Direttiva 2014/17/UE - Art. 4 - Definizioni - Commento di Pierfrancesco Bartolomucci
Direttiva 2014/17/UE
Art. 4 - Definizioni
Commento di Pierfrancesco Bartolomucci
Professore aggregato. Ricercatore confermato in Regolamentazione del mercato e tutela del consumatore, Università di Napoli “Parthenope”

Art. 4
Definizioni

1. Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:
1) «consumatore»: un consumatore quale definito all’articolo 3, lettera a), della direttiva 2008/48/CE;
2) «creditore»: una persona fisica o giuridica che concede o s’impegna a concedere crediti rientranti nell’ambito d’applicazione dell’articolo 3 nell’esercizio della propria attività commerciale o professionale;
3) «contratto di credito»: un contratto in base al quale il creditore concede o s’impegna a concedere al consumatore un credito che rientra nell’ambito d’applicazione dell’articolo 3 sotto forma di dilazione di pagamento, di prestito o di altra agevolazione finanziaria analoga;
4) «servizio accessorio»: un servizio offerto al consumatore in combinazione con il contratto di credito;
5) «intermediario del credito»: una persona fisica o giuridica che non agisce come creditore o notaio e non presenta semplicemente - direttamente o indirettamente - un consumatore a un creditore o intermediario del credito e che, nell’esercizio della propria attività commerciale o professionale, dietro versamento di un compenso, che può essere costituito da una somma di denaro o da qualsiasi altro corrispettivo finanziario pattuito:
a) presenta od offre contratti di credito ai consumatori;
b) assiste i consumatori svolgendo attività preparatorie o altre attività amministrative precontrattuali per la conclusione di contratti di credito diverse da quelle di cui alla lettera a; o
c) conclude con i consumatori contratti di credito per conto del creditore;
6) «gruppo»: un gruppo di creditori che sono da consolidare ai fini della redazione di conti consolidati, secondo la definizione di cui alla direttiva 2013/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativa ai bilanci d’esercizio, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di talune tipologie di imprese;
7) «intermediario del credito con vincolo di mandato»: un intermediario del credito che opera per conto e sotto la piena e incondizionata responsabilità di:
a) un solo creditore;
b) un solo gruppo; o
c) un numero di creditori o gruppi che non rappresenta la maggioranza del mercato;
8) «rappresentante designato»: una persona fisica o giuridica che svolge le attività di cui al punto 5 per conto di un solo intermediario del credito e sotto la responsabilità piena e incondizionata di quest’ultimo;
9) «ente creditizio»: un ente creditizio quale definito all’articolo 4, paragrafo 1, punto 1, del regolamento (UE) n. 575/2013;
10) «ente non creditizio»: un creditore che non è un ente creditizio;
11) «personale»:
a) le persone fisiche che lavorano per il creditore o l’intermediario del credito, che esercitano direttamente le attività di cui alla presente direttiva o che hanno contatti con i consumatori nell’esercizio delle attività di cui alla presente direttiva;
b) le persone fisiche che lavorano per un rappresentante designato, che hanno contatti con i consumatori nell’esercizio delle attività di cui alla presente direttiva;
c) le persone fisiche che gestiscono direttamente o controllano le persone fisiche di cui alle lettere a, e b;
12) «importo totale del credito»: l’importo totale del credito definito all’articolo 3, lettera l, della direttiva 2008/48/CE;
13) «costo totale del credito per il consumatore»: il costo totale del credito per il consumatore quale definito all’articolo 3, lettera g, della direttiva 2008/48/CE, inclusi i costi della valutazione dei beni se tale valutazione è necessaria per ottenere il credito ma esclusi i costi di registrazione fondiaria per il trasferimento della proprietà del bene immobile. Sono escluse eventuali penali pagabili dal consumatore per la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel contratto di credito;
14) «importo totale che il consumatore è tenuto a pagare»: l’importo totale che il consumatore è tenuto a pagare come definito all’articolo 3, lettera h, della direttiva 2008/48/CE;
15) «tasso annuo effettivo globale» (Taeg): il costo totale del credito per il consumatore espresso in percentuale annua dell’importo totale del credito, se del caso includendo i costi di cui all’articolo 17, paragrafo 2, che corrisponde, su base annua, ai valori attualizzati di tutti gli impegni (prelievi, rimborsi e oneri) futuri o esistenti pattuiti dal creditore e dal consumatore;
16) «tasso debitore»: il tasso debitore quale definito all’articolo 3, lettera j, della direttiva 2008/48/CE;
17) «valutazione del merito creditizio»: la valutazione delle prospettive che le obbligazioni debitorie risultanti dal contratto di credito siano rispettate;
18) «supporto durevole»: il supporto durevole quale definito all’articolo 3, lettera m, della direttiva 2008/48/CE;
19) «Stato membro d’origine»:
a) se il creditore o l’intermediario del credito è una persona fisica, lo Stato membro nel quale è situata la sua sede principale;
b) se il creditore o l’intermediario del credito è una persona giuridica, lo Stato membro nel quale è situata la sua sede legale oppure, qualora a norma del suo diritto nazionale esso non abbia una sede legale, lo Stato membro nel quale è situata la sua sede principale;
20) «Stato membro ospitante»: lo Stato membro, diverso dallo Stato membro d’origine, in cui il creditore o l’intermediario del credito ha una succursale o presta servizi;
21) «servizi di consulenza»: le raccomandazioni personalizzate fornite a un consumatore in merito a una o più operazioni relative a contratti di credito, che costituiscono un’attività separata rispetto alla concessione del credito e alle attività di intermediazione del credito di cui al punto 5;
22) «autorità competente»: l’autorità designata come tale da uno Stato membro ai sensi dell’articolo 5;
23) «prestito ponte»: un contratto di credito che non ha una durata determinata o che deve essere rimborsato entro dodici mesi, utilizzato dal consumatore come finanziamento temporaneo nella transizione verso un altro contratto di finanziamento per il bene immobile;
24) «responsabilità o garanzia eventuale»: un contratto di credito che funge da garanzia per un’altra operazione separata ma accessoria, nel quale il capitale garantito da un bene immobile è prelevato soltanto se si verificano uno o più eventi specificati nel contratto;
25) «contratto di credito in regime di condivisione»: un contratto di credito in cui il capitale rimborsabile è basato su una percentuale del valore del bene immobile al momento del rimborso o dei rimborsi del capitale fissata contrattualmente;
26) «pratica di commercializzazione abbinata»: l’offerta o la commercializzazione di un contratto di credito in un pacchetto che comprende altri prodotti o servizi finanziari distinti, qualora il contratto di credito non sia disponibile per il consumatore separatamente;
27) «pratica di commercializzazione aggregata»: l’offerta o la commercializzazione di un contratto di credito in un pacchetto che comprende altri prodotti o servizi finanziari distinti, in cui il contratto di credito viene messo a disposizione del consumatore anche separatamente, ma non necessariamente alle stesse condizioni praticate quando esso è offerto in maniera aggregata con i servizi accessori;
28) «prestito in valuta estera»: un contratto di credito in cui il credito:
a) è denominato in una valuta diversa da quella in cui il consumatore percepisce il suo reddito o detiene gli attivi con i quali dovrà rimborsare il finanziamento, o
b) è denominato in una valuta diversa da quella dello Stato membro in cui il consumatore risiede.


La specialità della definizione di creditore

Conformemente alla ormai consolidata prassi legislativa europea, anche la direttiva che ci occupa apre con le definizioni, alle quali è affidato il compito di individuare l’ambito di applicazione della disciplina in essa contenuta(1).
La nozione di “creditore” risente di un duplice grado di specialità: per un verso esso si pone in un rapporto di genus a species rispetto alla definizione di “professionista”, che in termini generali costituisce il paradigma, dal punto di vista soggettivo, per tutte le disposizioni inerenti il diritto dei consumi; per altro verso, invece, detto rapporto si misura anche con riferimento all’omologa definizione contenuta nella direttiva 2008/48/UE in tema di credito ai consumatori.
Con riguardo al primo profilo, pare potersi ritenere agevolmente che il riferimento alla figura del “creditore” di cui all’art. 4, comma 1, n. 2, costituisca una specificazione della più generale definizione di professionista: in particolare esso altri non è se non il soggetto che, nell’esercizio della propria attività professionale o commerciale, concede credito ai consumatori, finalizzato all’acquisto di beni immobili residenziali.
Dunque, la specialità che si ravvisa in tale definizione è identificabile nell’oggetto dell’attività che questi svolge, posto che tanto la qualificazione di “professionista”, quanto quella di “creditore” possono essere assunte sia da persone fisiche sia da persone giuridiche.
Sotto il secondo dei profili evidenziati, la specialità di detta nozione rispetto a quella contenuta nella direttiva sul credito ai consumatori del 2008 si misura in relazione alla circostanza che, mentre in questa ci si limita a sottolineare proprio la natura professionale dell’attività di concessione del credito, la direttiva del 2014 specifica che tale attività debba rientrare nell’ambito di applicazione di cui all’articolo 3 e quindi debba riferirsi alla concessione del credito per l’acquisto di diritti di proprietà su un terreno o su una costruzione edificata o progettata (art. 3, comma 1, lett. b), garantito da ipoteca o da altra garanzia reale (lett. a).

Le definizioni di “ente creditizio” e di “ente non creditizio”

La definizione di “creditore” di cui al n. 2 dell’art. 4 si articola in due specifiche categorie, rispettivamente delineate ai nn. 9 e 10, con riguardo all’ente creditizio e all’ente non creditizio.
Pare immediatamente evidente che si tratti di una indicazione essenzialmente esaustiva, poiché è riferibile tanto alle persone giuridiche (al cui interno posso individuarsi quelle abilitate alla raccolta del risparmio e alla concessione dei prestiti al pubblico e quelle abilitate alla sola concessione dei prestiti ai consumatori), quanto alle persone fisiche.
Il n. 9, dell’art. 4 indica specificamente cosa debba intendersi per “ente creditizio”, attraverso il richiamo espresso alla disposizione di cui all’art. 4, par. 1, punto 1 del regolamento 575/2013(2); deve quindi ritenersi, in forza di questo rinvio, che per ente creditizio debba intendersi «un’impresa la cui attività consiste nel raccogliere depositi o altri fondi rimborsabili dal pubblico e nel concedere crediti per proprio conto», alla quale corrisponde - in negativo - quella di ente non creditizio.
Attraverso detto rinvio si identifica, dunque, per relationem una particolare tipologia di creditore che coincide con quella di una persona giuridica che svolga attività in maniera professionale, riservata, finalizzata alla concessione di prestiti al pubblico e, di conseguenza, anche ai consumatori.
Tale definizione, invero non nuova ma risalente già all’art. 1 della direttiva 77/870/CEE, intende in tal guisa confermare espressamente il riconoscimento di tali soggetti che - all’interno del c.d. servizio universale - concedono credito ai consumatori, finalizzato all’acquisto di immobili residenziali. Pertanto lo svolgimento di tale specifica attività rientra nel più ampio novero degli adempienti tipicamente connessi all’esercizio della loro attività imprenditoriale, che resta così soggetta al rispetto dei requisiti prudenziali previsti dal citato regolamento comunitario del 2013.
Accanto a tali soggetti, precipuamente individuati e corrispondenti con il modello della “banca” disegnata dal legislatore domestico, sono poi annoverati altri soggetti, persone fisiche o giuridiche, i quali possono essere abilitati - per quanto qui interessa - alla concessione di credito ai consumatori per l’acquisto di immobili residenziali, i quali rientrano nella definizione residuale di “ente non creditizio”. Giova rammentare che l’inclusione espressa degli enti non creditizi nell’ambito di applicazione soggettivo della disciplina de qua risponde alla necessità, particolarmente avvertita dalle istituzioni comunitarie, di assoggettare anch’essi al regime abilitativo previsto nella direttiva e, di conseguenza, alla vigilanza delle autorità nazionali competenti.

L’abilitazione all’esercizio dell’attività degli enti creditizi e non creditizi

Al fine di rimuovere le criticità emerse nel settore, e di conseguenza di creare un mercato del credito ipotecario efficiente, trasparente e competitivo (obiettivi che ormai costituiscono il Leitmotiv degli interventi europei di regolazione del mercato, in relazione ai quali vengono disposte anche norme di tutela del consumatore in senso stretto), il legislatore comunitario intende armonizzare anche le regole relative alla introduzione di meccanismi di accreditamento dei soggetti operanti nel settore della concessione di credito relativo ai beni immobili residenziali.
La concessione del credito relativo agli immobili residenziali, dunque, è e resta un’attività riservata e non esercitabile liberamente, coerentemente con quanto già viene stabilito dalla direttiva del 2008 in tema di concessione del credito ai consumatori (in particolare art. 20)(3).
Tuttavia, rispetto a tale precedente normativo, il meccanismo congegnato dal legislatore appare più complesso, anche in ragione dell’allargamento del novero dei soggetti che possono essere abilitati ad entrare in contatto con i consumatori al fine della conclusione di un contratto di concessione del finanziamento, oltre che della particolare delicatezza connessa all’oggetto stesso dei contratti negoziati. Sotto il profilo soggettivo, dunque, si può identificare nella categoria dei “creditori” una sotto- categoria, costituita dagli “enti creditizi”, che opera stabilmente nel settore della concessione del prestito: l’abilitazione di questi e la vigilanza sull’attività svolta nel settore specifico rientra nei più generali requisiti e nelle più generali norme di controllo previste dalla legislazione comunitaria sull’attività bancaria.
Non a caso la direttiva del 2014 non prevede alcuna norma che imponga espressamente agli enti creditizi il rispetto di specifiche norme in tema di requisiti soggettivi, di abilitazione e di vigilanza: la concessione del credito fondiario, infatti, costituisce ex se una delle attività istituzionalmente poste in essere da tali soggetti, nei cui confronti dunque la normativa de qua amplia e specifica il novero delle norme di comportamento da tenere nell’intermediazione di tale categoria di contratti di finanziamento in favore dei consumatori.
Per altro verso, si può identificare nella stessa categoria dei “creditori” un’altra sotto-categoria, costituita dagli “enti non creditizi”, i quali possono essere abilitati a concedere tali finanziamenti, quale attività svolta sempre in maniera professionale, ma che siano diversi dalle banche, in quanto istituzionalmente non abilitati alla raccolta del risparmio ai fini della concessione di prestiti al pubblico: per tali soggetti è la direttiva stessa che introduce un obbligo di preventiva abilitazione, mediante l’iscrizione ad un registro, nonché la sottoposizione ad una apposita vigilanza a livello nazionale (art. 35).
La scelta normativa compiuta con la direttiva, relativamente all’abilitazione degli enti non creditizi, si pone in linea con il lungo percorso compiuto nell’ordinamento interno in materia di disciplina degli intermediari finanziari non bancari, le cui ultime tappe sono state costituite dalla novella degli artt. 106 e 107 Tub(4).
Se, infatti, si era già andata progressivamente disfacendo l’esclusione di tali soggetti dalla sottoposizione alla vigilanza prudenziale(5), anche in ragione della specificità del ruolo che essi andavano via via assumendo (emancipandosi dal ruolo ancillare rispetto a quello svolto dagli intermediari bancari sino ad allora ricoperto)(6), si sono resi necessari ulteriori presidi normativi sia in relazione ai loro requisiti di serietà, professionalità e correttezza, sia in relazione ai loro requisiti di carattere strutturale.
Così, anche in ragione del progressivo allargamento delle attività svolte da tali intermediari, oltre che il ruolo sempre più rilevante da questi assunto anche sotto il profilo economico-sociale, si è resa necessaria una profonda revisione che - pur avendo ormai acquisito e consolidato la scelta per l’abilitazione di tali soggetti per lo svolgimento delle loro attività(7 )- è definitivamente sfociata nell’attuale assetto normativo, riveniente dall’entrata in vigore del D.lgs. n. 141/2010.

La definizione di “intermediario del credito”

Sempre sotto il profilo soggettivo, la direttiva annovera un’ulteriore serie di soggetti, che non rientrano nella definizione di creditori in quanto non concedono direttamente il finanziamento, ma che operano in qualità di intermediari dei creditori, siano essi enti creditizi ovvero enti non creditizi: si tratta dei c.d. “intermediari del credito”.
L’art. 4, comma 1 n. 5, definisce l’intermediario del credito come: «una persona fisica o giuridica che non agisce come creditore o notaio(8 )e non presenta semplicemente - direttamente o indirettamente - un consumatore a un creditore o intermediario del credito e che, nell’esercizio della propria attività commerciale o professionale, dietro versamento di un compenso, che può essere costituito da una somma di denaro o da qualsiasi altro corrispettivo finanziario pattuito: a) presenta od offre contratti di credito ai consumatori; b) assiste i consumatori svolgendo attività preparatorie o altre attività amministrative precontrattuali per la conclusione di contratti di credito diverse da quelle di cui alla lettera a); o c) conclude con i consumatori contratti di credito per conto del creditore».
Attesa la natura tendenzialmente esaustiva di questo pur breve elenco di attività, resta tuttavia da domandarsi se gli adempimenti ivi descritti siano di natura concorrente ovvero alternativa: in altri termini bisogna chiedersi se la qualificazione di intermediario finanziario spetti ai soggetti che svolgono una sola delle riportate attività, ovvero se essa sia destinata ad identificare i soggetti che le svolgano tutte.
Prima facie, anche ad una lettura che voglia tener conto della disciplina degli ausiliari degli intermediari contenuta nel Tub, di cui si dirà in seguito, deve concludersi per l’alternatività, nel senso che un intermediario del credito possa svolgere uno o più degli adempimenti descritti dalla direttiva.
Tali attività possono essere svolte professionalmente mediante accordi conclusi di volta in volta ovvero una tantum con una serie indistinta di creditori (purché non rappresentino la maggioranza del mercato), ovvero mediante la conclusione di un mandato con un singolo creditore, un singolo gruppo di creditori oppure per più creditori o più gruppi che non rappresentino la maggioranza del mercato (art. 4, n. 7). Essa, inoltre, può essere posta in essere direttamente dagli intermediari del credito, ovvero mediante loro rappresentanti, i quali possono essere persone fisiche o giuridiche che agiscono in nome e per conto di questi (art. 4 n. 8).
Proprio nei confronti di tali soggetti la direttiva introduce, per la prima volta, non già un generico riferimento alla necessità che essi siano altresì sottoposti a forme di abilitazione e/o controllo (come già era avvenuto in occasione della direttiva sul credito ai consumatori), bensì una serie stringente di requisiti necessari per ottenere l’abilitazione nei rispettivi Paesi membri d’origine e, conseguentemente, per poter operare nel mercato unico del credito fondiario, in forza del principio di libertà di stabilimento, garantita all’art. 32.
Inoltre la direttiva sottopone anche detti soggetti alla vigilanza da parte delle Autorità nazionali competenti (art. 34).
La ratio sottesa a tale disciplina ordinistica, specificamente dettata per gli intermediari appare chiara sin dall’incipit della direttiva, che individua nella mancata regolamentazione della loro attività, e soprattutto nella mancata armonizzazione delle regole esistenti in vari Stati membri, uno dei punti di maggiore criticità del sistema del finanziamento immobiliare, viepiù acuito dalla crisi economica attuale.
Infatti, già nel considerando n. 2, il legislatore afferma che «Tra le legislazioni degli Stati membri relative alle norme di comportamento nell’attività di erogazione di crediti per beni immobili residenziali e tra i sistemi di regolamentazione e vigilanza degli intermediari del credito e degli enti non creditizi che offrono contratti di credito relativi a beni immobili residenziali esistono differenze sostanziali. Tali differenze creano ostacoli che limitano il livello dell’attività transfrontaliera sia sul lato dell’offerta che su quello della domanda, riducendo così la concorrenza e le possibilità di scelta sul mercato, facendo aumentare il costo dell’erogazione di crediti a carico dei prestatori e addirittura impedendo loro di esercitare tale attività».
Dunque, l’assenza di una normativa uniforme e coerente determina «effetti a cascata significativi sul piano macroeconomico, danneggiare i consumatori, fungere da barriera economica o giuridica alle attività transfrontaliere e creare condizioni diseguali per gli operatori del mercato» (considerando n. 4). Di conseguenza, un quadro normativo che disciplini anche gli intermediari può «garantire che i consumatori interessati a tali contratti possano confidare nel fatto che gli enti con i quali interagiscono si comportino in maniera professionale e responsabile, è necessario definire un quadro giuridico dell’Unione adeguatamente armonizzato in diversi settori, tenendo conto delle differenze nei contratti di credito derivanti in particolare da differenze nei mercati nazionali e regionali dei beni immobili» (considerando n. 5); anche attraverso detta regolamentazione, dunque, dovrebbe pervenirsi alla creazione di un mercato del credito fondiario efficiente e caratterizzato da un elevato livello di tutela per i consumatori.
Sul piano ricostruttivo, e con specifico riferimento alla nozione generale di professionista, variamente assunta nelle molteplici direttive comunitarie e recepita all’art. 3, comma 1, lett. c, del cod. cons. (alla quale quella di “creditore” contenuta nella direttiva in commento si richiama), pare che la figura di “intermediario del credito” nelle sue varie articolazioni costituisca una specificazione di carattere restrittivo di quella di “intermediario” del professionista.
Al di là della sovrapposizione semantica tra i due termini, utilizzati (com’è agevole intuire) in molteplici accezioni nella normativa comunitaria, deve ritenersi che la disciplina in esame non debba riferirsi a qualsiasi soggetto che - indipendentemente dal rapporto negoziale intrattenuto con il professionista - svolga comunque un’attività dei cui risultati quest’ultimo possa beneficiare, bensì soltanto a soggetti che - dotati di alcuni specifici requisiti - siano abilitati all’esercizio dell’attività di intermediazione, in forza di specifici rapporti negoziali con i “creditori”.
Mentre, infatti, come ritenuto unanimemente in dottrina(9), la nozione di “intermediario” del professionista ex art. 3, comma 1, lett. c, cod. cons., non designa esclusivamente il rappresentante volontario di quest’ultimo, nella disciplina de qua l’attività di intermediazione è rigidamente ancorata ad uno specifico rapporto contrattuale, in ragione del quale tale soggetto possa agire.

L’impatto delle definizioni sulla disciplina di diritto interno

È noto che l’ordinamento italiano conosce una serie di soggetti i quali rivestono la qualità di ausiliari degli intermediari(10), bancari e non bancari, la cui disciplina è stata modificata proprio in seguito al recepimento della direttiva sul credito ai consumatori, mediante il D.lgs. n. 141/2010(11).
In particolare il “nuovo” testo dell’art. 121, lett. f, Tub individua tra gli “intermediari del credito” i seguenti soggetti: «gli agenti in attività finanziaria, i mediatori creditizi o qualsiasi altro soggetto, diverso dal finanziatore, che nell’esercizio della propria attività commerciale o professionale svolge, a fronte di un compenso in denaro o di altro vantaggio economico oggetto di pattuizione e nel rispetto delle riserve di attività previste dal titolo VI-bis, almeno una delle seguenti attività: 1) presentazione o proposta di contratti di credito ovvero altre attività preparatorie in vista della conclusione di tali contratti; 2) conclusione di contratti di credito per conto del finanziatore».
Dunque appare evidente una sostanziale sovrapposizione tra la figura dell’intermediario del credito di matrice comunitaria e quella di diritto interno, laddove la prima specifica ulteriormente che detti soggetti non agiscano come finanziatore o notaio, ma soprattutto non si limitino a presentare semplicemente un consumatore ad un creditore o ad un altro intermediario.
Dal confronto sinottico tra le due norme emerge tuttavia qualche perplessità: entrambe le definizioni, infatti, identificano una «categoria aperta»(12 )nella misura in cui fanno riferimento l’una a «una persona fisica o giuridica» e l’altra (oltre agli agenti in attività finanziaria e ai mediatori creditizi) «a qualunque altro soggetto diverso dal finanziatore».
In altri termini - mentre sembra esservi una certa sovrapponibilità, nei termini di cui si dirà, tra la figura dell’intermediario del credito e quelle degli agenti e dei mediatori - deve verificarsi se possano essere altresì annoverati in essa anche altri soggetti, atteso il fatto che la disposizione dell’art. 121, lett. f, Tub restringe il capo a coloro che esercitino professionalmente le proprie attività “nel rispetto” delle riserve di cui al titolo VI-bis nello stesso testo unico.
Sia sufficiente, a tal riguardo, il rinvio alle figure del promotore finanziario o all’agente o broker assicurativo.
In generale, il criterio di compatibilità tra le figure dell’intermediario del credito e quelle di promotore finanziario e broker assicurativo è stata risolta dall’art. 17, comma 4-bis del D.lgs. n. 141/2010 (introdotto dal D.lgs. n. 169/2012(13)), il quale stabilisce che «l’attività di agenzia in attività finanziaria è compatibile con l’attività di agenzia di assicurazione e quella di promotore finanziario, fermi restando i rispettivi obblighi di iscrizione nel relativo elenco, registro o albo».
Pertanto deve ritenersi che le varie attività possano essere svolte congiuntamente dal medesimo soggetto, a condizione che questi sia iscritto tanto nell’albo di cui all’art. 128-undecies Tub, quanto nei rispettivi albi dei promotori finanziari e degli agenti assicurativi, introducendo così una deroga al principio di esclusività dettato per gli agenti in attività finanziaria all’art. 128-quater Tub.
Il nuovo assetto normativo in materia bancaria deve essere letto congiuntamente a quello delle norme inerenti il settore finanziario e quello assicurativo.
Con specifico riguardo al primo, l’art. 30 Tuf riserva ai promotori finanziari l’offerta fuori sede di strumenti finanziari e servizi di investimento: mentre, prima dell’entrata in vigore della disciplina introdotta dal D.lgs. n. 141/2010, sembrava potersi ammettere pacificamente che il promotore potesse promuovere e concludere anche contratti di finanziamento per conto di banche e intermediari finanziari(14), attualmente si pone un problema proprio in relazione alla riserva di attività in capo agli agenti in attività finanziaria.
In merito tale questione, l’art. 12, comma 1-bis dello stesso D.lgs. n. 141/2010 (introdotto anch’esso dall’art. 7, comma 1, lett. c, del D.lgs. n. 169/2012)(15 )dispone che «Non costituisce esercizio di agenzia in attività finanziaria la promozione e il collocamento di contratti relativi alla concessione di finanziamenti o alla prestazione di servizi di pagamento da parte dei promotori finanziari iscritti nell’albo previsto dall’articolo 31 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, effettuate per conto del soggetto abilitato che ha conferito loro l’incarico di promotore finanziario, purché i finanziamenti o i servizi di pagamento siano volti a consentire agli investitori di effettuare operazioni relative a strumenti finanziari».
Con specifico riguardo all’agente assicurativo, invece, la citata disposizione del Tub pare introdurre una restrizione rispetto al previgente testo dell’art. 128-quater, comma 8, Tub oggi abrogato, che riconosceva la facoltà ai broker assicurativi di promuovere e concludere anche contratti di finanziamento su mandato di banche ed intermediari finanziari pur senza l’iscrizione nell’albo degli agenti in attività finanziaria.
A dimostrazione che tale riflessione non appare peregrina sta anche il fatto che, proprio tra le definizioni contenute all’art. 4 della direttiva, v’è anche quella di “servizio accessorio”, che consiste in «un servizio offerto al consumatore in combinazione con il contratto di credito»; è evidente che tale richiamo sia rivolto proprio ai prodotti finanziari o assicurativi. Del resto, lo stesso considerando n. 25 afferma che «Di norma le pratiche di commercializzazione abbinata non dovrebbero essere ammesse, salvo che i servizi o prodotti finanziari offerti insieme con il contratto di credito non possano essere offerti separatamente in quanto parte integrante del credito, per esempio nel caso di uno scoperto garantito. In altri casi può tuttavia essere giustificato che i creditori offrano o vendano un contratto di credito insieme con un conto di pagamento, un conto di risparmio, prodotti d’investimento o pensionistici laddove, per esempio, il capitale del conto è usato per rimborsare il credito o costituisce un prerequisito della raccolta di risorse ai fini dell’ottenimento del credito, ovvero in situazioni in cui, per esempio, un prodotto d’investimento o un prodotto pensionistico privato serve da ulteriore garanzia del credito. Se è giustificato che i creditori possano imporre ai consumatori di sottoscrivere una polizza assicurativa al fine di garantire il rimborso del credito o di assicurare il valore della garanzia, il consumatore dovrebbe nondimeno poter scegliere il proprio assicuratore, a condizione che la sua polizza assicurativa offra un livello di garanzia equivalente a quella della polizza proposta dal creditore. Inoltre gli Stati membri possono standardizzare, in tutto o in parte, la copertura offerta dai contratti assicurativi al fine di agevolare la comparazione tra le varie offerte per i consumatori che desiderino effettuare tale confronto»(16).
Dunque, anche sotto il profilo oggettivo, il legislatore comunitario riconosce la possibilità di quella che viene definita una commercializzazione aggregata (art. 4, n. 27) di finanziamenti unitamente a prodotti finanziari o assicurativi, seppure essa viene regolata nel rispetto della disciplina generale delle clausole vessatorie nonché sulle pratiche commerciali scorrette, così sottolineando una certa diffidenza, anche in ordine all’aumento dei costi del prestito complessivamente considerato(17).

In particolare, la disciplina dei mediatori creditizi e degli agenti in attività finanziaria

Nel novero dei soggetti che rivestono il ruolo di ausiliari dei finanziatori assumono particolare rilievo nel contesto nazionale le figure dei mediatori creditizi e degli agenti in attività finanziaria, la cui disciplina è oggi specificamente dettata dalle norme del Tub(18), che devono essere “rilette” alla luce della normativa comunitaria.
Data la dicotomica figura di mediatore creditizio e di agente in attività finanziaria, come delineata dalla nuova versione del testo unico, in relazione alla quale tali soggetti svolgono attività similari ma non coincidenti e neppure tra loro compatibili, deve ritenersi che gli adempimenti che la direttiva assegna agli intermediari del credito debbano considerarsi tra loro alternativi, tenuto conto che la definizione di “intermediario del credito” è generale e omnicomprensiva, al cui interno quindi vanno annoverate singole figure professionali specifiche, che possono porre in essere anche solo alcune delle attività di cui all’art. 4, n. 5 (presentazione e offerta di contratti di finanziamento ai consumatori; assistenza nello svolgimento della fase preparatoria o più propriamente precontrattuale; conclusione dei contratti).
Gli elementi che accomunano le singole figure professionali incluse nella definizione sono: i) la professionalità dell’attività svolta, tenuto conto del fatto che il presupposto richiesto dalla direttiva comunitaria è che essa debba essere svolta «nell’esercizio della propria attività commerciale o professionale»; ii) la natura negoziale degli incarichi assunti: la previsione di un compenso, in denaro o sotto altra forma di corrispettivo, evidenzia proprio il profilo contrattuale a fondamento dell’incarico ricevuto.
Tenuti, quindi, in considerazione la natura generale ed omnicomprensiva della definizione e gli elementi comuni tra le varie tipologie di figure professionali ad essa riconducibili, si può tentare di ricondurre alle disposizioni della direttiva la disciplina interna che regola l’attività del mediatore creditizio e dell’agente in attività finanziaria.
A mente dell’art. 128-sexies Tub, il mediatore creditizio è un soggetto che «mette in relazione, anche attraverso attività di consulenza, banche o intermediari finanziari … con la potenziale clientela per la concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma»(19).
Come specificato dal comma 2 del medesimo articolo, detta attività deve essere svolta in via professionale da soggetti appositamente abilitati; pertanto può ritenersi che essa sia pienamente compatibile con la richiamata definizione comunitaria, seppure nell’accezione utilizzata nel testo unico il requisito di professionalità debba più propriamente essere declinato alla luce dei criteri rivenienti nella definizione di imprenditore di cui all’art. 2082 c.c. e, quindi, nella stabilità e nella non occasionalità dell’attività posta in essere.
Altrettanto coincidente è la natura contrattuale dell’attività svolta dal mediatore(20), seppure proprio in relazione ai soggetti tra i quali il negozio viene in essere, il contratto di mediazione segna il proprio discrimen rispetto a figure negoziali similari quali l’agenzia, il mandato o il procacciamento d’affari: infatti, tanto per il mediatore in generale, quanto per il mediatore creditizio in particolare, i tratti distintivi del proprio operato vengono solitamente identificati nell’autonomia e nell’imparzialità(21). Non a caso lo stesso art. 128-sexies Tub, al comma 4, specifica che «Il mediatore creditizio svolge la propria attività senza essere legato ad alcuna delle parti da rapporti che ne possano compromettere l’indipendenza»; dunque, seppur non può in questa sede darsi conto del dibattito sorto intorno alla questione, pare che la norma non escluda la sussistenza di qualsivoglia rapporto negoziale con una delle parti del contratto intermediato, bensì solo quelli che compromettono l’indipendenza del mediatore(22).
Dal punto di vista oggettivo, riguardo all’oggetto dell’attività svolta, la direttiva - come si è visto - richiede non un mero stimolo all’incontro tra finanziatori e consumatori, bensì una più intensa opera di presentazione e offerta del finanziamento, di consulenza, di pre-istruttoria.
Detta attività è finalizzata, come specificato dal testo unico, alla «concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma»(23); pertanto non può relegarsi in dubbio che in tale espressione vadano ricompresi anche quelli oggetto della direttiva.
La normativa comunitaria non pone l’accento invece sulla esclusività dell’attività svolta, come del resto era anche nell’ordinamento italiano prima delle modifiche apportate al Tub: attualmente, infatti, il comma 3 dell’art. 128-sexies dispone che l’attività del mediatore creditizio deve essere svolta in via esclusiva, fatte salve quelle ad essa connesse e/o strumentali(24), peraltro ammesse anche dalla direttiva, che definisce - come visto in precedenza - anche il «servizio accessorio»(25).
Tra gli adempimenti rimessi al mediatore creditizio (il quale può raccogliere, tra l’altro, le richieste di finanziamento da parte del consumatore), merita di essere sottolineato il richiamo all’attività di consulenza, specificamente prevista all’art. 128-sexies Tub(26): non pare potersi dubitare del fatto che essa sia compatibile con la disposizione comunitaria, laddove l’art. 4, n. 5, lett. a, fa esplicito riferimento alla presentazione e all’offerta dei servizi.
Difficile, infatti, ritenersi che si tratti semplicemente di adempimenti promozionali o commerciali. Si può invece argomentare che al mediatore creditizio sia richiesta una valutazione sulle particolari esigenze del consumatore, finalizzate all’ottenimento di un credito fondiario, sì da offrire quello più conforme alle specifiche esigenze del cliente(27).
Pertanto, laddove tale attività sia svolta professionalmente e abitualmente per conto di un creditore, essa deve considerarsi attività riservata, rimessa agli intermediari del credito vigilati ai sensi dell’art. 34 della direttiva.
Per quanto riguarda l’agente in attività finanziaria, invece, l’art. 128-quater Tub dispone che esso «promuove e conclude contratti relativi alla concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma … su mandato diretto» da parte degli intermediari finanziari e/o di altri soggetti.
Anche rispetto al ruolo di tale soggetto, deve riconoscersi una certa identità rispetto alla normativa europea, che richiede specificamente agli “intermediari del credito” anche di promuovere e concludere contratti di finanziamento.
La disposizione del testo unico, peraltro, pone particolare accento sulla natura del vincolo contrattuale che lega ontologicamente l’agente con il finanziatore, anche per distinguerla da altre figure affini e in particolare dal mediatore creditizio; è agevole sottolineare, peraltro, che tale relazione non possa essere ricondotta nel ristretto ambito di applicazione della disciplina codicistica del contratto di agenzia ex artt. 1742 e ss., ma deve essere genericamente colta in un’accezione più ampia, che può comprendere diversi rapporti negoziali in virtù dei quali sorga una stabile collaborazione e rappresentanza rispetto all’intermediario finanziario (anche sotto forma di contratto di mandato ad esempio).
Ciò vale a rimarcare il ruolo di interposizione dell’agente rispetto al finanziatore, sul quale grava solidalmente la responsabilità per l’operato del primo, nell’attività da questi svolta con i consumatori (art. 128-quater, comma 5, Tub).
A tal proposito, l’art. 128-quater, comma 4, dispone che «Gli agenti in attività finanziaria svolgono la loro attività su mandato di un solo intermediario o di più intermediari appartenenti al medesimo gruppo. Nel caso in cui l’intermediario conferisca mandato solo per specifici prodotti o servizi, è tuttavia consentito all’agente, al fine di offrire l’intera gamma di prodotti o servizi, di assumere due ulteriori mandati».
I vincoli del mandato unico, dunque, vengono meno in caso di intermediari appartenenti al medesimo gruppo ovvero di mandato riferito a specifici prodotti o servizi.
Dunque, il richiamo espresso al «mandato diretto»(28 )tra agente e intermediario finanziario richiama la definizione contenuta all’art. 4, n. 7 della direttiva che si riferisce all’ «intermediario del credito con vincolo di mandato», che è colui che «opera per conto e sotto la piena e incondizionata responsabilità di: a) un solo creditore; b) un solo gruppo; o c) un numero di creditori o gruppi che non rappresenta la maggioranza del mercato».
A tale riguardo pare il caso di sottolineare che, in seguito alle modifiche apportate all’art. 128-quater Tub dal D.lgs. n. 169/2012 (in particolare con l’abrogazione del previgente comma 3), anche le banche sono annoverate tra i soggetti che possono conferire mandato agli agenti in attività finanziaria, seppure esclusivamente per il collocamento e la promozione di contratti bancari esclusivamente finalizzata alla concessione di finanziamenti e quindi anche di prestiti fondiari(29). Il nuovo assetto normativo, dunque, se pure va salutato con favore per quanto riguarda la piena equiparazione tra banche ed intermediari finanziari (rispondente alle modifiche degli artt. 106 e 107 Tub), desta comunque qualche perplessità in ordine alla restrizione dell’oggetto del mandato conferito dalle banche, che non può riguardare contratti bancari diversi dai finanziamenti, che comunque esulano dall’ambito di applicazione della normativa in commento.

La definizione di “rappresentante designato”

La filiera dei soggetti ausiliari degli intermediari finanziari prevede anche la figura del “rappresentante designato”, definito all’art. 4, n. 8 come una persona fisica o giuridica che svolge le attività di cui al punto 5 per conto di un solo intermediario del credito e sotto la responsabilità piena e incondizionata di quest’ultimo.
Volendo riprendere la già richiamata figura generale di “professionista”, posto che gli intermediari del credito svolgono professionalmente i compiti ad essi rispettivamente previsti dalla direttiva, quella del rappresentante designato potrebbe essere ricondotta a quella di colui che agisce in nome e per conto dello stesso.
Si tratta, infatti, di soggetti muniti del necessario potere rappresentativo per porre in essere le adempimenti propriamente rientranti nell’ambito di attività degli intermediari stessi. Trattandosi, dunque, di vera e propria interposizione, gli effetti della loro attività si producono nella sfera giuridica degli intermediari (i quali se ne assumono solidalmente le conseguenti responsabilità).
La prevista “esternalizzazione” dei servizi, pur rientranti nell’ambito di una vera e propria rappresentanza volontaria, comporterebbe il rischio di un aggiramento delle norme relative all’abilitazione e alla vigilanza sugli intermediari del credito, attesa la delicatezza della materia.
Per tale ragione, come si avrà modo di verificare in seguito, la direttiva rimette agli Stati membri la scelta in ordine alla previsione della facoltà che gli intermediari del credito possano avvalersi dei rappresentanti designati, disponendo che questi ultimi abbiano alcuni dei requisiti soggettivi previsti per i primi e che siano soggetti a qualche forma di registrazione (art. 31).
Anche tale figura appare compatibile con la disciplina di diritto interno; infatti, il testo unico bancario - pur non offrendo specifiche definizioni di tali soggetti - all’art. 128-novies, dopo aver escluso la possibilità della duplice iscrizione per uno stesso soggetto nei rispettivi registri, dispone che i mediatori creditizi e gli agenti in attività finanziaria che dovessero avvalersi di “collaboratori” rispondono solidalmente del loro operato (anche in relazione ad eventuali condotte penalmente rilevanti), coerentemente con la sussistenza dell’esercizio di un vero e proprio potere rappresentativo.

La definizione di “personale”

Invero la citata norma di cui all’art. 128-novies Tub estende il regime della responsabilità solidale anche nei confronti dell’operato dei dipendenti di agenti e mediatori, la cui fonte è ovviamente il differente rapporto di subordinazione.
Anche la direttiva annovera tra le definizioni quella di “personale”, riferibile a «a) le persone fisiche che lavorano per il creditore o l’intermediario del credito, che esercitano direttamente le attività di cui alla presente direttiva o che hanno contatti con i consumatori nell’esercizio delle attività di cui alla presente direttiva; b) le persone fisiche che lavorano per un rappresentante designato, che hanno contatti con i consumatori nell’esercizio delle attività di cui alla presente direttiva; c) le persone fisiche che gestiscono direttamente o controllano le persone fisiche di cui alle lettere a, e b».
Inserire anche tali figure nel novero delle definizione dal punto di vista soggettivo vuol significare di estendere anche al loro operato (oltre che a quello dei rappresentanti designati) l’ambito di applicazione della direttiva, con riguardo agli oneri connessi allo svolgimento delle attività, in particolare a quella prenegoziale connessa alla capacità dei consumatori di prendere decisioni correttamente informate e consapevoli.
Ne è testimonianza lo stesso considerando n. 32, il quale precisa per l’appunto: «È opportuno assicurare che il personale interessato dei creditori, degli intermediari del credito e dei rappresentanti designati possieda un livello di conoscenza e di competenza adeguato tale da raggiungere un’elevata professionalità. La presente direttiva dovrebbe pertanto richiedere di dimostrare, a livello di società, delle conoscenze e competenze del caso, facendo riferimento ai requisiti minimi di conoscenza e competenza stabiliti dalla direttiva stessa. Gli Stati membri dovrebbero essere liberi di introdurre o mantenere tali requisiti applicabili alle persone fisiche. Gli Stati membri dovrebbero poter consentire a creditori, intermediari del credito e rappresentanti designati di differenziare i requisiti minimi di conoscenza secondo il grado di partecipazione all’esecuzione di determinati servizi o procedure. In questo contesto nel personale è incluso il personale esterno che lavora per e presso il creditore, l’intermediario del credito o i rappresentanti designati nonché i relativi dipendenti. Ai fini della presente direttiva il personale direttamente impegnato in attività disciplinate dalla direttiva stessa dovrebbe comprendere gli addetti al front-office e al back-office, dirigenza compresa, che ricoprano un ruolo importante nelle procedure relative ai contratti di credito. Le persone che svolgono mansioni di supporto non legate alle procedure dei contratti di credito (ad esempio personale delle risorse umane o personale impegnato nei servizi in materia di tecnologia dell’informazione e della comunicazione) non dovrebbero essere considerate personale ai sensi della presente direttiva».

La definizione di “contratto di credito”

Tra le definizioni riportate nella direttiva, v’è anche quella di “contratto di credito”, che assume una grande rilevanza dal punto di vista oggettivo.
Tale nozione si pone in linea di ideale continuità con le precedenti direttive, le quali hanno consacrato a livello normativo - come riconosciuto in dottrina - la concezione del credito al consumo come operazione economica che può realizzarsi mediante una molteplice serie di contratti.
Tuttavia, seppure anche detta disposizione si pone in linea di ideale continuità con quelle contenute nelle precedenti direttive sul credito ai consumatori (nella misura in cui contempla tutti i contratti che - indipendentemente dal loro nomen iuris - consentono di far ottenere ai consumatori un prestito, sotto forma di dilazione di pagamento, di prestito o di altra agevolazione finanziaria analoga), essa appare comunque più ristretta, come può evincersi dal riferimento espresso che viene compiuto all’ambito di applicazione della direttiva di cui all’art. 3.
La ratio sottesa a tale scelta è evidentemente connessa alla rilevanza dello scopo per il quale detti contratti vengono stipulati, , posto che oggetto della disciplina è il credito relativo a beni immobili residenziali.


(1) Considerando n. 14 «Le definizioni stabilite nella presente direttiva circoscrivono l’ambito di armonizzazione. L’obbligo degli Stati membri di recepire la presente direttiva dovrebbe pertanto essere limitato all’ambito di applicazione della stessa fissato da tali definizioni».

(2) Regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il Regolamento (UE) n. 648/2012, in G.U. UE, L 176/1 del 27 giugno 2013.

(3) La disposizione di cui all’art. 20 della direttiva n. 2008/48/CE recita «Gli Stati membri provvedono affinché i creditori siano controllati da un organismo o da un’autorità indipendente da istituzioni finanziarie o siano oggetto di una regolamentazione. Ciò si applica fatta salva la direttiva 2006/48/CE».

(4) Sul punto più diffusamente V. CARRIERO, Sub art. 35, in questo Commentario.

(5) Come sottolineato in dottrina, il processo di integrazione europea ha costituito la spinta per avviare un iter di progressiva acquisizione alla supervisione pubblica di un ambito di attività storicamente ad essa sottratto: F. CAPRIGLIONE, Evoluzione della disciplina di settore, in AA.VV., L’ordinamento finanziario italiano, Padova, 2010, I, p. 99 e ss.; F. MERUSI, «Interessi e fini nei controlli sugli intermediari finanziari», in Banca, borsa tit. cred., 1989, p. 177 e ss. Successivamente, la normativa antiriciclaggio ha rappresentato lo snodo fondamentale per una compiuta disciplina di tali soggetti: G. CARRIERO, Disciplina e operatività degli intermediari finanziari, in Studi sugli intermediari finanziari non bancari, a cura di M. Rispoli Farina, Napoli, 1998; S. COTTERLI, «La disciplina degli intermediari finanziari nella legge 197 del 5 luglio 1991», in Banca, impr. soc., 1992, p. 271 e ss.; G.M. FLICK, «Intermediazione finanziaria, informazione e lotta al riciclaggio», in Riv. soc., 1991, p. 470 e ss.; G. B. PORTALE, «Normative antiriciclaggio e finanziarie di gruppo», in Riv. soc.,, 1992, p. 715 e ss.; A. URBANI, Disciplina antiriciclaggio e ordinamento del credito, Padova, 2005.

(6) AA.VV., Intermediazione finanziaria non bancaria e gruppi bancari plurifunzionali: le esigenze di regolamentazione prudenziale, in Temi di discussione del Servizio studi della Banca d’Italia, Roma, 1989, n. 113; AA.VV., Studi sugli intermediari finanziari non bancari, Napoli, 1998; V. ALLEGRI, L’attività d’intermediazione finanziaria e la sua disciplina, in AA.VV., Diritto della banca e del mercato finanziario, Bologna, 2000, I, p. 3 e ss.; U. BELVISO, «Gli “intermediari finanziari” residuali (tra storia e nomenclatura)», in Giur. comm., 2000, I, p. 165 e ss.; M. CERA, «Gli intermediari finanziari nel testo unico in materia bancaria», in Giur. comm., 1995, I, p. 217 e ss.; L. CRISCUOLO, Gli intermediari finanziari non bancari, Bari, 2003; A. FERRARI, Gli intermediari finanziari non bancari, Milano, 1981.

(7) A. ANTONUCCI, Sub. art. 106, in Testo unico delle leggi in materia bancaria e finanziaria. Commento al D.lgs. 1° settembre 1993, n. 385, a cura di F. Belli, G. Contento, A. Patroni Griffi, M. Porzio, M. Santoro, 2003, II, p. 1809 e ss.; F. CLEMENTE, Sub art. 106, in Commentario al Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, a cura di F. Capriglione, Padova, 2001, p. 845 e ss.

(8) Il considerando n. 74 giustifica la scelta dell’esclusione così argomentando «Gli Stati membri dovrebbero poter disporre che chi svolge attività di intermediazione del credito a titolo accessorio nell’ambito di un’attività professionale, ad esempio avvocati o notai, non sia soggetto alla procedura di abilitazione ai sensi della presente direttiva, purché tale attività professionale sia disciplinata e le norme pertinenti non ostino allo svolgimento, a titolo accessorio, di attività di intermediazione del credito. Tuttavia la deroga alla procedura di abilitazione di cui alla presente direttiva dovrebbe comportare che le persone in questione non possono beneficiare del regime di passaporto previsto dalla direttiva stessa. Le persone che presentano o rinviano semplicemente un consumatore a un creditore o a un intermediario del credito a titolo accessorio nell’esercizio della loro attività professionale, ad esempio segnalando l’esistenza di un particolare creditore o intermediario del credito al consumatore o un tipo di prodotto offerto da detto creditore o intermediario del credito senza ulteriore pubblicità né intervento nella presentazione, nell’offerta, nei preparativi o nella conclusione del contratto di credito, non dovrebbero essere considerate intermediari del credito ai sensi della presente direttiva. Né dovrebbero essere considerati intermediari del credito ai sensi della presente direttiva i mutuatari che, senza svolgere alcuna altra attività di intermediazione del credito, trasferiscono semplicemente un contratto di credito a un consumatore mediante una procedura di surrogazione».

(9) E. BELLISARIO, Sub art. 3, in Le modifiche al codice del consumo, a cura di E. Minervini, L. Rossi Carleo, Torino, 2009, p. 14 ss; EAD., Sub art. 3, lett. d, in Codice del consumo. Commentario, a cura di G. Alpa, L. Rossi Carleo, Napoli, 2005, p. 75 ss.; G. CHINÈ, Sub art. 3, in Codice del consumo, a cura di V. Cuffaro, Milano, 2006, p. 25 e in Codice del consumo, a cura di V. Cuffaro, II ed., Milano, 2008, p. 26; F. LUCCHESI, Sub art. 3, in Codice del consumo. Commentario, a cura di G. Vettori, Padova, 2007, p. 56; E. MINERVINI, Dei contratti dei consumatori in generale, Torino, 2006, p. 28.

(10) a) Promotori finanziari b) mediatori creditizi c) agenti in attività finanziaria d) consulenti finanziari autonomi e) intermediari e broker assicurativi f) nonché altre figure di professionisti o produttori e venditori di beni o servizi.

(11) Decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141, recante “Attuazione della direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori, nonché modifiche del titolo VI del testo unico bancario (decreto legislativo n. 385 del 1993) in merito alla disciplina dei soggetti operanti nel settore finanaziario, degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi”, in G.U. n. 207 del 4 settembre 2010 - S.O. n. 212.

(12) F. BELLI - G. CORVESE, Sub artt. 128-quater/ quaterdecies, in Testo unico bancario. Commentario, Addenda di aggiornamento, a cura di M. Porzio - F. Belli - G. Losappio - M. Rispoli Farina - V. Santoro, Milano, 2011, p. 127.

(13) Decreto legislativo 19 settembre 2012, n. 169, recante “Ulteriori modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141, recante attuazione della direttiva 2008/48/CE, relativa ai contratti di credito ai consumatori, nonché modifiche del titolo V del testo unico bancario in merito alla disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario, degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi”, in G.U. n. 230 del 2 ottobre 2012.

(14) Come espressamente previsto dalla circolare della Banca d’Italia n. 129 del 1996 recante “Istruzioni di vigilanza per le banche”.

(15) Tale disposizione, peraltro, deve coordinarsi con quella contenuta all’art. 1, comma 6, Tuf la quale individua tra i “servizi accessori” ai servizi di investimento, «la concessione di finanziamenti agli investitori per consentire loro di effettuare un’operazione relativa a strumenti finanziari, nella quale interviene il soggetto che concede il finanziamento»; basti qui rilevare che l’accessorietà contemplata nel testo unico è inversa a quella pure considerata nella direttiva, laddove il contratto principale è quello di finanziamento.

(16) A tale riguardo, il considerando n. 28 specifica ulteriormente «Gli intermediari spesso operano anche in attività diverse dall’intermediazione creditizia, in particolare in attività di intermediazione assicurativa o servizi di investimento». Pertanto, la presente direttiva dovrebbe anche garantire una certa coerenza con la direttiva 2002/92/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 dicembre 2002, sull’intermediazione assicurativa, e con la direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa ai mercati degli strumenti finanziari. In particolare gli enti creditizi autorizzati in conformità alla direttiva 2013/36/ UE e gli altri enti finanziari soggetti ad un regime di abilitazione equivalente ai sensi della legislazione nazionale non dovrebbero richiedere un’abilitazione distinta per operare in qualità di intermediari del credito, in modo da semplificare il processo di stabilimento come intermediario del credito e l’esercizio dell’attività a livello transfrontaliero. La piena e incondizionata responsabilità di creditori e intermediari del credito in ordine alle attività degli intermediari del credito con vincolo di mandato o dei rappresentanti designati dovrebbe estendersi soltanto ad attività che rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva, a meno che gli Stati membri scelgano di estendere tale responsabilità ad altri settori.

(17) Non a caso la direttiva impone il rispetto di oneri informativi ed esplicativi anche riguardo la natura ed i costi dei servizi accessori (artt. 13 e 16).

(18) M. A. GOFFREDO, F. BERNIERI, «La revisione della disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario», in Società, 2010, 12, p. 1493 e ss.

(19) Si veda, al riguardo, anche la disposizione dell’art. 13 D.lgs. n. 141/2010, la quale dispone che «Ai mediatori creditizi è vietato concludere contratti, nonché effettuare, per conto di banche o di intermediari finanziari, l’erogazione di finanziamenti e ogni forma di pagamento o di incasso di denaro contante, di altri mezzi di pagamento o di titoli di credito. I mediatori creditizi possono raccogliere le richieste di finanziamento sottoscritte dai clienti, svolgere una prima istruttoria per conto dell’intermediario erogante e inoltrare tali richieste a quest’ultimo».

(20) Nonostante le perplessità espresse, specie in passato, circa l’autonomia del contratto di mediazione rispetto a quello intermediario (cfr. G.B. FERRI, Manuale di diritto commerciale, Torino, 1978, p. 889; C. VIVANTE, Trattato di diritto commerciale, 1934, I, p. 229), attualmente la dottrina prevalente - se pur con diversità di sfumature - tende a riconoscere tale autonomo fondamento negoziale al contratto di mediazione: A. CATAUDELLA, Mediazione, in Enc. giur. Treccani, XIX, Roma, 1990, L. CARRARO, La mediazione, Padova, 1960; F. FERRARA JR., Gli imprenditori e le società, Milano, 1962, p. 135; A. LUMINOSO, La mediazione, in Trattato di diritto civile, a cura di A. Cicu, F. Messineo, L. Mengoni, Milano, 1993, p. 40; M. STOLFI, Della mediazione, in Commentario del codice civile, a cura di A. Scialoja, G. Branca, Bologna-Roma, 1970, p. 22. Per la giurisprudenza, ex multis, Cass. civ., 13 maggio 1980, n. 3154; Cass. civ., 18 marzo 2008, n. 5952; Cass. civ., 27 giugno 2002, n. 9380; Cass. civ. 7 aprile 2005, n. 7251, 7252; Cass. civ., 5 settembre 2006, n. 19066; ; Cass. civ., 30 settembre 2008, n. 24333; Cass. civ., 7 aprile 2009, n. 8374; Cass. civ., 22 aprile 2009, n. 9547.

(21) L’imparzialità del mediatore è sancita, in generale, all’art. 1754 c.c., e - quanto ai mediatori creditizi - dall’art. 2 D.P.R. n. 287/2000, nonché dal Comunicato della Banca d’Italia del 9 settembre 2002; in ordine alla retrocessione della provvigione corrisposta al mediatore creditizio in caso di violazione del principio di indipendenza cfr. ex multis Abf, dec. nn. 388/2011; 2847, 3191, 3824, 6097/2013. Anche nel comunicato della Banca d’Italia del 9 settembre 2002 viene precisato che «ai fini dell’inquadramento dei mediatori creditizi nell’ambito della disciplina dell’operatività bancaria fuori sede, si fa presente che l’attività di mediazione - mentre risulta incompatibile, per le proprie caratteristiche di neutralità e indipendenza, con quella di promozione - presenta profili di analogia con il collocamento di finanziamenti per conto di una banca. Si ritiene, infatti, che entrambe le attività possano consistere nella raccolta di richieste di finanziamento firmate dal cliente, nel compimento di una prima istruttoria e nell’inoltro delle domande di fido alla banca. L’elemento distintivo tra mediazione e collocamento si rinviene nella richiamata caratteristica di neutralità e indipendenza della mediazione, che la differenzia rispetto all’attività di collocamento, la quale tipicamente si basa su uno specifico incarico conferito dalla banca per favorire la diffusione dei propri prodotti e servizi presso la clientela».

(22) Sul contenuto delle convenzioni stipulate con i mediatori creditizi, per tutti, M.R. LA TORRE, Intermediari finanziari e soggetti operanti nel settore finanziario, in Tratt. dir. economia, a cura di E. Picozza, E. Gabrielli, Padova, 2010, p. 378 e ss.

(23) U. MORERA, «Sulla figura del “mediatore creditizio”», in Banca, borsa, tit. cred., 2003, p. 345, sottolinea che siffatta espressione identifichi «ogni fenomeno creditizio connesso con valori e disponibilità finanziarie», senza che possa riconoscersi alcuno spazio residuo per operazioni aventi finalità creditizia.

(24) G. GALLO, Sub art. 128-sexies, in Commentario al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, diretto da F. Capriglione, Padova, 2012, p. 2097 sottolinea «Con riferimento alla menzione della possibilità di svolgere “attività connesse e strumentali” si può rilevare quanto segue: la necessità della precisazione si pone proprio in relazione al descritto carattere di esclusività; in passato il mediatore poteva svolgere qualunque altra attività professionale, non solo quelle connesse o strumentali alla mediazione. Si pone oggi il problema di individuare quali possano essere in concreto tali attività accessorie. Sul punto potrà essere utile, eventualmente in via analogica, il riferimento alle nozioni strumentalità ed ausiliarietà rispetto all’agenzia in attività finanziaria indicate nel Decreto del Ministero dell’economia e finanze n. 485 del 2001. È strumentale l’attività che ha rilievo esclusivamente ausiliario rispetto a quello d agenzia. A titolo indicativo, rientrano tra le attività strumentali quelle di: a) studio, ricerca e analisi in materia economica e finanziaria; b) gestione di immobili ad uso funzionale; c) gestione di servizi informativi o di elaborazione dati; d) formazione e addestramento del personale. È connessa l’attività accessoria che comunque consente di sviluppare l’attività di agenzia principale. A titolo indicativo, costituiscono attività connesse la prestazione di servizi di: a) informazione commerciale; b) locazione di cassette di sicurezza».

(25) Lo stesso provvedimento dell’Uic del 29 aprile 2005 dispone all’art. 3, comma 3, che i servizi accessori consistano nei «servizi, anche non strettamente connessi con il servizio principale (quali, ad esempio, contratti di assicurazione, convenzioni con soggetti esterni ecc.) commercializzati congiuntamente a quest’ultimo, ancorché su base obbligatoria».

(26) Ma già all’art. 2, comma 1, D.P.R. n. 287/2000 e art. 16, comma 1, legge n. 108/1996.

(27) G. GALLO, op. cit., p. 2092 sottolinea «In realtà, il riferimento ad una prestazione di consulenza può trovare la sua giustificazione nella circostanza che la mediazione creditizia si svolge più nitidamente, rispetto alla mediazione in altri settori, all’interno di un’attività professionale nell’ambito creditizio, ove il mediatore professionista svolge inevitabilmente anche un’attività di prima istruttoria e di selezione tra varie forme di finanziamento, che può essere definita lato sensu consulenziale».

(28) Sulla portata dell’espressione A. MARTELLONI, «L’agenzia in attività finanziaria dopo la riforma apportata dal D.lgs. n. 169 del 19 settembre 2012», in Riv. trim. dir. ec., 2012, 3, in www.rtde.luiss.it.

(29) Organismo per la gestione degli elenchi degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi, circolare n. 3/2012 del 5 aprile 2012, contenente disposizioni inerenti l’applicazione dell’art. 128-quater, comma 4, del Testo unico bancario, part. Allegato A.

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