Per una ricostruzione della fattispecie dal punto di vista tributario
Per una ricostruzione della fattispecie dal punto di vista tributario
di Annarita Lomonaco
Ufficio Studi Consiglio Nazionale del Notariato
1. La tassazione dei contratti di cui all'art. 23 del decreto Sblocca Italia: gli elementi caratterizzanti
La premessa da cui partire è l'ovvia considerazione dell'assenza di una disciplina fiscale del contratto; pertanto, l'interprete non può che muovere dalla definizione della fattispecie dal punto di vista del diritto sostanziale per verificare se la stessa possa o meno essere assimilata, dal punto di vista fiscale, a istituti già disciplinati dal legislatore tributario.
E se ci troviamo di fronte ad un nuovo contratto tipico – come si ritiene prevalentemente – occorre prima di tutto enuclearne gli elementi caratterizzanti, sulla base di quanto disposto dall'art. 23, comma 1, d.l. 12 settembre 2014, n. 133, conv., con modificazioni, in l. 11 novembre 2014, n. 164., e cioè:
- l'immediata concessione in godimento di un immobile a titolo oneroso;
- il diritto per il conduttore di acquistare successivamente il bene;
- la previsione di un corrispettivo a carico del conduttore, o meglio di un canone (utilizzando la terminologia dell'art. 23 cit.);
- l'imputazione dei canoni, nella misura indicata nel contratto, al corrispettivo del trasferimento.
*Nelle more della pubblicazione di questo volume l'Agenzia delle entrate ha diffuso la circolare n. 4/E del 19 febbraio 2015, recante chiarimenti sulla tassazione del contratto di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili. La scelta di fondo operata dall'Agenzia delle entrate è quella di diversificare il trattamento fiscale da applicare al canone corrisposto dal conduttore in considerazione della funzione (godimento dell'immobile e acconto prezzo) per la quale dette somme sono corrisposte, cioè da un lato assimilando, ai fini fiscali, l'immediata concessione del godimento dell'immobile a fronte del pagamento dei canoni alla locazione, per cui alla quota di canone "imputata" al godimento dell'immobile trovano applicazione le disposizioni previste, sia ai fini delle imposte dirette che delle imposte indirette, per i contratti di locazione; da un altro lato, assimilando ai fini fiscali e fin da subito la quota di canone destinata ad essere imputata al corrispettivo del trasferimento – la quale ad avviso dell'Agenzia ha natura di anticipazione del suddetto corrispettivo - agli acconti sul prezzo della successiva vendita dell'immobile. In caso di esercizio del diritto di acquisto dell'immobile trova applicazione la normativa prevista, sia ai fini delle imposte dirette che delle imposte indirette, per i trasferimenti immobiliari. In pratica, quindi, l'Agenzia delle entrate delinea la tassazione considerando il contratto di cui all'art. 23 cit. come se si riscontrasse, sotto il profilo fiscale, una combinazione di due contratti (locazione e preliminare).
Si tratta quindi di un contratto di godimento non fine a se stesso, ma funzionale al trasferimento dell'immobile, con possibilità di recuperare parte di quanto già corrisposto durante la fase del godimento in sede di pagamento del corrispettivo del trasferimento.
L'analisi che segue avrà ad oggetto solo questo contratto, come definito dall'art. 23, tenendo conto dei suoi elementi tipici e della natura che ad essi l'interprete può ragionevolmente riconoscere, non soffermandosi invece sulle altre possibili configurazioni contrattuali che le parti ben potrebbero voler adottare – ma fuori dai confini dell'art. 23 - per soddisfare le esigenze economiche che sono alla base del fenomeno "rent to buy".
I principali interrogativi ai quali si deve trovare risposta sotto l'aspetto fiscale sono:
1) a quale disciplina si debba fare riferimento nell'ambito delle varie imposte, ai fini della tassazione del contratto di godimento in funzione della successiva alienazione, ed in particolare se sia applicabile la disciplina della locazione, benché civilisticamente il contratto in esame non sia una locazione;
2) in secondo luogo ci si deve interrogare sulla natura del corrispettivo previsto nel contratto di godimento e, in particolare, del meccanismo dell'imputazione di cui al comma 1 dell'art. 23, per valutare le conseguenze sotto il profilo impositivo;
3) in terzo luogo indagare se e quali effetti fiscali derivino dalle restituzioni, disciplinate dall'art. 23 e, in particolare, dal comma 1-bis.
Prima però di esaminare le questioni poste da questi interrogativi, occorre una premessa.
L'art. 23 contempla il diritto del conduttore ad acquistare e non anche l'obbligo.
Pertanto se non siamo di fronte, nel caso di contratto di godimento di cui all'art. 23, ad un obbligo bilaterale all'acquisto, può escludersi che, per quanto riguarda l'imposta sul valore aggiunto e l'ires, possa operare l'equiparazione delle "locazioni con clausola di trasferimento vincolante per entrambe le parti" alle cessioni. Ed al riguardo si ricorda che l'Agenzia delle entrate e la Cassazione(1) sembrano ritenere riconducibili all'ambito applicativo dell'art. 2, comma 2, n. 2 d.p.r. n. 633/1972 cit. e dell'art. 109 tuir anche le ipotesi di compresenza di una locazione e di un contratto preliminare con obbligo bilaterale, tassando fin da subito il contratto alla stregua di una cessione, con immediata applicazione dell'iva all'intero corrispettivo pattuito per il trasferimento del bene e con immediata rilevanza reddituale dello stesso(2).
Ciò escluso, pertanto, nel caso del contratto di godimento di cui all'art. 23, in presenza del solo diritto all'acquisto in capo al conduttore, e considerando che il contratto in esame comporta l'immediata concessione del godimento dell'immobile verso il pagamento di canoni (ma v. infra quale misura considerare corrispettivo del godimento), questo contenuto dovrebbe assumere rilevanza – nella prima fase del rapporto contrattuale - agli effetti dell'iva, dell'imposta di registro e delle imposte sui redditi, pur se in funzione della successiva alienazione del bene.
In altri termini, quindi, dovrebbero essere assoggettati a tassazione, agli effetti dei vari tributi, la concessione del godimento (individuando la disciplina applicabile) e, successivamente, il trasferimento dell'immobile, vedremo poi con quali "interferenze".
2. L'individuazione della disciplina applicabile
Con riguardo al primo interrogativo posto, ossia all'individuazione della disciplina applicabile ai fini della tassazione del contratto di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili, l'introduzione di una disciplina civilistica specifica per i contratti in esame ad opera dell'art. 23 e la considerazione che ci si trovi di fronte ad un nuovo tipo contrattuale, non riconducibile a schemi preesistenti, e differente dunque dalla locazione, porta, come accennato, a dover indagare se, agli effetti fiscali, alla concessione del godimento dell'immobile verso il pagamento di canoni, di cui all'art. 23 cit., sia comunque applicabile la disciplina dettata per le locazioni, oppure se debba farsi riferimento alle disposizioni di carattere residuale previste nell'ambito delle varie imposte(3).
La prima soluzione può ragionevolmente essere sostenuta perché, pur volendo qualificare il contratto in esame quale nuovo ed autonomo tipo legale, ciò non esclude necessariamente che la relativa disciplina possa essere integrata mediante il ricorso a disposizioni dettate dal legislatore per altri tipi(4).
In dottrina(5) si è osservato, infatti, come le singole disposizioni che formano il tessuto normativo di contratti tipici spesso sono norme (le cd. transtipiche) le quali, in relazione al loro fondamento, hanno un'area di applicazione non coincidente con quella del tipo e possono rappresentare regole comuni a più contratti (tipici o atipici) o ad un'intera categoria contrattuale; norme che si applicherebbe, quindi, in via diretta e non per analogia.
Ed è in tale prospettiva che possono valutarsi le disposizioni relative alla locazione nell'ambito dell'iva, dell'imposta di registro e delle imposte sui redditi.
Con riferimento in particolare all'iva, va considerato come la Corte di Giustizia, per quanto riguarda le esenzioni previste dalla Direttiva relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto, recepite nell'art. 10 d.p.r. n. 633/1972, pur ritenendo che i termini con i quali le stesse sono state designate debbano essere oggetto di interpretazione restrittiva, ha affermato che essi costituiscono nozioni autonome del diritto comunitario, finalizzate ad evitare divergenze nell'applicazione dell'iva da parte degli Stati membri. E con specifico riguardo alla "locazione di beni immobili" si legge nelle sentenze che essa «consiste in sostanza nel fatto che il proprietario di un immobile cede al locatario, in cambio di un canone e per una durata convenuta, il diritto di occupare il suo bene e di escluderne altre persone»(6); elementi questi che caratterizzano anche i contratti di cui all'art. 23 cit.
Elementi, inoltre, che potrebbero, parimenti, portare a riconoscere una vis espansiva anche nell'ambito dell'imposta di registro e delle imposte dirette alla disciplina delle locazioni, considerando che anche per queste imposte la suddetta disciplina sembra trovare ragione nella rilevanza della concessione del diritto di utilizzare un immobile per una durata di tempo determinata e a fronte di un corrispettivo che matura periodicamente.
Maturazione la quale caratterizza anche il corrispettivo (o meglio il canone, ma v. infra se in tutte le sue componenti) del contratto di godimento in esame, in ragione dell'art. 820, comma 3, c.c., secondo cui i frutti civili – i quali si acquistano giorno per giorno in ragione della durata del diritto ai sensi dell'art. 821 c.c. – sono quelli che si ritraggono dalla cosa come corrispettivo del godimento che altri ne abbia, quali il corrispettivo della locazione, ma non solo, non contenendo l'art. 820 cit. un'elencazione tassativa.
Quindi per quanto riguarda l'imposta sui redditi, se il concedente opera nell'ambito dell'attività di impresa, i canoni devono essere imputati al reddito dell'esercizio in cui maturano, a prescindere dell'effettiva percezione, valendo per la determinazione della relativa categoria reddituale il principio di competenza e non quello di cassa (v. art. 109 d.p.r. n. 917/1986)(7).
Nel caso in cui il concedente non operi nell'ambito dell'attività di impresa i canoni rilevano (se superiori al reddito medio ordinario dell'immobile stabilito in base alle tariffe d'estimo) quale reddito fondiario in base al principio di competenza, con una riduzione forfettaria del 5 % (ex art. 37 d.p.r. n. 917/1986).
Per quanto riguarda l'imposta di registro potrebbe ritenersi applicabile il combinato disposto dell'art. 17 del testo unico del registro e dell'art. 5 della relativa tariffa, per cui sarebbe possibile, per i contratti di godimento pluriennali, assolvere l'imposta annualmente sul corrispettivo pattuito per ciascun anno oppure in unica soluzione sul corrispettivo pattuito per l'intera durata del contratto, ma con una riduzione in tal caso dell'imposta dovuta e con diritto al rimborso del tributo relativo alle annualità successive in caso di risoluzione anticipata del contratto.
E sempre con riguardo a queste ultime imposte potrebbe valutarsi, nella medesima prospettiva ora considerata dell'assimilazione, anche l'applicazione della cedolare secca – la quale sostituisce non solo l'irpef, ma anche l'imposta di registro e quella di bollo - laddove entrambe le parti agiscano come privati e gli immobili, classificati nelle categorie da A1 a A11, escluso l'A10, siano locati per fini abitativi (art. 3 d.lgs. n. 23/2011).
3. L'imputazione dei canoni al corrispettivo dell'alienazione dell'immobile
Quanto al secondo interrogativo, ossia a quale titolo ab origine sia effettuato il pagamento del canone, previsto nel contratto di godimento in funzione della successiva alienazione, esso va posto perché la previsione del canone nell'art. 23 cit. è caratterizzata dalla sua imputabilità, nella misura convenuta dalle parti, al corrispettivo del trasferimento, quindi occorre dare un significato alla scelta del legislatore espressa con riguardo all'imputazione.
Ed in definitiva ci si potrebbe interrogare ragionevolmente o sulla sua complessiva ed iniziale natura di corrispettivo del contratto di godimento, destinato – per la quota imputata – a mutare titolo e divenire successivamente – nel caso di esercizio del diritto di acquisto e di stipula del contratto di trasferimento – parte del corrispettivo del trasferimento(8), ovvero sull'iniziale natura di anticipazione del corrispettivo del trasferimento della parte di canone che è destinata all'imputazione ed in funzione di ciò predeterminata nel contratto di godimento.
Su questo punto appare utile, a maggior chiarimento, delineare le conseguenze fiscali che deriverebbero dalle due diverse qualificazioni.
3.1 intero canone a iniziale corrispettivo del godimento e successivo mutamento del titolo per la quota imputata
La prima ricostruzione (secondo la quale il pagamento del canone troverebbe titolo inizialmente ed integralmente quale controprestazione del contratto di godimento) sotto il profilo fiscale porta alla conseguenza che l'intero canone vada assoggettato alla disciplina della locazione prima indicata, ponendosi al momento della cessione e cioè del mutamento di titolo delle somme un problema di duplicazione dell'imposizione rispetto alle somme prima qualificate e tassate come canoni per il godimento dell'immobile e successivamente considerate e tassate nell'importo del prezzo della cessione.
Tuttavia l'espressa finalizzazione dei contratti in esame, individuata dal legislatore nella "successiva alienazione dell'immobile", con la conversione delle somme, pagate inizialmente a titolo di canone per la concessione del godimento, in componenti del prezzo di cessione – da intendere quali elementi qualificanti del nuovo tipo - dovrebbe portare ad una considerazione unitaria della fattispecie contrattuale, idonea a giustificare – anche sulla base di un'interpretazione evolutiva delle norme fiscali - un'equiparazione della tassazione complessiva dell'operazione, avuto riguardo alle somme imputate al prezzo, rispetto a quella di una compravendita(9), in quanto espressione della medesima capacità contributiva.
A tal fine occorre, pertanto, individuare soluzioni interpretative che evitino una duplicazione di imposizione sulle somme prima tassate come canoni e poi "trasformate" in prezzo della cessione.
E quali potrebbero essere queste soluzioni?
Se, come prima descritto, nella fase del godimento si applica la disciplina delle locazioni e se, al momento della cessione, in ambito iva, si ritenga che il tributo debba scontarsi sull'intero prezzo, quale corrispettivo pattuito contrattualmente pur se già incassato in parte (ma sotto altra forma), potrebbe farsi riferimento al sistema delle variazioni in diminuzione di cui all'art. 26 d.p.r. n. 633/1972, rettificando cioè la precedente fatturazione dei canoni per la parte imputata al prezzo della cessione come se fosse una successiva riduzione del corrispettivo del contratto di godimento (variazione che è ammessa anche oltre l'anno perché la riduzione è da intendersi già prevista nel contratto). È bene però rammentare l'opportunità che i rapporti tra le parti conseguenti alla variazione in diminuzione siano oggetto di contrattazione sul piano privatistico, in quanto dalla stessa variazione deriverebbe per il conduttore il diritto alla restituzione della corrispondente iva in precedenza addebitagli per rivalsa e poi rettificata(10).
In alternativa, un'altra soluzione è quella prospettata dall'Agenzia delle entrate in una consulenza giuridica resa in data 13 febbraio 2014 all'ordine dei dottori commercialisti di Monza, però non confermata né pubblicata nella forma di risoluzione, la quale, per una fattispecie riguardante un contratto di locazione collegato ad un'opzione, caratterizzata dalla trasformazione dei canoni di locazione in prezzo della cessione, considera base imponibile della successiva cessione, ai sensi dell'art. 13 d.p.r. n. 633/1972, il prezzo al netto di quanto già versato (non solo a titolo di acconti ma anche) come canoni di locazione, e ciò anche per l'inderogabile divieto di doppia imposizione.
Un'altra criticità potrebbe ravvisarsi nella possibile differenza tra le aliquote iva applicabili ai canoni e quelle dovute in relazione alla cessione (si pensi ad esempio all'aliquota ridotta del 4% prevista per gli acquisti della cd. prima casa di abitazione), criticità che potrebbe essere superata, per rendere omogenea la tassazione, con il ricorso al sistema delle variazioni iva di cui all'art. 26 d.p.r. n. 633/1972, rettificando le fatture emesse a fronte del pagamento dei canoni, come indicato dall'Associazione italiana dei Dottori commercialisti nella norma di comportamento 09/2014 n. 191, relativa alla tassazione del rent to buy.
In alternativa, il problema potrebbe trovare soluzione, a parere di chi scrive, sulla base delle disposizioni di cui all'art. 16 comma 3 del d.p.r. n. 633/1972, ai sensi del quale «per le prestazioni di servizi…… dipendenti da contratti di locazione finanziaria, noleggio e simili, l'imposta si applica con la stessa aliquota che sarebbe applicabile in caso di cessione dei beni dati ... con contratti di locazione finanziaria, noleggio e simili». La norma, come è noto, «ha carattere equitativo e tende a realizzare la perequazione dell'onere fiscale qualunque sia il mezzo giuridico posto in essere per l'acquisizione della disponibilità dei beni»(11).
E la peculiare funzione del contratto di cui all'art. 23 cit., indicata nella "successiva alienazione dell'immobile", potrebbe portare a considerare lo stesso, in modo simile alla locazione finanziaria, quale mezzo giuridico idoneo ad attribuire alla controparte la disponibilità di un bene al pari di un acquisto ordinario e come tale suscettibile di applicazione della stessa aliquota(12), così giustificando una vis espansiva dell'art. 16 comma 3 cit.
Per quanto riguarda invece l'imposta di registro (dovuta ordinariamente in misura proporzionale sia per le operazioni aventi ad oggetto fabbricati abitativi esenti dall'iva ai sensi dell'art. 10 nn. 8 e 8-bis d.p.r. n. 633/1972, sia per le operazioni poste in essere da soggetti privati), la stessa deve applicarsi, ai sensi dell'art. 51, comma 1, d.p.r. n. 131/1986, sul valore venale dell'immobile al momento del trasferimento, o sul corrispettivo se superiore (salva l'opzione prezzo-valore in presenza dei relativi presupposti), senza che possa assumere rilievo la considerazione che alcune componenti del prezzo della cessione siano state già tassate ad altro titolo.
Tuttavia, per assicurare un'invarianza della tassazione di tale operazione, quanto alle somme convertite in prezzo della cessione, rispetto ad una normale compravendita, potrebbe essere ragionevole riconoscere vis espansiva al meccanismo, di cui alla nota all'art. 10 della tariffa, parte prima, d.p.r. n. 131/1986, della detrazione in sede di tassazione del contratto definitivo dell'imposta di registro proporzionale pagata in relazione alle somme, anticipate durante la "fase preliminare", quale è quella del godimento, e destinate a convertirsi in prezzo, considerato che la funzione di questa norma è appunto di assicurare un'invarianza di tassazione fra un'operazione realizzata con una sequenza preliminare-definitivo ed una semplice compravendita.
Infine anche rispetto alle imposte dirette si riscontra un problema di duplicazione laddove si ritenga rilevante da un lato il reddito derivante dalla fase del godimento e dall'altro quello derivante dalla cessione, perché se sono coinvolti imprenditori, si potrebbe porre un problema di concorrenza della stessa somma nella formazione del reddito di impresa in differenti esercizi.
E ciò in quanto sia i canoni del godimento che il corrispettivo della cessione rappresentano componenti positive del reddito d'impresa (per lo più si tratterà di beni merce e quindi di ricavi), che rispondono a differenti regole di competenza (per i canoni, come accennato supra, l'esercizio al quale imputare il componente di reddito è individuato in base alla maturazione, per i corrispettivi del trasferimento in base alla stipula dell'atto di cessione, a prescindere dall'incasso), per cui gli stessi importi avranno una diversa collocazione temporale, rilevando in differenti esercizi.
La soluzione indicata nella consulenza già citata dell'Agenzia delle entrate è quella di ritenere ai fini Ires che con l'acquisto del bene emerga una componente di reddito pari alla differenza tra il prezzo di cessione, al netto dei proventi che hanno già concorso alla formazione del reddito imponibile nei periodi di imposta precedenti a titolo di canoni di locazione, ed il costo fiscale dell'immobile (cfr. art. 86, comma 2, tuir). Di fatto cioè riconoscendo una rilevanza del prezzo della cessione al netto dei canoni imputati.
Secondo la norma di comportamento n. 191 dell'Associazione nazionale dei dottori commercialisti, invece, sarebbe possibile contabilizzare una sopravvenienza passiva pari ai canoni incassati ed imputati al prezzo della cessione, deducibile in quanto rettifica di ricavi che hanno concorso a formare il reddito in precedenti esercizi, quindi di fatto comunque riducendo il reddito di impresa nell'esercizio di competenza della cessione(13).
A parere di chi scrive, invece, proprio l'esigenza di un'interpretazione evolutiva delle norme tributarie volta ad evitare profili di doppia imposizione, in considerazione del nuovo istituto ed in funzione degli interessi ad esso sottesi, potrebbe portare a chiedersi se non sia ammissibile sostenere una "sospensione" da imposta, negli esercizi di competenza, ossia quelli in cui si verifica la maturazione, delle somme destinate ad essere imputate (o eventualmente da restituire in caso di mancato acquisto, v. infra) assumendo che "non ne sia ancora certa l'esistenza o determinabile in modo obiettivo l'ammontare" ai sensi dell'art. 109 tuir(14), laddove si voglia considerare – con un'interpretazione necessitata appunto anche dal fine di evitare una doppia imposizione - che la destinazione o meglio la natura del titolo giuridico del provento ricevuto dal concedente e destinato ad essere imputato al prezzo della cessione (oppure, anche se in parte, ad essere restituito) si potrà stabilire esclusivamente a posteriori, per cui nell'esercizio in cui queste somme maturano manca la certezza dell'acquisizione, almeno a titolo di canone di godimento(15). Con ciò rinviandone la concorrenza al reddito di impresa dell'esercizio in cui è stipulato l'atto di trasferimento(16).
Nel caso in cui il concedente sia un privato, invece, forse l'unica possibilità di evitare una duplicazione di imposizione sarebbe quella di ammettere una rettifica della precedente dichiarazione al fine di richiedere il rimborso dell'imposta assolta in relazione ai canoni poi imputati al prezzo della cessione (il quale è considerato agli effetti del calcolo della plusvalenza nell'ambito dei redditi diversi, ex art. 67, comma 1, lett. b, tuir, laddove però ne ricorrano i presupposti ed in particolare, in caso di fabbricati, se la cessione avvenga entro cinque anni dall'acquisto).
Ma la rettificabilità è ammessa con dei limiti temporali (v. art. 2 d.p.r. n. 322/1998). Oltre questi termini, per quanto in dottrina(17) sia stata autorevolmente prospettata la rettificabilità della dichiarazione dei redditi quale rimedio per evitare che resti acquisita all'erario un'imposta pagata in relazione ad un reddito divenuto poi "inesistente", non risultano applicazioni ammesse dall'Agenzia delle entrate.
3.2 natura di acconto prezzo delle somme destinate all'imputazione
Il problema della duplicazione di imposizione è invece evitato laddove si riconosca fin dall'origine alle somme destinate ad essere imputate la natura di acconto sul prezzo della cessione, ritenendo che la loro debenza trovi titolo nel futuro ed eventuale negozio di trasferimento invece che nel contratto di godimento (dovendosi peraltro valutare anche se si possa giungere ad una tale qualificazione solo sotto il profilo fiscale, a prescindere cioè da quello sostanziale, ossia se sia plausibile ritenere che la predeterminazione dell'importo che dovrà essere imputato in sede di acquisto dell'immobile sia sufficiente agli effetti fiscali a far assumere a queste somme la rilevanza di acconti prezzo).
Se così fosse le conseguenze sarebbero quelle di dover diversificare il regime applicabile alle due componenti del canone, ossia quello degli acconti per la parte destinata all'imputazione e quello derivante dall'assimilazione fiscale alla locazione alla parte non imputabile.
Applicare il regime degli acconti prezzo vuol dire in ambito iva che essi assumono rilevanza e debbono essere fatturati al momento del pagamento (art. 6 d.p.r. n. 633/1972) mentre all'atto della cessione il tributo è applicato sul saldo del prezzo. Ed è ragionevole ritenere che nel contratto di godimento possa trovare spazio l'opzione per l'imponibilità iva (art. 10, comma 1, nn. 8-bis e 8-ter d.p.r. n. 633/1972) nel caso ne ricorrano i presupposti.
In caso sia applicabile l'imposta di registro, questa sarebbe dovuta invece fin da subito sull'ammontare complessivo oggetto dell'obbligazione relativa agli acconti con l'aliquota del 3%, ma se ne dovrebbe ammettere la detrazione in sede di liquidazione dell'imposta dovuta per il trasferimento, ai sensi della nota all'art. 10 della tariffa cit., attesa la finalità del contratto di godimento di regolare anche una fase preliminare all'acquisto. E, nel caso in cui tale imposta dovesse risultare superiore a quella dovuta per il contratto di trasferimento, dovrebbe spettare il rimborso della maggiore imposta versata. Ma non solo. Infatti, a prescindere dal diritto al rimborso, l'esigenza di evitare una doppia imposizione in relazione alle somme assimilate ad acconti prezzo e, soprattutto, di assicurare un'invarianza della tassazione dell'acquisto immobiliare effettuato tramite il contratto di cui all'art. 23 in esame rispetto ad una normale compravendita, potrebbe giustificare una soluzione interpretativa volta a sostenere che il tributo applicato alle suddette somme, assimilate ad acconti, debba essere parametrato sull'imposta principale dovuta per il trasferimento, intesa quale limite massimo alla tassazione dell'operazione complessiva (in altri termini, in caso di un contratto di godimento di cui all'art. 23 cit. che già prefiguri i requisiti rilevanti per la tassazione del trasferimento, l'imposta proporzionale di registro per le somme assimilate ad acconti si applicherebbe fino a concorrenza di quella che sarà dovuta per il definitivo, procedendo negli altri casi con il rimborso dell'eccedenza)(18).
Quanto infine all'imposta sui redditi non vi sarebbe rilevanza reddituale immediata degli acconti, dovendosi imputare l'intero corrispettivo della cessione al reddito dell'esercizio di competenza in cui si verifica quest'ultima.
4. Le restituzioni di cui all'art. 23 comma 1-bis
L'ultimo interrogativo posto riguarda le conseguenze derivanti dalle restituzioni, finalizzate ad assicurare la proporzionalità delle prestazioni nel caso di mancata realizzazione della funzione del contratto di godimento in esame, ossia nel caso non si realizzi l'acquisto della proprietà (per inadempimento o per volontà del conduttore).
In particolare si ricorda il comma 1-bis, ai sensi del quale le parti definiscono in sede contrattuale la quota dei canoni imputata al corrispettivo che il concedente deve restituire in caso di mancato esercizio del diritto di acquistare la proprietà dell'immobile entro il termine stabilito.
In tale ipotesi si pone in primo luogo un problema di eventuale recupero delle imposte pagate in relazione a delle somme che poi debbono essere restituite.
In ambito iva, sia aderendo alla tesi che qualifica ab origine le somme interamente quale corrispettivo del godimento, sia aderendo alla tesi che ravvisa, almeno fiscalmente, nella quota destinata ad essere imputata degli acconti prezzo fin dall'inizio, la fatturazione avvenuta al momento del pagamento può essere rettificata mediante il sistema delle variazioni in diminuzione (ex art. 26 d.p.r. n. 633/1972) per la parte oggetto della restituzione.
Più difficile è invece ipotizzare una rettifica dell'imposta di registro versata in relazione all'importo complessivo delle somme ritenute acconti prezzo, salvo voler ricordare la sentenza della Corte di cassazione, sez. trib., 15 giugno 2007 n. 14028, rimasta isolata a quanto consta, secondo la quale sarebbe ammissibile il rimborso dell'imposta proporzionale di registro – eccedente la misura fissa – pagata su acconti prezzo pattuiti in un preliminare di vendita immobiliare, non seguito dal definitivo(19).
Tuttavia, più in generale, con riguardo all'imposta di registro versata durante la fase del godimento in relazione alle somme destinate ad essere restituite in caso di mancato esercizio del diritto all'acquisto, la peculiare natura del contratto di cui all'art. 23 cit. potrebbe giustificare qualche riflessione per valutare se sia possibile, nel caso di mancato esercizio del diritto di acquisto, essendo venuta meno la ragione della loro debenza, ritenere che l'imposta già applicata - in un certo senso provvisoria per la non definitività del titolo e dell'acquisizione delle somme connaturata al nuovo tipo contrattuale - possa essere restituita.
Con riguardo all'imposta sui redditi è evidente che non è necessario alcun recupero di imposte seguendo la tesi che considera le somme acconti prezzo, non avendo tali somme avuto rilevanza reddituale in precedenti esercizi (salvo però doversi porre un problema di tassazione, in ragione della sua natura, dell'eventuale importo destinato all'imputazione e non restituito, che quindi resta acquisito definitivamente al concedente).
Ma parimenti non si deve recuperare alcunché anche laddove, pur riconoscendo all'intero canone natura di corrispettivo del godimento ab origine, si ritenga di poter rinviare la rilevanza reddituale delle somme destinate all'imputazione secondo un'altra delle tesi prima prospettate.
In altri termini, il problema si pone solo se si ritiene che tutte le somme versate nella fase del godimento debbano essere imputate al reddito negli esercizi in cui maturano (quali corrispettivi periodici del godimento), nel qual caso la restituzione successiva potrebbe rilevare come sopravvenienza passiva in caso di concedente che agisce nell'attività di impresa. Nell'ipotesi di concedente che agisca quale soggetto privato, per recuperare le imposte assolte sui canoni dovrebbe procedersi invece nei limiti della rettificabilità della dichiarazione.
(1) V. Agenzia delle entrate, circ. 28/E del 21 giugno 2011; Cass. 21 ottobre 2013, n. 23734.
(2) Lomonaco, Questioni in tema di profili fiscali del cd. rent to buy: spunti di riflessione, studio del Consiglio Nazionale del Notariato n. 490-2013/T, in Studi e materiali, 2013, 975 ss.
(3) Più precisamente, in ambito iva, il pagamento dei canoni potrebbe ritenersi rilevante quale corrispettivo di una generica prestazione di servizi, sempre imponibile con l'aliquota ordinaria del 22 per cento, non potendosi applicare il regime di esenzione dell'art. 10 n. 8 d.p.r. n. 633/1972; con riguardo all'imposta di registro la concessione del godimento sarebbe soggetta all'aliquota residuale del 3% sul valore complessivo della prestazione patrimoniale, rappresentato dai corrispettivi in denaro pattuiti per l'intera durata della concessione stessa.
(4) Nello stesso parere della Commissione giustizia alla Camera dei deputati reso in sede di conversione del d.l. n. 133/2014, si legge che «la nuova tipologia di contratto presenta dunque elementi tipici tanto del contratto di locazione di immobili, quanto del contratto di compravendita di immobili.
(5) Ampiamente sul tema v. Cagnasso, La concessione di vendita, Milano, 1983, 56 ss. Cfr. altresì De Nova, Il tipo contrattuale, in Tipicità e atipicità nei contratti, Milano, 1983, 29 ss.
(6) Corte di giustizia CE, sez. V, 8 maggio 2003, causa C-269/00, in Riv. dir. trib., 2003, III, 175 ss. (con nota di Del Vaglio).
(7) Sulla determinazione del reddito di impresa v. in generale AA. VV., Commentario breve alle leggi tributarie, III, a cura di A. Fantozzi, Padova, 2010, sub. art. 109 d.p.r. n. 917/1986; e con riguardo alle prestazioni di servizi da cui derivano corrispettivi periodici cfr. tra gli altri Crovato, L'imputazione a periodo nelle imposte sui redditi, Padova, 1996, 129 ss.; Zizzo, Regole generali sulla determinazione del reddito d'impresa, in AA.VV., Imposta sul reddito delle persone fisiche, II, Giur. sistem. dir. trib., diretta da F.Tesauro, Torino, 1994, 536 ss.
(8) Ad avviso di chi scrive, da un punto di vista sostanziale, la predeterminazione della parte di canone che sarà imputata non pare possa valere ad attribuirle fin dall'inizio la natura di anticipazione del prezzo del trasferimento. Il legislatore, infatti, consentendo al conduttore di recuperare le somme (o parte delle somme) versate durante la fase del godimento mediante il meccanismo dell'imputazione, che di per sé indica un calcolo matematico, ossia la sottrazione di somme già corrisposte al prezzo del trasferimento, richiede che tale corrispettivo sia effettivamente dovuto, ossia che sia posto in essere il trasferimento. L'imputazione potrebbe, quindi, significare che il pagamento delle somme che ne sono oggetto trovi titolo inizialmente nella concessione del diritto di godimento, quale relativo corrispettivo, potendo le stesse divenire componenti del prezzo dell'alienazione solo in un momento successivo (pur se sulla base dell'iniziale previsione contrattuale), qualora si addivenga alla cessione dell'immobile. In altri termini, il pagamento del canone troverebbe titolo inizialmente ed integralmente quale controprestazione del contratto di godimento, cioè quale remunerazione complessiva di questo nuovo tipo di contratto di godimento non fine a se stesso ma finalizzato al successivo trasferimento, e perciò caratterizzato anche dal diritto di acquisto in capo al conduttore e dalla possibilità che parte del relativo corrispettivo divenga componente del prezzo della cessione in un momento successivo, pur se sulla base dell'iniziale previsione contrattuale. Lettura questa che pare anche maggiormente conforme con il regime previsto dall'art. 23 cit. per le restituzioni, che difficilmente trova spiegazione nel caso di una qualificazione delle somme come acconti prezzo.
(9) E, in questa prospettiva, l'applicazione del regime di cui all'art. 10 n. 8 d.p.r. n. 633/1972 consentirebbe di assicurare una maggiore omogeneità nella tassazione delle operazioni rientranti in ambito iva.
(10) Per approfondimenti sul punto si rinvia allo studio n. 490-2013/T cit.
(11) Cfr. ris. n. 127/E del 15 maggio 1996, n. 25/E del 7 marzo 2000.
(12) V. circ. n. 26/E del 13 giugno 1980, parte V.
(13) In realtà quest'ultima soluzione potrebbe destare qualche perplessità perché le sopravvenienze sono prevalentemente ricollegate a eventi occasionali straordinari ed imprevedibili, mentre il trasferimento dell'immobile rappresenta la fisiologica evoluzione del contratto di godimento di cui all'art. 23.
(14) In ordine all'esistenza certa e all'oggettiva determinabilità come correttivi dei momenti di competenza cfr. Crovato, L'imputazione a periodo nelle imposte sui redditi, cit., 132 ss.; Zizzo, Regole generali sulla determinazione del reddito d'impresa, cit., 540 ss.
(15) In dottrina una conclusione analoga era stata suggerita con riguardo ai "proventi" ricevuti dal locatore finanziario nel vigore del d.p.r. n. 597/1973. Cfr. in tal senso Fantozzi-Alderighi, La disciplina fiscale della locazione finanziaria, in AA. VV., Il leasing, Milano, 1975, 134 ss.
(16) Di fatto con risultati analoghi all'imputazione degli acconti prezzo.
(17) Crovato, La restituzione di redditi già sottoposti a tassazione, in Rass. Trib., 1998, I, 41 ss.
(18) Per approfondimenti sul punto, con riguardo al contratto preliminare, si veda Lomonaco, Note in tema di tassazione della caparra confirmatoria nei contratti preliminari, studio n. 185-2011/T, in Studi e materiali, 2012, 293 ss.
(19) E ciò, secondo la Corte di Cassazione, per la natura eccezionale della norma che prevede la debenza dell'imposta di registro proporzionale sugli acconti, definita come "imposta parzialmente dovuta in relazione ad un atto ancora da stipulare" indebitamente trattenuta dal fisco il quale, perciò, è tenuto alla restituzione in base ad una regola di carattere generale, di cui è traccia evidente nell'articolo 77, d.p.r. n. 131/1986.
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