Direttiva 2014/17/UE - Art. 10 - Disposizioni generali in materia di pubblicità e marketing - Commento di Elisa Tamburino
Direttiva 2014/17/UE
Art. 10 - Disposizioni generali in materia di pubblicità e marketing
Commento di Elisa Tamburino
Notaio in Zogno
Art. 10
Disposizioni generali in materia di pubblicità e marketing
Fatta salva la direttiva 2005/29/CE, gli Stati membri impongono che le comunicazioni di pubblicità e marketing relative ai con tratti di credito siano corrette, chiare e non ingannevoli. In particolare, sono vietate formulazioni che possano indurre nel consumatore false aspettative circa la disponibilità o il costo di un credito.
Per quanto riguarda le disposizioni generali, l’art. 10 dispone che le comunicazioni di pubblicità e marketing debbano essere corrette, chiare e non ingannevoli, concetti che presentano tutti un chiaro riscontro nella disciplina sulle pratiche commerciali scorrette. La direttiva 2005/29/CE vieta tutte le pratiche commerciali scorrette(1), ovvero quelle che, contrarie alla diligenza professionale, sono idonee a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio. Le pratiche vietate si dividono poi in ingannevoli e aggressive. Le pratiche sono ingannevoli quando o riportino informazioni false o contengano informazioni che, seppur sostanzialmente corrette, siano presentate in modo da indurre il consumatore in errore in merito agli elementi dalla stessa disciplina individuati e che, in ogni caso, siano idonee ad indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso. Il carattere ingannevole può, altresì, manifestarsi in via omissiva. È aggressiva la pratica che, mediante molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica o indebito condizionamento, sia idonea a limitare considerevolmente o diversamente condizionare il comportamento del consumatore essendo, inoltre, idonea ad indurlo ad una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso(2).
Delineato così brevemente il quadro di riferimento di diritto interno, appare evidente come i concetti richiamati dalla nuova direttiva si riferiscano tanto alla clausola generale di scorrettezza di cui all’art. 20 cod. cons. che alla categoria specifica delle pratiche ingannevoli di cui all’art. 21 cod. cons. rispetto alle quali la mancanza di chiarezza dell’informazione rappresenta una delle modalità di integrazione della pratica insieme all’indicazione di informazioni chiare ma non rispondenti al vero.
L’art. 10 della direttiva in commento continua specificando che, alla luce del precetto generale, sono da considerarsi vietate le «formulazioni che possano indurre nel consumatore false aspettative circa la disponibilità o il costo di un credito».
Anche tali indicazioni sembrano perfettamente in linea con quanto disposto dalla disciplina generale in materia di pratiche commerciali scorrette. Infatti, ai fini del giudizio circa il carattere ingannevole di una pratica assume rilevanza l’informazione che è idonea ad indurre in errore circa le caratteristiche principali del prodotto, quali la sua disponibilità (art. 21, primo comma, lett. b, e il prezzo o il modo in cui questo è calcolato (art. 21, primo comma, lett. d).
Alla luce di questa prima parte dell’analisi, sembra potersi affermare che le disposizioni generali dettate dall’art. 10 non abbiano un contenuto derogatorio rispetto alla disciplina generale sulle pratiche commerciali scorrette. La norma in commento si limita a riprodurre testualmente parte degli standards e delle rules già previsti agli artt. 18 e ss. cod. cons.(3 )senza che la mancata riproduzione degli altri elementi e presupposti di applicazione delle norme del codice del consumo valga ad escluderne l’applicazione. Probabilmente l’espressa menzione della rilevanza dell’informazione in merito agli elementi della disponibilità e del costo del credito si giustifica alla luce della frequenza casistica con la quale nel settore creditizio le pratiche commerciali scorrette vertono su tali elementi.
(1) È noto come il concetto di unfair commercial practices sia stato tradotto in italiano nel testo della direttiva in termini di “pratiche commerciali sleali” e nella disciplina di recepimento in termini di “pratiche commerciali scorrette”.
(2) Il capo II delle norme dedicate alle pratiche commerciali è completato da una duplice elencazione delle pratiche che si considerano in ogni caso ingannevoli o scorrette. Circa il metodo da seguire nell’interpretazione della disciplina a struttura cd. piramidale si veda M. LIBERTINI, «Clausola generale e disposizioni particolari nella disciplina delle pratiche commerciali scorrette», in Contr. e impr., 2009, 1, p. 73.
(3) A livello testuale si rileva come la disciplina del cod. cons. parli di pratiche scorrette e ingannevoli mentre la norma in commento imponga uno standard di correttezza e non ingannevolezza. Non sembra tuttavia che l’utilizzo della medesima terminologia al contrario abbia un valore rilevante ai fini ermeneutici.
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