Direttiva 2014/17/UE - Art. 30 - Intermediari del credito con vincolo di mandato verso un solo creditore - Commento di Pierfrancesco Bartolomucci
Direttiva 2014/17/UE
Art. 30 - Intermediari del credito con vincolo di mandato verso un solo creditore
Commento di Pierfrancesco Bartolomucci
Professore aggregato. Ricercatore confermato in Regolamentazione del mercato e tutela del consumatore, Università di Napoli “Parthenope”
Art. 30
Intermediari del credito con vincolo di mandato verso un solo creditore
1. Fatto salvo l’articolo 31, paragrafo 1, gli Stati membri possono consentire agli intermediari del credito con vincolo di mandato indicati nell’articolo 4, punto 7, lettera a, di essere abilitati dalle autorità competenti attraverso il creditore a nome del quale agiscono a titolo esclusivo.
In tali casi il creditore mantiene la responsabilità piena e incondizionata per qualunque azione o omissione compiuta dall’intermediario del credito con vincolo di mandato che agisce per conto del creditore nei settori disciplinati dalla presente direttiva. Gli Stati membri esigono che il creditore assicuri che gli intermediari del credito con vincolo di mandato rispondano almeno ai requisiti professionali di cui all’articolo 29, paragrafo 2.
2. Fatto salvo l’articolo 34, i creditori controllano le attività esercitate dagli intermediari del credito con vincolo di mandato specificati all’articolo 4, punto 7, lettera a, in modo che continuino a rispettare la presente direttiva. In particolare il creditore è responsabile del controllo del rispetto dei requisiti di conoscenza e di competenza dell’intermediario del credito con vin colo di mandato e del suo personale.
Come già previsto dall’art. 29, l’art. 30 ribadisce che gli intermediari del credito che agiscano in esclusiva per un solo creditore, possano ottenere l’abilitazione presso le Autorità nazionali competenti attraverso quest’ultimo.
In altri termini, i soggetti ausiliari muniti di uno specifico mandato conferito da una banca o da altro intermediario finanziario in via esclusiva non necessitano di un’apposita abilitazione per operare, potendo beneficiare di quella ottenuta dai mandanti.
In tal caso, a norma del comma 2, i creditori si assumono «la responsabilità piena e incondizionata per qualunque azione o omissione compiuta» dagli intermediari del credito.
In virtù di tale responsabilità gravante sui creditori, essi - in forza del mandato conferito - hanno il potere di verifica e di controllo sul possesso di tutti i requisiti di professionalità e di onorabilità richiesti dalla direttiva sia nei confronti di detti intermediari, sia nei confronti del loro personale.
Dalla formulazione della norma in commento, oltre che di quella dell’art. 4, n. 7, lett. a, sembrerebbe configurarsi una responsabilità esclusiva del creditore mandante, in quanto “piena ed incondizionata”, quasi a volersi ritenere che l’unico conferimento del potere gestorio in capo agli ausiliari possa realizzarsi attraverso un contratto di mandato con rappresentanza, in relazione al quale è solo il mandante che assume le responsabilità conseguenti dagli atti compiuti da colui che ha agito in suo nome e per suo conto.
Anche siffatta impostazione sotto il profilo della responsabilità risente della unicità e della generalità della nozione e del ruolo di intermediario del credito, anche nel caso in cui questi agisca con vincolo di mandato.
Ciò comporta, in vista del recepimento, qualche difficoltà rispetto alla normativa di diritto interno che, al contrario, ha assunto una impostazione rigida nella identificazione delle nozioni, dei ruoli e delle competenze degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi.
Con riferimento ai primi, infatti, l’art. 128-quater, comma 5, Tub dispone che - in caso di attività svolta su mandato di un solo intermediario ovvero di un gruppo di intermediari, «il mandante risponde solidalmente dei danni causati dall’agente in attività finanziaria, anche se tali danni siano conseguenti a responsabilità accertata in sede penale».
Evidentemente tale specifica ipotesi normativa - nello stabilire espressamente una forma di responsabilità solidale - intende contemplare tanto i casi di mandato con rappresentanza, quanto quello di mandato senza rappresentanza, stabilendo così un regime di maggiore tutela nei confronti della clientela conseguente allo svolgimento di attività di agenzia.
Di contro, con riguardo ai mediatori creditizi, non è dato rivenire una norma specifica del medesimo tenore nel testo unico bancario, in ragione dell’assenza di qualsivoglia rapporto contrattuale con alcuna delle parti che possa compromettere l’indipendenza degli stessi (art. 128-quinquies, comma 4, Tub).
Si è già avuto modo di rilevare, al riguardo, che tale disposizione (peraltro già riveniente dal sistema previgente) non osta alla possibilità della stipulazione di apposite convenzioni tra intermediari e mediatori, finalizzata al collocamento fuori sede di contratti di finanziamento, atteso il fatto che - per il rispetto della garanzia di indipendenza - non è ostativa la sussistenza di qualsiasi legame negoziale tout court, bensì solo di quelli che compromettano l’imparzialità dell’operato dei mediatori(1).
Dette convenzioni non comportano alcuna contemplatio domini, con la conseguenza che è impedito a questi ultimi la spendita del nome dell’intermediario, poiché solo in siffatto assetto negoziale può ritenersi garantita la professionalità e l’indipendenza dei mediatori.
Alla medesima conclusione deve pervenirsi con riferimento all’attività di raccolta delle richieste di finanziamento tra la clientela, posto che pure in tale ipotesi (indipendentemente dalle valutazioni circa la qualificazione da attribuirsi a tali richieste) il mediatore creditizio resta sempre estraneo al contratto di finanziamento mediato.
Alla luce di tali sintetiche considerazioni, dunque, deve domandarsi se l’assetto normativo di diritto interno sia in qualche misura compatibile con la disposizione comunitaria che si commenta; valutazione resa ancor più disagevole dall’utilizzo non sempre coerente delle espressioni impiegate a tal proposito nella direttiva: se, da un lato, l’art. 4, n. 7, identifica gli intermediari con vincolo di mandato nei soggetti che operano «per conto e sotto la responsabilità piena e incondizionata» del creditore, dall’altro il successivo art. 30 prevede, al comma 1, l’abilitazione di tali soggetti attraverso quella del creditore «a nome del quale agiscono a titolo esclusivo» salvo poi ribadire al comma 2 il regime della responsabilità in capo a quest’ultimo per l’attività posta in essere dall’intermediario del credito con vincolo di mandato che agisce “per conto” del creditore medesimo.
Rispetto al quadro normativo di riferimento si pongono, allora, due opposte soluzioni: da un lato potrebbe ritenersi che la sussistenza di convenzioni tra intermediari e mediatori rientri nella definizione di “intermediario del credito con vincolo di mandato”, ovvero dall’altro potrebbe considerarsi che essa sia estranea all’ambito di applicazione della nozione.
Con riguardo alla prima soluzione, potrebbe rilevarsi che la convenzione altro non sia se non un contratto di mandato senza rappresentanza con il quale il mediatore creditizio è autorizzato alla diffusione dei prodotti dell’intermediario tra la clientela di riferimento; detta attività, i cui confini con quella di agenzia diventano di tal guisa estremamente labili(2), avrebbe ad oggetto non solo quella di promozione e di pubblicità, ma anche - specie con riguardo alla raccolta delle domande di finanziamento - una prima istruttoria, anche attraverso una sommaria valutazione del merito del credito, da eseguirsi al fine di scremare le richieste che in seguito verrebbero certamente rifiutate dall’intermediario.
In relazione a detta attività, dunque, si appunterebbero in capo ai mediatori una serie di obblighi di comportamento specificamente dettati dalla direttiva (oltre a quelli dettati dalla normativa speciale di diritto interno in materia di trasparenza nei contratti bancari, di privacy e di antiriciclaggio).
Se così è, dunque, la previsione della responsabilità “piena e incondizionata” del creditore, id est l’intermediario finanziario, dovrebbe essere considerata un’ipotesi del tutto eccezionale rispetto alla disciplina di diritto interno, contenuta nel codice civile e nella legislazione speciale, sempre che non si intenda interpretare tale espressione - alla luce dell’assetto negoziale derivante dalla stipula di siffatte convenzioni - un richiamo ad una forma di responsabilità solidale.
Di contro, intendendo valorizzare il dato testuale dell’art. 128-quinquies Tub e, di conseguenza, l’impossibilità di ritenere sussistenti rapporti di mandato tra intermediari e mediatori, dovrebbe concludersi per l’impossibilità per i mediatori creditizi disciplinati al testo unico la facoltà di agire quali “intermediari del credito con vincolo di mandato”.
Tra le due soluzioni quest’ultima sembrerebbe quella preferibile; militano in tal senso, diversi indici rivenienti tanto dalla direttiva quanto dalla normativa di diritto interno.
In primo luogo, nonostante il mancato rigore nell’utilizzo delle espressioni impiegate nella direttiva, appare comunque evidente che essa consideri il vincolo di mandato come un vincolo negoziale stabile e permanente, in relazione al quale l’intermediario del credito sia autorizzato a promuovere la conclusione di contratti per conto del creditore, attraverso una stabile collaborazione. Già tale considerazione sarebbe, dunque, decisiva.
In secondo luogo, la ricostruzione dei rapporti negoziali sussistenti tra mediatore, intermediari e clienti alla luce delle convenzioni pur ammesse dall’Autorità di vigilanza nel rispetto del principio di indipendenza, porterebbe comunque a ritenere che - pur trattandosi di ipotesi riconducibili alla figura del mandato senza rappresentanza - determinerebbero in ogni caso un regime di responsabilità esclusiva in capo al mandante, con una evidente forzatura della disciplina codicistica di tale tipo contrattuale, oltre che della normativa speciale in tema di mediazione creditizia.
Tale forzatura appare del tutto ingiustificata sul piano teleologico, posto che la ratio della direttiva
appare di tutt’altro segno, oltre che irrazionale dal punto di vista sistematico.
(1) Tali ipotesi, peraltro, sono espressamente contemplate nel Comunicato della Banca d’Italia del 9 settembre 2002.
(2) Al fine di distinguere, almeno in via di approssimazione, le due figure dovrebbe ritenersi che la sussistenza di dette convenzioni escluda la sussistenza di qualsivoglia forma di collaborazione e rappresentanza; ciò che rileva, dunque, è l’assenza di un qualsiasi obbligo che «possa far sussumere l’attività da questi svolta in un’altra fattispecie contrattuale che sarebbe assorbente rispetto a quella di mediazione, considerato che questa nella sistematica dei contratti tipici disciplinati dal codice civile assume una mera funzione residuale», M.R. LA TORRE, Intermediari finanziari e soggetti operanti nel settore finanziario, in Trattato di diritto dell’economia, diretto da E. Picozza, E. Gabrielli, Padova, 2010, p. 375.
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