974, p. 126 che riconduce la decadenza dal beneficio alla sanzione.

(8) J. DERDIDDA, Forza di legge. Il “fondamento mistico dell’autorità”, Torino, 2003, p. 22 che osserva: «La parola della legge è rappresentativa poiché svolge un’azione ordinatrice, ossessivamente ordinatrice. Il performativo è autorità presente, sebbene l’autorità risieda nel produrre dal proprio seno. Già l’idea di auctoritas rimanda a quanto nella presenza non è presente ...» e più avanti «Il passaggio/traduzione dalla fondazione alla conservazione consente di occultare la forza, di trasformarla in qualcosa di corrispondente in toto all’ordine del tempo, a un ordine armonico, definito, stabile, eterno».

(9) Il numero di fallimenti è aumentato a un ritmo di 11,6 per cento all’anno negli ultimi tre anni, passando dalle 5.930 procedure attivate nel 2011 alle 7.380 attivate nel 2013. Il totale passivo delle imprese coinvolte in nuovi fallimenti è aumentato, nello stesso periodo, da 16,7 a 20,6 miliardi di euro. Includendo anche i concordati, il totale passivo implicato in procedure concorsuali negli ultimi tre anni è stato pari a 78,5 miliardi di euro. Per quanto concerne la distribuzione geografica, quasi la metà dei fallimenti, per numero e volume del passivo, sono concentrati in Lombardia, Veneto e Emilia Romagna. Tuttavia, tale concentrazione dipende più da una più elevata densità del tessuto imprenditoriale che da una maggiore incidenza dei fallimenti (Prometeia, 2014).

(10) Nel solo Tribunale di Bologna si prevede che nel corso del 2013 saranno posti in vendita immobili per varie centinaia di milioni di euro.

(11) D.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito in legge con modificazioni dalla L. 14 maggio 2005, n. 80, GU, 14 maggio 2005, n. 111; D.lgs. 12 settembre 2007, n. 169; D.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134; D.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dal- la L. 9 agosto 2013, n. 98. Si segnala il contributo di R. PROVINCIALI, Trattato di diritto fallimentare, I, Milano, 1974, p. 15, che ricollega al Code Napoleon del 1807 l’origine binaria del nostro sistema processuale per l’insolvenza; A. BONSIGNORI, Il fallimento, in Tratt. Galgano, IX, Padova, 1986, p. 9. La stessa distinzione tra insolvenza civile e insolvenza fallimentare, imperniata sulla figura dell’imprenditore come definita dall’art. 2221 c.c. risulta consacrata nella lettura di C. Cost., 16 giugno 1970, Foro it., 1970, I, c. 1857: «anche se iure condendo può disconoscersi l’opportunità di una diversa determinazione di campo di applica-zione di quella disciplina»; C. Cost., 27 luglio 1982, n. 145, Foro it., 1982, I, c. 3006.

(12) V. B. CAPPONI, La verificazione dei crediti nell’espropriazione forzata , Napoli, 1990, p. 20 e ss.; U. SANTARELLI, voce Fallimento (storia del) , Digesto/comm ., V, Torino, 1990, p. 366 per una analisi storica del fallimento.

(13) R. PROVINCIALI, op. cit., 22. Si pensi solo alla irruzione sempre più pesante del credito al consumo su ci v. G. ALPA, voce Credito al consumo, Digesto/civ., V, Torino, 1989, p. 22 e ss; G. CANALE - F. MACARIO - S.T. MASUCCI, «Norme di attuazione di direttive comunitarie in tema di credito al consumo (artt. 121-126, D.lgs. 1 settembre 1993, n. 385 - T.U. delle leggi in materia di credito al consumo)», in Nuova giur. civ. comm., 1994, p. 745 e ss.

(14) Si vedano i problemi applicativi posti dalla L. 28 febbraio 1997, n. 30 e le diverse risposte interpretative fornite dal suo concorso con la garanzia ipotecaria, T. Genova, 25- 1-2001, in Banca, borsa, tit. cred., 2001, II, p. 188, con le tre note critiche di G. TUCCI, «Conflitto tra privilegio del credito del promissario acquirente per mancata esecuzione del preliminare e ipoteche iscritte prima della trascrizione del preliminare», ivi, p. 476; G. GABRIELLI, «Considerazioni sulla funzione e sul conseguente carattere facoltativo della pubblicità del contratto preliminare», in Vita not ., 1998, p. 749; A. LUMINOSO, in La trascrizione del contratto preliminare , a cura di A. Luminoso - G. Pa-lermo, Padova, 1998, p. 86; G. GAZZONI, «Trascrizione del contratto di compravendita e obbligo di dare», Riv. not ., 1997, 3; contra, G. ALESSI, «Il privilegio immobiliare del promissario acquirente», Foro amm., 1997, p. 362; G. CIAN, «Alcune questioni in tema di trascrizione del contratto preliminare», Riv. dir. civ., 1997, II, 389; C.M. TARDIVO, «Trascrizione del preliminare di vendita e finanziamento fondiario», Vita not., 1997, p. 117.

(15) V. ROPPO, La responsabilità patrimoniale del debitore, in Tratt. Rescigno , Torino, 1985, p. 19; L. BARBIERA, Responsabilità patrimoniale. Disposizioni generali - Artt. 2740-2744 c.c ., in Comm. Schlesinger , Milano, 1991, p. 157 e ss.

(16) Il rinvio inevitabile è al leasing finanziario, v. D. DE MARTINI, Proprietà e disponibilità dei beni negli investi-menti comuni, nel leasing, nella multiproprietà, Padova, 1988; G. TUCCI, voce Garanzia - Diritti di Garanzia - Dir. comp., Enc. giur., XIV, Roma, 1988, p. 6 e ss.

(17) M. FRAGALI, voce Garanzia e diritti di garanzia, in Enc. dir., XVIII, Milano, 1969, p. 448; G. TUCCI, voce Garanzia, Digesto/civ., VIII, Torino, 1992, p. 581 e ss.

(18) Così P. SCHLESINGER, L’eguale diritto dei creditori ad essere soddisfatti sui beni del debitore, in Scritti in onore di Luigi Mengoni, Milano, 1995, p. 919 e ss., p. 930 e ss. e ivi ogni riferimento.

(19) Per la tendenza della dottrina a risolvere la responsabilità patrimoniale nell’espropriazione forzata, v. A. CANDIAN, Nozioni istituzionali di diritto privato, Milano, 1949; S. SATTA, Diritto processuale civile, Padova, 1987, p. 564; V. ANDRIOLI, Appunti di diritto processuale civile, I, Napoli, 1964, p. 245. In senso più articolato, L. BARBIERA, op. cit ., p. 24 e ss.

(20) Si veda per estensione di analisi, M. MARCUCCI, «Insolvenza del debitore civile e “fresh start”. Le ragioni di una regolamentazione», in An. giur. ec., 2004, 2; A. CASTAGNOLA, La liberazione del debitore (discharge) nel diritto fallimentare statunitense, Milano, 1993; C.J. TABB, «Historical Evolution of Bankruptcy Discharge», in American Bankruptcy L.J ., 1991, 65.

(21) Così R. PROVINCIALI, op. cit., p. 22.

(22) Si veda sul punto U. SANTARELLI, op. cit., p. 366.

(23) V. AA.VV., La crisi da sovraindebitamento, a cura di F. Di Marzio - F. Macario - G. Terranova, Milano, 2012; F. MACARIO, «La nuova disciplina del sovra- indebitamento e dell’accordo di ristrutturazione per i debitori non fallibili», in Contr., 2012, IV, p. 231; L. PANZANI, «La nuova disciplina del sovraindebitamento dopo il D.l. 18 ottobre 2012, n. 179», in www. ilfallimentarista.it., p. 9.

(24) F. GALGANO, La forza del numero e la legge della ragione, Bologna, 2007, p. 98.

(25) In tal senso, A. DI MAJO, Delle obbligazioni in generale - Libro quarto , in Comm. Scialoja , Branca, Bologna-Roma, 1988, p. 84.

(26) Si rinvia per l’esame teorico delle teorie aziendali, a P. BASTIA, Pianificazione e controllo dei risanamenti aziendali, Torino, 1996, p. 13 e ss.

(27) Si veda G. ALPA - M. BIN - P. CENDON, La responsabilità del produttore, in Tratt. Galgano, Padova, 1989.

(28) Si veda G. DIOGUARDI, L’impresa nel Terzo millennio, Bari, 1995, p. 10 e ss.; significativamente più avanti, a p. 135, osserva come «È necessario sganciare il più possibile l’impresa dalle decisioni del passato, cercando innanzitutto di attribuire a tali elementi le condizioni di quasi flessibilità. I costi di ammortamento devono essere tendenzialmente trasformati in costi variabili di gestione».

(29) E. RULLANI, La fabbrica dell’immateriale, Roma, 2004, p. 23 e ss.

(30) R. DE LUCA TAMAJO, «Metamorfosi dell’impresa e nuova disciplina dell’interposizione», Riv. it. dir. lav., 2003, I, p. 167 e ss.

(31) Coase 1937, soprattutto Willamson 1975, 1979, 1983.

(32) Così P. BASTIA, Gli accordi tra imprese, Bologna, 1997.

(33) L’espressione è mutuata da P. BASTIA, op. loc. ult. cit.

(34) Si veda F. CAFAGGI, Reti di imprese, in Reti di imprese tra regolazione e norme sociali, Bologna, 2004, p. 27 e ss.

(35) Per una ricognizione sistematica, G. BRUGGER, Profili aziendali, sub Art. 160, in Il nuovo diritto fallimentare, Commentario diretto da Jorio, Bologna, 2007, p. 2301 e ss.

(36) S. AMBROSINI, Appunti in tema di concordato con continuità` aziendale , in Crisi d’impresa e fallimento , 4 agosto 2013.; M. ARATO, Il concordato preventivo con continuazione dell’attività` d’impresa , in Crisi di imprese: casi e materiali , a cura di F. Bonelli, Giuffrè, Milano, 2011, p. 137. A. NIGRO, La disciplina delle crisi patrimoniali delle imprese , in Trattato di diritto privato , diretto da M. Bessone, XXV, Torino, 2012. L. STANGHELLINI, «Il concordato con continuità` aziendale», in Il fall ., 2013, p. 1222. G. TERRANOVA, «Il concordato “con continuità` aziendale” e i costi dell’intermediazione giuridica», in Dir. fall., 2013, I, p. 1. U. TOMBARI, «Alcune riflessioni sulle fattispecie del concordato con continuità` aziendale», in www. ilfallimentarista.it.

(37) Si veda G. LO CASCIO, Commentario alla legge sull’amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi, Milano, 2000, p. 236 e ss.; A. MAFFEI ALBERTI, Commentario breve alla legge fallimentare, Padova, 2000, p. 1073.

(38) Si veda per tutti, R. EFRAT, «Global Trends in Personal Bankruptcy», in American Bankruptcy L.J., 2002; la Germania, gli Stati Uniti e l’Inghilterra adottano procedure uniformi sia per l’imprenditore che per il debitore comune, anche se con differenziazioni; di recente la Spagna ha proceduto all’unificazione delle procedure con la Ley Organica 8/2003 del 9 luglio 2003.

(39) A sua volta inteso come un «momento di equilibrio che prima o poi arriverà», v. M. AMATO - L. FANTACCI, Fine della finanza, Roma, 2012, cap. 6.

(40) LUHMANN, op. cit., p. 132.

(41) S. SATTA, Commentario al codice di procedura civile, III, Milano, rist. 1966, p. 201.

(42) A. BONSIGNORI, Effetti della vendita forzata e dell’assegnazione , in Comm. Schlesinger , Milano, 1998, p. 182.

(43) Si veda A. BONSIGNORI, op. loc. cit., p. 212 e ss.

(44) S. SATTA, op. loc. ult. cit.

(45) Ipotesi questa distinta dalla mancanza di offerenti, v. P. CASTORO, Il processo di esecuzione nel suo aspetto pratico, Torino, 2010, p. 670.

(46) Con riferimento alla legge fallimentare del ’42, v. A. BONSIGNORI, La liquidazione dell’attivo, in Comm. Scialoja, Branca L.fall., Bologna-Roma, 1976, 33; R. PROVINCIALI, op. cit., p. 1585; E.F. RICCI, «Profili di legittimità costituzionale della devoluzione allo stato dell’immobile pignorato dall’esattore», in Riv. dir. proc., 1983, p. 182; per un’apertura all’istituto v. P. PAJARDI, «Nota a Cass., 22 luglio 1983, n. 5069», in Giur. fall., 1983, p. 108; M. MONTANARI, I procedimenti di liquidazione e ripartizione dell’attivo fallimentare, Torino, 1995, p. 47 e ss.

(47) In tal senso, Cass., 22 luglio 1983, n. 5069, in Giur. comm., 1984, I, p. 186; in Foro amm., 1984, p. 438.

(48) Così M. MONTANARI, op. cit., p. 47, richiamandosi a A. BONSIGNORI, Effetti della vendita forzata e dell’assegnazione, cit., p. 181.

(49) Trib. Bologna, decr. 16 dicembre 2008 per il quale «Al riguardo, osserva il Collegio come l’apertura della procedura concordataria a momenti di negoziabilità regolativa dell’inadempienza maturata e, per il suo tramite, dell’insolvenza deve comunque essere ricondotta ai principi che presiedono l’adempimento, ed in particolare, con riferimento all’ipotesi in esame, la datio in solutum, non essendo possibile demandare semplicisticamente - in assenza di un preventivo accordo - al potere dispositivo della maggioranza dei creditori, forme di adempimento che non avvengano con denaro».

(50) Si pensi al caso di un artigiano, creditore privilegiato in un fallimento, che potesse spendere il proprio credito per acquistare beni produttivi; ad un professionista che potesse acquistare un autoveicolo da un fallimento saldandolo con il proprio credito verso altro fallimento; ad un dipendente che potesse impiegare i propri crediti per retribuzioni e Tfr per acquistare un’abitazione o, magari in gruppo con altri lavoratori, per rilevare un’azienda e mettersi in proprio.

(51) Si impiega questa terminologia per semplicità e per il suo valore evocativo, ma il meccanismo potrebbe, mutatis mutandis, funzionare anche per le esecuzioni individuali.

(52) Fenomeno che nell’ultimo anno, anche per effetto di un uso a volte distorto del nuovo concordato c.d. in continuità, assume i contorni di una vera e propria potenziale race to the bottom.

(53) Ancora una volta, si impiega un termine strettamente fallimentare, ma analoghe considerazioni valgono per esecuzioni individuali e procedure concorsuali diverse dal fallimento.

(54) G. TARZIA, L’oggetto del processo di espropriazione, Milano, 1961.

(55) L.P. COMOGLIO, «Direzione del processo e responsabilità del giudice», Riv. dir. proc., 1977, II, p. 14 e ss.; ID., «L’individuazione dei beni da pignorare», Riv. dir. proc., 1982, p. 83 e ss.; E. MERLIN, «L’individuazione dei beni da pignorare e la “trasparenza” dei patrimoni: riflessioni “de iure condendo”», Giur. it., 1993, IV, p. 205; ID., Prospettive di riforma parziale del diritto dell’esecuzione forzata: l’individuazione dei beni da pignorare e la garanzia patrimoniale c.d. generica dell’obbligazione civile , Milano, 1994.

(56) M. BIANCA, Vincoli di destinazione e patrimoni separati, Padova, 1996; AA.VV., Mandato, fiducia e trust. Esperienze a confronto, a cura di Alcaro-Tommasini, Milano, 2003; M. LUPOI, Trusts, Milano, 2001.

(57) Si veda per tutti, T. AULETTA, Il fondo patrimoniale, in Comm. Schlesinger , Milano, 1992, p. 171 e ss.

(58) Si veda G. MICCOLIS, Giudizi sull’appartenenza e pignoramento, Napoli, 1994, p. 33 e ss.

(59) Si veda A. LUMINOSO, op. cit.

(60) Cfr. sulla sola problematica degli interessi, Cass., 16 marzo 1999, n. 2374; Cass., 30 marzo 1999, n. 3096, in Foro it., 1999, I, c. 1153, con nota di Palmeri e Pardolesi; Cass., 11 novembre 1999, n. 12507, ivi, 2000, I, c. 451, con note di Palmeri e Nigro; Cass., 20 febbraio 2003, n. 2593, in Foro it., 2003, I, c. 1774. Si veda per tutti, O.T. SCOZZAFAVA, Gli interessi dei capitali, Milano, 2001; G. LA ROCCA, Dall’inadempimento ai contratti di credito, Napoli, 2002; B. INZITARI, «Il mutuo con riguardo al “tasso soglia” della disciplina antiusura e al divieto di anatocismo», in Banca, borsa, tit. cred., 1999, I, p. 257 e ss.

(61) Si veda L. BUZZACCHI, M. PAGNINI, I. VALSECCHI, Credit scoring e organizzazione dell’attività del prestito nelle banche: una rassegna della letteratura, in Le banche e il credito alle imprese durante la crisi, a cura di A. Zazzaro, p. 213, Bologna 2014.

(62) G. DE LAURENTIS, Rating interni e credit risch management, Roma, 2001, p. 29: «A livello di bilancio della banca, le perdite attese determinano rettifiche del valore del libro dei prestiti (di prassi, con procedure forfettarie per quelli in bonis, con procedure analitiche per quelli in sofferenza e con procedure ora analitiche ora forfettarie per quelli incagliati), mentre le perdite inattese richiedono un equivalente ammontare di capitale di rischio».

(63) V. G. DE LAURENTIS, op. cit., p. 253.

(64) Sul punto, v. G. DE LAURENTIS, op. cit., p. 26.

(65) Inizialmente si ipotizza un progetto su base locale, ma nulla vieta che in prospettiva lo strumento possa assumere valenza regionale o sovraregionale.

(66) Si prefigura un utilizzo degli immobili abitativi in progetti di social housing, con contratti di solidarietà abitativa di durata temporanea: il conduttore si impegna a godere dell’immobile secondo le regole del buon padre di famiglia, nel decoro proprio e nel rispetto del termine massimo concesso, salvo suo acquisto. Al rilascio dell’immobile, la società di housing chiederà che il tribunale rilasci un attestato di onorabilità in favore di quanti si siano comportati secondo le regole prefissate, attestato spendibile in vari contesti e servizi alla cittadinanza. Dovranno essere previste procedure in autotutela in danno dei soggetti trasgressori.

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