Direttiva 2014/17/UE - Art. 15 - Obblighi di informazione relativi agli intermediari del credito e ai rappresentanti designati - Commento di Claudia Benanti
Direttiva 2014/17/UE
Art. 15 - Obblighi di informazione relativi agli intermediari del credito e ai rappresentanti designati
Commento di Claudia Benanti
Professore aggregato. Ricercatore confermato di Diritto privato, Università di Catania
Art. 15
Obblighi di informazione relativi agli intermediari del credito e ai rappresentanti designati
1. Gli Stati membri assicurano che, in tempo utile prima dello svolgimento di una delle attività di intermediazione del credito di cui all’articolo 4, punto 5, l’intermediario del credito o il rappresentante designato fornisca al consumatore almeno le informazioni seguenti su supporto cartaceo o su altro supporto durevole:
a) l’identità e l’indirizzo geografico dell’intermediario del credito;
b) il registro in cui è iscritto, il numero di registrazione, se del caso, e i mezzi esperibili per verificare la registrazione;
c) se l’intermediario del credito sia soggetto a vincolo di mandato o lavori a titolo esclusivo con uno o più creditori. Qualora sia soggetto a vincolo di mandato o lavori a titolo esclusivo con uno o più creditori, l’intermediario del credito fornisce il nome del creditore o dei creditori per i quali opera. L’intermediario del credito può comunicare che è indipendente se soddisfa le condizioni stabilite in conformità all’articolo 22, paragrafo 4;
d) se l’intermediario del credito offra servizi di consulenza;
e) il compenso che il consumatore deve versare, se del caso, all’intermediario del credito per i suoi servizi o, qualora ciò non sia possibile, il metodo per il calcolo del compenso;
f) le procedure che consentono ai consumatori o alle altre parti interessate di presentare reclami internamente circa gli intermediari del credito e, ove opportuno, le modalità con le quali si può ricorrere alle procedure di reclamo e ricorso extragiudiziali;
g) se del caso, l’esistenza e, se noto, l’importo di commissioni o altri incentivi che il creditore o terzi devono versare all’intermediario del credito per i suoi servizi in relazione al contratto di credito. Qualora l’importo non sia noto al momento della comunicazione, l’intermediario del credito informa il consumatore che l’importo effettivo sarà comunicato in una fase successiva nel Pies.
2. Su richiesta del consumatore, gli intermediari del credito senza vincolo di mandato ma che ricevono commissioni da uno o più creditori forniscono informazioni circa i diversi livelli delle commissioni che devono essere versate dai diversi creditori che erogano i contratti di credito proposti ai consumatori. Il consumatore è informato di avere il diritto di richiedere tali informazioni.
3. Se l’intermediario del credito chiede un compenso al consumatore e riceve in aggiunta una commissione dal creditore o da un terzo, spiega al consumatore se la commissione sarà o meno detratta dal compenso, in tutto o in parte.
4. Gli Stati membri dispongono che l’intermediario del credito comunichi al creditore l’eventuale compenso che il consumatore deve versargli per i suoi servizi, ai fini del calcolo del Taeg.
5. Gli Stati membri prescrivono agli intermediari del credito di garantire che, oltre alle informazioni prescritte dal presente articolo, il loro rappresentante designato comunichi al consumatore, al momento di contattarlo o prima di trattare con lo stesso, in che veste opera e quale intermediario del credito rappresenta.
Considerazioni introduttive
La norma in commento pone a carico degli intermediari del credito e dei rappresentanti designati(1) obblighi di informazione specifici, i quali si aggiungono alle informazioni personalizzate che questi soggetti, unitamente ai creditori, devono fornire ai consumatori a norma dell’art. 14.
Gli obblighi in esame gravano, quindi, su quei soggetti che entrano in contatto col consumatore nello svolgimento di un’attività di intermediazione del credito(2), ma che non saranno parte sostanziale del successivo contratto di mutuo. In questa eventualità è opportuno che al consumatore vengano fornite informazioni aggiuntive, come i dati identificativi dell’intermediario o del rappresentante, i rapporti tra intermediario e creditore, l’eventuale compenso dovuto dal consumatore all’intermediario per i suoi servizi.
La finalità di questa disposizione, espressa nel considerando n. 47 della direttiva, è di garantire la massima trasparenza possibile ed evitare abusi derivanti da possibili conflitti d’interesse quando i consumatori si avvalgono dei servizi degli intermediari del credito(3). Questa è, quindi, una delle regole volte a ridare ai consumatori quella fiducia nel mercato finanziario, che secondo le istituzioni europee è stata compromessa dal comportamento irresponsabile degli operatori del mercato e dalla crisi finanziaria conseguente (cfr. considerando n. 3)(4).
Invero, gli obblighi informativi previsti dall’art. 15 garantiscono la trasparenza dei rapporti tra i soggetti che ne sono destinatari ed il debitore e sono una specificazione dell’obbligo di agire «in maniera onesta, equa, trasparente e professionale, tenendo conto dei diritti e degli interessi dei consumatori», che l’art. 7 della direttiva pone a carico degli operatori del credito. Questi obblighi si inseriscono, quindi, in una serie più ampia di prescrizioni della direttiva volte a promuovere pratiche responsabili da parte degli operatori(5).
Tuttavia i doveri di informazione enunciati nell’art. 15 non sono preposti né sono idonei ad evitare i conflitti d’interesse, avendo soltanto l’effetto di renderne nota al debitore la sussistenza(6). Essi evitano, quindi, soltanto l’abuso consistente in un comportamento non trasparente.
La prevenzione di abusi derivanti da possibili conflitti d’interesse è affidata, piuttosto, all’adozione di politiche retributive del personale e dei servizi, che non compromettano la considerazione degli interessi del consumatore(7). In particolare, il modo in cui i creditori remunerano gli intermediari del credito e il modo in cui questi ultimi remunerano i rappresentanti designati non deve compromettere il rispetto dell’obbligo generale di condotta sopra richiamato (cfr. art. 7, § 2).
In base al considerando n. 35, gli Stati membri potrebbero ritenere che la riscossione di provvigioni da parte di intermediari con vincolo di mandato sia contraria all’interesse dei consumatori e vietare, di conseguenza, questa pratica.
Una gestione appropriata dei conflitti d’interesse legati alla remunerazione dei servizi è importante soprattutto al fine di una valutazione corretta del merito creditizio del consumatore(8).
Le informazioni indicate nell’art. 15 servono al consumatore per decidere se avvalersi dell’attività di intermediazione del credito prestata dal soggetto a cui si riferiscono. Quindi, esse devono essergli fornite prima che quell’attività abbia inizio ed in tempo utile, prima della consegna del Pies contenente le informazioni personalizzate indicate nell’art. 14. Questo si deduce dall’art. 15, lett. g, il quale dispone che quando non sia ancora noto l’importo delle commissioni che il creditore o un terzo devono pagare all’intermediario del credito, questi comunica al consumatore che questa informazione gli verrà fornita «in una fase successiva» nel Pies.
Inoltre, questi dati vanno forniti su supporto cartaceo o su altro supporto durevole(9), in modo che il consumatore possa conservarli per un tempo adeguato, consultarli e riprodurli. Questa prescrizione di forma agevola l’assunzione da parte del consumatore di una decisione ponderata(10). Nel contempo essa facilita la prova, da parte dell’intermediario o del rappresentante, di aver adempiuto ai propri obblighi.
Quanto ai tempi e alle modalità dell’informazione precontrattuale, la disciplina in commento si conforma al contenuto di altre direttive europee a tutela dei consumatori, come la n. 2008/48/CE sul credito ai consumatori(11 )(cfr. artt. 5 e 6).
La novità consiste, piuttosto, nell’essenziale gratuità di tutte le informazioni date in conformità alla direttiva in commento (cfr. art. 8, direttiva 2014/17/UE). Questa disposizione avrà l’effetto di limitare la prassi bancaria di chiedere al cliente il pagamento di somme per l’attività istruttoria preliminare alla stipula del contratto di mutuo.
Contenuto e ratio degli obblighi di informazione relativi agli intermediari del credito e ai rappresentanti designati
L’art. 15 prescrive un elenco minimo di informazioni che intermediari e rappresentanti devono fornire al consumatore.
Le prime sono relative ai dati identificativi dell’intermediario del credito, del quale occorre indicare l’identità, i dati geografici, il registro in cui è iscritto, il numero di registrazione e i mezzi per verificarlo. Per identità e dati geografici si intendono la denominazione e la sede legale dell’intermediario(12). La loro comunicazione serve a consentire al consumatore di individuare con certezza l’intermediario. I dati dell’intermediario, unitamente al suo numero di telefono, devono essere inseriti anche nel Pies, per la ragione, questa volta, di consentire al consumatore di contattarlo (cfr. Allegato II alla direttiva, parte B, Istruzioni per la compilazione del Pies, sezione 2).
Gli estremi di registrazione dell’intermediario servono per consentire al consumatore di verificarne l’abilitazione.
La direttiva intende favorire la circolazione dei servizi di intermediazione del credito all’interno degli Stati membri dell’Unione europea. A questo proposito, il considerando n. 69 sottolinea l’opportunità che gli intermediari del credito, prima di poter esercitare l’attività, siano soggetti ad una procedura di abilitazione da parte delle autorità competenti dello Stato membro d’origine. Nel medesimo considerando è precisato che gli Stati dovrebbero essere liberi di decidere se istituire un unico registro oppure due registri separati per intermediari con vincolo di mandato ed intermediari indipendenti. Inoltre, tali registri dovrebbero essere pubblici.
Per il consumatore potrebbe non essere semplice verificare l’abilitazione che l’intermediario abbia conseguito in un altro Stato(13). Si spiega, quindi, che l’operatore sia tenuto a comunicare al consumatore anche i mezzi per verificare la registrazione.
Questi dati sono importanti per le conseguenze che la mancanza di abilitazione dell’intermediario potrebbe avere sulla validità del contratto di mutuo(14).
Seguono informazioni relative allo status dell’intermediario ed ai suoi rapporti con il creditore.
Esse servono a far emergere eventuali conflitti d’interesse, ossia se l’intermediario sia portatore di un interesse nel risultato del servizio prestato al consumatore, diverso da quello del consumatore medesimo, interesse che potrebbe anche essere legato a remunerazioni dovute dal creditore o da terzi(15).
Innanzitutto, l’intermediario deve comunicare al consumatore se sia soggetto a vincolo di mandato ovvero lavori a titolo esclusivo con uno o più creditori ed, in caso positivo, il nominativo del creditore o dei creditori per i quali opera (lett. c). In questo modo il consumatore è avvisato del fatto che l’intermediario si inserisce in una rete distributiva, con la funzione di collocare sul mercato i prodotti di un determinato creditore o comunque di un numero di creditori o gruppi che non rappresenta la maggioranza del mercato (v. definizione di “intermediario del credito con vincolo di mandato” contenuta nell’art. 4, n. 7).
Conoscere il nominativo del creditore presenta per il consumatore anche un’altra utilità. Infatti è il creditore a rispondere pienamente delle attività compiute dall’intermediario con vincolo di mandato (cfr. considerando n. 28 e art. 4, n. 7).
Per le stesse ragioni il rappresentante designato deve comunicare al consumatore, al momento di contattarlo o prima di trattare con lo stesso, in che veste opera e quale intermediario del credito rappresenta (art. 15, § 5). Quest’ultimo risponde in modo pieno ed incondizionato dell’operato del suo rappresentante(16), unitamente al creditore del quale sia mandatario, a norma dell’art. 31, § 1.
L’intermediario può comunicare al consumatore di essere un soggetto indipendente soltanto se soddisfa i requisiti richiesti dall’art. 22, § 4 per la «consulenza indipendente», ossia se prende in considerazione un numero sufficientemente ampio di contratti di credito presenti sul mercato e non è remunerato da uno o più creditori per i servizi prestati al consumatore. Questa cautela si spiega col fatto che il consumatore potrebbe essere portato a riporre maggior fiducia in un soggetto che si presenti come autonomo e quindi ad abbassare il proprio livello di attenzione. È importante, quindi, che vi siano regole uniformi in tutti gli Stati membri, che garantiscano un’effettiva indipendenza dell’intermediario.
Situazioni di conflitto d’interessi possono dipendere dal modo in cui l’intermediario è remunerato per i suoi servizi(17). Per questa ragione egli è tenuto a comunicare al consumatore se riceverà commissioni o altri incentivi dal creditore o da terzi in relazione al contratto di credito stipulato, ed il relativo importo. Qualora l’ammontare del compenso non sia ancora noto - per esempio perché deve essere calcolato in percentuale sul credito erogato oppure perché il sistema di calcolo è complesso - l’intermediario, come già detto, deve avvisare il consumatore che esso gli verrà comunicato successivamente tramite il Pies. Un’informazione più precisa, relativa ai diversi livelli delle commissioni corrisposte dai creditori agli intermediari senza vincolo di mandato sarà fornita al consumatore solo su sua richiesta. L’intermediario è tenuto, però, ad avvisare il consumatore di questo diritto (art. 15, § 2). È, questo, un esempio di quella che è stata definita l’informazione sull’informazione(18).
Questa comunicazione serve ad avvisare il consumatore dell’interesse che l’intermediario potrebbe avere a proporgli un contratto di credito piuttosto che un altro in ragione del maggior guadagno che ne ricaverebbe.
Si consideri che nel testo della Proposta della direttiva gli obblighi di informazione volti a migliorare la trasparenza ai fini di possibili conflitti d’interesse erano più stringenti. Infatti, in base all’art. 10 della Proposta, l’intermediario del credito doveva comunicare al consumatore se fosse detentore di una partecipazione diretta o indiretta superiore al 10% dei diritti di voto o del capitale sociale di un determinato creditore (lett. d) ed anche se un determinato creditore o l’impresa controllante un determinato creditore fosse detentore di una partecipazione diretta o indiretta superiore al 10% dei diritti di voto o del capitale sociale dell’intermediario del credito.
Proseguendo nell’analisi dell’art. 15 direttiva, si nota che l’intermediario deve comunicare al consumatore l’eventuale importo della commissione che questi dovrà pagargli per i suoi servizi. Qualora non sia possibile precisare nell’informativa l’importo del compenso - per esempio perché esso va calcolato in percentuale sul credito erogato oppure in base ad un sistema di calcolo complesso - l’intermediario deve comunque comunicare al consumatore il metodo per calcolarlo.
Quindi il compenso dev’essere, se non determinato, almeno determinabile al momento della comunicazione.
La ratio della prescrizione è duplice. Per un verso essa evita il cosiddetto effetto sorpresa, cioè che il consumatore si trovi a dover pagare un compenso di cui non era a conoscenza. Per un altro verso essa, consentendo al consumatore di conoscere prima possibile il costo effettivo o presumibile del contratto, gli permette di avere tutti gli elementi utili per scegliere a quale intermediario rivolgersi per l’attività di intermediazione. Anche questa previsione dovrebbe contribuire a ridare fiducia ai consumatori. Nel considerando n. 47, ultimo inciso è precisato che gli Stati membri dovrebbero essere liberi di vietare che i consumatori paghino commissioni agli intermediari del credito o ad alcuni di essi, nel rispetto del diritto della concorrenza, quindi senza introdurre trattamenti differenziati ingiustificati tra categorie di intermediari(19).
L’importo della commissione che il consumatore deve pagare all’intermediario rientra nel “costo totale del credito” e deve essere inserito nel Taeg. È previsto che a tal fine l’intermediario lo comunichi al creditore. Quindi, l’importo effettivo dovrà poi essere inserito nel Pies sotto la voce “altre componenti del Taeg”.
Questa previsione è un’applicazione del principio secondo cui il costo del mutuo per il consumatore dev’essere indicato in modo trasparente. È noto, infatti, che abusi degli operatori del credito ai danni del debitore erano legati ad un’indicazione poco chiara del tasso d’interesse.
Se l’intermediario riceve sia una commissione dal consumatore che un compenso dal creditore o da un terzo deve spiegare al consumatore se l’importo del compenso sarà detratto o meno dalla commissione a cui è tenuto, in tutto o in parte.
Inoltre, l’intermediario deve comunicare al consumatore se presti servizi di consulenza(20). Questa regola si giustifica col fatto che, nel sistema della direttiva, la consulenza è un’attività separata sia dalla concessione che dall’intermediazione del credito(21 )e non è un’attività obbligatoria.
La presente informazione consente, quindi, al consumatore di comprendere la natura dei servizi che gli vengono offerti (cfr. considerando n. 63).
Si consideri che la direttiva non tutela il consumatore nel caso in cui gli vengano fornite raccomandazioni personalizzate al di fuori dell’attività di consulenza, che si rivelino inadeguate alla sua situazione(22), purché gli operatori abbiano agito in maniera onesta, equa, trasparente e professionale, «tenendo conto dei diritti e degli interessi dei consumatori» (art. 7, § 1). Infatti, come previsto dal considerando n. 31, i creditori, gli intermediari del credito o i rappresentanti designati sono tenuti ad agire «nel migliore interesse del consumatore» solo quando prestano servizi di consulenza.
Quindi, il consumatore sa che l’operatore il quale non presti servizi di consulenza non è tenuto a raccomandargli il prodotto effettivamente più adatto alle sue esigenze e alla sua situazione finanziaria. L’informazione sul compenso si riferisce esclusivamente all’attività di intermediazione del credito. Infatti, l’obbligo di comunicare al consumatore il compenso spettante all’operatore per i servizi di consulenza o il metodo per calcolarlo è previsto da un’altra norma, l’art. 22, § 2, che ne dispone l’adempimento, su supporto durevole, «prima della fornitura di servizi di consulenza o, se del caso, prima della conclusione di un contratto per la prestazione di servizi di consulenza».
Tuttavia, dato che questa comunicazione e quella relativa alle basi sulle quali la raccomandazione è formulata «possono essere fornite al consumatore sotto forma di informazioni precontrattuali» (art.
22, § 2, ultimo cpv.) proprio l’informativa prescritta dall’art. 15 potrebbe essere la sede opportuna per dare quelle informazioni. In questo modo, l’informativa sulla prestazione di servizi di consulenza sarebbe più completa.
Infine, gli intermediari del credito devono informare i consumatori sulle procedure interne di reclamo contro l’operato degli stessi intermediari e sulle procedure extragiudiziali di reclamo e di ricorso. La prima parte dell’informativa - ossia quella relativa alla procedure interne di reclamo - comporta che gli intermediari del credito debbano predisporre un sistema di gestione dei reclami del consumatore. Questa regola ha, quindi, anche un valore organizzativo.
La seconda parte dell’informativa - ossia quella relativa alle procedure di composizione extragiudiziale delle controversie tra consumatori ed intermediari del credito o rappresentanti designati - si collega al disposto dell’art. 39 direttiva, che impone agli Stati membri di istituire le procedure menzionate (cfr. anche considerando n. 77)(23).
L’informazione sull’esistenza di tutte queste procedure serve per rendere effettiva la tutela che l’introduzione delle medesime procedure è volta a realizzare.
Infine, gli intermediari sono tenuti a garantire che il loro rappresentante designato rispetti gli obblighi di informazione esaminati.
Conseguenze dell’inadempimento degli obblighi di informazione relativi agli intermediari del credito e ai rappresentanti designati
Questione centrale in tema di doveri di informazione è quella dei rimedi(24). La direttiva 2014/17/ UE non ha regolato questo aspetto ed anzi ha affidato agli Stati il compito di stabilire le sanzioni per la violazione delle sue disposizioni, con la raccomandazione che esse siano proporzionate, efficaci e dissuasive (cfr. considerando n. 76 ed art. 38). Di conseguenza le soluzioni nazionali potrebbero divergere notevolmente, in contrasto con l’obiettivo dichiarato di creare un «quadro giuridico» comune. Essendo quella dei rimedi una questione fondamentale, è importante che il legislatore nazionale la regolamenti e non lasci all’interprete il compito di individuare le soluzioni applicabili(25).
Si noti però che, in occasione del recepimento della direttiva 2008/48/CE, non sono state precisate le conseguenze della violazione degli obblighi relativi agli intermediari del credito, obblighi dal contenuto simile a quelli elencati nell’art. 15 direttiva 2014/17/UE (cfr. art. 125-novies Tub)(26).
Nella prospettiva del futuro recepimento della direttiva, è opportuno delineare i possibili rimedi, indicando quelli ritenuti più appropriati.
Essi potrebbero essere di natura risarcitoria oppure consistere nell’invalidità del contratto.
Si potrebbe ritenere che l’inadempimento dei doveri di informazione previsti dall’art. 15 costituisca una violazione del dovere di comportarsi secondo buona fede nella fase delle trattative, previsto dall’art. 1337 c.c., ed obblighi il soggetto professionale a risarcire al consumatore l’eventuale danno. Invero, l’art. 7 direttiva pone a carico degli operatori finanziari un dovere di agire «in maniera onesta, equa, trasparente e professionale, tenendo conto dei diritti e degli interessi dei consumatori», che ben potrebbe essere ritenuto una specificazione del dovere di buona fede.
Questa soluzione sarebbe in linea con la tesi, sostenuta anche in importanti pronunce della Corte di
Cassazione (come quelle a Sezioni Unite n. 26724 e n. 26725 del 2007)(27), secondo cui la violazione dei doveri di informazione precontrattuale determina la responsabilità precontrattuale del professionista. Questo orientamento esclude invece che, in difetto di una previsione apposita, l’inadempimento dei medesimi doveri possa determinare la nullità del contratto per violazione di norme imperative, ai sensi dell’art. 1418, comma 1 c.c. Questa tesi si basa sull’autonomia tra regole di validità e regole di comportamento nella formazione del contratto(28), sull’inesistenza di una lacuna che possa giustificare l’applicazione dell’art. 1418, comma 1(29 )e sulla limitazione del giudizio di validità a violazioni attinenti alla struttura o al contenuto del contratto(30).
In applicazione di queste regole il consumatore avrebbe diritto al risarcimento del danno sofferto, per esempio, per aver stipulato il contratto con un soggetto che non gli aveva comunicato di essere mandatario del creditore oppure di aver diritto a ricevere una commissione dal creditore o da terzi, e quindi a condizioni meno favorevoli di quelle che avrebbe potuto conseguire contrattando con un soggetto indipendente(31). All’intermediario o al suo rappresentante si imputerebbe, quindi, una responsabilità da contratto valido, ma sconveniente(32). Dell’operato di questi soggetti risponderebbe anche il soggetto (creditore o intermediario) dal quale essi dipendono, per le ragioni già dette.
Al fine di avere il risarcimento, il consumatore dovrebbe provare di avere subito un danno.
In uno dei primi commenti alla direttiva si è sostenuto che la violazione degli obblighi di condotta relativi alla fase preparatoria al contratto - tra i quali rientrano i doveri di informazione - generi la responsabilità contrattuale dell’operatore(33). Secondo questa tesi, nel momento in cui il consumatore si rivolge al soggetto professionale nasce un contratto di consulenza, dal quale deriva in capo al professionista un obbligo di precauzione(34). Il professionista che violasse i doveri di informazione sarebbe quindi responsabile verso il consumatore per l’inadempimento di un obbligo contrattuale, con la conseguenza che quest’ultimo potrebbe anche decidere di mantenere il contratto [di consulenza] e chiedere il risarcimento del danno, ex art. 1453 c.c.
Questa tesi viene basata sulla considerazione complessiva degli obblighi di condotta previsti dalla normativa e sul fatto che l’art. 8, nel disporre che le informazioni vadano prestate ai consumatori «a titolo gratuito», sembra presupporre che ci sia già un contratto.
Essa riguarda il complesso degli obblighi di condotta gravanti sull’operatore, ma il suo accoglimento avrebbe conseguenze anche sull’inadempimento dei doveri di informazione previsti dall’art. 15.
Si tratta di un’interpretazione suggestiva e che garantisce un buon livello di protezione al consumatore. Tuttavia essa sembra, ad un primo esame, poco congruente col fatto che nella direttiva l’attività di consulenza ha natura facoltativa.
Diversamente, si potrebbe configurare a carico del professionista un’obbligazione senza prestazione, inesigibile, ma fonte di responsabilità contrattuale verso il consumatore nel caso di inadempimento. Oppure si potrebbe ritenere che sul professionista gravi un’obbligazione derivante dalla legge, della quale il consumatore potrebbe esigere l’adempimento. Sviluppando questa interpretazione, il professionista che non desse al consumatore le informazioni previste dall’art. 15 sarebbe responsabile verso di lui per inadempimento di un’obbligazione ex lege.
Le tre interpretazioni esposte per ultime configurano a carico del professionista una responsabilità per inadempimento di un’obbligazione - derivante, a seconda dei casi, da un contratto di consulenza o da un fatto sociale o ancora dalla legge - con conseguente diritto del consumatore al risarcimento dell’interesse positivo.
Un approfondimento di queste tesi richiederebbe, però, un’analisi del complesso degli obblighi posti dalla direttiva a carico degli operatori e di importanti categorie civilistiche, come l’obbligazione senza prestazione, che non è possibile compiere in questa sede.
Invece, secondo un’altra tesi è la nullità virtuale la sanzione appropriata per la violazione di regole, come quelle sui doveri di informazione, che hanno lo scopo di conformare il regolamento contrattuale(35). Al riguardo, sembra convincente il metodo che ricerca la funzione dei diversi doveri di informazione per stabilire la natura dei rimedi(36).
Gli obblighi di comunicazione stabiliti dall’art. 15 della direttiva sono obblighi di trasparenza e - con l’eccezione dell’informazione sul compenso - non hanno lo scopo di conformare il contenuto del contratto.
In difetto di una specifica previsione, la conseguenza della nullità (virtuale) non potrebbe probabilmente essere ricavata dal sistema.
In una prospettiva de iure condendo, la nullità del contratto non sembra comunque la soluzione adeguata, perché comporterebbe l’obbligo per il cliente di restituire subito tutto il capitale ottenuto, ai sensi dell’art. 2033 c.c.
È vero che questo inconveniente potrebbe essere superato applicando la norma che, in caso di nullità del contratto di credito al consumo, prevede che il consumatore possa restituire l’importo in 36 mesi e senza interessi (cfr. art. 125-bis, comma 9, Tub). Tuttavia, questo inconveniente sussiste ed è opportuno segnalarlo.
Inoltre, è discussa l’ammissibilità di una nullità virtuale di protezione, con legittimazione relativa(37). Quindi, se il legislatore nazionale volesse disporre la nullità del contratto sarebbe opportuno che la strutturasse come nullità relativa, azionabile solo dal consumatore.
Si aggiunga che la soluzione della nullità responsabilizzerebbe maggiormente il notaio rispetto alle altre, esponendolo al rischio di incorrere nella responsabilità disciplinare prevista dall’art. 28 legge notarile(38). Il notaio, per non incorrere in questa responsabilità, sarebbe tenuto a verificare che gli obblighi di informazione precontrattuale siano stati correttamente adempiuti.
Questo controllo non rientra negli accertamenti normalmente compiuti dal notaio ai fini della stipula dei mutui immobiliari, pur in presenza di Istruzioni dell’Autorità di vigilanza che già impongono obblighi di informazione. Infatti, di solito nel rogito il notaio si limita a dare atto, sulla base di quanto dichiarato dalla Banca, che le informazioni sono state fornite, senza effettuare controlli specifici.
La responsabilità disciplinare del notaio non verrebbe in gioco, invece, se l’omissione da parte del professionista delle informazioni prescritte dalla legge venisse qualificata come dolo contrattuale(39), essendo tale responsabilità esclusa quando venga rogato un atto annullabile(40).
Sviluppando questa tesi, il consumatore che, se fosse stato correttamente informato, avrebbe comunque stipulato il contratto di mutuo ma a condizioni diverse, avrà diritto al risarcimento del danno a norma dell’art. 1440 c.c.
Si è osservato che la tesi del dolo non ha avuto molto seguito per le difficoltà di prova che comporta per il consumatore(41).
Considerazioni specifiche possono essere formulate nel caso in cui sia violato il dovere di comunicare al consumatore il compenso che deve versare all’intermediario [cfr. art. 15, § 1, lett. e) direttiva
2014/17/UE].
Questo compenso costituisce una delle componenti del «costo totale del credito per il consumatore»(42 )ed una delle voci su cui si basa il calcolo del Taeg. L’art. 15, § 4 prevede che l’intermediario del credito ne comunichi l’importo al creditore, proprio a questo fine.
Se l’informativa viene data correttamente, il compenso comunicato al consumatore ai sensi dell’art.
15 sarà inserito nel Pies tra le “altre voci del Taeg” e nella Sezione 2 del Pies, nella voce dedicata alla remunerazione dell’intermediario. Inoltre, il Taeg, comprensivo dell’importo della commissione, sarà indicato nel contratto.
Potrebbe accadere, appunto, che i doveri informativi non siano correttamente adempiuti dall’intermediario. Per esempio, l’intermediario potrebbe non dare al consumatore l’informativa sul compenso, ma indicarne l’importo al creditore ai fini dell’inserimento nel Taeg e quindi all’interno del Pies. Oppure nel Pies potrebbe essere indicata una commissione di importo superiore a quello precedentemente comunicato o calcolata con un criterio diverso, con conseguenze sfavorevoli per il consumatore. La soluzione che sembra più appropriata, in questo caso, è che il consumatore debba corrispondere all’intermediario la commissione, al medesimo consumatore più favorevole, che gli era stata comunicata ai sensi dell’art. 15 o comunque calcolata secondo i criteri indicati in quell’informativa.
Questa è la soluzione idonea a soddisfare l’esigenza, segnalata nel considerando n. 47, di prevenire eventuali abusi a danno del consumatore.
In altre parole, in caso di discrepanza tra le due informative, dovrebbe prevalere il contenuto di quella regolata dall’art. 15, perché è quella specificamente diretta ad informare il consumatore sul compenso da versare all’intermediario.
Si potrebbe ipotizzare un’applicazione analogica dell’art. 117, comma 7, Tub, il quale stabilisce la nullità delle clausole contrattuali relative a tassi, prezzi e condizioni più sfavorevoli per il cliente di quelli pubblicizzati(43). Si potrebbe ritenere che la valutazione comparativa, quanto all’importo della commissione spettante all’intermediario, vada effettuata tra il contratto e la pubblicità assolta a norma dell’art. 15 direttiva, e che l’importo del Taeg debba essere corretto in base alle indicazioni sul compenso risultanti nell’informativa. Quindi, la commissione dovrebbe essere scorporata dal Taeg se non pubblicizzata correttamente.
Tuttavia, sarebbe importante che questo rimedio venisse espressamente previsto nella normativa di recepimento della direttiva.
Se invece l’importo effettivo della commissione - che non è stato comunicato al consumatore - non venga inserito neppure nel Pies, l’inadempimento dell’obbligo di informazione disposto dall’art. 15 sarà assorbito dall’inadempimento dell’obbligo di indicare nel Pies il costo totale del credito(44). Dinanzi alle alternative interpretative delineate, è responsabilità del legislatore nazionale indicare i rimedi alla violazione degli obblighi di informazione, così da conferire certezza ed effettività alla disciplina.
A prescindere dalle conseguenze civilistiche, la violazione degli obblighi previsti dall’art. 15 comporterà l’erogazione di sanzioni amministrative da parte dell’Autorità di vigilanza.
L’art. 144, comma 5-bis Tub prevede l’erogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria nel caso di violazione da parte degli intermediari del credito dell’art. 125-novies Tub, norma che pone a carico degli intermediari del credito al consumo alcuni degli obblighi di informazione previsti dalla disposizione in commento.
Occorrerà, al riguardo, una previsione normativa apposita.
(1) Cfr., per una spiegazione di queste definizioni, Commento all’art. 4, in questo volume.
(2) Cfr., sulla nozione di «attività di intermediazione del credito», Commento all’art. 4, in questo volume.
(3) Cfr. anche Commissione europea, Relazione alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi ad immobili residenziali del 31 marzo 2011 (doc. 142 def.), in http:// www.europarl.europa.eu/meetdocs/2009_2014/documents/ com/com_com(2011)0142_/com_com(2011)0142_it.pdf, spec. p. 11.
(4) Si legge nel considerando n. 31 che una gestione appropriata dei conflitti d’interesse legati alla remunerazione dei servizi potrebbe ridare fiducia ai consumatori.
(5) Ne sono un esempio le cautele finalizzate all’erogazione di un finanziamento sostenibile per il debitore, descritte da E. PELLECCHIA, «L’obbligo di verifica del merito creditizio del consumatore: spunti di riflessione per un nuovo modo di guardare alla “contrattazione con l’insolvente”», in Nuove leggi civ. comm., 2014, p. 1088 e ss., spec. p. 1100 e ss.
(6) La separazione fra il piano della prevenzione dei conflitti d’interesse e quello della loro comunicazione al cliente è evidente nella direttiva 2004/39/CE (meglio nota come direttiva Mifid), che obbliga l’impresa di investimento a comunicare ai clienti l’esistenza di conflitti solo se le regole organizzative o amministrative assunte non siano sufficienti ad evitarli (cfr. art. 18 direttiva citata, recepito nell’art. 21 Tuf).
(7) Cfr. considerando n. 35, direttiva 2014/17/UE. Le politiche retributive del personale potrebbero essere assunte dall’Autorità di vigilanza come criteri mediante i quali valutare gli assetti organizzativi del soggetto che presta il servizio. Cfr., in argomento, A. PERRONE, «I servizi di consulenza», Relazione tenuta al Convegno di Rovigo del 24 ottobre 2014, organizzato dall’Università di Ferrara (sede di Rovigo), su “La nuova disciplina europea dei contratti di credito per finanziare l’acquisto di immobili”.
(8) Cfr., sull’attività di valutazione del merito creditizio, Commento all’art. 18, in questo volume.
(9) Per una spiegazione di questa definizione v. Commento all’art. 4, in questo volume.
(10) In questo caso la forma non è relativa al contratto, bensì all’informazione. Cfr., sulla polisemia del termine forma nel diritto europeo dei contratti, S. PAGLIANTINI, «Il contratto di credito al consumo tra vecchi e nuovi formalismi», in Obbl. e contr., 2009, p. 295.
(11) Direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/ CEE, in GUUE L 133 del 22 maggio 2008, p. 66 e ss. S. PAGLIANTINI, «Statuto dell’informazione e prestito responsabile nella direttiva 2014/17/UE (sui contratti di credito ai consumatori relativi ad immobili residenziali)», in Contr. impr. Eur., 2014, p. 525 e ss., spec. p. 528 nota - con riferimento alla prescrizione che le informazioni personalizzate siano fornite su supporto durevole, contenuta nell’art. 14 della direttiva in commento - come si sia adottata la solita realità documentale a contenuto vincolato (il corsivo è dell’autore).
(12) Si consideri che a norma dell’art. 107 Tub la Banca d’Italia rilascia l’autorizzazione ad operare come intermediari finanziari solo a soggetti con sede legale in Italia.
(13) In base al considerando n. 72, gli intermediari dovrebbero poter operare in uno Stato diverso da quello di appartenenza in base ad una notifica tra le autorità competenti dei due Stati.
(14) La conseguenza dovrebbe essere, probabilmente, la nullità del contratto per violazione di norme imperative. Per esempio, l’art. 167 codice delle assicurazioni ha disposto la nullità dei contratti conclusi con imprese non autorizzate, riservando la legittimazione ad agire al contraente o all’assicurato.
(15) Cfr. la definizione dei “conflitti d’interesse rilevanti” nei servizi d’investimento, contenuta nell’art. 24 regolamento Banca d’Italia-Consob 29 ottobre 2007.
(16) Cfr. art. 4, n. 8 direttiva.
(17) Cfr. considerando n. 31.
(18) C. CASTRONOVO, La responsabilità precontrattuale, in Manuale di diritto privato europeo, a cura di C. Castronovo-S. Mazzamuto, Milano, 2007, vol. II, p. 325 e ss. (spec. p. 342).
(19) La presente direttiva è, infatti, di armonizzazione minima - a differenza della 2008/48/UE, che era di armonizzazione massima - salvo che per il Pies ed il Taeg (cfr., rispettivamente, art. 14, § 8 e art. 17).
(20) Questa prescrizione è una specificazione della regola dell’art. 22, § 1, secondo cui gli Stati membri devono garantire che, nel contesto di una determinata operazione, gli operatori del mercato comunichino al consumatore se prestano anche servizi di consulenza.
(21) Cfr. considerando n. 63 e la definizione di “servizi di consulenza” contenuta nell’art. 4 n. 21) direttiva.
(22) Cfr. A. PERRONE, op. cit., il quale evidenzia come la direttiva sui mutui immobiliari si differenzi, sotto questo aspetto, dalla Mifid, che adotta invece una nozione di consulenza molto ampia.
(23) V. Commento all’art. 39, in questo volume.
(24) A questo proposito, V. ROPPO, «L’informazione precontrattuale: spunti di diritto italiano e prospettive di diritto europeo», in Riv. dir. priv., 2004, p. 747 e ss., spec. p. 761 evidenzia come l’armonizzazione della disciplina dei rimedi rientri nella responsabilità politica del legislatore europeo.
(25) Cfr. V. ROPPO, «L’informazione precontrattuale: ...», cit., p. 761.
(26) La scelta compiuta da questa direttiva - di non regolare le conseguenze della violazione da parte degli intermediari del credito degli obblighi sui medesimi gravanti - aveva suscitato le critiche di G. DE CRISTOFARO, «La nuova disciplina comunitaria del credito al consumo: la direttiva 2008/48/CE e l’armonizzazione “completa»” delle disposizioni nazionali concernenti “taluni aspetti” dei “contratti di credito ai consumatori”», in Riv. di dir. civ., 2008, p.te II, p. 255 e ss., spec. p. 266-267, per la frammentazione delle soluzioni nazionali, che essa avrebbe comportato, a dispetto dell’obiettivo di armonizzazione completa proprio della direttiva. Queste osservazioni sono condivise da M. DE POLI, «Le regole di comportamento dei “creditori” nella direttiva 2008/48/CE in materia di credito al consumo», in Dir. banca e merc. fin., 2009, p. 33 e ss. (spec. p. 36, nota 1).
(27) Cfr. Cass., S.U., 19 dicembre 2007, n. 26724, in Corr. giur., 2008, p. 223 e ss., con nota di V. MARICONDA, «L’insegnamento delle Sezioni Unite sulla rilevanza della distinzione tra norme di comportamento e norme di validità», ivi, p. 230 e ss.; in Danno e resp., 2008, p. 525 e ss., con nota di V. ROPPO, «La nullità virtuale del contratto dopo la sentenza Rordorf», ivi, p. 536 e ss.; Cass., S.U., 19 dicembre 2007, n. 26725, in Resp. civ. e prev., 2008, p. 547 e ss., con nota di F. GRECO, «Intermediazione finanziaria: violazione di regole comportamentali e tutela secondo le Sezioni Unite», ivi, p. 556 e ss. La medesima posizione era stata assunta in precedenza da Cass., 29 settembre 2005, n. 19024, in Danno e resp., 2006, p. 25 e ss., con nota di V. ROPPO - G. AFFERNI, «Dai contratti finanziari al contratto in genere: due punti fermi della Cassazione su nullità virtuale e responsabilità precontrattuale», ivi, p. 29 e ss.
(28) Cfr. G. D’AMICO, «Regole di validità e regole di comportamento nella formazione del contratto», in Riv. di dir. civ., 2002, p.te I, p. 37 e ss., spec. p. 56-57. ID., «Nullità virtuale - Nullità di protezione (Variazioni sulla nullità)», in I contratti, 2009, p. 732 e ss., spec. p. 735 precisa che le regole di comportamento, per poter essere distinte dalle regole di validità - le quali sono pure, in quanto norme giuridiche, delle regole di condotta - vadano intese in un’accezione ristretta, come “regole di mero comportamento”, comprendenti le regole di correttezza (ossia di buona fede) e altre regole generali di condotta, quali ragionevolezza, trasparenza, onestà ecc.
(29) C. CASTRONOVO, La responsabilità precontrattuale, cit., p. 345.
(30) Cass., 29 settembre 2005, n. 19024, cit.
(31) In questo caso la funzione del risarcimento sarebbe di compensare le condizioni più sfavorevoli alle quali il contratto è stato concluso a causa del comportamento scorretto della controparte, secondo l’evoluzione della nozione di interesse negativo riferita da M. MANTOVANI, «Vizi incompleti» del contratto e rimedio risarcitorio, Torino, 1995, p. 173 e ss.
(32) Cfr., a favore della configurabilità di una responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c. anche in presenza di un contratto valido ed efficace, M. MANTOVANI, op. cit., p. 154 e ss.
(33) Cfr. R. CALVO, «Le regole generali di condotta dei creditori, intermediari e rappresentanti nella direttiva 2014/17/UE», in Corr. giur., 2015, p. 823 e ss.
(34) L’autore ha escluso, però, che possa trattarsi di un’obbligazione senza prestazione (ivi, p. 825).
(35) R. ALESSI, I doveri di informazione, in Manuale di diritto privato europeo, cit., p. 391 e ss.; V. SCALISI, L’invalidità e l’inefficacia, ivi, p. 465 e ss., spec. p. 478-479; F. RENDE, «Le regole d’informazione nel diritto europeo dei contratti», in Riv. di dir. civ., p.te II, 2012, p. 185 e ss., spec. p. 206 e ss.
(36) Cfr. L. ROSSI CARLEO, «Il diritto all’informazione: dalla conoscibilità al documento informativo», in Riv. dir. priv., 2004, p. 343 e ss., spec. p. 373. Questa prospettiva è condivisa da R. ALESSI, op. cit., p. 401.
(37) Contrari G. D’AMICO, «Nullità virtuale - Nullità di protezione (Variazioni sulla nullità)», cit., p. 735-736, il quale precisa che le regole di validità non possono essere ricavate dal giudice in sede di concretizzazione della clausola di buona fede, per ragioni di certezza del diritto; S. PAGLIANTINI, «Nullità virtuali di protezione?», in I contratti, 2009, p. 1040 e ss.; T. RUMI, «Profili privatistici del credito relativo agli immobili residenziali», in I contratti, 2015, p. 70 e ss., spec. p. 78. Favorevole A. ALBANESE, Contratto mercato responsabilità, Milano, 2008, p. 82-83, per esigenze di coerenza e razionalità del sistema, considerato che le norme imperative di protezione hanno in comune con le altre norme che rendono nullo il contratto la natura indisponibile della tutela.
(38) Com’è noto, l’art. 28 legge 16 febbraio 1913, n. 89 (c.d. legge notarile) vieta al notaio di ricevere atti “espressamente proibiti” dalla legge. Questa norma è interpretata dalla giurisprudenza nel senso che la responsabilità del notaio sussista solo se la nullità dell’atto sia espressamente stabilita dalla legge oppure possa desumersi da un’interpretazione consolidata, interpretazione che con riferimento alla violazione degli obblighi d’informazione allo stato non c’è. Cfr. Cass., 8 maggio 2015, n. 9425; Cass., 13 ottobre 2011, n. 21202, in Giur. comm., 2013, p. 678 e ss., con nota di F. TASSINARI, «La responsabilità disciplinare del notaio per atti ritenuti nulli da due consecutivi precedenti di legittimità». Nel senso che la responsabilità disciplinare del notaio sussista solo in caso di nullità assoluta, v. Cass., 1 febbraio 2001, n. 1394, in Giur. it., 2001, p. 1599 e ss. Cfr., in argomento, N. LIPARI, «Il ruolo del notaio nella nuova realtà delle nullità contrattuali», in Riv. trim. dir. proc. civ., 2002, p. 361 e ss.; S. PAGLIANTINI, «La responsabilità disciplinare del notaio tra nullità parziale, relatività della legittimazione e nullità inequivoca», in I contratti, 2011, p. 921 e ss. ; S. MONTICELLI, «Obblighi d’informazione, nullità speciali e attività del notaio», ivi, 2014, p. 1063 e ss., ad avviso del quale il notaio, qualora il rogito da stipularsi contenga una clausola affetta da nullità di protezione, deve rendere edotte le parti sulle conseguenze che la nullità della clausola avrebbe sull’assetto del contratto, offrendo loro tutti gli elementi utili all’assunzione di una decisione consapevole.
(39) S. PAGLIANTINI, «Statuto dell’informazione e prestito responsabile nella direttiva 2014/17/UE …», cit., p. 525 suggerisce l’applicazione degli artt. 1439 e 1440 c.c. nel caso di una dissonanza tra Pies e contratto di finanziamento. Si noti che il rimedio normalmente previsto nel nostro ordinamento per le situazioni di conflitto d’interessi è l’annullabilità del contratto. Ne è un esempio l’art. 1394 c.c. in tema di contratto concluso dal rappresentante in conflitto d’interessi col rappresentato. Tuttavia, il tipo di conflitto che si presenta nel caso oggetto di esame è diverso da quello regolato in quest’ultima norma. Essa tutela l’interesse del rappresentato, consentendogli di annullare il contratto concluso dal rappresentante in situazione di conflitto d’interessi, se il conflitto era conosciuto o conoscibile dal terzo. Invece, relativamente al contratto concluso dall’intermediario per conto del creditore oppure dal rappresentante designato per conto dell’intermediario, l’art. 15 direttiva in commento non vuole tutelare l’interesse del rappresentato, bensì l’interesse del consumatore, cioè del terzo. Allora la regola posta dall’art. 1394 c.c. non è adatta al caso in esame. Un conflitto di interessi fra creditore ed intermediario potrebbe sussistere, invece, nella valutazione del merito creditizio.
(40) Cfr. Cass., 14 febbraio 2008, n. 3526, in Riv. not., 2008, p. 1414 e ss., con nota di G. CASU, «L’art. 28 Legge notarile in relazione al Cdu privo dell’indicazione della destinazione storico-urbanistico attuale della particella compravenduta»; Cass., 11 novembre 1997, n. 11128, in Giust. civ., 1998, p. 380 e ss.
(41) R. ALESSI, op. cit., p. 391 e ss., spec. p. 444.
(42) Su questa definizione v. Commento all’art. 4, n. 13, in questo volume.
(43) Per tassi, prezzi e condizioni “pubblicizzati” si intendono quelli resi noti ai clienti ai sensi dell’art. 116 Tub, tramite il foglio informativo e il documento di sintesi disciplinati nelle Istruzioni della Banca d’Italia 9 febbraio 2011, sezione II, Pubblicità e informazione precontrattuale.
(44) Sulle conseguenze di questo inadempimento v. Commento all’art. 14, in questo volume.
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