Direttiva 2014/17/UE - Art. 25 - Estinzione anticipata - Commento di Giulia Donadio
Direttiva 2014/17/UE
Art. 25 - Estinzione anticipata
Commento di Giulia Donadio
Assegnista di ricerca in Diritto privato, Università di Pisa

Art. 25
Estinzione anticipata

1. Gli Stati membri assicurano che il consumatore abbia il diritto di adempiere in tutto o in parte agli obblighi che gli derivano da un contratto di credito prima della scadenza di tale contratto. In tal caso, il consumatore ha diritto ad una riduzione del costo totale del credito al consumatore, che riguarda gli interessi e i costi dovuti per la restante durata del contratto.
2. Gli Stati membri possono provvedere affinché l’esercizio del diritto di cui al paragrafo 1 sia soggetto a determinate condizioni. Tra queste condizioni possono figurare restrizioni temporali sull’esercizio del diritto, un trattamento diverso a seconda del tipo di tasso debitore o del momento in cui il consumatore esercita il diritto, o restrizioni relative alle condizioni alle quali il diritto può essere esercitato.
3. Gli Stati membri possono prevedere che il creditore abbia diritto, laddove giustificato, ad un indennizzo equo e obiettivo per gli eventuali costi direttamente connessi al rimborso anticipato, ma non impongono una sanzione penale al consumatore. A tale riguardo, l’indennizzo non è superiore alla perdita economica sofferta dal creditore. Nel rispetto di tali condizioni, gli Stati membri possono prevedere che l’indennizzo non possa superare un determinato livello o sia consentito soltanto per un certo periodo.
4. Se un consumatore intende adempiere agli obblighi che gli derivano da un contratto di credito prima della scadenza di tale contratto, il creditore fornisce al consumatore, senza indugio dopo la ricezione della richiesta, su supporto cartaceo o su altro supporto durevole, le informazioni necessarie per prendere in considerazione tale opzione. Le informazioni quantificano almeno le implicazioni per il consumatore in caso di adempimento dei suoi obblighi prima della scadenza del contratto di credito e indicano chiaramente le ipotesi utilizzate. Le ipotesi utilizzate sono ragionevoli e giustificabili.
5. Se il rimborso anticipato cade in un periodo per il quale il tasso debitore è fisso, gli Stati membri possono prevedere che l’esercizio del diritto di cui al paragrafo 1 sia subordinato all’esistenza di un interesse legittimo del consumatore.


Premessa

Il capo 10 della direttiva, dedicato all’esecuzione dei contratti di mutuo, si apre collocando in posizione enfatica la previsione sull’estinzione anticipata del finanziamento.
Si tratta di un profilo che riveste una certa centralità nello svolgimento del rapporto e rispetto al quale l’impatto della direttiva sulla legislazione nazionale deve essere attentamente vagliato, nel complessivo disegno di un’armonizzazione volta ad ampliare la tutela del consumatore - mutuatario.

Il diritto all’estinzione anticipata: la funzione ed i precedenti nell’esperienza interna

È sancito, in primo luogo (art. 25 par. 1), il diritto del consumatore «di adempiere in tutto o in parte agli obblighi che gli derivano da un contratto di credito prima della scadenza di tale contratto». L’esercizio di tale diritto, inoltre, è agevolato dall’espressa previsione dell’obbligo dell’istituto di credito di predisporre e fornire al consumatore le informazioni e la documentazione all’uopo necessarie (art. 25 par. 4).
Si tratta, invero, di una previsione non nuova all’interprete italiano, dal momento che essa ricalca sia la facoltà del debitore, regolata in tema di mutuo fondiario (art. 40 D.lgs. n. 385 del 1993 - Tub), «di estinguere anticipatamente, in tutto o in parte, il proprio debito», sia il diritto del consumatore di effettuare un “rimborso anticipato” del finanziamento, nel rispetto delle norme sul credito al consumo (art. 125-sexies del Tub).
Una simile possibilità è, inoltre, nella prassi, oggetto di espressa pattuizione anche nei contratti di mutuo cd. “ordinario”, cioè diversi dai finanziamenti a medio o lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado sull’immobile di cui agli artt. 38 e ss. Tub.
L’estinzione anticipata prevista dalla direttiva rinviene, dunque, la propria fonte, nell’esperienza interna, ora nella legge, ora nell’autonomia privata.
Avvalendosi di un diritto riconosciutogli dalla legge o dal contratto, il debitore può, prima della scadenza del termine stabilito per la restituzione, corrispondere al creditore quanto dovuto per sorte capitale e per interessi già maturati, sciogliendo il vincolo negoziale e così inibendo la produzione di ulteriori interessi.
Evidente è il vantaggio che al mutuatario deriva dall’esercizio di tale facoltà, che consente una sostanziale riduzione del costo del credito, anche in vista di un’eventuale surrogazione ex art. 120-quater Tub (sul legame tra estinzione anticipata e cd. “portabilità”(1) dei mutui, si veda infra).
Al contempo, può osservarsi come lo scioglimento anticipato del rapporto comporti, per il creditore, un pregiudizio connesso alla perdita del diritto alla maturazione di ulteriori interessi, sulla cui aspettativa si fondano numerose valutazioni in merito alla convenienza dell’erogazione del finanziamento nell’ambito dell’attività bancaria.
Proprio il sacrificio del creditore si pone a fondamento della pratica, in parte arginata fin dal cd. “Decreto Bersani-bis” del 2007, di prevedere un compenso per i casi di cessazione anticipata del rapporto: la “penale” da estinzione anticipata, sulla quale interviene anche la direttiva europea e su cui ci si soffermerà più avanti.
Dapprima, però, anche ai fini dell’inquadramento civilistico di tale “penale”, è opportuno effettuare un’analisi strutturale della facoltà di estinzione anticipata all’interno del sistema delle obbligazioni e dei contratti.
Occorre, infatti, procedere ad una qualificazione della stessa, essenziale nell’ottica del recepimento della direttiva 2014/17/UE, nell’auspicio dell’abbandono dell’imprecisione terminologica che pare caratterizzare il contesto in esame.

Inquadramento civilistico della facoltà di estinzione anticipata: verso un recesso legale di protezione?

La previsione di matrice europea, traducendo l’inglese “early repayment”, si esprime in termini di “adempimento anticipato”. Bisogna, allora, domandarsi se sia davvero tale il senso dell’estinzione anticipata del mutuo, ossia se questa ad altro non dia luogo che ad una solutio ante diem.
Orbene, nel vigore dell’art. 40 Tub, importantissimo precedente normativo interno rispetto alla previsione della direttiva, si sono confrontate svariate tesi sull’inquadramento civilistico della fattispecie “estinzione anticipata”, ossia del diritto del debitore di restituire quanto dovuto per sorte capitale e interessi maturati e liberarsi, così, dal vincolo negoziale.
Secondo una ricostruzione, l’estinzione anticipata non potrebbe confondersi con l’adempimento, giacché esso, per essere esatto, ancorché attuato prima della scadenza del termine, dovrebbe avere ad oggetto la restituzione del capitale e di tutti gli interessi originariamente pattuiti(2). Attraverso il meccanismo in esame, invece, il debitore restituisce, oltre al capitale, i soli interessi già maturati, così “riducendo” l’importo della prestazione inizialmente dovuta a fronte di un’abbreviazione del termine di restituzione.
Ci si collocherebbe, dunque, nell’ambito di un’obbligazione con facoltà alternativa(3), laddove l’unum in obligatione è la restituzione di capitale e interessi dovuti sino alla scadenza del termine, mentre duo sunt in solutione: da un lato, l’esatto adempimento alla naturale scadenza e, dall’altro, il pagamento del debito da capitale residuo e degli interessi maturati fino al momento dell’esercizio della facoltà. L’obbligazione con facoltà alternativa sorgerebbe ex lege, nel caso della previsione di cui all’art. 40 Tub, oppure potrebbe essere oggetto di un’apposita clausola negoziale di un mutuo ordinario. Una simile clausola potrebbe atteggiarsi, oltre che come fonte di un’obbligazione con facoltà alternativa, come una sorta di pattuizione preliminare di datio in solutum o pactum de in solutum dando, con cui il debitore e la banca si accordano nel senso che quest’ultima accetti, su proposta del debitore e durante l’esecuzione del rapporto, la diversa prestazione (il pagamento del capitale e degli interessi già maturati) in luogo dell’adempimento esatto, ex art. 1197 c.c.(4). Ancora, ove si intendesse attribuire al debitore il diritto potestativo di adempiere effettuando la prestazione diversa da quella originariamente convenuta, la clausola conterrebbe un’opzione di datio in solutum, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1331 c.c. e 1197 c.c.
Queste ricostruzioni si affermano a fronte della difficoltà di ricondurre l’estinzione precedente alla scadenza ad un adempimento anticipato puro, quale evocato anche dalla direttiva in commento. L’ostacolo maggiore, invero, che si rinviene rispetto al riconoscimento di un diritto del debitore di adempiere ante diem è quello secondo cui questi non potrebbe, con un’iniziativa unilaterale, modificare un termine che è pattuito, ex art. 1816 c.c. ed in assenza di deroga espressa, nell’interesse di entrambi i contraenti(5).
La facoltà di estinzione anticipata dovrebbe derivare, allora, da un accordo bilaterale modificativo, ex art. 1321 c.c., del titolo dal quale l’obbligazione nasce.
In concreto, poi, l’eliminazione del termine di adempimento (non costituente novazione, ex art. 1231 c.c.), potrebbe anche essere rimessa ad una sola parte, purché in virtù di un diritto potestativo di incidere sul titolo ad essa espressamente attribuito. Un simile diritto dovrebbe derivare dalla convenzione a monte (contenente un patto di opzione avente ad oggetto la modifica del regolamento e l’eliminazione del termine di adempimento) oppure dalla legge (in ipotesi come quella ex art. 40 Tub, in cui il debitore può di sua iniziativa “cancellare” il termine originariamente stabilito). Seguendo tale orientamento, il compenso dovuto per l’estinzione anticipata costituirebbe il corrispettivo per il consenso del creditore alla modifica del vincolo oppure, nei casi in cui tale modifica sia ammessa ex lege, un semplice ristoro attribuito al medesimo a fronte della riduzione temporale dell’obbligazione della controparte.
Le configurazioni delineate, tuttavia, sembrano essere superate da un ulteriore approccio che, alla luce della finalità di tutela dell’art. 40 Tub e della natura di contratto di durata del mutuo, ne ammette lo scioglimento unilaterale in executivis, eventualmente nel rispetto di un dato termine e a fronte del pagamento di un corrispettivo.
Secondo questa prospettiva, il diritto a estinguere anticipatamente il finanziamento si qualificherebbe come un diritto di recesso, in base al quale il debitore potrebbe addivenire allo scioglimento unilaterale del vincolo. Da tale cessazione conseguirebbero la restituzione degli importi ancora dovuti sia a titolo di rimborso capitale che d’interessi già maturati, mentre si arresterebbe, naturalmente, la produzione degli interessi ulteriori, in base al principio della cessazione ex nunc del rapporto (art. 1373 c.c.). Inoltre, il corrispettivo eventualmente previsto a favore del creditore per l’esercizio del recesso si qualificherebbe in termini di multa penitenziale, ai sensi dell’art. 1373, comma 3 c.c., e dovrebbe essere versato al momento stesso del recesso, del quale condizionerebbe l’efficacia.
In particolare, in quest’ottica, la previsione dettata in tema di mutuo fondiario avrebbe ad oggetto un recesso legale(6 )con finalità di protezione(7 )del debitore mutuatario, al quale è attribuita la possibilità di liberarsi dal vincolo conseguendo un notevole risparmio sul costo totale del credito.
Proprio alla medesima finalità di protezione del consumatore si ispira la direttiva in commento, nel ricalcare, all’art. 25 par. 1, l’art. 40 del Tub, prevedendo la facoltà di estinzione anticipata del finanziamento.
Le riflessioni circa l’inquadramento civilistico della fattispecie “estinzione anticipata” possono, allora, aiutare, nel tracciare la strada migliore per il recepimento della regola di matrice europea. Quest’ultima, letteralmente, fa riferimento ad un vero e proprio “adempimento anticipato” (“early repayement”). Tuttavia, alla luce delle menzionate difficoltà dogmatiche circa l’ammissibilità di una solutio ante diem nel caso in esame, l’ipotesi più lineare parrebbe quella di abbandonare il dato letterale ed orientare l’attuazione della direttiva alla luce della sua finalità protettiva, fornendo una regola chiara e operativamente apprezzabile nella disciplina dei contratti di concessione del credito ai consumatori. Tale regola potrebbe, allora, sostanziarsi proprio nella previsione di un recesso legale di protezione, ossia del diritto potestativo del consumatore di sciogliere unilateralmente il vincolo prima della scadenza programmata, così impedendo il proliferare degli interessi ancora non maturati.
Del resto, non sembrerebbe difficile forzare il dato letterale dell’art. 25, alla luce della natura ibrida e dell’intrinseca polisemia che esso assume nel linguaggio delle istituzioni europee.

I limiti all’estinzione anticipata: l’indennizzo “equo e obiettivo” a favore della banca mutuante

È bene, ora, soffermarsi sui limiti di cui, in base alla direttiva, può essere circondata la facoltà di estinzione anticipata del finanziamento.
La riflessione, anche in questo campo, deve necessariamente porre a raffronto le previsioni di nuovo conio della fonte europea con il contesto normativo nazionale, nell’ottica di massima salvaguardia del consumatore-debitore.
Il secondo paragrafo dell’art. 25 ammette la possibilità che ciascuno Stato membro subordini a talune condizioni (restrizioni temporali, differenziazioni per le ipotesi di tasso fisso o variabile) l’esercizio del diritto di estinguere il rapporto con l’ente finanziatore prima della sua naturale scadenza.
La norma consente, dunque, un contemperamento tra le esigenze del creditore - il quale ha una legittima aspettativa circa la durata del rapporto e la maturazione degli interessi pattuiti - e quelle del debitore, desideroso di esercitare il proprio diritto di exit. Si pensi, per esempio, al pregiudizio che deriva al creditore dal rimborso anticipato di un mutuo a tasso fisso: questa ipotesi determina, infatti, una considerevole riduzione del vantaggio del mutuante rispetto al finanziamento erogato, dal momento che questo avrebbe consentito la massima locupletazione solo grazie allo svolgimento del rapporto lungo tutto l’arco temporale inizialmente stabilito. È per tale ragione che la direttiva, al paragrafo 5 dell’art. 25, ammette la possibilità che simili situazioni richiedano, affinché si verifichi l’estinzione anticipata, l’esistenza di un “legitimate interest” del consumatore, evocando quella figura, nota al dibattito italiano, di «interesse legittimo di diritto privato»(8 )e limitando il rischio di un utilizzo abusivo della possibilità offerta al consumatore-debitore.
Quanto al paragrafo 3, esso contiene una regola di grandissimo interesse nella prospettiva dell’attuazione della direttiva, avente ad oggetto il compenso dovuto alla banca per il caso di estinzione anticipata del mutuo.
Si ammette, infatti, la possibilità che gli Stati membri prevedano «che il creditore abbia diritto, laddove giustificato, ad un indennizzo equo ed obiettivo per gli eventuali costi direttamente connessi al rimborso anticipato». Tale “fair and objective compensation” - così nella versione in lingua inglese della direttiva - non deve tradursi in una sanzione - e qui la traduzione italiana scivola addirittura verso l’espressione “sanzione penale” - per il consumatore e non può, inoltre, superare la perdita economica sofferta dal creditore. L’indennizzo, poi, può essere limitato quantitativamente oppure temporalmente («gli Stati membri possono prevedere che l’indennizzo non possa superare un determinato livello o sia consentito soltanto per un certo periodo»).
La terminologia utilizzata, con il richiamo alla “fairness” e l’esplicitazione della natura non sanzionatoria della prestazione posta a carico del debitore, esprime la necessità che il compenso rappresenti un mero ristoro per la banca, dovuto dal debitore a fronte della cessazione anticipata del rapporto. Da questo punto di vista, chiara è l’assonanza con la previsione di cui all’art. 125-sexies Tub, in materia di credito al consumo, ove l’indennizzo pattuito deve essere «oggettivamente giustificato per eventuali costi direttamente collegati al rimborso anticipato del credito».

La vicenda italiana del compenso da anticipata estinzione ed il sistema anteriore al 2007

Orbene, occorre vagliare attentamente la compatibilità della previsione di un simile onere a carico del mutuatario con il complesso normativo interno, le cui coordinate sono costituite, specialmente, da un lato, dall’art. 40 Tub e, dall’altro, dall’art. 120 ter Tub, a sua volta figlio dell’art. 7 del D.l. 7/2007 (cd. Bersani-bis)(9), il cui contenuto è stato trasposto nel testo unico bancario dal D.lgs. 141/2010, attuativo della direttiva sul credito al consumo(10).
La prima delle norme richiamate - l’art. 40 Tub - ammette la corresponsione, da parte del debitore che voglia estinguere anticipatamente il rapporto, di «un compenso omnicomprensivo per l’estinzione contrattualmente stabilito». Sull’entità di tale compenso, poi, interviene la deliberazione Cicr del 9 febbraio 2000, secondo cui lo stesso deve risultare dal contratto di mutuo, insieme con la formula utilizzata per il calcolo.
La delibera Cicr prosegue, infine, affermando la necessità di una clausola contrattuale nel mutuo fondiario con cui si chiarisca la circostanza che “nessun altro onere” possa essere addebitato al cliente per il caso di anticipata estinzione.
La prassi negoziale del mutuo ordinario riproduce la regolamentazione legale del mutuo fondiario, prevedendo la possibilità di anticipata estinzione a fronte del pagamento di una somma di denaro, talora atecnicamente qualificata in termini di “penale”.
Il “compenso onnicomprensivo” diviene, allora, lo strumento attraverso cui il creditore tenta di reagire al pregiudizio che gli deriva dalla cessazione del rapporto di mutuo e, segnatamente, dall’inibizione della produzione degli ulteriori interessi, sui quali si era confidato all’atto della concessione del finanziamento.
La finalità di mero ristoro propria del compenso da anticipata estinzione viene, dunque, presto piegata da una prassi negoziale volta a favorire l’abuso del creditore, il quale finisce con l’imporre prestazioni gravose al mutuatario e tali da scoraggiarne l’esercizio del potere di exit.
Si pensi, per esempio, alle condizioni afflittive cui in molti mutui a tasso variabile viene ricollegata, fino a un certo momento, la scelta del debitore di rimborsare il capitale ancora dovuto e gli interessi già maturati prima della scadenza naturale del contratto.

Il sistema attuale: tutela del cliente persona fisica e portabilità dei mutui bancari

Una simile prassi, però, non resiste a due fattori: il primo è quello della pressante esigenza di tutela del cliente persona fisica, che si avverte nella progressiva sensibilizzazione del legislatore italiano alle istanze di matrice europea; il secondo, non meno importante, consiste nella spinta concorrenziale che viene data, ad un certo punto, al mercato del credito.
È dalla combinazione di tali prospettive che nasce la previsione dell’art. 7 del cd. Decreto Bersani- bis con cui, nel 2007, si sancisce la nullità di «qualunque patto, anche posteriore alla conclusione del contratto, ivi incluse le clausole penali, con cui si convenga che il mutuatario, che richieda l’estinzione anticipata o parziale di un contratto di mutuo … sia tenuto ad una determinata prestazione a favore del soggetto mutuante».
Il duplice volto della novella, a tutela del cliente come della concorrenza, emerge, da un lato, dai presupposti soggettivi ed oggettivi dei contratti di finanziamento cui il divieto accede e, dall’altro lato, dal coordinamento con il successivo art. 8 del D.l. 7/2007, dedicato alla “portabilità” del mutuo(11). Quanto al primo profilo, l’art. 7 delimita il campo di applicazione del divieto di qualsivoglia prestazione a favore del mutuante ai contratti di mutuo stipulati da persone fisiche «per l’acquisto o per la ristrutturazione di unità immobiliari adibite ad abitazione ovvero allo svolgimento della propria attività economica o professionale».
Quanto al secondo aspetto, invece, la semplificazione dell’esercizio del diritto di estinzione anticipata è funzionale a garantire effettività alla portabilità di cui all’art. 8: il rimborso ante diem, infatti, non si riconnette al subitaneo rinvenimento di una provvista prima mancante ma, nella ratio legis, mira proprio alla ricerca di condizioni di credito più vantaggiose, anche nel corso dell’esecuzione del rapporto. Rinvenute tali condizioni, il debitore può avvalersi dell’istituto della surrogazione di cui all’art. 1202 c.c., come adattato dall’art. 8 del Decreto Bersani-bis, così sostituendo la nuova banca creditrice nei diritti spettanti al primo mutante - e, segnatamente, nella garanzia ipotecaria - mentre quest’ultimo viene definitivamente soddisfatto grazie alla provvista del mutuo di scopo stipulato tra debitore e mutuante successivo.
Il binomio “estinzione anticipata-portabilità” transita, poi, nel testo unico bancario, i cui artt. 120-ter e 120-quater, introdotti dal D.lgs. 141 del 2010, ripropongono il precedente sistema(12), confermando la stretta correlazione esistente tra la facoltà debitoria di determinare lo scioglimento del rapporto e l’operatività della surrogazione ex art. 1202 c.c.
In particolare, l’art. 120-ter Tub prevede la nullità del patto o della clausola con cui «si convenga che il mutuatario sia tenuto al pagamento di un compenso o penale o ad altra prestazione a favore del soggetto mutuante per l’estinzione anticipata o parziale dei mutui stipulati o accollati a seguito di frazionamento, anche ai sensi del decreto legislativo 20 giugno 2005, n. 122».
Il campo di applicazione del divieto(13 )continua a essere delimitato dai presupposti del precedente art. 7, D.l. 7/2007: il mutuo, vale a dire, deve essere stipulato o accollato per l’acquisto o per la ristrutturazione di un immobile che il mutuatario persona fisica adibisca ad abitazione o allo svolgimento della propria attività economica o professionale.
Entro tali confini, qualsiasi previsione di un corrispettivo in favore della banca è inficiata dalla nullità che, per espressa previsione di legge e a garanzia della massima tutela del cliente, «non comporta la nullità del contratto» (nullità parziale necessaria)(14).
Si delinea, dunque, un’area protettiva ben definita per il cliente persona fisica che contragga (o si accolli) un finanziamento in vista dell’acquisto o della ristrutturazione di un’abitazione o di un locale commerciale o professionale. In quest’area, da taluno etichettata come «mutuo sociale»(15), vige il divieto assoluto di prevedere qualsiasi compenso a favore della banca mutuante per il caso di anticipata estinzione.
A beneficiare della misura di salvaguardia è, inoltre, non solo il consumatore - inteso nella tradizionale accezione di persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta - ma pure l’imprenditore/ professionista, il quale contragga un mutuo finalizzato all’acquisto (o alla ristrutturazione) dell’immobile destinato alla sua attività.
Un ulteriore spazio di tutela è, poi, riservato al debitore-consumatore nel campo dei contratti di credito al consumo (e, dunque, entro i margini applicativi di cui all’art. 122 Tub)(16), ove il rimborso anticipato del finanziamento, di cui all’art. 125-sexies del Tub, si può accompagnare ad «indennizzo equo ed oggettivamente giustificato» in favore del finanziatore. A dimostrazione della natura non sanzionatoria di siffatta erogazione, la norma da ultimo richiamata detta precisi parametri quantitativi, riferendosi a un tetto massimo pari all’1% dell’importo rimborsato in anticipo ove la residua durata del contratto superi l’anno e ad una soglia dello 0,5% del medesimo importo ove siffatta durata sia pari o inferiore ad un anno. A ciò si aggiunge la previsione di un limite applicabile “in ogni caso”, in base al quale mai l’indennizzo da anticipata estinzione «può superare l’importo degli interessi che il consumatore avrebbe pagato per la vita residua del contratto» (art. 125-sexies comma 2 Tub).
A completamento di un simile quadro, infine, possono essere ricordate due disposizioni. La prima di esse, contenuta nello stesso testo unico bancario (art. 144, comma 3-bis, lettere b, e c), commina una sanzione pecuniaria ingente ai dipendenti bancari nel caso di «inserimento nei contratti di mutuo di clausole nulle, che impongano al debitore oneri superiori a quelli consentiti o pongano ostacoli al diritto all’estinzione anticipata del finanziamento».
La seconda (art. 22 comma 11-quater del D.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221), più recente, affronta, invece, la questione nell’ottica del collegamento negoziale tra mutuo e «contratti di assicurazione connessi» per i quali «sia stato corrisposto un premio unico il cui onere è sostenuto dal debitore/assicurato», affermando l’obbligo dell’assicuratore di restituire «al debitore/assicurato la parte di premio pagato relativo al periodo residuo rispetto alla scadenza originaria» e, così, arginando ulteriormente il rischio di una perdita economica in capo al debitore che decida di estinguere il mutuo. Un meccanismo opaco o iniquo di restituzione del premio già pagato ma non maturato, infatti, rappresenta uno dei più significativi elementi in virtù dei quali il debitore può essere scoraggiato nella scelta sul se sciogliere un contratto di mutuo e fruire effettivamente del proprio diritto all’anticipata estinzione(17). Il problema sussiste, in particolare, allorquando l’intermediario, come nella maggior parte dei casi accade, corrisponde all’assicuratore del collegato contratto l’intero premio dovuto dal debitore, in modo da garantire a se stesso l’operatività della protezione dal rischio (arg. ex art. 1901 c.c.) di inadempimento degli obblighi di restituzione derivanti dal finanziamento. Il costo inizialmente gravante sull’intermediario finanziatore viene, poi, a comporre l’importo globale delle rate pattuite secondo il piano di ammortamento, aggiungendosi alla quota capitale e agli interessi dovuti dal debitore. Laddove, dunque, quest’ultimo si determini nel senso dell’estinzione anticipata del rapporto, dando luogo altresì alla cessazione totale del rischio coperto dall’assicurazione (che è proprio l’inadempimento dell’obbligo di restituzione sorto dal contratto di mutuo), egli ha diritto alla ripetizione di quelle somme di premio che, pur connesse a un rischio di inadempimento futuro e ormai azzerato (a fronte del rimborso anticipato), sono state già corrisposte in ragione del piano di ammortamento.

Livello di armonizzazione e tutela del consumatore mutuatario

Così ricomposto il quadro normativo nazionale, bisogna soffermarsi sull’impatto che su di esso ha l’art. 25 della direttiva in commento.
Il discorso va affrontato tenendo ben presente l’ambito di applicazione della stessa ed il grado di armonizzazione prefissato dalle istituzioni europee.
Ad una prima lettura, emerge distintamente la discrasia tra l’ammissibilità del compenso alla banca per l’estinzione anticipata, sancita dal paragrafo 3, da un lato, e la nullità, ex art. 120-ter Tub, di ogni pattuizione che imponga al debitore mutuante un sacrificio economico connesso alla cessazione del rapporto, dall’altro lato.
La regola europea, salutata con favore dall’Abi(18), parrebbe, allora, segnare il tramonto del cd. “mutuo sociale” o, quanto meno, condurre ad un sensibile temperamento della neutralità economica della scelta debitoria di estinguere il finanziamento.
In altri termini, il recepimento acritico della direttiva comporterebbe un ritorno al sistema antecedente al 2007, con il conseguente inasprimento di oneri a carico del cliente connessi al rimborso ante diem del capitale ancora dovuto e degli interessi già maturati. Il tutto, naturalmente, avverrebbe con ripercussioni negative sulla portabilità dei mutui e, di riflesso, sulla concorrenza nel mercato del credito bancario.
La pericolosa sovrapposizione tra l’ambito applicativo della direttiva - riguardante i contratti di concessione del credito «ai consumatori, garantiti da ipoteca o altrimenti relativi a beni immobili residenziali» (art. 1 direttiva 2014/17) - e quello del divieto di cui all’art 120-ter Tub - concernente, tra gli altri, i contratti di mutuo finalizzati all’acquisto di un immobile destinato ad abitazione - condurrebbe, poi, ad un’immediata erosione del sistema di garanzie preposte alla buona esecuzione dei mutui ipotecari stipulati da persone fisiche.
Una pedissequa trasposizione nell’ordinamento interno dell’art. 25 creerebbe, inoltre, un notevole paradosso: le tutele di cui all’art. 120-ter Tub resterebbero, infatti, intatte relativamente ai mutui finalizzati all’acquisto di immobili adibiti all’esercizio di attività commerciali o professionali, non interessati dalla direttiva, mentre a decadere sarebbero le sole previsioni a salvaguardia del consumatore. Un simile scenario, tuttavia, può facilmente essere scongiurato alla luce del grado di armonizzazione stabilito dalla direttiva per il settore d’intervento in esame: quest’ultimo, infatti, non rientra tra quelli “ad armonizzazione piena” ed è, pertanto, fatta salva per gli Stati membri la «facoltà di mantenere o introdurre disposizioni più stringenti per tutelare i consumatori» rispetto alle regole da essa stabilite (così l’art. 2 della direttiva in commento, che ne ricalca il settimo considerando). Tra simili disposizioni pare si possa annoverare, oggi, proprio l’art. 120-ter Tub, che supera, quanto al tipo di protezione, la regolamentazione predisposta a livello europeo.
Assolutamente auspicabile sarebbe, invece, dal punto di vista dell’incremento delle tutele, la generalizzazione del diritto all’estinzione anticipata, ex art. 25 paragrafo 1: sotto questo profilo, infatti, il recepimento della direttiva opportunamente condurrebbe al conio di una norma di ampio respiro, attributiva - nell’ipotesi ricostruttiva sopra proposta - di un recesso legale al mutuatario consumatore, anche al di fuori dello schema del mutuo fondiario ex art. 38 e ss. Tub e delle ipotesi credito al consumo, in cui la cessazione del rapporto su iniziativa del debitore è attualmente prevista ex lege ma può essere fortemente condizionata dai confini applicativi degli istituti.
Di notevole utilità, inoltre, sarebbe il potenziamento degli oneri informativi connessi all’anticipata estinzione del finanziamento, testualmente previsto al paragrafo 4 dell’articolo in commento. In particolare, la norma impone la quantificazione delle «implicazioni per il consumatore in caso di adempimento dei suoi obblighi prima della scadenza del contratto di credito», mostrando quel forte legame tra forma e sostanza, tra trasparenza ed effettività della tutela, che caratterizza il contesto in esame. È noto, infatti, che in materia di contratti di concessione del credito, l’abuso del finanziatore può celarsi dietro un’informazione scorretta che, pur formalmente rispettosa delle prescrizioni in tema di rimborso anticipato, non ponga il debitore nelle condizioni di esercitare liberamente e consapevolmente la scelta riguardante la cessazione del rapporto. È questo il caso, per esempio, delle clausole di mutui indicizzati rispetto ad una valuta straniera, ove è imposta al cliente desideroso di estinguere il finanziamento una duplice conversione del capitale residuo (dapprima al tasso di cambio convenzionale con altra valuta e poi al tasso di periodo), senza che tuttavia sia dato conto delle effettive operazioni aritmetiche che conducono alla quantificazione dell’importo dovuto. Simili clausole, infatti, nascondono un sensibile aggravio del costo dell’operazione, non consentendo una valutazione ponderata della stessa, in virtù dell’oscurità della loro formulazione. Siffatta oscurità è in grado di determinare, secondo quanto affermato in recenti decisioni(19 )del Collegio di coordinamento dell’Arbitro bancario finanziario, sulla scorta di un noto orientamento della Corte di Giustizia dell’UE(20), la natura abusiva delle clausole stesse e la loro conseguente nullità ex art. 36 cod. cons.
In tale panorama, pertanto, l’imposizione di chiari meccanismi di quantificazione dei costi connessi all’estinzione anticipata consentirebbe di arginare una prassi negoziale scorretta, recependo pienamente le indicazioni fornite dalla giurisprudenza europea.


(1) Sulla natura di “inelegante anglismo” dell’espressione, P. SIRENA, «Alcuni problemi sistematici in materia di cd. portabilità del mutuo bancario o finanziario», in questa rivista, 2008, p. 100.

(2) A.A. DOLMETTA - A. SCIARRONE ALIBRANDI, «La facoltà di “estinzione anticipata” nei contratti bancari, con segnato riguardo alla disposizione dell’art. 7 legge n. 40/2007», in Riv. dir. civ., 2008, p. 524.

(3) A.A. DOLMETTA - A. SCIARRONE ALIBRANDI, op. cit., p. 527.

(4) Accomuna, con riferimento all’art. 40 Tub, la previsione di un’obbligazione con facoltà alternativa e l’ipotesi di datio in solutum ex art. 1197 c.c., tradizionalmente distinte in base al momento - iniziale o successivo - in cui diviene attuale la possibilità di eseguire una diversa prestazione, M. ORLANDI, «Mutuo e recesso (Nella teoria degli effetti riduttivi)», in questa rivista, 2009, 4, p. 80, secondo cui «sembra sotto questa luce che la norma si lasci ricondurre al generale ambito delle obbligazioni con facoltà alternativa (riconducibili nella sfera di applicazione dell’art. 1197 c.c.)».

(5) Sull’importanza dell’art. 1816 c.c. nel sistema dei contratti bancari si veda F. MACARIO, Commento agli artt. 121-126, nel Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, II, Bologna, 2003, p. 2071.

(6) T. RUMI, «Divieto di clausole penali e conformazione del contratto nel Decreto “Bersani-bis”», in Contratti, 8-9, 2010, p. 828.

(7) L’espressione “recesso di protezione” è di G. D’AMICO, voce Formazione del contratto, in Enc. dir., Annali, II, 2, Milano, 2008, p. 578.

(8) Su cui, per tutti, L. BIGLIAZZI GERI, Contributo ad una teoria dell’interesse legittimo nel diritto privato, Milano, 1964.

(9) D.l. 31 gennaio 2007, n. 7, conv. dalla legge 2 aprile 2007, n. 40, in G.U. 2 aprile 2007, n. 77, Suppl. ord., n. 91.

(10) D.lgs. 13 agosto 2010, n. 141, in G.U. n. 207 del 4 settembre 2010 - Suppl. ordinario, n. 212.

(11) Sul punto, CALEO, «Estinzione dei mutui bancari e cancellazione dell’ipoteca nella Bersani-bis», in Obbl. e contr., 2008, p. 529 e ss.; P.L. FAUSTI, «Anticipata estinzione del mutuo e portabilità dell’ipoteca (articoli 7, 8 e 8-bis della legge 2 aprile 2007, n. 40) », in Banca, borsa e tit. cred., 2007, 5, supplemento, p. 3 e ss.; G. PETRELLI, «Mutui bancari e cancellazione di ipoteche: novità nel decreto legge Bersani-bis», in Notariato, 2007, p. 110 e ss.

(12) Nell’ottica di questa correlazione svolge le sue riflessioni A. FUSARO, «La portabilità dei mutui nel Testo unico bancario», in Contr. e impr., 2011, 6, p. 1422 e ss.

(13) I profili relativi alla successione di norme nel tempo sono regolati dall’art. 161, comma 7-ter, del Tub, secondo cui «le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 120-ter si applicano ai contratti di mutuo per l’acquisto della prima casa stipulati a decorrere dal 2 febbraio 2007 e ai contratti di mutuo per l’acquisto o per la ristrutturazione di unità immobiliari adibite ad abitazione ovvero allo svolgimento della propria attività economica o professionale da parte di persone fisiche stipulati o accollati a seguito di frazionamento, anche ai sensi del decreto legislativo 20 giugno 2005, n. 122, a decorrere dal 3 aprile 2007». La norma si occupa anche della misura massima dell’importo della “penale” dovuta per il caso di estinzione anticipata o parziale dei mutui indicati nel comma 1 dell’articolo 120-ter e stipulati antecedentemente al 2 febbraio 2007, rinviando, sul punto, a «quella definita nell’accordo siglato il 2 maggio 2007 dall’Associazione bancaria italiana e dalle associazioni dei consumatori rappresentative a livello nazionale, ai sensi dell’articolo 137 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206». Inoltre, «le banche e gli intermediari finanziari non possono rifiutare la rinegoziazione dei contratti di mutuo stipulati prima del 2 febbraio 2007, nei casi in cui il debitore proponga la riduzione dell’importo della penale entro i limiti stabiliti ai sensi dell’accordo di cui al periodo precedente».

(14) A proposito di tale nullità si veda G. DE NOVA, «La nullità di pattuizioni e clausole penali di estinzione anticipata dei mutui immobiliari: ambito di applicazione e problematiche operative», in Atti del Convegno Paradigma, “Il contratto di mutuo nella “Manovra liberalizzazioni”, Milano, 15-16 maggio 2007, secondo cui la norma in esame prevede una nullità di protezione assoluta e non relativa. Per la qualificazione in termini di nullità relativa, invece, P.L. FAUSTI, «Mutui e clausole vessatorie», in Notariato, 2007, p. 525, nonché A.A. DOLMETTA - A. SCIARRONE ALIBRANDI, op. cit., p. 553 e ss.

(15) L’espressione è di M. ORLANDI, op. cit., p. 81.

(16) Si segnala che, nel contesto in esame, il recepimento dell’art. 25 della direttiva, avente ad oggetto l’estinzione anticipata del finanziamento, comporterebbe una sovrapposizione solamente parziale con il disposto dell’art. 125-sexies Tub, il quale non si applica, in particolare, ai sensi dell’art. 122, comma 1, Tub, nei casi di «finanziamenti di importo … superiore a 75.000 euro» (lett. a) e di «finanziamenti garantiti da ipoteca su beni immobili aventi una durata superiore a cinque anni» (lett. f).

(17) Si veda, sul punto, la decisione dell’Arbitro bancario finanziario, Collegio di coordinamento, n. 6167 del 2014, 17 e 18, secondo cui «gli intermediari tendono a sfruttare l’ammontare cospicuo dei caricamenti per scoraggiare in vari modi l’estinzione anticipata ottenendo con ciò effetti anticoncorrenziali ed, in ogni caso, in diametrale contrasto con gli scopi di policy perseguiti dal legislatore europeo e nazionale che sono diretti a consentire, ed agevolare, lo scioglimento anticipato del contratto proprio per consentire che la concorrenza tra operatori finanziari dispiegare i suoi benefici effetti lungo tutto l’arco temporale del rapporto».

(18) Comunicato stampa dell’Associazione bancaria italiana (Abi), rilasciato in data 21 dicembre 2013 e reperibile sul sito www.abi.it.

(19) In particolare, il riferimento è alle decisioni del 29 luglio 2015 dell’Abf, Collegio di coordinamento, numeri 5855, 5866 e 5874.

(20) Le decisioni citate richiamano, infatti, la sentenza della Corte di Giustizia UE, IV Sez., del 30 aprile 2014 (caso Árpad Kásler e Hajnalka Káslerné Rábai c. OTP Jelzálogbank Zrt), C-26/13, il cui testo è reperibile su www.curia.europa.eu. La Corte di Giustizia afferma, in particolare (par. 75), che nella valutazione di abusività, «è necessario intendere il requisito secondo cui una clausola contrattuale deve essere redatta in modo chiaro e comprensibile nel senso di imporre non soltanto che la clausola in questione sia intelligibile per il consumatore su un piano grammaticale, ma anche che il contratto esponga in maniera trasparente il funzionamento concreto del meccanismo di conversione della valuta estera al quale si riferisce la clausola in parola nonché il rapporto fra tale meccanismo e quello prescritto da altre clausole relative all’erogazione del mutuo, di modo che il consumatore sia posto in grado di valutare, sul fondamento di criteri precisi ed intelligibili, le conseguenze economiche che gliene derivano».

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