Direttiva 2014/17/UE - Art. 16 - Spiegazioni adeguate - Commento di Carla Solinas
Direttiva 2014/17/UE
Art. 16 - Spiegazioni adeguate
Commento di Carla Solinas
Professore aggregato. Ricercatore confermato di Diritto civile, Università di Roma “Tor Vergata”
Art. 16
Spiegazioni adeguate
1. Gli Stati membri provvedono affinché i creditori e, se del caso, gli intermediari del credito o i rappresentanti designati forniscano al consumatore spiegazioni adeguate sui contratti di credito ed eventuali servizi accessori proposti, in modo che questi possa valutare se il contratto di credito e i servizi accessori proposti siano adatti alle sue esigenze e alla sua situazione finanziaria.
Le spiegazioni, se del caso, comprendono in particolare:
a) le informazioni precontrattuali che devono essere fornite ai sensi:
i) dell’articolo 14 nel caso dei creditori;
ii) degli articoli 14 e 15 nel caso degli intermediari del credito o dei rappresentanti designati;
b) le caratteristiche essenziali dei prodotti proposti;
c) gli effetti specifici che i prodotti proposti possono avere per il consumatore, incluse le conseguenze del mancato pagamento da parte del consumatore; e
d) quando servizi accessori sono aggregati a un contratto di credito, la precisazione se per ciascuno dei componenti del pacchetto è possibile recedere separatamente e con quali implicazioni per il consumatore.
2. Gli Stati membri possono adattare le modalità e la portata delle spiegazioni di cui al paragrafo 1 e il soggetto che le fornisce al contesto nel quale il contratto di credito è offerto, al destinatario e alla natura del credito offerto.
Le informazioni precontrattuali di cui agli artt. 13, 14 e 15 non esauriscono l’ambito degli obblighi di comportamento dei creditori, degli intermediari del credito o dei rappresentanti designati. Infatti, nonostante la particolare attenzione dedicata dalla direttiva a rendere le informazioni obbligatorie di cui agli artt. 13, 14, 15 anche comprensibili e fruibili per il consumatore al fine di consentirgli di avere piena cognizione dell’operazione economica, il legislatore europeo considera che è possibile che un consumatore abbia bisogno di ulteriore assistenza per decidere quale contratto di credito, nella gamma di prodotti proposti, sia il più adatto alle sue esigenze e alla sua situazione finanziaria(1).
Quello in esame, è un mercato caratterizzato da forti «asimmetrie valutative strutturali»(2). Da un lato, infatti, il consumatore medio si trova a dover assumere la sua decisione di acquisto scegliendo fra prodotti complessi senza possedere schemi cognitivi per poter valutare nel merito i prodotti e scegliere, con cognizione di causa, quello che a suo parere è il migliore. Dall’altro la frequenza diradata con cui un soggetto stipula una tale tipologia di contratti, nell’arco della propria vita, non gli consente di maturare una significativa ed efficiente esperienza tale da consentirgli un pieno dominio cognitivo dell’operazione che si appresta a concludere.
Con l’art. 16 la dir. 2014/17/UE, pertanto, introduce in capo a creditori e intermediari un vero e proprio «obbligo di assistenza»(3 )al consumatore in relazione alle caratteristiche essenziali dei prodotti offerti e dei servizi accessori, che arriva anche a tradursi in un dovere di spiegare ulteriormente le informazioni precontrattuali di cui agli artt. 14 e 15(4). Si tratta di un istituto peculiare nel diffuso panorama normativo europeo degli obblighi di informazione a presidio del consenso consapevole: l’obbligo per il creditore di fornire «assistenza» sui prodotti creditizi che offre al consumatore(5).
Si tratta di un obbligo che, avendo funzione residuale ed ancillare a quelli già analiticamente imposti con le disposizioni precedenti, è caratterizzato da un adattamento ancora maggiore alla situazione specifica e concreta del consumatore e alle sue specifiche esigenze di chiarimento, eventualmente di quelle stesse informazioni o spiegazioni già fornitegli con il documento standard (Pies). Questo lo scopo da attribuire all’aggettivo «adeguate», che implica, in capo al creditore o all’intermediario, uno sforzo di selezione delle informazioni e spiegazioni necessarie nonché di presentazione delle stesse in termini comprensibili a quello specifico consumatore. Si può ricondurre l’obbligo in analisi alla c.d. «informazione-consulenza» che la dottrina ha individuato con riferimento all’informazione che si connota per un contenuto non rigidamente predeterminato e di cui è possibile vagliare la conformità alla legge solo in termini funzionali, di verifica della adeguatezza allo scopo di consentire al consumatore un apprezzamento consapevole di convenienze e rischi(6).
Pertanto l’oggetto delle spiegazioni adeguate è il più ampio possibile e non delimitabile a priori. È vero che l’articolo elenca una serie di spiegazioni che il creditore o l’intermediario è chiamato a fornire adeguatamente al consumatore: spiegazioni sulle informazioni precontrattuali di cui agli artt. 14 e
15; sulle caratteristiche essenziali dei prodotti proposti; sugli effetti specifici che essi possono avere per il consumatore, incluse la conseguenze del mancato pagamento; la precisazione, quando i servizi accessori sono aggregati ad un contratto di credito, se per ciascuno dei componenti del pacchetto è possibile recedere separatamente e con quali implicazioni. Tuttavia, si deve ritenere quest’elenco come non esaustivo. Non solo perché lo stesso art. 16 si limita a stabilire che le spiegazioni «comprendono in particolare» quelle elencate (dunque non esclude altre, ulteriori, spiegazioni), ma perché la caratteristica saliente delle spiegazioni adeguate di cui all’art. 16 è che la loro individuazione-selezione e la modalità della loro fornitura non può prescindere dalla circostanza concreta, dal contesto, dalla natura del finanziamento, soprattutto dalla tipologia di consumatore che lo richiede, e della sua conoscenza ed esperienza in materia di credito(7 )e, dovrebbe ritenersi, dalle sue specifiche richieste di chiarimento.
Lo stesso par. 2 dell’art. 16 prevede che il soggetto che fornisce le spiegazioni deve adattarle al contesto nel quale il contratto di finanziamento è offerto, al destinatario e alla natura del credito.
Le spiegazioni adeguate si caratterizzano, allora, per la necessaria «flessibilità» in relazione alla circostanza concreta di finanziamento. Questo aspetto ci pare debba essere tenuto in considerazione laddove, coerentemente alla portata di armonizzazione minima della disciplina in esame, la dir.
2014/17/UE prevede che gli Stati membri possono adattare le modalità e la portata delle spiegazioni di cui al par. 1 (art. 16, par. 2, dir. 2014/17/UE). L’adozione di tali misure non dovrebbe arrivare fino ad irrigidire e standardizzare i comportamenti dei creditori e degli intermediari al punto da svuotare di qualsiasi significato quella «flessibilità» che caratterizza l’obbligo di assistenza in capo ad essi. Taluni hanno ricondotto le spiegazioni in questione alle misure di educazione finanziaria prevista dall’art. 6, dir. 2014/17/UE(8), ma è sul punto della natura del dovere e dell’eventuale esistenza di un vincolo contrattuale avente ad oggetto una prestazione volta al fornire spiegazioni che sono sorte maggiori perplessità. In altri termini si è discusso se le norme in questione individuino un vero e proprio contratto di consulenza tra consumatore e creditore o intermediario, oppure la norma si limiti a porre in capo al professionista una obbligazione senza prestazione(9 )e, pertanto, anche l’ipotesi in questione sia destinata a rientrare nell’alveo dei casi di contatto sociale.
La tesi che considera perfezionato, sin dall’istante in cui le parti «iniziano a dialogare» un «contratto di consulenza», gratuito (ex art. 8 dir. 2014/17/UE), antecedente all’eventuale concessione del prestito, argomenta sulla circostanza, inconfutabile, che «la disciplina forgiata dal documento extrastatuale mette nelle mani del consumatore una vera e propria pretesa di ottenere dal professionista le informazioni atte a garantire da un canto l’adeguatezza del mezzo al fine, dall’altro la sopportabilità del peso che deve sobbarcarsi per conseguirlo»(10). Ciò, in quanto tra consumatore e professionista esiste una relazione qualificata, e dunque non potrebbe dirsi che i doveri di protezione radicati nella direttiva obblighino il professionista sine pactis(11). Ne consegue che il contratto di consulenza è funzionalmente collegato con quello di finanziamento. La tesi è funzionale ad offrire soluzione alla serie di conseguenze patologiche che possono essere implicate dalla vicenda: l’inadempimento dell’obbligo informativo esporrà il professionista ai rimedi di diritto comune della risoluzione per inadempimento del contratto (di consulenza) e di ristoro del danno, nella misura in cui il mutuatario dimostri che la sua propensione al rischio non avrebbe portato a perfezionare il contratto o lo avrebbe portato a perfezionarlo a condizioni diverse se l’informazione del consulente fosse stata adempiuta con correttezza e diligenza ai sensi dell’art. 1176, comma 2 c.c.(12)
È vero che l’obbligo di assistenza e «di avvertimento» sono significativi di una funzione collaborativa del professionista intermediario «nel processo decisionale del consumatore»(13). Si è notato, infatti, che l’intero procedimento di circolazione delle informazioni è organizzato e diretto dal professionista nell’interesse del consumatore(14), ma il rapporto che lega il professionista che eroga e illustra (e consente a sua volta al consumatore di processare) le informazioni imposte dalla legge non può di per sé essere ricondotto al contratto di consulenza.
Vi è innanzitutto la disposizione di cui all’art. 22 dir. 2014/17/UE che stabilisce che gli Stati membri garantiscono che, nel contesto di una determinata operazione, il creditore, l’intermediario del credito o il rappresentante designato indichino «esplicitamente» al consumatore se i servizi di consulenza vengono prestati «o possono» essere prestati al consumatore. Viceversa si deve ritenere che gli obblighi di fornire informazioni (artt. 13 e 14, 15) e spiegazioni adeguate (art. 16) siano indefettibili e non dipendano dalla «conclusione di un contratto per la prestazione di servizi di consulenza» (la cui conclusione, a sua volta, deve essere preceduta da una serie di indicazioni da fornire prima della fornitura di servizi di consulenza) (art. 22, comma 1 e ss., dir. 2014/17/UE). L’obbligo di assistenza del consumatore e spiegazione dei termini dell’operazione e delle informazioni stesse che vengono fornite, nasce, invero, non dal contratto ma dalla legge come disciplina dell’attività del creditore o dell’intermediario, e dunque del contatto stesso realizzatosi tra le parti del contratto di finanziamento (art. 1173 c.c.)(15).
Nulla esclude, peraltro, che pur avendo ricevuto l’informazione e le spiegazioni dal creditore o dall’intermediario il consumatore abbia interesse ad ottenere un parere di un terzo il quale non può essere collocato sullo stesso piano del soggetto destinatario degli obblighi di cui all’articoli 13,14, 15 e 16. È il terzo invero, che, non essendo obbligato ex lege ad offrire informazioni, prestare assistenza o spiegare uno o più operazioni di credito, si vincolerà al consumatore necessariamente per mezzo di un contratto di consulenza. «Dopo aver dato le informazioni necessarie circa le sue esigenze, la sua situazione finanziaria e le sue preferenze il consumatore dovrebbe essere informato tramite il Pies … prima di essere vincolato da un contratto o da un’offerta di credito, in modo da poter confrontare e riflettere sulle caratteristiche dei prodotti di credito e da ottenere se necessario il parere di un terzo»(16). Quanto al contenuto delle spiegazioni adeguate e dunque dell’assistenza del consumatore prestata da creditori, intermediari, e loro designati, infine, occorre precisare che «la fornitura delle informazioni personalizzate non dovrebbe implicare l’obbligo di un parere»(17).
In definitiva, nell’individuazione del contenuto concreto dell’obbligo in questione e dei comportamenti che possono essere pretesi dal professionista si devono coordinare due principi: da un lato quello per cui il creditore, l’intermediario, il rappresentante designato agiscono in «maniera onesta, equa, trasparente professionale, tenendo conto dei diritti e degli interessi dei consumatori» (art. 7, dir. 2014/17/UE); dall’altro quello per cui la direttiva mira ad assicurare e a creare le condizioni per la libera scelta del consumatore. Come si evince dal considerando 29, dir. 2014/17/UE, l’obiettivo è «accrescere la capacità dei consumatori di prendere autonomamente decisioni informate e responsabili in materia di accensione di prestiti e di gestione del debito». Per questo motivo l’assistenza non dovrà, né potrà, tradursi in una sostituzione della valutazione/decisione del professionista a quella del consumatore. Ove i rischi travalicano verosimilmente la soglia del tollerabile, tenuto conto della capacità reddituale presente e futura del consumatore, il creditore o l’intermediario, allora, «deve finanche dissuaderlo dal ricorrere al prestito»(18), ma non è però prospettabile un obbligo di non contrarre (duty to deny)(19).
(1) V. considerando 48, dir. 2014/17/UE. Scrive T. RUMI, op. cit., p. 79 che la previsione di un siffatto obbligo deriva, probabilmente, dalla convinzione dell’insufficienza dell’informazione precontrattuale a consentire una decisione razionale consapevole del consumatore su quale, tra i contratti di credito proposti, sia il più adatto alle sue esigenze e alla sua situazione finanziaria. Per un inquadramento generale degli obblighi informativi si rinvia ai Commenti sub artt. 13 e 14 in questo Commentario.
(2) M. ADDIS, Le pratiche commerciali sleali e le risorse di fiducia delle imprese: aspetti positivi e questioni irrisolte, in Le pratiche commerciali sleali: direttiva comunitaria ed ordinamento italiano, a cura di E. Minervini e L. Rossi Carleo, Milano, 2007, p. 62 e ss.
(3) S. PAGLIANTINI, «Statuto dell’informazione e prestito responsabile nella direttiva 17/2014/UE (sui contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali)», in Contr. impr. Europa, 2014, p. 532.
(4) V. art. 16, par.1, comma 2 lett. a, dir. 2014/17/UE.
(5) Così T. RUMI, «Profili privatistici della nuova disciplina sul credito relativo agli immobili residenziali», in I contratti, 2015, p. 79, che rinvia, a proposito della direttiva 2008/48/CE al commento di T. FEBBRAJO, La tutela del consenso del consumatore disciplina vigente prospettive di riforma, in AA.VV., La tutela del consumatore nelle posizioni di debito credito, Napoli, 2010, p. 216.
(6) R. ALESSI, I doveri di informazione, in Manuale di diritto privato europeo, a cura di C. Castronovo e S. Mazzamuto, p. 442.
(7) V. considerando 48, dir. 2014/17/UE.
(8) T. RUMI, op. cit., p. 80.
(9) R. CALVO, «Le regole generali di condotta dei creditori, intermediari e rappresentanti nella direttiva 2014/17/ UE», in Corr. giur., 2015, p. 823 e 825.
(10) R. CALVO, op. cit., p. 825.
(11) R. CALVO, op. cit., p. 825, e p. 626 dove si argomenta che «inserendo l’attività informativa precontrattuale in un “calco negoziale” idealmente autonomo rispetto al negozio-fine (mutuo)» il legislatore europeo supera l’impasse che a partire dalle Sezioni unite del 2007 (26.725 e 26.724), tende a relegare nei «meandri della culpa in contrahendo» la violazione degli obblighi informativi.
(12) R. CALVO, op. cit., p. 826.
(13) S. PAGLIANTINI, op. cit.,p. 532, che richiama le notazioni di T. RUMI, op. cit., p. 80.
(14) Considerando 31, dir. 2014/17/UE; v. R. CALVO, op. cit., p. 824.
(15) S. PAGLIANTINI, op. cit., p. 534 parla di un «obbligo di assistenza chiarificatrice e di avvertimento» che «è un contrappunto legale avente natura bicefala: è in primis una tecnica di regolazione del mercato e, nel contempo, uno strumento responsabilizzando il professionista protezione del mutuatario».
(16) Considerando 44, dir. 2014/17/UE.
(17) Considerando 44, dir. 2014/17/UE.
(18) R. CALVO, op. cit., p. 824.
(19) S. PAGLIANTINI, op. cit., p. 537.
|
 |
|