Direttiva 2014/17/UE - Art. 37 - Risoluzione delle controversie tra autorità competenti di Stati membri diversi - Commento di Maria Cecilia Paglietti
Direttiva 2014/17/UE
Art. 37 - Risoluzione delle controversie tra autorità competenti di Stati membri diversi
Commento di Maria Cecilia Paglietti
Dottore di ricerca in Consumatori e mercato, Università di Roma Tre

Art. 37
Risoluzione delle controversie tra autorità competenti di Stati membri diversi

Le autorità competenti possono portare all’attenzione dell’Abe la situazione in cui la richiesta di cooperazione, in particolare lo scambio di informazioni, è stata respinta o non ha ricevuto seguito entro un periodo di tempo ragionevole, e chiedere l’assistenza dell’Abe ai sensi dell’articolo 19 del regolamento (UE) n. 1093/2010. In questi casi l’Abe può agire conformemente ai poteri che le conferisce tale articolo e qualsiasi decisione vincolante adottata dall’Abe conformemente con tale articolo è vincolante per le autorità competenti interessate, che siano o meno membri dell’Abe.


L’articolo in commento fa da pendant, tanto sul piano della collocazione che su quello della continuità logica, al precedente art. 36, ricollegandosi in particolare all’ultimo comma, il quale contiene l’elencazione delle ipotesi tassative in cui un’autorità può eccezionalmente opporre il segreto d’ufficio o, più ampiamente, disattendere all’obbligo di cooperazione(1).
La disposizione è dedicata alle conseguenze discendenti dal rifiuto di collaborazione, dal particolare punto di vista dell’individuazione dell’organo competente a dirimere le controversie tra autorità degli Stati membri. Segnatamente, la norma prevede la devoluzione ad un unico giudice (la European banking authority: Abe) delle controversie relative alle authorities ed alle amministrazioni che regolano la materia, in linea con la recente tendenza di policy volta alla creazione di una governance globale, in assenza della quale si rischiano deficit ed aporie che disattenderebbero l’effettività della tutela(2).
Posto che il rifiuto di collaborazione può essere sia espresso (la richiesta di collaborazione viene respinta) che tacito (alla richiesta non viene dato seguito entro un periodo di tempo ragionevole), un primo problema esegetico sollevato dalla norma riguarda la difformità tra la formulazione dell’art. 36 e quella in commento, con riguardo al fattore temporale rilevante nell’assolvimento dell’obbligo di collaborazione. Posto cioè che entrambe le norme assumono come centrale la tempestività dell’assolvimento dell’obbligo di cooperazione, si rinviene una sfasatura tra la dizione dell’art. 36, che individua la violazione dell’obbligo anche nell’«indebito ritardo» con cui esso venga assolto (dove per ritardo indebito si intende quello ingiustificato), e quella dell’art. 37, che invece prevede come presupposto per portare all’attenzione dell’Abe la legittimità del diniego/rifiuto di collaborazione, il trascorrere di un lasso di tempo ragionevole. Sembra dunque configurarsi una sfasatura tra i presupposti sostanziali e quelli procedimentali, laddove la formulazione della norma in commento appare meno severa. In ogni caso, il criterio ermeneutico attraverso cui ricostruire la portata operativa del raccordo tra le due norme è quello che individua nell’effettività della tutela il fine ultimo da conseguire.
È su quest’ultimo concetto, infatti, che poggia la ratio della disposizione in esame (condivisa da quella precedente), e cioè l’elevazione del piano della tutela a momento centrale della garanzia dei diritti -soprattutto quelli riconducibili al paradigma del consumatore(3 )- e dell’effettiva azionabilità processuale a componente qualificante della vita degli interessi.
Il richiamo all’effettività(4), divenuto ormai consueto benché essa, più che un concetto dotato di una propria autonomia e rilevanza normative(5), costituisca una formula riassuntiva di un indirizzo di politica del diritto(6), presenta il perno concettuale che informa tanto le scelte del legislatore quanto quelle del giudice(7).
L’emersione delle teorie funzionaliste(8 )che fanno capo all’effettività del diritto, ha determinato «una tendenziale soprannanzionalizzazione e universalizzazione delle strutture e istituzioni di “composizione delle liti”» percepita già da tempo(9), che nell’ambito del diritto bancario appare oggi di particolare evidenza, assistendosi alla transizione dal banking supervision al banking resolution(10).
Sul piano operativo, l’assistenza prestata dalla Abe si sviluppa, a mente del richiamato art. 19 reg. (UE) n. 1093/2010, in due fasi temporali distinte, coincidenti con la preliminare apertura di un momento conciliativo volto all’individuazione di un accordo nel caso di conflitto tra autorità nazionali, durante la quale la Abe svolge il ruolo di mediatore (art. 19, par. 2). Nel caso la procedura conciliativa non dia esito positivo, e dunque nel permanere della controversia, l’Abe potrà adottare «misure specifiche o di astenersi dall’agire al fine di risolvere la questione, con valore vincolante per le autorità competenti interessate, e assicurare il rispetto del diritto dell’Unione» (art. 19, par. 3) finendo con il sostituirsi alle autorità nazionali ed emettendo decisioni vincolanti(11). Il ruolo dell’Abe è rafforzato dalla previsione di un potere d’intervento diretto sugli istituti oggetto della controversia tra le autorità di vigilanza nazionale (art. 19, par. 4).
La disposizione in commento, dunque, unitamente all’art. 19 reg. (UE) n. 1093/2010, contribuisce a delineare l’emersione di una tutela procedimentale dei conflitti (che si articola nelle due fasi conciliazione istituzionalizzata(12)/momento contenzioso) tra autorità in materia di cooperazione, la quale si svolge interamente davanti all’Autorità bancaria europea. Con l’inclusione di poteri di carattere giustiziale, tra le finalità di assistenza e controllo(13 )attribuiti all’Eba, il legislatore ha mostrato di aderire al modello collaudato di sistema integrato che, sul versante della funzione giurisdizionale, si bipartisce in attività contenziosa e semicontenziosa(14).
Durante la prima fase (ascrivibile, ricorrendo alle nostre categorie interne, alla c.d. giurisdizione condizionata) l’Abe viene investita del ruolo di «negoziatore che tenta di promuovere un accordo»(15), ossia quale sede privilegiata presso cui esperire il tentativo di conciliazione(16); il favor verso siffatto ruolo è espresso sul piano comunitario dalla direttiva 44/92 (art. 12) e successivamente dalla Direttiva 22/02 (art. 34) in materia di telecomunicazioni(17-18).
Nella seconda fase, invece, l’Abe viene dotata di poteri decisori e vincolanti, dismettendo la veste del soggetto che aiuta le parti a individuare un accordo e assumendo il ruolo di soggetto che impone una decisione eteronoma. La particolarità di tale modello di risoluzione amministrativa delle controversie si rinviene nella circostanza per cui il ruolo di mediatore, prima, e quello eventuale di decisore, poi, trovano come destinatari delle autorità di settore, e non controparti private.
In materia bancaria, dunque, si assiste dunque all’esportazione del modello integrato procedimentale/ giurisdizionale elaborato per le controversie consumeristiche, al di fuori dei confini che gli sono propri, impiantandolo nell’àmbito delle controversie tra autorità.


(1) G. MONTEDORO, Commento all’art. 7 Tub, in Commentario al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, a cura di F. Capriglione, Padova, 2001.

(2) C. DI NOIA - M.C. FURLO, The New Structure of Financial Supervision in Europe: What’s Next?, in Financial Regulation and Supervision. A post-crisis Analysis, a cura di Wymeersch, Hopt e Ferrarini, Oxford, 2012, p. 172 e ss.; M. CLARICH, L’ordinamento italiano del mercato finanziario tra continuità e innovazioni, in Quad. giur. comm., Milano, 2014, passim.; Diritto amministrativo europeo, a cura di M.P. Chiti, Milano, 2013, p. 84 e ss.; M. RISPOLI FARINA, Verso la vigilanza unica europea, Stato dell’arte, in La crisi dei mercati finanziari. Analisi e prospettive, a cura di S. Tonelli, Milano, 2013, p. 3; S. ANTONIAZZI, «L’unione bancaria europea: i nuovi compiti della Bce di vigilanza prudenziale degli enti creditizi e il meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie», in Riv. it. dir. pubbl. com., 2014, p. 359.

(3) In argomento v. G. CARRIERO, «Vigilanza bancaria e tutela del consumatore: obiettivi e strumenti», in Dir. banca merc. fin., 2013, I, p. 577.

(4) Per un inquadramento in ottica moderna e trasversale del principio d’effettività v. R. ORIANI, Il principio di effettività della tutela giurisdizionale, Napoli, 2008, spec. p. 17 e ss. L’effettività, dunque, alluderebbe non tanto e non solo ad un fatto empiricamente verificabile (F. SNYDER, New Directions in European Community Law, London, 1990, p. 3) quanto ad una qualità del sistema normativo storicamente individuato (N. LIPARI, «Il problema dell’effettività del diritto comunitario», in Riv. trim. dir. proc. civ., 2009, p. 887 e ss.).

(5) F. MATSCHER, «La nuova Corte europea dei diritti dell’uomo», in Riv. trim. dir. proc. civ., 1999, p. 218.

(6) F. SNYDER, «The Effectiveness of European Community Law: Institutions, Processes, Tools and Techniques», in 56 Mod. Law Rev., 1993, p. 19 e ss.

(7) Un sistema giuridico è dunque effettivo quando trova concreta corrispondenza nella realtà economico-sociale, nel senso che nel caso i comportamenti individuali o collettivi ad esso non si adeguino, sono operanti misure di tipo coercitivo che quell’adeguamento realizzano: A. DI MAJO, La tutela dei diritti, 4° ed., Milano, 1-2. Per il ricorso al concetto di effettività nella giurisprudenza della Corte di giustizia cfr. Cgce, 27 giugno 2000, cause riunite C-240- 244/98, Océano, in Racc., 2000, I, p. 4941 e ss., punto 26.

(8) Caratteristiche della “nuova cultura giuridica europea”: M.W. HESSELINK, La nuova cultura giuridica europea, a cura di G. Resta, Napoli, 2005, p. 111 e ss.

(9) M. CAPPELLETTI, «Il diritto comparato e il suo insegnamento in rapporto ai bisogni della società moderna», in Riv. dir. civ., 1968, p. 162 e ss; e ora in Processo e ideologie, Bologna, 1969, p. 265 e ss.

(10) Così come indicato nel titolo del contributo di M.P. CHITI, «The new banking union. The passage from banking supervision to banking resolution», in Riv. it. dir. pubbl. com., 2014.

(11) Questa è l’unica ipotesi in cui l’Abe si sostituisce alle autorità nazionali, consistendo i suoi compiti nella assistenza e indirizzo piuttosto che nella sostituzione: E. FERRAN, «Can Soft-Law Bodies Be Effective? The Special Case of the European Systemic Risk Board», in European Law Review, 2010, p. 9 e ss.

(12) Viene così definita la conciliazione che si svolge di fronte alle Autorità indipendenti: L. COCCHI, «Tecniche alternative di risoluzione delle controversie: il ruolo delle Autorità amministrative indipendenti», in Pol. dir., 1997, p. 437.

(13) Pur sempre ascrivibili al genere più ampio dei poteri di regolazione del mercato alle Autorità: P. SPADA, G. GITTI, La regolazione del mercato come strategia, in L’autonomia privata e le autorità indipendenti. La metamorfosi del contratto, a cura di Gitti, Bologna, 2006, p. 16 e ss.

(14) M. CLARICH, L’attività delle autorità indipendenti in forme semicontenziose, in I garanti delle regole, a cura di Cassese e Franchini, Bologna, 1995, p. 149 e 159 e ss.

(15) Modello di regolazione già sperimentato in altri settori dell’ordinamento: M. CLARICH, L’attività delle autorità indipendenti …, cit., p. 162.

(16) Per l’illustrazione delle ragioni per cui la giustizia coesistenziale è preferibile alla contrapposizione con cui si affrontano le parti sul piano processuale cfr. le riflessioni di G. CARRIERO, «Giustizia senza giurisdizione: l’arbitro bancario finanziario», in Riv. trim. dir. proc. civ., 2014, p. 161.

(17) G. DELLA CANANEA, Le procedure di conciliazione, in Diritti, interessi ed amministrazioni indipendenti, a cura di Francario, Milano, 2003, p. 77.

(18) M. CLARICH, L’attività delle autorità indipendenti …, cit., p. 161; cfr. anche V. ROPPO, «Sulla posizione e sul ruolo istituzionali delle nuove Autorità indipendenti», in Pol. dir., 2000, p. 162.

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