Nolens intestatus decedere
Nolens intestatus decedere(1)
di Giorgio Tamba
Già Direttore Archivio di Stato di Bologna

Essenziale formula di dichiarazione della volontà del testatore - nei documenti dell’età medievale - di disporre dei propri beni con efficacia dopo la sua morte(2). Attesta l’esistenza dell’elemento fondamentale del testamento, la volontà. Trova collocazione nel proemio, accompagnata solitamente da altre formule, a prova che la volontà è propria del testatore, che si è formata liberamente ed è stata espressa con piena consapevolezza.
Un esempio del ricorso a questo proemio, presenti le varie formule sopra indicate, in una espressione di ampio utilizzo da parte di numerosi notai, è nel testamento di Oseletto di Rodolfo da Cazzano del 31 marzo 1267, scritto dal notaio bolognese Arardo Fassi: «Cum nichil certius morte et incertius hora mortis, ideoque dominus Auxelittus domini Rodulfi … sanus per Dei gratiam mente et corpore, nolens intestatus decedere, hoc presens testamentum per nuncupationem sine scriptis facere procuravit. Primo quidem …»(3).
I testi di ars notarie definiscono il proemio una delle tre parti necessarie del testamento, insieme all’istituzione di erede e alla clausola finale codicillare(4). Nel proemio, accanto all’indicazione dell’autore e delle sue condizioni, sono di frequente presenti le motivazioni anche ideali della disposizione: la fragilità della condizione umana e allo stesso tempo la facoltà dell’uomo di esprimere liberamente ed efficacemente la propria volontà.
Nella graduale ripresa e diffusione - tra X e XI secolo - della successione testamentaria i notai mostrano una notevole varietà nella formulazione del proemio. Ne sono esempi i quattro testamenti del secolo XI, tuttora presenti negli archivi bolognesi(5). Nel primo, il testamento del prete Teuzo del 17 aprile 1067, il notaio Ezo di Arardo riferisce lo stato fisico del testatore(6). Nel quarto, il testamento di Dagiberto di Giovanni del 1° gennaio 1077, il notaio Albertus unisce all’attenta descrizione delle condizioni del testatore il ricordo dell’ordine di disporre, dato dal profeta Isaia al re Ezechia (Re 2. 20. 1)(7).
Nel corso del secolo XII le espressioni utilizzate nel proemio vengono progressivamente a ridursi e a fissarsi. È possibile porre in relazione questo fatto con l’accentuarsi, nel percorso formativo dei notai, della frequenza di scuole di retorica e di elementi di diritto: scuole nate in vari centri italiani e con sviluppi diversi. Della loro attività sono testimoni i formulari notarili rimasti, a partire dal secolo XIII, e nei quali si colgono gli esiti di questa evoluzione. Sono i formulari dell’area veneta(8) e toscana(9). Percorso significativo di questa evoluzione è in particolare quello disegnato dai formulari della scuola di Bologna anche per i loro ampi e diffusi riflessi. Il Formularium tabellionum, oggi noto in una stesura degli inizi del ‘200, ma la cui base risale all’epoca dei discepoli di Irnerio(10), suggerisce quattro formule di proemio per i testamenti(11). Tre di queste con espressioni non prive di eleganza e nel pieno rispetto delle norme di retorica sottolineano la facoltà dell’uomo di disporre prima che la morte lo colga(12).
Un quarto proemio, con minore eleganza, ma pari efficacia, riferisce l’intento di evitare le liti tra i successori, provocate dalla mancanza di una disposizione testamentaria: «Cum repentini casus iniquitas mortales saepe indecenter ita opprimat et oppressos vita privari faciat ut, nulla propriarum rerum dispositione habita, litigandi posteris quandoque oriatur copia; quapropter ego S. nolens intestatus decedere, omnes meas res et possessiones pro anima mea et inter heredes ac legatarios meos et fideicommissarios meos per nuncupationem sine scriptis volendo …»(13). Il contenuto e, soprattutto, i termini usati (intestatus, heredes, legatarios, fideicommissarios, per nuncupationem sine scriptis) rivelano una stretta derivazione di questo proemio dalle scuole di diritto romano(14).
Ranieri da Perugia nel Liber Formularius(15), scritto intorno al 1215, suggerisce per il proemio del testamento la seconda formula presente nel Formularium tabellionum(16). Nell’Ars notarie, scritta dal 1224 al 1240, le formule suggerite per il proemio sono invece una decina(17). Ranieri riprende le formule del Formularium tabellionum; aggiunge quelle per il testamento di un imperatore e di chi si appresta a un viaggio per mare o ad uno dei vari pellegrinaggi. In questa ampia varietà vi è comunque un tentativo di semplificazione. Riduce l’ultima delle quattro formule del Formularium tabellionum a questa espressione: «T. infirmus corpore sanus tamen mente, intestatus decedere nolens, per hoc nuncupativum testamentum sine scriptis … omnia sua bona disponens …»(18).
Nei testamenti che Ranieri personalmente redige - tre sono ancora oggi conservati - la formula del proemio appare peraltro ancora più concisa. Così apre il testamento di Ardizzone Rustigani del 5 novembre 1233: «D. Arditio de Rustiganis, aeger corpore sanus tamen mente, presens testamentum sine scriptis per nuncupationem fecit in hunc modum …»(19).
L’indirizzo di semplificazione viene ripreso e progressivamente accentuato nell’opera di Rolandino. Nell’ottavo capitolo della Summa artis notarie, composta nel 1255, la notula di commento alla formula testamentaria proposta suggerisce di usare per il proemio l’espressione più breve possibile, rifuggendo dai proemi elaborati, frutto di inutili esibizioni(20). Ma Rolandino sa di rivolgersi a notai che dovranno agire o già agiscono a contatto con persone ed esigenze diverse e quindi riprende da Ranieri le indicazioni per il testamento di chi si appresta a un viaggio per mare o a un pellegrinaggio e avverte che, pur non essendo necessario, di ciò si può fare menzione(21).
E per clienti particolarmente esigenti, per i quali sia necessario scrivere tanto, dà il testo di una formula talmente elaborata da sorprendere in un autore solitamente molto misurato(22). Tuttavia non riesce a nascondere un certo fastidio verso chi voglia preoccuparsi di ulteriori formule di proemio. Vi sono cose certo più importanti - afferma - e di queste passa a trattare(23).
Questa posizione viene efficacemente ribadita da Rolandino nel Flos testamentorum, completato intorno al 1295. Chiarisce, nella parte teorica, finalità e contenuti del proemio(24) e nella parte formulare suggerisce quindi quattro formule: due per il testatore sano, due per quello malato(25). Nell’ultima compare quella esplicita dichiarazione di volontà di disporre, racchiusa nella formula nolens intestatus decedere: «Quamvis incerta et dubia mortis hora debeat in prudentis animo semper suspecta existere; attamen corporis imminente languore ipsius magis formidatur eventus. Et ideo dispositioni substantiae temporalis, ne contingat patrem familias intestatum decedere, tunc est praecipue insistendum. Quocirca dominus B., corpore licet aeger sed mente sanus, bonorum suorum …»(26).
Anche Rolandino peraltro, come già Ranieri, quando redige il testamento di un cliente(27) o quando il 13 agosto 1297 detta il proprio testamento al notaio Iacopo di Berardo(28), utilizza formule molto semplici(29).
Né Ranieri né Rolandino, come si vede, ricorrono alla formula nolens intestatus decedere. Lo fanno comunque altri notai di Bologna attivi nello stesso periodo, come Arardo Fassi, citato all’inizio. Lo fanno anche altri notai di altri centri, come il notaio di Lucca Giovanni di Lotto, che il 7 luglio 1335 scrive il testamento di Bartolomeo qd. Nuccio di Viviano(30) e come il notaio genovese Oberto Foglietta, che il 26 febbraio 1478 scrive il testamento del collega Ambrogio Senarega, cancelliere della Repubblica di Genova(31).


(1) Il dr. Enrico Marmocchi, amico carissimo e collega nella Commissione Studi Storici del Consiglio Nazionale del Notariato, chiamato ad intervenire al Convegno organizzato a Genova dalla Fondazione italiana del Notariato, in collaborazione col Consiglio notarile di Genova e il Centro studi Giorgio Costamagna, mi ha chiesto un sintetico profilo storico della formula posta quale titolo del Convegno. Ho trasmesso i risultati della ricerca effettuata in una breve nota. È stata accolta, pur nella sua semplicità, in misura estremamente gratificante, fino a suggerirne l’accoglimento in appendice agli atti del Convegno. Ringrazio il dr. Enrico Marmocchi e i colleghi della Commissione per l’apprezzamento riservato al testo e gli organizzatori del Convegno che ne hanno consentito la presente pubblicazione.

(2) Nolens …, lett.: «Non volendo morire senza avere fatto testamento». Tratto dal principio del diritto romano in materia di successioni: «Nemo pro parte testatus, pro parte intestatus decedere potest» (I. 2.14.5: «Neque enim idem ex parte testatus et ex parte intestatus decedere potest, nisi sit miles …»; D. 50.17.7: «Ius nostrum non patitur eundem in paganis et testatum et intestatum decessisse; earumque rerum naturaliter inter se pugna est, ut testatus et intestatus quis sit»).

(3) Arch. St. Bologna, San Francesco, b. 9/4141.

(4) ROLANDINO, Summma totius artis notariae, Venetiis, apud Iuntas, 1546, rist. anast., Bologna, Forni, 1977, cap. VIII, De Testamentis, Notula, p. 231, cfr. G. CHIODI, Rolandino e il testamento, in Rolandino e l’ars notaria da Bologna all’Europa, Milano, 2002, p. 459-582, qui: p. 487.

(5) Le carte bolognesi del secolo XI, a cura di G. Feo, voll. 2, Roma, Ist. St. It. Medioevo, 2001, p. 307, 399, 439, 479.

(6) «Cum esset Teucio presbiter … aegrotus unde vita finivit, vocavit …», p. 307.

(7) «Dagibertus filius quondam … qui professus est lege vivere romana, dum iaceret in lectulo suo in aegritudine, nam mente sua sana et salva habebat … dixit … sicut mandavit Dominus per propheta ad Ezechias regem …», p. 479.

(8) Un formulario inedito di un notaio padovano del 1223, a cura di M. Roberti, in «Memorie del R. Ist. Ven. di Scienze, lettere e arti», XXVII/6, Venezia, C. Ferrari, 1906, p. 1-104; Summa notariae Belluni composita, a cura di A. Palmieri, in Scripta Anecdota Glossatorum, III, Bologna, succ. Monti, 1901, p. 349-367; E. BESTA, Un formulario notarile veronese del secolo decimoterzo, in Atti del R. Ist. Ven. di Scienze, lettere e arti, 64 (1904-05), p. 1161-78; G. MOSCHETTI, Il cartularium veronese del magister Ventura del secolo XIII, presentazione di G. Cassandro, Napoli, 1990 (Ius Nostrum, Studi e testi, s. 2ª, 5). Segnalo il testo del notaio padovano, che utilizza la formula in esame, nella sua essenziale espressione, per entrambi i tipi di testamento: «P. ne ab intestato decederet, suum in scriptis condidit testamentum» e «A. timens ne ab intestato decederet, suum per nuncupacionem condidit testamentum», p. 80 e 81.

(9) S. PP. SCALFATI, Un formulario notarile fiorentino della metà del dugento, Firenze, 1997. In questo testo la formula suggerita per il proemio è ben più elaborata: «Quoniam unicuique decedenti iure imperiali conceditur quibus ipse vult bonorum suorum que optat reliquere, cum nichil magis hominibus debeatur quam velle superne volumptatis, postquam iam aliud velle non possunt, liber sit stilus et licitum quod iterum non redit arbitrium, ideo …», p. 92.

(10) G.B. PALMIERI, Appunti e documenti per la storia dei glossatori. Il “Formularium tabellionum” di Irnerio, Bologna, 1892.

(11) Ibid., p. 90-91.

(12) «Diem huius labentis vite pro imbecillitatis mee viribus extremum ego quidem T. prevenire cupiendo …». «Et cum nihil est quam magis hominibus debeatur quam ut supreme voluntatis arbitrium, postquam iam aliud velle non possunt, liber sit stilus et licitum quod iterum non reddit arbitrium, quapropter ego quidem G. prevenir cupiens …». «Decenter quidem presentia gerere, futuris vero competenter providere non minima deputatur sapientia, qua igitur de causa ego quidem L. prevenire cupiens …».

(13) Ibid., p. 90.

(14) Rilievo simile è stato anche espresso dagli editori dei formulari di Padova e Verona, nei quali, come si è visto, appaiono alcuni dei suddetti termini.

(15) Edito col titolo Ars Notaria, a cura di A. Gaudenzi, Bologna, 1890.

(16) Cf. nota 12.

(17) Die Ars notarie des Rainerius Perusinus, heraus. von L. Wahrmund, Innsbruk 1917, neudr. Aalen 1962, p. 188- 189.

(18) Ibid., p. 188.

(19) Arch. St. Bologna, arch. Montanari Bianchini, b. 223.

(20) «Cum itaque in testamentis anteponantur proemia, de illis succincte et breviter est videndum; quia licet quidam in his proemiis multum utantur, potius tamen est curiositas quam utilitas. Pones igitur proemium quam brevius poteris», Summa totius …, p. 232.

(21) «Et si quis testamentum fecerit, volens mare transire, vel beati Iacobi limina visitare, vel alias ire, et de hoc volueris in testamento facere mentionem, licet non multum expediat, poteris dicere sic: A. volens in subsidium Terrae Sanctae ultra mare transire vel beati Iacobi limina visitare, per praesens nuncupativum testamentum …». Ibid.

(22) «A. per Iesu Christi gratiam mente ac corpore sanus, desiderans quamdiu in corporeis membris viget quies et non regit mentem, quam siquidem rationem saepe adeo languor obnubilat, ut non solum temporalium rerum, verum etiam sui ipsius cogat ipsa languoris vehementia oblivisci: conditionis humanae inevitabile desiderans debitum praevenire, rerum et bonorum suorum dispositionem per praesens nuncupativum testamentum sine scriptis in hunc modum facere procuravit. In primis quidem …», Ibid., con rinvio a p. 230’.

(23) «Super huiusmodi autem proemiis diversae sunt formae, quas pro libito prosequi poteris. Verum quia utiliora supersunt, ideo ad illa veniendum est».

(24) Summa totius …, p. 242’.

(25) Ibid., p. 260’.

(26) Ibid.

(27) Testamento di Zerra qd. Romeo Pepoli, scritto l’8 ottobre 1251, edito, da ultimo, in ROLANDINO, Atti e formule, Bologna, 2000, p. 26-27.

(28) Ibid., p. 34-36.

(29) «Dominus Zerra … per gratiam Iesu Cristi sanus mente licet languens corpore, suarum rerum et bonorum omnium dispositionem per presens nuncupativum testamentum sine scriptis in hunc modum facere procuravit …». «Ego Rolandinus notarius … cupiens dispositione testamentaria de bonis meis providere ultime voluntati, per gratiam Dei, Matris et Sanctorum eius sanus mente et corpore, presens nuncupativum sine scriptis testamentum meum facio in hunc modum …».

(30) «Bartholomeus … per Christi gratiam sanus corpore et mente recteque loquens, statum humane fragilitatis precogitans, ne ab intestato decederet, volens facere testamentum et eius ultimam voluntatem, fecit et condidit in modum inferius descriptum …» ex: Le pergamene del convento di S. Francesco in Lucca (secc. XII- XIX), a cura di V. Tirelli e M. Tirelli Carli, Firenze, 1993, p. 351.

(31) «Cum nil sit certius morte, nil vero incertius hora mortis, que in animo cuiuslibet sapientis debet esse suspecta, idcirco egregius A. …, sanus Dei gratia mente, loquela et intellectu, licet corporea infirmitate gravetur, divinum timens iudicium cuius hora nescitur, nolens ab intestato decedere sed potius cum testamento de se bonisque suis per presens noncupativum testamentum, quod sine scriptis dicitur, disposuit et ordinavit ut infra …», ex: A. ASSINI, Appendice documentaria, in Il notaio e la città, a cura di V. Piergiovanni, Milano, 2009, p. 285-409, qui: p. 297.

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