Conclusioni - Atti del convegno tenutosi a Roma il 22 giugno 2017
Conclusioni
di Michele Labriola
Notaio in Bari, Consigliere Fondazione italiana del Notariato
Consigliere nazionale del Notariato

Come Notariato abbiamo voluto favorire e sviluppare questa collaborazione con la LUISS e la scelta del tema trattato durante questo convegno si è rivelata felice, anche alla luce della recentissima approvazione dei decreti(1).
Il tema del Terzo settore è particolarmente interessante, sia per i suoi aspetti generali, sia per quanto riguarda le ricadute pratiche sull’attività professionale, in particolare quella notarile. Ringrazio a nome della Fondazione italiana del Notariato, la LUISS per l’ospitalità e per l’idea, riconducibile al Prof. Tamponi, di organizzare questa giornata di studio che è stata densa di spunti di teoria generale, di aspetti di attualità pratica, di riferimenti alle scelte di politica legislativa che ci ha illustrato il Prof. Ponzanelli, ed anche di interessanti riflessioni fatte dai colleghi notai.
Da ciò che è emerso durante la sessione di questa mattina, direi che l’osservazione fatta in apertura dal Prof. Tamponi, in merito al ritardo del legislatore nell’adeguamento del sistema normativo degli enti no-profit, (ritardo ancor più evidente dopo l’intervenuta riforma del diritto delle società, che ha comportato modifiche significative del codice civile), costituisca il punto di partenza della odierna riflessione. La Commissione Vietti ha modificato in maniera determinante la normativa ed il sistema del codice civile in materia societaria, mentre la riforma del Terzo settore, di cui ci ha parlato diffusamente il Prof. Ponzanelli, non ha seguito la stessa strada, non intervenendo sulle norme del codice civile(2).
Il Prof. Ponzanelli ha segnalato che vi era e vi è ancora, finché la situazione legislativa non si andrà a sedimentare ed a perfezionare, una pluralità di interventi normativi in materia, che sono andati a regolamentare singole situazioni, alcune tipologie di enti e determinati settori. È particolarmente importante il riferimento alla legislazione fiscale che ha inciso in modo rilevante anche sull’attività notarile. Si pensi all’esperienza relativa alla riforma in materia di Onlus.
Da un lato, il decreto legislativo 4 dicembre 1997 n. 460, è intervenuto sotto il profilo fiscale e tributario, dall’altro ha dettato una serie di norme molto importanti aventi una diretta ricaduta sulle tecniche contrattuali, fissando regole che devono disciplinare la vita dell’ente ed il suo funzionamento; tali norme devono essere contenute negli statuti e negli atti costitutivi delle Onlus, affinché sia poi riconosciuta l’agevolazione fiscale.
C’è stato, a questo proposito, un lavoro molto accurato da parte del Notariato nell’elaborazione di queste clausole degli atti costitutivi delle Onlus, peraltro a fronte di un controllo molto intenso da parte dell’organo preposto all’iscrizione all’Anagrafe Onlus, ai fini del riconoscimento delle agevolazioni fiscali(3).
La relazione del Prof. Meo ha introdotto una serie di spunti critici che portano a riflettere sulla circostanza che, a volte, il nome juris degli istituti e le scelte dettate dalla politica e quindi dal legislatore,
con provvedimenti che in alcuni casi sono in anticipo rispetto alle istanze del paese, si scontrano con le situazioni concrete e con una realtà sociale ed economica diversa. In effetti, si è solo all’inizio di un processo che possa scalfire il muro dell’ ”economicità”, inteso come presupposto generale che muove l’agire umano e a maggior ragione l’attività d’impresa. La riforma del Terzo settore porta a valutare il requisito della socialità, anche nell’ambito dell’attività d’impresa, con l’obiettivo finale di raggiungere quell’economia sociale tanto auspicata.
Dal punto di vista dell’attività notarile, lo schema di decreto relativo alla “Revisione della disciplina in materia di attività di impresa sociale” solleva diverse problematiche.
All’art. 5, è prevista la necessità dell’atto pubblico per la fase costitutiva. Gli atti costitutivi, inoltre, devono contenere e specificare l’oggetto sociale, il quale a sua volta deve essere orientato all’assenza di scopo di lucro e la denominazione deve contenere espressamente l’indicazione di “impresa sociale” (art. 6). E’altresì specificato che il deposito dell’atto costitutivo e delle modifiche relative deve aversi entro trenta giorni a cura del notaio o degli amministratori (art. 5).
Negli articoli successivi vengono dettate una serie di altre regole relative all’ammissione, all’esclusione (art. 8), alla trasformazione, fusione, scissione, cessione d’azienda e devoluzione del patrimonio (art. 12).
Il collega Prof. Fusaro con il suo intervento, ci ha ricordato che la riforma ha significativamente inciso su una serie di istituti fino ad oggi consolidati, in particolare sotto il profilo della osmosi tra enti lucrativi e non.
Il legislatore continua nell’ultimo periodo a proporre figure e norme che consentono di ipotizzare il superamento di alcune categorie, oggi in piena fase di rivisitazione.
Si pensi in particolare all’affievolirsi della distinzione tra enti lucrativi ed enti non aventi scopo di lucro. Tra le soluzioni che sono state suggerite dalla prassi, in ordine al problema della compenetrazione tra enti lucrativi e non lucrativi, è importante segnalare ciò che è avvenuto in ordine alla trasformazione da società di capitali in associazioni non riconosciute, ipotesi espressamente prevista dalla riforma delle società nell’art. 2500-septies c.c., ed in ordine all’ipotesi inversa, sancita dall’art. 2500-octies, che invece prevede espressamente che, nell’altro senso, unicamente l’associazione che sia stata riconosciuta possa essere trasformata in società di capitali.
Per un certo periodo, il Notariato è stato prudente, soprattutto nella prima fase di applicazione della riforma societaria, di fronte a questo dato normativo contrastante. Successivamente, anche in base ai contributi dell’Ufficio studi del Notariato(4)è stato dimostrato che nell’ambito della trasformazione anche il percorso inverso, cioè da associazioni non riconosciute in società, è ammissibile(5).
Altra considerazione importante che veniva fatta nella relazione del Prof. Fusaro concerne la pubblicità, oggi semplificata dal riferimento normativo, problema che per molto tempo è stato di ostacolo per il perfezionamento di queste operazioni. Oggi sembra in base a quanto previsto dal quarto comma del nuovo art. 42-bis del c.c., che prevede “Gli atti relativi alle trasformazioni, alle fusioni e alle scissioni per i quali il libro V del codice civile prevede l’iscrizione nel Registro delle imprese sono iscritti nel Registro delle Persone Giuridiche ovvero, nel caso di enti del Terzo settore, nel Registro unico nazionale del Terzo settore”, che vi sia una situazione pubblicitaria assodata.
Ma quali saranno dopo l’entrata in vigore della normativa, le forme attuative di questo registro, ovvero cosa succederà dal punto di vista della funzionalità. Sarà un registro istituito immediatamente? Chi gestirà il registro? Vi sono poi ricadute pratiche immediate che potrebbero creare problemi di diritto transitorio una volta entrata in vigore la legge. Quindi apparentemente il problema pubblicitario, è risolto, ma bisognerà vedere cosa succederà concretamente nella fase di attuazione del provvedimento legislativo.
Come ricordava il collega Guida, il Consiglio Nazionale del Notariato da diversi anni ha istituito una commissione, di cui fa parte anche il collega Riccardelli, che si occupa espressamente del tema del Terzo settore e che ha sviluppato una approfondita riflessione in ordine ai problemi di cui ci stiamo occupando oggi, gruppo di studio che potrà fornire un importante contributo per la fase di prima applicazione pratica della normativa.
Le osservazioni del Dott. Cuonzo sui tempi di entrata in vigore del sistema pubblicitario e quindi sui tempi di entrata in vigore delle norme fiscali fanno sorgere il serio dubbio sull’effettiva attuazione in tempi brevi di una normativa che oggi ci appare come già definita.
In merito al problema più volte evocato dell’art. 22 del codice del Terzo settore, che riguarda specificatamente il ruolo del notaio, va precisato che tale norma prevede che il notaio che ha ricevuto l’atto costitutivo di una associazione o di una fondazione del Terzo settore o la pubblicazione di un testamento con il quale si dispone una Fondazione, verificata la sussistenza delle condizioni previste dalla legge, deve depositarlo entro venti giorni presso il competente Ufficio del Registro del Terzo settore.
In prima battuta, può sostenersi che si riproduca un meccanismo analogo a quello del controllo notarile sugli atti costitutivi di società di capitali, anche perché all’Ufficio del registro unico Nazionale del Terzo settore la legge riserva un controllo di regolarità formale della documentazione, una volta che il notaio, esperito positivamente il controllo sostanziale, abbia depositato l’atto.
Il problema, però, è che questa riproposizione in effetti non è identica.
Nella legge n. 340 del 2000, che ha sancito il controllo di legalità in capo al notaio, è previsto un doppio sistema relativamente alle due situazioni che si verificano nella prassi societaria. Nella fase del ricevimento dell’atto costitutivo, il notaio deve assolutamente verificare la sussistenza delle condizioni previste dalla legge e deve rifiutarsi di ricevere l’atto ove non vi siano queste condizioni. Quindi il notaio, di fronte a un atto costitutivo che presenti clausole illegittime, dovrà espressamente segnalare al cliente che tali clausole vanno espulse dallo statuto perché, in caso contrario, non potrà ricevere l’atto. Quindi, il controllo notarile in fase di atto costitutivo di società avviene ex ante, nel senso che il notaio non può ricevere l’atto contenente clausole contra legem.
Diversamente avviene per i verbali di modifica statutaria ricevuti dal notaio, perché in questo caso è possibile che in assemblea vengano assunte determinate delibere che possono configurare ipotesi di illegittimità o di contrarietà alle norme di legge. In questo caso, il notaio deve ricevere l’atto ma, se ritiene che non sussistano tutti i requisiti richiesti dalla legge, non procede all’iscrizione, bensì riattiva (tramite gli amministratori) il meccanismo omologatorio in capo all’Autorità giudiziaria previsto prima della legge n. 340 (art. 2436 c.c.).
Nella normativa che riguarda il Terzo settore per le modifiche dell’atto costitutivo, il comma 6 dell’art. 22 riproduce coerentemente quanto previsto dal codice civile in ambito societario, (attraverso il richiamo ai commi 2 e 3 dell’art. 22) e si tratta di un’analogia diretta con la materia societaria, in quanto viene prevista la possibilità del rifiuto del notaio di iscrivere l’atto.
Ciò che desta notevoli perplessità ermeneutiche è invece la previsione circa il rifiuto di iscrizione da parte del notaio anche in sede di atto costitutivo, previsto dalla norma al 3° comma, nel caso in cui l’atto costitutivo non contenga i requisiti necessari e tipici degli enti del Terzo settore.
La ricorrenza di tale ipotesi nella pratica è improbabile, perché di fronte ad un ente che intenda iscriversi al Registro Unico del Terzo settore, il notaio dovrà necessariamente prevedere che vi sia il rispetto di tutte le condizioni previste dalla normativa.
Quindi la norma che prevede il rifiuto di iscrizione sarà di difficile attuazione nella fase costitutiva, perché il notaio nell’ottica del necessario controllo ex ante del rispetto delle norme relative al Terzo settore, nella normalità dei casi non farà ricorso a tale ipotesi e, pertanto, non riceverà un atto carente dei requisiti necessari. Peraltro questo trasformerebbe il controllo che spetta all’Ufficio del Registro, da controllo formale, come la legge prevede nel secondo comma, a controllo sostanziale.
Il controllo di legalità che deve essere operato dal notaio sull’atto costitutivo verrebbe così, a seguito del rifiuto di iscrizione e in seconda battuta, demandato all’Ufficio del Registro, pur se in base al secondo comma dell’art. 22 all’Ufficio del Registro è riservato un controllo puramente formale(6). Dunque, a mio avviso, il terzo comma dell’at. 22, di fatto è una norma che troverà di rado applicazione, perché non è pensabile che il notaio riceva comunque un atto costitutivo di un ente che intenda iscriversi al registro del Terzo settore, ma che risulti carente dei requisiti previsti rifiutandosi successivamente di iscrivere l’ente nel Registro.
Ove tale circostanza ricorra, a seguito del rifiuto di iscrizione del notaio, che ha comunque ritenuto di ricevere un atto carente sotto il profilo dei requisiti previsti dalla normativa del Terzo settore, l’ente naturalmente navigherà in ambiti diversi rispetto al Terzo settore (salvo venga attivato positivamente il ricorso all’iscrizione rimessa all’Ufficio del Registro).
Inoltre, come ricordava il collega Belisario, se non vi fosse il rispetto di tutti i requisiti, l’atto non sarebbe invalido, ma sarebbe semplicemente un atto non idoneo a essere iscritto nel Registro del Terzo settore. In realtà, il comma 6 dell’art. 22, recita che le modificazioni dell’atto costitutivo e quindi i verbali di assemblea che vanno a modificare gli Statuti, devono risultare da atto pubblico e diventano efficaci con l’iscrizione nel Registro unico nazionale del Terzo settore. Quindi non si tratta di un problema di validità o invalidità; piuttosto, se la modifica deve essere conforme alla legge, può verificarsi che al momento del controllo operato dal notaio, non segua l’iscrizione e quindi che quella delibera resti inefficace in quanto non produrrà mai gli effetti previsti per un ente che vuole rimanere nell’alveo del Terzo settore e quindi godere di tutte le agevolazioni.
Infine, il problema relativo all’art. 47 comma quinto: il tempo previsto per l’iscrizione appare assolutamente eccessivo, perché il termine dei sessanta giorni non consente di rispettare la tempestività necessaria. La legge propone una soluzione a doppio binario: in base al quinto comma dell’art. 47:
«Se l’atto costitutivo e lo statuto dell’ente del Terzo settore sono redatti in conformità a modelli standard tipizzati, predisposti da reti associative ed approvati con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, l’Ufficio del Registro unico nazionale del Terzo settore, verificata la regolarità formale della documentazione, entro trenta giorni dalla presentazione della domanda iscrive l’ente nel Registro stesso». Quindi se l’ente si adegua ed adotta una modulistica standardizzata, la legge gli riserva una corsia preferenziale, ossia un’iscrizione più veloce. Faccio presente, a tale proposito, che in sede di audizione al Senato, il Consiglio Nazionale del Notariato aveva già manifestato grandi perplessità su tale norma; ed in effetti non può non destare preoccupazione l’idea di un meccanismo di favore che viene applicato a fronte di una evidente restrizione dell’autonomia associativa.
Più in generale si assiste da qualche tempo, dal punto di vista normativo, ad una semplificazione dei modelli contrattuali proposti dal legislatore, imposta in parte dall’esigenza della velocità dei traffici, ma in larga misura suggerita da una concezione impropria circa la natura e l’ambito dell’intervento legislativo sul contenuto del contratto. Ciò comporta il proliferare di ipotesi di standardizzazione contrattuale, come già avvenuto per il modello di costituzione delle Srl semplificate. Ma è soprattutto l’idea della premialità legata alla standardizzazione del contratto, sia esso sociale o associativo, che non può essere condivisa.


(1) Il Consiglio dei Ministri, nella riunione del 12 maggio 2017, ha approvato in via definitiva lo schema dei tre decreti legislativi in attuazione della legge delega in materia (L. 6 giugno 2016, n. 106): lo schema recante “Revisione del Terzo settore”, quello recante “Revisione della disciplina in materia di impresa sociale” e quello recante “Disciplina dell’Istituto del cinque per mille”.

(2) In ordine alla scelte di politica legislativa effettuate in occasione della riforma del diritto societario, v. M. VIETTI, Nuove società per un nuovo mercato, Roma, 2003.

(3) Tra i contributi del Notariato in materia di Onlus, cfr. Le Onlus tra codice civile e legislazione speciale, Giornata di studio tenutasi a Bari il 6 giugno 1998, a cura di M. Labriola, Napoli, 2000.

(4) Si vedano sul punto le risposte a quesiti fornite dall’Ufficio Studi del Notariato ed in particolare, tra tutti: «Trasformazione di associazione non riconosciuta», Quesito n. 160/2013/I, a cura di A. Ruotolo e D. Boggiali e «Trasformazione di associazione non riconosciuta in cooperativa sociale», Quesito n. 228/2012/I, a cura di A. Ruotolo e D. Boggiali, entrambi in CNN Notizie del 9 luglio 2013. Cfr. anche R. GUGLIELMO, «Trasformazioni eterogenee atipiche e fattispecie di maggiore interesse notarile», in Riv. not., 2014, p. 1167 e ss.

(5) Anche la recente giurisprudenza di merito appare condividere tale interpretazione. Per il Tribunale di Bologna (sentenza n. 1109 del 16 giugno 2017) è legittima la trasformazione da associazione non riconosciuta in società di capitali. Secondo il Tribunale il dato normativo carente non è decisivo, in quanto l’operazione è comunque legittima perché effettuata con modalità (atto pubblico notarile e controllo del notaio) analoghe a quelle previste per le altre ipotesi normativamente disciplinate.

(6) Sulla natura del controllo operato dal Registro delle imprese sugli atti societari, cfr. G. LAURINI, «Registro delle imprese: quale controllo?», in Notariato, 2001, 2, p. 113-114.

PUBBLICAZIONE
» Indice

ARTICOLO
» Note