Unione civile: costituzione e scioglimento
Unione civile: costituzione e scioglimento
di Michele Sesta
Ordinario di Diritto civile, Università di Bologna
Premessa
Dopo numerosi tentativi di legiferare non andati a buon fine, il Parlamento ha approvato la legge 20 maggio 2016, n. 76, recante “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”(1), provvedimento che è destinato a produrre un profondo mutamento nella struttura giuridica delle relazioni familiari, già notevolmente innovata a seguito della riforma della filiazione del 2012/2013. Le nuove disposizioni, in maniera complementare rispetto a quelle che hanno introdotto lo stato unico di figlio(2), intervengono sul rapporto di coppia, dando forma, accanto a quello fondato sul matrimonio, a due nuovi tipi legali: l’unione civile (art. 1, commi 1-35, L. n. 76/2016), indirizzata a coppie di persone maggiorenni dello stesso sesso, e le convivenze di persone maggiorenni di diverso o dello stesso sesso, unite stabilmente da legami affettivi e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile (art. 1, comma 36, L. n. 76/2016).
Un primo rilievo è che, mediante la nuova legge, il legislatore ha ampliato le opzioni istituzionali disponibili(3), specie per le coppie dello stesso sesso, che non ne avevano alcuna; ma anche, a ben vedere, per quelle eterosessuali, che ora possono modellare la loro relazione secondo differenti livelli di assunzione di reciproche responsabilità. Questo non significa ovviamente che i tre modelli legali siano da considerarsi nella sostanza indifferenziati ed equivalenti, posto che la disciplina di ciascuno di essi si presenta in concreto notevolmente distinta. Il che vale non solo per la convivenza, etero e omosessuale, la cui regolamentazione “leggera” nasce dal fatto che la libertà di stare assieme al di fuori dei lacci legali non può essere misconosciuta, ma anche per l’unione civile, il cui statuto, pur nato dalla costola di quello matrimoniale, si discosta notevolmente da esso. Ciò a cominciare dal nome stesso e dalla sua mancata collocazione nel codice civile, che risponde alla medesima - certamente discutibile - ratio per cui neppure il divorzio ivi abbia trovato sede, ed anzi neppure sia stato così chiamato dal legislatore, se non di sfuggita, come di recente accaduto nell’art. 6, L. 10 novembre 2014, n. 162.
Una chiosa sul nome dell’istituto, unione civile, che appare più esatto di unioni civili, forma plurale che compare nella rubrica della legge senza giustificazione, stante l’unicità della fattispecie sottesa. Unione civile è nome volutamente differenziato da quello dell’unione coniugale, il matrimonio, che reca in sé l’essenza originaria del vincolo, cioè la generazione. A ben vedere, tuttavia, l’attributo civile, riferito all’unione, grazie all’assonanza con l’espressione matrimonio civile, contribuisce a mettere in luce la natura della relazione, nonostante la genericità del sostantivo unione. Certamente, il risultato, sul piano lessicale, non è brillante: unione civile è espressione poco evocante e di sapore vagamente burocratico; meglio suona quella tedesca Lebenspartnerscfhaft, che porta il riferimento alla comunione di vita(4). Più in generale, può dirsi che le nuove figure legali evidenzino l’assenza di vocaboli capaci di identificarle in modo adeguato, con riguardo sia al nome degli istituti - come si è visto per l’unione civile e lo stesso vale per le convivenze regolate ai commi da 37 a 67 dell’art. 1, L. n. 76/2016 -, sia a quello dei soggetti che in dette comunanze di vita svolgono la loro personalità(5), asetticamente denominati, per l’unione civile, parti, con evidente richiamo alla terminologia contrattuale, anche se invero il vocabolo viene talvolta utilizzato per indicare i coniugi (cfr. art. 107 c.c.); e, per le convivenze, “conviventi di fatto”, così - contraddittoriamente - definiti dallo stesso legislatore che ne disciplina la relazione. Il che non meraviglia, visto che il lessico delle relazioni familiari - formatosi in un contesto in cui le nuove figure, tanto quelle relative alla coppia che ai legami di filiazione, non solo non erano politicamente corrette, ma anzi erano fortemente osteggiate dalla morale comune e dal diritto - usava parole oggi inattuali, non ancora adeguatamente sostituite(6).
In ogni caso, rispetto al recente passato, la disciplina dei rapporti familiari si è capovolta. Prima della riforma della filiazione vi era una pluralità di status filiationis - legittima, naturale riconosciuta, naturale non riconosciuta o non riconoscibile - ed un unico modello legale regolante la relazione di coppia, cioè il matrimonio; ora, il rapporto di filiazione si conforma ad un unico stato di figlio, mentre quello di coppia è divenuto plurale, potendo assumere le forme del matrimonio, dell’unione civile, delle - a loro volta multiformi - convivenze.
È corrente l’opinione che il nuovo diritto, cioè la richiamata legge, abbia inteso dare spazio, più spazio, ai sentimenti nella disciplina degli istituti familiari, e così facendo abbia voluto riconoscere dignità a tutte le relazioni affettive(7). A ben vedere, il tema della rilevanza dei sentimenti nei vincoli familiari e specie coniugali è carico di ambiguità(8). Per secoli i sentimenti, che oggi consideriamo costituire la base “naturale” delle relazioni coniugali e genitoriali, sono stati sostanzialmente ignorati dal diritto di famiglia; solo la riforma del 1975 e, qualche anno prima, la legge introduttiva del divorzio e quella sull’adozione speciale avevano attribuito valenza giuridica a profili propriamente affettivi, mentre, in precedenza, la famiglia era regolata come istituzione portatrice di interessi propri e superiori a quelli dei singoli membri che la componevano. Di qui regole severe, quali l’indissolubilità del matrimonio, la sostanziale irrilevanza dell’errore nel matrimonio, la separazione per colpa, la condizione deteriore dei figli c.d. illegittimi e così via(9).
Venendo all’unione civile, che rappresenta la novità di maggior rilievo, evidentemente i titoli dei menzionati convegni(10 )intendono richiamare il fatto che questo istituto - non ritengo che l’unione civile possa essere definita quale “istituzione”, nel senso che Rescigno, sulle orme di Raiser, dà al termine(11), considerato che, come meglio si dirà nel prosieguo, il legame dei civilmente uniti è individuale e contrattuale(12 )- consente di dare spazio, nell’ambito dei rapporti familiari, a quei sentimenti che legano persone dello stesso sesso, che fino ad ora non potevano ottenere un riconoscimento giuridico del loro legame.
L’unione civile quale strumento di tutela dei diritti inviolabili della persona omosessuale
Si è già molto discettato sulla natura dell’unione civile: da varie parti si è in qualche modo lamentato che la sua disciplina non coincida con quella del matrimonio, prospettandosi violazione del principio d’eguaglianza o del divieto di non discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale(13); mentre, secondo altro, opposto, orientamento, sarebbe censurabile proprio la sua sostanziale sovrapposizione al matrimonio, che consentirebbe di dubitare della compatibilità del nuovo istituto con l’art. 29 Cost.(14). Si è anche scritto che non sussista alcuna preclusione costituzionale ad estendere alle unioni omosessuali le regole del matrimonio(15).
Ad avviso di chi scrive, nessuna delle posizioni richiamate appare condivisibile, considerato che, come precisato dalla Corte costituzionale nelle note sentenze n. 138/2010(16 )e n. 170/2014(17), «la nozione di matrimonio presupposta dal Costituente […] è quella stessa definita dal codice civile del 1942, che stabiliva (e tuttora stabilisce) che i coniugi dovessero essere persone di sesso diverso»(18). L’unione tra persone dello stesso sesso è, dunque, «forma alternativa (e diversa) dal matrimonio»(19).
Occorre pertanto procedere all’analisi della relazione tra gli istituti del matrimonio e dell’unione civile, che può prendere le mosse dall’art. 1, comma 1, della novella, che «istituisce l’unione civile tra persone dello stesso sesso quale specifica formazione sociale ai sensi degli articoli 2 e 3 della Costituzione».
È stata messa in luce l’ambiguità di questa previsione(20), che conferisce la qualifica in questione solo all’unione civile e non alle convivenze, disciplinate dai commi 36-65 dell’art. 1 della L. n. 76/2016, le quali peraltro già l’hanno conseguita da almeno quarant’anni ad opera della giurisprudenza, che, più di recente, l’ha estesa anche alla convivenza tra persone omosessuali(21). Probabilmente il legislatore ha così voluto enfatizzare - sul piano politico - il risultato che si apprestava a conseguire, non rendendosi conto che ciò, in ultima analisi, finiva per sminuire la realtà della coppia omosessuale, quasi si trattasse di una creazione del potere legislativo piuttosto che di una forma di comunanza di vita che si rinviene nell’esperienza sociale(22). Meglio sarebbe stato che il legislatore, anziché istituire l’unione civile, si fosse limitato a regolarla, conformemente del resto a quanto enunciato nella rubrica.
Non v’è dubbio, in ogni caso, che il richiamo agli artt. 2 e 3 Cost. da parte del legislatore che istituisce l’unione civile sia significativo ed assuma una notevole valenza euristica. In prima approssimazione, è necessario sottolineare che, nella citata disposizione di apertura, non sia richiamato l’art. 29 Cost., il che già consente di ritenere che questa nuova, specifica - come lo stesso legislatore non manca di sottolineare - formazione sociale non si sovrapponga alla famiglia matrimoniale, e che, quindi, nella stessa intenzione del legislatore matrimonio e unione civile sono, in linea di principio, differenti. È interessante, poi, mettere a confronto il diverso linguaggio dell’art. 29 Cost. rispetto a quello dell’art. 1, comma 1, L. n. 76/2016: l’odierno legislatore “istituisce”, cioè crea, l’unione civile, che dunque si appalesa istituto del diritto positivo, nato per volontà legislativa, che non partecipa della natura che la Costituzione “riconosce” ai diritti della famiglia matrimoniale(23). Valgano, al riguardo, le considerazioni di un acuto studioso che, con riferimento alla famiglia (eterosessuale) di fatto, ha messo in luce come «la famiglia fondata sul matrimonio costituisce il nucleo della tutela costituzionale, che riguarda non solo i diritti dei singoli componenti ma anche l’istituzione familiare in sé e per sé; la famiglia che non trae origine dal matrimonio, invece, riceve tutela al pari di qualsiasi forma sociale (una tutela indiretta, quindi), nell’ambito della quale, però, la protezione dei singoli e dei diritti dei componenti riceve un rilievo pieno e privilegiato rispetto al consorzio»(24).
Quanto precede vale anche, e più ancora, per l’unione civile, che dunque può dirsi sia stata istituita per apprestare specifica tutela ai diritti inviolabili delle persone omosessuali(25), e non alla “istituzione” in sé, come invece accade per quella familiare. In breve, può dirsi che dallo stesso art. 1, comma 1 della legge possa desumersi che l’unione civile si collochi su un piano diverso da quello proprio della famiglia dell’art. 29 Cost. e che si tratti di entità non omogenee. Sotto tale profilo appare più ambiguo, e forse inopportuno, il richiamo all’art. 3 Cost., che, se da un lato - sempre in chiave politica - sembra voler rimarcare la “pari opportunità” che la legge attribuisce alle persone omosessuali, dall’altro, inevitabilmente, pone il dubbio - invero da più parti affacciato, ma, a parere di chi scrive, infondato - che l’unione civile rechi in sé una irragionevole deminutio e che il principio d’eguaglianza finisca per esigere l’apertura del matrimonio anche a persone dello stesso sesso.
Unione civile e matrimonio a confronto
La differenza tra unione civile e matrimonio - ricavabile, come si è detto, sin dalla disposizione di apertura della nuova legge - trova conferma nell’analisi della specifica disciplina contenuta ai commi 2-33 dell’art. 1, L. n. 76/2016(26).
Al proposito occorre considerare preliminarmente che l’art. 1, comma 20, della L. n. 76/2016, da un lato, espressamente stabilisce che le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e quelle contenenti la parola coniuge o un termine equivalente si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile, ma, dall’altro, precisa che detto principio vale con riferimento a tutte le leggi e agli atti aventi forza di legge ma non alle norme del codice civile non richiamate espressamente dalla legge n. 76/2016, nonché a quelle della legge sull’adozione(27). Il che conferma, sotto altro riguardo, che l’unione civile non è sovrapponibile al matrimonio, specie dal punto di vista della filiazione e dell’adozione, le cui disposizioni - come precisato nella parte finale del predetto comma 20 - «restano ferme»; ciò che - sembra a chi scrive, ma la questione è stata autorevolmente decisa in senso contrario(28 )- comporta che la coppia omosessuale non sia ammessa all’adozione neppure nei casi particolari di cui all’art 44, L. n. 184/1983.
Venendo nello specifico alla disciplina dell’unione civile, sempre allo scopo di ricostruirne la natura, può brevemente osservarsi quanto segue.
In primo luogo, la legge non menziona, né direttamente né indirettamente, le disposizioni relative alla affinità (art. 78 c.c.), cioè il vincolo tra un coniuge e i parenti dell’altro coniuge, pur richiamando (al comma 19 dell’art. 1) il titolo XIII del libro primo e, quindi, anche gli artt. 433, nn. 4 e 5, e 434 c.c. in tema di obblighi alimentari, che contemplano tra gli obbligati i suoceri, il genero e la nuora. Pare quindi che nessun vincolo giuridico venga a crearsi tra una parte dell’unione e i parenti dell’altra parte(29 )e che il richiamo agli obblighi alimentari tra affini, che pur è stato effettuato, sia privo di effetti in quanto il relativo vincolo non può sorgere tra parte dell’unione e parenti dell’altra parte, stante appunto il mancato richiamo dell’art. 78 c.c. e la generale previsione dell’art. 1, comma 20(30). Il dato è significativo, perché l’affinità, come i vincoli di parentela, che pure non vengono in rilievo a proposito dell’unione civile, è conseguenza della capacità espansiva del matrimonio(31), che non è invece attribuita all’unione, i cui effetti sostanzialmente riguardano solo i membri della coppia che la costituiscono. Ancora, la legge non richiama le disposizioni relative alla promessa di matrimonio, all’ammissione del minore al matrimonio, alle pubblicazioni, alle opposizioni, e, soprattutto, alla celebrazione (v. più diffusamente § “La costituzione dell’unione civile”). Sempre con riguardo all’unione, non sono menzionate neppure le disposizioni sanzionatorie di cui agli articoli 134 e ss. c.c., mentre le condizioni necessarie per costituirla sono previste al comma 4, che richiama anche l’articolo 87 e, in qualche modo, gli articoli 85, 86 e 88 c.c. (v. più ampiamente § “Le cause impeditive della costituzione dell’unione civile”).
Quanto ai diritti e doveri che nascono dall’unione civile, il comma 11 dell’art. 1, parafrasando l’art. 143 c.c., stabilisce che con la costituzione dell’unione civile le parti acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri; dall’unione civile deriva l’obbligo reciproco dell’assistenza morale e materiale e della coabitazione. Entrambe le parti dell’unione sono tenute, in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo - non o come nell’art 143 c.c., norma quest’ultima che sembra richiamare la tradizionale (ma nella prassi ampiamente superata) divisione dei compiti tra i coniugi - a contribuire ai “bisogni comuni”; mentre il comma 12 (che richiama l’art. 144 c.c.) soggiunge che le parti concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare e fissano la loro residenza comune; a ciascuna di esse spetta il potere di attuare l’indirizzo concordato. Comparando le richiamate disposizioni con quelle corrispondenti dettate dal codice in materia di matrimonio, emerge la sostituzione delle parole “bisogni della famiglia” - cui i coniugi sono chiamati a far fronte ai sensi dell’art. 143 c.c. - con quelle “bisogni comuni”, cioè delle parti dell’unione civile.
È altresì da rilevarsi che è invece espressamente previsto che le parti concordino tra loro “l’indirizzo della vita familiare”, il che, ancorché sia forse frutto di un lapsus del legislatore, vale a confermare che l’unione civile dà vita ad un consorzio familiare, rientrante nell’orbita degli artt. 8 Cedu e 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Tuttavia, la stessa disposizione del comma 12 non riproduce le parole dell’art. 144 c.c., che impongono ai coniugi, nel concordare l’indirizzo della vita familiare, di tenere conto non solo delle esigenze di entrambi ma di quelle “preminenti della famiglia stessa”; omissione, questa, particolarmente significativa, perché evidenzia la ritrosia del legislatore a qualificare “famiglia” l’unione civile, e a considerarla alla stregua di una istituzione che trascende gli interessi dei singoli che la compongono, certamente anche in relazione al fatto che essa si riduce alla coppia e, almeno secondo l’impianto legislativo, non prevede la presenza di figli.
Merita una particolare sottolineatura il comma 10 dell’art. 1, che, con disposizione originale - che si discosta notevolmente dall’omologa previsione codicistica, la quale fa obbligo alla moglie di aggiungere al proprio il cognome del marito (art. 143-bis c.c.) -, dispone che le parti possono stabilire di assumere, per la durata dell’unione civile, un cognome comune, scegliendolo tra i loro cognomi, che potrà essere anteposto o posposto a quello della parte il cui cognome non sia stato scelto come comune.
Sempre con riferimento ai rapporti personali tra le parti dell’unione civile(32), resta la vistosa omissione dell’obbligo reciproco di fedeltà, questione sulla quale si è già molto discettato, e non da oggi: basti ricordare le inattuali, ed anzi oramai impronunciabili, parole che scriveva Thomas Mann novanta anni or sono a proposito dell’amore coniugale e di quello che, pur chiamandolo amore omosessuale(33), tuttavia egli definiva «l’esatto contrario della fedeltà». Dunque, la L. n. 76/2016 attribuisce al matrimonio il monopolio della fedeltà, come lo ha efficacemente definito un attento studioso(34), che osserva esattamente come il mancato richiamo della fedeltà tra i doveri dei civilmente uniti sia anche coerente con la disciplina dello scioglimento dell’unione, che non conosce la separazione, e quindi non prevede l’addebito (che è sanzione tipica dell’infedeltà coniugale). Lo stesso autore osserva che la fedeltà, «benché cancellata dai doveri tra partner, … tende a riaffiorare negli interstizi di altre disposizioni», e cita al riguardo gli artt. 119, 120 e 123 c.c. (richiamati dal comma 5), nonché alcune disposizioni in materia di divorzio, e soprattutto l’enunciazione del principio monogamico «che è il fattore di massima assimilazione tra vecchio matrimonio e nuove famiglie», che riflette un’idea dell’amore coniugale esclusivo e fedele. Non v’è dubbio che le disposizioni dei commi 4, lett. a) - che qualifica come causa impeditiva per la costituzione dell’unione civile la sussistenza per una delle parti di un vincolo matrimoniale o di un’unione civile -, 32 - che ha modificato l’art. 86 del codice civile qualificando come ostativi alla libertà di stato non solo il vincolo matrimoniale, ma anche quello discendente da un’unione civile -, 36 - che qualifica conviventi di fatto due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile -, ed il infine il comma 59, lett. c) - alla cui stregua il contratto di convivenza si risolve per matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente ed altra persona - testimoniano che sia l’unione civile che la convivenza rechino seco l’idea di un rapporto di coppia analogo, sotto questo riguardo, a quello matrimoniale, che è infatti con esse in vario modo incompatibile.
Occorre anche considerare che il tema della fedeltà è tradizionalmente legato alla presunzione di paternità di cui all’art. 231 c.c., che nell’unione civile non viene in rilievo. A ben vedere, il tema della fedeltà, in ultima analisi, porta con sé quello della rilevanza della relazione sessuale nell’ambito dell’unione civile, che il legislatore sembra voler tenere in disparte, tanto è vero che non richiama al comma 5, né ripropone al comma 7, l’errore sulle anomalie o deviazioni sessuali cui fa riferimento l’art. 122, comma 3, n. 1, c.c.; né l’inconsumazione quale causa di scioglimento dell’unione, anch’essa non riproposta dal comma 23, che non richiama l’art. 3, n. 2, lett. f), L. div.(35). Il che fa dubitare che l’unione civile comporti, dal punto di vista del diritto, l’unione sessuale. Quanto si è rilevato in ordine all’ambiguità legislativa relativamente alla vita sessuale dei civilmente uniti non toglie che, nel concreto atteggiarsi del rapporto, i partners possano conformarsi spontaneamente al canone della fedeltà, secondo un paradigma analogo a quello dell’obbligazione naturale.
Un profilo in cui lo statuto dell’unione civile si discosta notevolmente dalla disciplina dettata per il matrimonio è quello relativo allo scioglimento, poiché non solo la legge non richiama la separazione legale tra coniugi(36), ma introduce la possibilità di addivenire direttamente allo scioglimento, giusta quanto previsto dai commi 22, 23, 24 e 25 dell’art. 1. Per di più - il che costituisce una specifica peculiarità rispetto al matrimonio - l’unione civile può sciogliersi anche per mera volontà di una sola delle parti, manifestata dinanzi all’ufficiale dello stato civile (v. più ampiamente § “Lo scioglimento dell’unione civile”).
Con riferimento, invece, ai rapporti patrimoniali tra gli uniti civilmente, l’art. 1, comma 13, L. n. 76/2016 rinvia integralmente alle norme codicistiche che governano quelli tra coniugi(37 )e lo stesso accade per i diritti successori (art. 1, comma 21)(38).
In sintesi, alla luce di quanto precede, le differenziazioni tra matrimonio e unione civile sono numerose e assai rilevanti; il che, ad avviso di chi scrive, appare giustificato dall’ontologica distinzione tra le due fattispecie, dipendente proprio dall’identità di sesso che contraddistingue le parti dell’unione e che esclude la loro fecondità(39). Diversità ontologica che, coerentemente, ha portato il legislatore all’istituzione di una nuova formazione sociale, ricompresa nell’art. 2 Cost. e distinta da quella propriamente familiare “riconosciuta” nell’art. 29 Cost. È prevedibile tuttavia che la scelta legislativa di istituire l’unione civile quale speciale formazione sociale - proprio in quanto enfatizza le differenze tra coppia matrimoniale e coppia civilmente unita - verrà prima o poi messa in dubbio nella sua legittimità costituzionale, prospettandosi una discriminazione sotto il profilo dell’orientamento sessuale(40). La questione, dunque, è tutt’altro che definitivamente risolta.
Le cause impeditive della costituzione dell’unione civile
I requisiti soggettivi per contrarre validamente unione civile sono disciplinati dall’art. 1, comma 4, della legge e sono: la libertà di stato (quale assenza, per ciascuna delle parti, di vincolo matrimoniale o di unione civile); la sanità di mente (quale assenza di interdizione o comunque di uno stato di incapacità naturale); la mancanza di rapporti di parentela, affinità, o adozione tra le parti; l’assenza di condanne per omicidio consumato o tentato nei confronti di chi sia coniugato o unito civilmente con l’altra parte(41). La disposizione va integrata con gli ulteriori due presupposti richiesti dal comma 2 dell’art. 1, e cioè l’identità di sesso tra le parti, nonché la maggiore età. A ciò si aggiunge il regime delle invalidità per vizi del consenso - violenza, timore di eccezionale gravità, errore sull’identità della persona o su qualità personali dell’altra parte - disciplinato al comma 7.
È immediatamente evidente come la disciplina degli impedimenti - sia per mancanza dei presupposti soggettivi, sia per vizi del consenso - ricalchi quella codicistica dettata per il matrimonio(42): invero, gli artt. 84 e ss. c.c., ancorché non formalmente richiamati in seno alla legge, sono comunque sostanzialmente riprodotti entro i commi 4 e 7 dell’art. 1 della legge. Anche il regime delle conseguenti invalidità (art. 1, commi 5, 6, 7, 8) è pressoché il medesimo, in questo caso in forza di un rinvio formale alle norme matrimoniali (artt. 65, 68, 119, 120, 123, 125, 126, 127, 128, 129 e 129-bis c.c.) nel corpo del comma 5.
Residuano, però, talune differenze. In primo luogo - qui limitandoci a rilevare le più significative - l’impedimento rappresentato dalla minore età di una o di entrambe le parti non sembrerebbe poter essere superato tramite autorizzazione giudiziale, come invece è a dirsi con riguardo al matrimonio, al quale il minorenne dai sedici anni in su può essere autorizzato da parte del tribunale in presenza di «gravi motivi» ed accertata la sua «maturità psico-fisica e la fondatezza delle ragioni addotte» (art. 84, comma 2, c.c.). La norma codicistica non è, invero, richiamata dalla L. 76/2016, né il suo contenuto sostanzialmente riprodotto, sì che, stando alla preclusione dell’art. 1, comma 20 (parte finale), la stessa non può ritenersi operante(43). Ferma l’inderogabilità dell’impedimento, rimane peraltro incertezza sulle conseguenze della sua violazione, atteso che la legge, pur richiedendo il requisito della maggiore età (comma 2), omette di menzionarne espressamente la mancanza tra le cause impeditive (comma 4) che ne comportano la “nullità” ai sensi del comma 5, e soprattutto, entro il medesimo comma 5, manca di richiamare - tra le norme sulle invalidità matrimoniali cui fa espresso rinvio - l’art. 117, comma 2, c.c. Stante l’inapplicabilità della norma codicistica ai sensi del comma 20(44), sembrerebbe in ogni caso doversi opinare che alla minore età di uno o entrambi i contraenti debba applicarsi lo statuto - generale - delle invalidità di cui al comma 6, con conseguente legittimazione attiva pressoché generalizzata ed alcuna possibilità di sanatoria(45).
Ma senz’altro la più vistosa divergenza riguarda i casi di “errore essenziale” che non comprendono - ai sensi dell’art. 1, comma 7, L. 76/2016, che omette dal richiamo i nn. 1) e 5) dell’art. 122, comma 3, c.c. - le anomalie o deviazioni sessuali, nonché lo stato di gravidanza. Per quanto riguarda lo stato di gravidanza, va da sé che tale circostanza non possa verificarsi nelle coppie formate da due uomini. Diversamente, nel caso di unione tra due donne, potrebbe darsi che l’una sia all’oscuro dello stato di gravidanza dell’altra. Per quanto riguarda, invece, la mancata considerazione delle «anomalie o deviazioni sessuali», è noto che, secondo l’opinione tradizionale, le più frequenti esemplificazioni fanno riferimento all’omosessualità ed al transessualismo(46). Il che potrebbe spiegare le ragioni dell’omissione(47). In realtà - si afferma in dottrina - «non sono queste le uniche ‘anomalie’ o ‘deviazioni’ sessuali ipotizzabili (si pensi, ad esempio, alla pedofilia). Tali circostanze potrebbero acquistare rilievo in quanto ‘malattia fisica o psichica’, o, altrimenti in quanto determinanti l’‘identità’ del partner»(48).
La costituzione dell’unione civile
Venendo alla costituzione del vincolo, si è già anticipato che lo statuto dell’unione civile si discosta notevolmente dalla corrispondente disciplina dettata per il matrimonio, poiché la legge non richiama in alcun modo le disposizioni relative alla promessa di matrimonio, alle pubblicazioni, alle opposizioni e soprattutto alla celebrazione.
L’art. 1, comma 2, dispone, in maniera stringata, che due persone maggiorenni dello stesso sesso possono costituire unione civile mediante dichiarazione di fronte all’ufficiale di stato civile ed alla presenza di due testimoni.
Comparando questa disposizione con quelle del codice civile che regolano la celebrazione del matrimonio (artt. 97-113 c.c.) emergono significative differenze, a cominciare dal mancato ricorso alla parola «celebrazione», sostantivo, quest’ultimo, che reca con sé l’idea di un rito solenne, qual è nel comune sentire quello matrimoniale, e che il legislatore evita di usare all’art. 1, comma 2, ove, con linguaggio contrattuale, si legge che la costituzione avviene mediante dichiarazione di fronte all’ufficiale di stato civile ed alla presenza di due testimoni, senza peraltro che neppure sia precisato il contenuto di tale dichiarazione.
Inoltre, il comma 3, lungi dal riproporre la formula dell’art. 107 c.c., secondo la quale l’ufficiale dello stato civile dichiara che le parti «sono unite in matrimonio», si limita sbrigativamente a disporre che costui, senza evidentemente pronunciare alcuna consimile formula solenne, «provvede alla registrazione degli atti di unione civile tra persone dello stesso sesso nell’archivio dello stato civile»(49). Ancora, il mancato richiamo legislativo dell’art. 108 c.c. (“Inapponibilità di termini e condizioni”), e sua conseguente inapplicabilità ai sensi della preclusione del comma 20, parrebbe prima facie rendere ammissibile un’unione civile “a tempo”, ossia stipulata per una durata convenuta dalle parti. Ma a più attenta analisi la tesi non è percorribile, posto che - come esattamente osservato(50 )- «la incompatibilità ontologica di una eventuale delimitazione dell’efficacia - sotto il profilo temporale o funzionale - di un atto costitutivo di uno status così ricco di contenuti … osta alla valorizzazione della dimenticanza del legislatore, onde attribuire ad essa una portata conformativa dell’unione civile in contrapposizione al matrimonio»; pare dunque corretto ritenere - come già da altri evidenziato - si sia trattato di una “clamorosa svista”(51).
Altra questione è quella data dal mancato richiamo da parte della legge degli artt. 130 e ss. c.c. che, sia pur in casi eccezionali, consentono la prova della celebrazione del matrimonio tramite mezzi alternativi all’atto di stato civile(52); sì che stando al comma 20 della legge - che impedisce di fare applicazione delle norme matrimoniali non richiamate(53 )- l’atto di unione civile debitamente iscritto parrebbe rappresentare l’unico mezzo di prova di costituzione del vincolo - che, dunque, a rigore, non potrebbe essere provato, per es. nel caso in cui i registri siano andati smarriti o distrutti o l’atto per qualsiasi causa non sia stato registrato, con altri mezzi(54 )-.
L’attuazione della legge, e in particolare di un testo di legge lacunoso in ordine al momento costitutivo del vincolo, è stata affidata, dapprima, al D.P.C. 23 luglio 2016, n. 144 (infra, decreto “ponte”), recante la disciplina transitoria (in attuazione dell’art. 1, comma 34, della legge), e, a seguire, al D.lgs. 19 gennaio 2017, n. 5, che, in attuazione dell’art. 1, comma 28, lettere a) e c), della legge, ha adeguato alla disciplina dell’unione civile le disposizioni dell’ordinamento dello stato civile(55). Va peraltro precisato che il D.lgs. n. 5/2017 è stato successivamente completato dal decreto del Ministero dell’Interno 27 febbraio 2017 (accompagnato dalla Circolare ministeriale n. 3/2017), che, nell’operare le necessarie modifiche di coordinamento, ha - tra l’altro - approvato (mediante rinvio ad appositi Allegati) le formule per la redazione degli atti di stato civile in materia di unione tra persone dello stesso sesso(56). Nell’assetto definitivo di cui al D.lgs. n. 5/2017 viene previsto(57 )- per lo più recependo quanto già stabilito dal decreto “ponte”(58 )- che, al fine di costituire un’unione civile, due persone maggiorenni e dello stesso sesso ne facciano richiesta all’ufficiale dello stato civile di un comune da loro scelto, indicando nella medesima i dati anagrafici, la cittadinanza ed il luogo di residenza, nonché l’insussistenza delle cause impeditive alla costituzione dell’unione di cui all’articolo 1, comma 4, della legge (nuovo art. 70-bis, comma 1, D.P.R. n. 396/2000).
Entro trenta giorni dalla presentazione della richiesta, l’ufficiale di stato civile è tenuto a verificare l’esattezza delle dichiarazioni rese dalle parti, potendo altresì acquisire d’ufficio eventuali documenti che ritenga necessari per provare l’inesistenza di impedimenti (art. 70-bis, comma 2, e art. 70-ter D.P.R. n. 396/2000).
Se nella fase “istruttoria” non emergono cause ostative, sì che i richiedenti non vengano avvisati dell’esistenza di impedimenti a procedere - nel qual caso la procedura si arresterà (art. 70-ter, comma 2, D.P.R. n. 396/2000) -, gli stessi hanno l’onere di comparire innanzi all’ufficiale di stato civile, in un giorno da loro prescelto, entro i centottanta giorni successivi alla scadenza dei trenta giorni previsti per gli accertamenti od alla comunicazione dell’ufficiale di stato civile di aver ultimato prima la fase istruttoria (art. 70-ter, commi 1 e 4, D.P.R. n. 396/2000), per rendere personalmente e congiuntamente, alla presenza di due testimoni, la dichiarazione costitutiva dell’unione (art. 70-octies D.P.R. n. 396/2000)(59). Come si nota, manca qualsivoglia dichiarazione dell’ufficiale di stato civile, il quale “si limita” a ricevere la dichiarazione delle parti (art. 70-octies, comma 4, D.P.R. n. 396/2000). La manifestazione di volontà delle parti esaurisce, dunque, la fattispecie costitutiva dell’unione; il che lascia emergere la natura più squisitamente consensuale-negoziale dell’atto costitutivo dell’unione, come anche il linguaggio legislativo, tipicamente “contrattuale”, lascia intendere. Tuttavia, il D.m. 27 febbraio 2017 contenente le nuove formule ha previsto - all’Allegato n. 2 - che, a conclusione della procedura, l’ufficiale di stato civile «dichiar[i] che è costituita l’unione civile» tra le parti. È, però, di immediata evidenza «come una tale formula non abbia capacità di innovare il dato di legge, e sia ragionevolmente da intendersi quale mera formula ad pompam»(60).
Ricevuta la dichiarazione delle parti, l’ufficiale di stato civile è tenuto a far menzione - come già nel regime transitorio - del contenuto dei commi 11 e 12 dell’art. 1 della legge, compendianti lo statuto dei diritti e doveri nascenti dall’unione medesima.
A ciò segue la redazione dell’atto di stato civile (art. 70-octies, comma 4, D.P.R. n. 396/2000)(61), da leggersi agli intervenuti (art. 70-octies, comma 4, D.P.R. n. 396/2000; v. anche D.m. 27 febbraio 2017, Allegato n. 2) e, quindi, da iscriversi - ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge, come attuato dal D.lgs. n. 5/2017 - nel registro delle unioni civili, che si conferma - come già nel regime transitorio - registro autonomo da quello di matrimonio (nuovo art. 70-octies, comma 4, D.P.R. n. 396/2000; innovato testo dell’art. 14 R.D. 9 luglio 1939, n. 1238 e nuovo art. 134-bis R.D. n. 1238/1939)(62).
Infine, il comma 9 dell’art. 1 della legge(63 )- attuato senza modifiche(64 )dall’art. 70-quinquiesdecies D.P.R. n. 396/2000 - dispone che l’unione civile tra persone dello stesso sesso è certificata dal relativo documento attestante la costituzione dell’unione, che deve contenere i dati anagrafici delle parti, l’indicazione del loro regime patrimoniale, della loro residenza, nonché i dati anagrafici e la residenza dei testimoni.
Lo scioglimento dell’unione civile
Lo scioglimento dell’unione civile è regolato ai commi 22, 23, 24, 25 e 26 dell’articolo 1 della legge(65). Deve distinguersi tra cause automatiche, contemplate al comma 22, cioè la morte o la dichiarazione di morte presunta di una delle parti dell’unione, e cause su domanda di una o di entrambe le parti, previste dai commi 23 e 24.
Il comma 23 richiama le fattispecie enunciate dall’art. 3, n. 1 e n. 2, lettere a), c), d) ed e), della legge n. 898/1970 sul divorzio. Si tratta dei casi in cui una parte, dopo la costituzione dell’unione civile, sia stata condannata, con sentenza passata in giudicato, anche per fatti commessi in precedenza, alle pene previste dal richiamato art. 3. Un raffronto del comma 23 con il testo integrale dell’art. 3 della legge sul divorzio evidenzia che tra le cause di scioglimento dell’unione civile non sono ricomprese né l’ipotesi della separazione giudiziale o consensuale, che infatti non trova applicazione tra le parti dell’unione civile, né quella dell’inconsumazione dell’unione, mentre quella di rettificazione di sesso è regolata dal comma 26 dell’art. 1, il quale prevede che la relativa sentenza determina lo scioglimento dell’unione.
Occorre sottolineare che la vera peculiarità dello scioglimento dell’unione civile, che lo differenzia profondamente dal divorzio della coppia matrimoniale, è rappresentata dal disposto del comma 24, alla cui stregua l’unione civile viene meno quando le parti hanno manifestato, anche disgiuntamente, la volontà di scioglimento dinanzi all’ufficiale dello stato civile, dopo di che, decorsi tre mesi, può essere proposta la corrispondente domanda giudiziale avanti il tribunale competente o apposita procedura amministrativa di negoziazione assistita da un avvocato o di accordo di fronte all’ufficiale dello stato civile (commi 24-25). Trattasi, all’evidenza, di un’ipotesi di recesso, in forza della quale anche una sola parte dell’unione civile può ottenere la pronuncia di scioglimento. È chiaro che - come è stato esattamente osservato(66 )- la predetta disposizione assorbe e rende inutile quella, di cui già si è detto, contenuta al comma 23, cosicché, in definitiva, la mera volontà unilaterale di scioglimento dell’unione configura una nuova causa di divorzio, che riduce il compito del giudice - o quello dell’avvocato o dell’ufficiale di stato civile in caso di risoluzione stragiudiziale della crisi - ad un mero accertamento della volontà stessa, anche di una sola parte. Resta fermo che il tribunale, oltre che dichiarare con sentenza lo scioglimento dell’unione, dovrà poi adottare tutti i provvedimenti di cui agli artt. 5, commi 6, 7, 8; 8; 9; 9-bis; 10; 12-bis; 12-ter (disposizione che pare invero erroneamente menzionata in quanto riferita all’ipotesi dei figli comuni tra i divorziati che non può realizzarsi tra le parti di una unione civile); 12-quater; 12-quinques e 12-sexies L. n. 898/1970; articoli tutti richiamati dal comma 25 dell’art. 1, L. n. 76/2016. Ove invece - come pur lo stesso comma 25 consente - lo scioglimento venga attuato tramite negoziazione assistita da avvocati o in forza di accordi raggiunti davanti all’ufficiale dello stato civile, restano fermi i limiti previsti dagli artt. 6 e 12 del D.l. n. 132/2014, espressamente richiamati: sì che, per es., resta escluso che l’accordo di scioglimento possa avvenire di fronte agli ufficiali di stato civile in presenza di figli minori o di figli maggiorenni incapaci o economicamente non autosufficienti(67).
La disciplina di legge ha ricevuto attuazione, dapprima, tramite le disposizioni transitorie di cui al D.P.C. n. 144/2016(68), il cui art. 6 ha regolamentato: a) lo scioglimento per accordo delle parti concluso innanzi all’ufficiale di stato civile, ai sensi dell’art. 12 D.l. n. 132/2014 (conv., con modificazioni, dalla L. n. 162/2014) (art. 6, comma 1); b) lo scioglimento per accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita da avvocati, ai sensi dell’art. 6 del medesimo D.l. n. 132/2104 (art. 6, comma 2); c) lo scioglimento conseguente a manifestazione, anche disgiunta, della volontà di scioglimento dell’unione ai sensi dell’art. 1, comma 24, legge n. 76 del 2016 (art. 6, comma 4); d) lo scioglimento che abbia ad oggetto l’unione civile costituita a seguito di sentenza di rettificazione dell’attribuzione di sesso (art. 6, comma 3)(69). Ed infine per effetto del D.lgs. n. 5/2017, che, nel modificare il D.P.R. n. 396/2000 per adeguarlo (in via definitiva) al nuovo istituto dell’unione civile sul piano della tenuta dei registri dello stato civile, ha previsto - poi ulteriormente corredato dalle formule di cui al D.m. 27 febbraio 2017 -: 1) l’annotazione negli atti di nascita delle sentenze che pronunciano lo scioglimento dell’unione civile, ovvero degli accordi di scioglimento raggiunti a seguito di convenzione di negoziazione assistita ai sensi dell’art. 6 D.l. 132/2014 o conclusi innanzi all’ufficiale di stato civile ai sensi dell’art. 12 D.l. 132/2014 (innovato testo dell’art. 49 D.P.R. 396/2000, lettere g), g-bis), g-ter)); 2) l’iscrizione negli archivi di cui all’articolo 10 D.P.R. 396/2000 degli accordi di scioglimento dell’unione civile ricevuti dall’ufficiale dello stato civile o di modifica delle condizioni di scioglimento; ovvero della manifestazione congiunta di volontà di scioglimento dell’unione civile a norma dell’art. 1 comma 24 della legge, ovvero della manifestazione di volontà di scioglimento dell’unione civile di una sola parte a norma della medesima disposizione; ovvero la trascrizione degli accordi di scioglimento dell’unione civile, o di modifica delle condizioni dello scioglimento, raggiunti a seguito di convenzione di negoziazione assistita da un avvocato (innovato testo dell’art. 63, commi 1 e 2, D.P.R. 396/2000, lettere g-quater), g-quinquies), h-ter)); 3) l’annotazione negli atti di costituzione dell’unione civile della dichiarazione contenente la manifestazione di volontà di scioglimento dell’unione civile resa ai sensi dell’art. 1 comma 24 della L. 76/2016; delle sentenze di scioglimento dell’unione civile; degli accordi di scioglimento dell’unione civile raggiunti a seguito di convenzione di negoziazione assistita da avvocati nonché di quelli conclusi agli stessi fini innanzi all’ufficiale di stato civile (nuovo comma 1-bis dell’art. 69 D.P.R. 396/2000). È inoltre, in particolare, previsto - per ciò che qui più rileva - che la parte che intende sciogliere unilateralmente l’unione civile debba «comunica[rlo] all’altra parte mediante invio di lettera raccomandata con avviso di ricevimento alla residenza anagrafica o, in mancanza, all’ultimo indirizzo noto, ovvero con altra forma di comunicazione parimenti idonea» (art. 63, comma 1, lett. g-quinquies) D.P.R. 396/2000), prima - ed al fine di poter poi - presentarsi innanzi all’ufficiale di stato civile onde manifestare la propria volontà di scioglimento, comprovando documentalmente l’avvenuto invio di comunicazione all’altra parte(70).
(1) Sul nuovo istituto dell’unione civile si leggano - sia pur qui senza pretesa di esaustività - L. DELL’OSTA - G. SPADARO, Unioni civili e convivenze: tutte le novità, Milano, 2016; M. GORGONI (a cura di), Unioni civili e convivenze di fatto , Rimini, 2016 (con Introduzione di F.D. BUSNELLI), e ivi , per quello che qui più rileva, G. IORIO, Costituzione dell’unione civile, impedimenti e altre cause di nullità. Gli obblighi dei contraenti. Il regime patrimoniale. Lo scioglimento dell’unione civile , p. 69 e ss. V. ancora B. DE FILIPPIS, Unioni civili e contratti di convivenza , Milano, 2016; R. CALVIGIONI - L. PALMIERI - T. PIOLA, La nuova disciplina delle unioni civile e delle convivenze. Gli adempimenti di stato civile e anagrafe , Rimini, 2016; M. SESTA (a cura di), Codice dell’unione civile e delle convivenze , Milano, 2017, in corso di pubblicazione; G. DOSI, La nuova disciplina delle unioni civili e delle convivenze , Milano, 2016; G. CASABURI e I. GRIMALDI (a cura di), Unioni civili e convivenze , Pisa, 2016; E. CALÒ, Le unioni civili in Italia, Napoli, 2016; G. SAVI, L’unione civile tra persone dello stesso sesso, Perugia, 2016; AA.VV., La nuova regolamentazione delle unioni civili e delle convivenze, Torino, 2016, e ivi in particolare i contributi di R. CAMPIONE, L’unione civile tra disciplina dell’atto e regolamentazione dei rapporti di carattere personale, p. 1 e ss.; G. OBERTO, I rapporti patrimoniali nelle unioni civili e nelle convivenze di fatto, p. 30 e ss.; F. MECENATE, Unioni civili e convivenze. Successioni, forma e pubblicità, diritto internazionale privato, p. 133 e ss.; A. FIGONE, Lo scioglimento delle unioni civili e la risoluzione dei contratti di convivenza, p. 259 e ss. V. ancora P. SCHLESINGER, «La legge sulle unioni civili e la disciplina delle convivenze», in Fam. e dir., 2016, p. 845 e ss.; V. CARBONE, «Riconosciute le unioni civili tra persone dello stesso sesso e le convivenze di fatto», ibidem, p. 848 e ss.; M. TRIMARCHI, «Unioni civili e convivenze», ibidem, p. 859 e ss.; M. DOGLIOTTI, «Dal concubinato alle unioni civili e alle convivenze (o famiglie?) di fatto», ibidem, p. 868 e ss.; M. SESTA, «La disciplina dell’unione civile tra tutela dei diritti della persona e creazione di un nuovo modello familiare», ibidem, p. 881 e ss.; G. FERRANDO, «La disciplina dell’atto. Gli effetti: diritti e doveri», ibidem, p. 889 e ss.; M. ASTONE, «I regimi patrimoniali delle unioni civili nella legge n. 76/2016: opzioni legislative e principio di non discriminazione», ibidem , p. 902 e ss.; M.N. BUGETTI, «Il cognome comune delle persone unite civilmente», ibidem , p. 911 e ss.; A. ARCERI, «Unioni civili, convivenze, filiazione», ibidem , p. 958 e ss.; E. AL MUREDEN, «Le famiglie ricomposte tra matrimonio, unione civile e convivenze», ibidem , p. 966 e ss.; G. BONILINI, «La successione mortis causa della persona “unita civilmente”, e del convivente di fatto», ibidem, p. 980 e ss.; F. TOMMASEO, «Profili processuali della legge sulle unioni civili e le convivenze», ibidem, p. 991 e ss.; F. DANOVI, «L’intervento giudiziale nella crisi dell’unione civile e della convivenza di fatto», ibidem, p. 995 e ss.; L. BALESTRA, «Unioni civili, convivenze di fatto e “modello” matrimoniale: prime riflessioni», in Giur. it ., 2016, p. 1779 e ss.; ID., «Unioni civili e convivenze di fatto: brevi osservazioni in ordine sparso», in giustiziacivile. com, Editoriale del 20 aprile 2016; M. BIANCA, «Le unioni civili e il matrimonio: due modelli a confronto», in www.giudicedonna.it, 2016, 2; G. DE CRISTOFARO, «Le “unioni civili” fra coppie del medesimo sesso. Note critiche sulla disciplina contenuta nei commi 1°-34° dell’art. 1 della L. 20 maggio 2016, n. 76, integrata dal D.lgs. 19 gennaio 2017, n. 5», in Le nuove leggi civ. comm., 2017, p. 101 e ss.; T. AULETTA, «Disciplina delle unioni non fondate sul matrimonio: evoluzione o morte della famiglia?», ivi, 2016, p. 367 e ss.; S. TROIANO, «Unioni civili: in attesa dei decreti legislativi, uno sguardo al decreto “ponte” per la tenuta dei registri dello stato civile (Parte prima)», in Studium Iuris, 2016, p. 1265 e ss.; V. BARBA, «Unione civile e adozione», in Fam. e dir., 2017, p. 381 e ss.; E. QUADRI, «“Unioni civili tra persone dello stesso sesso” e “convivenze”: il non facile ruolo che la nuova legge affida all’interprete», in Corr. giur., 2016, p. 893 e ss.; L. PASCUCCI, «La costituzione del vincolo di unione civile tra norme di legge, disciplina transitoria e assetto definitivo della materia», in Le nuove leggi civ. comm., 2017, 2, p. 219 e ss.; EAD., «L’attuazione “definitiva” della legge sulle unioni civili. Prime riflessioni a margine del D.lgs. 19 gennaio 2017, n. 5», in Serv. dem., 2017, p. 7 e ss.; G. OBERTO, «I regimi patrimoniali delle unioni civili», in Giur. it., 2016, p. 1797 e ss.; R. FADDA, «Le unioni civili e il matrimonio: vincoli a confronto», in Nuova giur. civ. comm., 2016, p. 1386 e ss.; C. ROMANO, «Unioni civili e convivenze di fatto: una prima lettura del testo normativo», in Notariato, 2016, p. 333 e ss.; G. BALLARANI, «La legge sulle unioni civili e sulla disciplina delle convivenze di fatto. Una prima lettura critica», in Dir. succ. fam., 2016, p. 623 e ss.; G. CASABURI, «Le unioni civili tra persone dello stesso sesso nella L. 20 maggio 2016, n. 76», in Foro it., 2016, I, 1, c. 2246 e ss.; G. BUFFONE, «Celebrazioni previste solo in ambienti aperti al pubblico», in Guida dir., 2017, 17, p. 32 e ss.; ID., «Mappe esplicative della legge 76 del 2016», in www.altalex.com; M. FINOCCHIARO, «Una scelta che supera le raccomandazioni della Consulta», in Guida dir., 2017, n. 9, p. 39 e ss.; A. CANNIOTO, G. MACCARONE, «Unioni civili, cosa cambia per le aziende, riquadro Regole e conseguenze - Sigillo di garanzia», in Il Sole 24 Ore, 13 maggio 2016. V. altresì lo Speciale della Nuova giur. civ. comm., 2016, n. 12, pt. II, che riporta gli Atti del Convegno di Padova, 7-8 ottobre 2016, e, in particolare, con riguardo alle unioni civili, i contributi di: P. ZATTI, «Introduzione al Convegno», p. 1663 e ss.; G. AUTORINO, «Le unioni civili in Europa», p. 1667 e ss.; A. AMBROSI, «Unioni civili e Costituzione», p. 1676 e ss.; E. QUADRI, «Unioni civili: disciplina del rapporto», p. 1688 e ss.; E. Al MUREDEN, «Lo scioglimento dell’unione civile tra rapporto di coppia e ruolo del “genitore sociale”», p. 1699 e ss.; L. LENTI, «Unione civile, convivenza omosessuale e filiazione», p. 1707 e ss.; G. ALPA, «La legge sulle unioni civili e sulle convivenze. Qualche interrogativo di ordine esegetico», p. 1718 e ss.; G. FERRANDO, «Conclusioni», p. 1775 e ss.
(2) Sull’unicità dello stato di filiazione cfr. M. SESTA, Stato unico di filiazione e diritto ereditario, in Recte sapere, Studi in onore di Giuseppe Dalla Torre, III, Torino, 2014, p. 1647 e ss. (ed in Riv. dir. civ., 2014, p. 1 e ss.); ID., voce Filiazione (dir. civ.), in Enc. dir., Annali, VIII, Milano, 2015, p. 445 e ss.; ID. (a cura di), Codice della famiglia, III ed., Milano, 2015, passim; M. DOGLIOTTI, «La nuova filiazione fuori del matrimonio: molte luci e qualche ombra», in Fam. e dir., 2014, p. 480 e ss.; P. RESCIGNO, «La filiazione “riformata”: l’unicità dello “status”», in Giur. it., 2014, p. 1261 e ss.; M. BIANCA, L’unicità dello stato di figlio, in La riforma della filiazione, a cura di C.M. Bianca, Padova, 2015, p. 3 e ss.; EAD. (a cura di), Filiazione. Commento al decreto attuativo, Milano, 2014, passim; C. CAMARDI, «Diritti fondamentali e “status” della persona», in Riv. crit. dir. priv., 2015, p. 7 e ss.; G. CHIAPPETTA (a cura di), Lo stato unico di figlio, Napoli, 2014, passim; G. FERRANDO, «Stato unico di figlio e varietà dei modelli familiari», in Fam. e dir., 2015, p. 952 e ss. Sui rapporti genitori-figli nella crisi familiare cfr. M. SESTA, A. ARCERI, La responsabilità genitoriale e l’affidamento dei figli, in Tratt. dir. civ. e comm., già diretto da A. Cicu, F. Messineo, L. Mengoni, continuato da P. Schlesinger, Milano, 2016, passim.
(3) Cfr. G. ZANETTI, La coppia di fatto tra diritto e morale, in Elementi di etica pratica. Argomenti normativi e spazi del diritto , a cura di Id., Roma, 2003, p. 147; G. ZANETTI, M. SESTA, «La coppia di fatto tra morale e diritto. Opinioni a confronto», in Familia , 2004, p. 659 e ss.; M. SESTA, Le convivenze tra libertà, solidarietà e public policy , in Studi in onore di Cesare Massimo Bianca , II, Milano, 2006, p. 483 e ss.
(4) Cfr. S. PATTI, «Le unioni civili in Germania», in Fam. dir., 2015, p. 958 e ss.; A. RENDA, Il matrimonio civile. Una teoria neo-istituzionale, Milano, 2013, p. 240.
(5) Rileva P. BRUCKNER, Il matrimonio d’amore ha fallito?, Parma, 2011, p. 83, che ciò è indice della difficoltà di pensare a un legame fuori del contesto coniugale proprio mentre sembrano ripeterlo.
(6) Per i rapporti tra grammatica e cultura cfr. V. COLETTI, Grammatica dell’italiano adulto , Bologna, 2015, p. 79 e ss.
(7) È significativo che uno dei primi convegni tenutisi dopo l’approvazione della legge (Treviso, 20-21 maggio 2016) sia stato titolato “La legge dei sentimenti. Famiglia e nuovo diritto”, e che un successivo incontro (Bologna, 9 giugno 2016), a cura dell’AMI Emilia Romagna e della Scuola Superiore di Studi Giuridici dell’Università di Bologna, abbia fatto riferimento al superamento del «confine dell’amore».
(8) Si vedano le provocatorie tesi di P. BRUCKNER, op. cit., passim, secondo il quale le culture occidentali «hanno confuso la passione con le istituzioni».
(9) M. SESTA, Manuale di diritto di famiglia, VII ed., Padova, 2016, p. 1 e ss.
(10) V. nota 7.
(11) P. RESCIGNO, «Il diritto di famiglia a un ventennio dalla riforma», in Riv. dir. civ., 1988, I, p. 109, spec. p. 117: «con un linguaggio che mutua la parola “istituzione” non dalla terminologia tradizionale, dove sulla parola pesano ipoteche ideologiche che la rendono ambigua e pericolosa, ma dalle pagine di Ludwig Raiser che vede come istituzioni i momenti fondamentali della vita, quali il possesso, la promessa, il contratto, si vuol ribadire che, labili e precari anche quando si rivelano largamente diffusi e socialmente accettati, comunità e unioni extramatrimoniali sono istituti, mentre il matrimonio, pur contestato e ridimensionato e percorso da inquietudini, rimane l’istituzione».
(12) Cfr. A. DE BENOIST, I demoni del bene. Dal nuovo ordine morale all’ideologia del genere , Napoli, 2015, p. 162.
(13) Cfr., ad es., M. GATTUSO, «Cosa c’è nella legge sulle unioni civili: una prima guida», in http://www.articolo29. it/2016/, il cui pensiero è condiviso da G. OBERTO, I rapporti patrimoniali nelle unioni civili e nelle convivenze di fatto, cit., p. 31.
(14) Per una ricostruzione delle varie posizioni cfr. M. BELLETTI, «Le Unioni di persone dello stesso sesso in attesa di un intervento legislativo tra giurisprudenza costituzionale, dei giudici comuni e della Corte europea dei diritti dell’uomo», in Ephemerides iuris canonici, 2015, p. 426 e ss.; ID., «La sollecitazione del “fatto”. Nella conformazione delle unioni di persone dello stesso sesso», in Perc. cost., 2015, p. 193 e ss.
(15) M. SEGNI, «Unioni civili: non tiriamo in ballo la Costituzione», in Nuova giur. civ. comm., 2015, p. 707.
(16) Corte cost., 15 aprile 2010, n. 138, in Iustitia, 2010, p. 311, con nota di M. COSTANZA, «La Corte costituzionale e le unioni omosessuali», e in Giust. civ., 2010, I, p. 1294.
(17) Corte cost., 11 giugno 2014, n. 170, in www. giustiziacivile.com, Editoriale 19 giugno 2014, con nota di L. BALESTRA, «Sugli effetti della rettificazione dell’attribuzione di sesso sul matrimonio preesistente», e in Fam. e dir., 2014, p. 861, con nota di V. BARBA, «Artificialità del matrimonio e vincoli costituzionali: il caso del matrimonio omosessuale», e in Foro it., 2014, I, c. 2685, con nota di S. PATTI, «Il divorzio della persona transessuale: una sentenza di accoglimento che non risolve il problema».
(18) Corte cost., 11 giugno 2014, n. 170, cit., che richiama Corte cost. 138/2010.
(19) Corte cost., 11 giugno 2014, n. 170, cit. In argomento, cfr. A. RENDA, op. cit., p. 200 e ss.
(20) Cfr. L. BALESTRA, «Unioni civili e convivenze di fatto: brevi osservazioni in ordine sparso», cit., p. 4. Sulla portata del richiamo del legislatore agli artt. 2 e 3 Cost. si vedano M. SESTA, «La disciplina dell’unione civile tra tutela dei diritti della persona e creazione di un nuovo modello familiare», cit., p. 884; ID., «L’unione civile: una speciale formazione sociale d’istituzione legislativa?», in Lo Stato, 2016, p. 261 e ss.; G. DE CRISTOFARO, op. cit., p. 116 e ss.; A. MORRONE, Sub artt. 2-3 Cost., in Codice dell’unione civile e delle convivenze, cit.; P. SCHLESINGER, op. cit., p. 845 e ss.; V. CARBONE, op. cit., p. 848 e ss.; A. AMBROSI, op. cit., p. 1676 e ss. Su tale aspetto v. anche - tra i contributi pubblicati prima dell’entrata in vigore della nuova legge - M. TRIMARCHI, «Il disegno di legge sulle unioni civili e sulle convivenze: luci e ombre», in www. juscivile.it, 2016, 1; E. QUADRI, «Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze: osservazioni (solo) a futura memoria?», in www.giustiziacivile.com, 2016, 4; G. FERRANDO, «Le unioni civili: la situazione in Italia alla vigilia della riforma», in www.juscivile.it, 2016, 3; E. GIUSTI - F. VETTORI, «Famiglia di fatto ed unioni civili: verso un nuovo modello di famiglia», in www.giustiziacivile.com, 2016, 1; G. IORIO, «Il disegno di legge sulle “unioni civili” e sulle “convivenze di fatto”: appunti e proposte sui lavori in corso», in Nuove leggi civ. comm., 2015, p. 1014 e ss.; F. ROMEO - M.C. VENUTI, «Relazioni affettive non matrimoniali: riflessioni a margine del d.d.l. in materia di regolamentazione delle unioni civili e disciplina delle convivenze», ibidem, p. 971 e ss.
(21) Cfr. Cass., 21 aprile 2015, n. 8097, in Corr. giur., 2015, p. 1048, con nota di S. PATTI, «Divorzio della persona transessuale e protezione dell’unione “ancorché non più matrimoniale”»; Cass., 9 febbraio 2015, n. 2400, in Corr. giur., 2015, p. 915 e ss., con nota di G. FERRANDO, «Matrimonio same-sex: Corte di cassazione e giudici a confronto»; Cass., 15 marzo 2012, n. 4184, in Dir. fam., 2012, p. 696, e in Giur. it., 2012, p. 1669, con nota di E. CALEVI, «Unioni same sex: dall’inesistenza all’inidoneità a produrre effetti giuridici», e ancora ivi, 2013, p. 329 e ss., con nota di L. MAROTTI, «La tutela delle unioni omosessuali nel dialogo tra Corti interne e Corte europea dei diritti umani».
(22) Corte Cost., 15 aprile 2010, n. 138, cit.
(23) Più ampiamente cfr. A. RENDA, op. cit., p. 46; M. SESTA, Sub art. 29 Cost., in Codice della famiglia, cit., p. 81.
(24) A. MORRONE, Sub art. 2 Cost., in Codice della famiglia, cit ., p. 11.
(25) Sulla scia delle significative aperture in favore delle persone omosessuali che si erano già registrate nella giurisprudenza: cfr. Corte Cost., 15 aprile 2010, n. 138, cit ., e Corte cost., 11 giugno 2014, n. 170, cit .; nella giurisprudenza di legittimità v. le già richiamate Cass., 21 aprile 2015, n. 8097, Cass., 9 febbraio 2015, n. 2400 e Cass., 15 marzo 2012, n. 4184, nonché, con riferimento all’affidamento del figlio al genitore legato a partner dello stesso sesso, Cass., 11 gennaio 2013, n. 601, in Fam. e dir., 2013, p. 570, con nota (critica) di F. RUSCELLO, «Quando il pregiudizio ... è nella valutazione del pregiudizio! A proposito dell’affidamento della prole alla madre omosessuale». Significativa è, inoltre, la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, la quale ha ricondotto le convivenze omosessuali nell’alveo della nozione di «vita familiare» da tutelare ai sensi dell’art. 8 della Cedu (Corte eur. Dir. Uomo, sez. I, 24 giugno 2010, Schalk e Kopf c. Austria, in www.hudoc. echr.coe.int), anche in difetto di “coabitazione”, purché il rapporto abbia carattere di “stabilità” (Corte eur. Dir. Uomo, Grande camera, 7 novembre 2013, n. 29381, Vallianatos et al. c. Grecia, in Nuova giur. civ. comm., 2014, I, p. 703 e ss., con nota di P. PIRRONE, «La Corte eur. dir. uomo sul caso Vallianatos et autres c. Grèce: “patti di vita comune” e discriminazione basata sull’orientamento sessuale)», nonché, da ultimo, in un caso che ha visto coinvolto (e condannato) lo Stato italiano, riconosciuto l’esistenza di un’obbligazione positiva in capo all’Italia - ma verosimilmente a carico di tutti gli Stati firmatari della Convenzione che non prevedano né il matrimonio né altra forma di riconoscimento delle coppie omossessuali - di introdurre un regime legale per le unioni di persone dello stesso sesso, sia esso o meno “matrimonio” è questione lasciata al margine di apprezzamento degli Stati (Corte eur. Dir. Uomo, sez. IV, 21 luglio 2015, Oliari et al. c. Italia, in Fam. e dir., 2015, p. 1069, con nota di P. BRUNO, «Oliari contro Italia: la dottrina degli “obblighi positivi impliciti” al banco di prova delle unioni tra persone dello stesso sesso», e in Nuova giur. civ. comm., 2015, p. 575 e ss., con nota di L. LENTI, «Prime note in margine al caso Oliari c. Italia)». Non solo: la Corte ha altresì ricompreso nella nozione di «vita familiare» il legame verticale che si stabilisce tra il partner omosessuale ed i figli del convivente, aprendo la strada alle adozioni coparentali per le coppie dello stesso sesso, ossia all’adozione da parte del partner omosessuale dei figli dell’altro (cfr. Corte eur. Dir. Uomo, Grande camera, 19 febbraio 2013, X et al. c. Austria, in Giur. it., 2013, p. 1764 e ss., con nota di L. POLI, «Adozione co-parentale da parte di coppie omosessuali nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo: un progresso nella tutela delle famiglie omogenitoriali, con uno sguardo miope rispetto all’interesse superiore del minore», e in Nuova giur. civ. comm., 2013, p. 525 e ss., con nota di C. FATTA - M. WINKLER, «Le famiglie omogenitoriali all’esame della Corte di Strasburgo: il caso della “second-parent adoption”»).
(26) R. CAMPIONE, op. cit., p. 1 e ss.
(27) Sulla controversa portata dell’art. 1, comma 20, nella sistematica della legge cfr. F. FAROLFI, Sub art. 1, comma 20, L. 20 maggio 2016, n. 76 , in Codice dell’unione civile e delle convivenze , cit .; V. BARBA, «Unione civile e adozione», cit ., p. 381 e ss.; L. PASCUCCI, «La costituzione del vincolo di unione civile tra norme di legge, disciplina transitoria e assetto definitivo della materia», cit ., p. 232 e ss.
(28) Cass., 22 giugno 2016, n. 12962, in www.dejure.it, e in Ilfamiliarista.it, 22 giugno 2016, con nota di A. FIGONE, «La Cassazione dice sì alla stepchild adoption». E vedi già le aperture a favore della stepchild adoption registratesi nella giurisprudenza di merito: App. Torino, sez. min., 27 maggio 2016, in www.dejure.it, sulla scia di Trib. min. Roma, 30 luglio 2014, in Fam. e dir., 2015, p. 580 e ss., con nota di M.G. RUO, «A proposito di omogenitorialità adottiva e interesse del minore», confermata da App. Roma, 23 dicembre 2015, in Foro it., 2016, I, c. 699, e di Trib. min. Roma, 30 dicembre 2015, in Ilfamiliarista.it, 11 aprile 2016 (s.m.). V. anche App. Milano, 1° dicembre 2015, n. 2543, in Fam. e dir., 2016, p. 271, con nota di F. TOMMASEO, «Sul riconoscimento dell’adozione piena, avvenuta all’estero, del figlio del partner d’una coppia omosessuale»; App. Napoli 5 aprile 2016, in Ilfamiliarista. it, 11 aprile 2016; Trib. min Bologna, 10 novembre 2014, n. 4701, ord., in Nuova giur. civ. comm., 2015, p. 387, con nota di D. FERRARI, «I legami omogenitoriali formatisi all’estero all’esame del giudice delle leggi: come tutelare l’interesse del minore?», tutte relative a casi di riconoscibilità in Italia di provvedimenti stranieri aventi ad oggetto l’adozione di minori da parte del partner omosessuale di uno dei genitori biologici. Peraltro la citata ordinanza del Tribunale di Bologna ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 35 e 36 della L. n. 184/1983, «nella parte in cui - come interpretati secondo diritto vivente - non consentirebbero al giudice di valutare, nel caso concreto, se risponda all’interesse del minore adottato (all’estero) il riconoscimento della sentenza straniera che abbia pronunciato la sua adozione in favore del coniuge del genitore, a prescindere dal fatto che il matrimonio stesso abbia prodotto effetti in Italia (come per la fattispecie del matrimonio tra persone dello stesso sesso)». La Corte costituzionale (Corte Cost., 7 aprile 2016, n. 76, in Ilfamiliarista.it, 18 aprile 2016) ha dichiarato inammissibile la questione, affermando che la sentenza straniera di adozione del figlio del partner omosessuale è efficace nell’ordinamento giuridico italiano, ai sensi dell’art. 41, comma 1, L. n. 218 del 1995, salvo il rifiuto dell’ufficiale di stato civile, avverso il quale gli interessati possono proporre reclamo avanti la Corte d’appello. Sotto altro ma connesso profilo, significativo è Trib. Palermo, 13 aprile 2015, decr., in Giur. it., 2015, p. 1363, con nota di L. ATTADEMO, «L’interesse del minore a frequentare il genitore sociale omosessuale», chiamato a pronunciarsi sulla domanda avanzata da una ex convivente omosessuale che chiedeva applicarsi nei suoi riguardi l’art. 337-ter c.c. con riferimento al figlio concepito dalla partner attraverso tecniche di procreazione medicalmente assistita: invocando la necessità di garantire il superiore interesse del figlio, il Tribunale ha ritenuto di poter procedere ad una interpretazione evolutiva, ma a suo dire costituzionalmente e convenzionalmente conforme, dell’art. 337-ter, ricomprendendo nel suo campo di applicazione anche la figura del genitore sociale, nella specie omosessuale, avente instaurato con il figlio un legame familiare di fatto significativo e duraturo; il decreto è stato riformato da App. Palermo, 31 agosto 2015, in Corr. giur., 2015, p. 1558 e ss., con nota di S. VERONESI, «Genitore “sociale” e relazioni di fatto: riconosciuta la rilevanza dell’interesse del minore a mantenere un rapporto stabile e significativo con il convivente del genitore biologico». In generale, sul tema della c.d. omogenitorialità cfr., in dottrina, A. PALAZZO, Eros e jus, Milano-Udine, 2015, passim; C. CAMARDI, op. cit., p. 35; F. BILOTTA, «Omogenitorialità, adozione e affidamento famigliare», in Dir. fam., 2011, p. 1375 e ss.; G. MASTRANGELO, «L’affidamento, anche eterofamiliare, di minori ad omosessuali. Spunti per una riflessione a più voci», in Fam. e dir., 2014, p. 353 e ss.; G. PALMERI, La famiglia omosessuale. Linee di tendenza e prospettive, in Le relazioni affettive non matrimoniali, a cura di F. Romeo, Torino, 2014, p. 45 e ss.
(29) In argomento cfr. T. AULETTA, op. cit., p. 382-383, che osserva: «La scelta legislativa non convince perché non trova riscontro nella coscienza sociale secondo la quale, col formarsi della coppia, si realizza un ingresso a pieno titolo di ciascun membro nella famiglia dell’altro. Pertanto, come il coniuge diviene affine dei parenti dell’altro, non vi era ragione per precludere analogo effetto riguardo ai parenti del partner dell’unione civile, principio ormai espresso dall’art. 74 c.c. a proposito della parentela naturale».
(30) Contra , G. OBERTO, I rapporti patrimoniali nelle unioni civili e nelle convivenze di fatto , cit ., p. 53, il quale ritiene che in forza del predetto richiamo alle norme in materia alimentare troveranno applicazione anche gli obblighi previsti per suoceri, generi e nuore.
(31) A. RENDA, op. cit., p. 121, nt. 290, e p. 166 e ss.
(32) Su tali aspetti v. anche G. FERRANDO, «La disciplina dell’atto. Gli effetti: diritti e doveri», cit., p. 896 e ss.; R. CAMPIONE, op. cit., p. 9 e ss.; E. QUADRI, «Unioni civili: disciplina del rapporto», cit., p. 1693 e ss.; T. AULETTA, op. cit., p. 367 e ss.; M. BIANCA, «Le unioni civili e il matrimonio: due modelli a confronto», cit., p. 7 e ss.
(33) T. MANN, Sul matrimonio. Brindisi a Katia, Milano, 1993, p. 40.
(34) L. OLIVERO, «Unioni civili e presunta licenza di infedeltà», in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2017, p. 213 e ss.
(35) Sul punto cfr. A. FIGONE, Lo scioglimento delle unioni civili e la risoluzione dei contratti di convivenza, cit., p. 265.
(36) Ma vedi le considerazioni di G. OBERTO, I rapporti patrimoniali nelle unioni civili e nelle convivenze di fatto, cit., p. 54, che, argomentando da una serie di richiami, specie di norme processuali, conclude per l’applicabilità all’unione civile della separazione, tanto consensuale che contenziosa, alla quale le parti dell’unione civile potrebbero ricorrere «in relazione ad un periodo di crisi di gravità non tale da comportare una definitiva rottura del vincolo». Anche in questo caso, seguendo l’opinione di A. FIGONE, Lo scioglimento delle unioni civili e la risoluzione dei contratti di convivenza, cit., p. 263, che attribuisce i richiami valorizzati da Oberto ad “una svista”, dissentiamo dal pensiero dell’attento e acuto studioso, sempre riferendoci al tenore dell’art.1, comma 20, della legge, che non consente di dare ingresso all’istituto della separazione legale.
(37) Cfr. G. OBERTO, I rapporti patrimoniali nelle unioni civili e nelle convivenze di fatto, cit., p. 30. Su tali aspetti v. anche M. ASTONE, op. cit., p. 902 e ss.
(38) Cfr. G. BONILINI, op. cit., p. 980 e ss.; nonché F. MECENATE, op. cit., p. 133 e ss.
(39) Sul nesso tra matrimonio e procreazione cfr. A. RENDA, op. cit ., p. 211.
(40) Correttamente esclusa da L. BALESTRA, L’evoluzione del diritto di famiglia e le molteplici realtà affettive, in Tratt. dir. priv., diretto da M. Bessone, IV, Famiglia e matrimonio, a cura di T. Auletta, I, Torino, 2010, p. 22.
(41) Sulle cause impeditive e la correlativa disciplina delle invalidità v. anche G. IORIO, Costituzione dell’unione civile, impedimenti e altre cause di nullità. Gli obblighi dei contraenti. Il regime patrimoniale. Lo scioglimento dell’unione civile , cit ., p. 77 e ss.; T. AULETTA, op. cit. , p. 380-381; G. DE CRISTOFARO, op. cit. , p. 133 e ss.; G. FERRANDO, «La disciplina dell’atto. Gli effetti: diritti e doveri», cit., p. 896; M.S. ESPOSITO, Sub art. 1, comma 4, L. 20 maggio 2016, n. 76 , in Codice dell’unione civile e delle convivenze , cit .; A. FIGONE, Sub art. 1, commi 5-8, L. 20 maggio 2016, n. 76 , ibidem .
(42) T. AULETTA, op. cit., p. 380-381, che rileva: «identiche sono […] le cause che ne impediscono la costituzione (ad eccezione del divieto temporaneo di nuove nozze previsto dall’art. 89 c.c.) […]»; G. DE CRISTOFARO, op. cit., p. 134; G. FERRANDO, «La disciplina dell’atto. Gli effetti: diritti e doveri», cit., p. 896.
(43) Giudicano la norma non applicabile M. TRIMARCHI, «Unioni civili e convivenze», cit., p. 863; L. DELL’OSTA - G. SPADARO, op. cit., p. 18; L. PASCUCCI, Sub art. 1, comma 2, L. 20 maggio 2016, n. 76, in Codice dell’unione civile e delle convivenze, cit., § 3, che peraltro rileva l’opportunità della scelta, considerando come l’istituto sia ormai desueto anche in ambito matrimoniale, ove l’età di celebrazione del matrimonio - rileva G. FERRANDO, «La disciplina dell’atto. Gli effetti: diritti e doveri», cit., p. 896 - si sta innalzando in quasi tutti i Paesi europei sotto la spinta di molteplici fattori (di tipo economico, sociale, culturale), sì che il mancato richiamo riflette ragionevolmente la mutata realtà. A favore dell’applicazione (analogica) della norma, invece, G. IORIO, Costituzione dell’unione civile, impedimenti e altre cause di nullità. Gli obblighi dei contraenti. Il regime patrimoniale. Lo scioglimento dell’unione civile, cit., p. 75. Pur non entrando nel merito della problematica, M. BIANCA, «Le unioni civili e il matrimonio: due modelli a confronto», cit., p. 4, sottolinea l’irragionevolezza, rectius, la «non comprensibil[ità]», della distinzione rispetto alla disciplina del matrimonio.
(44) Contra , G. IORIO, Costituzione dell’unione civile, impedimenti e altre cause di nullità. Gli obblighi dei contraenti. Il regime patrimoniale. Lo scioglimento dell’unione civile , cit ., p. 79, che prospetta l’applicazione in via analogica dell’art. 117, comma 2, c.c.
(45) Dunque, una disciplina più rigorosa rispetto a quella dettata in ambito di matrimonio dall’art. 117, comma 2, c.c., che prevede una legittimazione più ristretta (in capo ai coniugi, a ciascuno dei genitori ed al p.m.), un termine di decadenza per l’esperibilità dell’azione da parte del minore (dopo un anno dal raggiungimento della maggiore età), varie cause di convalida (per raggiungimento della maggiore età del minore o concepimento o procreazione, ove accertata la volontà del minore di mantenere in vita il vincolo). Il che - afferma L. PASCUCCI, Sub art. 1, comma 2, L. 20 maggio 2016, n. 76 , cit ., § 3 - si spiegherebbe in ragione del fatto che per l’unione civile, a differenza che per il matrimonio (art. 84, comma 2, c.c.), l’impedimento non sarebbe - come visto - in alcun modo derogabile. La dottrina pronunciatasi nell’imminenza della nuova legge sembra prevalentemente attestata - sia pur diversamente e variamente argomentando - a ritenere che l’impedimento della minore età configuri una causa di “nullità” dell’unione civile: così M. TRIMARCHI, «Unioni civili e convivenze», cit ., p. 863, che, per analogia alla fattispecie dell’unione civile contratta in stato di interdizione, ricondotta dal comma 5 entro la fattispecie della “nullità”, ritiene che anche l’unione civile contratta dal minorenne debba ritenersi nulla; v. anche L. DELL’OSTA - G. SPADARO, op. cit ., p. 24. Contra , G. IORIO, Costituzione dell’unione civile, impedimenti e altre cause di nullità. Gli obblighi dei contraenti. Il regime patrimoniale. Lo scioglimento dell’unione civile , cit ., p. 79, che opta per l’annullabilità dell’unione civile; ancora diversa la tesi di B. DE FILIPPIS, op. cit ., p. 156, il quale argomenta dal mancato richiamo dell’art. 117 c.c. per ritenere che i minorenni non possano «in nessun caso contrarre unione civile» e che, di conseguenza, «la loro unione civile non sia nulla, ma configur[i] un’ulteriore ipotesi di inesistenza». Più sfumata la posizione di T. AULETTA, op. cit ., p. 381, il quale rileva che quantunque, per un difetto di coordinamento, non si faccia riferimento alla minore età, anch’essa è da considerarsi “causa di invalidità” dell’unione civile.
(46) Più di recente, tuttavia, si è contestato che l’omosessualità possa essere ancora riguardata come “deviazione” sessuale cosicché l’ignoranza sull’orientamento sessuale dell’altro coniuge è stato inteso come errore (non sulle qualità personali, ma) sull’identità della persona. Nel senso che l’omosessualità non possa essere considerata “anomalia o deviazione sessuale” dato che «nessun lessico giuridico, medico, sociale ed etico (colloca) l’omosessualità in tale paradigma nosografico», v. Trib. Milano, 13 febbraio 2013, in Nuova giur. civ. comm., 2013, I, p. 782, con nota (critica) di M. MATTIONI, «Errore sull’orientamento sessuale e interpretazione dell’art. 11 c.c.», secondo cui il matrimonio contratto nell’ignoranza dell’omosessualità del coniuge andrebbe annullato per “errore sull’identità sessuale” a norma del 2° comma dell’art. 122.
(47) Così G. FERRANDO, «La disciplina dell’atto. Gli effetti: diritti e doveri», cit., p. 896. In argomento cfr. E. GUARDIGLI, «Omosessualità ed eterosessualità nel matrimonio e nelle unioni civili», in Fam. e dir., 2016, p. 782 e ss., che, prendendo le mosse dall’evoluzione giurisprudenziale sul tema dell’errore nel matrimonio, indaga la corrispondente fattispecie con riferimento alla nuova disciplina dell’ unione civile tra persone dello stesso sesso.
(48) G. FERRANDO, op. ult. cit., p. 896.
(49) Sull’adempimento della registrazione degli atti di unione civile ai sensi della disciplina di legge v. R. CALVIGIONI, L. PALMIERI, T. PIOLA, op. cit., p. 35 e ss.
(50) E. QUADRI, «Unioni civili: disciplina del rapporto», cit ., p. 1693.
(51) Così M. TRIMARCHI, «Unioni civili e convivenze», cit., p. 863-864; in senso adesivo E. QUADRI, «Unioni civili: disciplina del rapporto», cit., p. 1692; L. PASCUCCI, «La costituzione del vincolo di unione civile tra norme di legge, disciplina transitoria e assetto definitivo della materia», cit., p. 239.
(52) Sulla prova del vincolo derivante da matrimonio cfr. G. FERRANDO, Il matrimonio, in Tratt. dir. civ. comm., già diretto da A. Cicu, F. Messineo, L. Mengoni, continuato da P. Schlesinger, II ed., Milano, 2015, p. 370 e ss.; R. FADDA, Delle prove della celebrazione del matrimonio, in Il Codice civile. Commentario, fondato da Schlesinger e diretto da Busnelli, artt. 130-133 c.c., Milano, 2016, passim.
(53) Ritiene, invece, ammessa l’applicazione analogica degli artt. 130-133 c.c. G. CASABURI, op. cit., p. 2246 e ss., spec. § VII.
(54) Su tale aspetto v., amplius, L. PASCUCCI, «La costituzione del vincolo di unione civile tra norme di legge, disciplina transitoria e assetto definitivo della materia», cit., p. 257 e ss., che propone (sia pur dubitativamente) una tesi “permissiva” al di fuori di qualsivoglia necessità di ricorso allo strumento dell’analogia.
(55) È noto come, ai sensi dell’art. 1, comma 28, della legge, il Governo sia stato chiamato ad adeguare alla nuova disciplina delle unioni civili non solo il sistema dell’ordinamento dello stato civile in materia di iscrizioni, trascrizioni e annotazioni (D.lgs. 19 gennaio 2017, n. 5), ma anche le norme in materia di diritto internazionale privato (D.lgs. 19 gennaio 2017, n. 7) e quelle del codice penale (D.lgs. 19 gennaio 2017, n. 6). Detti decreti, emanati il 19 gennaio 2017, sono stati pubblicati in G.U. n. 32 del 27 gennaio 2017 e sono entrati in vigore l’11 febbraio 2017.
(56) A commento delle nuove formule cfr. R. CALVIGIONI, Sub D.lgs. 19 gennaio 2017, n. 5, in Codice dell’unione civile e delle convivenze, cit.; G. BUFFONE, op. cit., p. 32 e ss.
(57) Sull’iter di costituzione del vincolo v. amplius L. PASCUCCI, «La costituzione del vincolo di unione civile tra norme di legge, disciplina transitoria e assetto definitivo della materia», cit., p. 219 e ss.; nonché R. CALVIGIONI, Sub D.lgs. 19 gennaio 2017, n. 5, cit.
(58) A commento della disciplina transitoria cfr. S. TROIANO, «Unioni civili: in attesa dei decreti legislativi, uno sguardo al decreto “ponte” per la tenuta dei registri dello stato civile (Parte prima)», cit., p. 1265 e ss.; ID., «Unioni civili: in attesa dei decreti legislativi, uno sguardo al decreto “ponte” per la tenuta dei registri dello stato civile (Seconda parte)», in Studium iuris, 2016, p. 1428 e ss.; L. PASCUCCI, Sub art. 1, commi 2, 3 e 9, L. 20 maggio 2016, n. 76, in Codice dell’unione civile e delle convivenze, cit.; EAD., «L’attuazione “definitiva” della legge sulle unioni civili: prime riflessioni a margine del D.lgs. 19 gennaio 2017, n. 5», cit., p. 7 e ss., spec. p. 13 e ss.; R. CALVIGIONI, Sub D.lgs. 19 gennaio 2017, n. 5 , cit .
(59) Rileva L. PASCUCCI, «La costituzione del vincolo di unione civile tra norme di legge, disciplina transitoria e assetto definitivo della materia», cit., p. 243, che, per tale via, il procedimento di costituzione dell’unione civile viene ad assumere struttura trifasica (nuovi artt. 70-bis, 70- ter, 70-octies D.P.R. n. 396/2000): 1) richiesta preventiva di costituzione dell’unione civile; 2) fase “istruttoria” dedicata alle verifiche dell’ufficiale di stato civile; 3) dichiarazione costitutiva dell’unione civile.
(60) Lo rileva L. PASCUCCI, «L’attuazione “definitiva” della legge sulle unioni civili. Prime riflessioni a margine del D.lgs. 19 gennaio 2017, n. 5», cit., p. 17.
(61) Rileva L. PASCUCCI, op. ult. cit., 12, come sarebbe stato «più corretto definirlo ‘atto di unione civile’ - specularmente all’ ‘atto di matrimonio’ (art. 107, comma 2°, c.c. e art. 64 D.P.R. n. 396/2000) -, posto che la diversa terminologia legislativa (‘atto di costituzione dell’unione civile’) ingenera l’equivoco che l’atto di stato civile sia esso stesso - e non già la dichiarazione di volontà delle parti - costitutivo, anziché - come ampiamente riconosciuto - certificativo e probatorio». In ogni caso, l’autrice rileva come «non debba caricarsi di troppo significato l’uso del termine ‘costituzione’, atteso che il legislatore delegato sembra più verosimilmente intenderlo quale omologo e sinonimo di ‘celebrazione’, espressione - quest’ultima - che gli risulta ‘inibita’ per l’evidente preoccupazione di ingenerare - tramite il suo impiego - indebite sovrapposizioni al matrimonio; o, comunque, che la locuzione ‘atto di costituzione dell’unione civile’ possa - e anzi debba - essere più correttamente riferita alla fattispecie lato sensu costitutiva - più che all’atto di stato civile di per sé solo considerato - e dunque, in primis, alla manifestazione di volontà delle parti».
(62) Sulla registrazione dell’atto di unione civile nella disciplina attuativa L. PASCUCCI, Sub art. 1, comma 3, L. 20 maggio 2016, n. 76 , , cit .; R. CALVIGIONI, Sub D.lgs. 19 gennaio 2017, n. 5 , cit .
(63) In argomento cfr. R. CALVIGIONI - L. PALMIERI - T. PIOLA, op. cit., p. 67 e ss.; L. PASCUCCI, Sub art. 1, comma 9, L. 20 maggio 2016, n. 76, cit.
(64) A questo riguardo rileva criticamente L. PASCUCCI, «La costituzione del vincolo di unione civile tra norme di legge, disciplina transitoria e assetto definitivo della materia», cit., p. 264, come, data la difficoltà di coordinamento tra il contenuto del documento di cui al comma 9 rispetto a quanto prescritto dalle norme generali sui certificati di stato civile, «[…] sarebbe stato apprezzabile che il D.lgs. n. 5/17, anziché trasporre pressoché immutata la previsione di legge (nel nuovo art. 70-quinquiesdecies D.P.R. n. 396/00), l’avesse riscritta conformemente alle norme generali del D.P.R. n. 396/00 dettate per i certificati di stato civile (Titolo XIV “Degli estratti degli atti dello stato civile e dei relativi certificati”) o eventualmente - in accoglimento dell’opposta tesi - conformemente alle norme particolari (anch’esse ora inserite nel medesimo D.P.R.) specificamente dettate per il contenuto dell’atto di unione civile (art. 70-quaterdecies D.P.R. n. 396/00)». In argomento v. anche F. MECENATE, op. cit., p. 145, nt. 30; B. DE FILIPPIS, op. cit., p. 177.
(65) In argomento cfr. A. FIGONE, Lo scioglimento delle unioni civili e la risoluzione dei contratti di convivenza, cit., p. 259 e ss.; F. DANOVI, op. cit., p. 995 e ss.; ID., Sub art. 1, comma 25, L. 20 maggio 2016, n. 76 , in Codice dell’unione civile e delle convivenze , cit .; E. AL MUREDEN, «Lo scioglimento dell’unione civile tra rapporto di coppia e ruolo del “genitore sociale”», cit ., p. 1699 e ss.; A. ARCERI, Sub art. 1, comma 22, L. 20 maggio 2016, n. 76 , in Codice dell’unione civile e delle convivenze , cit .; EAD., Sub art. 1, comma 25, l. 20 maggio 2016, n. 76 , ibidem ; M. PITTALIS, Sub art. 1, comma 23, l. 20 maggio 2016, n. 76 , ibidem ; C. RIMINI, Sub art. 1, comma 24, l. 20 maggio 2016, n. 76 , ibidem .
(66) E. QUADRI, «Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze: osservazioni (solo) a futura memoria?», cit., p. 7.
(67) A questo riguardo si noti che è sì vero che, per legge, non possono esserci figli tra i componenti un’unione civile, ma data l’evoluzione della giurisprudenza in materia (v., da ultimo, App. Trento, ord. 24 febbraio 2017, in corso di pubblicazione su Fam. e dir., 2017, con nota di M.C. Baruffi, che ha riconosciuto la possibilità a due genitori dello stesso sesso di essere considerati entrambi padri di due bambini nati all’estero con madre surrogata) ciò non è comunque escluso (rectius, escludibile); così come i figli potrebbero essere presenti «in caso di costituzione di unione civile conseguente a rettificazione di sesso di uno dei coniugi (dal precedente matrimonio eterosessuale potrebbero essere nati dei figli, che rimarrebbero tali in caso di rettificazione di sesso e di trasformazione del vincolo in unione civile, tanto che, in caso di scioglimento dell’unione civile, diverrebbero decisivi per stabilire la competenza dell’ufficiale dello stato civile o degli avvocati, a norma dell’art. 12 o dell’art. 6 della legge 162/2014)»: così R. CALVIGIONI, Sub D.lgs. 19 gennaio 2017, n. 5 , cit .
(68) A commento di essa cfr. S. TROIANO, «Unioni civili: in attesa dei decreti legislativi, uno sguardo al decreto “ponte” per la tenuta dei registri dello stato civile (Seconda parte)», cit., p. 1433 e ss.
(69) Nessuna disposizione - osserva S. TROIANO, op. ult. cit., p. 1434 - «è stata invece dettata per il caso di scioglimento giudiziale dell’unione, probabilmente perché, attesa la durata media di un giudizio, si è ritenuto inverosimile che una sentenza di scioglimento possa intervenire di qui all’approvazione dei decreti legislativi».
(70) Rileva R. CALVIGIONI, Sub D.lgs. 19 gennaio 2017, n. 5, cit.: «Si tratta di una ulteriore garanzia a tutela della parte che non si attivi, anche se è opportuno ricordare che nella procedura amministrativa di scioglimento dell’unione civile, le parti debbono essere presenti personalmente e consensualmente: quindi, in ogni caso, per procedere allo scioglimento con negoziazione assistita da avvocato o con accordo di fronte all’ufficiale dello stato civile, occorre la partecipazione attiva di entrambe le parti che debbono essere presenti e d’accordo sulla volontà di sciogliere l’unione civile».
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