Direttiva 2014/17/UE - Art. 17 - Calcolo Taeg - Commento di Gaetano Guzzardi
Direttiva 2014/17/UE
Art. 17 - Calcolo Taeg
Commento di Gaetano Guzzardi
Dottore di ricerca in Diritto privato, Università di Catania
Art. 17
Calcolo Taeg
1. Il Taeg è calcolato conformemente alla formula matematica che figura nell’allegato I.
2. I costi di apertura e tenuta di uno specifico conto, i costi relativi all’utilizzazione di un mezzo di pagamento che permetta di effettuare operazioni e prelievi su quel conto e gli altri costi relativi alle operazioni di pagamento sono inclusi nel costo totale del credito per il consumatore qualora sia obbligatorio aprire o mantenere un conto per ottenere il credito o per ottenerlo alle condizioni offerte.
3. Il calcolo del Taeg è fondato sull’ipotesi che il contratto di credito rimarrà valido per il periodo di tempo convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro le date convenuti nel contratto di credito.
4. Nel caso dei contratti di credito contenenti clausole che permettono di modificare il tasso debitore e, se del caso, le spese computate nel Taeg ma non quantificabili al momento del calcolo, il Taeg è calcolato muovendo dall’ipotesi che il tasso debitore e le altre spese rimarranno fissi rispetto al livello stabilito alla conclusione del contratto.
5. Per i contratti di credito per i quali è concordato un tasso debitore fisso in relazione al periodo iniziale di almeno cinque anni, al termine del quale il tasso debitore è negoziato per concordare un nuovo tasso fisso per un ulteriore periodo di riferimento, il calcolo dell’ulteriore Taeg esemplificativo comunicato nel Pies copre solo il periodo iniziale a tasso fisso ed è fondato sull’ipotesi che, al termine del periodo per il quale è stabilito il tasso debitore fisso, il capitale residuo sia rimborsato.
6. Se il contratto di credito consente variazioni del tasso debitore, gli Stati membri fanno sì che il consumatore sia informato almeno tramite il Pies delle possibili conseguenze delle variazioni sugli importi da pagare e sul Taeg. A tal fine forniscono al consumatore un ulteriore Taeg che illustra i possibili rischi legati a un aumento significativo del tasso debitore. Se il tasso debitore non è assoggettato a massimali, tale informazione è corredata di un’avvertenza che sottolinea la possibilità che il costo totale del credito al consumatore, indicato dal Taeg, subisca variazioni. Questa disposizione non si applica ai contratti di credito il cui tasso debitore è fisso per un periodo iniziale di almeno cinque anni, al termine del quale il tasso debitore è negoziato al fine di concordare un nuovo tasso fisso per un ulteriore periodo di riferimento, per il quale è previsto nel Pies un ulteriore Taeg esemplificativo.
7. Se del caso, le ulteriori ipotesi di cui all’allegato I sono utilizzate per il calcolo del Taeg.
8. Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all’articolo 40 per modificare le indicazioni o aggiornare le ipotesi utilizzate per il calcolo del Taeg di cui all’allegato I, in particolare nei casi in cui le indicazioni o ipotesi di cui al presente articolo e all’allegato I non siano sufficienti per calcolare in modo uniforme il Taeg o non siano più adeguate alla situazione commerciale esistente sul mercato.
Le ragioni di una “armonizzazione massima” delle disposizioni in tema di Taeg
In considerazione dell’assoluta rilevanza assunta dalla materia dei crediti ipotecari nell’economia dell’Unione europea e al fine di superare le barriere che ostacolano la piena realizzazione del relativo mercato interno, non appare più procrastinabile una “armonizzazione piena” delle normative degli Stati membri in ordine alle modalità di determinazione e pubblicizzazione del costo totale effettivo dei crediti erogati, così da garantire al mutuatario una scelta consapevole e una efficace comparazione delle offerte di credito transfrontaliere(1).
La direttiva 2014/17/UE, infatti, intensificando l’attività già avviata con la direttiva 2008/48/CE, persegue un processo di armonizzazione completa riguardo alla regolamentazione del mercato del credito, così da evitare che le disparità esistenti tra le normative nazionali, da un lato, costituiscano un deterrente per gli intermediari finanziari stabiliti in uno Stato ad offrire credito in altri Stati dell’Unione, dall’altro, impediscano la crescita della domanda di credito transfrontaliero in ragione delle difficoltà di comparazione dei prodotti finanziari(2).
Il più volte auspicato innalzamento delle tutele accordate al consumatore con specifico riferimento alla stipula di contratti di credito, tuttavia, non potrebbe trovare concreta attuazione ove non si riuscisse ad assicurare una assoluta e pressoché immediata comparabilità in tutta l’Unione europea delle informazioni riguardanti il Taeg (tasso annuo effettivo globale).
È per tali ragioni che la direttiva in commento, sia pure nell’ambito di un complesso di disposizioni dettate in vista di una “armonizzazione minima”, al 7° considerandum, impone proprio soltanto con riferimento alle norme relative alla determinazione e al calcolo del Taeg (in uno con quelle inerenti la formazione del Pies), una armonizzazione massima.
Difatti, l’autorizzazione agli Stati membri a «mantenere o introdurre disposizioni più stringenti per tutelare i consumatori», concessa all’art. 2, par. 1, è da intendersi assolutamente negata - alla luce di quanto disposto al successivo par. 2 - con riferimento alle disposizioni in tema di calcolo e rappresentazione del Taeg(3).
Una determinazione del Taeg da parte degli Stati membri secondo parametri differenti da quelli forniti dall’art. 17 e dall’allegato I, quantunque più favorevole al consumatore, inevitabilmente determinerebbe un vulnus alle esigenze del tutto primarie di armonizzazione e immediata comparabilità dei Taeg applicati nell’intera Unione.
Allo stesso modo, la sola previsione di un obbligo in capo all’intermediario creditizio di fornire adeguate informazioni circa il costo totale del credito per il consumatore di per sé non può ritenersi sufficiente a garantire una adeguata comparabilità delle offerte transfrontaliere di mutui ipotecari, risultando altresì necessario imporre univoche modalità di determinazione e comunicazione del Taeg nei messaggi pubblicitari e all’interno del prospetto informativo (Pies) da fornire al consumatore prima della sottoscrizione del contratto di credito, così da evitare che quest’ultimo possa essere indotto in errore nella comparazione, paradossalmente, anche a causa di un surplus informativo(4).
La controversa individuazione del contenuto del Taeg
Al fine di garantire ai consumatori del settore creditizio un quadro il più possibile coerente e per ridurre al minimo gli oneri amministrativi per gli intermediari del credito, il 20° considerandum annuncia che la direttiva in commento seguirà, nei limiti del possibile, la struttura della direttiva 2008/48/CE anche con riferimento alla «base comune da definire per il calcolo del tasso annuo effettivo globale»(5).
Non a caso, l’allegato I della direttiva 2014/17/UE, nell’individuare i criteri e le modalità di calcolo del Taeg riprende sostanzialmente quelli adottati dalla direttiva 2008/48/CE, a partire dalla formula matematica con la quale poter ricavare il valore effettivo del Taeg attraverso un’equazione di base che esprime su base annua l’equivalenza tra la somma dei valori attualizzati dei prelievi e la somma dei valori attualizzati dei rimborsi e dei pagamenti delle spese(6).
La circostanza che, nell’allegato I, insieme all’ipotesi di calcolo principale del Taeg, siano indicate molteplici e ulteriori ipotesi di calcolo, non deve essere intesa come un fattore distonico rispetto all’annunciato obiettivo di comparabilità massima dei metodi di determinazione del Taeg, non essendo consentito agli Stati membri un uso discrezionale e alternativo delle stesse, risultando ammesso - ammonisce il 51° considerandum - soltanto l’uso di quelle «necessarie e pertinenti per il credito in questione»(7).
La presenza di ulteriori ipotesi per il calcolo del Taeg, infatti, si giustifica in ragione della necessità di assicurare un calcolo coerente e una piena comparabilità anche in quelle ipotesi particolari «di contratti di credito, ad esempio quando importo, durata o costo del credito sono incerti o variano secondo le modalità di funzionamento del contratto»(8).
In linea con quanto indicato nella direttiva 2008/48/CE, l’art. 4, par. 1, n. 15 della direttiva in commento definisce il Taeg come il costo totale del credito per il consumatore espresso in percentuale annua, corrispondente (sempre su base annua) alla sommatoria di tutti gli impegni (prelievi, rimborsi e oneri) futuri o esistenti pattuiti dal creditore e dal consumatore(9).
Invero, il costo totale del credito è individuabile soltanto per il tramite di un inopportuno e complesso intreccio di rinvii normativi e, precisamente, attraverso la combinazione degli artt. 4, par. 1, n. 13 e 17, comma 2 della direttiva in commento con quanto riferito all’art. 3, lett. g, della direttiva 2008/48/CE. Per l’effetto, il costo totale del credito è rappresentato da tutti i costi che il consumatore deve sostenere in relazione al contratto di credito e di cui il creditore è a conoscenza e, quindi, esemplificativamente, da interessi, commissioni e imposte, nonché da ogni ulteriore costo relativo a quei servizi accessori connessi al contratto di credito che è necessario acquistare per ottenere il credito oppure per ottenerlo alle condizioni contrattuali offerte, oltre alle spese di valutazione dei beni se tale valutazione è necessaria per ottenere il credito.
Pertanto, nel costo totale del credito potrebbero essere ricompresi i costi di apertura e tenuta di uno specifico conto e i costi relativi all’utilizzazione di un mezzo di pagamento per effettuare operazioni e prelievi su quel conto ed ancora i costi da sostenere per un’eventuale assicurazione, qualora la sottoscrizione di tali ulteriori contratti sia espressamente richiesta per ottenere il credito o per ottenerlo alle condizioni offerte(10). Al riguardo, nonostante l’art. 21, comma 3-bis, cod. cons., consideri scorretta «la pratica commerciale di una banca, di un istituto di credito o di un intermediario finanziario che, ai fini della stipula di un contratto di mutuo, obbliga il cliente alla sottoscrizione di una polizza assicurativa erogata dalla medesima banca, istituto o intermediario ovvero all’apertura di un conto corrente presso la medesima banca, istituto o intermediario», non può tacersi che tale pratica risulti tra gli intermediari pressoché «istituzionalizzata»(11).
Invece, non concorrono a determinare il costo totale del credito per il consumatore - sempre all’esito della predetta combinazione di norme - le spese notarili, i costi di registrazione fondiaria per il trasferimento della proprietà del bene immobile e le eventuali penali pagabili dal consumatore per la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel contratto di credito(12).
Pertanto, secondo il legislatore comunitario, anche il tasso di mora dovuto in caso di tardivo adempimento non concorre al calcolo del Taeg. Sul punto, tuttavia, è opportuno segnalare il delinearsi nell’ordinamento interno di un opposto orientamento, volto a ricondurre nel computo del Taeg anche il tasso di mora, con evidenti ripercussioni in ordine alla dichiarazione di usurarietà dei tassi applicati(13).
La Banca d’Italia, intervenuta sul punto con una Comunicazione di chiarimento del 3 luglio 2013, ha ribadito che «gli interessi di mora sono esclusi dal calcolo del Teg, perché non sono dovuti dal momento dell’erogazione del credito ma solo a seguito di un eventuale inadempimento da parte del cliente» e ciò per evitare che una loro inclusione determini «un eccessivo innalzamento delle soglie, in danno della clientela»(14).
In vista del recepimento nell’ordinamento interno della direttiva in commento, però, non appare possibile trascurare il delineato nuovo orientamento, specie in considerazione del fatto che, nella citata Comunicazione, pur definendosi l’impostazione tradizionale «coerente con la disciplina comunitaria sul credito al consumo che esclude dal calcolo del Taeg (Tasso annuo effettivo globale) le somme pagate per l’inadempimento di un qualsiasi obbligo contrattuale, inclusi gli interessi di mora», davvero contraddittoriamente, si riferisce che, «in assenza di una previsione legislativa che determini una specifica soglia in presenza di interessi moratori, la Banca d’Italia adotta, nei suoi controlli sulle procedure degli intermediari, il criterio in base al quale i Teg medi pubblicati sono aumentati di 2,1 punti per poi determinare la soglia su tale importo»(15).
La Banca d’Italia, pertanto, pur non potendo che confermare, in ragione della normativa attualmente in vigore, l’esclusione del tasso di mora dal computo del Teg (e, conseguentemente, del Taeg), nell’ambito della sua attività ispettiva e di vigilanza, sembrerebbe già adeguarsi - in attesa di un (evidentemente auspicato) aggiornamento della normativa interna di rango primario - al nuovo orientamento della giurisprudenza e dell’Abf, comunque in contrasto con quello comunitario espresso anche nella direttiva in commento, ove si continua a ritenere escluso dal computo del Taeg qualsiasi costo eventuale e connesso a ipotesi patologiche del rapporto(16).
(Segue). Le modalità di rappresentazione e indicazione nei messaggi pubblicitari e nel Pies
Oltre a una chiara individuazione del costo complessivo del credito, per una piena ed efficace comparazione delle offerte creditizie transfrontaliere, occorre anche una rappresentazione analitica e veritiera di ogni singola voce componente il Taeg, con espressa indicazione anche del destinatario del pagamento e del relativo termine di adempimento(17). Al riguardo, considerato che, ai fini di una adeguata comparabilità delle offerte creditizie, notevole importanza riveste anche la corretta e univoca individuazione degli «intervalli tra le date usate nel calcolo» del Taeg, il 52° considerandum invita gli Stati membri a non esprimere tali intervallo in giorni «se possono essere espressi sotto forma di unità di anni, mesi o settimane».
Per superare (o quanto meno contenere) l’oggettiva asimmetria informativa esistente tra l’intermediario del credito e il consumatore appare ormai ineludibile concentrare gli sforzi legislativi non soltanto sulla predisposizione di (alluvionali) obblighi informativi, ma anche sulla “qualità dell’informazione” da comunicare nei messaggi pubblicitari e nei prospettivi informativi(18).
Non a caso, la direttiva 2014/17/UE dedica ampio spazio alla regolamentazione delle tecniche di rappresentazione del Taeg nell’ambito dei messaggi pubblicitari, considerato che un serio ostacolo a una trasparente indicazione del costo totale effettivo del credito deriva dal fatto che, nei messaggi pubblicitari, il Taeg non può essere indicato che tramite un esempio(19).
La percentuale annua di costo indicata, infatti, dovrebbe essere realmente rappresentativa di un’ipotesi tipo, generalmente corrispondente alla durata media e all’importo massimo erogabile nell’ambito di quel determinato prodotto finanziario, provando a tenere conto, ove possibile, anche della tipologia di contratto di credito prevalente nel mercato in cui si è inteso pubblicizzare l’offerta creditizia(20).
Gli esempi rappresentativi, infatti, non dovrebbero confliggere con i requisiti di cui alla direttiva
2005/29/CE in tema di pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori, deputata a sanzionare quei comportamenti diretti a influenzare le decisioni commerciali dei consumatori e che impediscono a questi ultimi di scegliere in modo consapevole ed efficiente(21).
Indicazioni molto più precise e dettagliate, invece, dovranno essere contenute nel Pies consegnato al consumatore prima della stipula del contratto di mutuo; esso dovrà tenere conto, ove possibile, delle preferenze e delle informazioni fornite dal consumatore, nonché precisare se le informazioni ivi indicate sono puramente esemplificative o puntualmente corrispondenti ai desiderata e alle informazioni comunicate dal cliente.
Il 51° considerandum, infatti, ammonisce che «se si ricorre a informazioni basate su stime il consumatore dovrebbe esserne messo al corrente», considerato che il Taeg indicato sarà soggetto a inevitabili modifiche, in ragione del merito creditizio del consumatore e delle particolari condizioni di restituzione e garanzia del capitale erogato specificamente convenute.
Peraltro, così come indicato nella parte B dell’allegato II, relativa alle istruzioni per una corretta compilazione del Pies, oltre al tasso debitore il creditore sarà tenuto a indicare nella voce «altre componenti del Taeg» espressamente «tutti gli altri costi contenuti nel Taeg, comprese le spese una tantum come diritti amministrativi e le spese periodiche come i diritti amministrativi annui. Il creditore elenca ciascuno dei costi per categoria (spese una tantum, spese periodiche e comprese nelle rate, spese periodiche ma non comprese nelle rate), indicando l’importo, a chi devono essere pagati e quando. L’elenco non deve includere i costi sostenuti per violazioni di obblighi contrattuali. Se l’importo non è noto, il creditore ne fornisce, se possibile, ammontare indicativo o, in caso contrario, precisa in che modo l’importo sarà calcolato e avverte che l’importo fornito è solo indicativo. Se taluni costi non sono inclusi nel Taeg perché non sono noti al creditore, questa circostanza è posta in evidenza».
L’art. 17, inoltre, si preoccupa di precisare ai commi 4, 5, e 6, anche le modalità di determinazione e rappresentazione del Taeg nelle ipotesi in cui il tasso d’interesse convenuto sia suscettibile di variazione per l’inserimento in contratto di eventuali clausole condizionali o perché convenuto ab origine quale tasso variabile.
Il comma 4 dispone che «nel caso dei contratti di credito contenenti clausole che permettono di modificare il tasso debitore e, se del caso, le spese computate nel Taeg ma non quantificabili al momento del calcolo, il Taeg è calcolato muovendo dall’ipotesi che il tasso debitore e le altre spese rimarranno fissi rispetto al livello stabilito alla conclusione del contratto».
Al successivo comma 5, invece, per l’eventualità in cui le parti raggiungano un accordo per la rinegoziazione del tasso fisso iniziale dopo comunque un termine non inferiore a cinque anni, si riferisce che «il calcolo dell’ulteriore Taeg esemplificativo comunicato nel Pies copre solo il periodo iniziale a tasso fisso ed è fondato sull’ipotesi che, al termine del periodo per il quale è stabilito il tasso debitore fisso, il capitale residuo sia rimborsato».
Per l’eventualità in cui il contratto preveda sin dall’inizio un tasso variabile, il comma 6, dell’art.
17 impone agli Stati membri di attivarsi affinché il consumatore sia informato, tramite il Pies, delle possibili conseguenze delle variazioni del costo effettivo del credito. A tal fine sono tenuti a fornire al consumatore un ulteriore Taeg che illustri i possibili rischi legati a un aumento significativo del tasso debitore, avendo cura di indicare espressamente il rischio di variazione elevata del Taeg nell’eventualità in cui non sia stato convenuto un massimale.
L’effettività delle norme in tema di Taeg al tempo di una “armonizzazione minima” delle tecniche rimediali
Per garantire piena effettività ai precetti contenuti nella direttiva in commento, il legislatore comunitario, come di consueto, ha demandato alla discrezionalità degli Stati membri l’individuazione di apposite sanzioni da applicare in caso di violazioni, limitandosi a ricordare che «le sanzioni previste dovrebbero essere efficaci, proporzionate e dissuasive»(22).
Tuttavia, in ragione dell’espressa volontà di procedere a una armonizzazione massima delle disposizioni che riguardano sia il calcolo sia la rappresentazione nei messaggi pubblicitari del Taeg, era lecito attendersi una precisa presa di posizione da parte del legislatore comunitario circa la tipologia e il grado di afflittività delle misure sanzionatorie da porre in essere a presidio dell’effettività delle stesse. In assenza di ciò e dell’eventuale adozione di nuovi rimedi in occasione del recepimento della direttiva
2014/17/UE, nell’ordinamento interno troverebbero comunque applicazione le disposizioni di cui all’art. 125-bis, comma 6 e ss., Tub, che comportano la nullità soltanto delle clausole del contratto di credito che prevedono costi a carico del consumatore non inclusi (o inclusi in modo non corretto) nel Taeg pubblicizzato e l’automatica sostituzione del Taeg indicato con quello corrispondente al tasso nominale minimo dei buoni del tesoro (o di altri titoli similari indicati dal Mef) emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto(23).
Non essendo stata raggiunta neanche l’annunciata(24 )armonizzazione massima delle disposizioni di cui alla direttiva 2005/29/CE in tema di pratiche commerciali scorrette, la carente o inidonea indicazione del Taeg nell’ambito delle attività di pubblicizzazione del prodotto creditizio da parte degli intermediari finanziari di per sé non avrà nessuna incidenza sulla validità o efficacia dell’intero contratto stipulato, determinando al più, per l’intermediario, conseguenze risarcitorie, oltre all’irrogazione di sanzioni di natura pubblicistica(25).
La tutela risarcitoria per il consumatore nelle ipotesi di pratiche commerciali scorrette da parte degli intermediari del credito, sebbene non direttamente predisposta né dalla direttiva 2005/29/CE né dalla normativa interna di recepimento, potrebbe risultare comunque ammissibile anche nel nostro ordinamento, in considerazione del fatto che la predisposizione di una delle pratiche di cui agli artt.
20 e ss. cod. cons. determinerebbe comunque un danno ingiusto per il consumatore risarcibile ex art.
2043 c.c.(26)
In ogni caso, risultando il Taeg il principale elemento di comparazione tra le diverse offerte di credito transfrontaliero, in ragione della propria capacità di esprimere con immediatezza e in valore percentuale l’incidenza su base annua del costo totale del credito per il consumatore, un significativo contributo all’innalzamento del grado di effettività delle disposizioni sul tema potrebbe derivare, non tanto dalla previsione di rimedi risarcitori o di complessi meccanismi di sostituzione o inserzione automatica di clausole, quanto, piuttosto, dalla predisposizione di appositi percorsi formativi atti a consentire ai consumatori di acquisire quella conoscenza finanziaria di base e delle norme giuridiche poste a loro tutela, che possa supportarli nella scelta dell’offerta creditizia più conveniente e adatta alle loro esigenze ed evitare che il Taeg «resti una formula dal significato sconosciuto ai più»(27).
(1) La mancata piena realizzazione del mercato interno dell’Unione dei crediti ipotecari relativi a beni immobili residenziali è stata additata da più parti come uno dei fattori scatenanti l’attuale prolungata crisi finanziaria. Sul punto v. S. TOMMASI, «Unione europea e contratti di credito relativi ad immobili residenziali», in Contratti,
2011, p. 956 e ss.; più in generale, M. GORGONI, «Sui contratti di finanziamento dei consumatori, di cui al capo II titolo VI Tub, novellato dal titolo I del D.lgs. n. 141 del
2010», in Giur. mer., 2011, p. 323 e ss.; C. AGABITINI,
«Ordine pubblico di protezione e mercato del credito. L’evoluzione del credito al consumo», in Riv. crit. dir. priv.,
2010, p. 597; ID., «Ancora in tema di ordine pubblico di protezione e mercato del credito. L’accesso al credito e il “bene casa”», ivi, 2011, p. 61 e ss.; G. FALCONE,
«Prestito “responsabile” e sovraindebitamento del consumatore», in Dir. fall. e soc. comm., 2010, p. 642; A. MIRONE, «L’evoluzione della disciplina sulla trasparenza bancaria in tempo di crisi: istruzioni di vigilanza, credito al consumo, commissioni di massimo scoperto», in Banca, borsa, tit. cred., 2010, p. 588; ID., «Le fonti private del diritto bancario: autonomia, trasparenza e concorrenza
nella (nuova) regolamentazione dei contatti bancari», ivi,
2009, p. 264; F. MACARIO, Il percorso dell’armonizzazione nel credito al consumo: conclusione di un iter ultraventennale?, in La nuova disciplina europea del credito al consumo. La direttiva 2008/48/Ce relativa ai contratti di credito dei consumatori e il diritto italiano, a cura di G. De Cristofaro, Torino, 2009, p. 29. Sulla rilevanza della materia dei crediti ipotecari nell’economia dell’UE v., più ampiamente, S. PAGLIANTINI, «Statuto dell’informazione e prestito responsabile nella direttiva 17/2014/UE (sui contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali)», in Contr. impr. Europa, 2014, p. 525 e ss., ove si rileva che, secondo una rilevazione effettuata nel settembre 2013, il valore dei prestiti ipotecari corrisponde al 52% del Pil dell’UE.
(2) Sul punto v. già G. DE CRISTOFARO, «La nuova disciplina comunitaria del credito al consumo: la direttiva 2008/48/CE e l’armonizzazione “completa” delle disposizioni nazionali concernenti “taluni aspetti” dei “contratti di credito ai consumatori”», in Riv. dir. civ., 2008, I, p. 258.
(3) Per ragioni di completezza si segnala che, l’art. 2, par. 2, nel richiedere una piena ed assoluta armonizzazione circa le norme dettate in tema di Taeg, richiama espressamente tutte le disposizioni contenute all’art. 17 e all’allegato I della direttiva in commento, ad eccezione del par. 6 dell’art. 17; tale esclusione si giustifica in considerazione del fatto che è proprio lo stesso paragrafo 6 a demandare agli Stati membri l’adozione di specifici e particolari accorgimenti limitatamente all’ipotesi in cui il contratto di credito consenta variazioni del tasso debitore, con l’obbligo però di fornire un ulteriore Taeg che illustri i possibili rischi legati a un aumento significativo del tasso debitore.
(4) Sul punto, più ampiamente, v. S. PAGLIANTINI, Il contratto di credito al consumo fra vecchi e nuovi formalismi, in La nuova disciplina europea del credito al consumo, cit., p. 86: S. TOMMASI, op. cit., p. 963; M. GORGONI, op. cit., p.
323; G. GRISI, Negoziazione telematica, informazione e recesso, in A. PALAZZO - U. RUFFOLO, La tutela del navigatore in internet, Milano, 2002, p. 79.
(5) È bene rilevare, inoltre, come la direttiva 2008/48/CE pur segnando una tappa determinante per l’instaurazione di un efficace mercato interno del credito erogato ai consumatori nell’Unione non si applica ai crediti superiori a € 75.000 e agli enti non creditizi che offrono crediti ipotecari. Sull’ambito di applicazione della direttiva
2008/48/CE v., più ampiamente, G. DE CRISTOFARO,
«La nuova disciplina comunitaria del credito al consumo
…», cit., p. 355; G. CARRIERO, «Nuova disciplina comunitaria del credito al consumo: linee d’indirizzo, questioni irrisolte, problemi applicativi», in Riv. dir. civ.,
2009, I, p. 509; T. FEBBRAJO, «La nuova disciplina dei contratti di credito “al consumo” nella dir. 2008/48/CE», in Giur. it., 2010, p. 1 e ss.; A. MIRONE, «L’evoluzione della disciplina sulla trasparenza bancaria in tempo di crisi…», cit., p. 588; M. GORGONI, op. cit., p. 323.
(6) Va segnalato, come i criteri di determinazione del Taeg individuati nell’allegato I alla direttiva 2008/48/CE, in virtù di una sopravvenuta scarsa adeguatezza alle nuove condizioni del mercato comune, sono stati modificati e integrati ad opera della direttiva 2011/90/UE del 14 novembre 2011, specialmente con riferimento ai criteri dettati per i crediti senza durata fissa o rimborsabili per intero ripetutamente. Nell’ordinamento interno, in considerazione della previsione di cui all’art. 121, comma 3, D.lgs. 385/93, l’attuazione della direttiva da ultimo citata è intervenuta ad opera della Banca d’Italia con il provvedimento “Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari. Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti” del 28 marzo 2013, consultabile all’indirizzo www. bancaditalia.it .
Per un’approfondita analisi delle formule matematiche contenute nell’allegato I, sostanzialmente invariate rispetto a quelle indicate negli allegati tecnici delle precedenti direttive, v. G. COLANGELO, «Trasparenza (e non) nella nuova direttiva sul credito al consumo alla vigilia del recepimento», in Danno e resp., 2010, p. 438 e ss., il quale manifesta tutte le proprie perplessità circa la piena compatibilità delle formule matematiche contenute nell’allegato tecnico rispetto ai precetti normativi indicati nel corpo della direttiva 2008/48/CE. Secondo l’A., infatti, «non può ammettersi che una formula contenuta in un allegato tecnico neghi i diritti sanciti dalla norma che esso ha la funzione di concretare nella pratica corrente». Le medesime perplessità, almeno con riferimento alle disposizioni in tema di calcolo della commissione di massimo scoperto, vengono manifestate anche da A. MIRONE, «L’evoluzione della disciplina sulla trasparenza bancaria in tempo di crisi …», cit., p. 582, nt. 52.
(7) Il “se del caso” di cui all’art. 17, par. 7, infatti, sembrerebbe tradurre proprio la volontà, invero meglio espressa al citato 51° considerandum, di ammettere l’uso di ipotesi di calcolo diverse da quella principale soltanto se ciò risulta estremamente necessario in ragione delle peculiarità del singolo caso.
(8) Cfr. 51° considerandum.
Va rilevato, in ogni caso, che è riservato alla Commissione, ai sensi dell’art. 17, par. 8, un espresso potere di modifica e aggiornamento delle ipotesi di calcolo del Taeg di cui all’allegato I, ove non dovessero risultare più sufficienti per calcolare in modo uniforme il Taeg o non più adeguate alla situazione commerciale esistente sul mercato.
(9) La definizione contenuta nella direttiva 2008/48/CE, a sua volta, riprendeva quella già contenuta nella prima direttiva in tema di credito al consumo (direttiva 87/102/ CEE), successivamente integrata dalla direttiva 90/88/ CEE. Sulla definizione di “Taeg” nell’ambito della direttiva
2008/48/CE v., più ampiamente, M. MAUGERI - S. PAGLIANTINI, Il credito ai consumatori, Milano, 2013, p.
18 e ss.
(10) Cfr. sul punto l’art. 17, par. 2, nonché il 50° considerandum della direttiva in commento, secondo il quale «Il costo totale del credito per il consumatore dovrebbe comprendere tutti i costi legati al contratto di credito che il consumatore deve pagare e che sono noti al creditore. Dovrebbe pertanto includere interessi, commissioni, imposte, compensi per gli intermediari del credito, costi della valutazione dei beni immobili a fini ipotecari e tutte le altre spese, escluse le spese notarili, richieste per ottenere il credito, per esempio un’assicurazione sulla vita, oppure per ottenerlo alle condizioni contrattuali previste, per esempio un’assicurazione contro gli incendi. Le disposizioni della presente direttiva in materia di prodotti e servizi accessori (ad esempio le disposizioni riguardanti i costi di apertura e tenuta di un conto bancario) dovrebbero far salve la direttiva 2005/29/CE e la direttiva 93/13/ CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori. Il costo totale del credito per il consumatore dovrebbe escludere i costi che il consumatore sostiene in relazione all’acquisto dell’immobile o del terreno, ad esempio le tasse associate e le spese notarili o i costi di registrazione catastale. È opportuno stabilire in modo oggettivo in quale misura il creditore è a conoscenza dei costi, tenendo conto degli obblighi di diligenza professionale. A tale proposito dovrebbe presumersi che il creditore sia a conoscenza dei costi dei servizi accessori offerti al consumatore in proprio o per conto di terzi, a meno che il prezzo non dipenda dalle caratteristiche specifiche o dalla situazione del consumatore».
Sul “costo totale del credito” nell’ambito della direttiva
2008/48/CE v. M. MAUGERI - S. PAGLIANTINI, op. cit., p. 14 e ss.
(11) D. PIRILLI, «Le polizze assicurative connesse ai mutui tra tutela del cliente ed equilibrio di mercato», in Contratti,
2013, p. 943, secondo cui la pratica di far sottoscrivere un apposito contratto assicurativo è talmente frequente e assume un peso così determinante nella operazioni creditizie in favore dei consumatori da sostituire, in alcuni casi, le tradizionali forme di garanzia reale o personale. Sull’utilizzazione dell’assicurazione in funzione di garanzia del credito v., più ampiamente, D. CERINI, Assicurazione e garanzia del credito. Prospettive di comparazione, Milano, 2003, p. 121 e ss.; O. CALEO, «Polizze assicurative connesse ai mutui a garanzia del credito», in Obbl. e contr., 2012, p. 767 se s.; ID., «Polizze assicurative connesse ai mutui tra regolazione e mercato», ivi, 2012, p. 906 e ss.; I. RIVA, «Polizze connesse a mutui tra regolazione Isvap e “legislazione Monti”», in Assicurazioni, 2012, I, p. 277 e ss.
(12) Sul punto v. anche A. COSTA, «La nuova disciplina del credito ai consumatori», in Contr. impr. Europa, 2011, p. 280 e ss., sia pure nell’ambito di un’analisi condotta in occasione del recepimento della direttiva 2008/48/CE.
(13) Cass., 9 gennaio 2013, n. 350, in Danno e resp., 2014, p.
193 e ss., con nota di G. COLANGELO, «Legalizzazione dell’usura?»; secondo la quale «ai fini della determinazione del tasso usurario, il raffronto col tasso soglia va fatto riguardo agli interessi promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo (anche di interessi moratori)»; precedentemente, Cass., 4 aprile 2003, n. 5324, in Arch. civ., 2004, p. 263.
Una prima applicazione dei principi espressi dal superiore orientamento di legittimità la si riscontra in Giud. pace Domodossola, 2 maggio 2014, n. 88, in Contratti, 2014, 794, secondo il quale «il tasso sugli interessi di mora rientra nel computo del Taeg dovendo sommarsi ad esso per valutare se l’interesse calcolato corrisponda o meno a quello previsto dalla legge e conseguentemente l’interpretazione della clausola sugli interessi contenuta in un contratto di mutuo ipotecario deve tenere conto dell’interesse di mora sommato al Taeg al fine della valutazione concernente il superamento del tasso-soglia di cui all’art. 2 della L. n.
108/1996».
Tutto ciò in linea con le recenti decisioni di Cass., 11 gennaio 2013, nn. 602 e 603, in Banca, borsa, tit. cred., 2013, II, p. 487 e ss., con note di A. QUARANTA, «Usura sopravvenuta e principio di proporzionalità» e A.A. DOLMETTA, «Su usura e interessi di mora: questioni attuali», che, per la prima volta dopo l’intervento di interpretazione autentica della L. 108/96 (D.l. 394/00, convertito in L. 24/11), hanno riaffermato la rilevanza del tasso soglia anche con riferimento ai rapporti non ancora esauriti e stipulati prima dell’entrata in vigore della citata legge antiusura. Sul punto v. anche l’orientamento ondivago dell’Abf (consultabile all’indirizzo www. arbitrobancariofinanziario.it), il quale sembrerebbe, da un lato (Abf, Collegio di Napoli, 3 aprile 2013, n.
1796; Abf, Collegio di Roma, 29 febbraio 2012, n. 620), riaffermare la rilevanza della c.d. “usura sopravvenuta”, con conseguente riconduzione al tasso soglia degli interessi divenuti, nel corso del rapporto, usurari anche a causa dell’applicazione di interessi moratori, dall’altro (Abf, Collegio di Napoli, 13 gennaio 2014, n. 125), respingere la riconducibilità del tasso di mora entro il tasso soglia, affermando che “non si può porre in relazione la misura degli interessi moratori con il c.d. tasso soglia. Ciò per il semplice motivo che l’interesse moratorio non concorre in alcun modo nella rilevazione periodica e, quindi, alla formazione del c.d. tasso soglia. Ne consegue che non sono raffrontabili due elementi disomogenei”.
Per un’analisi in ambito dottrinale del superiore dibattito v., anche per gli ampi riferimenti bibliografici, G. FAUCEGLIA, Del mutuo, in Dei singoli contratti, a cura di D. Valentino, in Comm. cod. civ., diretto da E. Gabrielli, Torino, 2011, p. 200 e ss.; M. TATARANO, Il mutuo bancario tra sistema e prassi, Napoli, 2012, p. 78 e ss.; L. NIVARRA, Il mutuo civile e l’usura, in I contratti per l’impresa, a cura di G. Gitti, M. Maugeri e M. Notari, Bologna,
2012, II, p. 29 e ss.
(14) La comunicazione “Chiarimenti in materia di applicazione della legge antiusura” del 3 luglio 2013 è consultabile sul sito www.bancaditalia.it.
(15) La Banca d’Italia ha precisato, inoltre, che tale prassi ispettiva, evidentemente non in linea con il tenore della normativa in vigore, si giustifica in ragione del fatto che “in ogni caso, anche gli interessi di mora sono soggetti alla normativa anti-usura. Per evitare il confronto tra tassi disomogenei (Teg applicato al singolo cliente, comprensivo della mora effettivamente pagata, e tasso soglia che esclude la mora)” i controlli di legge relativamente ai Teg medi pubblicati verranno effettuati applicandovi la maggiorazione del 2,1% riportata dai decreti trimestrali del Ministero dell’economia e delle finanze di cui all’art.
2, comma 1, L. 108/96, quale esito di un’indagine sulle maggiorazioni medie stabilite contrattualmente per i casi di ritardato pagamento. Sul punto v. anche le perplessità manifestate da A.A. DOLMETTA, op. cit., p. 505 e ss., secondo il quale, «semplificando al massimo: dal contesto della Comunicazione non si riesce oggettivamente a comprendere se - nel pensiero della Vigilanza - gli interessi di mora rientrino nel calcolo dei tassi usurari allorché la fattispecie concreta presenti effettivamente un inadempimento del debitore oppure non vi rientrino mai; e allora rilevino fuori dal complesso degli altri oneri economici caricati sul cliente: soli e a parte di tutto il resto, insomma».
(16) Infatti, all’art. 17, par. 3, in linea con quanto già disposto all’art. 19, par. 2, direttiva 2008/48/CE, il legislatore comunitario ha ribadito che il calcolo del Taeg è fondato «sull’ipotesi che il contratto di credito rimarrà valido per il periodo di tempo convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro le date contenuti nel contratto di credito».
(17) S. PAGLIANTINI, «Statuto dell’informazione e prestito responsabile nella direttiva 17/2014/UE (sui contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali)», cit., p. 532.
Sul punto v. anche l’orientamento dell’Agcm, le cui decisioni sono tutte consultabili all’indirizzo www.agcm.it; ex multis, Agcm, 14 dicembre 2011, n. 23108, la quale ha ritenuto scorretta la pratica commerciale posta in essere da un professionista che, nell’ambito di un messaggio pubblicitario lanciato alla clientela, forniva «dettagli circa le caratteristiche di alcuni possibili finanziamenti, senza tuttavia indicare gli elementi essenziali dai quali ricavare le corrispondenti componenti di costo. Infatti, il Taeg (o Isc), indicatore che consente al consumatore di valutare e calcolare l’onerosità complessiva del finanziamento, non viene indicato in alcun modo. L’assenza di puntuali indicazioni circa il Taeg non consente al consumatore di effettuare un’adeguata valutazione della effettiva convenienza dell’offerta, poiché lo priva della possibilità di avere contezza del costo complessivo dell’operazione, ovvero del costo inclusivo degli interessi e di tutti gli oneri da sostenere per la fruizione del credito»; Agcm,
26 gennaio 2011, n. 22059; Agcm, 13 ottobre 2010, n. 21711; Agcm, 18 marzo 2010, n. 20916; Agcm,
29 luglio 2009, n. 20157, la quale, altresì, ha ritenuto scorretta la pratica commerciale volta ad indicare il Taeg con l’espressione «Taeg min. 6%, max entro i limiti di legge, che per la sua assoluta genericità non consente al consumatore un effettivo e corretto calcolo circa i costi
complessivi»; Agcm, 23 aprile 2009, n. 19788, con cui è stata ritenuta scorretta anche la pratica commerciale di un intermediario che pubblicizzava il proprio prodotto creditizio con la specifica «Taeg min. 10 % max 20 %», poichè «il “range” individuato nel messaggio appare troppo generico e non consente al consumatore un effettivo e valido calcolo circa i costi complessivi».
(18) Sul punto, più ampiamente, v. M. GORGONI, op. cit., p. 335; A. MIRONE, «L’evoluzione della disciplina sulla trasparenza bancaria in tempo di crisi…», cit., p.
570; A. COSTA, «La nuova disciplina del credito ai consumatori», cit., p. 281 e ss.
(19) In ordine alle misure già poste in essere al riguardo nel nostro ordinamento v. le disposizioni emanate dalla Banca d’Italia in data 29 settembre 2009 (consultabili sul sito www.bancaditalia.it) in tema di “Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari. Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti”, ove, in particolar modo, alla sezione VII (credito ai consumatori), par. 4.1 (pubblicità) si riferisce che le informazioni previste come obbligatorie all’interno di un messaggio pubblicitario devono essere riportate «in forma chiara, concisa e graficamente evidenziata, avvalendosi di un esempio rappresentativo. Nel testo o nella presentazione degli annunci pubblicitari nessuna voce, tra quelle precedentemente elencate, può avere maggiore evidenza del Taeg». Sul punto v., più ampiamente, A. COSTA,
«La nuova disciplina del credito ai consumatori», cit., p.
281 e ss.
(20) Cfr. 53° considerandum.
(21) Cfr. il 7° e il 14° considerandum della direttiva 2005/29/ CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 maggio 2005, che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/ CE del Parlamento europeo e del Consiglio, nonché il regolamento 2006/2004/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.
Sul tema delle pratiche commerciali scorrette v., senza pretesa di completezza, A. NOBILE, «Le tutele civilistiche avverso le pratiche commerciali scorrette», in Cont. impr. Europa, 2014, p. 180 e ss.; E. LABELLA,
«Pratiche commerciali scorrette e rimedi civilistici», in Contr. impr., 2013, p. 688 e ss.; E. BILOTTA - N. DELLA BIANCA, «Pratiche commerciali scorrette nel settore finanziario e assicurativo e tutela individuale», in Riv. dir. comm., 2012, p. 135 e ss.; P. MARANO, Le pratiche commerciali scorrette nel mercato assicurativo: pubblicità, offerta ed esecuzione dei contratti dei rami danni, in La tutela del consumatore contro le pratiche commerciali scorrette nei mercati del credito e delle assicurazioni, a cura di V. Meli e P. Marano, Torino, 2011, p. 63 e ss.; V. MELI, «L’applicazione della disciplina delle pratiche commerciali scorrette nel “macrosettore credito e assicurazioni”», in Banca, borsa, tit. cred., 2011, I, p. 334 e ss.; P. SPADA, «Dalla concorrenza sleale alle pratiche commerciali scorrette nella prospettiva rimediale», in Dir. ind., 2011, p. 45; A. GENOVESE, «Il contrasto delle pratiche commerciali
scorrette nel settore bancario», in Giur. comm., 2011, p.
200 e ss.; ID., «La normativa sulle pratiche commerciali scorrette», ivi, 2008, p. 762 e ss.; C. CAMARDI,
«Pratiche commerciali scorrette e invalidità», in Obbl. contr., 2010, p. 408 e ss.; M. MAUGERI, «Violazione della disciplina sulle pratiche commerciali scorrette e rimedi contrattuali», in Nuova giur. civ. comm., 2009, p. 477 e ss.; ID., Pratiche commerciali scorrette e disciplina generale dei contratti, in I decreti legislativi sulle pratiche commerciali scorrette: attuazione e impatto sistematico della direttiva 2005/29/CE, a cura di A. Genovese, Padova, 2008, 266 ss.; AA.VV., Pratiche commerciali scorrette e codice del consumo, a cura di G. De Cristofaro, Torino, 2008, passim; ID., «La difficile attuazione della direttiva 2005/29/CE concernente le pratiche commerciali sleali nei rapporti fra imprese e consumatori: proposte e prospettive», in Contr. impr. Europa, 2007, p. 30; M. LIBERTINI, Clausola generale e disposizioni particolari nella disciplina delle pratiche commerciali scorrette, in I decreti legislativi sulle pratiche commerciali scorrette, cit., p. 28 e ss.; M. NUZZO, Pratiche commerciali sleali ed effetti sul contratto: nullità di protezione o annullabilità per vizi del consenso?, in Le pratiche commerciali sleali, direttiva comunitaria ed ordinamento italiano, a cura di E. Minervini e L. Rossi Carleo, Milano, 2007, p. 235 e ss.; A. COSTA, Pratiche commerciali sleali e rimedi: i vizi della volontà, ivi, p. 245 e ss.; L. DI NELLA, «Prime considerazioni sulla disciplina delle pratiche commerciali aggressive», in Contr. impr. Europa, 2007, p. 39 e ss.
(22) Cfr. 76° considerandum.
(23) Sul punto v. G. DE CRISTOFARO, «La nuova disciplina dei contratti di credito ai consumatori e la riforma del t.u. bancario», in Contratti, 2010, p. 1051 e ss.; A. ANTONUCCI, sub art. 125-bis, in Commentario al Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia. III, diretto da F. Capriglione, Padova, 2012, III ed., p. 1882 e ss.;
S. PAGLIANTINI, «Nullità di protezione, integrazione dispositiva e massimo effetto utile per il consumatore: variazioni sul tema dell’asimmetria contrattuale», in Nuove leggi civ. comm., 2012, p. 771 e ss.; più in generale, sul tema della nullità quale rimedio a tutela dei consumatori v. ID.,
«Nullità virtuale di protezione? », in Contratti, 2009, 11, p.
1041 e ss.; G. D’AMICO, «Diritto europeo dei contratti (del consumatore) e nullità virtuale (di protezione)», ivi,
2012, p. 977 e ss.: M. MAUGERI - S. PAGLIANTINI, Il credito ai consumatori, cit., p. 57.
Per un’applicazione dell’art. 125-bis v. Abf, Collegio di Napoli, 18 maggio 2011, n. 1043 e, incidenter, Abf, Collegio di Roma, 16 giugno 2011, n. 1251, consultabili all’indirizzo www.arbitrobancariofinanziario.it.
(24) L’obiettivo di una armonizzazione massima della normativa degli Stati membri dell’UE sul tema delle pratiche commerciali scorrette dichiarato dalla direttiva 2005/29/CE non può certo dichiararsi raggiunto, considerato che, avendo demandato integralmente ai legislatori nazionali l’individuazione dei rimedi idonei a garantire piena effettività ai precetti contenuti nella direttiva, la direttiva registra una operatività a diverse velocità negli Stati membri, proprio in considerazione del differente grado di incisività delle misure sanzionatorie predisposte. Sul punto v., più ampiamente, E. LABELLA, op. cit., p. 701 e ss.
(25) L’art. 19, comma 2, lett. a, cod. cons., modificato in attuazione della direttiva 2005/29/CE, infatti, stabilisce che le previsioni di cui al titolo III (rubricato “pratiche commerciali pubblicità e altre comunicazioni commerciali”) non pregiudicano «l’applicazione delle disposizioni normative in materia contrattuale, in particolare delle norme sulla formazione, validità ed efficacia del contratto». Per un’analisi delle differenti soluzioni adottabili v. G. DE CRISTOFARO, «Violazione del divieto di pratiche commerciali scorrette e diritto privato», in Bancaria, 2011,
12, p. 66, nonché, per una panoramica sulle soluzioni adottate negli altri Stati membri v. E. LABELLA, op. cit., p. 712 e ss.; G. DE CRISTOFARO, «Le conseguenze privatistiche della violazione del divieto di pratiche
commerciali sleali: analisi comparata delle soluzioni accolte nei diritti nazionali dai Paesi Ue», in Rass. dir. civ., 2010, p. 904 e ss.; M. MAUGERI, Pratiche commerciali scorrette e disciplina generale dei contratti, cit., p. 266 e ss.; A. GIANOLA, voce Pratiche commerciali sleali, in Dig. disc. priv., sez. civ., Agg., 2009, p. 390 e ss.
Sulle sanzioni di carattere amministrativo v. A. MANCINI
- S. PERUGINI, Tutela amministrativa e giurisdizionale, in Le modifiche al codice del consumo, a cura di E. Minervini - L. Rossi Carleo, Torino, 2009, p. 275 e ss.; E. FRENI,
«Pratiche commerciali scorrette e pubblicità ingannevole: il ruolo dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato», in Giorn. dir. amm., 2008, p. 271 e ss.; P. FATTORI, «Il sindacato giurisdizionale in materia di pratiche commerciali scorrette», in Riv. banc., 2012, p. 99.
(26) Di tale avviso anche G. DE CRISTOFARO, «Violazione del divieto di pratiche commerciali scorrette e diritto privato», cit., p. 71; A. MIRONE, «Pubblicità e invalidità del contratto: la tutela individuale contro le pratiche commerciali sleali», in Aida, 2008, p. 332 e ss.; A. CIATTI, Gli strumenti di tutela individuale e collettiva, in Pratiche commerciali scorrette e codice del consumo, cit., p. 424; per una diversa opinione v. S. PAGLIANTINI, Forma e formalismo nel diritto europeo dei contratti, Pisa, 2009, p. 176 e ss.
La diffusione di messaggi pubblicitari ingannevoli determina un danno ingiusto anche secondo Cass., S.U.,
15 gennaio 2009, n. 794, in Corr. giur., 2009, p. 770 e ss., con nota di V. D’ANTONIO, «Sigarette “light”, pubblicità ingannevole e danni al consumatore: i due principi fissati dalle sezioni unite»; in Danno e resp., 2009, p. 853 e ss., con nota di R. DE STEFANIS, «Sigarette “light”, pubblicità ingannevole e risarcimento del danno non patrimoniale»; Cass., 30 aprile 2009, n. 10120, in Mass. Foro it., 2009, c.
576.
(27) A. COSTA, «La nuova disciplina del credito ai consumatori», cit., p. 282, nt. 49.
Sull’importanza di un innalzamento del livello di conoscenza di base tra i consumatori delle normative
che regolano il mercato del credito v., più ampiamente, L. ROSSI CARLEO, Commento all’art. 4, in Comm. al codice del consumo, a cura di G. Alpa e L. Rossi Carleo, Napoli,
2005, p. 125.
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