Rent to buy d’azienda. Profili economico-aziendali
Rent to buy d’azienda. Profili economico-aziendali
di Giovanni Liberatore
Ordinario di Valutazione d’azienda, Università di Firenze
di Francesco Mazzi
Docente a contratto di Valutazione d’azienda, Università di Firenze
Inquadramento del rent to buy nella prospettiva economico-aziendale
Al fine di comprendere in modo compiuto il fenomeno del rent to buy da un punto di vista economico aziendale è opportuno indagare le sue origini. Infatti, è necessario guardare al di là del pur utilissimo confronto fra istituti giuridici diversi, andando ad indagare il “bisogno” che ha stimolato la creazione di un nuovo strumento economico-giuridico negli Stati Uniti e la sua rapida adozione nell’Unione Europea ed anche in Italia. Il rent to buy è infatti uno di quei casi in cui la prassi costringe il Legislatore ad interventi rapidi al fine di normare sia civilisticamente(1) che fiscalmente(2) un istituto che ha già preso largo campo nella prassi commerciale.
Perché quindi si è resa necessaria l’adozione di un’operazione economica, poi formalizzata contrattualmente, che «… in un procedimento finalizzato alla compravendita, permette di ottenere l’immediato godimento di un bene a fronte di un differimento del passaggio di titolarità …»?(3) Il rent to buy nasce prevalentemente come forma di reazione al credit crunch dell’ultimo decennio, osservabile in modo tristemente reale specialmente nel mercato immobiliare. La crisi economica che ha investito gli Stati Uniti a causa del dissesto dei mutui sub prime, successivamente colpendo anche i paesi dell’area euro, ha spinto il sistema bancario a concedere sempre meno mutui. Antecedentemente a tale crisi, gli istituti di credito erano soliti concedere prestiti anche ad individui a basso reddito, nell’illusoria convinzione che il valore del mattone fosse in continua crescita. Scoppiata la bolla speculativa, il sistema finanziario mondiale ha visto collassare le proprie regole, crollare nettamente il mercato immobiliare e, per conseguenza, diminuire drasticamente la quantità di mutui erogati da parte delle banche.
Senza indagare cause e conseguenze del credit crunch, è tuttavia opportuno sottolineare che i bisogni primari della popolazione media (i.e., acquisto di una casa, di un’azienda, ecc.) sono rimasti invariati. L’irrigidimento delle condizioni di offerta del credito ha quindi comportato un disallineamento fra economia finanziaria, non più disposta a concedere finanziamenti se non a determinate condizioni, ed economia reale. Come reagire quindi di fronte alla mancanza di liquidità che ha investito il mercato ed alla difficoltà di ottenere credito? Il contratto di rent to buy ha di fatto messo a sistema tutte le esigenze generate da una crisi finanziaria senza precedenti e le ha convogliate in un’operazione economica di indubbio fascino. Si può quindi affermare che, da un certo punto di vista, il contratto di rent to buy ha assunto una funzione sociale.
La soluzione finanziaria proposta dal rent to buy è facilmente comprensibile con un esempio. Si pensi ad un imprenditore che intenda acquistare un’azienda(4). Per affrontare l’acquisto con la formula tradizionale, oltre ad aver bisogno dell’intero importo accordato fra le parti, il soggetto acquirente ha bisogno anche di ulteriore liquidità per affrontare tutti i normali costi di gestione aziendale iniziale (per esempio costi per l’atto notarile, costi dei professionisti, eventuali investimenti, ecc.). È quindi necessario disporre di una notevole liquidità iniziale oppure di una notevole capacità creditizia, che si è detto essere notevolmente ridotta negli ultimi anni a causa della crisi finanziaria. Quali soluzioni si prospettano per il soggetto che non possieda né l’una né l’altra? L’alternativa del rent to buy appare la soluzione più semplice, poiché il suo obiettivo intrinseco è proprio quella di generare un equilibrio economico-finanziario nel soggetto acquirente che normalmente non soddisferebbe le condizioni richieste dal sistema bancario per poter accedere al credito.
Nella sua formula tipica(5), il rent to buy permette infatti di accantonare circa il 50% del prezzo dell’opzione di riscatto attraverso un versamento iniziale di circa il 25-30% e versamenti mensili (maggiorazione del canone da considerarsi a tutti gli effetti acconto sul prezzo) cumulati per circa il 20-25%. Ebbene, tali accantonamenti, di fatto portano un soggetto acquirente inizialmente inidoneo a rientrare nei parametri richiesti dalle banche ed essere potenzialmente eleggibile per un contratto di finanziamento(6).
Esaminate le cause che hanno portato alla nascita dell’operazione di rent to buy, è quindi possibile apprezzarne i due indubbi vantaggi principali. In primis, il rent to buy crea un accantonamento mensile per addivenire all’esercizio dell’opzione di acquisto. In secondo luogo, esso crea uno “storico creditizio” per l’acquirente, utile ai fini di favorire l’accesso al credito. L’acquirente, infatti, sarà in grado di dimostrare alla banca la sua capacità puntuale di versamento di una rata mensile simile alla rata risultante per un finanziamento oltre che presentarsi con una parte del prezzo di acquisto già versata. In questo modo, non solo rassicurerà la banca in merito al rimborso del finanziamento, ma presenterà alla stessa un’operazione con una leva finanziaria più bassa e quindi, per definizione, meno rischiosa. Se da un lato sopra si è indagata la funzione sociale del contratto di rent to buy, essa sembra apparentemente concretizzarsi in vantaggi per il solo soggetto acquirente. Vi sono tuttavia anche degli indubbi vantaggi per il venditore, sia esso di immobile o di azienda. Dal punto di vista di quest’ultimo, infatti, il rent to buy permette di ampliare la platea dei possibili acquirenti anche a soggetti che, almeno inizialmente, non avrebbero alcuna chance di credito nel mondo finanziario. Inoltre, permette di mettere a reddito un bene nella speranza che il soggetto acquirente adempia alle proprie obbligazioni riuscendo ad addivenire all’esercizio dell’opzione di acquisto.
Peculiarità del rent to buy di azienda
Nel paragrafo precedente si sono analizzate le motivazioni che hanno portato alla diffusione del rent to buy. Se è vero che questa tipologia di operazione è applicata prevalentemente ai beni immobili, è tuttavia innegabile che essa sia adottabile (ed anzi sempre più adottata) anche per tipologie di beni diversi. In quest’ottica, il rent to buy di azienda sta prendendo sempre più piede come operazione economica all’interno del mercato.
Rispetto al rent to buy immobiliare, il rent to buy di azienda prevede una peculiarità principale, ossia che il soggetto potenziale acquirente assuma a tutti gli effetti la qualifica di imprenditore(7). Idealmente, il soggetto acquirente potrà quindi assumere la gestione dell’azienda sia in forma individuale, sia in forma societaria, con o senza limitazione di responsabilità.
Se da un punto di vista della qualifica imprenditoriale l’operazione di rent to buy di azienda non pone particolari difficoltà di inquadramento, andando a rientrare negli schemi classici noti alla dottrina, è tuttavia opportuno notare che da un punto di vista economico-aziendale l’operazione ha delle similitudini interessanti con la fusione per indebitamento, nota anche come operazione di leveraged buy out (Lbo). In effetti, proprio come nel caso di Lbo nel momento in cui viene esercitato il diritto di acquisto, il soggetto imprenditore si trova ad aver contratto un finanziamento nei confronti del sistema bancario e a doverlo ripagare attraverso i flussi finanziari generati dall’attività aziendale. Nell’operazione di Lbo, la leva finanziaria è genericamente molto elevata mentre nel caso del rent to buy, proprio per il suo meccanismo intrinseco e la sua origine, tale leva risulta ridotta ma pur sempre presente. È opportuno notare che il codice civile prevede tutta una serie di cautele per quanto riguarda l’operazione di Lbo. In questi casi, ossia quando per effetto di una fusione il patrimonio dell’incorporante viene a costituire garanzia generica o fonte di rimborso dei debiti contratti per l’acquisto, si applica la disciplina dell’art. 2501-bis del codice civile. In particolare, tale articolo prevede che:
1) il progetto di fusione indichi le risorse finanziarie previste per il soddisfacimento delle obbligazioni della società risultante dalla fusione;
2) la relazione degli Amministratori indichi le ragioni che giustificano l’operazione e contenga un piano economico e finanziario con indicazione della fonte delle risorse finanziarie e la descrizione degli obiettivi che si intendono raggiungere;
3) la relazione degli esperti attesti la ragionevolezza delle indicazioni contenute nel progetto di fusione;
4) al progetto di fusione sia allegata una relazione del soggetto incaricato della revisione legale dei conti della società obiettivo o della società acquirente.
Le cautele di cui sopra costituiscono una clausola di salvaguardia per i creditori, i quali sono in un certo qual modo tutelati da una serie di relazioni e di incombenti previsti per l’organo amministrativo, l’organo di revisione legale e l’esperto. Nell’operazione di rent to buy di azienda, tali cautele sono totalmente assenti, poiché al momento non è prevista una disciplina ad hoc per questa tipologia di operazione. È pertanto possibile che i creditori vedano depauperata la propria garanzia, costituita dal patrimonio aziendale, o che in generale si creino tutte quelle storture che l’introduzione dell’art. 2501-bis codice civile aveva cercato di arginare.
In quest’ottica, è opportuno che il soggetto acquirente predisponga comunque un piano che sia in grado di dimostrare la sostenibilità dell’operazione. Quanto sopra, sia in ottica di richiesta di finanziamento al mondo bancario, sia per una tutela dei creditori, sia per ragioni meramente di convenienza imprenditoriale.
Stima del canone congruo nel rent to buy d’azienda
Come appena visto, sotto il profilo contrattuale, il rent to buy d’azienda prevede l’immediata concessione del godimento dell’azienda, con diritto per il conduttore di acquistarla entro un termine determinato, imputando al corrispettivo del trasferimento la parte di canone indicata nel contratto.
Il rent to buy è quindi un programma preparatorio all’acquisto, finalizzato ad offrire all’acquirente il tempo necessario per allinearsi ai parametri previsti per la concessione del credito, e dove la somma corrisposta a titolo di canone è destinata in parte al godimento dell’azienda come affitto e in parte ad acconto prezzo, come stabilito dal preliminare di vendita.
In ciò si differenzia formalmente dall’affitto con riscatto formato da un contratto di affitto affiancato a un contratto d’opzione d’acquisto, dove nel primo contratto è di solito inserita una clausola che prevede il diritto del conduttore di poter acquistare l’azienda con un prezzo pattuito oggi e bloccato per un certo numero di anni. Generalmente, il canone d’affitto pattuito comprende oltre alla quota a titolo di anticipo sul prezzo anche un onere finanziario per la dilazione dei pagamenti concessa al futuro acquirente. Tuttavia, dal punto di vista della sostanza economica queste due forme contrattuali si equivalgono, poiché nel momento in cui la finalità dell’operazione presuppone l’acquisto dell’azienda in un tempo determinato, il canone d’affitto deve essere stimato partendo dal valore economico dell’azienda alla data della stipula del contratto.
La data di riferimento della valutazione dell’azienda deve essere quindi associata al momento in cui viene stipulato il contratto, riflettendo e stimando i fatti e le circostanze riferibili a quella specifica data, e “congelando” il valore e il conseguente prezzo a quel preciso istante.
In base ai principi di valutazione di generale accettazione il valore economico del capitale implica la stima del cd. “valore intrinseco”, ovvero della situazione attuale e delle condizioni correnti (as it is) vigenti alla stipula del contratto, senza considerare le sinergie potenziali del conduttore-acquirente. Tale configurazione di valore si riferisce quindi all’apprezzamento che un qualsiasi soggetto razionale operante sul mercato senza vincoli e in condizioni di trasparenza informativa dovrebbe esprimere alla data di riferimento, in funzione dei benefici economici offerti dall’attività medesima e dei relativi rischi.
In particolare, il valore economico del capitale risulta tipicamente da una stima fatta a mezzo di previsioni di flussi di reddito, di apprezzamento di rischi e talora di quantità legate fra loro a mezzo di formule. La stima scaturisce da un complesso ragionamento che si sviluppa e si articola a vari livelli di ponderazione: da quello economico-finanziario a quello tecnico-giuridico nonché di tendenza in atto e futura degli scenari dell’ambiente in cui opera l’impresa.
Nella fattispecie, gli elementi che condizionano la scelta del metodo di valutazione sono l’ambito all’interno del quale l’azienda opera e le peculiarità proprie dell’azienda.
Dopo aver determinato il valore d’azienda occorre stimare il canone d’affitto equo a titolo di godimento del bene e di conseguenza la quota prezzo all’interno del canone. Le parti infatti possono concordare liberamente la periodicità (normalmente mensile) del pagamento del canone, il suo importo complessivo e la parte del canone che deve essere imputata a corrispettivo del trasferimento dell’azienda. Viceversa non è possibile imputare a prezzo l’intero importo del canone, né è possibile giungere, sostanzialmente, a tale risultato indicando un importo simbolico (un euro) quale corrispettivo del godimento, dovendo tale ipotesi essere considerata elusiva, con conseguente venir meno dell’efficacia decennale della trascrizione.
La componente relativa al prezzo viene determinata partendo dal valore del capitale intermedio - dato dal valore economico dell’azienda meno la quota versata in conto anticipo e meno il valore finale - e considerando la durata del contratto e il numero di canoni annuali.
La quota a titolo di godimento del bene rappresentativa dell’onere che il concedente sostiene per i pagamenti dilazionati da parte del conduttore, deve quindi essere stimata prendendo a riferimento la configurazione adottata nell’affitto con riscatto, ovvero prevedendo una maggiorazione identificabile in una componente finanziaria come se il concedente fosse un istituto di credito. E non quindi considerando un tasso di “puro” godimento rappresentativo del capitale investito nell’azienda, dato ad esempio dalla somma tra un tasso risk free e un risk premium oppure dal costo del capitale medio ponderato (Wacc), poiché adottando tale approccio ci sarebbe una duplicazione del valore economico all’interno della quota prezzo e quota godimento.
Pertanto, la quota a titolo di godimento identificato come componente finanziaria è stabilita considerando oltre alla durata del contratto e al numero di canoni annuali, anche il valore del capitale residuo - pari alla differenza tra valore dell’azienda, quota versata in conto anticipo e canoni annuali - per il tasso di interesse implicito.
Al fine di comprendere la metodologia di calcolo e scomposizione del canone d’affitto, ipotizziamo che:
i) il valore economico dell’azienda oggetto del contratto rent to buy sia pari ad € 1.000 e che questo importo coincida con il prezzo stabilito dalle Parti in sede di transazione;
ii) la quota versata in conto anticipo a titolo di caparra sia pari al 25% del valore economico, ovvero € 250;
iii) la quota finale a titolo di riscatto sia pari al 50% del valore economico, ovvero € 500;
iv) la durata del contratto di affitto sia pari a 4 anni;
v) i canoni d’affitto previsti siano annuali;
vi) il tasso di interesse sia pari al 3%.
Assunto ciò, si passa alla definizione del piano di previsione dei canoni d’affitto, mediante la stima della componente prezzo e di quella finanziaria. La componente prezzo è determinata suddividendo il valore del capitale intermedio per la durata del contratto ed è risultata pari a € 63/annui. L’onere finanziario è stimato prendendo a riferimento per l’intero orizzonte temporale il valore del capitale residuo e il tasso di interesse. Di conseguenza, il canone d’affitto annuale risulta pari alla somma di queste due componenti, come si evince dalla Tavola 2.
Tavola 1 – Dati per stima canone d’affitto
Input |
|
Valore economico |
1.000 |
Quota versata in conto anticipo |
250 |
Quota finale |
500 |
Numero di canoni annuali |
1 |
Durata del contratto |
4 |
Tasso interesse |
3% |
Tavola 2 – Determinazione del canone d’affitto
Calcoli |
|
|
|
|
|
Valore capitale intermedio |
250 |
|
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|
Valore capitale residuo |
750 |
|
|
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|
Prezzi costanti |
Anno 1 |
Anno 2 |
Anno 3 |
Anno 4 |
Anno 5 |
Componente prezzo |
63 |
63 |
63 |
63 |
|
Valore capitale residuo |
750 |
688 |
625 |
563 |
500 |
Componente finanziaria |
23 |
21 |
19 |
17 |
|
Canone d’affitto |
85 |
83 |
81 |
79 |
|
La determinazione del risarcimento in caso di risoluzione del contratto
Uno dei principali problemi del rent to buy d’azienda è legato alla scelta del conduttore di non esercitare la facoltà di acquistare l’azienda oppure di interrompere il versamento dei canoni (per un importo non inferiore a 1/20 dell’ammontare complessivo), comportando così la risoluzione del contratto. In questo caso, il concedente ha diritto alla restituzione dell’azienda e, se il contratto non prevede diversamente, a trattenere la quota del canone versata a titolo di anticipo sul prezzo di vendita. Tuttavia, il pregiudizio che subisce il concedente può essere elevato, in quanto pur essendo previsto che al mancato esercizio della facoltà di acquisto del conduttore, ovvero alla risoluzione del contratto, debba seguire l’immediata riconsegna dell’azienda, non è detto che ciò accada in tempi brevi e in forma concertata.
Da considerare poi che l’azienda durante il periodo di affitto può aver risentito delle eventuali inefficienze gestionali e strategiche del conduttore che possono aver provocato una contrazione del fatturato, un incremento dei costi e/o una riduzione della marginalità, oltre ad una perdita di immagine e di reputazione da parte della clientela. Un danno dunque che spesso non trova neppure compensazione con i canoni percepiti e che rende ancora più difficoltosa la prosecuzione dell’attività e il reperimento di un nuovo acquirente, se non si interviene effettuando i necessari investimenti per risanare la gestione aziendale.
È indispensabile allora prevedere apposite clausole nel contratto al fine di limitare il danno, pattuendo magari solo una parziale restituzione degli acconti sul prezzo versati, pretendendo il versamento di una somma a titolo di caparra confirmatoria che il concedente è legittimato a trattenere in aggiunta ai canoni versatigli nel caso di mancato esercizio del diritto all’acquisto ovvero quale ristoro forfettario del pregiudizio subito in caso di risoluzione per inadempimento, salva dimostrazione di un maggior danno, oppure introducendo penali o forme risarcitorie anche forfetizzate. Ad esempio, il contratto può prevedere la determinazione del risarcimento del danno attraverso la stima del lucro cessante e danno emergente.
Il lucro cessante attiene alla mancata “ricchezza futura non conseguibile” per causa del comportamento dannoso tenuto dal conduttore, ovvero dal mancato guadagno derivante dalla risoluzione contrattuale. Tale danno può essere stimato in base all’utile che il concedente avrebbe conseguito se avesse continuato a gestire l’impresa, pari alla differenza tra ricavi cessanti e costi cessanti. Per ricavi cessanti si intende i minori ricavi ottenuti dall’attività d’impresa al momento della restituzione rispetto a quelli che si sarebbero avuti senza il rapporto con il conduttore. Per costi cessanti si intende i minori costi che si sostengono a seguito del minor volume di attività e quindi sostanzialmente il differenziale dei costi variabili sostenuti sempre rispetto allo status figurativo. Tra i costi cessanti vanno considerati anche i minori oneri fiscali, ossia il risparmio fiscale sulla differenza tra ricavi cessanti e costi cessanti.
Il lucro cessante di solito non include la perdita di chance, cioè la perdita di opportunità dovuta alla impossibilità di negoziare l’azienda con terze parti al momento della stipula del contratto o durante la sua esecuzione, ovvero di continuare a condurre l’azienda ottenendo contratti, ordinativi di carattere addizionale rispetto alla serie storica considerata per il lucro cessante.
Il danno emergente si riferisce alla spese vive inutilmente sostenute dal concedente per la stipula e risoluzione del contratto, ovvero: i) le spese inutilmente sopportate nel corso delle trattative svolte in vista della conclusione del contratto, ivi comprese le spese per la consulenza e l’assistenza legale; ii) le spese sostenute per la preparazione dell’esecuzione del contratto; iii) le spese legali e giudiziali per la controversia insorta a seguito della risoluzione; iv) il mancato beneficio fiscale derivante dall’indeducibilità degli ammortamenti, che a meno di clausola espressa nel contratto, sono stati dedotti dal conduttore, calcolato applicando l’aliquota Ires ed Irap al valore dell’ammortamento. Inoltre, si potrebbe inserire una clausola specifica nel caso in cui il comportamento tenuto dal conduttore provochi una perdita di avviamento, in termini di immagine, rapporti con i clienti, etc.
Tuttavia, questa fattispecie può sovrapporsi con quanto stimato a proposito del lucro cessante, dal momento che le grandezze in gioco sono i differenziali di reddito dati dai ricavi e costi cessanti. Per escludere possibili duplicazioni è dunque consigliabile ricorrere ad una stima principale comprensiva di lucro cessante, danno emergere ed eventuale perdita di chance, e solo in casi specifici, in cui è stata appurata la non duplicazione con tali componenti, aggiungere anche la stima autonoma della perdita di avviamento.
Aspetti contabili del rent to buy aziendale
Il rent to buy di azienda propone spunti di riflessione significativi anche in tema di aspetti contabili. Se non esiste una metodologia ad hoc per la rappresentazione dell’operazione in oggetto, essa può comunque essere ottenuta attraverso la combinazione di quanto avviene per l’affitto d’azienda e l’acconto da clienti. È infatti sufficiente esaminare i singoli momenti dell’operazione di rent to buy di azienda per comprenderne la natura ed ottenere una rappresentazione chiara all’interno della contabilità aziendale.
La rilevazione contabile viene trattata in conformità con la rappresentazione attuale delle immobilizzazioni materiali (Oic 16 e Oic 12 con riferimento all’appendice sui beni in leasing finanziario) ovvero con un non compiuta applicazione della prevalenza della sostanza sulla forma. Tuttavia è auspicabile che la sostanza economica del contratto possa avere un domani una rappresentazione prevalente rispetto alla forma e in tal senso, saranno da adeguare anche alcune delle registrazioni che presenteremo di seguito.
Di seguito saranno prese in considerazione sia le scritture del venditore che dell’acquirente, ipotizzando che il prezzo fissato per l’acquisto sia di euro 100 e l’acconto iniziale di euro 26. Il promittente acquirente verserà 24 canoni mensili di euro 3, di cui euro 1 in conto prezzo ed euro 2 in conto utilizzo dell’azienda. Il prezzo dell’opzione di acquisto sarà quindi di 50. Sarà inoltre prevista una penale pari alla metà del prezzo versato in caso di mancato esercizio dell’opzione di acquisto.
1. Corresponsione del primo acconto dall’acquirente al venditore
In questa fase il promittente acquirente versa un acconto di 26 al promittente venditore. Si noti come, al termine delle scritture, il primo rileva in bilancio un credito per l’acconto versato e una diminuzione di cassa, mentre il secondo specularmente rileverà un debito per l’acconto ricevuto e un aumento di cassa.
Scritture dell’acquirente |
Conto |
Dare |
Avere |
Acconto a rent-to-buyee |
26 |
|
Debiti v/rent-to-buyee |
|
26 |
Debiti v/rent-to-buyee |
26 |
|
Banca c/c |
|
26 |
Conto |
Dare |
Avere |
Crediti v/rent-to-buyer |
26 |
|
Acconto da rent-to-buyer |
|
26 |
Banca c/c |
26 |
|
Crediti v/rent-to-buyer |
|
26 |
2. Transizione dell’azienda dal venditore all’acquirente
È importante notare che, al momento della stipula del contratto e del versamento dell’acconto, si genera anche la transizione dell’azienda dal promittente venditore al promittente acquirente. Pertanto, in occasione di questa operazione è necessario che il venditore rilevi all’interno dei propri conti d’ordine, inseriti in Nota Integrativa, la presenza di beni di proprietà presso terzi. Viceversa, il promittente acquirente farà rilevare che si trovano presso di sé beni di terzi. Quanto sopra può essere semplicemente ricondotto all’operazione di locazione o anche di locazione finanziaria per analogia.
3. Pagamento dei canoni
In questa fase il promittente acquirente vedrà una parte del canone andare fra i costi ed un’altra parte ad incrementare il credito per acconti versati, vedendo ovviamente diminuire la liquidità. Viceversa il promittente acquirente indicherà una fonte di ricavo ed un incremento dei debiti per acconti ricevuti, notando un aumento della cassa.
Scritture dell’acquirente |
Conto |
Dare |
Avere |
Costo per rent-to-buy |
2 |
|
Acconto a rent-to-buyee |
1 |
|
Debiti v/rent-to-buyee |
|
3 |
Debiti v/rent-to-buyee |
3 |
|
Banca c/c |
|
3 |
Conto |
Dare |
Avere |
Ricavo per rent-to-buy |
|
2 |
Acconto a rent-to-buyee |
|
1 |
Crediti v/rent-to-buyer |
3 |
|
Banca c/c |
3 |
|
Crediti v/rent-to-buyer |
|
3 |
4. Esercizio dell’opzione di acquisto (versamento del prezzo finale)
In primis facciamo rilevare come, al termine dell’operazione, il promittente acquirente avrà pagato tutto il saldo prezzo pari a 100, rilevando tra i propri crediti degli acconti proprio per euro 100. Viceversa il promittente venditore avrà incassato tutto il prezzo pattuito, rilevando tra i propri debiti gli acconti ricevuti per euro 100.
Scritture dell’acquirente |
Conto |
Dare |
Avere |
Acconto a rent-to-buyee |
50 |
|
Debiti v/rent-to-buyee |
|
50 |
Debiti v/rent-to-buyee |
50 |
|
Banca c/c |
|
50 |
Conto |
Dare |
Avere |
Crediti v/rent-to-buyer |
50 |
|
Acconto da rent-to-buyer |
|
50 |
Banca c/c |
50 |
|
Crediti v/rent-to-buyer |
|
50 |
5. Esercizio dell’opzione di acquisto (perfezionamento del passaggio di proprietà)(8)
Con il perfezionamento del passaggio di proprietà avviene la transizione dell’azienda anche a livello contabile. L’acquirente diviene pertanto proprietario dei beni componenti l’azienda e vedrà annullarsi il proprio credito per acconti versati. Parimenti, il venditore perde la proprietà dei beni e vedrà annullarsi il debito per acconti ricevuti.
Scritture dell’acquirente |
Conto |
Dare |
Avere |
Azienda (macchinari, impianti, ecc.) |
100 |
|
Debiti v/rent-to-buyee |
|
100 |
Debiti v/rent-to-buyee |
100 |
|
Acconto a rent-to-buyee |
|
100 |
Conto |
Dare |
Avere |
Crediti v/rent-to-buyer |
100 |
|
Azienda (macchinari, impianti, ecc.) |
|
100 |
Acconti da rent-to-buyer |
100 |
|
Crediti v/rent-to-buyer |
|
100 |
In questa occasione, inoltre, sarà opportuno annullare le indicazioni presenti in Nota Integrativa nei conti d’ordine, sorte al punto 2.
6. Mancato esercizio dell’opzione di acquisto
In caso di mancato esercizio dell’opzione, il promittente acquirente assiste ad una parziale restituzione degli acconti per euro 25 (la metà di quanto versato come da ipotetico contratto) e ad una sopravvenienza passiva per la restante parte. Viceversa, il promittente venditore rileverà un parziale esborso di cassa per la restituzione degli acconti ed una sopravvenienza attiva per la penale del mancato esercizio dell’opzione di acquisto.
Scritture dell’acquirente |
Conto |
Dare |
Avere |
Crediti v/rent-to-buyee per mancata opzione |
25 |
|
Sopravvenienza passiva per mancata opzione |
25 |
|
Acconto a rent-to-buyee |
|
50 |
Banca c/c |
25 |
|
Crediti v/rent-to-buyee per mancata opzione |
|
25 |
Conto |
Dare |
Avere |
Acconti da rent-to-buyer |
50 |
|
Sopravvenienza attiva per mancata opzione |
|
25 |
Debiti v/rent-to-buyer per mancata opzione |
|
25 |
Debiti v/rent-to-buyer per mancata opzione |
25 |
|
Banca c/c |
|
25 |
Anche in questo caso, inoltre, sarà opportuno annullare le indicazioni presenti in Nota Integrativa nei conti d’ordine, sorte al punto 2.
Bibliografia
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A. CIRLA, «Rent to buy, contratto blindato», in Diritto, 02 marzo 2015.
P. FELCIOLONI, «Il contratto “rent to buy” - Sintesi e Approfondimento», in Ventiquattrore avvocato,
2015, 5.
V. GRIPPO, «Aspetti contabili legati al rent to buy», in Euroconference news, 28 febbraio 2015.
S. MARINO, «Rent to buy: nuovo strumento contrattuale per favorire la ripresa delle transazioni immobiliari», in Vita not., 2014.
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G. RIZZI, «Il contratto di godimento in funzione della successiva alienazione», in Federnotizie.it, 20 dicembre 2014.
S. SPINA, «Rent to buy, niente rimborso del registro versato in caso di mancato acquisto», in Eutekne, 19 settembre 2015.
P. TONALINI, «I contratti di rent to buy. Associazione nazionale costruttori edili di Pavia», Seminario del 3 marzo 2015.
(1) Art. 23 D.l. 133/2014 successivamente convertito in L. 164/2014.
(2) Circolare Agenzia delle entrate n. 4E del 19 febbraio 2015.
(3) A. C. NAZZARO, «Il rent to buy tra finanziamento e investimento», in Riv. dir. banc., 2015, 3.
(4) Si noti che il medesimo ragionamento è valido anche per immobili o per qualsivoglia altro bene.
(5) A. C. NAZZARO, op. cit.
(6) S. MARINO, «Rent to buy: nuovo strumento contrattuale per favorire la ripresa delle transazioni immobiliari», in Vita not., 2014.
(7) In effetti il soggetto venditore rimarrà sempre soggetto imprenditore, salvo il caso di rent to buy di unica azienda da parte di imprenditore individuale. In quest’ultimo caso, infatti, il soggetto venditore perderà la qualifica di imprenditore, in analogia a quanto avviene per l’istituto dell’affitto d’azienda. Sul punto si veda M. CONFALONIERI, op. cit.
(8) Si ipotizza assenza di plusvalenze e minusvalenze per semplicità.
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