Rent to buy immobiliare e rent to buy aziendale
Rent to buy immobiliare e rent to buy aziendale
di Dianora Poletti
Ordinario di Diritto privato, Università di Pisa
L’art. 23 D.l. n. 133/2014 e il godimento finalizzato all’acquisto
Introdotti di recente nel nostro sistema, i contratti di godimento finalizzati al successivo acquisto di immobili rappresentano un’operazione contrattuale sorta da predominanti ragioni di politica economica, dirette a rianimare lo stagnante mercato immobiliare, che disegna una nuova ipotesi di scissione tra titolarità del diritto e godimento, ma con la finalizzazione di quest’ultimo, fin dall’inizio, alla sua riunione con la prima attraverso una scelta rimessa al potenziale acquirente (che, con denominazione echeggiante la locazione, il legislatore definisce conduttore).
Salutato ai suoi esordi come una modernizzazione del sistema autoctono, non esente da una certa influenza derivata da una prassi contrattuale diffusa nell’ordinamento di common law, l’art. 23 del D.l. n. 133/2014, convertito nella L. n. 164/2014, tratteggia un modello contrattuale di particolare complessità, non del tutto sovrapponibile a quelli espressi dall’anglismo “rent to buy”(1) o a quelli già escogitati dall’autonomia contrattuale per soddisfare le contrapposte esigenze di un venditore interessato a collocare l’immobile di sua proprietà sul mercato e di un aspirante compratore non in possesso dell’intero importo del corrispettivo (e impossibilitato a ricorrere al credito), ma interessato a conseguire da subito il godimento del bene(2). La caratteristica più evidente dei contratti di godimento in funzione della successiva alienazione del bene - che li eleva a perfetto prodotto della post-modernità(3) - è quella di presentare un alto tasso di procedimentalizzazione(4), decisamente rafforzato rispetto a quello presente nei modelli già noti di preparazione all’acquisto immobiliare, ribattezzati “vendite alternative”(5), perché unito alla espressa previsione di un doppio programma contrattuale:
quello principale o naturale, che mira a consentire l’acquisto della proprietà agevolato dal progressivo accantonamento del prezzo; quello, per così dire secondario ed eventuale, che consegue alla possibilità di ripensamento riservata al conduttore, in cui la proprietà non si trasferirà nella sua sfera giuridica ma rimarrà in capo al concedente, che dovrà rimetterla sul mercato.
Il legislatore ha dunque varato in tempi singolarmente rapidi una nuova operazione di acquisto graduale della proprietà immobiliare, la cui peculiarità è quella di regolamentare fin dall’origine le sopravvenienze, in qualche maniera “internalizzandole”, allo stesso modo in cui viene “internalizzata” la vicenda creditizia, che - con il precipuo scopo di evitare il ricorso a finanziamenti esterni - si gioca interamente nel rapporto tra aspirante compratore e aspirante acquirente, con la disponibilità all’attesa della vendita da parte del primo e gli accantonamenti progressivamente crescenti con il decorso del tempo da parte del secondo. In essa si predispone e si regolamenta fin dall’origine l’intero assetto di interessi, programmando non solo i risultati ultimi dell’operazione contrattuale, finalizzata al trasferimento della proprietà del bene, ma anche l’ipotesi dell’insuccesso incolpevole dovuto al ripensamento dell’aspirante acquirente(6).
Il tutto all’interno di una sofisticata cornice normativa che prevede, solo per limitarsi a citare i punti sui quali si era dichiarata impotente la rivitalizzata autonomia privata prima dell’entrata in vigore della norma, l’opponibilità del contratto a terzi tramite l’estensione anche temporale della disciplina dell’art. 2645-bis c.c., la scomposizione del canone, il completamento dell’operazione nel caso di fallimento (in particolare) del concedente. Alla scelta delle parti si rimettono vari profili: tra questi, la determinazione della durata del godimento, che la norma - sebbene ai soli effetti dell’efficacia prenotativa della trascrizione - indica in dieci anni, l’entità del doppio frazionamento del canone (sia per la fase fisiologica sia per l’evenienza del fallimento del programma contrattuale), la possibile conclusione anticipata dell’operazione, la cessione a terzi, il recesso del conduttore, la possibilità di subconcedere il godimento(7), ma anche la ripartizione delle spese di manutenzione e la disciplina dei miglioramenti e delle addizioni, quando le regole dettate in tema di usufrutto, richiamate dall’art. 23 più a rimarcare l’allontanamento dalla locazione(8) che per un particolare intento di rivalorizzazione dell’istituto, non siano ritenute idonee.
Proprio a causa della sua complessità, l’art. 23 sembra avere sinora registrato forse più attenzioni dottrinali che concrete applicazioni. Un certo riscontro nella prassi operativa - per taluni versi imprevisto - ha invece avuto il rent to buy con oggetto l’azienda. Questo induce l’interprete (e ha sorretto gli intenti del gruppo di lavoro, che in questo volume presenta le sue prime riflessioni) a verificare la possibilità del trapianto dello schema contrattuale dell’art. 23 dal mercato immobiliare al mercato delle imprese o di loro “parti”(9).
Dal rent to buy immobiliare al rent to buy aziendale: una premessa metodologica
Tra le diverse ipotesi di dissociazione tra acquisto del godimento e successivo acquisto della proprietà, il contratto di rent to buy(10) rappresenta una tecnica di programmazione di un effetto traslativo attuata tramite un progressivo accantonamento del prezzo di vendita, con la peculiarità rappresentata dalla non obbligatorietà dell’acquisto, temperata tuttavia da una remunerazione per il concedente sotto forma di «quota dei canoni imputata al corrispettivo» che lo stesso, ai sensi del comma 1-bis dell’art. 23, è legittimato a trattenere per il caso di mancata conclusione dell’affare(11).
Questa scissione tra titolarità e godimento appare certamente funzionale alle esigenze di circolazione dell’azienda: essa si caratterizza subito per una finalità differente da quella connessa alla possibilità di costituire uno strumento di dilazione dell’acquisto in caso di difficoltà economiche e creditizie dell’aspirante compratore di immobili, rivelandosi quale operazione contrattuale diretta a soddisfare ragioni squisitamente imprenditoriali che giustificano l’interesse al godimento anticipato del bene- azienda. Sono già state indicate, al riguardo, per il conduttore la possibilità di valutare la capacità reddituale dell’azienda e la reale competitività del settore prima di decidere l’acquisto, oltre alla creazione di un consolidamento patrimoniale, con il versamento di acconti sul prezzo, atto a porre le condizioni per accedere al successivo finanziamento bancario; per il concedente la «rivitalizzazione dei valori dell’azienda dovuta ad una nuova e diversa gestione imprenditoriale che verosimilmente coniugherà diversamente rischio e rendimento»(12).
È, questo, l’effetto della presenza di un bene del tutto peculiare, perché produttivo, quale l’azienda(13), tra l’altro oggetto (nell’ambito della teoria dei beni, ormai al centro di un incisivo ripensamento(14)) del dibattito mai placato tra teorie unitarie, atomistiche e intermedie(15), sul quale è di recente intervenuta - segnando un vantaggio in favore delle prime - la giurisprudenza delle Sezioni Unite in tema di usucapibilità dell’azienda(16). Il godimento si fa in questo caso congeniale al dinamismo dei beni e dei rapporti di impresa e, coincidendo con la possibilità di proseguire o di iniziare l’attività produttiva(17), perde i tratti del godimento statico, trascorrendo dalla fermezza del bene immobile alla mobilità dei rapporti di impresa, che obbligano il conduttore alla gestione produttiva.
La comparsa sulla scena giuridica dell’art. 23 del D.l. n. 133/2014 - è storia già nota - ha sollevato molteplici questioni: tra queste, dominante è stata quella tipologica. In proposito, senza potere qui svolgere un’indagine esaustiva ma solo in estrema sintesi, si può osservare che, abbandonata la strada, pur evocata, del collegamento contrattuale, le ricostruzioni oscillano tra la sicura tipizzazione(18), la transtipicità(19), la tipizzazione aperta(20) o il modello (legalmente) atipico(21). Queste variazioni sul tema non stupiscono, posto che la nuova operazione è costruita ecletticamente, testimoniando nel diritto interno quel pragmatismo europeo ormai imperante in materia contrattuale, tramite il riferimento a modelli confinanti ma diversi. Di taluni è stata direttamente richiamata la disciplina normativa (come accade per il contratto preliminare), altri sono stati menzionati per escluderli (come la locazione finanziaria, a comprova che la causa dei contratti costruiti dalla norma non è di finanziamento), altri ancora sono stati ripresi per includerli se l’autonomia delle parti non ha diversamente disposto (così il riferimento a talune norme dettate in tema di usufrutto), senza contare che la formulazione del comma 1-bis si accosta ad altri modelli alternativi di acquisto della proprietà.
La soluzione accolta sulla creazione o meno di un nuovo tipo contrattuale, è evidente, si correla strettamente alla possibilità di estendere il raggio applicativo della norma. Diversamente dall’idea di una sua rigida tipizzazione, l’accoglimento di una tipizzazione aperta o di cornice (un’operazione o uno schema contrattuale, dunque), per una norma comunque dominata dalla rigidità della disciplina della doppia trascrizione(22) - che già solleva dubbi sulla possibilità di applicare il meccanismo contrattuale al trasferimento di diritti reali minori(23) - chiaramente conduce ad una maggiore flessibilità e ad applicazioni analogiche. E tuttavia, l’angolatura nella quale si pone l’indagine qui condotta pare dovere fuoriuscire dall’alternativa tra tipizzazione e (mancata) tipizzazione per proiettarsi su un altro, diverso sfondo.
Tutto ciò, senza trascurare - quanto alla tipologia del bene oggetto dello schema contrattuale dell’art. 23 - che il legame tra beni immobili e impresa è sicuramente sotteso alla formulazione e soprattutto alla ratio dell’art. 23. Il concedente immaginato dal legislatore è infatti un preciso tipo di soggetto economico: l’impresa costruttrice di immobili, essendo intendimento della legge quello, come si evince dalle dichiarazioni contenute nella Relazione (che in realtà tratteggiano solo in maniera incompleta i diversi interessi che possono indirizzare i contraenti all’impiego dell’art. 23) di permettere all’aspirante acquirente l’immediato godimento del bene «idoneo a soddisfare il bisogno abitativo, diluendo nel tempo l’impegno finanziario», ma anche quello di consentire al venditore la «collocazione dell’immobile (con conseguente sgravio dell’onere finanziario sostenuto per la costruzione)»(24). Sul piano normativo, ciò è chiaramente comprovato dalla particolare attenzione dedicata dalla norma al possibile subentro di una procedura concorsuale, che può riguardare entrambi i contraenti(25). L’intreccio, per così dire, tra attività di impresa e beni immobili riconducibile al campo di azione della norma, senza necessità di forzarne i confini applicativi, potrà allora riguardare la circolazione gestoria (tramite i collaudati strumenti della cessione o dell’affitto) di un’azienda per il cui esercizio siano stati costituiti contratti di godimento in funzione della successiva alienazione ai sensi dell’art. 23. Si pensi al trasferimento di un’azienda quando l’imprenditore abbia stipulato tale tipo di contratto per il futuro acquisto della sede, ma anche del complesso alberghiero o dei terreni, rispettivamente per l’esercizio di attività alberghiera o agricola oppure alla cessione dell’azienda o di ramo di essa nel caso di impresa costruttrice, che immette sul mercato i suoi immobili ricorrendo alla formula dell’art. 23. Il tutto, senza ignorare che la dottrina già ha discusso sull’applicazione dell’art. 23 a determinate tipologie di beni immobili, come per l’appunto i terreni(26) o gli immobili in corso di costruzione.
La prospettiva della circolazione dell’azienda in cui siano previsti contratti stipulati ai sensi della norma in esame genera solo il problema della successione negli stessi, da risolversi con le norme specifiche a ciò preposte. Il punto di partenza della ricerca sulla configurazione di un “rent to buy di azienda” appare però, come si diceva, altro. Ipotizzare l’impiego di tale formula convenzionale per indicare l’applicazione di un modello progressivo di acquisto attraverso l’anticipazione di parte del corrispettivo versato in canoni periodici a complessi aziendali, con la presenza di beni anche immateriali e la frequente possibilità che parte consistente dei beni strumentali non risulti di proprietà dell’imprenditore, pone necessariamente un problema di carattere metodologico, che induce ad interrogarsi se l’art. 23 rappresenti l’indice del riconoscimento legislativo - proprio del contesto immobiliare - di un modello da ricostruire più compiutamente. Detto in altri termini, più che esportare fuori ambito l’art. 23, privato del suo riferimento ai beni immobili, si tratta di valutare se il “rent to buy” sia stato interamente normato da esso, così da decidere se si sia in presenza - in ordine alla sua applicazione alla circolazione del bene-azienda - di una formula differente(27), oppure di verificare se nella disciplina dei contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili sia estrapolabile un “cuore” che possa prescindere dall’oggetto su cui insiste la norma.
Segue. Dalla delimitazione dell’oggetto alla funzionalizzazione del godimento
La convinzione di chi scrive è che sia possibile e necessario indagare più approfonditamente, a fini ricostruttivi, il godimento finalizzato o strumentale all’acquisto (il vero e proprio “rent to buy”) al quale applicare, in caso di oggetto diverso, se e in quanto compatibili, non solo in via analogica ma anche in forza di una ricostruzione sistematica, le regole dell’art. 23.
I tratti tipologicamente essenziali dei contratti di godimento in funzione della successiva alienazione sono stati variamente individuati dagli studiosi che si sono occupati del tema, ma è indubitabile che proprio il godimento strumentale all’acquisto, accompagnato da un frazionamento del canone che, nella sua duplice spaccatura, comprova questa finalizzazione e funzionalizzazione del godimento interinale verso la sua trasformazione in godimento ad esercizio del diritto “pieno”, rappresenti l’elemento caratterizzante dell’operazione contrattuale. Questo godimento finalizzato all’acquisto sembra prestarsi ad essere per così dire staccato dall’art. 23, ed elevato a elemento che riaggrega la norma ad una serie di situazioni preparatorie all’acquisto tramite l’utilizzo del bene, ricongiungendosi con collaudate formule, alcune delle quali da riconsiderare nella loro pratica applicazione(28), altre forse da rivalorizzare, alle quali la legge di stabilità per l’anno 2016 ha aggiunto - per le abitazioni principali e in presenza di determinate condizioni soggettive - il leasing immobiliare abitativo.
Proprio la finalizzazione all’acquisto del diritto connota questo godimento, distaccandolo vistosamente da quello proprio del conduttore nel contratto di locazione(29) e rendendolo decisamente simile a quello conseguito dal contraente nel preliminare ad effetti anticipati, non lontano neppure dal possesso dell’acquirente nella vendita con riserva di proprietà. Si rafforza in tal modo il necessario e da più parti invocato ripensamento della sua qualificazione in termini di possesso o di detenzione(30), non fine a sé stessa ma funzionale - forse e proprio - alla costruzione di un acquisto attuato per suo tramite, da svolgersi necessariamente con schemi contrattuali (tra i quali la vendita con riserva della proprietà, la locazione-vendita e la locazione convertibile in vendita(31), ma anche il leasing traslativo, la locazione finanziaria abitativa, il c.d. preliminare complesso) che non si esauriscono con la fugacità e l’immediatezza dello scambio dei consensi ma che legano nel tempo l’attuale proprietario e il possibile nuovo proprietario e che anticipano al compimento del primo atto, sia esso inaugurante una sequenza, sia esso espressione di un operazione unitaria anche se frazionata e diluita nel tempo, la quasi totalità degli effetti divisati.
Si può allora ribadire l’opinione, già espressa, che il godimento trasferito immediatamente al conduttore all’atto della stipulazione del contratto dell’art. 23 non riveli le stimmate della realità ma di questa realità presenti comunque alcuni tratti, rafforzati soprattutto dalla sua opponibilità a terzi attraverso il rinvio alla trascrizione ex art. 2643, comma 1, n. 8 c.c. e solleciti lo studioso a proseguire percorsi già avviati di riflessione sulla categoria dei contratti di concessione del godimento, all’interno di una sequenza ricostruttiva che non riesce più a separare nitidamente diritti personali, iura ad rem e iura in rem.
Proprio il perno posto sul “godimento finalizzato” può contribuire a dare un senso al tentativo di costruzione di un modello di rent to buy di azienda, incentrato sul godimento dinamico legato all’obbligo di gestione, nel quale godimento e gestione funzionalizzata all’acquisto si fondono nel concetto univoco di (obbligo di) gestione in vista dell’aumento di produttività del complesso aziendale(32).
Ne risulta rafforzata l’idea - che non intende certo superare o aggirare i problemi metodologici o sganciarsi dai necessari dilemmi generati dalle ricostruzioni tipologiche - che di fronte ad operazioni contrattuali frazionate o sempre più procedimentalizzate siano necessarie altre chiavi di inquadramento, magari meno dogmatiche ma più pragmatiche e più funzionali allo scopo. Così, per rivalutare il contratto «in una dimensione che consenta di apprezzare, in tutta la sua completezza e complessità, la molteplicità e l’intreccio degli interessi sottostanti all’atto di autonomia privata»(33), si è da tempo proposta la dimensione unificante dell’operazione economica - le cui radici si rinvengono nel concetto (oggi particolarmente pervasivo anche nella giurisprudenza) di causa in concreto(34) - che postula non tanto l’esame dell’atto quanto quello dell’attività, ritenuta per di più «sovraordinata alla qualificazione, in senso di tipicità o atipicità, dello schema negoziale scelto dalle parti»(35). Non stupisce neppure, anzi rafforza il convincimento in tale direzione, che un’attenta dottrina, che tanto ha offerto allo studio della tematica circolatoria, preferisca utilizzare, per definire l’operazione tracciata dall’art. 23, scarnificandolo fin nella sua essenza, il concetto di “congegno traslativo”, sollecitando al contempo uno studio più puntuale del contratto conclusivo, comunque necessario, per il quale è doveroso interrogarsi se lo stesso assurga o meno a negozio di puro trasferimento(36).
Proprio su tali presupposti l’interprete può ritenersi legittimato a riempire questo congegno traslativo anche quando lo stesso non abbia ad oggetto il bene immobile tramite l’applicazione, anche analogica, delle norme dettate per l’acquisto di questa tipologia di beni, avendo presenti le necessarie deviazioni giustificate da differenti contesti.
L’utilità, nel contesto aziendale, di un modello di scissione tra titolarità e godimento diverso dall’usufrutto e dall’affitto
Pur tra le difficoltà appena denunciate, l’indagine avviata può avere un senso a patto di rinvenire spazi di utilità pratica della configurazione di un rent to buy di azienda, verificando il possibile concreto soddisfacimento, da parte del costruendo modello, di esigenze che l’acquisto dilazionato dell’azienda, preceduto da affitto o usufrutto, magari unito ad una opzione o ad un preliminare di acquisto, non riesce a soddisfare compiutamente o, comunque, di esigenze che possono essere più agevolmente soddisfatte applicando il nuovo schema contrattuale.
Nel rent to buy di azienda, chiaramente, non si pongono i problemi sollevati dalla necessità di rimarcare la lontananza con la locazione, richiamata in più passaggi dall’art. 23 ma per accantonare lo spettro della sua disciplina vincolistica, perché il raffronto, accurato, dovrà essere condotto con la figura dell’affitto di azienda(37), modellata dal codice sulla disciplina dell’usufrutto di azienda(38) e nella realtà pratica a questo completamente sostituitasi. Peraltro, l’usufrutto potrebbe uscirne rivitalizzato, data la sua applicazione al godimento preliminare all’acquisto, forse anche in aspetti esclusi dal pacchetto normativo richiamato - come l’abuso del titolare - che dovrebbero essere verificati(39).
Anche se ad intraprendere questo percorso, va subito sottolineato, basterebbero gli impulsi che derivano dall’analisi del rent to buy di azienda come possibile strumento di trasmissione generazionale della ricchezza(40), molto dipende dalla soluzione della problematica di tipo fiscale(41), che condiziona inevitabilmente le scelte dei contraenti. Tuttavia, la tecnica della scomposizione del canone con relativi accantonamenti per il successivo acquisto, ma anche la possibilità, in caso di insuccesso dell’operazione, di agire con la convalida di sfratto(42) e la diversa disciplina dettata, sul piano fallimentare, per i contratti di godimento in funzione del successivo acquisto rispetto all’affitto di azienda, paiono rappresentare elementi di attrattività del tipo per il contraente-imprenditore. Neppure è da escludere che il consolidamento di un modello di rent to buy aziendale possa essere destinato ad usi proficui in luogo dell’affitto di azienda del fallito contemplato nell’art. 104-bis della L.fall., potendo contribuire a conservare la funzionalità e il valore del complesso aziendale in vista di un suo passaggio di titolarità.
Rassegna delle (principali) questioni applicative
La configurazione di un meccanismo contrattuale di acquisto progressivo dell’azienda o di un ramo di essa, distinto dal collegamento contrattuale tra affitto e opzione (o preliminare unilaterale) di acquisto, consente all’imprenditore di sfruttare la soluzione offerta dall’art. 23, come si è appena detto, ma impone un’attenta considerazione delle questioni, anche normative, specifiche del nuovo contesto. Anzitutto il diverso meccanismo pubblicitario, rappresentato dall’iscrizione nel registro delle imprese, nel quale dovranno trovare collocazione sia l’atto dispositivo della concessione in godimento, sia l’atto finale di trasferimento. E qui la riflessione, animata dalla considerazione del carattere unitario dell’operazione contrattuale, può spingersi fino a ritenere che l’iscrizione in quel registro del contratto di godimento in funzione della successiva alienazione dell’azienda potrebbe non integrare un meccanismo pubblicitario con effetti prenotativi, volto ad attribuire efficacia esterna al successivo atto traslativo, a pedissequa imitazione del richiamato art. 2645-bis c.c. in tema di contratto preliminare di vendita, «bensì di pubblicità dichiarativa, idonea a dar rilievo erga omnes, ai fini della opponibilità, ad un modello procedimentale dell’acquisto del diritto, fonte di un effetto traslativo destinato a realizzarsi attraverso obbligazioni interinali»(43).
L’operazione di “rent to buy aziendale” impone poi un’attenta riconsiderazione del trasferimento di crediti e debiti dal concedente all’aspirante acquirente, posto che l’unitarietà dell’operazione e la sua finalizzazione al successivo acquisto potrebbero far propendere per una soluzione di trasferimento automatico(44).
Un altro grumo problematico può sorgere dinanzi all’insuccesso dell’operazione dovuto al mancato esercizio del diritto di acquisto. Nel caso di affitto di azienda, le parti che ritengano di attribuire specifica rilevanza all’avviamento potranno inserire nel contratto una clausola che preveda il riconoscimento al termine del contratto di affitto del relativo valore, rapportato per esempio al maggior fatturato o al maggior utile conseguito. Così, alla scadenza del contratto potrà essere riconosciuto un maggior avviamento a favore dell’affittuario, in forza della differenza tra quello determinato all’inizio e quello riscontrato alla fine del contratto. Lo schema contrattuale dell’art. 23, essendo previsto per un godimento statico, al termine del quale il conduttore restituirà lo stesso bene salvo il deterioramento dovuto all’uso, e ferme le cautele che contrattualmente potranno essere in merito previste per l’ipotesi di danneggiamento del bene, contempla solo il diritto del concedente di trattenere una quota della parte di canone imputata a corrispettivo. Nel caso dell’azienda, le clausole contrattuali dovranno (o potranno) specificamente prevedere anche le debite articolazioni dettate dalla intrinseca produttività del bene, sia che questa risulti aumentata, sia che risulti diminuita, dovendo regolare anche la restituzione del fascio di contratti stipulati per l’esercizio dell’attività di impresa(45).
Dal rent to buy aziendale al rent to buy immobiliare: qualche riflessione “di ritorno”
La ricerca avviata sulla possibilità di configurare un rent to buy di azienda è tale anche da sollecitare una serie di riflessioni “di ritorno” per chi appunti i suoi studi sull’analisi dell’art. 23 e del rent to buy immobiliare. Pur con la consapevolezza, non ancora del tutto matura, che le stesse possano essere molteplici, se ne analizzeranno due, anche a mo’ di chiusura del discorso.
La prima riguarda l’elemento tipologico della scomposizione del canone ed è suscitata dalle prime decisioni giurisprudenziali sull’art. 23. In realtà, più che di pronunciamenti sulla norma si tratta di applicazioni della stessa operate nel contesto concorsuale, posto che i contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili si sono rivelati funzionale alle vendite competitive dei compendi immobiliari attratti nelle procedure concorsuali, in ragione della differenza rimarcata dalla locazione e dalla sua durata legale(46). Il tutto, con i debiti aggiustamenti: per incentivare il successivo acquisto, la possibilità di stipulare un contratto in forza dell’art. 23 costringe in genere la durata del godimento in un arco temporale contenuto, normalmente triennale, per renderlo compatibile con la durata della procedura e soprattutto ipotizza che, all’atto dell’esercizio del diritto di acquistare, tutto il canone, anche la frazione pattuita a titolo di corrispettivo del godimento, venga imputata interamente a prezzo di acquisto, con cancellazione postuma della sua scomposizione.
È evidente che più ridotta è la quota della “pigione” rispetto al corrispettivo di acquisto, più si alletterà all’acquisto e viceversa. Viene però da domandarsi se una clausola che azzeri il frazionamento anche se solo all’atto dell’acquisto sia pacificamente valida(47), alla luce della considerazione, generalmente ammessa, che la scomposizione del canone (duplice, perché necessaria anche in previsione del mancato esercizio del diritto di acquisto da parte del conduttore) rappresenti un elemento strutturale essenziale dell’operazione.
L’esigenza di una maggiore duttilità dell’operazione contrattuale, sorretta dal favor per il conduttore esplicitato in più luoghi dell’art. 23, da elevarsi a criterio interpretativo di questioni non regolate o dubbie, può escludere chiusure aprioristiche al riguardo, che erano parse in un primo momento preferibili, con l’avvertenza tuttavia che un frazionamento meramente apparente o simbolico, oltre a fare fuoriuscire il contratto dai binari della norma, potrebbe celare suoi usi distorti, come l’aggiramento della disciplina vincolistica della locazione, se la frazione della pigione è troppo elevata o, al contrario, l’aggiramento del termine di durata triennale della trascrizione, se la quota decisamente prevalente posta ad imputazione del corrispettivo di acquisto (destinata magari ad assorbire tutto quanto versato al momento conclusivo dell’acquisto) nasconde, in realtà, la stipulazione di un contratto preliminare. Il secondo profilo di riflessione riguarda il passaggio del rischio. Realizzando l’art. 23 un’operazione preparatoria al successivo, possibile acquisto, il rischio grava necessariamente sul concedente, che - per l’ipotesi di impossibilità sopravvenuta che cagioni la risoluzione contrattuale - dovrà restituire la quota parte del corrispettivo accantonata quale prezzo di acquisto, cautelandosi se del caso, con una accorta tecnica redazionale, tramite il rilascio di polizze fideiussorie o di depositi cauzionali.
Rimane però aperto, anche al riguardo, il problema della diversa pattuizione delle parti. Nel modello contrattuale di contratto di godimento in funzione del successivo acquisto suggerito dal Consiglio Nazionale del Notariato si ipotizza il passaggio del rischio per eventuali vizi sopravvenuti e per il perimento del bene (tranne quello imputabile al concedente) all’atto della consegna di esso, rimarcando con ciò l’ulteriore distacco dalla locazione.
Si è già provato a riflettere altrove(48) su questo spostamento, che impegna particolarmente nell’opera di qualificazione (o di riqualificazione) del contratto, in quanto il passaggio del rischio potrebbe presentarsi di per sé incompatibile con un’operazione preparatoria ad un successivo ma solo eventuale acquisto, avendo quale sua naturale conseguenza, in caso di perimento del bene, non solo il fatto che la parte di canone imputata a prezzo di acquisto dello stesso e già corrisposta rimanga nelle mani del concedente, ma anche che l’aspirante compratore non possa dirsi liberato dal successivo versamento integrale dei canoni fino alla scadenza del termine previsto per l’esercizio del diritto di acquisto. Tale esito determinerebbe invero la fuga dallo schema contrattuale in esame, con conseguente scivolamento nel versante opposto del buy to rent, posto che il contratto verrebbe sostanzialmente trasformato in una vendita con pagamento dilazionato, nella quale al diritto del conduttore di acquistare o meno il bene si sostituirebbe il suo diritto di recedere unilateralmente dallo stesso.
È evidente che, anche lungo questo crinale, il passaggio del rischio si atteggerà in termini diversi nel rent to buy di azienda, essendo legato all’obbligo di gestione del complesso aziendale e al suo sfruttamento produttivo.
In conclusione, la considerazione, ancora da raffinare, del rent to buy di azienda spinge a considerare con occhi diversi il godimento del bene produttivo, ponendo l’accento e lo sforzo ricostruttivo sulla sua strumentalità all’acquisto, in un orizzonte che sembra porre accanto a “un altro modo di acquistare” un “altro modo di investire” e di fare circolare gli assets aziendali, ma a sua volta stimola una riflessione su alcuni dei tanti intricati aspetti che l’art. 23 non ha ancora terminato di sottoporre agli interpreti.
(1) Per una panoramica degli schemi contrattuali riconducibili alle nuove etichette di importazione anglosassone: F. TASSINARI, «Dal rent to buy al buy to rent: interessi delle parti, vincoli normativi e cautele negoziali», in I contratti, 2014, p. 822 e A. FUSARO, «Rent to buy, Help to buy, Buy to rent, tra modelli legislativi e rielaborazioni della prassi», in Contr. impr., 2014, p. 420 e ss.
(2) Sulle diverse vie tratteggiata dall’autonomia privata sia consentito il rinvio a D. POLETTI, «L’accesso alla proprietà abitativa al tempo della crisi: i c.d. contratti rent to buy», in Crisi finanziaria e categorie civilistiche (Atti del Convegno dell’Associazione Civilisti su “Crisi finanziaria e categorie civilistiche”, Roma, 28 e 29 giugno 2013), a cura di G. Alpa e E. Navarretta, Milano, 2015, p. 251 e ss.
(3) Indaga il contratto tra “post-modernità e complessità”, nell’ambito dei diversi momenti storici attraversati dall’atto di autonomia, G. ALPA, Le stagioni del contratto, Bologna, 2012, p. 139 e ss.
(4) Il rilievo è generalmente diffuso tra i commentatori della norma: per tutti, G. PALERMO, «L’autonomia negoziale nella recente legislazione», in Giur. it., 2015, p. 491. Sul tema della procedimentalizzazione dell’effetto traslativo cfr., specificamente, G. FURGIUELE, Il contratto con effetti reali tra procedimento e fattispecie complessa: prime considerazioni, in Diritto privato, I, Il trasferimento della proprietà, Padova, 1995, p. 83 e ss. L’esigenza di analizzare la vendita immobiliare come una “serie funzionalmente preordinata” al raggiungimento di un risultato (un vero e proprio “procedimento” con relative distinte fasi sub procedimentali) è sempre più radicata in dottrina: specificamente C. MAZZÙ, «La compravendita immobiliare dall’atto al procedimento», in www. consiglionazionaleforense.it e R. LENZI, «La vendita come procedimento», in Rass. dir. civ., 2015, p. 1359 e ss. Un contributo che rilegge in chiave procedimentale l’intero procedimento di formazione del contratto è quello di A.M. BENEDETTI, Autonomia privata procedimentale. La formazione del contratto fra legge e autonomia delle parti, Torino, 2002.
(5) Per un’indagine non recente ma del tutto attuale, C. CAMARDI, Vendita e contratti traslativi, Milano, 1999.
(6) In sede di primo commento alla norma (D. POLETTI, «L’accesso “graduale” alla proprietà immobiliare (ovvero, sui contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili)», in Nuove leggi civ. comm., 2015, p. 35, avevo parlato di operazione “bifasica”, chiarendo però (ivi, p. 43) che l’operazione contrattuale, anche se «racchiusa nel contesto di una sequenza composta da due segmenti, uno dei quali … si presenta solo eventuale» appare sorretta da una causa unitaria. Ritengo di avere chiarito meglio il mio pensiero (lontano quindi dall’idea della configurazione di due separati contratti: opportuna è la preoccupazione di G. D’AMICO, «Il rent to buy: profili tipologici», in I contratti, 2015, p. 1039) nel successivo scritto «Quando al “rent” non segue il “buy”: scioglimento del vincolo contrattuale e restituzioni», ivi, specie p. 1055.
(7) Considera la «facoltà di sublocare (e di cedere in comodato)» un elemento naturale del contratto, salvo divieto convenzionale: A. BENNI DE SENA, «Il c.d. rent to buy e il contratto di godimento in funzione della successiva alienazione di immobile. Profili di disciplina», in Nuova giur. civ. comm., 2016, II, p. 615.
(8) V. CUFFARO, «Oltre la locazione: il rent to buy, nuovo contratto per l’acquisto di immobili, in Corr. giur., 2015, p. 9. Diversamente, F. DELFINI, «La nuova disciplina del rent to buy nel sistema delle alienazioni immobiliari», in Riv. trim. dir. proc., 2015, p. 817, che accoglie invece la ricostruzione del godimento in chiave di locazione.
(9) Si allude, ovviamente, alla cessione di ramo di azienda, che - per G.F. Campobasso, Diritto Commerciale, 1. Diritto dell’impresa, VII ed., a cura di M. Campobasso, Milano, 2013, p. 148 - è integrata dal trasferimento di «un insieme di beni di per sé potenzialmente idoneo ad essere utilizzato per l’esercizio di una determinata attività di impresa (ma non necessariamente la stessa svolta dal trasferente); e ciò quand’anche il nuovo titolare debba integrare il complesso con ulteriori fattori produttivi (ad esempio, materie prime) per farlo funzionare».
(10) Si utilizzerà d’ora innanzi questa formula, pur con la consapevolezza - già dichiarata - che la stessa non è esattamente sovrapponibile ai contratti di godimento in funzione della successiva alienazione coniati dall’art. 23.
(11) Per un tentativo di spiegazione sia consentito ancora rinviare a D. POLETTI, «Quando al “rent” non segue il” buy”...», cit., specie p. 1054.
(12) Cfr., in questo volume, il contributo di A.C. NAZZARO, «Il rent to buy di azienda. Specificità dell’oggetto e funzioni (possibili) del contratto» (e già, dell’A., «Il rent to buy tra finanziamento e investimento», in Riv. dir. banc., 2015, 1).
(13) Cfr. M. CASANOVA, Azienda (voce), in Dig. disc. priv., sez. comm., II, Torino, 1987, p. 75 e ss.
(14) Cfr., ad esempio, le considerazioni di N. LIPARI, Le categorie del diritto civile, Milano, 2013, p. 122 e ss.
(15) Per riferimenti in merito e anche per un’accurata disamina della sentenza citata nella nota seguente v. infra, in questo volume, il contributo di S. LANDINI, «Trasferimenti di azienda e successioni».
(16) Cass., S.U., 5 marzo 2014, n. 5087, su cui L. DELLI PRISCOLI, L’usucapibilità dei beni immateriali, in Treccani-Il libro dell’anno del diritto, Roma, 2015, p. 36 e ss., le perplessità di L. BOGGIO, «La proprietà dell’azienda come “bene distinto dai singoli componenti”: possesso ed usucapione», in Riv. dir. civ., 2014, p. 1477 e di G. ZANCHI, Usucapibilità dell’azienda: una soluzione pragmatica ma con qualche ombra, in Dialoghi del diritto, dell’avvocatura, della giurisdizione, Padova, 2014, p. 39 e ss. Ma si era già affermato che la stessa disciplina dell’usufrutto ex art. 2561 c.c. fosse ispirata alla considerazione dell’azienda come oggetto del diritto di godimento separato e distinto dai singoli elementi che concorrono alla sua composizione: F. MARTORANO, L’azienda, in Manuale di diritto commerciale ideato da Buonocore, Milano, 2013, p. 121.
(17) Precisa che la concessione in godimento potrà riguardare anche un’azienda inattiva al momento della conclusione del contratto, ma che dovrà necessariamente avere tutte le caratteristiche di legge per essere considerata tale: S. SIDERI, «Il rent to buy di azienda. Principi, ammissibilità e tecniche operative» (infra, in questo volume).
(18) Sulla “necessaria tipicità”, senza tentennamenti, V. RUGGIERO, «Rent to buy: la positivizzazione di un nuovo schema negoziale tipico nato nella prassi per il sostegno indiretto al mercato immobiliare (Spunti critici e riflessioni di carattere giuridico-economico intorno all’art. 23, D.l. 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modificazioni dalla L. 11 novembre 2014, n. 164)», in Contr. impr., 2015, p. 971. Anche S. MAZZAMUTO, «Il contratto di rent to buy», ivi, p. 953, propende per la tipizzazione, rinviando però a A. TESTA, «Il rent to buy: la tipizzazione sociale di un contratto atipico», in Imm. propr., 2014, p. 384 e ss., che - come emerge nel titolo del saggio - prospetta per l’appunto una “tipizzazione sociale”.
(19) Sulla quale si interroga P. ZANELLI, «Rent to buy nelle leggi 80 e 164 del 2014: ora dunque emptio tollit locatum?», in Contr. impr., 2015, p. 21.
(20) G. BARALIS, «Rent to buy: primo repertorio di problemi teorici e pratici», in Riv. dir. priv., 2015, p. 347.
(21) Di contratto (legalmente) atipico parla A. LUMINOSO, «Contratto preliminare, sue false applicazioni e regole di circolazione dei diritti», in Riv. dir. civ., 2016, p. 938.
(22) L’espressione vuole designare l’attribuzione alla trascrizione del contratto ex art. 2945-bis c.c. anche dei «medesimi effetti di quella di cui all’art. 2643 comma primo, n. 8) del codice civile». Sul tema cfr. A. CIATTI CAIMI, «Il rent to buy e l’opponibilità a terzi del diritto di godimento», in I contratti, 2015, p. 1059 e ss.
(23) Sottolinea particolarmente l’eccezionalità della norma, che derogherebbe alla disciplina generale per più ragioni M. IEVA, «Il rent to buy nella prospettiva della valutazione di efficienza del modello», in Riv. not., 2015, p. 675.
(24) Cfr. la relazione al disegno di legge per la conversione del c.d. decreto Sblocca Italia, sub art. 23.
(25) Sul fallimento v. G. ASCHIERI e G. FIORI, «Rent to buy e fallimento», in Il fallimento, 2015, p. 396.
(26) Secondo G. BARALIS, op. cit., p. 344, lo scopo del rilancio dell’edilizia metterebbe fuori gioco tutto ciò che non rientra in tale ambito e quindi non solo «i terreni che non siano né edificabili né agricoli, ma solo ‘serbatoi’ di materiali”, ma anche l’azienda, “pur ove la sua composizione sia qualificata da vari immobili strumentali».
(27) Esplicita nell’escludere che il decreto “sblocca Italia”, con l’introduzione dell’art. 23, abbia reso tipico il rent to buy, è E. GUARDIGLI, «I contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili: profili ricostruttivi», in Corr. giur., 2015, p. 812.
(28) Particolarmente rivitalizzato risulta, per esempio, il problema - da molti richiamato - della trascrivibilità dell’opzione.
(29) R. CALVO, «La locazione preordinata alla vendita (contributo allo studio del c.d. rent to buy)», in Studium iuris, 2016, p. 2, prospetta l’introduzione di una nuova tipologia di rapporto personale di godimento con vocazione traslativa.
(30) Riflessioni al riguardo in C. CICERO, «Rent to buy: la fattispecie e gli interessi sottesi (provocazioni e spunti)», in I contratti, 2015, p. 1044.
(31) Distingue puntualmente tra locazioni convertibili in vendita e vendite sotto forma di locazione: M. BIANCA, «La vendita con riserva di proprietà quale alternativa al rent to buy», in Riv. dir. civ., 2015, p. 841 e ss.
(32) Così, A.C. NAZZARO, «Il rent to buy di azienda. Specificità dell’oggetto e funzioni (possibili) del contratto», cit.
(33) Così, soprattutto, E. GABRIELLI, “Operazione economica” e teoria del contratto, Milano, 2013, p. 5, anche se non era mancata in precedenza altra dottrina che aveva segnalato l’utilità di «approfondire non tanto l’atto (singolo) quanto la complessiva operazione, l’attività»: P. PERLINGIERI, «Nuovi profili del contratto», in Riv. crit. dir. priv., 2001, p. 232.
(34) Per un attento confronto con le posizioni della giurisprudenza: V. ROPPO, «Causa concreta: una storia di successo? Dialogo (non compiacente né reticente) con la giurisprudenza di legittimità e di merito», in Riv. dir. civ., 2013, p. 957. Più di recente, P.L. CARBONE, «Contratti collegati, aliud pro alio, causa concreta: uno slancio verso il futuro o un ritorno al passato?», in I contratti, 2016, p. 764 e ss. Affrontano attentamente il tema della causa in concreto applicato a profili del rent to buy di azienda, in questo volume, J. BASSI, «Il corrispettivo quale elemento contrattuale idoneo a caratterizzare la figura in esame» e A. BUCELLI, «Rent to buy: “sostanza dell’operazione o del contratto” (art. 2423-bis, n. 1-bis, c.c.)».
(35) E. GABRIELLI, op. cit., p. 73.
(36) A. LUMINOSO, op. cit., p. 941.
(37) Sulla quale cfr. A. C. NAZZARO, L’affitto, in Trattato di diritto civile del Consiglio Nazionale del Notariato, diretto da P. Perlingieri, Napoli, 2008, p. 301 e ss.
(38) Cfr. lo Speciale «Usufrutto nelle società», in Le società, 2016, p. 929 e ss.
(39) Per qualche riflessione al riguardo v. infra, in questo volume, il contributo di M. RIZZUTI, «Concessione del godimento e diritto all’acquisto».
(40) Cfr., in questo volume, i già richiamati contributi di S. Landini e A.C. Nazzaro. E v., più in generale in argomento, AA.VV., Imprese a base familiare. Strumenti di successione, I quaderni di Persona e mercato, a cura di A. Bucelli e R. Bencini, 2015.
(41) V. infra, in questo volume, il contributo di F. PISTOLESI, «“Rent to buy” di azienda: i profili fiscali dell’operazione». E cfr. A. LOMONACO, «Per una ricostruzione della fattispecie dal punto di vista tributario», in Tecniche contrattuali e attività notarile, I Quaderni della Fondazione italiana del Notariato, supplemento telematico al n. 2/2015 (www.elibrary.fondazionenotariato.it).
(42) Come recita ora - recependo gli intenti della proposta del Consiglio Nazionale del Notariato, inizialmente disattesi - la modifica apportata dall’art. 4, comma 2-bis del D.l. 3 maggio 2016, n. 59, dettante disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonché a favore degli investitori in banche in liquidazione, convertito dalla L. 30 giugno 2016, n. 119.
(43) V. infra, in questo volume, il contributo di M. PALAZZO, «Rent to buy di azienda. Interessi sottesi e opponibilità ai terzi».
(44) V. infra, il contributo di A.C. Nazzaro. Le riflessioni restano tutto sommato simili anche quando la fase dell’affitto sia sostituita da un usufrutto di azienda.
(45) Può soccorrere al riguardo Cass. 23 settembre 2015, n. 18805, in Nuova giur. civ. comm., 2016, p. 224, con nota di M. GRANDI, «Restituzione dell’azienda e successione dei contratti conclusi per il suo esercizio», che prospetta un’interpretazione estensiva dell’art. 2558 c.c., affermando che la successione nei rapporti contrattuali inerenti l’azienda può essere l’effetto di un’interpretazione estensiva della norma e dunque l’effetto di vicende diverse dalla cessione, dall’usufrutto o dall’affitto, che comportino la sostituzione di un imprenditore ad un altro nell’esercizio dell’azienda «per un evento voluto o previsto dalle parti».
(46) Trib. Verona, 12 dicembre 2014, in Dir. fall. soc. comm., 2015, II, p. 591, con nota di A. FIORI, «Autorizzazione da parte del Giudice delegato alla sottoscrizione di un contratto di rent to buy. Condizioni e limiti». Altre applicazioni si sono avute ad opera di Trib. Rovigo, 26 maggio 2015 (che ha affermato la compatibilità dell’acquisto ex art. 23 solo con il concordato in continuità, con esclusione del concordato liquidatorio: ma, diversamente, Trib. Lucca, 2 dicembre 2015, che ha preso atto di un’offerta irrevocabile di acquisto in una procedura di concordato preventivo) e Trib. Bari, (ord.) 3 maggio 2016.
(47) In questo senso D’AMICO, op. cit., p. 1033, nota 10 e L. STUCCHI, «Contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili. La nuova fattispecie e le tecniche contrattuali tradizionali», in Tecniche contrattuali e attività notarile, cit., § 8.
(48) D. POLETTI, «Quando al “rent” non segue il “buy” ...», cit., p. 1057 e ss.
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