Rent to buy di azienda: principi, ammissibilità e tecniche operative
Rent to buy di azienda: principi, ammissibilità e tecniche operative
di Sergio Sideri
Notaio in Lanciano
Consigliere nazionale del Notariato

Introduzione

Come è noto e più volte ripetuto, il rent to buy è quel contratto che in un procedimento finalizzato alla compravendita permette di ottenere l’immediato godimento di un bene a fronte del pagamento di un corrispettivo (canone) e di un differimento del passaggio di titolarità del bene stesso.
Questo schema negoziale, in buona sostanza, permette a chi ne avesse la necessità, da un lato di ottenere il godimento e la disponibilità (detenzione) del bene, rimandando ad un momento successivo l’acquisto definitivo dello stesso, recuperando in tutto o in parte le somme versate quale immediata utilizzazione del bene, imputando le stesse a corrispettivo dell’acquisto e dell’altro, riguardo al potenziale venditore, la possibilità per questo di riuscire ad individuare i possibili acquirenti del bene, mettendo immediatamente a reddito il bene stesso.
Con l’art. 23 del D.l. 12 Settembre 2014 n. 133, convertito con la legge 11 Novembre 2014 n. 164, rubricato come “Disciplina dei contratti di godimento in funzione di successiva alienazione di immobili”, il legislatore ha previsto che:
«Disciplina dei contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili
1. I contratti, diversi dalla locazione finanziaria, che prevedono l’immediata concessione del godimento di un immobile, con diritto per il conduttore di acquistarlo entro un termine determinato imputando al corrispettivo del trasferimento la parte di canone indicata nel contratto, sono trascritti ai sensi dell’articolo 2645-bis codice civile. La trascrizione produce anche i medesimi effetti di quella di cui all’ articolo 2643, comma primo, numero 8, del codice civile.
1-bis. Le parti definiscono in sede contrattuale la quota dei canoni imputata al corrispettivo che il concedente deve restituire in caso di mancato esercizio del diritto di acquistare la proprietà’ dell’immobile entro il termine stabilito.
2. Il contratto si risolve in caso di mancato pagamento, anche non consecutivo, di un numero minimo di canoni, determinato dalle parti, non inferiore ad un ventesimo del loro numero complessivo.
3. Ai contratti di cui al comma 1 si applicano gli articoli 2668, quarto comma, 2775-bis e 2825-bis del codice civile. Il termine triennale previsto dal comma terzo dell’articolo 2645-bis del codice civile è elevato a tutta la durata del contratto e comunque ad un periodo non superiore a dieci anni. Si applicano altresì’ le disposizioni degli articoli da 1002 a 1007 nonchè’ degli articoli 1012 e 1013 del codice civile, in quanto compatibili. In caso di inadempimento si applica l’articolo 2932 del codice civile.
4. Se il contratto di cui al comma 1 ha per oggetto un’abitazione, il divieto di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 20 giugno 2005, n. 122, opera fin dalla concessione del godimento.
5. In caso di risoluzione per inadempimento del concedente, lo stesso deve restituire la parte dei canoni imputata al corrispettivo, maggiorata degli interessi legali. In caso di risoluzione per inadempimento del conduttore, il concedente ha diritto alla restituzione dell’immobile ed acquisisce interamente i canoni a titolo di indennità, se non è stato diversamente convenuto nel contratto.
6. In caso di fallimento del concedente il contratto prosegue, fatta salva l’applicazione dell’articolo 67, terzo comma, lettera c, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni. In caso di fallimento del conduttore, si applica l’articolo 72 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni; se il curatore si scioglie dal contratto, si applicano le disposizioni di cui al comma 5.
7. Dopo l’articolo 8, comma 5, del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80, è aggiunto il seguente:
“5-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai contratti di locazione con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti e di vendita con riserva di proprietà, stipulati successivamente alla data di entrata in vigore della presente disposizione”.
8. L’efficacia della disposizione di cui al comma 7 è subordinata al positivo perfezionamento del procedimento di autorizzazione della Commissione europea di cui all’articolo 107 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (Tfue), di cui è data comunicazione nella gazzetta ufficiale». Con la citata norma è stato disciplinato in modo unitario e tipico il fenomeno del godimento di un immobile finalizzato al suo successivo acquisto da parte dell’utilizzatore, precisandosi, nel primo comma dell’articolo 3 citato, che l’intera disciplina prevista è riferibile unitariamente a tutti i contratti diversi dalla locazione finanziaria che prevedono, appunto, una immediata concessione in godimento di un immobile, con diritto per il conduttore di acquistarlo entro un termine determinato, imputando a corrispettivo del trasferimento la parte del canone indicata in contratto.

Natura giuridica

La prima differenza sostanziale tra il contratto in esame ed il leasing risiede nella tipicità legale del contratto di rent to buy, diverso da quello di “mera tipicità sociale” del contratto di leasing, oltre che nella diversa natura, struttura e funzione dei due schemi negoziali(1).
Come è noto, il contratto di leasing è posto in essere da intermediari finanziari e come tale ha natura di una vera e propria operazione finanziaria dove le parti, normalmente, sono essenzialmente tre (fatta eccezione che per il c.d. leasing operativo), diversamente dal rent to buy dove sono rinvenibili solo due parti.
Come detto, la citata legge 133/2014 ha regolamentato in maniera unitaria e tipica il contratto di rent to buy dove l’unitarietà e la tipicità del fenomeno sembrano rinvenibili dai commi 1, 2, 3 e 4 dell’art. 23. In sostanza si considera il contratto in esame come un negozio tipico unitariamente considerato e come tale dotato di una causa legislativamente determinata.
L’operazione più frequentemente utilizzata e che scaturisce ex se dalla natura, struttura ed oggetto dello schema negoziale tipico, consiste nell’acquisto della prima casa, ovvero in generale di immobili e/o diritti reali su beni immobili, ma nulla vieta che lo schema possa essere impiegato anche riguardo a contratti che abbiano ad oggetto beni differenti; ed in questo caso il riferimento, per i fini della nostra indagine, è anzitutto alle operazioni di rent to buy aventi ad oggetto non solo complessi aziendali, ma anche beni strumentali in essi ricompresi(2).
Dalla struttura della norma sembra che il contratto in esame, nella sua tipicità, sia riferibile solo e soltanto al mercato immobiliare, con il riferimento espresso agli immobili e con la previsione di regole specifiche per l’abitazione, con il richiamo alla trascrizione e con qualche ammiccamento alla disciplina della locazione ad uso abitativo.
In questo momento di nuove esigenze economiche e sociali, tenuto conto della crescente difficoltà ad ottenere giusti ed idonei prestiti bancari, anche a convenienti condizioni, necessari ad intraprendere una attività d’impresa, vi è da chiedersi se questo schema negoziale, tipico nella sua funzione, possa avere ad oggetto non solo immobili, ma anche complessi aziendali, comprensivi o meno di beni immobili strumentali ed in caso di risposta positiva, qual’ è la disciplina applicabile.
In campo aziendale, l’utilizzo dell’istituto in esame ha un indubbio risvolto socio economico posto che l’acquisto del possesso (detenzione) del bene azienda equivale alla possibilità di iniziare o continuare una attività produttiva che, nella sua ipotesi fisiologica ed economica, dovrebbe creare i profitti necessari ad assicurare il buon esito dell’operazione, eliminando il difficile ricorso al credito.
In quest’ottica, quindi, proviamo ad analizzare l’applicabilità della fattispecie tipica ad un’altra con il solo oggetto atipico, quale l’azienda, con tutti i necessari corollari e temperamenti previsti dalle norme codicistiche e speciali.
Lo schema negoziale tipico contiene l’intera regolamentazione appositamente prevista dal legislatore e tendente a disciplinare interessi ed operazioni economiche predefiniti, con scambi che mirano a soddisfare esigenze delle parti contraenti ritenuti meritevoli di tutela da parte del legislatore(3). Nell’intraprendere la nostra analisi sulla possibilità di strutturare un contratto di rent to buy di azienda è bene ribadire che lo stesso ha natura di contratto tipico, ancorchè in esso siano riscontrabili due schemi contrattuali tipici quali la locazione ed il preliminare di vendita, collegato quest’ultimo alla vendita successiva, poiché nel testo normativo non si parla in alcun modo di locazione o di preliminare di vendita, ma di godimento, di acquisto e di trasferimento in generale del bene (immobile) oggetto del rapporto.
Nell’ambito di detto schema negoziale, poi, il trasferimento potrà dipendere da una obbligazione assunta nel contratto di rent to buy attraverso un preliminare unilaterale o bilaterale, ovvero essere disciplinata direttamente nello stesso contratto, attraverso un patto di opzione(4).
La tipicità degli elementi essenziali del contratto in esame (concessione in godimento, diritto per il conduttore di acquistare il bene oggetto del rapporto contrattuale, pagamento di un canone da imputare in tutto o in parte a corrispettivo del trasferimento del bene, il rinvio alle norme di cui agli articoli da 1002 e 1007 e degli articoli 1012 e 1013 del c.c. ed ancora la disciplina particolare per i casi di risoluzione ed inadempimento delle parti) consente di mantenere ferma la distinzione tra il contratto in esame e la locazione con patto di futura vendita.
Ed invero, al contratto in esame, così come strutturato e riguardo al bene immobile oggetto del rapporto, non sembrano applicabili le disposizioni vincolistiche di cui alla legge:
- 392/1978 avente ad oggetto la locazione di immobili urbani;
- 431/1998 in tema di locazioni di immobili ad uso abitativo; per cui non sarà applicabile la disciplina della durata minima dei contratti di locazione; del rinnovo automatico; della disdetta per impedire il rinnovo; dello sfratto per finita locazione ecc.
Nemmeno sarà applicabile alla locazione con patto di futura vendita il rinvio, espressamente operato dal legislatore nel rent to buy, alle norme dell’usufrutto.
Ed ancora, il contratto di locazione con patto di futura vendita con imputazione dei canoni a corrispettivo non integra la figura unitaria e tipica del contratto in esame in quanto nello stesso è rinvenibile una ipotesi di collegamento negoziale tra locazione, preliminare e vendita e non anche un contratto unitario tipico quale il rent to buy.
Ciò non toglie che, dato il tenore letterale e la ratio della norma tendente appunto a permettere l’acquisto del bene concesso in godimento, nulla vieta che nel contratto di rent to buy si possa prevedere fin dall’inizio del rapporto contrattuale, oltre al classico e necessario godimento del bene, un patto di opzione (con proposta irrevocabile per un tempo determinato solo in capo al concedente) per il successivo acquisto del bene.
Ma va da se che in questo caso è trascrivibile l’intero rapporto di rent to buy secondo lo schema dell’art. 23 primo comma del D.l. 12 Settembre 2014, n. 133 e non anche il semplice patto d’opzione d’acquisto inserito in un più ampio accordo negoziale di locazione con patto di futura alienazione, a dimostrazione, ancora una volta, ove ce ne fosse bisogno, della struttura tipica del negozio in esame. Sulla base di queste considerazione e tenuto conto della causa propria del contratto in esame, costituita appunto dal godimento del bene dietro corrispettivo, il tutto finalizzato all’acquisto dello stesso da parte dell’utilizzatore con imputazione a prezzo di tutto o parte del canone corrisposto, possiamo definire il contratto di cui all’art. 23 della legge 133/2014 come un contratto tipico a struttura complessa, dove la complessità risiede proprio nell’utilizzazione di schemi negoziali tipici unitariamente e funzionalmente considerati; caratteristica questa che lo rende diverso dal contratto misto e/o da quello collegato che rappresentano, per contro, la sintesi di clausole o di più schemi negoziali tipici (collegati).
La complessità all’interno della sua causa tipica è data appunto dalla considerazione che il legislatore fa nella regolamentazione contrattuale della fattispecie che, nel considerare unitariamente i contratti di cui al comma 1 dell’art. 23, dispone espressamente che a questi si applicano gli articoli 2668 quarto comma c.c., 2775-bis e 2825-bis c.c., proseguendo poi, nel senso che il termine triennale previsto dal terzo comma dell’art. 2645-bis del c.c. è elevato a tutta la durata del contratto (rapporto) di godimento e comunque ad un periodo non superiore a dieci anni.

Applicabilità della regolamentazione al bene “azienda”

Ciò detto occorre verificare se gli elementi strutturali tipici del contratto in esame siano riscontrabili anche nel caso di rent to buy di azienda in cui siano ricompresi o meno beni immobili quali elementi strumentali dell’azienda stessa.
Secondo la definizione del codice, l’azienda è il complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa (art. 2555 c.c.).
Per la teoria atomistica l’azienda costituisce una semplice pluralità di beni singolarmente considerati, tra loro funzionalmente collegati e sui quali l’imprenditore può vantare diritti diversi(5), anche se non è mancato chi considera l’azienda come un bene immateriale identificabile nell’organizzazione dei beni creata dall’imprenditore stesso(6).
Sembra, tuttavia, da preferire la teoria unitaria secondo la quale l’azienda è considerata come un bene nuovo, distinto dai singoli beni che la compongono ed oggetto di un diritto autonomo; e più precisamente una universitas rerum o facti, comprendente anche i rapporti giuridici, i debiti, i crediti, e tutti gli elementi unificati dalla volontà del titolare in funzione della unitaria destinazione del fine comune(7).
Di conseguenza la cessione dell’azienda ha carattere unitario ed importa il trasferimento al cessionario di tutti gli elementi costituenti l’universitas, senza necessità di una specifica pattuizione nell’atto di trasferimento(8).
In ogni caso va precisato che l’azienda può essere disgiunta dalla titolarità dei beni strumentali destinati al suo funzionamento(9).
Infatti, come è noto, l’azienda è un complesso di beni eterogenei; elementi costitutivi dell’azienda sono pertanto i beni di qualsiasi natura e l’organizzazione dei beni stessi, cioè il loro collegamento funzionale per l’esercizio dell’impresa(10).
Essa può comprendere beni assoggettati ad un regime giuridico diverso, pur rimanendo essenziale la loro comune destinazione all’esercizio dell’impresa.
Necessario e sufficiente perché un bene possa essere qualificato come aziendale è la destinazione funzionale impressa dall’imprenditore, mentre è irrilevante il titolo giuridico (reale o obbligatorio) che legittima l’imprenditore ad utilizzare il bene nel processo produttivo(11).
Va da se che, nell’ambito del complesso organizzato di beni dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa, non è necessario che rispetto a tutti i beni sussista il diritto di proprietà(12); pertanto bene aziendale è anche il bene di proprietà di terzi, di cui l’imprenditore disponga in base ad un valido titolo giuridico che gli consenta di destinarlo a servizio dell’azienda e che sia attualmente impiegato all’attività di impresa, come il locale condotto in locazione ovvero il macchinario detenuto in leasing(13). Queste precisazioni permettono di verificare se oggetto del contratto tipico di rent to buy possa essere l’azienda unitariamente considerata.
Al riguardo occorre fare una precisazione rispetto a quello che sembra essere l’oggetto tipico del contratto di rent to buy, così come disciplinato dall’articolo 22 della legge 12 settembre 2014, n. 133 convertita con la legge 11 Novembre 2014 n. 164.
Infatti la rubrica della citata legge individua il contratto in esame come quello relativo ai “Contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili”.
La disposizione in esame ad una prima lettura sembra restringere l’applicabilità del dettato normativo ai soli contratti di rent to buy aventi ad oggetto beni immobili, tenuto conto anche dello scopo primario del legislatore e della ratio legis.
Ma a ben vedere ed analizzando attentamente il dettato normativo, la norma non sembra limiti la conclusione del contratto di rent to buy avente ad oggetto un’azienda, sia questa comprensiva o meno di beni immobili e/o diritti reali su immobili.
Infatti, ritenuto il contratto di rent to buy un contratto tipico la cui tipicità è data, come detto, dagli elementi essenziali del contratto stesso (concessione in godimento, diritto per il conduttore di acquistare il bene oggetto del rapporto contrattuale, pagamento di un canone da imputare in tutto o in parte a corrispettivo del trasferimento del bene, il rinvio alle norme di cui agli articoli da 1002 e 1007 e degli articoli 1012 e 1013 del c.c. ed ancora la disciplina particolare per i casi di risoluzione ed inadempimento delle parti); tipicità che consente di mantenere ferma la distinzione tra il contratto in esame e la locazione con patto di futura vendita, sembra si possa affermare che il bene “immobile”, come considerato nello schema normativo, non possa assurgere ad elemento unico, essenziale e determinante il contratto in esame, ne penetrare nella sua causa in maniera determinante.
Il comma 1 dell’art. 23 del D.l. 133/2014, invero, disciplina l’immediato trasferimento di “un immobile” con diritto per il conduttore di acquistarlo entro un termine determinato imputando al corrispettivo del trasferimento la parte di canone indicata nel contratto, ai fini della trascrizione dello stesso contratto ai sensi dell’articolo 2645-bis del c.c. quale effetto prenotativo del futuro acquisto e con gli effetti di cui al primo comma dell’art. 2643 n. 8 c.c., senza elevare il bene immobile ad elemento essenziale del citato contratto.
Questa soluzione trova conforto nel dettato normativo del successivo comma 1 bis dello stesso articolo 23 dove si dispone che le parti definiscono in sede contrattuale la quota dei canoni imputata a corrispettivo che il concedente deve restituire in caso di mancato esercizio del diritto di acquistare la proprietà “dell’immobile” entro il termine stabilito.
Anche qui il termine immobile è inserito nel più ampio schema contrattuale di rent to buy che, nella sua fattispecie legale disciplina l’effetto prenotativo dato dalla trascrivibilità di detto contratto riguardo al suo oggetto.
Da quanto detto discende, quindi, la possibilità di prevedere un contratto di rent to buy tipico avente ad oggetto un complesso aziendale, comprensivo o meno di beni immobili e/o diritti reali immobiliari, con la peculiarità che, ove l’azienda dovesse ricomprendere beni immobili troverà piena applicazione la normativa di cui al più volte citato art. 23 della legge 133/2014 riguardo agli effetti prenotativi della trascrizione e della sua disciplina rispetto agli altri commi dello stesso articolo riferibili all’oggetto immobiliare del bene contrattuale.
Invero il rent to buy di azienda ha la stessa funzione e la stessa ratio del c.d. rent to buy di immobili per quel che concerne la struttura e la funzione di questo contratto, con l’unica differenza che il primo, nella sua regolamentazione negoziale ha un bene diverso dal secondo.
Queste considerazioni trovano conforto nel disposto dell’articolo 2556 c.c. il quale stabilisce che «Per le imprese soggette a registrazione, i contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà o il godimento dell’azienda, devono essere provati per iscritto, salva l’osservanza delle forma stabilite dalla legge per il trasferimento dei singoli beni che compongono l’azienda o per la particolare natura del contratto».
Il citato articolo 2556 c.c., quindi, non distingue alcun tipo di contratto relativo al trasferimento della proprietà o al godimento dell’azienda, ma si limita ad enunciare il principio che … «Tutti i contratti relativi al trasferimento o godimento dell’azienda …» debbono essere provati per iscritto, facendo salva l’osservanza delle forme stabilite dalla legge per il trasferimento di particolari beni che compongono il compendio aziendale.
L’azienda, quindi, non ha particolari modalità di trasferimento, per cui circola secondo le forme di circolazione proprie dei singoli beni che la compongono(14).
Quindi, anche il rent to buy è uno schema negoziale idoneo al godimento e trasferimento dell’azienda in quanto nello stesso, sia pure unitariamente considerate, sono riscontrabili le prescrizioni precettive del citato articolo 2556 c.c., specie se nell’azienda sono presenti beni immobili e/o diritti reali su beni immobili.
Ciò detto, da queste norme e dall’intera fattispecie disciplinata dall’articolo 23 della legge 133/2014 riguardo alla sua funzione propria data dalla presenza di elementi essenziali legislativamente previsti, si evince l’unitarietà del rapporto contrattuale che potrà anche riguardare il godimento di un complesso aziendale, comprensivo o meno di un immobile e/o di dritti reali immobiliari e la possibilità per il conduttore del suo successivo acquisto, con imputazione a corrispettivo, in tutto o in parte, dei canoni pagati.
La possibilità di imputare a corrispettivo tutti o parte dei canoni pagati deriva direttamente dalla legge in quanto all’articolo 1-bis del più volte citato articolo 23 del D.l. 12 settembre 2014, n. 133 si prevede espressamente che «Le parti definiscono in sede contrattuale la quota dei canoni imputata al corrispettivo che il concedente deve restituire in caso di mancato esercizio del diritto di acquistare la proprietà dell’immobile … (rectius: dell’azienda) … entro il termine stabilito».
Quindi la struttura negoziale del rent to buy sembra essere utilizzabile anche per il rent to buy avente ad oggetto un compendio aziendale, comprensivo o meno di beni immobili, salva la particolare disciplina e regolamentazione di detto contratto a seconda se esso, appunto, sia comprensivo o meno di beni immobili
Dal tenore letterale e dalla ratio della norma di cui al più volte citato art. 23 della legge 133/2014, diretto a permettere l’acquisto del bene concesso in godimento, nulla vieta che nel contratto di rent to buy di azienda si possa prevedere fin dall’inizio del rapporto contrattuale, oltre al classico e necessario godimento del bene azienda, unitariamente considerato, un patto di opzione (con proposta irrevocabile per un tempo determinato solo in capo al concedente) per il successivo acquisto del bene.
Ma va da se che in questo caso è trascrivibile l’intero rapporto di rent to buy aziendale, secondo lo schema dell’art. 23 primo comma del D.l. 12 settembre 2014, n. 133 e non anche il semplice patto d’opzione d’acquisto inserito in un più ampio accordo negoziale di locazione con patto di futura alienazione, solo se nell’azienda siano ricompresi immobili e/o diritti reali su beni immobili, sulla base di quanto previsto espressamente dal citato articolo 2556 c.c., a dimostrazione, ancora una volta, ove ce ne fosse bisogno, della struttura unitaria e tipica del negozio in esame.
Ove nell’azienda oggetto di rent to buy fossero ricompresi beni immobili troverà applicazione anche la relativa regolamentazione contrattuale prevista per il rent to buy di immobili ove al comma 1 dell’art. 23 si dispone espressamente che a questi … “contratti” … si applicano gli articoli 2668 quarto comma c.c., 2775-bis e 2825-bis c.c., proseguendo poi, nel senso che il termine triennale previsto dal terzo comma dell’art. 2645-bis del c.c. è elevato a tutta la durata del contratto (rapporto) di godimento e comunque ad un periodo non superiore a dieci anni.

Modalità operative

Da queste norme e dall’intera fattispecie disciplinata, nonché dalla presenza di elementi essenziali legislativamente previsti, si evince, quindi, l’unitarietà del rapporto contrattuale del rent to buy di azienda che nella sua tipicità legislativa, quanto ai suoi elementi funzionali, come detto, deve necessariamente contenere il godimento di un bene (nel nostro caso l’azienda) e la possibilità per il conduttore del suo successivo acquisto, con imputazione a corrispettivo, in tutto o in parte, dei canoni pagati.
La possibilità, poi, di imputare a corrispettivo tutti o parte dei canoni pagati deriva direttamente dalla legge in quanto all’articolo 1-bis del più volte citato articolo 23 del D.l. 12 Settembre 2014, n. 133 si prevede espressamente che «Le parti definiscono in sede contrattuale la quota dei canoni imputata al corrispettivo che il concedente deve restituire in caso di mancato esercizio del diritto di acquistare la proprietà’ dell’immobile entro il termine stabilito».
Ciò posto va precisato che la norma di riferimento (comma 1 dell’art. 23 della legge 133/2014) non parla mai di locazione, ma di mero godimento del bene (immobile) con la conseguenza logica che nel rent to buy, ancorchè di azienda, la locazione, come contratto tipico, resta fuori dal perimetro contrattuale del contratto in esame, anche se, per il rent to buy di azienda, nel periodo intercorrente tra la conclusione del contratto e l’acquisto definitivo, ovvero lo scioglimento dello stesso, troverà applicazione l’articolo 2562 c.c. il quale, appunto, rinvia alle disposizioni relative all’usufrutto di azienda anche quando all’interno dell’azienda siano ricompresi beni immobili.
Va comunque precisato che, la distinzione tra affitto di azienda e locazione di immobili con pertinenze, che ha indubbi riflessi anche per i fini del nostro studio, consiste nel fatto che nel primo l’immobile non è considerato nella sua individualità giuridica, ma costituisce uno dei beni aziendali, in rapporto di complementarietà e di interdipendenza con gli altri elementi dell’azienda in vista del fine perseguito dall’imprenditore, nel secondo, invece, l’immobile conserva la sua natura di cosa principale oggetto del contratto ed attrae, assorbendoli, gli altri elementi(15).
Pertanto nel rent to buy di azienda è l’azienda stessa, nella sua unitarietà che costituisce il bene principale del contratto, anche nel caso in cui in essa dovessero essere ricompresi dei beni immobili.
Da ciò consegue che, ove nel rent to buy di azienda siano ricompresi immobili, non potrà mai parlarsi di locazione immobiliare, ma di mero godimento del bene azienda non potendosi, quindi, far riferimento alla disciplina della locazione o dell’affitto di immobili, e tantomeno alla disciplina speciale della locazione di immobili urbani (abitativi e non) di cui alla legge 27 luglio 1978 n. 392, nonché alla legge 431/1998 in tema di locazione di immobili ad uso abitativo per le ovvie conseguenze derivanti dal regime giuridico di questa normativa.
Il godimento nel rent to buy di azienda deve essere inteso in senso ampio come il potere di utilizzazione del bene azienda oggetto del rapporto; utilizzazione non necessariamente finalizzata a soddisfare bisogni di natura abitativa o immobiliare in genere, ma quelli di natura aziendale, commerciale, professionale ed imprenditoriale(16)
Da ciò discende la possibilità di utilizzare lo schema negoziale in commento, per qualunque tipo di azienda, intesa questa in senso ampio come complesso unitario di tutti i beni organizzati unitariamente per l’esercizio dell’impresa(17); pertanto non ha rilevanza che la produttività ancora non sussista, o che non siano presenti tutti gli elementi necessari per la dinamica aziendale o che il complesso sia temporaneamente inattivo oppure con strutture in cattivo stato(18), ne che manchi l’avviamento(19) o la qualifica di imprenditore del concedente(20) o l’esercizio dell’impresa(21).
Invero l’azienda concessa in rent to buy potrà anche versare in una fase statica purchè i vari elementi dedotti in contratto e, quindi, eventualmente anche il bene immobile in essa ricompreso, siano potenzialmente idonei allo svolgimento dell’attività d’impresa.
Si potrà avere un contratto di rent to buy di azienda, unitariamente inteso, e non cessione dei singoli beni aziendali, anche nel caso di attività artigianale ed anche se la licenza permanga in capo al concedente per il periodo intercorrente tra la data della concessione in godimento e la data dell’acquisto definitivo da parte del conduttore(22).
Vi è da chiedersi, però, se nel contratto di rent to buy di azienda siano presenti unità immobiliari abitative quali beni strumentali dell’azienda stessa, il divieto di cui all’articolo 8 del D.lgs. 20 giugno 2005, n. 122 resti operante.
Al quesito sembra doversi dare risposta negativa per le ragioni sopra esposte circa l’oggetto del contratto di rent to buy aziendale anche riguardo all’unitarietà giuridica ed economica di questo bene che prescinde dalla singola individualità dei beni che la compongono.
Questa conclusione trova conforto nel dato normativo dove nel comma 4 dell’articolo 23 della legge 2014/2013 si prevede che «solo se il contratto di cui al comma 1 ha per oggetto un’abitazione il divieto di cui all’art. 8 del decreto legislativo 20 giugno 2005, n. 122, opera fin dalla concessione del godimento» potendosi, quindi, argomentare a contrario che nel caso in cui il contratto di rent to buy abbia ad oggetto beni diversi dall’abitazione il divieto non operi, nemmeno nella sua fase iniziale(23). Per le considerazioni sopra svolte e sulla base del combinato disposto degli articoli 23 della legge 12 Settembre 2014, n. 133, convertito con la legge 11 novembre 2014 numero 164 e dell’art. 2561 del c.c., sembra sia possibile un contratto di rent to buy avente ad oggetto il diritto di usufrutto di un’azienda. Nel rent to buy di azienda si avrà una fase diretta al solo godimento del bene azienda ed un’altra di trasferimento e costituzione del diritto di usufrutto sull’azienda stessa dal momento in cui il conduttore avrà esercitato il suo diritto all’acquisto entro il termine determinato nel contratto, imputando a corrispettivo del trasferimento la parte del canone indicata nel contratto e, se nel complesso aziendale sono ricompresi beni immobili il contratto stesso andrà trascritto ai sensi e per gli effetti dell’articolo 2645-bis del c.c. con la precisazione che la trascrizione produce anche i medesimi effetti di quella di cui all’art. 2643, comma primo, numero 8 del codice civile.
Occorre dire che i due momenti della fase contrattuale del rent to buy di azienda non sono sovrapponibili, nonostante l’articolo 2562 del c.c. stabilisce che le disposizioni dell’articolo 2561 c.c. (riferite all’usufrutto di azienda) si applicano anche nel caso di affitto di azienda.
Ed invero, con ampiamente detto il contratto in esame è un contratto unitario non scomponibile nella sua funzione causale ed inoltre il richiamo operato all’articolo 2561 c.c. sta a significare che all’affitto sono applicabili le disposizioni generali dettate da tale norma per l’usufrutto di azienda, ma non anche quelle sull’usufrutto, mentre si potranno ritener applicabili quelle di cui agli articolo 1615 e ss. c.c.(24)
Nella fase iniziale del contratto di rent to buy di azienda è da ritenere che il conduttore, salvo patto contrario, subentri nei contratti inerenti all’esercizio dell’azienda stessa che non abbiano carattere personale, salva una specifica opposizione in tal senso dell’altro contraente.
Ed ancora, prima della sua manifestazione di volontà all’acquisto, il conduttore non subentra nei debiti e nei crediti riferibili all’azienda oggetto di contratto i quali resteranno, rispettivamente a carico ed a favore del concedente(25).
I soggetti del rapporto non necessariamente debbono essere persone fisiche, esercenti o meno un’attività di impresa, ma possono essere anche enti collettivi e persone fisiche, ovvero solo enti collettivi.
Il contratto, quindi, nella sua specialità e tipicità deve necessariamente contenere la concessione in senso ampio del godimento di un’azienda; azienda che, come detto, potrà anche essere inattiva al momento della conclusione del contratto, ma che dovrà necessariamente avere tutte le caratteristiche di legge per essere considerata tale.
Nella fase iniziale del rapporto l’utilizzatore acquisterà la mera detenzione del bene dovendo necessariamente riconoscere che lo stesso appartiene di proprietà al concedente fino al momento in cui esso utilizzatore non ne acquisti la proprietà.
La legge parla di acquisto, dopo il godimento, da parte dell’utilizzatore del bene oggetto del contratto, ma non precisa se l’acquisto debba necessariamente riferirsi alla piena proprietà o ad un diritto reale sul bene oggetto del godimento (nel caso di specie all’usufrutto), ovvero se obbligato all’acquisto debba essere lo stesso conduttore, o se si possa prevedere in contratto la possibilità di un acquisto da parte di un terzo.
Apparentemente la legge sembra riferirsi all’acquisto della proprietà (piena), ma nulla esclude che le parti possano prevedere, dopo la fase iniziale del godimento, l’acquisto del diritto reale di usufrutto. Invero, anche in questa fattispecie è comunque rinvenibile la causa tipica del contratto in esame diretta a permettere l’acquisto di un diritto reale limitato attraverso lo schema tipico del contratto in parola e consistente nel godimento iniziale del bene, secondo le esigenze del conduttore e del concedente e la successiva costituzione di un diritto reale sullo stesso, il tutto soggetto alle ordinarie forme di pubblicità immobiliare, quando nell’azienda siano ricompresi beni immobili.
In argomento va precisato che anche l’acquisto del semplice diritto di usufrutto d’azienda, permetterebbe il raggiungimento delle finalità che la norma e le parti si propongono, tenuto conto di quelle che magari sono le esigenze e le condizioni economiche del conduttore.
D’altronde questa possibilità deriva dalla stessa legge che espressamente dispone che i contratti diversi dalla locazione finanziaria (e, quindi anche quelli di rent to buy di azienda comprensiva di beni immobili o di diritti reali su immobili) «sono trascritti ai sensi dell’articolo 2645-bis del c.c.» e lo stesso articolo 2645-bis c.c. rinvia all’art. 2643 numeri 1, 2, 3 e 4 c.c. per la determinazione dei contratti soggetti a trascrizione tra cui anche quelli costitutivi del diritto reale di usufrutto.
Va da sé che la previsione del successivo acquisto limitato al solo diritto reale di godimento posteriore alla fase di godimento personale del bene deve essere disciplinato fin dalla fase iniziale del rapporto, non essendo possibile trasformare lo stesso in corso d’opera, se non attraverso un nuovo contratto avente natura novativa (art. 1230 c.c.), ma soggetto alle nuove forme di pubblicità in ripetizione, con indubbie conseguenze in tema di opponibilità nei confronti dei terzi.
Il contratto di rent to buy di azienda comprensivo di beni immobili conserva la sua funzione e la sua efficacia prenotativa, analoga a quella della trascrizione del preliminare, per un periodo massimo di dieci anni, ai sensi del comma 3 dell’articolo 23, che in tal senso costituisce una sorta di deroga espressa al comma 1 del medesimo articolo (per l’art. 2645-bis c.c. ivi richiamato il termine è triennale).
Dal testo normativo di riferimento non si evince alcuna regola diversa con riguardo alla durata del contratto, affidando quindi alla volontà delle parti il compito di determinare la durata del godimento e di inserire un termine per l’esercizio all’acquisto.
Va da sé, però, che l’opponibilità del diritto all’acquisto nascente dal rent to buy di azienda comprensivo di beni immobili e la possibilità di imputazione dei canoni al prezzo ha un limite massimo di dieci anni, decorsi i quali il diritto all’acquisto non è più opponibile.
Trattandosi di limite posto nell’interesse dei terzi, il periodo di dieci anni non può essere esteso per volontà delle parti, così come accade per il preliminare. Costituisce pure una deroga però inespressa al comma 1 dell’articolo 23 la considerazione, abbastanza pacifica in dottrina, che gli effetti propri della trascrizione prevista dall’articolo 2643 primo comma n. 8 c.c. si producono anche per quei contratti di rent to buy di azienda (trascritti ex art. 2645-bis c.c.) di durata inferiore a 9 anni, in quanto il comma 1 non sembra subordinare gli effetti della trascrizione al limite di durata previsto da tale norma(26).
È ben possibile che le parti prevedano un contratto di rent to buy di azienda di durata superiore ai dieci anni, ma come detto, la sua opponibilità non potrà estendersi oltre il limite legale previsto dalla stessa legge, ferma restando in ogni caso la validità del rapporto stipulato per un tempo superiore.
Si pone il problema se, nel corso del rapporto sia possibile prevedere, dall’inizio o nel corso della esecuzione, la sostituzione del conduttore con altro soggetto finale e beneficiario dell’acquisto definitivo. In sostanza, una volta concluso tra concedente e conduttore il contratto di rent to buy di azienda è possibile prevedere che l’acquisto definitivo venga operato da un soggetto terzo rispetto alla fase iniziale del contratto?
Al quesito sembra potersi dare risposta affermativa. Ed invero nello schema iniziale si potrebbe prevedere la possibilità di deviare gli effetti dell’acquisto definitivo, successivo al conferimento in godimento, in favore di un terzo soggetto, secondo lo schema proprio del contratto a favore di terzo ex art. 1411 c.c.
Al riguardo, però, va precisato che non è sufficiente la mera volontà del terzo di voler beneficiare della stipulazione in suo favore, ma sembra sia necessaria una espressa accettazione in tal senso da parte del terzo il quale, nell’acquistare definitivamente l’azienda e proseguendo nella gestione della stessa, si troverà a rivestire necessariamente la qualifica di imprenditore con le conseguenze del caso in tema di responsabilità illimitata.
Né vale obiettare che in questo caso si tratterebbe di un effetto parziale a favore del terzo di un contratto a contenuto più ampio, in quanto contratto a favore di terzo può non esaurire il proprio contenuto nella prestazione a favore del terzo e, quindi, quest’ultima può anche essere una parte soltanto del contratto(27).
Ed ancora. Le parti potrebbero prevedere fin dall’inizio la deviazione dell’intero rapporto in favore del terzo e non anche dei soli effetti traslativi, ma ciò deve essere attuato prima che il contratto abbia iniziato la sua esecuzione con il godimento dell’azienda ed il consenso espresso del terzo, per le considerazioni sopra svolte, in quanto, ad esecuzione iniziata, sarebbe possibile la sostituzione del conduttore solo attraverso la cessione del contratto, ovvero attraverso una novazione soggettiva con imprevedibili conseguenze, in quest’ultimo caso, riguardo agli effetti prenotativi della eseguita trascrizione nel caso in cui nell’azienda siano ricompresi beni immobili.
Al contratto in esame, poi, è sicuramente applicabile l’istituto del contratto per persona da nominare (art. 1401 c.c.), con la precisazione che in questo caso la riserva e la successiva dichiarazione di nomina possono riguardare l’intero contratto unitariamente considerato, ovvero la sola parte di questo relativa alla facoltà di acquisto del bene operata per persona che il conduttore si riserva di nominare al momento del definitivo.
Discorso diverso, invece, deve farsi nel caso in cui le parti, dopo il perfezionamento del contratto di rent to buy di azienda, intendano procedere alla sostituzione di una parte del rapporto originario.
Al riguardo, occorre preliminarmente precisare che per motivi strutturali e tecnici, la sostituzione potrà riguardare, per ovvi motivi, solo il conduttore e non anche il concedente e ciò perché quest’ultimo, nell’economia della fattispecie deve necessariamente essere titolare dell’azienda oggetto del contratto. Rispetto alla posizione del conduttore, poi, la sostituzione di quest’ultimo potrà avvenire nelle forme e nei modi della cessione del contratto ex articolo 1406 e seguenti del c.c.
Invero, nella fattispecie in esame le prestazioni non sono state ancora eseguite e va da sé che in ogni caso sarà necessario il consenso del contraente ceduto: nel nostro caso il concedente.
La cessione del contratto, poi, potrà avvenire, sia a titolo oneroso che a titolo gratuito e nell’ambito della stessa cessione le parti, cedente e cessionario, potranno regolamentare i loro rapporti di natura patrimoniale, anche per quanto attiene ai canoni precedentemente corrisposti.
La norma di riferimento di cui all’art. 23 del D.l. 12 Settembre 2014, n. 133 prevede nel suo primo comma il diritto potestativo per il conduttore di addivenire all’acquisto del bene oggetto del contratto entro un termine determinato, imputando a corrispettivo del trasferimento la parte di canone indicata nel contratto rendendo, altresì, opponibile ai terzi il contratto stesso attraverso lo strumento della trascrizione di cui all’art. 2643 primo comma numero 8) del c.c.
La norma prevede la facoltà per il conduttore di rendersi acquirente del bene, ma nulla vieta che le parti possano prevedere per quest’ultimo e per lo stesso concedente l’obbligo giuridico di acquisto e vendita del bene stesso, rafforzandosi, così, il sinallagma contrattuale.
La soluzione contraria, basata su una presunta violazione del dato normativo e sul distorto utilizzo del contratto in esame al solo fine di allungare l’efficacia prenotativa della trascrizione diversamente a quanto avviene nel preliminare semplice, non sembra condivisibile.
Ed invero, innanzitutto non si capisce per quale motivo il conduttore non possa liberamente anticipare la volontà di rendersi acquirente del bene fin dal momento iniziale del rapporto assumendo al riguardo una classica obbligazione di acquisto, posto che la legge gli riserva il diritto potestativo di acquisto; acquisto da poter esercitare in ogni momento del rapporto, quindi anche nella sua fase iniziale.
Ove si seguisse la tesi contraria, peraltro, il divieto potrebbe essere facilmente aggirato facendo esercitare al conduttore, fuori dal contratto base, la facoltà di acquistare l’immobile attraverso una semplice dichiarazione sottoscritta contestualmente al perfezionamento del contratto base di rent to buy.
Ed ancora. Non va dimenticato che il conduttore si trova in una situazione soggettiva attiva che prevede sicuramente il diritto potestativo di rendersi acquirente del bene; diritto potestativo che ha in sé la facoltà di esercitare il diritto all’acquisto alle condizioni precedentemente convenute con il proprietario.
Ora se questa facoltà è esercitabile, da parte del conduttore, in qualunque momento dopo il perfezionamento del contratto di rent to buy, non si capisce perché lo stesso non possa sciogliere la riserva all’interno del contratto, anche senza assumere al riguardo alcuna obbligazione in senso tecnico(28). L’obbligazione del conduttore in questo caso sorgerà per il caso di un suo inadempimento all’acquisto successivo allo scioglimento della riserva che la legge gli riconosce al riguardo. Pertanto, una volta sciolta la riserva, nel caso di mancato acquisto, lo stesso si renderà inadempiente con le conseguenze previste per il caso di cui al comma 5 dell’art. 23 del D.l. 12 Settembre 2014, n. 133, sicuramente applicabile anche al rent to buy di azienda per le motivazioni sopra svolte.
Ed ancora; va ricordato che il contratto in esame, che come detto ha natura tipica a struttura complessa, è sicuramente diverso dal classico preliminare di compravendita e dalla locazione con patto di futura vendita, in quanto nel rent to buy si riscontrano degli elementi e delle fattispecie (oggetto, godimento e promessa di successiva vendita con pagamento di un canone imputabile al prezzo) sicuramente più ampi e complessi rispetto al preliminare semplice ed alla locazione con patto di futura vendita, dove accanto alla promessa di vendita ed a quella di acquisto vi è una semplice obbligazione di pagamento di un prezzo, o di una imputazione di un canone (corrisposto) a prezzo.
Va ulteriormente precisato che la soluzione contraria comporterebbe la morte dell’Istituto in esame fin dal suo nascere. Ed infatti chi sarebbe disposto a concedere in godimento un bene immobile o aziendale che sia senza avere la certezza del successivo trasferimento con incameramento del corrispettivo pattuito?
In quest’ottica, quindi, i motivi illeciti possono rilevare solo se comuni ad entrambi i contraenti ove si riesca a dimostrare che le parti hanno inteso concludere il contratto in oggetto al solo scopo di ottenere un allungamento della efficacia prenotativa della trascrizione ex art. 2645-bis c.c.; cosa questa abbastanza difficile riguardo ad un contratto tipico come quello in esame.
Ove permanga nel contratto la sola facoltà per il conduttore di acquistare il bene con l’obbligo per il solo concedente di alienarlo, la fattispecie potrà essere inquadrata nello schema del preliminare unilaterale che, peraltro, si innesta nel più ampio schema negoziale tipico complesso del contratto di rent to buy in esame.
E questa possibilità, ove ve ne fosse ancora bisogno, permette di distinguere il contratto in esame con l’efficacia prenotativa decennale della trascrizione (ove ne ricorrano i presupposti: es.: azienda comprensiva di beni immobili), dal semplice preliminare unilaterale in quanto, mentre il contratto di rent to buy con facoltà per il conduttore di acquistare successivamente il bene è immediatamente trascrivibile, il contratto preliminare unilaterale può essere trascritto solo dopo l’accettazione dell’altra parte manifestata nelle stesse forme della proposta.
Da un punto di vista redazionale si osserva che il regolamento contrattuale potrà prevedere solo gli elementi essenziali del futuro contratto di trasferimento oppure l’intera disciplina, a seconda che si adotti, appunto, uno schema che preveda un obbligo a vendere del concedente, analogo a quello stabilito da un preliminare unilaterale che necessiti della stipula di un successivo contratto di compravendita, ovvero una proposta irrevocabile a vendere analoga all’opzione, in forza della quale il contratto si conclude per effetto della semplice manifestazione di volontà del concessionario.
La distinzione è di fondamentale importanza, in quanto:
- Nel primo caso, anche se l’azienda sia comprensiva di beni immobili, si ritiene che, pur se opportuna, sia inapplicabile: a) la disciplina sulla conformità catastale; b) la disciplina urbanistica; c) la disciplina del c.d. decreto “Bersani” sui mezzi di pagamento; d) la disciplina del c.d. decreto “Bersani” sulla mediazione, in quanto dette formalità dovranno essere comunque osservate nel successivo atto di trasferimento del diritto di proprietà sull’azienda stessa che sarà stipulato tra le parti. Quanto alla disciplina sul rendimento energetico nell’edilizia, si applica quella prevista per le locazioni per la prima fase del rapporto contrattuale, mentre si applica la parte prevista per i trasferimenti immobiliari per la seconda fase del rapporto contrattuale (cessione definitiva dell’azienda comprensiva di beni immobili).
- Nel secondo caso e sempre che nell’azienda siano ricompresi beni immobili, la fattispecie contrattuale dovrà contenere integralmente il regolamento del contratto definitivo di cessione, poiché si perfeziona per effetto della semplice manifestazione di volontà del conduttore-acquirente, e pertanto sarà senz’altro applicabile tutta la disciplina prevista nei precedenti punti a), b), c) e d).

Nel contratto le parti stabiliscono la parte dei canoni da imputare a corrispettivo per l’acquisto del bene ed anche qui nulla vieta che tutti i canoni versati possano essere imputati a corrispettivo.
Si discute se possa essere prevista una dazione di denaro a titolo di caparra da imputare a corrispettivo per l’acquisto. Al riguardo occorre precisare che rispetto al contratto considerato nella sua unitarietà, nulla vieta che le parti stabiliscano una caparra per rafforzare il vincolo contrattuale (si pensi alla dazione di una somma a titolo di caparra versata al momento della conclusione del contratto per il godimento del bene oggetto del rapporto differito con termine iniziale di efficacia). Il discorso può essere più delicato rispetto alla dazione della somma versata a titolo di caparra prevista nel contratto per il caso di acquisto o mancato acquisto dell’azienda secondo lo schema del rent to buy.
In questo caso, ove sia prevista per il conduttore la mera facoltà di acquistare il bene non potrà correttamente parlarsi di dazione a titolo di caparra, ma tuttalpiù di una anticipazione sul corrispettivo convenuto e ciò perché, il conduttore stesso avrebbe il diritto potestativo di non procedere all’acquisto senza che ciò lo possa qualificare inadempiente.
Nel caso in cui sia il conduttore che il concedente siano obbligati, rispettivamente all’acquisto ed alla vendita dell’azienda oggetto di rent to buy (e non anche nel caso in cui il conduttore eserciti la semplice facoltà all’acquisto nello stesso contratto), la dazione di una somma a titolo di caparra trova la sua giustificazione nella funzione propria della caparra stessa consistente nel rafforzamento del vincolo contrattuale anticipando la prestazione dovuta(29).
Ed ancora, mentre si esclude che la caparra possa essere apposta ad un patto di opzione o che possa essere stipulata in relazione ad una obbligazione naturale(30) sembra condivisibile l’assunto che la stessa possa accedere a contratti a prestazioni corrispettive non ancora completamente eseguite (come nel caso del rent to buy); a contratti preliminari, a contratti definitivi; a contratti ad effetti reali e persino a contratti sospensivamente condizionati(31). In sede contrattuale, poi, le parti definiscono la quota dei canoni imputata a corrispettivo che il concedente deve restituire in caso di mancato esercizio del diritto di acquistare la proprietà dell’immobile entro il termine stabilito (comma 1-bis).
Esercitato il diritto del conduttore ed una volta scaduti i termini previsti nel contratto, le parti procedono alla stipula dell’atto definitivo (ovvero si avrà il perfezionamento del trasferimento di proprietà in favore del conduttore per esercizio unilaterale del diritto all’acquisto, nel caso di rent to buy di azienda nel quale è previsto un patto di opzione a favore del conduttore stesso).
Con il trasferimento in favore del conduttore, quindi, verranno trasferiti i beni materiali ed immateriali ricompresi nell’azienda oggetto di contratto.
Al riguardo sembra essere diffusa la tendenza, specie in Giurisprudenza, di ricomprendere nel concetto di bene aziendale, anche i rapporti giuridici alla stessa pertinenti ed in particolare i debiti ed i crediti(32). Sulla base di ciò, quindi, l’azienda non può non ricomprendere i rapporti inerenti ai beni dai quali è costituita; rapporti sorti per il loro acquisto o per le loro destinazione o assunti in detto esercizio d’impresa dal titolare di essa(33).

Conclusioni

Nel caso di rent to buy di azienda la destinazione dei beni al funzionamento dell’azienda costituisce il discrimen tra il rent to buy di immobili ed il rent to buy di azienda (comprensivo di beni immobili).
Invero, nel primo il bene immobile è l’oggetto principale della stipulazione, con funzione assorbente rispetto agli altri elementi del contratto, mentre nel rent to buy di azienda (con immobili) il bene immobile è uno degli elementi legati per il conseguimento del fine produttivo(34).
I locali dell’azienda, pertanto, non costituiscono l’azienda, ma ne rappresentano soltanto un elemento costitutivo e, quindi, le vicende giuridiche concernenti uno degli elementi aziendali non si ripercuotono necessariamente sugli altri(35).
Pertanto la perdita della titolarità di un singolo elemento dell’azienda non determina un mutamento della posizione del suo titolare rispetto al complesso organico di beni che costituiscono l’azienda stessa(36).
Nel contratto di rent to buy, come detto, le parti possono convenire la restituzione totale o parziale dei canoni versati ove il conduttore non eserciti la facoltà di acquistare il bene, anche se sembra opportuno, in questo caso, tenuto conto del fatto che comunque il conduttore ha goduto per un tempo determinato il bene, prevedere una restituzione da parte del concedente che tenga conto di ciò. In questo caso, occorre precisare, che il conduttore non è inadempiente, ma ha soltanto esercitato il suo diritto di non acquistare il bene.
Se, però il contratto si risolve per inadempimento del conduttore (obbligato per esempio all’acquisto, ovvero dopo l’esercizio della facoltà di acquisto), il concedente ha diritto alla restituzione dell’azienda e ad acquisire interamente i canoni versati e l’eventuale caparra consegnata, a titolo di indennità, se non è stato diversamente convenuto nel contratto.
Per contro, nel caso in cui il contratto si risolve per inadempimento del concedente, lo stesso deve restituire la parte dei canoni imputata a corrispettivo, maggiorata degli interessi legali. In questo caso, quindi, il contratto potrà prevedere la restituzione di tutti i canoni ove questi, per volontà delle parti, siano totalmente imputati a corrispettivo, ovvero, soltanto la restituzione di una parte delle somme corrisposte da indicare, però nel contratto, stante l’avvenuto utilizzo, in ogni caso, da parte del conduttore del bene oggetto di contratto.
Il comma 4 dell’art. 23 riguardo al rent to buy immobiliare dispone che: «Se il contratto di cui al comma 1 ha per oggetto un’abitazione, il divieto di cui all’art. 8 del decreto legislativo 20 Giugno 2005, n. 122, opera fin dalla concessione del godimento».
Abbiamo già visto sopra che questa norma, al contratto di rent to buy di azienda comprensiva di beni immobili (nello specifico una abitazione) non trova applicazione per diversità di ratio, con l’ulteriore precisazione che la norma in questione impone il divieto senza fare un richiamo generale alla normativa di cui alla legge 122/2005.
Quindi, come detto sopra, il divieto stesso riguarda solo il contratto di rent to buy immobiliare il cui oggetto sia una abitazione; intendendosi per tale un bene ultimato ed idoneo a detto utilizzo ed il tutto a prescindere dai requisiti soggettivi ed oggettivi di cui alla citata legge 122/2005.
Quindi il divieto non si applica ove oggetto di godimento per il successivo acquisto sia, come nel nostro caso, un’azienda, comprensiva o meno di un’abitazione.
Sulla base delle considerazioni svolte e contrariamente a quanto in precedenza sostenuto(37), al contratto di rent to buy di azienda anche quando nella stessa sia ricompresa un’abitazione quale bene strumentale della stessa, sulla quale gravi un mutuo ipotecario, non sembra sia applicabile il divieto di cui al comma 4 dell’articolo 23 della legge 133/2014, per mancanza di identità di ratio e di oggetto. Pertanto è da ritenere che, nel caso di rent to buy di azienda, comprensiva questa di un’abitazione e relative pertinenze, quali beni strumentali dell’azienda stessa, il contratto potrà essere stipulato anche ove non si sia proceduto a liberare il bene dalla formalità pregiudizievole (ipoteca, pignoramento ed altro) gravante sullo stesso. Ed invero, non va dimenticato al riguardo che se il debito ipotecariamente garantito con l’ipoteca sull’appartamento è un debito aziendale, lo stesso normalmente si trasferisce con il trasferimento dell’azienda.
Stesso discorso vale, poi, anche quando il debito è personale (non aziendale), ma risulta garantito ipotecariamente sull’appartamento considerato quale bene strumentale aziendale, in quanto, come visto sopra, la perdita della titolarità di un singolo bene, in generale, non determina un mutamento della posizione del suo titolare rispetto al complesso organico dei beni costituenti l’azienda.
Pertanto la stipula dell’atto notarile di rent to buy di azienda comprensivo di un’abitazione (strumentale), senza il rispetto delle prescrizioni di cui all’art. 8 della legge 122/2005, come richiamato dal comma 4 dell’art. 23 delle legge, non, comporta l’applicazione dell’art. 28 della L.N.
Poiché la disciplina non prevede nulla in ordine alle modalità con le quali, a fronte di un inadempimento, si possano ottenere il pagamento dei canoni nonché lo scioglimento del contratto con il conseguente rilascio dell’immobile, è preferibile contemplare tali aspetti nel contratto.
Pertanto, relativamente al pagamento dei canoni, si può prevedere una penale per l’inadempimento; inoltre occorre rilevare che, sia nel caso in cui l’atto sia stato stipulato per scrittura privata autentica (art. 474, comma 2, n. 2 c.p.c.), che in quello in cui si sia invece prescelta la forma dell’atto pubblico (art. 474, comma 2, n. 3 c.p.c.) esso potrà essere all’uopo fatto direttamente valere come titolo esecutivo il che, trattandosi di obbligazioni contrattuali, consentirebbe di evitare il ricorso non solo ad un giudizio ordinario, ma anche ad un più rapido procedimento monitorio.
Ai sensi e per gli effetti del disposto dell’articolo 2556 c.c. il contratto ai fini della sua iscrizione nel Registro delle imprese, e della sua trascrivibilità del Registri immobiliari, nel caso in cui nell’azienda oggetto di contratto siano ricompresi beni immobili strumentali, dovrà essere redatto in forma pubblica, ovvero per scrittura privata autenticata e ciò perché l’azienda non ha particolari modalità di trasferimento e, quindi, circola secondo le forme di circolazione proprie dei singoli beni che la compongono(38).
Sulla base delle considerazioni sopra svolte il contratto di rent to buy di azienda dovrà essere adeguato alle varie fattispecie e casistiche che di volta in volta si presenteranno all’operatore giuridico, il quale dovrà operare sulla base del combinato disposto dell’articolo 23 del D.l. 12 settembre 2013, n. 133 convertito in legge 11 novembre 2014 n. 164 e degli articoli 2555 e seguenti del codice civile e secondo le soluzioni concrete da ciascuno condivise.


(1) S. SIDERI, «Art. 23 del D.l. 12 Settembre 2014 n. 133 convertito con legge 11 novembre 2014, n. 164 (c.d. rent to buy) tecniche redazionali», Approvato dall’Area Scientifica - Studi Civilistici il 19/02/2015 Approvato dal CNN nella seduta del 6-8 maggio 2015. Contra E. GUARDIGLI, «I contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili: profili ricostruttivi», in Il Corr. giur., 2015, p. 812.

(2) A.C. NAZZARO, «Il rent to buy tra finanziamento e investimento», in Riv. dir. banc., p. 4 e ss.

(3) S. SIDERI, op. cit., p. 3; E. GUARDIGLI, op. cit., p. 797, la quale opportunamente precisa che detto schema negoziale risulta essere idoneo a rispondere alle esigenze tanto dei privati quando delle imprese.

(4) S. SIDERI, op. cit., p. 2 e ss.

(5) G.E. COLOMBO, L’azienda ed il mercato, Trattato diretto da Galgano, p. 4; T. ASCARELLI, «Vendita dell’azienda e divieto di concorrenza», in Temi em., 1926, I, p. 357; F. GALGANO, Diritto civile e commerciale, III tomo, Padova, 2004, p. 82.

(6) F. FERRARA JR., La teoria giuridica dell’azienda, Firenze, 1945, p. 112 e ss. Nello stesso senso G. VALERI, Manuale di diritto commerciale, Firenze, 1945, p. 205.

(7) Cass. 9 giugno 1981, n. 3723, in Giust. civ., 1981, p. 2942; Cass. 6 novembre 2001, n. 13689; Cass. 22 marzo 1980, n. 1939; Cass. 27 maggio 2009, n. 12421; Cass. 28 aprile 1998, n. 4319, in Riv. not., 2000, p. 399; G. FERRI, Manuale di diritto commerciale, Torino, p. 219; M. CASANOVA, voce Azienda, in Dig. it., sez. comm., 1987, p. 82, G. COTTINO, Diritto commerciale, Padova, p. 238).

(8) Cass. 27 marzo 1996, n. 2714.

(9) Cass. 6 novembre 2001 n. 13689; Cass. 22 marzo 1980 numero 1939.

(10) G. FERRARI, voce Azienda, dir. priv., in Enc. dir., 1959, p. 691; G. CAMPOBASSO, Diritto commerciale, 1, Diritto dell’impresa, Torino, 2008, p. 143; Cass. 7 Novembre 1974, n. 3394, in GDI, 1974, p. 137. Nello stesso senso Cass. 25 gennaio 2010, n. 1288.

(11) F. GALGANO, Diritto civile e commerciale, III, tomo 2, Padova, 2003, p. 88; G. CAMPOBASSO, op. cit., p. 143.

(12) Cass. 18 giugno 2008 n. 3029.

(13) Cass. 6 novembre 2001 n. 13689; Cass. 9 novembre 1971, n. 3167; G. CAMPOBASSO, op. cit., p. 143.

(14) F. GALGANO, op. cit., p. 90; G. CAMPOBASSO, op. cit., p. 152.

(15) Cass. 8 luglio 2010, n. 16138, in Giust. civ., 2011, 4, p. 981; Cass. 19 luglio 2005, n. 15210.

(16) Cfr. in tal senso, implicitamente, S. SIDERI, op. cit.

(17) Cass. 1 agosto 1995, n. 8388; Cass. 7 novembre 1983, n. 6572.

(18) Cass. 8 giugno 2012. n. 9315.

(19) Cass. 9 marzo 1984, n. 1640.

(20) Cass. 22 gennaio 1983, n. 623, in Giust. civ., 1983 I, p. 3014.

(21) Cass. 7 novembre 1974, n. 3394, in Giur. it., 1975, I, I, p. 2001.

(22) In tal senso sembra essersi espressa la Suprema Corte in data 29 novembre 1985 n. 5922, in AL 1986, p.274) in tema di locazione di azienda.

(23) S. SIDERI, op. cit.

(24) G.U. TEDESCHI, Le disposizioni generali sull’azienda, Tratt. di dir. priv. a cura di Rescigno, Torino, 1983, p. 65.

(25) In merito al contratto di affitto di azienda, cfr. nel senso del testo, G.U. TEDESCHI, op. cit., G. FERRARI, op. cit., p. 739. Contra, nel senso che con l’affitto si trasferiscono i debiti ed i crediti ai sensi degli articoli 2559 e 2560 c.c., G. COTTINO, op. cit., p. 258 e ss. Questa soluzione non può essere condivisa atteso il dettato normativo dei citati articoli 2559 e 2560 c.c. dove in entrambi gli articolati si parla di “azienda ceduta” e di “trasferimento”.

(26) S. SIDERI, op. cit.

(27) F. MESSINEO, Manuale di diritto civile e commerciale, Milano, 1959, p. 658 e ss.; S. SIDERI, op. cit. Sull’ammissibilità, poi, del contratto a favore di terzo ad effetti reali sembra non vi possano essere dubbi al riguardo. (Ex multis, cfr. Cass. 27 giugno 2011, n. 14180; Cass. 30 ottobre 2006, n. 23343 ed in dottrina, tra gli altri, F. MESSINEO, op. cit., p. 658 e ss.; G. CAPOZZI, «Contratto a favore del terzo. Effetti reali, ammissibilità, regime fiscale», in Vita not., 1973, p. 166.

(28) Secondo il testo cfr. S. SIDERI, op. cit.

(29) Secondo Cass. 16 maggio 2006, n. 11536; Cass. 19 Aprile 2006, n. 9040; Cass. 29 Gennaio 2003, n. 1301, la caparra, a seconda che si abbia adempimento o inadempimento, può fungere da anticipo, può avere una funzione risarcitoria, ovvero può costituire una garanzia della liquidazione dei danni.

(30) Cass. 6 Maggio 1977, n. 1729; G.A.M. TRIMARCHI, Caparra, in Enc. dir., VI, 1960, p. 193 e ss.; W. D’AVANZO, voce Caparra, in Noviss. Dig. it., II, Torino, 1958, p. 895 e ss.)

(31) In tal senso, cfr. CARRESI, op. cit.; G. BAVETTA, La caparra, Milano, 1963, p. 17; M. FRANZONI, La caparra, in Dir. civ., III, 2009, p. 689 e ss. Nello stesso senso, Cass. 1 aprile 1995, n. 3823; Cass. 8 giugno 1983, n. 3931; Cass. 15 aprile 1982, n. 2268; Cass. 30 maggio 1995, n. 535; Cass. 20 dicembre 1988, n. 6959; Cass. 15 maggio 1998, n. 4902.

(32) Cass. 9 giugno 1981, n. 3723, in Giust. civ., 1981, I, p. 2942; Cass. 9 dicembre 1974, n. 4140; M. CASANOVA, Impresa e azienda, in Tratt. diretto da Vassalli, 1974, p. 737.

(33) Cass. 22 maggio 2008, n. 13189, in DJ. Non sono riconducibili tra i beni che compongono l’azienda le autorizzazioni amministrative all’esercizio dell’attività di impresa, avendo le stesse carattere squisitamente personale. In tal senso, Cass. 16 ottobre 2006, n. 22111.

(34) In tal senso, rispetto all’affitto di locazione di immobile e di azienda cfr.: Cass. 8 luglio 2010, n. 16138, in Giust. civ., 2011, 4, p. 981; Cass. 6 novembre 2001, n. 13689; Cass. 23 aprile 1999, n. 4044; Trib., Cagliari 31 marzo 1999, in RGSA, 2000, p. 441, con nota di Dessi; Trib. Cagliari18 dicembre 1998, in Giur. it., 1999, p. 1242.

(35) Cass. 19 dicembre 1953, n. 3570, in Giust. civ., 1953, I, p. 3445; Cass. 24 maggio 1978, n. 2598; G.U. TEDESCHI, op. cit., p. 11.

(36) Cass. 25 marzo 1970, n. 798.

(37) S. SIDERI, op. cit.

(38) F. GALGANO, op. cit., p. 90; G. CAMPOBASSO, op. cit., p. 152.

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