Profili transnazionali della imposizione fiscale sulle liberalità indirette
Profili transnazionali della imposizione fiscale sulle liberalità indirette
di Andrea Carinci
Ordinario di Diritto tributario, Università di Bologna

Introduzione

Il tema affidatomi presenta profili di grande interesse, dati essenzialmente dall’estrema complessità dello stesso. Complessità, va pure detto, dovuta principalmente all’estrema frammentarietà della disciplina applicabile, che va letteralmente ricostruita componendo una molteplicità di frammenti normativi, espressione di una stratificazione intervenuta nel tempo(1).
Come noto, l’imposta sulle successioni e donazioni, di cui al D.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, era stata soppressa dalla legge 18 ottobre 2001, n. 383(2), per essere poi reintrodotta - in modo un po’ maldestro - con l’art. 2, commi da 47 a 53, della legge 24 novembre 2006, n. 286, di conversione del D.l. 3 ottobre 2006, n. 262(3).
Per effetto della reintroduzione, l’imposta sulle successioni e donazioni è divenuta applicabile in modo estremamente lato a tutti i «trasferimenti di beni e diritti … per donazione o a titolo gratuito»(4). Sebbene, in effetti, le liberalità indirette potevano essere ricondotte nel perimetro di applicazione dell’imposta di successioni e donazioni fin da principio, la nuova formulazione del presupposto, operata con l’art. 2 del D.l. 3 ottobre 2006, n. 262, rende indubbia tale applicazione. Ed infatti, con la nuova formulazione del presupposto dell’imposta di successione e donazione, che tratta indistintamente di «trasferimenti … a titolo gratuito», non può essere messa in discussione l’assoggettabilità a detta imposta delle liberalità indirette, di qualunque tipo siano, che rappresentano essenzialmente una specie del genere “atti a titolo gratuito”(5).
Si tratta, ad ogni buon conto, di un’applicazione della disciplina dell’imposta sulle successioni e donazioni non priva di criticità.
Questo, innanzitutto, sul tema dell’accertamento del presupposto e del correlato obbligo di registrazione, stante le evidenti difficoltà a coniugare la previsione di cui all’art. 55 del Tus, secondo cui «gli atti di donazione sono soggetti a registrazione secondo le disposizioni del testo unico sull’imposta di registro», con la conformazione di un fenomeno, quello delle liberalità indirette, tradizionalmente connotato dalla mancanza dell’atto da assoggettare a registrazione, oppure dalla presenza di più atti scritti, dove la liberalità risulta da un collegamento negoziale difficilmente rintracciabile dall’ufficio o, ancora, dove manca la manifestazione del fine liberale. Criticità, tutte queste, che per inciso la previsione di cui all’art. 56-bis, pensata in effetti per rimediarvi, non sembra in grado di risolvere, soprattutto per i dubbi che oggi si pongono in ordine alla sua perdurante applicabilità(6).
L’altro problema che coinvolge la fiscalità delle liberalità indirette attiene poi al tema della territorialità(7), che è appunto il tema oggetto del presente intervento.

La territorialità nell’imposta sulle donazioni e i problemi per le liberalità indirette

Una volta ricondotte le liberalità indirette nell’ambito di applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni, la verifica dei profili di transnazionalità che si possono configurare passa, necessariamente, per la disamina dei criteri di territorialità dettati da tale imposta.
Viene quindi innanzitutto in considerazione l’art. 2 del D.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 (Tus), ai sensi del quale «l’imposta è dovuta in relazione a tutti i beni e diritti trasferiti, ancorché esistenti all’estero», salvo specificare, al successivo comma 2, che «se alla data … della donazione … il donante non era residente nello Stato, l’imposta è dovuta limitatamente ai beni e ai diritti ivi esistenti». Ne consegue che, se alla data della donazione o della liberalità il donante risiede all’estero, l’imposta è dovuta limitatamente ai soli beni e diritti che risultino esistenti nel territorio italiano.
Su queste premesse, va poi considerato l’art. 55, già menzionato, in ragione del quale gli atti di donazione vanno assoggettati a registrazione secondo le regole dettate per gli atti da registrare in termine fisso, di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (Tur).
Dalla combinata lettura delle due previsioni si dovrebbe pervenire così alla prima conclusione per cui sono assoggettati all’imposta sulle donazioni solo gli atti formati all’estero aventi ad oggetto beni immobili o aziende esistenti sul territorio dello Stato(8).
Sennonché, va anche dato conto del comma 1-bis dell’art. 55, introdotto con l’art. 69, comma 1, lett. n), della legge 21 novembre 2000, n. 342, ai sensi del quale «sono soggetti a registrazione in termine fisso anche gli atti aventi ad oggetto donazioni, dirette o indirette, formati all’estero nei confronti di beneficiari residenti nello Stato ...». Questo perché, in ragione di tale previsione, si è previsto l’obbligo della registrazione anche per gli atti di donazione formati all’estero aventi ad oggetto beni diversi dagli immobili e dalle aziende esistenti nel territorio dello Stato.
In verità, la previsione da ultimo richiamata deve necessariamente essere coordinata con quanto disposto dall’art. 2 del D.lgs. n. 346/1990 che, come detto, detta le regole di territorialità dell’imposta. Una lettura combinata delle due previsioni porta infatti inevitabilmente a ridimensionare l’operatività del comma 1-bis dell’art. 55 e così a concludere che sono assoggettati a registrazione in termine fisso gli atti formati all’estero, aventi ad oggetto beni diversi dagli immobili e dalle aziende esistenti nel territorio dello Stato, solo se ed in quanto il donante sia residente nello Stato; se il donante non è residente, occorre invece che i beni siano comunque esistenti nel territorio dello Stato(9).
In questo quadro, va infine considerata la previsione di cui all’art. 56-bis, ai sensi del quale le limitazioni ivi dettate per l’accertamento delle liberalità indirette non tornano applicabili alle liberalità «risultanti da atti di donazione effettuati all’estero a favore di residenti».
La lettera della norma, a rigore, sembrerebbe introdurre per le liberalità risultanti da atti di donazione effettuati all’estero un trattamento alquanto deteriore rispetto a quelle meramente nazionali; solo per queste ultime, e non pure per le prime, parrebbero invero invocabili le condizioni (e limiti) dettate dall’art. 56-bis per l’accertamento delle liberalità (dichiarazioni rese dall’interessato e sforamento della soglia).
In verità, sembra corretto ritenere che le condizioni di tassabilità delle donazioni estere non possano che essere speculari a quelle stabilite per le liberalità domestiche, con la conseguenza di ritenere comunque accertabili, se effettuate all’estero a favore di residenti, solo le liberalità risultanti da atti che, se fossero posti in essere in Italia, sarebbero soggetti a registrazione in termine fisso(10).
Di seguito si propone una tabella sinottica dei criteri di territorialità dell’imposta sulle donazioni.

Donante residente

Tassazione a termine fisso

Atto formato in Italia

Si

Atto non formato in Italia

Beneficiario residente

Si

Beneficiario non residente

Solo per aziende e immobili presenti sul territorio dello Stato (*)

(*) Ai sensi dell’art. 1, comma 4-bis, D.lgs. n. 346/1990, l’imposta non deve comunque essere applicata nei casi di donazioni o altre liberalità collegate ad atti concernenti il trasferimento o la costituzione di diritti immobiliari ovvero il trasferimento di aziende, qualora per l’atto sia prevista l’applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale o dell’imposta sul valore aggiunto.

Donante non residente

Tassazione a termine fisso

Atto formato in Italia

Se i beni esistono nel territorio dello Stato

Atto non formato in Italia

Se i beni sono immobili o aziende site nel territorio dello Stato (*)

(*) Ai sensi dell’art.1, comma 4-bis, D.Lgs. n. 346/1990, l’imposta non deve comunque essere applicata nei casi di donazioni o altre liberalità collegate ad atti concernenti il trasferimento o la costituzione di diritti immobiliari ovvero il trasferimento di aziende, qualora per l’atto sia prevista l’applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale o dell’imposta sul valore aggiunto.

La doppia imposizione nell’imposta sulle successioni tra rimedi interni e convenzioni internazionali

I fenomeni di transnazionalità, che possono interessare l’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni, evocano, naturalmente, vicende di possibile doppia imposizione. Appare assolutamente verosimile, infatti, che nei casi di liberalità in cui siano riscontrabili profili di transnazionalità (non residenza del donante e/o del beneficiario, luogo di stipula dell’atto e/o di localizzazione dei beni) la rilevanza del fenomeno ai fini dell’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni, di cui al D.lgs. n. 346/1990, si accompagni, rectius si sovrapponga, all’applicazione di un’analoga imposta prevista dall’altro Stato estero interessato. Con la conseguenza che sulla medesima vicenda di liberalità si può verificare il concorso di due o più pretese impositive: appunto, un fenomeno di doppia imposizione.
Ebbene, per scongiurare questa eventualità che, a tacer d’altro, comporta un’ingiustificata disparità di trattamento tra vicende meramente nazionali e vicende transnazionali, sono tradizionalmente previsti due distinti congegni.
Il primo congegno è di matrice nazionale e consta in un credito di imposta per le imposte assolte all’estero, da scomputare dall’imposta dovuta in Italia sulla medesima vicenda di liberalità.
Il credito in oggetto è previsto ai fini dell’imposta sulle successioni dall’art. 26, primo comma, lett. b) del D.lgs. 346/1990, ai sensi del quale è concessa la detrazione delle imposte «pagate ad uno Stato estero, in dipendenza della stessa successione»(11); ai fini dell’imposta sulle donazioni il credito è accordato dall’ultimo periodo del comma 1-bis dell’art. 55, che statuisce che, dall’imposta sulle donazioni, «si detraggono le imposte pagate all’estero in dipendenza della stessa donazione ed in relazione ai beni ivi esistenti, salva l’applicazione delle convenzioni contro le doppie imposizioni».
Il meccanismo della detrazione dell’imposta assolta all’estero è stabilito a livello di legislazione interna ed è applicato in tutti i casi in cui vi sia carenza di un’apposita convenzione internazionale contro le doppie imposizioni; ciò, peraltro, a prescindere dalla verifica della condizione di “reciprocità” con altri Stati.
In alternativa al credito di imposta di matrice interna, la norma fa espressamente salva l’applicazione delle apposite Convenzioni contro le doppie imposizioni. È questo il secondo congegno che, tuttavia, è oggi un rimedio affatto marginale, dal momento che il numero di convenzioni in essere è estremamente esiguo.
Se da un lato sono numerose le convenzioni fiscali bilaterali concluse dall’Italia per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sui redditi, sono soltanto sette quelle, attualmente in vigore, in materia di imposta sulle successioni; si tratta, segnatamente, delle Convenzioni concluse con: Danimarca, Francia, Grecia, Israele, Regno Unito, Stati Uniti, Svezia.
Le convenzioni sono tutte bilaterali e sono negoziate secondo il modello di convenzione Ocse del 1966; solo la Convenzione con la Francia è stata conclusa in conformità al Modello di Convenzione del 1982 e si estende anche all’imposta sulle donazioni.
Per evitare il fenomeno della doppia imposizione, l’Ocse ha definito alcuni criteri per ripartire il potere di imposizione. Tali criteri sono la reciproca assistenza e scambio di informazioni previsti in alcune convenzioni ed il principio generale del domicilio fiscale della persona, disciplinato nell’ordine in base a: 1. l’abitazione permanente quale centro di interessi vitali; 2. il paese di soggiorno abituale; 3. la nazionalità e, da ultimo, 4. il comune accordo degli Stati interessati.
In merito ai criteri Ocse in concreto previsti per evitare la doppia imposizione, questi sono due: i) il criterio dell’esenzione, per cui è accordata l’esenzione per i beni imponibili nello Stato in cui si trovano, i quali vengono così tassati solo da detto Stato (es. convenzione con Danimarca, Grecia, Israele, Svezia); ii) il criterio del credito, in ragione del quale l’imposta versata nello Stato in cui si trovano i beni può essere detratta dall’imposta dovuta dello Stato di residenza del beneficiario (cfr. convenzione con Francia, Regno Unito, Stati Uniti), seppure entro dati limiti.

Il peculiare regime dettato per i “nuovi residenti”

Ai sensi della L. 11 dicembre 2016, n. 232, comma 158, «per le successioni aperte e le donazioni effettuate nei periodi d’imposta di validità dell’opzione esercitata dal dante causa, ai sensi dell’articolo 24-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, introdotto dal comma 152 del presente articolo, l’imposta sulle successioni e donazioni di cui al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, è dovuta limitatamente ai beni e ai diritti esistenti nello Stato al momento della successione o della donazione».
La disposizione in esame prevede che per le successioni aperte e per le donazioni effettuate nei periodi di validità dell’opzione, di cui al citato articolo 24-bis del Tuir, l’imposta sulle successioni e donazioni sia dovuta dai beneficiari limitatamente ai beni e diritti situati nel territorio dello Stato. Rilevano, quindi, esclusivamente i trasferimenti di beni e diritti esistenti in Italia, mentre restano esclusi i beni localizzati all’estero. È evidente la portata derogatoria della previsione in esame, se solo si considera che, in forza del criterio di territorialità di cui all’art. 2 del Tus, la localizzazione in Italia dei beni rileva esclusivamente per i soggetti donanti non residenti. E qui si sta invece trattando di soggetti che prendono proprio la residenza in Italia (regime per in neo residenti).
Nonostante la formulazione della norma non vi faccia riferimento, non vi sono dubbi che rientrino nel regime in esame anche le liberalità indirette, stante la loro pacifica assoggettabilità all’imposta sulle donazioni: di conseguenza, per le liberalità poste in essere da soggetti che hanno esercitato l’opzione per il regime sostitutivo previsto dall’articolo 24-bis del Tuir, l’imposta sulle donazioni troverà applicazione limitatamente ai trasferimenti di beni e diritti esistenti nel territorio dello Stato(12).
Relativamente all’ambito di operatività dell’esenzione è opportuno porre in luce alcuni presupposti.
Il primo, di natura temporale, per cui il regime di esclusione parziale vale per le sole donazioni/ liberalità effettuate nei periodi di validità dell’opzione: quindici anni dal primo periodo d’imposta di validità dell’opzione.
Un secondo presupposto, di natura soggettiva, limita l’agevolazione a chi esercita l’opzione per il regime di cui all’art. 24-bis del Tuir. Al riguardo, va tuttavia osservato che ai sensi del comma 6 dell’art. 24-bis, su richiesta del soggetto che esercita l’opzione, quest’ultima può essere estesa nel corso di tutto il periodo a uno o più dei familiari. Ebbene, se una tale estensione del regime è operata, essa vale anche ai fini dell’esclusione dall’imposta sulle successioni e donazioni. In questo senso si è pronunciata l’Agenzia delle entrate, per la quale «nel caso in cui il dante causa estenda l’esercizio dell’opzione anche ai suoi familiari, l’esclusione dall’imposta sulle successioni e donazioni per i beni e diritti esistenti all’estero opererà anche con riferimento a detti familiari; pertanto, nel caso di trasferimento per successione o donazione da parte del familiare interessato dall’opzione, l’imposta sulle successioni e donazioni dovrà essere corrisposta dal beneficiario principale limitatamente ai beni e diritti esistenti in Italia».
Vi è, infine, un terzo ed ultimo presupposto di tipo oggettivo, che attiene alla possibilità di porzionare la portata dell’esclusione.
Sul punto, è intervenuta ancora l’Agenzia, ad avviso della quale «nel caso in cui il contribuente si avvalga della facoltà prevista dal comma 5, dell’articolo 24-bis, che, come noto, consente di escludere dall’applicazione dell’imposta forfettaria sostitutiva i redditi prodotti in uno o più Stati o territori esteri, detta opzione esplicherà effetti anche ai fini dell’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni. Pertanto, i beni e diritti trasferiti esistenti in detti Stati o territori esteri per i quali non opera il regime dell’imposta sostitutiva dovranno concorrere alla formazione della base imponibile dell’imposta sulle successioni e donazioni, secondo le regole ordinarie»(13).
Ciò significa che i beni localizzati nei territori rimasti esclusi dall’opzione di cui all’art. 24-bis andranno soggetti, ordinariamente, all’imposta sulle successioni e donazioni, al pari dei beni localizzati in Italia, in ossequio al criterio di territorialità di cui all’art. 2 del Tus.
Va ricordato, infine, che per i beni esclusi dall’imposta sulle successioni e donazioni non potrà, correlativamente, essere recuperata l’eventuale imposta assolta all’estero sulla medesima liberalità.


(1) In argomento, cfr. D. STEVANATO, Donazioni e liberalità indirette nel tributo successorio, Padova, 2000; G. GAFFURI, L’imposta sulle successioni e donazioni, Padova, 2008.

(2) S. GHINASSI, «L’abolizione dell’imposta sulle successioni e donazioni», in Riv. dir. trib., 2005, I, p. 315 e ss.

(3) S. DUS, «La reintroduzione dell’imposta sulle successioni e donazioni: vecchi e nuovi problemi», in Il Fisco, 2007, p. 1075; Studio Nazionale del Notariato Studio n. 168- 2006/T, «Prime note a commento della nuova imposta sulle successioni e donazioni».

(4) Così il comma 47 del D.l. 3 ottobre 2006, n. 262, quale risulta a seguito della conversione.

(5) S. GHINASSI, «Le liberalità indirette nel nuovo tributo successorio», in Rass. trib., 2010, p. 394 e ss.; nella circ. n. 30/E dell’11 agosto 2015, con la quale è stato precisato quale comportamento deve seguire il contribuente in caso di emersione di liberalità indirette in sede di voluntary disclosure ex legge 15 dicembre 2014, n. 186, l’Agenzia delle entrate ha affermato che, in base al combinato disposto degli artt. 1 del Tus e 2, comma 47, del D.l. n. 262/2006, va inequivocabilmente compreso nell’ambito applicativo della imposta sulle successioni e donazioni ogni forma di liberalità tra vivi, compresa quella indiretta.

(6) In argomento, cfr. S. GHINASSI, «Le liberalità indirette nel nuovo tributo successorio», cit., per il quale «appare assai dubbia ed anzi in linea di principio da negare la compatibilità dell’intero art. 56-bis del T.U. n. 346/1990 con la struttura e la disciplina del nuovo tributo».

(7) In argomento, cfr. A. BUSANI, «Ambito territoriale di applicazione dell’imposta di successione», in Corr. trib., 2007, p. 615; Studio Nazionale del Notariato Studio n. 194-2009/T, «I criteri di collegamento territoriale nell’imposta sulle successioni e donazioni».

(8) Salva l’esclusione stabilita dall’art. 1, comma 4-bis, D.lgs. n. 346/1990 per le liberalità indirette collegate ad atti concernenti il trasferimento o la costituzione di diritti immobiliari ovvero il trasferimento di aziende.

(9) In questo senso, cfr. Agenzia delle entrate - Direzione regionale della Lombardia, consulenza giuridica n. 904- 3/2015.

(10) S. GHINASSI, «Le liberalità indirette nel nuovo tributo successorio», cit.; nella circ. n. 30/E dell’11 agosto 2015, l’Agenzia ha chiarito che, a seguito delle modifiche introdotte D.l. n. 262/2006, l’art. 56- bis, comma 1 deve essere ora inteso nel senso che le liberalità diverse dalle donazioni e da quelle risultanti da atti di donazione effettuati all’estero a favore di residenti sono accertate e sottoposte ad imposta se ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni: i) in presenza di una dichiarazione circa la loro esistenza, resa dall’interessato nell’ambito di procedimenti diretti all’accertamento di tributi; ii) se siano di valore superiore alle franchigie oggi esistenti (€ 1.000.000 per coniuge e parenti in linea retta, € 1.500.000 per minori e portatori di handicap, € 100.000 per fratelli e sorelle). Nei casi in cui la norma vigente non preveda franchigie l’imposta si applica a prescindere dall’importo della donazione.

(11) Cfr. P. PURI, «Successione di cittadino tedesco residente in Italia», in Studio CNN n. 207-bis del 1994.

(12) Cfr. circ. n. 17/E del 23 maggio 2017.

(13) Circ. n. 17/E del 23 maggio 2017.

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