La nuova direttiva 2014/17 sul credito residenziale riguarda solo i consumatori?
La nuova direttiva 2014/17 sul credito residenziale riguarda solo i consumatori?
di Pier Luigi Fausti
Notaio in Bergamo

Entrata in vigore e disposizioni finali

Le disposizioni della direttiva 2014/17/Ue del Parlamento europeo e del Consiglio del 4 febbraio 2014, in merito ai contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali(1), dovranno essere applicate entro il 21 marzo 2016 (art. 42, comma 2), data entro cui gli Stati membri adotteranno le norme attuative regolamentari ed amministrative (art. 42, comma 1). Le disposizioni non sono retroattive: quindi non si applicano ai contratti in essere prima del 21 marzo 2016 (art. 43).
Gli Stati membri sono tenuti ad assicurare che i consumatori non possano rinunciare ai diritti loro conferiti dalla normativa nazionale di recepimento (art. 41). La norma è del tutto simile a quella prevista, in via generale, dall’art. 143 del codice del consumo: facilmente, quindi, si riproporrà l’interrogativo se il consumatore, al di là di una impossibile rinuncia programmatica ai diritti riservati, possa comunque in via di fatto non esercitare i diritti medesimi, perdendo così anche la possibilità di una successiva tutela giurisdizionale. Più significativo, invece, è il secondo comma dell’art. 41 il quale prescrive che le disposizioni attuative non possono essere eluse attraverso particolari formulazioni dei contratti.
Tra le disposizioni finali, ricomprese nel capo 14 del provvedimento, si rileva anche l’art. 39, per effetto del quale gli Stati membri garantiscono l’istituzione di procedure di risoluzione stragiudiziale delle controversie tra consumatori e creditori. L’occasione è opportuna solo per constatare che tale meccanismo in Italia è già operativo grazie all’Arbitro bancario finanziario (Abf) il quale, istituito nel 2009 in attuazione dell’articolo 128-bis Tub, in pochi anni di esercizio ha già positivamente influito sui rapporti bancari. La bontà del nuovo sistema risiede nella rapidità ed economicità con cui vengono risolti anche aspetti minuti della contrattualistica e della prassi bancaria, che difficilmente avrebbero potuto ambire a considerazione attraverso i classici gradi di giudizio; vengono così poste le basi per una autentica, efficace, omogenea e continua bonifica del sistema.

La direttiva come reazione alla crisi finanziaria

Nei consideranda alla direttiva, particolare attenzione è dedicata alla crisi finanziaria ed alle sue cause, insistentemente individuate nei comportamenti irresponsabili da parte degli operatori del mercato destinati a portare mancanza di fiducia tra i soggetti economici e quindi a mettere a rischio le basi stesse del sistema finanziario (cons. 3, 4, 5).
Su questa diagnosi sembra essersi ormai formato un consenso generale, sicuramente nell’opinione comune influenzata anche dai mass media, ma anche tra gli addetti ai lavori: fermo restando che si tratta di una diagnosi generica, la quale lascia ampio spazio al dibattito sia sulle precise responsabilità che sui rimedi.
Tra i rimedi attuati, le nuove indicazioni del Comitato di Basilea presso la Banca dei regolamenti internazionali (Bri; in inglese: Bank for international settlements, Bis), i c.d. accordi di “Basilea III”, tendono al rafforzamento patrimoniale delle banche e vengono, pertanto messi in discussione come responsabili del credit crunch nei confronti di imprese e cittadini. Le Banche Centrali hanno elevato sanzioni pecuniarie ingentissime nei confronti di diverse banche internazionali responsabili di manipolazioni del fixing dei parametri finanziari o dei cambi valutari e perfino del mercato delle materie prime; e tuttavia, a parte il costo salato delle sanzioni, non sembra ci sia stata una reale ricaduta a livello reputazionale.
La direttiva di cui si occupa il presente volume si rivolge pertanto, completando l’accerchiamento dei rimedi, agli ingredienti di base di uno specifico fenomeno speculativo, cioè a quei mutui residenziali che, concessi con irragionevole generosità, hanno reso tristemente familiare l’espressione subprime. Tuttavia, è subito risultato chiaro che la responsabilità della crisi non è stata principalmente dei vari Mr. subprime che non hanno potuto onorare i loro debiti, bensì delle prassi di impacchettamento, ripetute esponenzialmente, volte alla distribuzione del rischio. A ciò si dovrebbe anche aggiungere che parte significativa delle sofferenze bancarie nel settore immobiliare resta ferma alle fase iniziale delle imprese di costruzione.
Con questi limiti e perplessità, ben venga comunque la nuova direttiva ad imporre quei comportamenti che più di dieci anni fa il legislatore europeo aveva lasciato alla responsabilità di codici deontologici(2), il cui livello di risposta è risultato però malinconicamente, quanto prevedibilmente, inadeguato.
Un altro aspetto evidenziato dai consideranda (4) è la presenza all’interno del sistema Europa di «regimi inefficaci, incoerenti o inesistenti per gli intermediari del credito». E qui l’impresa si fa titanica se solo teniamo conto delle difficoltà anche meramente redazionali del legislatore nazionale, cui sembrano ormai aggiungersi anche quelle dell’analogo comunitario. Al contrario, o meglio, forse proprio in conseguenza di queste cattive prassi, è ormai sempre più condivisa l’opinione che buone leggi e un solido sistema normativo sono cruciali per creare fiducia nel mercato e fanno bene all’economia di tutti i Paesi, che siano in crisi, in ripresa o in via di sviluppo. Sicuramente per diverse novità di cui verrà dato conto in questo volume, il recepimento della direttiva non potrà essere, questa volta più che mai, un mero copia e incolla.

Quale livello di armonizzazione?

La direttiva non sempre detta regole di armonizzazione massima. Sono anzitutto rintracciabili nel corpus dispositivo almeno 29 punti in cui gli Stati membri non “provvedono”, né “garantiscono” o “assicurano”, e neppure “promuovono”, ma semplicemente “possono”(3 )fare quanto detto: restano quindi ampi e diffusi margini di discrezionalità, quasi che si intenda definire un “quadro comune” (art. 1) più che intervenire con misure di dettaglio.
Un’altra eccezione si rintraccia nel disposto dell’art. 2, che non impedisce agli Stati membri di mantenere o introdurre disposizioni più stringenti per tutelare i consumatori. Le uniche norme imperative di armonizzazione sono relative ai contenuti delle informazioni precontrattuali del prospetto informativo europeo standardizzato (Pies: allegato II) e alle modalità di calcolo del Taeg (capo 5 e allegato I): su questi due fondamentali aspetti la direttiva esige che gli Stati membri non mantengano né introducano nelle legislazioni nazionali disposizioni divergenti.

Alcune linee di tendenza

Tralasciando di considerare altri pur importanti settori di ambito pubblicistico e di controllo (capi 11, 12 e 13 ), merita evidenziare quelle che, almeno a prima lettura, sembrano linee di tendenza. Ovviamente scopo precipuo della direttiva è quello dell’integrazione del mercato interno dei contratti di credito relativi a beni immobili residenziali, ravvicinando le legislazione degli Stati membri e realizzando migliori standard qualitativi di trasparenza, efficienza e competitività. Lo scopo, più che meritevole, andrà tuttavia sicuramente incontro alla difficoltà tecnica di dovere conciliare i meccanismi, molto differenziati e tutti molto delicati, relativi alla costituzione e circolazione delle garanzie ipotecarie e allo stesso trasferimento delle proprietà immobiliari. Le impellenti necessità finanziarie purtroppo si scontrano oggi con il continuo rinvio nell’attuazione dei diversi progetti di unificazione legislativa dei contratti civili. La soluzione sarà sicuramente quella di incidere sulle discipline settoriali: ma anche qui bisognerà decidere, ad es. in Italia, se novellare il Testo unico bancario oppure se revisionare il Codice del consumo. La prima soluzione ha dalla sua il fatto che la precedente direttiva 2008/48/ Ce, sul credito al consumo, più volte richiamata dalla direttiva de quo, ha avuto concreta attuazione mediante riscrittura di ampi settori del Testo unico bancario(4). Sembrerebbe quindi facile inserire la nuova disciplina affiancandola a quella già esistente sul credito al consumo. Potrebbe anche ritenersi, tuttavia, che una migliore e più generale revisione sarebbe quella che riuscisse ad unificare le due discipline, sempre all’interno del Tub, evitando sovrapposizioni o contraddizioni e mantenendo solo le specificità che risultino insopprimibili.
Ampio spazio viene dedicato alla educazione finanziaria dei consumatori (capo 2), alle norme di comportamento del personale degli intermediari e alla loro formazione (capo 3). Viene ulteriormente e abbondantemente rafforzata la disciplina delle informazioni preliminari alla conclusione dei contratti (capo 4).
Il capo 10 (artt. 25-28) è intitolato alla “Buona esecuzione dei contratti di credito e diritti connessi”. Con riferimento allo ius variandi, l’art. 27 non sembra introdurre novità peggiorative per gli utenti, a patto che resti assicurato l’indirizzo secondo cui (cons. 67) gli Stati membri dovrebbero poter mantenere o introdurre restrizioni o divieti relativi a modifiche unilaterali del tasso debitore apportate dal creditore. Possibili novità invece si preannunciano, anzitutto, nell’estinzione anticipata. L’art. 25 accoglie la possibilità che il creditore abbia diritto ad un indennizzo equo ed obiettivo per i costi connessi al rimborso anticipato. In teoria il principio è sacrosanto, posto che con l’anticipata estinzione la banca perde il diritto all’incasso prefigurato di una parte degli interessi corrispettivi. Si tratta però di vedere come a questo principio verrà data concreta attuazione, trattandosi di materia sulla quale le banche hanno da sempre sviluppato argomenti di pressione. Il punto, in realtà, non è tanto quello della liceità dell’indennizzo, quanto quello della equa misura dello stesso. Le norme nazionali repressive in via assoluta del compenso (da ultimo: art. 120-ter Tub) in effetti erano sorte quale reazione equitativa e tranchante all’esosità dei compensi pretesi dalle banche. Il legislatore comunitario sembra consapevole di questo rischio quando dispone che gli Stati membri possono prevedere che l’indennizzo non possa superare un determinato livello (art. 25, comma 3), ma allo stesso tempo subisce l’influenza bancaria quando (art. 25, comma 5) prevede la possibilità di discipline specifiche nei casi di mutui a tasso debitore fisso, ovvero proprio in quei casi in cui le banche tendono a innalzare esponenzialmente il compenso tramite meccanismi di attualizzazione.
Ma la novità più importante per il nostro ordinamento è lo sdoganamento delle convenzioni aventi ad oggetto il trasferimento dei beni oggetto della garanzia reale in funzione di rimborso del credito. Senza anticipare le osservazioni che verranno specificamente svolte al proposito, certamente occorrerà un forte cambio di mentalità, a fronte dell’orientamento giurisprudenziale interno consolidato, fin dal 1998, ad ampliare l’ambito di applicazione del divieto del patto commissorio. Un supporto in subiecta materia potrebbe arrivare dalla recente riforma del vitalizio ipotecario.

Considerazioni finali “a ruota libera”

Rimane lo spazio per qualche osservazione generale.
Non sarà sfuggito che alcune delle indicate novità potrebbero condurre ad ampliare il ventaglio delle prerogative bancarie; ed allora viene da domandarsi se tali ampliamenti possano legittimamente essere estesi a finanziamenti contratti anche con altri soggetti, tradizionalmente meno tutelati dei consumatori.
Ad es.: per quale logica il patto commissorio, nella misura in cui verrà effettivamente reso legittimo dalle norme di attuazione, non potrebbe essere impiegato anche con controparti più forti ed informate rispetto ai consumatori, e magari con gli stessi costruttori immobiliari che non riescono a vendere le abitazioni ipotecate? Ancora: che senso avrebbe, nell’ottica di un legislatore nazionale così orientato, reintrodurre la legittimità del compenso per anticipata estinzione solo a carico dei consumatori e non anche, ad es., di un artigiano che abbia finanziato l’acquisto del suo laboratorio?
Ad analoghe riflessioni induce anche la sottolineata importanza della corretta valutazione degli immobili, attraverso l’individuazione di standard affidabili e obiettivi (cons. 26). Ben noti sono i casi in cui l’allegra concessione del credito veniva fondata su perizie gonfiate, o che tenevano per fatti i lavori di miglioramento non ancora eseguiti ed esistenti solo sulla carta. Sul punto si può solo dare atto, in ambito nazionale, del codice Abi (ultima edizione del 14 dicembre 2015), con il quale linee guida per la valutazione degli immobili in garanzia delle esposizioni creditizie sono state condivise tra gli ordini professionali dei periti, le principali società di valutazioni immobiliare e Tecnoborsa (società della Camera di commercio di Roma specializzata nel mercato immobiliare), nell’ambito di un protocollo d’intesa siglato il 25 novembre 2010. I principi sono stati elaborati nell’ottica di assicurare la massima trasparenza nella valutazione degli immobili dati in garanzia nel mercato ipotecario e di garantire anche all’Italia, come avviene negli altri paesi europei, specifiche linee guida per il comparto. Anche sotto questo aspetto la direttiva appare perciò destinata ad applicazioni più ampie dei meri contratti di finanziamento per l’acquisto della casa di abitazione dei Consumatori.
Sembra, in definitiva, che in questa direttiva il cavallo di battaglia consumeristico introduca degli elementi di valenza generale, la cui applicazione esclusivamente settoriale non sarebbe giustificabile sotto il profilo della uguaglianza di trattamento.
Ma c’è qualcosa di più.
Mentre da un lato, infatti, i consideranda (6) prevedono come d’abitudine le finalità di inclusione finanziaria dei consumatori come obiettivo da realizzare, dall’altro la valutazione rigorosa del merito creditizio assurge ad elemento fondante della direttiva (cons. da 55 a 58), con l’auspicio di disposizioni più rigide rispetto a quelle già introdotte nel credito al consumo (cons. 22). Questa evidentemente non è più inclusione ma, al contrario, una chiamata di responsabilità di tutte le parti, utenti compresi, nei confronti della concessione del credito, con la prospettiva di conseguenze almeno di razionalizzazione se non apertamente di diminuzione delle erogazioni.
Nello stesso senso sembrano dirette le disposizioni volte al perseguimento di una elevata professionalità del personale che agisce in nome degli intermediari del credito (cons. da 31 a 34), con la connessa eliminazione delle politiche retributive volte ad incentivare la conclusione del maggior numero di contratti o servizi accessori senza tenere in debito conto gli interessi (e le capacità di adempimento) dei consumatori (cons. 35).
Se tutto ciò è vero, allora la direttiva parla in realtà ad un mondo più ampio di quello dei consumatori cui è nominalmente destinata.
In effetti già esistono, sia nel panorama nazionale che in quello europeo, aperture giurisprudenziali o perfino normative relative a istituti nati a tutela dei consumatori e poi estesi ad applicazioni soggettive più ampie. Al punto che sembrerebbe lecito chiedersi se il diritto consumeristico non possa essere considerato come uno strumento per la rinnovazione generale del diritto commerciale.
Sotto altro aspetto pare intravedere un sorta di mutazione genetica del diritto consumeristico. La filosofia di queste norme speciali che non attribuiscono diritti soggettivi assoluti, ma articolano una serie di tutele indirette al fine di salvaguardare l’unica entità oggettiva che oggi sembra meritevole di tutta l’attenzione, cioè il “mercato”, appare ormai scricchiolare. Se anche a livello politico e socio economico si comincia a dubitare della validità delle teorie che fondano tutto lo sviluppo sui consumi, non potrebbe il diritto intuire (e anticipare?) la svolta ricordando che la soggettività degli individui deve essere piena e non può esplicarsi solo in riflesso del fatto che gli stessi sono consumatori?(5 )La stessa normativa sul consumo, pur nel suo meritorio intento di portare a maturazione comportamenti più consapevoli per i fruitori e più equi per i professionisti, ha denotato eccessi e si è dimostrata a volte anche un’arma a doppio taglio: le norme sulla trasparenza hanno prodotto coacervi di carte illeggibili e oscure; alcune tutele hanno finito per deresponsabilizzare gli utenti ben oltre il lecito, al contempo inducendo intoppi e rallentamenti nella normale attività di mercato; l’imposizione di infinite e minute attenzioni burocratiche e commerciali per aspetti estranei al core business, stanno finendo per sbriciolare l’identità di tutta una serie di settori (banche che vendono biciclette e macchine per il caffè, supermercati che propongono finanziamenti, professionisti che fanno indagini finanziarie, poteri pubblici che delegano competenze inderogabili ecc.), con profonde ricadute sulle capacità di imprese e professionisti, che lasciano vuoti riempiti non dal “nuovo” ma nel migliore dei casi dall’ improvvisazione.
Nella vorticosa evoluzione dei tempi è auspicabile che il diritto trovi ben presto nuove forme di espressione in cui definizioni e comportamenti già acquisiti si disciolgano in migliori forme di razionalità(6).


(1) G.U. dell’Unione europea 28 febbraio 2014, L. 60/34.

(2) Raccomandazione della Commissione delle Comunità europee in materia di mutui per la casa d’abitazione, 1° marzo 2001, C(2001)477. Nel settimo considerandum vien dichiarato: «qualora l’attuazione delle disposizioni della presente raccomandazione risulti insufficiente, la Commissione valuterà l’opportunità di proporre provvedimenti legislativi vincolanti».

(3) Articoli: 3.3, 7.4, 7.5, 9.3.ii, 11.1, 11.6, 12.2, 12.3, 12.4, 13.1, 13.2, 14.4, 14.6, 16.2, 22.4, 22.5, 22.6, 23.2, 23.5, 25.2, 25.3, 25.5, 27.2, 28.2, 28.3, 29.4.a, 29.8, 30.1, 31.1.

(4) D.lgs. 13 agosto 2010, n. 141.

(5) «L’essere umano rischia di essere ridotto a semplice ingranaggio di un meccanismo che lo tratta alla stregua di un bene di consumo»: dal discorso di Papa Francesco a Strasburgo, il 25 novembre 2014.

(6) Imperatoris Iustiniani Institutionum, III, 1, §14: «... donec praetores, paulatim iuris civilis asperitates corriggentes, sive quod deest adimplentes, humano proposito, alium ordinem suis edictis addiderunt ... ».

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