Famiglia e regime delle successioni nell’ordinamento cinese
Famiglia e regime delle successioni nell’ordinamento cinese
di Angela Carpi
Ricercatore di Diritto privato comparato, Università di Bologna

Introduzione: famiglia e successioni con caratteri cinesi

Per effettuare una ricostruzione del sistema delle successioni oggi vigente nella Repubblica popolare cinese è necessario tenere presenti alcuni elementi che caratterizzano il sistema giuridico cinese nel suo complesso.
Innanzi tutto va ricordato come tale sistema abbia subito nell’ultimo trentennio una completa ristrutturazione, nel quadro delle riforme socio-economiche del periodo post-maoista. Nell’ambito di questa ristrutturazione e per comprenderne la reale portata, è necessario ricostruire l’incidenza dei modelli tradizionali e individuare l’influenza dei modelli così detti esterni(1). Come è noto, infatti, il diritto cinese storicamente è stato segnato da continui «tentativi di coniugare tradizioni locali e modelli di provenienza occidentale»(2). La legislazione civilistica cinese emanata nell’ultimo trentennio è caratterizzata da una forte tendenza al recupero di elementi tradizionali che rappresenta una strategia di modernizzazione all’insegna, sì, dell’adattamento ai modelli di provenienza occidentale, ma che vuole anche enfatizzare la presenza di “caratteri cinesi” all’interno delle riforme(3).
La normativa in materia di famiglia e delle successioni rappresenta un punto di vista privilegiato per indagare la presenza dei “caratteri cinesi” dal momento che in queste essi sono particolarmente evidenti(4). La legge sull’eredità della Repubblica popolare cinese del 1985(5)si pone in linea con la normativa sulla famiglia degli anni ‘80 affermando una serie di principi alla base dei criteri di attribuzione delle quote ereditarie. L’importanza delle funzioni di assistenza della comunità familiare si rinviene anche nel sistema delle quote riservate di eredità e nelle limitazioni poste alla libertà di testare (art. 19). Un altro segno del recupero della tradizione nella legge sulle successioni, che si ricollega ai valori dell’unità e dell’armonia in seno alla famiglia riguarda il fatto che sono gli eredi stessi che devono decidere con spirito di «reciproca comprensione e di accomodamento» e in “armoniosa solidarietà” le questioni relative all’attribuzione delle quote ed alla divisione dell’eredità (art. 15)(6).
Il presente studio si propone, quindi, di ricostruire nei suoi caratteri salienti il sistema delle successioni del diritto cinese contemporaneo, con metodologia comparativa, mediante cioè una ricostruzione dell’evoluzione storica dell’istituto accompagnata dall’indagine sulla circolazione e mutazione dei modelli giuridici. Dopo una breve analisi storica a partire dalla Cina imperiale, si cercherà di ricostruire l’incidenza dei diversi modelli - tradizionale, socialista e europeo di civil law - sul sistema successorio cinese contemporaneo.

Evoluzione storica del diritto delle successioni in Cina

Per quanto riguarda il quadro storico, possiamo individuare quattro epoche fondamentali del diritto cinese. La prima, della Cina imperiale tradizionale, che copre il periodo anteriore alla fondazione della Repubblica cinese del 1911; la seconda della Cina repubblicana, che copre il periodo dal 1911 al 1949; la terza della Repubblica popolare, che copre il periodo dal 1949 al 1978; la quarta della “porta aperta”, che copre il periodo dal 1978 ad oggi(7). In ciascuna di queste fasi si trovano riforme ed innovazioni che a vario titolo interessano il diritto delle successioni.
In epoca imperiale, così come ancora oggi, in Cina, la cura per i membri del nucleo familiare è un obbligo morale. Questo concetto risale alla dinastia Zhou Orientale (1045-256 a.C.), epoca in cui Confucio scrisse, in merito ai forti legami tra famiglia e Stato, che al fine di mantenere la pace e l’ordine cosmico, ciascun individuo doveva curare massimamente la famiglia e lo Stato(8). Per questo fine, veniva stabilito un rigido ordine gerarchico, sulla base sia del sesso sia dell’età del componente la famiglia(9). L’importanza del nucleo familiare si traduceva in un rigido ordine ereditario, dal momento che alla morte del capo famiglia il suo successore, necessariamente un maschio adulto, aveva il compito di proseguire il soffio vitale - il qi - degli antenati e di amministrare i beni della famiglia(10). Tali disposizioni, tuttavia, non furono mai oggetto di una regolamentazione legislativa: essa non era necessaria. La morte, infatti, non estingueva lo spirito del padre che veniva portato avanti intatto dai suoi discendenti in linea maschile(11), i quali gli succedevano anche nella proprietà dei beni, nonché nelle posizioni debitorie e/o creditorie. La transizione di beni e diritti era, quindi, considerata un automatismo del tutto naturale, senza necessità di intervento legislativo(12). La materia successoria, quindi, era configurata sempre come successione necessaria, per cui doveva necessariamente esistere un erede, naturale o adottato, che non poteva essere privato del suo diritto a succedere neppure dal padre e che, del resto, non aveva la facoltà di rinunciare all’eredità.
Bisognerà attendere l’inizio del Novecento, quando la Cina entrò in contatto con le potenze occidentali, per trovare una prima codificazione della materia successoria nel senso moderno del termine. Prendendo a modello il codice civile giapponese, a sua volta disegnato sulla base del codice civile tedesco, la Cina decise di regolamentare il proprio diritto successorio nel quadro di una codificazione generale in materia civile. Nel primo progetto di codice civile, portato a termine nel 1911, il diritto successorio era ancora dominato da una concezione tradizionale, in particolare legata ai sacrifici per gli antenati fatti dai successori di sesso maschile(13).
Tra il 1911 e il 1930, poi, fu la Corte Suprema di Pechino ad essere protagonista. Essa infatti introdusse alcune novità in senso modernizzatore in materia di successione patrimoniale. Innanzi tutto concesse al padre una limitata libertà di derogare al principio dell’uguaglianza delle quote ereditarie dei figli legittimi e concubinari, ammettendo la possibilità di devolvere una quota maggiore a quei figli che avevano dato un contributo più rilevante all’incremento del patrimonio familiare. In secondo luogo vennero vietate le consuetudini dell’attribuzione di una quota maggiore destinata ai figli che dovevano succedere al culto degli antenati. Fu introdotto il diritto per i figli naturali di ricevere una quota pari alla metà di quella spettante ai figli legittimi e concubinari. Venne introdotto il legato, sul quale la Corte è più volte intervenuta per puntualizzare come questo esplicasse i suoi effetti solo dopo la morte del testatore. Venne introdotta una distinzione tra i beni del defunto e quelli degli eredi, stabilendo altresì che i creditori dovevano rifarsi innanzitutto sui primi e solo in un secondo momento avrebbero potuto aggredire i beni personali degli eredi(14).
Nella fase nazionalista, con il nuovo titolo V del codice civile nazionalista emanato nel 1931, fu modificata la nozione stessa di successione, che da simbolo dell’indissolubilità della famiglia si ridusse a modalità di trasferimento di un complesso di rapporti patrimoniali, perdendo così il carattere di necessarietà che l’aveva contraddistinta nel passato(15). Sempre in questa fase fu ampliata la cerchia dei soggetti ammessi alla successione e fu introdotta la parità tra i sessi, abolendo il principio agnatizio che aveva segnato la fase imperiale(16). Al fine, poi, di tutelare quei soggetti che con la riforma erano scomparsi dall’ordinamento - come ad esempio le concubine - ma che di fatto facevano ancora parte della famiglia cinese, il codice all’art. 1145, attribuiva al consiglio di famiglia la facoltà di devolvere una quota del patrimonio ereditario a persone alle quali il de cuius aveva provveduto in vita in maniera continuativa.
Il codice nazionalista è tuttora in vigore a Taiwan, mentre nella Cina continentale, nel febbraio del 1949 esso, insieme a tutta la legislazione repubblicana, fu abrogato da un decreto del Comitato Centrale del Partito Comunista. Va tuttavia rilevato come i comunisti cinesi non abbiano abolito l’istituto ereditario, tanto che non solo nella fonte normativa di riferimento principale, la legge sul matrimonio del 1950(17), furono inserite due disposizioni in materia ereditaria, ma anche nella Costituzione del 1954, fu sancito il diritto dei cittadini ad ereditare beni privati(18). In questa normativa, in ossequio al modello socialista dominante, vi fu una forte contrazione della proprietà privata a favore di quella collettiva e la famiglia fu vista più come unità di produzione, il cui fine principale doveva essere lo sviluppo economico del Paese(19).
A partire dal 1955, poi, prese avvio la trasformazione socialista dell’economia: furono formate le cooperative semi-socialiste in cui confluivano vari gruppi familiari che mettevano in comune parte della terra e dei propri mezzi di produzione. Queste comuni furono presto trasformate in cooperative di stadio avanzato che riunivano da 100 a 300 nuclei familiari e si basavano sulla collettivizzazione della terra e dei mezzi di produzione(20). Gli appezzamenti di terreno, quindi, erano di proprietà pubblica e non potevano essere trasferiti per successione ereditaria, svuotando così il diritto ereditario di gran parte della sua importanza.
Alla fine degli anni settanta si aprì un nuovo corso per la Cina. L’ascesa al potere di Deng Xiaoping fece entrare il Pese in una nuova fase di modernizzazione, caratterizzata, per quello che interessa in questa sede, da un sistema di responsabilità familiare con il quale la famiglia tornò ad essere l’unità di produzione fondamentale, ove è concepita una proprietà multistrutturale, ossia dove forme di proprietà privata coesistono nella struttura socialista di base(21).
In questo nuovo contesto, il 10 aprile 1985 fu emanata la Legge sull’eredità della Repubblica popolare cinese(22).

Il diritto delle successioni vigente

La summenzionata legge del 1985, tuttora vigente, è stata elaborata in sei anni da una commissione, insediatasi nel 1979 e originariamente incaricata di elaborare un codice civile cinese(23), uno dei capitoli del progetto conteneva disposizioni in materia ereditaria. Tuttavia, a causa delle imponenti riforme economiche e strutturali che stavano investendo il Paese, i tempi non erano ancora maturi per la realizzazione di un corpo normativo sistematico in materia civile. Le autorità cinesi decisero, quindi, di emanare leggi in materie singole, urgenti, ove fosse possibile iniziare a formare una communis opinio: una di queste fu la legge sul diritto ereditario. La commissione legislativa del Comitato Permanente dell’Assemblea Nazionale del popolo e la Corte suprema si fecero carico dell’elaborazione di un progetto di legge in materia, utilizzando come base il capitolo sulle successioni contenuto nel progetto di codice civile e approfondendo lo studio dei diritti ereditari stranieri. Il progetto di legge fu completato nel 1984 e il 10 aprile 1985, dopo una serie di consultazioni che si concretizzarono in alcune modifiche al progetto, la prima legge sulle successioni della Repubblica popolare cinese fu approvata ed entrò in vigore il 1 ottobre dello stesso anno.
La legge è composta da 37 articoli, divisi in cinque capitoli: disposizioni generali; successione legittima; successione testamentaria e legati; devoluzione dell’eredità; disposizioni supplementari(24).

Disposizioni generali

La legge in esame si apre, al suo art. 3, con l’elenco dei beni facenti parte del patrimonio legittimo dei cittadini, oggetto di successione(25). Dalla lettura dei beni elencati si possono trarre alcune interessanti osservazioni. Innanzi tutto, in ossequio alla continuità, si tratta dei beni che, negli ordinamenti socialisti, costituiscono la così detta proprietà personale, ossia i beni di consumo diretto(26), sempre ammessi a formare oggetto di proprietà. Una luce di novità, tuttavia, si vede al n. 6, «diritti patrimoniali derivanti dal diritto d’autore e dei brevetti», dove fa il suo ingresso la proprietà intellettuale, ignorata fino all’inizio degli anni ottanta.
Le disposizioni contenute ai numeri 5 - «mezzi di produzione che la legge consente di possedere» - e 7 - «altro patrimonio legittimo» -, invece sono estremamente generiche e fanno riferimento a beni che non rientrano nella proprietà personale di cui sopra. Il legislatore ha quindi fatto uso di una formula generica per introdurre elementi di capitalismo nel sistema socialista, evitando così di prendere posizione(27). Né la Costituzione(28)né i Principi generali di diritto civile(29), emanati nel 1986, aiutano nel tentativo di chiarire il disposto dell’art. 3, mentre in senso chiarificatore intervengono dottrina e giurisprudenza della Corte Suprema del popolo. Il n. 5, infatti, inizialmente veniva interpretato in maniera restrittiva e si facevano rientrare tra i mezzi di produzione trasmissibili per via ereditaria solo macchine e mezzi di minore valore economico. In un secondo momento, furono riconosciuti come ereditabili anche i mezzi di produzione appartenuti a cinesi d’oltre mare fino ad arrivare ad includere quelli appartenuti a stranieri che avessero investito in Cina(30).
L’idea di apertura che si potrebbe evincere dall’analisi dei beni oggetto di successione non deve far pensare il lettore che il sistema si stia avvicinando ai modelli occidentali. Infatti, proseguendo nell’analisi della legge, si noterà come il legislatore si è preoccupato di tutelare non tanto il patrimonio in sé, quanto la famiglia come unità produttiva di base: in vista dell’apporto che essa può dare allo sviluppo economico del Paese, si è voluto garantire il diritto alla trasmissione ereditaria del patrimonio privato(31). Questo emerge chiaramente dalle disposizioni che riguardano i criteri in base ai quali sono individuati gli eredi, le modalità per la divisione del patrimonio, i limiti posti alla libertà di testare. Se poi leggiamo queste disposizioni in combinato disposto con il dettato costituzionale e con le norme contenute nella legge sul matrimonio del 1980, immediatamente comprendiamo la portata dei “caratteri cinesi” nella normativa contemporanea. Così va letto il dovere dei genitori di allevare i figli e dei figli di accudire i genitori, principio costituzionale recepito dalla legge sul matrimonio, all’art. 15, comma 1 e che ha conseguenze concrete sulla libertà di testare. Agli artt. 12, 13 e 14 della legge sull’eredità, infatti, trova attuazione il principio della “reciprocità degli obblighi e dei benefici”, secondo cui l’adempimento corretto o l’inadempimento degli obblighi familiari incide sulla misura delle quote ereditarie (art. 13)(32)e l’aver adempiuto a tali obblighi è titolo per l’attribuzione di diritti ereditari a soggetti estranei (artt. 12 e 14)(33).
Un altro articolo che mostra chiaramente un retaggio del sistema ereditario precedente è l’art. 15 laddove stabilisce, con terminologia tipica orientale, che «gli eredi devono discutere le questioni inerenti all’eredità con comprensione reciproca e spirito di accomodamento e in armoniosa solidarietà», limitando al minimo, quindi, l’ingerenza esterna nelle questioni familiari(34).

La successione legittima

L’art. 10 della legge sull’eredità individua due ordini di successione secondo i criteri generali del rapporto coniugale e del rapporto di parentela: il primo ordine di successione è coniuge, figli, genitori; il secondo è fratelli, sorelle, nonni. Ciascun ordine esclude il seguente.
Per quanto riguarda il coniuge, egli può ereditare se al momento del decesso era regolarmente coniugato con il defunto, regola questa non espressamente presente nel testo normativo, ma riconosciuta pacificamente in dottrina, in combinato disposto con la legge sul matrimonio (art. 18) che attribuisce ai coniugi il diritto a succedere su base di reciprocità(35).
Per quanto riguarda i figli, legittimi, naturali e adottivi, sono dalla legge equiparati, così come la distinzione tra fratelli e sorelle comprende germani, unilaterali, di adozione e di affidamento (art. 10, comma 3). L’art. 11, poi, è dedicato alla rappresentazione, ammessa solo per i figli del de cuius, premorti ad esso, i cui discendenti assumeranno la quota del padre. Va segnalato come in dottrina si sia voluto distinguere tra rappresentazione e trasferimento dell’eredità, non menzionato dalla legge e che avviene quando l’erede legittimo muore dopo il decesso del de cuius ma prima della divisione dell’eredità. In questo caso non solo i suoi discendenti, ma tutti coloro i quali sono ascrivibili alla cerchia degli eredi avranno diritto a succedere(36).
Qualora manchino eredi legittimi e non esista testamento, l’art. 32 stabilisce che l’eredità sia devoluta allo Stato o, se il defunto faceva parte di una organizzazione collettiva, sarà questa a ricevere l’eredità. Nella successione legittima, oltre al criterio del legame coniugale e di parentela, si tiene conto di un altro criterio connesso ai fondamentali doveri di solidarietà all’interno della famiglia cinese: il criterio di sostentamento. Come si è visto supra, questo criterio oltre a designare i soggetti che possono assumere il ruolo di eredi, contribuisce a determinare le percentuali delle quote spettanti a ciascun erede legittimo. Quindi possono rientrare nuora e genero, se hanno adempiuto agli obblighi di sostentamento nei confronti dei suoceri (art. 12) e gli eredi legittimi possono vedersi ampliata o decurtata la quota ereditaria per avere assolto in maniera maggiore o minore ai medesimi obblighi. L’attribuzione delle quote e la divisione dell’eredità deve, peraltro, avvenire con spirito di «reciproca comprensione» e in «armoniosa solidarietà» (art. 15), in un regime di autoregolamentazione delle questioni anche giuridiche che riguardano la famiglia. Questo da un lato risponde ad una esigenza di prosecuzione di una antica tradizione che auspica l’unità della famiglia, quale base per la stabilità sociale, dall’altra risponde all’esigenza di evitare di gravare lo Stato con liti giudiziarie onerose e contrarie all’etica(37).

La successione testamentaria

Sebbene la materia della successione testamentaria nel diritto cinese ricalchi sostanzialmente quella degli ordinamenti romanisti, si deve notare come la nozione stessa di testamento sia fortemente compressa dagli interessi superiori della famiglia. Da un punto di vista formale, il testamento è, anche qui, atto unilaterale, revocabile, assoggettato a requisiti di forma, tuttavia il legislatore cinese non ha voluto attribuire al testamento il carattere di vero e proprio atto formale, cioè da produrre in forma scritta, per scrittura privata o atto pubblico.
All’art. 17 sono stabilite cinque forme di testamento: per atto di notaio, olografo, per rappresentanza, audioregistrato e orale. La forma orale è stata prevista per riconoscere validità alla prassi di enunciare le proprie ultime volontà in punto di morte davanti ai parenti. Secondo la dottrina, però, tale testamento è valido solo se gli eredi forniscono una versione concorde sulle disposizioni e se uno dei due testimoni provvede immediatamente alla trascrizione e sottoscrizione delle ultime volontà.
Bisogna, inoltre, considerare come il testatore non goda di una piena libertà testamentaria. Il secondo comma dell’art. 16, infatti recita «il cittadino può disporre mediante testamento che uno o più eredi legittimi ereditino il so patrimonio personale», dal che si comprende come sia concesso istituire come erede solo uno o più soggetti che rientrino nella successione legittima. A favore di un soggetto esterno, sarà possibile istituire solo un legato(38). Un altro limite alla liberta di testare è stabilito all’art. 19 che prevede la riserva di una quota di eredità per un soggetto inabile al lavoro e privo di mezzi di sussistenza che faccia parte degli eredi.

Devoluzione dell’eredità

Secondo l’art. 2, la successione si apre al momento della morte nel luogo dell’ultimo domicilio del defunto o nel luogo in cui si trova la maggior parte dei suoi beni. L’art. 15, poi, stabilisce che, una volta aperta l’eredità, tutti gli eredi congiuntamente si assumano i doveri di amministrare l’eredità, salvo il caso in cui esista un testamento in cui viene nominato un esecutore testamentario.
L’affidamento dell’eredità agli stessi eredi, senza intervento dell’autorità giudiziaria, si inserisce in quegli elementi di continuità con la tradizione secondo cui le questioni della famiglia vanno regolamentate dal gruppo familiare stesso, senza ingerenze esterne.
Nel diritto cinese non esiste l’istituto dell’accettazione dell’eredità né quello dell’accettazione con beneficio di inventario. L’eredità si acquista senza bisogno di accettazione, salva la facoltà di rinunciare(39). Principio inverso vale per il legato, che va espressamente accettato(40). L’eliminazione dell’istituto della rinuncia all’eredità va letta con l’art. 33, il quale limita la responsabilità dell’erede per i debiti ereditari solo all’attivo ereditario, eliminando così uno dei principali presupposti dell’istituto dell’accettazione.
In materia di divisione ereditaria, la legge detta sostanzialmente due principi: il primo, già visto, è quello della divisione consensuale, attuata con spirito di solidarietà e armonia; il secondo è quello della convenienza economica, ossia la divisione deve essere fatta in modo da non nuocere alle esigenze dell’economia generale e in modo da non recare pregiudizio al valore economico dell’eredità stessa(41). Sul punto è intervenuta la Corte Suprema al fine di individuare la divisione di quali beni potrebbe portare a conseguenze negative: le aziende produttive e i beni utilizzati per l’esercizio delle professioni specializzate(42). In queste ipotesi la legge prevede due alternative: i beni possono essere devoluti per intero ad un coerede che liquiderà gli altri con adeguata compensazione, oppure i beni vengono acquistati in comune da tutti i coeredi e non si procede a divisione(43).

L’accordo di sostentamento e legato

Esiste nell’ordinamento cinese un atto negoziale che merita una trattazione a sé stante: l’accordo di sostentamento e legato previsto dall’art. 31. Esso si differenzia dal testamento in quanto non è un atto unilaterale mortis causa, ma un contratto che produce i suoi effetti durante la vita dei contraenti. Esso è previsto, in un’ottica solidaristica, per quei soggetti che non hanno mezzi di sostentamento e non hanno parenti o terzi che possano assumersi la loro cura.
Secondo la lettera della norma, l’accordo può essere concluso con un privato o con una organizzazione collettiva che si assumerà la cura del cittadino, provvederà ai suoi funerali e avrà poi diritto a succedergli. L’istituto proviene dal così detto sistema delle cinque garanzie (wu baohu), esistente già dalla fine degli anni cinquanta nelle cooperative agricole quale forma di previdenza sociale per gli anziani, i minori orfani e tutti quei soggetti non in grado di sostentarsi. A costoro, la società garantiva cinque beni essenziali: vitto, alloggio, vestiario, istruzione e spese funerarie(44).
L’accordo di sostentamento e legato richiama l’istituto della rendita vitalizia ma se ne differenzia in quanto nella rendita vitalizia la prestazione di cura e assistenza viene effettuata a fronte della cessione di un bene immobile o di un capitale, mentre l’istituto cinese in esame è un misto di negozio inter vivos e mortis causa, dal momento che si costituisce un obbligo immediato di sostentamento a fronte di una cessione futura, post mortem del patrimonio.
Nel raffronto con il diritto italiano, questo istituto sembra essere in contrasto con il divieto dei patti successori ex art. 458 c.c., il che potrebbe avere delle conseguenze pratiche nel momento in cui un giudice si trovasse nella necessità di dargli riconoscimento. Secondo quanto stabilito dall’art. 16 della L. 218/1995 in materia di diritto internazionale privato, il giudice italiano ha il potere di non applicare norme straniere contrastanti con la Costituzione, il che esclude l’applicazione di norme straniere, ancorché richiamate secondo i criteri di collegamento indicati dalla legge stessa, qualora gli effetti delle norme siano in contrasto con l’ordine pubblico internazionale. Andrà, quindi, sottoposto ad un controllo di costituzionalità, ammissibilità e tollerabilità caso per caso, nel rispetto della ratio della legislazione cinese e dei principi del nostro ordinamento.

Osservazioni conclusive

Dall’analisi svolta, seppure brevemente e solo nei suoi caratteri più salienti, del diritto delle successioni cinese, possiamo riconoscere nella legge vigente i tre modelli indicati in apertura. La struttura della legge, infatti, ricalca il modello romanista della prima legislazione degli anni trenta; la disciplina della materia, per molti aspetti, si rifà al modello socialista con una forte influenza della tradizione autoctona(45).
L’influenza della tradizione e l’attenzione alla realtà locale si rinviene in diverse disposizioni della legge del 1985. Oltre al già citato accordo di sostentamento e legato, istituto senz’altro tipico, vi sono altri elementi che rendono la legge originale. Innanzi tutto l’uniformità di applicazione in tutto il vasto territorio. Fin dalla fondazione dell’impero nel 221 a.C. la Cina è uno stato unitario, con leggi che svolgono la loro autorità su tutto il vasto territorio del Paese(46). Un secondo aspetto rilevante è la presenza nella legge in esame di alcune disposizioni a tutela delle donne. A partire dall’art. 9 della legge cinese che recita «l’uomo e la donna sono uguali nella successione», proseguendo con l’art. 26 che attribuisce metà del patrimonio al coniuge superstite, senza distinzione di sesso, per finire con il già citato art. 30 a tutela della vedova. Tali articoli costituiscono un tentativo di arginare la discriminazione delle donne che esisteva nonostante la propaganda serrata in senso ugualitario.
Un terzo aspetto di continuità con la legislazione cinese precedente si rinviene nella scelta terminologica: quindici su venticinque termini tecnici sono identici alla legge sulle successioni del 1930: una identità terminologica rispecchia una identità del substrato giuridico(47).
In assonanza con la legislazione sovietica degli anni quaranta, la legge cinese contiene una nozione ristretta di libertà testamentaria e la concezione della famiglia come unità di assistenza e previdenza. Quest’ultimo elemento si è colorato dei caratteri cinesi, rinvenibili nel sistema premiale o sanzionatorio a seconda del corretto o mancato adempimento dei doveri di solidarietà familiare. Emerge, cioè, come nel diritto cinese gli interessi collettivi della famiglia prevalgano su quelli individuali.
Da quanto esposto si può concludere come il diritto delle successioni vigente in Cina sembra essere stato meno influenzato dai modelli occidentali rispetto ad altri settori del diritto moderno e sembra essere ancora dominato da caratteristiche fondate sulla tradizione, dando origine, nella sua versione contemporanea, ad un modello che alcuni studiosi hanno ipotizzato essere originale e esportabile in altri ordinamenti(48).


(1) Cfr. S. LUBMAN, Introduction, in POTTER-LUBMAN (eds), Domestic Law Reform in Post-Mao China (Studies on Contemporary China), Routledge, 1993, p. 3 e ss. Sulle caratteristiche del sistema giuridico cinese si v. G. AJIANI, A. SERAFINO, M. TIMOTEO, Diritto dell’Asia orientale, Torino, 2010.

(2) La frase si trova in M. TIMOTEO, Le successioni nel diritto cinese. Evoluzione storica ed assetto attuale, Milano, 1994, p. 1.

(3) Cfr. M. TIMOTEO, voce Cina, in Dig. disc. priv., sez. I, aggiornamento, a cura di R. Sacco, Torino, 2010; R.C. BROWN, Understanding Chinese Courts and Legal Process: Law with Chinese Characteristics, The Hague, Kluwer Law International, 1997.

(4) Si pensi ad esempio alla legge sul matrimonio del 1980 dove si stabilisce che i genitori hanno il dovere di allevare ed educare i figli e questi a loro volta hanno il dovere di mantenere e assistere i genitori. Tale principio, ampliato fino a ricomprendere obblighi reciproci analoghi nei confronti di nonni e nipoti nel caso di premorienza dei genitori (v. art. 22), è ulteriormente ribadito nell’emendamento del 2001 alla legge sul matrimonio, dove già nel primo capitolo della legge, dedicato ai principi generali si dispone: «I coniugi hanno il dovere di fedeltà e rispetto reciproci; i membri della famiglia hanno il dovere di rispettare i più anziani e di amare i più giovani, di sostenersi reciprocamente e di salvaguardare i rapporti matrimoniali e familiari nel segno dell’uguaglianza, della concordia e su di un piano di civiltà» (art. 4).

(5) Zhonghua renmin gongheguo jicheng fa (Legge sull’eredità della Repubblica popolare cinese). Per una traduzione in lingua italiana, Leggi tradotte della Repubblica popolare cinese, II, a cura di S. Schipani, G. Terracina, Torino, 2003. Per una analisi generale della legge in lingua inglese, v. L. B. SCHWARTZ, «The Inheritance Law of the People’s Republic of China», in Harvard International Law Journal, 1987, p. 433 e ss. Per un lavoro analitico in lingua italiana sul tema, v. M. TIMOTEO, Le successioni nel diritto cinese …, cit.

(6) V. M. TIMOTEO, voce Cina, cit.

(7) V. H. VON SENGER, «La première loi sur les successions en République Populaire de Chine», in Revue de droit Imtermational et de droit comparé, 1987, p. 66.

(8) Cfr. JIANFU CHEN, Chinese Law: Context and Transformation, Pechino, 2008, p. 12.

(9) V. A. G. PROVINCE, «Killing me Softly: A Comparative Review of Chinese Inheritance Law to Address the Problem of Elfer Abuse and Neglect in the United States», in Indiana International & Comparative Law Review, 2012, p. 71.

(10) In materia, v. SHIGA SHÜZÖ, Family Property and the Law of Inheritance in Traditional China, in D.C. BUXBAUM (ed.), Chinese Family Law and Social Change, Seattle and London, 1978, p. 126-27.

(11) Coloro i quali morivano senza avere dato alla luce discendenti maschi erano considerati privi di eredi, ma vista l’importanza dell’erede che doveva proseguire lo spirito degli antenati, si procedeva ad una adozione a questo fine. Per uno studio approfondito in materia di famiglia tradizionale e contemporanea nella realtà cinese, v. M. TIMOTEO, «L’evoluzione del diritto di famiglia nella Repubblica popolare cinese», in Mondo cinese, 1988, 63, p. 31.

(12) Così H. VON SENGER, «La première loi sur les successions …», cit., p. 67. V. anche SHIGA SHÜZÖ, op. cit., p. 124. Nel codice dinastico della dinastia Tang (VIII-X secolo a.C.) troviamo una sola disposizione in materia successoria, peraltro legata più alla materia amministrativa.

(13) Sul punto si v. lo studio di F. FOSTER-SIMONS, «The Development of Inheritance Law in the Soviet Union and the People’s Republic of China», in American Journal of Comparative Law, 1985, vol. 32, p. 39.

(14) Si tratta di una serie di sentenze emanate dalla Corte Suprema tra il 1912 e il 1916. V. M. TIMOTEO, Le successioni nel diritto cinese …, cit., p. 32 e ss; LIU NANPING, «Legal Precedent with Chinese Characteristics: Published Cases in the Gazette of the Supreme People’s Court», in Journal of Chinese Law, 1991, p. 107.

(15) Il codice nazionalista rappresenta il primo tentativo di coniugare il modello ereditario cinese con modelli provenienti da occidente. Dal momento che qui la modernizzazione rappresentava il principale obiettivo, furono ignorati istituti centrali per il diritto tradizionale, quale ad esempio quello relativo alla successione nel culto degli antenati. Per un approfondimento sul punto V. J. ESCARRA, La codification du droit de la famille et du droit des successions (Livre IV et V du Code civil de la République Chinoise), Shanghai, 1931.

(16) Secondo l’art. 1138 della legge, i successori al patrimonio erano i discendenti legittimi e naturali riconosciuti, i genitori, i fratelli e le sorelle, i nonni. Ciascun ordine escludeva il successivo.

(17) Zhonghua Renmin Gongheguo Hunyinfa (legge sul matrimonio della Repubblica popolare cinese), approvata il 3 aprile 1950 dal Consiglio del Governo Centrale Popolare, Pechino.

(18) Si noti che tale disposizione fu eliminata nei testi costituzionali del 1975 e del 1978, ma ricomparve nella Costituzione del 1982, attualmente in vigore (art. 13). V. H. VON SENGER, «La première loi sur les successions …», cit., p. 69.

(19) V, F. FOSTER-SIMONS, op. cit., p. 40.

(20) Cfr. H. VON SENGER, Recent Developments in the Relations between State and Party Norms in the People’s Republic of China, in S. R. SCHRAM (ed.), The Scope of State Power in China, London, Hong Kong, New York, 1985, p. 183.

(21) Cfr. S. GINZBERG, Il nuovo corso cinese, Roma, 1982, p. 50; P. CORRADINI, «Utopia e pragmatismo: le difficili scelte della rivoluzione», in Mondo cinese, 1992, p. 15 e ss.

(22) La già citata Zhonghua Renmin Gongheguo Jichengfa, v. supra nota 5, è stata approvata il 10 aprile 1985 nella terza sessione della sesta Assemblea Nazionale del Popolo.

(23) Per una ricostruzione della genesi della legge del 1985 v. H. VON SENGER, «La première loi sur les successions …», cit., p. 65.

(24) Così strutturata, la legge cinese è la più concisa e corta del mondo, seconda solo alla normativa corrispondente allora vigente in Unione Sovietica.

(25) L’elenco dell’art. 3 comprende i seguenti beni: redditi; case, risparmi ed oggetti di uso quotidiano; alberi, bestiame e animali domestici; oggetti culturali, libri, scritti; mezzi di produzione che la legge consente di possedere; diritti patrimoniali derivanti dal diritto d’autore e dai brevetti; altro patrimonio legittimo. Per la traduzione italiana della legge sull’eredità, v. il già citato, Leggi tradotte della Repubblica popolare cinese, cit.

(26) Sui sistemi socialisti si v. G. CRESPI REGHIZZI, P. BISCARETTI DI RUFFIA, La costituzione sovietica del 1977. Un sessantennio di evoluzione costituzionale nell’U.R.S.S., Milano, 1979; J. HAZARD, Comunists and Their Law. A Search of the Common Core of the Legal System of the Marxian Socialist State, Chicago, 1969.

(27) Così M. TIMOTEO, Le successioni nel diritto cinese …, cit., p. 56.

(28) Zhonghua Renmin Gongheguo Xianfa (Costituzione della Repubblica popolare cinese), approvata il 4 dicembre 1982 nella quinta sessione della quinta Assemblea Nazionale del Popolo ed emendata l’ultima volta nel 2004.

(29) Zhonghua Renmin Gongheguo Minfa Tongze (Principi generali di diritto civile della Repubblica popolare cinese), approvati il 12 aprile 1986 nella quarta sessione della sesta Assemblea Nazionale del Popolo.

(30) Cfr. R. BERTINELLI, Economia e politica nella Cina contemporanea, Roma, 1990; R. CAVALIERI, Imprese e società commerciali, in Diritto commerciale e arbitrato in Cina. Tra continuità e riforma, a cura di G. Crespi Reghizzi, R. Cavalieri, Milano, 1991.

(31) È quanto è sostenuto in M. TIMOTEO, Le successioni nel diritto cinese …, cit., p. 61.

(32) L’art. 13 stabilisce che «In linea di principio gli eredi dello stesso ordine hanno diritto ad uguali quote di eredità … In sede di attribuzione delle quote ereditarie può devolversi una quota maggiore di eredità all’erede che ha ottemperato ai doveri di cura del defunto o che conviveva con il medesimo. In sede di attribuzione delle quote ereditarie può devolversi una quota minore o non devolvere nulla all’erede che, avendone avuta la capacità, non ha ottemperato ai propri doveri di cura …».

(33) L’art. 12 stabilisce quanto segue: «Se una nuora vedova o un genero vedovo si sono fatti carico in maniera preminente dei doveri di mantenimento verso i suoceri, devono ritenersi eredi di primo grado». L’art. 14 stabilisce che «Una congrua porzione dell’eredità può essere devoluta, oltre che agli eredi, a quelle persone inabili al lavoro e prive di mezzi di sostentamento che erano affidate alla cura del defunto o a coloro che hanno contribuito in maniera rilevante al mantenimento del defunto».

(34) Cfr. A.G. PROVINCE, op. cit., p. 75.

(35) Il diritto a succedere non viene pregiudicato, peraltro, anche in caso di successivo matrimonio del coniuge rimasto in vita. Questa disposizione è stata inserita a tutela della vedova che desideri contrarre nuovo matrimonio la quale rischiava di subire trattamenti ingiusti da parte degli altri eredi, sulla base dell’arcaico pregiudizio che voleva la moglie fedele al marito anche dopo la morte e considerava immorale contrarre un nuovo matrimonio. Cfr. in materia lo studio di A.M. HAN, «Holding-Up More Than Half the Sky: Marketization and the Status of Women in China», in Journal of Contemporary Legal Issues, 2001, p. 971 e ss.

(36) Sul punto v. M. TIMOTEO, Le successioni nel diritto cinese …, cit., p. 69.

(37) Sebbene in epoca attuale l’atteggiamento, soprattutto nei grandi centri urbani stia cambiando anche a seguito della ben nota politica del figlio unico che ha molto ridimensionato il nucleo familiare, è vero che fino alla metà degli anni novanta i cinesi preferivano ancora affidare le controversie in materia ereditaria ai Comitati popolari di conciliazione in una ottica di risoluzione informale della controversia. Cfr. M. TIMOTEO, «Il sistema cinese di conciliazione popolare. La giustizia informale in Cina tra tradizione e modernità», in Mondo cinese, 1991, 71, p. 38 e ss.

(38) Il legato è previsto all’art. 16, comma 3 e può essere istituito anche a favore dello Stato.

(39) L’art. 25, infatti, stabilisce che «Dopo l’apertura della successione l’erede che intende rinunciare all’eredità deve darne comunicazione prima della discussione sull’attribuzione dell’eredità. Se egli non da tale comunicazione, l’eredità si considera accettata …».

(40) Art. 25, comma 2: «Il legatario deve dare notizia dell’accettazione o del rifiuto del legato entro due mesi dalla presa di conoscenza dell’istituzione del legato. Se la comunicazione non viene data entro tale periodo, il legato è considerato rifiutato».

(41) Questo principio è stabilito all’art. 29: «La discussione sulla divisione dell’eredità deve mirare ad un assetto economico vantaggioso per la produzione e le necessità della vita e non deve recare pregiudizio all’utilizzabilità del patrimonio ereditario …».

(42) Zuigao Renmin Fayuan “Guanyu Guanche Zhixing Zhinghua Renmin Gonheguo Jichengfa Ruogan Wenti De Yijian” (Istruzioni della Corte Suprema del Popolo della Repubblica popolare cinese sull’attuazione della Legge sull’eredità).

(43) Così stabilisce l’art. 29 al suo secondo comma: «L’eredità che non può essere soggetta a divisione può essere sottoposta a stima per farsi luogo a compensazioni o può essere devoluta come proprietà comune».

(44) Sul punto, v. M. TIMOTEO, Le successioni nel diritto cinese …, cit., p. 80.

(45) Così M. TIMOTEO, Le successioni nel diritto cinese …, cit., p. 91.

(46) Il che spiega le scarse competenze legislative delle province cinesi. Sul punto v H. VON SENGER, «La première loi sur les successions …», cit., p. 75. La legge in esame contiene, tuttavia, un articolo a tutela delle numerose minoranze presenti nel Paese (art. 35).

(47) Ibidem, p. 77.

(48) In questo senso si muovono gli studi di A.G. PROVINCE, op. cit.; A.M. HAN, op. cit.; F.H. FOSTER, «Towards a Behaviour-Based Model of Inheritance? The Chinese Experiment», in University of California Davis Law Review, 1998, p. 77 e ss.

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