L'imposizione fiscale indiretta sugli atti dispositivi dell'azienda
L'imposizione fiscale indiretta sugli atti dispositivi dell'azienda (con cenni sulle imposte dirette)
di Angelo Piscitello
Notaio in Cefalù
1. Introduzione
L'azienda è un oggetto affascinante, è un insieme di beni e rapporti giuridici distinti ed eterogenei che vengono unificati da un elemento immateriale, l'organizzazione per fini produttivi, che dà loro "l'anima".
L'azienda è quindi concettualmente una universalità di beni(1) in quanto tutti gli elementi che la compongono - materiali e immateriali - hanno una destinazione unitaria: l'esercizio dell'impresa; di essa, almeno in senso economico, non fanno parte solo i beni in senso stretto, come definiti dall'art.810 del codice civile, ma anche i rapporti giuridici obbligatori che concorrono a creare l'organizzazione aziendale.
Il diritto positivo non sempre prende in considerazione l'azienda nella sua unitarietà; a volte i beni aziendali vengono in rilievo singolarmente, come avviene per le regole formali di circolazione che si applicano a ogni bene aziendale secondo la sua natura.
Anche il diritto tributario non dà all'azienda, nelle sue vicende traslative, un trattamento uniforme: a volte la considera un unico bene, assoggettandola a tassazione in modo unitario a prescindere dalla natura dei beni che la compongono, a volte la considera atomisticamente, assoggettando a tassazione in modo autonomo i singoli beni aziendali.
E infatti, come meglio si vedrà, nell'ambito delle imposte indirette:
- la cessione di azienda a titolo oneroso viene assoggettata a imposta di registro e alle imposte ipotecarie e catastali secondo la natura dei singoli beni che la compongono, anche se la sua unitarietà viene in rilievo per il calcolo della base imponibile;
- nel conferimento in società l'azienda ha in materia di imposta di registro e di imposte ipotecarie e catastali un trattamento unitario;
- nell'assegnazione a soci l'azienda viene considerate unitariamente in materia di imposta di registro ma gli immobili che eventualmente sono compresi nell'assegnazione vengono assoggettati ad autonoma tassazione con le imposte ipotecarie e catastali (almeno secondo quanto sostenuto dall'Amministrazione Finanziaria);
- nelle successioni e donazioni l'azienda viene considerata unitariamente;
- nell'affitto di azienda questa viene in rilievo unitariamente ma sono dettate regole particolari quando sono compresi nell'affitto beni immobili.
Nelle imposte dirette, gli articoli 58 (per l'Irpef) e 86 (per l'Ires) del D.P.R. 22 dicembre 1986 n.917 (Tuir) disciplinano le plusvalenze relative alle cessioni di azienda considerando questa unitariamente.
2. La cessione di azienda a titolo oneroso
2a) Generalità
Va innanzi tutto precisato che la cessione di azienda, anche se effettuata da un imprenditore nell'esercizio della sua attività, non è mai assoggettata a Iva(2); di conseguenza è sempre assoggettata a imposta di registro. La stessa regola vale per i rami di azienda.
La cessione a titolo oneroso dell'azienda è prevista come autonoma e unitaria fattispecie in materia di imposta di registro dagli articoli 51 e 52 del D.P.R. 26 aprile 1986 n.131 (Tur); l'art.51 comma 4 stabilisce che il valore delle aziende viene controllato con riferimento al valore complessivo dei beni che la compongono (esclusi motocicli, veicoli a motore, unità da diporto(3)), 'al netto delle passività risultanti dalle scritture contabili obbligatorie o da atti aventi data certa a norma del codice civile, tranne quelle che l'alienante si sia espressamente impegnato ad estinguere e quelle relative ai beni di cui al citato art.7 della parte prima della tariffa.'
Per quanto riguarda le aliquote, invece, non essendovi alcuna norma che considera l'azienda unitariamente, esse sono quelle applicabili ai singoli beni secondo la loro natura, sempre che vengano indicati nell'atto corrispettivi distinti; ed infatti, ai sensi dell'art.23 del D.P.R. 131/1986, 'Se una disposizione ha per oggetto più beni o diritti, per i quali sono previste aliquote diverse, si applica l'aliquota più elevata, salvo che per i singoli beni o diritti siano stati pattuiti corrispettivi distinti'.
Lo stesso articolo 23, al comma 4, precisa che 'Nelle cessioni di aziende o di complessi aziendali relativi a singoli rami dell'impresa, ai fini dell'applicazione delle diverse aliquote, le passività si imputano ai diversi beni sia mobili che immobili in proporzione del loro rispettivo valore.'
Il Tur provvede quindi testualmente a conciliare il principio di unitarietà contenuto nell'art.51, secondo il quale il valore di un'azienda ceduta è il suo valore complessivo, dato dalla somma algebrica delle attività e delle passività, con l'atomistica tassazione dei singoli beni secondo la loro natura.
Si rammenta che, poiché va stralciata dal computo della base imponibile la parte del corrispettivo attribuita ai motocicli, ai veicoli a motore e alle imbarcazioni da diporto, vanno parimenti escluse dal computo le passività relative a tali beni (ad esempio finanziamenti per il loro acquisto).
2b) Beni immobili
Gli immobili eventualmente compresi nella cessione vanno assoggettati a tassazione con le aliquote stabilite dall'art.10 comma 1 del D.lgs. 14 marzo 2011, n.23, modificato dall'art.26, comma 1, del D.L. del 12 settembre 2013, n. 104, convertito dalla L. 8 novembre 2013, n. 128, e quindi generalmente con l'aliquota del 9% (12% solo per i terreni agricoli(4)), applicata sul valore venale degli immobili al netto della quota di passività ad essi imputabile secondo il rapporto tra il loro valore e quello complessivo degli altri beni compresi nell'attivo.
Si rammenta che ai sensi del comma 2 della medesima norma l'imposta non può essere comunque inferiore a mille euro.
Ciò può comportare che, anche per la presenza di rilevanti debiti aziendali, il valore degli immobili sia tale che l'imposta di registro proporzionale risulti inferiore a mille euro e quindi, secondo quanto ritenuto dall'Agenzia delle Entrate nella recente circolare 21 febbraio 2014 n.2/E, sia comunque dovuta l'imposta minima di mille euro, alla quale andrebbe aggiunta la ordinaria imposta di registro per il trasferimento dei beni di diversa natura, nella misura proporzionale effettiva, ancorché inferiore alla misura fissa di euro duecento.(5)
Questa opinione a mio avviso non è totalmente condivisibile: nella detta circolare l'Agenzia delle Entrate la "nuova" imposta di registro applicabile agli atti traslativi a titolo oneroso su beni immobili (che assorbe anche i tributi minori e riduce a due "mini" imposte fisse da euro cinquanta ciascuna le imposte ipotecarie e catastali, fissando in mille euro l'imposta minima per tali atti) viene considerata un "microcosmo" assolutamente separato dal resto delle imposte sui trasferimenti, da liquidare in modo autonomo; se però si ritiene che l'imposta minima sia in realtà una tassa che remunera i servizi collegati alla registrazione, trascrizione e voltura dell'atto (inteso come documento comprendente tutte le disposizioni in esso contenute) e che sia dovuta in misura fissa quando l'imposta proporzionale non riesce a coprire i costi minimi di tali servizi, si deve ritenere che la tassazione di un atto, contenente oggetti immobiliari e non, si debba comunque effettuare sommando tutte le imposte proporzionali calcolate applicando alle varie componenti le aliquote proprie e, solo se tale somma sia inferiore al minimo di mille euro, pagare soltanto tale minimo.(6)
Saranno anche dovute:
- le imposte ipotecaria e catastale nella misura di cinquanta euro ciascuna;(7) si deve precisare che l'imposta ipotecaria non è mai dovuta, per gli immobili compresi nell'azienda, nella misura "rafforzata" del 3% prevista per il trasferimento a titolo oneroso di immobili strumentali dall'art.1, comma 1 bis, della Tariffa allegata al D.lgs. 31 ottobre 1990, n.347. E infatti tale misura "rafforzata", stante il riferimento all'art.10, primo comma, numero 8-ter, del D.P.R. 633/1972, è applicabile solo quando il trasferimento rientra nel campo di applicazione dell'Iva, tanto se assoggettato a tale imposta quanto se esente. Non si applica invece alle operazioni, come la cessione di azienda, che restano fuori dal campo Iva;
- l'imposta di bollo nella misura residuale di quarantacinque euro prevista per gli atti soggetti a pubblicità nel registro delle imprese e non in quella di trecento euro prevista per gli atti che comportano sia formalità nei registri immobiliari che formalità nel registro delle imprese, in quanto il trasferimento immobiliare è esente da bollo e quindi non può rilevare per assoggettare l'atto alla (maggiore) imposta dovuta quando vengono espletate due formalità entrambe soggette a imposta di bollo.
2c) Beni mobili
La cessione della componente mobiliare o immateriale dell'azienda (salvo i veicoli, esclusi dalla base imponibile ai fini dell'imposta di registro, come detto) viene assoggettata a imposta di registro con l'aliquota residuale del 3%, ai sensi dell'art.2 della tariffa parte I allegata al D.P.R. 131/86.
L'Amministrazione finanziaria, in una sua non recente risoluzione(8), ha ritenuto che il valore attribuito ai beni mobili nel contratto di cessione non sia assoggettato a giudizio di congruità in quanto per essi l'unico elemento di determinazione del valore sarebbe costituito dalle risultanze dei libri contabili obbligatori o da altri atti aventi data certa; tale opinione, ormai consolidata nella prassi, è stata assoggettata a qualche critica dottrinale basata sull'argomento letterale della non espressa esclusione del giudizio di congruità nel testo degli artt.51 e 52 del DPR 131/86. (9)
Per quanto riguarda il valore attribuito all'avviamento, invece, esso è senza dubbio suscettibile di rettifica da parte dell'Agenzia delle Entrate ed è spesso oggetto di contenzioso.
E' quindi prassi comune, anche se l'avviamento è assoggettato alla medesima aliquota dei beni mobili, distinguere in atto i due valori.
Va notato che dal punto di vista concettuale potrebbe sembrare non corretto indicare il valore dell'avviamento: esso non è un bene autonomo ma è una qualità dell'azienda, è la sua capacità di produrre un profitto attraverso l'organizzazione dei fattori produttivi.
E' però naturale che tale qualità rilevi nella contrattazione, nella quale per arrivare a stabilire il prezzo è spesso determinante non il valore dei singoli beni ma proprio il plus dato dalla capacità di tali beni, organizzati, di produrre un reddito per il titolare dell'azienda.
E' quindi corretto che all'avviamento venga attribuito un valore rilevante ai fini fiscali, rettificabile da parte degli uffici finanziari nell'ambito del controllo sul complessivo valore dell'azienda.
L'avviamento può essere anche negativo, quando il valore dell'azienda risulta inferiore alla somma dei singoli componenti; in questi casi a volte l'acquirente acquista comunque fiducioso nelle proprie capacità di trarre reddito dall'azienda mutandone l'organizzazione.
Esistono nella dottrina aziendalistica vari criteri per la valutazione dell'avviamento.
Il D.P.R. 31 luglio 1996, n. 460, che aveva introdotto criteri omogenei di quantificazione, è stato abrogato dal D.lgs. 19 giugno 1997, n. 218, in attuazione delle disposizioni relative all'accertamento per adesione.(10) Tuttavia l'Agenzia delle Entrate, con comunicazione n. 52 del 5 marzo 2003, ha precisato che il valore dell'avviamento può continuare a essere quantificato secondo il metodo che era stato fissato dalla disposizione abrogata, che comunque non è vincolante e, come la giurisprudenza ha affermato, può al massimo portare a una semplice presunzione che il contribuente può vincere dimostrando le ragioni dello scostamento dei valori da lui assunti rispetto a quelli risultanti dall'applicazione dei parametri.(11)
La rideterminazione del valore dell'avviamento in sede di rettifica ai fini dell'imposta di registro non può essere automaticamente utilizzata per rettificare il valore di avviamento ai fini della determinazione della plusvalenza in capo al cedente, ma, secondo la giurisprudenza, costituisce una presunzione semplice che può essere vinta dalla prova contraria data dal contribuente(12).
2d) Contratti, crediti, debiti
Varie questioni si sono poste per il trasferimento dei contratti, dei crediti e dei debiti pertinenti all'azienda.
* Per i contratti l'art.2558 c.c. stabilisce che l'acquirente dell'azienda subentra nei contratti stipulati per l'esercizio dell'azienda stessa che non abbiano carattere personale, salvo patto contrario; il principio è confermato dall'art.2112 c.c. per i contratti di lavoro e dall'art.36 della legge 27 luglio 1978, n.392, per i contratti di locazione degli immobili aziendali. La cessione dei contratti è dunque un effetto naturale del contratto, derogabile per volontà delle parti.
In materia va ricordato che una pronuncia della Cassazione(13) ha affermato l'autonoma tassazione della cessione del contratto di locazione contenuta in una cessione di azienda, ritenendo che tale cessione costituisca ai sensi dell'art.21 Tur una autonoma disposizione e che la connessione tra le disposizioni contenute in unico atto, per giustificare l'unica tassazione ai sensi del secondo comma dell'art.21, debba essere non meramente volontaria ma "assolutamente necessaria per esigenza obiettiva del negozio giuridico".
Tale pronuncia non appare condivisibile perchè applica nel caso di specie l'art.21 del Tur, che riguarda un atto contenente più disposizioni, e non l'art.23 del Tur che riguarda invece l'unica disposizione avente per oggetto più beni o diritti per i quali sono previste aliquote diverse; come si ricava in materia di imposta di registro dall'art.51, comma 4, del Tur, la cessione di azienda è comunque un unico negozio, con unica causa, anche se le aliquote da applicare al trasferimento dei singoli beni e diritti vengono distinte secondo la loro natura.(14)
Se i contratti sono elementi dell'azienda, si pone il problema del valore da attribuire loro in sede di cessione; in base ai principi contabili (vedi art.2424 c.c.) ad essi non viene attribuito un autonomo valore, ma vengono scomposti in crediti e debiti; non vi è però dubbio che la presenza di particolari contratti possa essere un valore in sè; in questo caso è da ritenere che tale valore sia uno degli elementi da considerare per la determinazione del valore dell'avviamento.
* L'art.2559 c.c. non dice espressamente se i crediti aziendali, in mancanza di pattuizione espressa, si trasferiscano o meno all'acquirente, ma si occupa soltanto degli effetti di tale cessione nei confronti del debitore e dei terzi. E' opinione prevalente che i crediti restino in capo al cedente a meno che non ne venga espressamente pattuita la cessione.
Se comunque nella cessione dell'azienda sono compresi crediti, è discusso se la loro cessione debba essere assoggettata all'aliquota (residuale) del 3% ovvero all'aliquota dello 0,50%.
E' stato infatti osservato(15) che, poiché il trasferimento dei singoli beni aziendali nell'ambito dell'unitaria cessione di azienda viene tassato con le aliquote previste per ogni bene secondo la sua natura, non vi è ragione di non applicare tale regola anche ai crediti aziendali e quindi di assoggettare il loro trasferimento, se è previsto un distinto corrispettivo, all'aliquota dello 0,50% prevista dall'art.6 della Tariffa parte prima allegata al Tur.
* Per quanto riguarda i debiti va preliminarmente rilevato che l'art.2560 del codice civile non stabilisce espressamente che i debiti aziendali si trasmettono all'acquirente ma solo che l'alienante non è liberato dai debiti anteriori al trasferimento se non risulta che i creditori vi hanno consentito e che comunque, in caso di trasferimento di un'azienda commerciale, l'acquirente risponde comunque dei debiti risultanti dai libri contabili obbligatori (e quindi risponde anche se, nei rapporti interni, il debito era rimasto a carico dell'alienante).
Si ritiene quindi che la successione nel debito aziendale non costituisce un elemento naturale della cessione di azienda e che i debiti restino a carico dell'alienante salvo espresso accollo da parte dell'acquirente.
La conseguenza di ciò in tema di imposta di registro è che l'accollo dei debiti va considerato una disposizione autonoma, ma ciò non significa che esso sia da assoggettare a tassazione autonomamente(16).
E infatti è vero che l'art.46 del D.P.R. 131/1986 stabilisce al 2° comma che 'I debiti o gli altri oneri accollati e le obbligazioni estinte per effetto dell'atto concorrono a formare la base imponibile', ma è anche vero che l'art.21, ultimo comma, del medesimo D.P.R. stabilisce che 'Non sono soggetti ad imposta gli accolli di debiti ed oneri collegati e contestuali ad altre disposizioni ...'.
La conseguenza è che, se l'accollo di tutti o alcuni dei debiti aziendali è espressamente pattuito, esso non è soggetto a tassazione perché è collegato e contestuale alla (unitaria) cessione dell'azienda e, d'altra parte, questa, ai sensi dell'art.51 del Tur, va assoggettata a tassazione sulla base del suo valore al netto delle passività(17); se l'accollo di queste fosse tassato autonomamente la tassazione avverrebbe in pratica non più sul valore netto ma su quello lordo.
* Per quanto riguarda le imposte dirette, la cessione di azienda può dar luogo a tassazione se il cedente realizza una plusvalenza, vale a dire se il corrispettivo che ricava dalla cessione è maggiore del costo fiscalmente riconosciuto dei beni ceduti; il computo va effettuato in relazione all'intera azienda quale universalità, comprendendovi anche le merci, che in sé non generano plusvalenza(18).
La plusvalenza costituisce un reddito di impresa(19) se il cedente è e mantiene con la cessione la qualifica di imprenditore, è un reddito diverso a fini Irpef(20) se il cedente non è imprenditore o perde tale qualifica con la cessione ovvero se l'azienda era pervenuta per successione o donazione.
Nel primo caso (reddito di impresa), se l'azienda è posseduta da almeno tre anni è possibile la rateizzazione in quote costanti per massimo cinque anni. Se il cedente è persona fisica è possibile la tassazione separata con aliquota pari a quella applicabile alla metà del reddito del biennio anteriore alla cessione.
Nel secondo caso (redditi diversi) non è possibile la rateizzazione e la plusvalenza contribuisce a costituire il reddito dell'anno in cui viene incassato il corrispettivo (principio di cassa).
La plusvalenza realizzata mediante cessione a titolo oneroso di azienda concorre a formare il reddito a fini Ires ai sensi dell'art.86 del D.P.R. n.917/1986; l'azienda viene considerata unitariamente, compreso l'avviamento.
La responsabilità fiscale del cessionario per gli eventuali debiti fiscali del cedente è limitata al valore dell'azienda o del ramo di azienda oggetto di trasferimento. Il cessionario può richiedere all'Amministrazione finanziaria un certificato sull'esistenza delle contestazioni in corso e di quelle già definite che presentano debiti tributari non soddisfatti dal cedente alla data del trasferimento. La responsabilità del cedente è così limitata solo ai debiti risultanti dal certificato e nel limite massimo del valore dell'azienda. Se dal certificato non risultano pendenze, il cessionario è liberato da qualsiasi responsabilità.
3) Il conferimento di azienda
Anche il conferimento di aziende in società non è assoggettato ad Iva in quanto, ai sensi dell'art.2, comma 3, lettera b), del D.P.R. n.633/1972, non è considerato "cessione di bene"; di conseguenza è sempre soggetta a imposta di registro.
Ai fini dell'imposta di registro l'azienda viene considerata in sede di conferimento in società come una fattispecie unitaria: l'art.4 della tariffa allegata al D.P.R. 131/1986 assoggetta a imposta fissa il 'conferimento di proprietà o diritto reale di godimento su aziende o su complessi aziendali relativi a singoli rami dell'impresa' in 'società di qualunque tipo ed oggetto' e in 'enti diversi' 'aventi per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali o agricole'.
L'imposta fissa è stata introdotta dall'art.10 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, al fine di armonizzare la normativa italiana ai precetti contenuti nella Direttiva del Consiglio dei Ministri dell'Unione Europea del 18 luglio 1969, n.335, come modificata dalla Direttiva n.303 del 10 giugno 1985 concernente la tassazione indiretta sulla raccolta di capitali(21).
L'adeguamento della legislazione italiana è avvenuto con notevole ritardo e con ancora maggiore ritardo l'amministrazione finanziaria ha riconosciuto che l'imposta fissa di registro si deve applicare - secondo i principi dettati dalla detta Direttiva - anche ai conferimenti di aziende che comprendono beni immobili.(22)
E' da notare che la recente riforma della tassazione degli atti traslativi a titolo oneroso di beni immobili(23) non influisce sulla norma in esame in quanto ha modificato solo l'art.1 della tariffa parte I allegata al Tur e non l'art.4 della medesima, relativo agli atti societari; di conseguenza l'imposizione sui conferimenti è rimasta immutata salvo che per i conferimenti di proprietà o diritti reali di godimento su beni immobili, per i quali si applicano "le stesse aliquote di cui all'art. 1" e vi è quindi un espresso rinvio, da ritenere dinamico, alle disposizioni ora modificate.
Di conseguenza il conferimento di azienda contenente beni immobili continua a scontare l'imposta di registro nella misura fissa, ora di euro duecento, ed è soggetto a imposta di bollo di euro trecento (per gli atti immobiliari soggetti anche a pubblicità nel registro delle imprese), la tassa ipotecaria (euro trentacinque) e il tributo speciale catastale (euro cinquantacinque).
Per quanto riguarda le imposte ipotecarie e catastali, esse si applicano nella misura fissa oggi di euro duecento al 'conferimento di aziende o di complessi aziendali relativi a singoli rami dell'impresa' in forza:
- dell'art.4 della tariffa allegata al D.lgs. 347/1990 per l'imposta ipotecaria;
- dell'art.10 comma 2 del medesimo D.lgs. 347/1990 per l'imposta catastale.(24)
4) La cessione di azienda e l'elusione
L'assoggettamento della cessione di azienda a imposta di registro proporzionale da applicare ai singoli beni che la compongono con l'aliquota loro propria può comportare a volte un'imposizione gravosa, alla quale gli operatori cercano di sfuggire; per converso l'Agenzia delle Entrate, quando una fattispecie appare produrre gli stessi effetti economici di una cessione di azienda pur non essendo espressamente qualificata come tale, cerca di affermare quella che ritiene essere la sostanza dell'atto e pretende quindi le maggiori imposte previste per la cessione di azienda in luogo di quelle, minori, previste per la fattispecie quale appare.
Tre sono le fattispecie che più hanno dato origine a pronunce giurisprudenziali:
a) La vendita frazionata
Come si è visto, la cessione di azienda non costituisce cessione a fini Iva e quindi non è soggetta a tale imposta.
L'assoggettamento a Iva risulterebbe però a volte vantaggioso a fini fiscali; infatti, anche in presenza di aliquote maggiori di quelle previste per l'imposta di registro, si deve tenere conto che l'Iva è per l'acquirente una partita di giro, in quanto può detrarne l'importo, mentre l'imposta di registro è un costo che può al massimo ammortizzare in più anni.
A ciò va aggiunta la mancata tassazione dell'avviamento, anche ai fini delle imposte dirette, e, last but not least, il risparmio dei costi notarili, dato che l'art.2556 2° comma c.c. prescrive che, per le imprese soggette a registrazione, l'atto di cessione deve essere depositato per l'iscrizione nel registro delle imprese e a tale scopo deve avere la forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata.
Accade quindi che le parti, anziché stipulare un formale atto di cessione di azienda, procedono a una vendita frazionata dei vari beni che la compongono facendo emettere all'alienante varie fatture intestate all'acquirente, relative ai singoli beni(25).
Per poter verificare se si tratti effettivamente di una vendita di singoli beni ovvero di una cessione di azienda occorre indagare sull'effettiva volontà delle parti, accertando in primo luogo, come affermato dalla giurisprudenza, la presenza o meno del requisito qualificante dell'organizzazione dei beni(26).
Si è riconosciuto che tale organizzazione può essere anche potenziale, ritenendosi sussistente una cessione di azienda anche in mancanza di attuale esercizio dell'attività. (27)
Non è invece stata considerata cessione di azienda la mera cessione di un immobile già adibito ad albergo, mancando nel caso l'organizzazione di vari beni a fini produttivi. (28)
La espressa mancanza di un corrispettivo per l'avviamento non è stata invece ritenuta rilevante, perché, ovviamente, tale corrispettivo, oltre a essere occultato, potrebbe anche essere stato in concreto "spalmato" nelle varie cessioni dei singoli beni.
b) Il conferimento in società dell'azienda e la successiva cessione delle partecipazioni della società conferitaria
Le Agenzie delle Entrate, supportate da una parte della giurisprudenza (in special modo la giurisprudenza di legittimità(29)), hanno spesso ritenuto di assoggettare a tassazione come cessione di azienda l'operazione complessa costituita dal conferimento in società di un'azienda (spesso con beni immobili), seguita a breve dalla cessione di tutte le partecipazioni della società conferitaria, ritenendo applicabile l'art.20 del Tur che dispone che l'imposta di registro deve essere applicata 'secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati per la registrazione, anche se non vi corrisponde il titolo o la forma apparente'(30). E infatti, scindendo l'operazione 'cessione di azienda' nelle due operazioni 'conferimento' e 'cessione delle quote' si ottiene un consistente guadagno di imposta in quanto queste ultime sono entrambe soggette a imposta di registro in misura fissa al posto dell'imposta proporzionale che avrebbe scontato la cessione di azienda.
La giurisprudenza ha ritenuto che l'art.20 del Tur sarebbe espressione di un generale principio antielusivo immanente nell'ordinamento tributario(31).
Anche tale opinione è stata vivacemente contrastata dalla dottrina, anche notarile(32), che sostiene:
- che non esiste il preteso generale principio antielusivo, neanche di derivazione europea;
- che tale principio, anche se vi fosse, non sarebbe applicabile in materia di imposta di registro quando occorre prendere in considerazione elementi estranei al singolo atto presentato per la registrazione (cfr. art.20 Tur);
- che comunque, essendo diversi gli effetti della cessione di azienda e del conferimento dell'azienda con successiva cessione delle partecipazione in società, non è possibile sostenere che unico scopo delle parti è quello di ottenere un vantaggio fiscale.
E' infatti da notare che gli effetti degli atti "combinati" e della cessione di azienda non sono esattamente i medesimi, come invece vorrebbe sostenere l'amministrazione finanziaria; con gli atti "combinati" il soggetto beneficiario della cessione diviene titolare dell'intero capitale di una società con responsabilità limitata, mentre nel caso di cessione di azienda diviene titolare di questa e la gestisce in forma di impresa individuale, con responsabilità illimitata. Vi sono quindi evidenti e valide ragioni economiche per procedere al conferimento dell'azienda in società.
Gli effetti sono i medesimi, invece, se invertiamo l'ordine in cui poniamo in essere le fattispecie: 'conferimento di azienda' + 'cessione di quote' ovvero 'cessione di azienda' + 'conferimento'.
Nel primo caso applichiamo due imposte fisse di registro mentre nel secondo applichiamo imposte proporzionali nel primo atto e imposta fissa nel secondo e abbiamo quindi un maggior onere.
Ma, se anche fosse vero che esiste un generale principio antielusivo, per cui il contribuente non deve porre in essere atti non giustificati da ragioni economiche effettive ma solo da ragioni di convenienza fiscale, non può essere vero che il contribuente, tra due atti o procedimenti entrambi leciti ma con diverso trattamento fiscale debba necessariamente scegliere quello per lui più oneroso.
c) La cessione di tutte le quote o azioni di una società
A volte l'Agenzia delle Entrate si è spinta a considerare elusiva anche l'operazione di cessione dell'intero capitale di una s.r.l. anche se non preceduta a breve distanza dal conferimento di immobili o aziende, riqualificandola come cessione di azienda.
Ma in questa fattispecie è assolutamente impossibile pensare a un intento elusivo: la cessione di azienda e la cessione di quote sociali (una o più non importa) sono fattispecie tipiche beni distinte sia nel diritto civile che nel diritto tributario.
In tema di imposta di registro il legislatore ha fatto una scelta politica di favore stabilendo per le cessioni di quote sociali non un'aliquota proporzionale ma solo l'imposta fissa e ciò avendo ben chiaro che anche le cessioni di quota sono manifestazioni di capacità economica.
Una volta che i beni sono entrati in una società commerciale e sono quindi destinati allo svolgimento di un'attività produttiva, il trasferimento viene agevolato per favorire i traffici economici, per rendere più agevole il trasferimento della ricchezza nell'ambito del mondo dell'impresa.
Non essendovi in tema di imposta di registro alcuna distinzione tra cessione di una quota, di un pacchetto di maggioranza o dell'intero capitale sociale, l'amministrazione finanziaria non può quindi sostituirsi al legislatore sottraendo al regime di favore una fattispecie che è stata da questo volutamente esclusa da una tassazione proporzionale (33).
4) L'assegnazione di azienda a socio
Ai fini dell'Iva e dell'imposta di registro l'assegnazione di un'azienda o di un ramo di essa al socio è soggetto al medesimo trattamento del conferimento: non è considerato cessione per l'Iva ed è quindi soggetto a imposta di registro, che, come disposto dalla lettera d) del comma 1 dell'art.4 della tariffa, si applica con 'le stesse aliquote di cui alla lett. a)' e quindi in misura fissa.
Diverso è invece il trattamento in materia di imposte ipotecaria e catastale: e infatti i citati art.4 della tariffa allegata al D.lgs.347/1990 e art.10 comma 2 del medesimo D.lgs. assoggettano a imposta fissa il 'conferimento di aziende o di complessi aziendali relativi a singoli rami dell'impresa' ma non dispongono per le assegnazioni di aziende a soci e non contengono una norma di rinvio analoga a quella contenuta nel Tur.
Di conseguenza l'Agenzia delle Entrate ritiene che le imposte ipotecarie e catastali siano dovute nella misura proporzionale.(34)
E' però possibile opinare diversamente, sulla base della considerazione che l'assegnazione dell'azienda a socio è operazione analoga e inversa rispetto al conferimento e non fa fuoriuscire i beni aziendali dall'impresa.(35)
E' da notare che comunque il trattamento tributario dell'assegnazione a socio dell'azienda contenente beni immobili ai fini delle imposte ipotecaria e catastale non è influenzato dalle nuove norme in tema di tassazione dei trasferimenti a titolo oneroso di immobili(36) che prevedono in euro 50 la misura fissa di tale imposta per le fattispecie 'di cui ai commi 1 e 2 dell'art.10' e cioè per gli atti assoggettati alla nuova imposta di registro in misura proporzionale, mentre, come detto, le assegnazioni di aziende a socio sono soggetta a imposta di registro in misura fissa.
Saranno quindi dovute l'imposta di bollo di euro trecento, la tassa ipotecaria (euro trentacinque) e il tributo speciale catastale (euro cinquantacinque).
Se accettiamo la tesi dell'amministrazione finanziaria per la quale le imposte ipotecaria e catastale sono dovute in misura proporzionale si pone il problema della base imponibile su cui applicare tale imposta.
L'amministrazione finanziaria(37), supportata dalla giurisprudenza(38), sostiene che essa sia data dal valore dell'immobile, senza imputazione di alcuna passività; nonostante il richiamo legislativo alla base imponibile determinata ai fini dell'imposta di registro(39), ritiene di applicare l'imposta al valore dell'immobile senza tener conto delle passività, sostenendo che il presupposto delle imposte ipotecarie e catastali sia rappresentato dalle formalità di trascrizione e di voltura, miranti a rendere certo il passaggio di proprietà di un bene a tutela della pubblica fede, mentre l'imposta di registro colpisce la ricchezza trasferita; di conseguenza ritiene che si debba fare riferimento esclusivamente al valore del bene o diritto che è oggetto delle formalità.
Il Notariato non ha mai condiviso tale tesi, che non tiene in conto l'unitarietà della fattispecie "trasferimento di azienda", manifestazione di unica capacità contributiva e ritiene quindi che non vi sia ragione per non calcolare la base imponibile ai sensi dell'art.51 del D.P.R. n.131/1986 e quindi sul valore degli immobili al netto della proporzionale quota di passività determinata in base al rapporto tra il loro valore e quello dell'intera azienda(40).
Va infine precisato che comunque, essendo l'assegnazione dell'azienda fuori campo Iva (e non esente), l'imposta ipotecaria, anche in caso di immobili strumentali per natura, è dovuta nell'ordinaria misura del 2% e non in quella "rafforzata" del 3%; l'articolo 1- bis della tariffa allegata al D.lgs. 347/1990, si applica, difatti, alle sole cessioni di fabbricati strumentali per natura, imponibili - o esenti - ai fini Iva, ma non a quelle escluse dall'imposta su valore aggiunto.
Infine si deve notare che l'art.2500 septies c.c. introdotto dal D.lgs 17 gennaio 2003, n.6, ha - forse sorprendentemente - ammesso la trasformazione da società di capitali in comunione di azienda e quindi in questo caso non si riscontra più una assegnazione di azienda ai soci e, anche dal punto di vista fiscale, l'operazione va considerata una trasformazione con la conseguente imposizione in misura fissa. La giurisprudenza ritiene che tale norma sia eccezionale e quindi non suscettibile di interpretazione analogica e in particolare ritiene che non sia applicabile alla continuazione in forma di impresa individuale di una società di persone sciolta per il venir meno della pluralità dei soci, la quale quindi, nei limiti in cui è considerata ammissibile, comporta una assegnazione di azienda al socio.
Tuttavia in una risposta a quesito,(41) l'Ufficio Studi del CNN ha ritenuto - pur con cautela - che l'art.2500 septies si applichi anche alla società a responsabilità limitata unipersonale, nella quale la trasformazione non è in comunione di azienda ma in impresa individuale.
5) L'azienda trasferita per donazione e per successione mortis causa
Nell'ambito dell'imposta sulle successioni e donazioni l'azienda viene in rilievo nella sua universalità: l'art.15 del D.lgs. 31 ottobre 1990, n.346, stabilisce che il suo valore è quello complessivo dei beni e diritti che la compongono al netto delle passività.
Il trasferimento dell'azienda (o di un ramo di azienda) non è però soggetto a imposta, ai sensi del comma 4 ter dell'art.3 del medesimo D.lgs. se avviene, anche tramite patto di famiglia:
- a) in favore dei discendenti o del coniuge del de cuius o del donante;
- b) se i beneficiari proseguono l'esercizio dell'attività di impresa per un periodo non inferiore a cinque anni dal trasferimento, rendendo, in seno alla dichiarazione di successione o all'atto di donazione, apposita dichiarazione in tal senso(42).
Sussistendo tali condizioni non sono dovute neanche le imposte ipotecarie e catastali (D.lgs n.347/1990: art.1 comma 2 per l'imposta ipotecaria e art.10, comma 3 per l'imposta catastale).(43)
Il mancato rispetto della condizione sopra distinta con "b" comporta la decadenza dal beneficio con la conseguenza che le imposte sono dovute nella rispettiva misura ordinaria e sono applicabili le sanzioni amministrative del trenta per cento degli importi non versati più gli interessi di mora.
Le disposizioni tendono a favorire il passaggio generazionale delle imprese, favorendo la continuazione dell'attività e attenuando con un trattamento particolarmente agevolato le criticità che accompagnano spesso tale passaggio.
La legge opportunamente dispone che l'agevolazione si applica anche quando il trasferimento avviene tramite i patti di famiglia di cui all'art.768 ss. c.c. e cioè quei patti che permettono la trasmissione dei beni di impresa (aziende e partecipazioni societarie) a quei familiari che intendono continuare l'attività, mettendoli al riparo da eventuali azioni tese a far valere lesioni di legittima.
Quando l'imprenditore individuale lascia o dona la sua azienda a più soggetti, questi devono continuare l'attività in forma societaria; è stato chiarito che la regolarizzazione in società di persone o di capitali della comunione ereditaria di azienda o il conferimento in società, di persone o di capitali, dell'azienda donata a più soggetti non comportano decadenza dall'agevolazione(44). Non comporta decadenza neanche il conferimento in una società con terzi, purchè i beneficiari dell'agevolazione ne abbiano il controllo.
Sotto il profilo delle imposte dirette, va ricordato che l'art.58, I comma, del D.P.R. n.917/1986 dispone che 'Il trasferimento di azienda per causa di morte o per atto gratuito non costituisce realizzo di plusvalenze dell'azienda stessa' e che 'l'azienda è assunta ai medesimi valori fiscalmente riconosciuti nei confronti del dante causa'. Il trasferimento, quindi, è fiscalmente neutro e l'imposizione viene rinviata a un'eventuale successiva cessione da parte del beneficiario, il quale determinerà la sua plusvalenza in base al valore che l'azienda aveva in capo al de cuius o al donante.
E' parimenti neutro ai fini delle imposte dirette anche l'eventuale conferimento dell'azienda ricevuta per successione o donazione in società, ai sensi dell'art.176 del D.P.R. n.917/86, sempre che venga rispettato il principio di continuità dei valori fiscali. (45)
6) L'affitto di azienda: cenni
Anche se il presente lavoro ha ad oggetto i trasferimenti di azienda, è opportuno inserirvi anche, per completezza, qualche cenno alle principali problematiche relative alle imposte applicabili all'affitto di azienda, affitto che è a volte "combinato" con la cessione dell'azienda, come quando si pattuisce che l'affittuario, al termine di un certo periodo nel quale può valutare la redditività dell'azienda, possa acquistarla a un prezzo determinato o determinabile.
L'affitto di azienda, se effettuato dall'imprenditore nell'esercizio dell'impresa costituisce prestazione di servizi ed è quindi soggetto a Iva ai sensi dell'art.3 del D.P.R. 633/1972.
Se invece l'azienda viene affittata da un soggetto non imprenditore (ad esempio gli eredi di un imprenditore defunto che non continuano l'attività) o da un soggetto che con l'affitto perde la sua qualità di imprenditore (imprenditore individuale che affitta la sua unica azienda), è soggetto a imposta di registro con l'aliquota residuale del 3%, con una base imponibile calcolata, ai sensi dell'art.43, lettera h) del D.P.R. 131/1986, sull'ammontare complessivo dei canoni per tutta la durata del contratto.
L'art.35, comma 10-quater, del D.L. 4 luglio 2006, n.223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n.248, ha introdotto in tema di affitto di azienda, la seguente disposizione: 'Le disposizioni in materia di imposte indirette previste per le locazioni di fabbricati si applicano, se meno favorevoli, anche per l'affitto di aziende il cui valore complessivo sia costituito, per più del 50 per cento, dal valore normale di fabbricati, determinato ai sensi dell'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.633'.
E' stato precisato che per l'applicazione della norma devono sussistere entrambe le condizioni in essa indicate.(46)
La norma, di non facile interpretazione, appare avere un intento antielusivo: evitare che le parti "travestano" da affitto di azienda una locazione di fabbricati per ottenere un migliore trattamento ai fini delle imposte indirette.
Essa non pone problemi quando l'affitto di azienda è soggetto a imposta di registro, in quanto l'aliquota del 3% è comunque superiore a quella massima prevista per le locazioni (2%).
Quando invece l'affitto è soggetto a Iva si pongono all'interprete una serie di problemi:
* 1) se la comparazione debba tenere conto anche degli effetti che il trattamento fiscale di esenzione o imponibilità Iva produce in termini di detrazione dell'Iva assolta sugli acquisti e la risposta dell'Agenzia delle Entrate(47) è stata negativa, dato che per legge la scelta sull'applicazione del regime di esenzione o meno spetta al locatore; di conseguenza, nota l'agenzia, 'in sostanza l'applicazione del regime di tassazione previsto per i fabbricati strumentali risulterà sempre più sfavorevole rispetto a quello previsto per le locazioni di azienda';
* 2) quale sia il criterio per la valutazione dell'azienda da utilizzare per verificare la condizione che il valore normale degli immobili superi il cinquanta per cento del valore dell'azienda, dato che la norma richiama l'art.14 del D.P.R. 633/1972 (48) solo per quanto riguarda i fabbricati; l'Agenzia, nella stessa circolare n.12/E del 2007, ha precisato che, per ragioni di omogeneità, anche per la valutazione dell'azienda occorre applicare lo stesso criterio;
* 3) se per stabilire quale sia la normativa più favorevole si debba tener conto della riduzione dell'imposta di registro dettata dalla nota I) all'art.5 della tariffa parte I allegata al D.P.R. 131/1986 per il pagamento in unica soluzione per l'intera durata del contratto al posto del pagamento annuale consentito dall'art.17 comma 3 del medesimo D.P.R.(49); la risposta data dall'Agenzia delle Entrate è affermativa(50) Di conseguenza, risulta applicabile al contratto l'imposta di registro prevista per le locazioni di immobili, risulterà applicabile tutta la disciplina compresa la possibilità di pagamento annuale ovvero la riduzione in caso di pagamento immediato (51)
* 4) se nel valutare gli immobili debba tenersi conto solo di quelli di proprietà del concedente ovvero anche di quelli che questi conduce in locazione o in comodato; non vi sono pronunce dell'amministrazione finanziaria ma l'Ufficio Studi del CNN (52) ha convincentemente affermato che gli immobili condotti in locazione non fanno parte del patrimonio aziendale e quindi non è possibile che essi possano costituire il cinquanta per cento del valore dell'azienda.
Stante quanto sopra è opportuno che nei contratti di affitto di azienda con immobili vengano inserite apposite clausole per dichiarare se sussista o meno la condizione che il valore degli immobili sia o meno superiore al cinquanta per cento del valore dell'azienda, indicandone le conseguenze fiscali.
E' poi da ritenere consentito e consigliabile procedere a una distinzione della parte di corrispettivo riferibile al godimento dei fabbricati (e quindi alla loro locazione o sublocazione) e della parte riferibile al resto dell'azienda, in modo da procedere a una tassazione separata delle due componenti, facendo anche effettuare al concedente, per la parte di corrispettivo relativa all'immobile, le eventuali opzioni previste dalla normativa in materia di Iva e al locatario le dichiarazioni relative alla volontà di pagare l'imposta di registro sulla locazione in unica soluzione ovvero annualmente.
Per le imposte dirette, è importante indagare la volontà delle parti in ordine agli ammortamenti, invitandole a tener conto del fatto che per il combinato degli articoli 2562 e 2561 c.c. l'affittuario deve 'conservare l'efficienza dell'organizzazione e degli impianti e le normali dotazioni di scorte' e che 'la differenza di consistenze d'inventario all'inizio e al termine' dell'affitto è regolata in denaro.
Ciò significa che gli ammortamenti di regola spetteranno all'affittuario; se si vuole che invece sia il concedente a dedurre le quote di ammortamento, si dovrà introdurre nel contratto una espressa deroga agli articoli 2562 e 2561 c.c.
Compito del notaio sarà quello di segnalare la questione, invitare le parti a tenerne conto in sede di determinazione del canone, e formulare quindi correttamente le relative clausole contrattuali.
(1) Cfr. art.816 c.c. E' noto il dibattito dottrinale sulla natura giuridica dell'azienda secondo il nostro diritto positivo, nell'ambito del quale si contrappongono i sostenitori delle teorie universalistiche (universitas iuris o universitas facti) e i sostenitori della teoria atomistica. Al di là delle autorevoli opinioni in un senso o nell'altro, è comunque indubbio che i beni che costituiscono l'azienda siano unificati dalla comune destinazione all'esercizio dell'impresa.
(2) Art.2, comma 3, lettera b), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n.633: 'In deroga alle disposizioni dei commi precedenti non sono considerate cessioni di beni: a) le cessioni che hanno per oggetto ... aziende o rami di azienda'
(3) L'art.51 esclude 'i beni indicati nell'articolo 7 della parte I della tariffa e articolo 11 bis della tabella'.
(4) Nel caso di cessione di una azienda agricola comprendente anche il fondo rustico, compresi i fabbricati di pertinenza, si devono ritenere applicabili, sussistendo i presupposti, le agevolazioni per la piccola proprietà contadina; cfr. CNN, risposta a quesito n.40-2009/ T, est. DENORA.
(5) Cfr. circolare 21 febbraio 2014 n.2/E, paragrafo 6.
(6) Lo studio n.1011- 2013/T del CNN, diffuso nell'imminenza dell'entrata in vigore delle nuove norme e prima della pubblicazione della circolare n.2/E del 2014, aveva rilevato che la cessione di azienda con immobili presenta delle criticità in relazione alla nuova imposta di registro in due casi:
- azienda in cui sono presenti immobili di esiguo valore;
- azienda in cui, pur essendo gli immobili di notevole valore, il corrispettivo sia esiguo perchè calcolato al netto delle passività; e ha ipotizzato in tali casi l'applicazione di un'unica imposta fissa di mille euro se la somma delle imposte calcolate con le diverse aliquote è inferiore a tale importo; ha anche ipotizzato una diversa possibilità interpretativa, considerando che, non rivestendo la cessione di un immobile nell'ambito di una cessione di azienda carattere di autonomia, non rientrerebbe nell'ambito dell'art.1 della tariffa parte prima allegata al Tur e quindi non sarebbe soggetta alle regole di cui al comma 3 dell'art.10 del D.lgs. 23/2011 tra cui l'imposta minima di € mille.
(7) E' da notare che, non essendo più dovute le imposte ipotecarie e catastali in misura proporzionale ma nella misura fissa di euro cinquanta ciascuna, è venuta meno la controversa questione relativa alla base imponibile su cui calcolare tali imposte, che, secondo la tesi dell'Agenzia delle Entrate supportata dalla giurisprudenza, era data dal valore degli immobili senza possibilità di detrarre da tale valore le passività aziendali.
(8) Risoluzione Ministeriale 2 aprile 1981 n.270310
(9) B. IANNIELLO – A. MONTESANO, Imposta di Registro e imposte ipotecaria e catastale, Milano, Il Sole 24 ore, ed.2005, pag.305
(10) L'art. 2, comma 4, del D.P.R. 460/96 dispone : 'Per le aziende e per i diritti reali su di esse il valore dell'avviamento è determinato sulla base degli elementi desunti dagli studi di settore o, in difetto, sulla base della percentuale di redditività applicata alla media dei ricavi accertati o, in mancanza, dichiarati ai fini delle imposte sui redditi negli ultimi tre periodi d'imposta anteriori a quello in cui è intervenuto il trasferimento, moltiplicato per tre. La percentuale di redditività non può essere inferiore al rapporto tra reddito d'impresa e i ricavi accertati o in mancanza , dichiarati ai fini delle stesse imposte e nel medesimo periodo. Il moltiplicatore è ridotto a due nel caso in cui emergano elementi validamente documentati e comunque nel caso in cui ricorra almeno una delle seguenti situazioni: l'attività sia stata iniziata entro i tre periodi d'imposta precedenti a quello in cui è intervenuto il trasferimento; l'attività non sia stata esercitata, nell'ultimo periodo precedente a quello in cui è intervenuto il trasferimento, è per almeno la metà del normale periodo di svolgimento dell'attività stessa; la durata residua del contratto di locazione dei locali nei quali è svolta l'attività, sia inferiore a dodici mesi'.
(11) Commiss. Trib. Reg. Toscana Firenze sez. XIII, Sent., 18 luglio 2013, n. 88; Commiss. Trib. Reg. Lazio Roma sez. XIV, Sent. 19 dicembre 2012, n. 794; Commiss. Trib. Prov. Lazio Roma sez. LVII, 28 gennaio 2011, n. 4; Cass. civ. sez. V Sent. 22 maggio 2008, n. 13116; Cass. civ. sez. V, 13 gennaio 2006, n. 613, tutte in Banca dati Big Suite IPSOA. Contra, per l'inapplicabilità dei criteri di cui al D.P.R. 460/96: Commiss. Trib. Reg. Lazio Roma sez. IV, 20 gennaio 2011, n. 11; Commiss. Trib. Prov. Emilia-Romagna Reggio Emilia sez. IV, 18 agosto 2011, n. 143; tutte in Banca dati Big Suite IPSOA.
(12) Ex multis: Cass. civ. sez. V, 11 novembre 2011, n. 23608; Cass. civ. sez. V, 28 ottobre 2005, n. 21055; Commiss. Trib. Reg. Lazio Roma sez. VII, 27-05-2010, n. 120, tutte in Banca dati Big Suite IPSOA. Commiss. Trib. Reg. Lombardia sez. LXIII, Sent., 30 gennaio 2007, n.7 in Banca dati Big Suite IPSOA ha ritenuto illegittimo l'accertamento ai fini delle imposte sui redditi fondato solo sul precedente accertamento ai fini dell'imposta di registro.
(13) Cass.civ., sez. V, 22 aprile/4 maggio 2009, n. 10180, in Corriere Trib., 2009, 27, 2204 nota di G.CORASANITI
(14) Studio CNN n.81-2009/T, Est. BASILAVECCHIA, NASTRI, PAPPA MONTEFORTE
(15) Commiss. Trib. Reg. Lombardia Milano sez. VI, 6 novembre 2013, n. 144; Commiss. Trib. Reg. Lombardia Milano sez. XLVI, Sent., 18 ottobre 2013, n. 120, entrambe in Banca dati Big Suite IPSOA
(16) Commiss. Trib. Prov. Lombardia Varese sez. III, 28 agosto 2013, n. 107 in Banca dati Big Suite IPSOA
(17) Commiss. Trib. Reg. Emilia-Romagna Bologna sez. VII, 25 maggio 2011, n. 33; Cass. civ. sez. V Sent., 15 maggio 2008, n. 12215; entrambe in Banca dati Big Suite IPSOA
(18) Ris.Min. 8 febbraio1979, n.9/199
(19) Art.55 ss. D.P.R. n.917/1986
(20) Art.67 ss. D.P.R. n.917/1986
(21) La direttiva 10.6.1985, n. 85/303/CEE, recante la modificazione dell'art. 7 della direttiva 69/335 e la contestuale abrogazione della direttiva 73/80, ha previsto l'esenzione dalle imposte sui conferimenti per tutte le operazioni che, alla data del 1° luglio 1984, fruivano, o avrebbero dovuto già fruire, ai sensi della normativa comunitaria, di esenzione e/o di riduzione (ovvero per le operazioni di conferimento, da parte di una o più società di capitali, della totalità del proprio patrimonio o di uno o più rami della loro attività ad una o più società di capitali in via di creazione o già esistenti).
(22) Risoluzione 3 luglio 2001, n.99, confermata dalla circolare n.18/E del 29 maggio 2013
(23) Art. 10 comma 1 del D.lgs. n. 23 del 14 marzo 2011, modificato dall'art. 26, comma 1, D.l. n. 104 del 12 settembre 2013, convertito dalla l. 8 novembre 2013, n. 128
(24) Un caso particolare è quello nel quale tra gli immobili aziendali oggetto di conferimento vi è un capannone industriale costruito su terreno appartenente al titolare dell'azienda conferita e al coniuge in regime di comunione legale perché acquistato da uno o da entrambi senza essere a suo tempo destinato all'esercizio dell'impresa. Per il principio di accessione tale capannone, ancorché costruito a spese dell'impresa, è oggetto di comunione legale. Lo studio CNN n.15-2006/T afferma che il conferimento di tale capannone assieme all'azienda è soggetto per intero a imposta fissa e non per metà, in quanto la comunione legale ha natura diversa dalla comunione ordinaria, non è costituita da quote di comproprietà valutabili separatamente, e il bene costruito è stato attratto per intero dal punto di vista tributario nell'impresa del conferente; ciò è stato affermato dalla Cassazione esaminando il caso della cessione di un bene aziendale oggetto di comunione legale, nel quale, per le dette motivazioni, si è ritenuto che la cessione è assoggettata a IVA per intero e non per metà.
(25) Cass. civ. sez. V, 3 luglio 2013, n. 16684; Cass. civ. sez. VI - 5 Ordinanza, 21 giugno 2013, n. 15743; Cass. civ. sez. V, 24 luglio 2013, n. 17956; tutte in Banca dati Big Suite IPSOA
(26) Cass. civ. sez. V, 8 maggio 2013, n. 10740, in Banca dati Big Suite IPSOA
(27) Cass. civ. sez. V, 10 ottobre 2008, n. 24913; Cass. civ. sez. V, 14 maggio 2008, n. 12049; Cass. civ. sez. V, 11 giugno 2007, n. 13580; tutte in Banca dati Big Suite IPSOA
(28) Cass. civ. sez. V, 27 giugno 2008, n. 17613, in Banca dati Big Suite IPSOA
(29) Cfr., da ultime: Cass. civ. sez. V, 28 giugno 2013, n. 16345 e Cass. civ. sez. V, 5 giugno 2013, n. 14150, entrambe in Banca dati Big Suite IPSOA
(31)Sulla portata dell'art.20 Tur come norma generale antielusiva cfr. Cass. civ. sez. VI - 5, Ord., 30 gennaio 2013, n. 2234; Cass. civ. sez. V, 30 giugno 2011, n. 14367; Cass. civ. sez. V, Sent. 17 febbraio 2010, n. 3751; Cass. civ. sez. V, 04 maggio 2007, n. 10273; Cass. civ. sez. V, 30 maggio 2005, n. 11457; Cass. civ. sez. V, 7 luglio 2003, n. 10660; Cass. civ. sez. V, 25 febbraio 2002, n. 2713; Cass. civ. sez. V, 23 novembre 2001, n. 14900; tutte in Banca dati Big Suite IPSOA
(32)In dottrina sono tante le voci critiche di tale orientamento giurisprudenziale; fra tutti cfr. G..MARONGIU, L'elusione nell'imposta di registro tra abuso del diritto e abuso del potere, in Dir.Prat.Trib. 2008, I, 1077 ss.; G..ZIZZO, Sull'elusività del conferimento di azienda seguito dalla cessione della partecipazione, in Giust.Trib. 2008, 279; T.TASSANI, I confini dell'abuso del diritto ed il caso del conferimento di azienda con successiva cessione della partecipazione, in Riv.Dir.Trib., 2011, I, 351. Il Notariato ha sempre contrastato la tendenza a "espandere" l'art.20, ritenendo tale norma limitata all'interpretazione del singolo atto soggetto a imposta di registro senza possibilità di far ricorso a elementi extratestuali; cfr. Studio CNN n.95/2003/T, Est. G..PETRELLI.
(33)Studio CNN n.95/2003/T; Studio CNN n.170-2011/T, Est. P. PURI; va rilevato che l'art.11 della Direttiva CEE n. 69/335 del 17 luglio1969 esclude ogni imposizione sulla negoziazione di quote sociali; dopo che i beni sono entrati nell'ambito dell'impresa, non è più possibile assoggettare a tassazione il trasferimento delle partecipazioni, qualunque sia il patrimonio aziendale.
(34) Circolare 30 maggio 2005 n.25; risoluzione 3 aprile 2006 n.47; confermate dalla circolare n.18/E del 29 maggio 2013
(35) Cfr. Studio CNN 3-2005/T, est. M. BASILAVECCHIA; Studio CNN n.74-2011/T, est. F. RAPONI; T.TASSANI, La "trasformazione" di società in impresa individuale tra riforma societaria e regimi fiscali, in Rass.trib. 2005, 1933; A. MONTESANO "La continuazione dell'impresa sociale in forma individuale ai fini delle imposte d'atto" in Il Fisco n. 27 del 9 luglio 2007; A. BUSANI "L'imposta di Registro" Milano, Ipsoa, 2009, pag 492, nota 243; l'assegnazione dell'azienda al socio è, almeno dal punto di vista economico, un atto di continuazione dell'impresa e non comporta la sua dissoluzione.
(36) Art. 10 comma 1 del D.lgs. n. 23 del 14 marzo 2011, modificato dall'art. 26, comma 1, d.l. n. 104 del 12 settembre 2013, convertito dalla l. 8 novembre 2013, n. 128
(37) Ris. n.145/E del 5 ottobre 2005. Da ultimo circolare n.38/E del 2013, in tema di cessione di azienda con immobili; stante la modifica della tassazione a titolo oneroso degli immobili assoggettati a imposta proporzionale di registro, la problematica rileva ora solo in caso di assegnazione di azienda a socio.
(38) Tra le tante cfr. Cass. civ. sez. V, 5 maggio 2011, n. 9906; Cass. civ. sez. V, 30 agosto 2006, n. 18829; Cass. civ. sez. V, 4 febbraio 2004, n. 2074; Cass. civ. sez. V, 9 luglio 2003, n. 10751; Cass. civ. sez. I, 29 novembre 1995, n. 12406, tutte in Banca dati Big Suite IPSOA
(39) Art.2 del D.lgs.347/90: "L'imposta proporzionale dovuta sulle trascrizioni è commisurata alla base imponibile determinata ai fini dell'imposta di registro" Art.10 del medesimo D.lgs.: "Le volture catastali sono soggette all'imposta del 10 per mille sul valore degli immobili o dei diritti immobiliari determinato a norma dell'art.2"
(40) Studio n. 81-2009/T, est. M.BASILAVECCHIA, M. P.NASTRI , V. PAPPA MONTEFORTE; Studio n. 51/2003/T, est.G.PETRELLI; Studio n. 4-2000/T, est.C.BRUNELLI
(41) Risposta a quesito n.13-2006/I, Est.Paolini, Ruotolo
(42) La necessità che i beneficiari continuino l'attività impedisce di godere del trattamento agevolato quando l'azienda è affittata a terzi; cfr risposta a quesito del CNN n.172-2010/T, est. A. LOMONACO
(43) Come affermato nello studio n.43-2007/T del CNN (est. M. BASILAVECCHIA – A. PISCHETOLA), essendo l'atto non soggetto a dette imposte, esse non sono dovute neppure nella misura fissa.
(44) Circolare n.3-2008/E del 22 gennaio 2008 - E' da notare che il medesimo risultato della donazione di azienda con successivo conferimento in società della stessa da parte dei beneficiari si può conseguire mediante il conferimento dell'azienda in una società e la successiva donazione delle partecipazioni ai beneficiari; in tal caso il conferimento di azienda è comunque soggetto a imposta fissa di registro mentre le donazioni di partecipazioni sono comunque esenti.; si può anche attuare mediante la donazione dell'azienda a una società già costituita dai medesimi beneficiari, ma in questo caso la fattispecie non beneficerebbe delle esenzioni da imposte e non opererebbero neanche le franchigie in quanto la società è soggetto diverso dai familiari che la compongono (cfr. studio CNN n.79-2006/T, est. T. TASSANI). L'amministrazione finanziaria, in applicazione dei richiamati principi antielusivi che si pretendono immanenti al sistema, potrebbe ritenere di assoggettare a tassazione l'atto secondo quest'ultima e più sfavorevole ipotesi, ma è evidente che nel caso in esame il donante non vorrà mai beneficiare la società ma i suoi familiari, per cui una tale pretesa sarebbe sicuramente infondata. Cfr. studio CNN n.36-2011/T., est.t. TASSANI
(45) Per approfondimenti cfr. studio CNN n.36-2011/T, Est. T. TASSANI
(46) Circolare 1 marzo 2007, n.12/E
(47) Circolare 1 marzo 2007, n.12/E
(48) "Per valore normale si intende l'intero importo che il cessionario o il committente, al medesimo stadio di commercializzazione di quello in cui avviene la cessione di beni o la prestazione di servizi, dovrebbe pagare, in condizioni di libera concorrenza, ad un cedente o prestatore indipendente per ottenere i beni o servizi in questione nel tempo e nel luogo di tale cessione o prestazione."
(49) L'imposta, se corrisposta per l'intera durata del contratto, si riduce di una percentuale pari alla metà dell'interesse legale moltiplicato per il numero delle annualità.
(50) Risoluzione n.35/E del 6 febbraio 2008
(51) CNN, risposta a quesito n.199-2009/T, est. DENORA
(52) CNN, risposta a quesito n.206-2011/T
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